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Laicità e servizi pubblici. Il caso della sanità
BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, n. 3/2020
Laicità e servizi pubblici. Il caso della sanità
Nicoletta Vettori
S
ECULARISM AND PUBLIC SERVICES.
T
HE CASE OF NATIONAL HEALTHCARE SYSTEMA
BSTRACT: The essay analyzes the implementation of the principle of secularism in the
national health system, focusing on three themes: religious assistance services
pro-vided in health facilities, the issue of male ritual circumcisions and the conscientious
objection for healthcare professionals. The analysis carried out by the author shows
that to identify how the health administration must respond to the needs for the
protection of freedom of conscience and religion, which emerge in contemporary
so-ciety, it is necessary to relate the principle of secularism with the other fundamental
principles of public services.
K
EYWORDS: Principle of secularism; national healthcare system; religious assistance
services; male ritual circumcisions; conscientious objection
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il principio di laicità del servizio sanitario: un valore non isolato – 3. I servizi di assi-stenza religiosa nelle strutture sanitarie pubbliche – 3.1. L’an: tutela della salute, «personalizzazione dell’assistenza» e laicità «positiva» dell’amministrazione sanitaria – 3.2. Il quomodo: principio di imparzialità del servizio pubblico e garanzia di «pari protezione delle coscienze individuali» – 4. La circoncisione rituale ma-schile nelle strutture sanitarie pubbliche – 4.1. Tutela della salute, protezione dell’infanzia e riconoscimento del pluralismo culturale – 5. L’obiezione di coscienza in ambito sanitario tra istanze di laicità «positiva» (a garanzia della libertà di coscienza del personale) ed esigenze di «laicità–neutralità» (a tutela della libertà di salute degli utenti) – 5.1. L’ago della bilancia è il principio di buon andamento del servizio pubblico – 6. Notazioni conclusi-ve: per una laicità “dialogante”.
1. Premessa
biettivo del presente scritto è verificare quali tracce della sentenza della Corte
costitu-zionale 11-12 aprile 1989, n. 203 e dei suoi sviluppi è possibile rinvenire nel sistema
sani-tario e, dunque, se e in che misura le norme sull’amministrazione sanitaria, la sua
orga-nizzazione e la sua prassi si conformano al principio di laicità
2.
Ricercatrice t.d. b) di diritto amministrativo presso l’Università di Siena. Mail: [email protected]. Il
contributo riproduce il contenuto della relazione svolta al convegno sul tema “30 anni di laicità dello Stato. Fu vera gloria?” organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Firenze (27 - 28 settembre 2019) ed è destinato agli Atti in corso di pubblicazione a cura di A. Cardone e M.Croce. Contributo sottoposto a doppio referaggio anonimo.
2 Sul principio di laicità, nell’ambito di una letteratura molto vasta, v. S.LARICCIA, Coscienza e libertà. Profili
costituzionali di diritto ecclesiastico, Bologna, 1989; ID., Principio di laicità dello Stato, in Enciclopedia Treccani - Diritto on line, 2014 (cfr.
http://www.treccani.it/enciclopedia/principio-di-laicita-dello-stato_%28Diritto-on-line%29/ ); R.BIN, Art. 7 e Art. 8 in V.CRISAFULLI,L.PALADIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione,
Padova, 1990; F.RIMOLI, Laicità (dir. cost.), in Enc. giur., Roma, 1995; C.PINELLI, Principio di laicità, libertà di
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Come noto, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale
3«il principio di laicità quale emerge
dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle
religio-ni, ma garanzia per la salvaguardia della libertà di coscienza
4e di religione, in regime di pluralismo
confessionale e culturale»
5.
Nella prospettiva della Corte costituzionale, dunque, compito della Repubblica è garantire le
condi-zioni che favoriscono l’espansione «della libertà di coscienza in relazione all’esperienza religiosa» la
quale «rappresenta un aspetto della dignità della persona umana, riconosciuta e dichiarata
inviolabi-le dall’art. 2 Cost.»
6, assicurando l’uguaglianza di ogni individuo senza distinzioni di religione e
l’«equidistanza e imparzialità della legislazione verso tutte le confessioni religiose»
7.
Calando questa prospettiva nell’ambito in esame, interessa considerare se e come le istituzioni
sani-tarie adempiano a questi compiti, prendendo come punto di osservazione privilegiato il rapporto tra
persona e amministrazione e quindi, in particolare, la funzione di garanzia che il principio di laicità
spiega nei confronti dei singoli
8.
Al riguardo merita precisare che tale garanzia sembra derivare non soltanto dal principio per cui «la
religione e gli obblighi morali che ne derivano non possono essere imposti come mezzo al fine dello
stato»
9, ma anche dall’affermazione dell’impegno dello Stato nel senso della «salvaguardia della
li-bertà di coscienza e di religione» in condizioni di eguaglianza e di «pari protezione delle coscienze
in-dividuali».
La convinzione, infatti, è che in un sistema costituzionale che offre ampio riconoscimento al
fenome-no religioso, individuale e collettivo, e che delinea una forma di Stato caratterizzato in senso
plurali-stico «entro il quale hanno da convivere, in uguaglianza di libertà, fedi, culture e tradizioni diverse»
10,
religione, accezioni di “relativismo”, in Dir. pubbl., 2, 2006, 821 ss; A.TRAVI, Riflessioni su laicità e pluralismo, ivi, 2, 2006, 375 ss; M.LUCIANI, La problematica laicità italiana, in Democrazia e diritto, 2, 2008, 105 ss; N.COLAIANNI, La fine del confessionismo e la laicità dello Stato (il ruolo della Corte costituzionale e della dottrina), in Pol. dir.,
1, 2009, 45 ss; P.CAVANA, Laicità dello Stato: da concetto ideologico a principio giuridico, in Stato, Chiese e
pluralismo confessionale (https://www.statoechiese.it), 2008, 1 ss; B.RANDAZZO, Le laicità, ivi, 2008, 1 ss; M. CROCE, La libertà religiosa nell’ordinamento costituzionale italiano, Pisa, 2012; P.CARETTI, Art. 8, Roma 2017.
3 Sull’evoluzione della giurisprudenza costituzionale v., tra gli altri, P.CARETTI, Il principio di laicità in trent’anni di
giurisprudenza costituzionale, in Dir. pubbl., 3, 2011, 761 ss; B.RANDAZZO, Le laicità, cit., 26-39; S.SICARDI, Il principio di laicità nella giurisprudenza della Corte Costituzionale (e rispetto alle posizioni dei giudici comuni), ivi, 2, 2007, 501 ss; M.CROCE, La libertà religiosa nella giurisprudenza costituzionale, ivi, 2, 2006, 387 ss; A. GUAZZAROTTI, Laicità e giurisprudenza, 2012, 1-16 reperibile all’indirizzo
http://www.europeanrights.eu/public/commenti/Commento_Guazzarotti.pdf.
4 Cfr. Corte cost. 2 ottobre 1979, n. 117 e 16-19 dicembre 1991, n. 467 e, in dottrina, v. G.DI COSIMO, Coscienza
e Costituzione: i limiti del diritto di fronte ai convincimenti interiori della persona, Milano, 2000.
5 Corte cost., 11-12 aprile 1989, n. 203, Considerato in diritto n. 4.
6 Corte cost. 30 settembre- 8 ottobre 1996, n. 334 punto 3.1. del Considerato in diritto.
7 Corte cost. sent. 13-20 novembre 2000, n. 508 punto 3 del Considerato in diritto del 2000; 1-9 luglio 2002, n.
327 del 2002, punto 2 del Considerato in diritto; 10-14 novembre 1997, n. 329 del 1997 punto 2 del Considerato
in diritto.
8 Sul punto si veda M.LUCIANI, La problematica laicità italiana, cit., 121, «Per la giurisprudenza costituzionale,
comunque, il principio di laicità offre una triplice garanzia reciproca: alle confessioni religiose, allo stato, ai singoli». I singoli, in particolare sono garantiti nella misura in cui «la religione e gli obblighi morali che ne derivano non possono essere imposti come mezzo al fine dello stato».
9 Così v. M.LUCIANI, op. cit., 122.
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la laicità delle Istituzioni pubbliche si misura anche sulla loro capacità di riconoscere il medesimo
grado di «libertà» e di «dignità» al «convincimento personale di ciascuno»
11ovvero alla pluralità di
sistemi di senso e di valore che coesistono nella società.
Il che significa prestare considerazione e (nei limiti del possibile
12) tutelare tanto la libertà religiosa
dei credenti quanto la libertà di coscienza di chi non si riconosce nell’orizzonte di senso proprio
dell’esperienza religiosa, quali che siano i contenuti e le forme di manifestazione che entrambe le
li-bertà assumono in concreto.
2. ll principio di laicità del servizio sanitario: un valore non isolato
Chiarita la prospettiva da cui sarà condotta l’analisi è possibile considerare i profili
dell’organizzazione del servizio sanitario che possono rilevare.
Se la questione dei simboli religiosi
13in questo contesto appare meno problematica, non essendovi
nessuna norma che ne legittimi la presenza nelle strutture sanitarie pubbliche, meritano invece
at-tenzione i profili che riguardano il tipo di prestazioni che possono essere erogate agli utenti (§§ 3,
3.1, 3.2., 4) e i diritti che possono essere riconosciuti al personale sanitario (§§ 5. 5.1).
Le questioni sono molte e, come vedremo, non omogenee rispetto al valore di riferimento.
In termini generali, tuttavia, l’analisi delle stesse mostra che per individuare come l’amministrazione
debba conformarsi per rispondere alle esigenze di tutela della libertà di coscienza e di religione che
emergono nella società, il solo principio di laicità spesso non basta, ma occorre considerare anche gli
altri principi fondamentali del servizio pubblico.
Questo perché la laicità – per quanto valore supremo – non vive isolato, perciò non può essere
decli-nato a partire da un significato interamente definito in solitudine, senza considerare i principi che
ca-ratterizzano i diversi contesti in cui deve trovare applicazione e i diritti individuali (altri rispetto alla
libertà di coscienza e di religione) eventualmente coinvolti.
Il tema è ampio e non può essere svolto nella sua interezza. In questa sede interessa intanto
conside-rare alcune questioni che emergono nell’organizzazione del sistema sanitario e che sembrano
con-fermare l’impostazione proposta.
11 In questo senso, anche nella prospettiva del rapporto tra laicità e pluralismo, v. P.BELLINI, L’«idea di laicità» e
la «fede degli altri», ora in ID., Tre scritti su laicità, pluralismo, sentimento religioso in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2, 2015, 1 ss (spec. pp. 4-5, 7-8).
12 Nei limiti in cui sia possibile a valle del bilanciamento con le esigenze di tutela di altri diritti e interessi
costituzionalmente rilevanti.
13 Sul tema, da ultimo, v. G.DI COSIMO, Gli spazi pubblici e la religione, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale
(https://www.statoechiese.it), 6, 2020, 1 ss; S.BALDASSARRE, Brevi considerazioni a margine della proposta di
legge n. 387 del 2018 “Disposizioni concernenti l’esposizione del Crocifisso nelle scuole e nelle pubbliche amministrazioni”, ivi, 12, 2019, 1 ss;M.CROCE, Sul significato costituzionale dell’atto di rimozione di un crocifisso da un seggio elettorale. Nota a Trib. Modena, 20 dicembre 2016, in Quad. dir. pol. eccl., 3, 2018, 931 ss; P.
CARETTI, Art. 8, cit., 88-96; F. CORTESE, «Il giudice crocefisso», in laCostituzione.info, giugno 2017 (cfr.
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3. I servizi di assistenza religiosa nelle strutture sanitarie pubbliche
La disciplina dei servizi di assistenza religiosa è dettata da un intreccio di disposizioni, unilaterali e
pattizie
14.
A livello nazionale, l’art. 38 l. n. 833/1978, al comma 1, prevede che «presso le strutture di ricovero
del servizio sanitario nazionale è assicurata l'assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della
li-bertà di coscienza del cittadino» e, al comma 2, affida l’organizzazione del servizio all’Unità Sanitaria
Locale «d’intesa con gli Ordinari diocesani o con le altre autorità religiose competenti per territorio».
In questo modo il legislatore conferma, anche per questo settore, il metodo della negoziazione
bila-terale come strumento ordinario di regolazione dei rapporti tra le istituzioni pubbliche e le
confes-sioni religiose.
Tra le fonti pattizie, dunque, va ricordato, da una parte, l’art. 11.1 dell’Accordo di Villa Madama del
1984 – ove è sancito l’impegno della Repubblica affinché la degenza all’interno di «ospedali, case di
cura o assistenza pubbliche [...] non possa dare luogo ad alcun impedimento nell’esercizio della
liber-tà religiosa e nell’adempimento delle pratiche di culto dei cattolici». Dall’altre parte, rilevano le
inte-se stipulate dallo Stato con le confessioni religiointe-se diverinte-se dalla cattolica, nelle quali si prevede che i
ministri incaricati dell’assistenza possano accedere alle strutture sanitarie liberamente e senza
limita-zioni di orario
15.
Per quelle confessioni che non hanno stipulato intesa, invece, la “base giuridica” è ancora da
rintrac-ciarsi nell’art. 5 del r.d. n. 289 del 1930 il quale statuisce che i «ministri dei culti ammessi» possono
essere autorizzati a «prestare l’assistenza religiosa ai ricoverati che la domandino», mediante
un’autorizzazione della direzione amministrativa che deve indicare, altresì, «le modalità o le cautele
con cui l’assistenza deve essere prestata»
16.
Va considerato, inoltre, che a seguito del processo di “regionalizzazione” dell’ordinamento
sanita-rio
17, la materia è stata disciplinata anche da fonti normative regionali, unilaterali e pattizie,
quest’ultime concordate con le articolazioni territoriali della Chiesa cattolica, con le rappresentanze
regionali degli altri culti
18e, in alcuni casi, con associazioni filosofiche non confessionali, quali in
par-ticolare l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UUAR)
19.
14 Sul tema, tra gli altri, si veda P.CONSORTI, L’assistenza spirituale nell’ordinamento italiano, in P.CONSORTI,M.
MORELLI (a cura di), Codice dell’assistenza spirituale, Milano 1993, 1 ss (spec. 3); A.VITALE, voce Assistenza
spirituale, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1987, 472 ss.
15 Cfr. il testo delle intese è reperibile al seguente indirizzo: https://bit.ly/3mvVM1G .
16 L’art. 5 del r.d. n. 289 del 1930 (Norme per l’attuazione della L. 24 giugno 1929 n. 1159, sui culti ammessi
nello Stato e per il coordinamento di essa con le altre leggi dello Stato). In dottrina v. L.M.GUZZO, Prime osservazioni sul Protocollo d’intesa tra la Regione Calabria e la Conferenza Episcopale Calabra per la disciplina dell’assistenza religiosa cattolica nelle strutture sanitarie, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale
(https://www.statoechiese.it), 25, 2017, 4.
17 Come noto avviato con i d.lgs. n. 502/1992 e n. 229/1999 e definito con la previsione della competenza
legislativa regionale concorrente in tema di «tutela della salute» (ex art. 117, co. 3 Cost.), da parte della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 di riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione.
18 Sul punto v. G.GIOVETTI, Commento a margine delle più recenti intese regionali di disciplina del servizio di
assistenza religiosa cattolica nelle strutture di ricovero, in Quad. dir. pol. eccl., 2, 2003, 385 ss; V.TURCHI, Le
ultime intese regionali in materia di assistenza religiosa cattolica nelle strutture sanitarie, in Quad. dir. pol. eccl., 2, 2005, 426 ss; I. BOLGIANI, L’assistenza spirituale nelle strutture sanitarie toscane: nuove prospettive
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In questo quadro si inseriscono alcune recenti iniziative dirette a creare ‘stanze di preghiera
multi-religiosa’ e spazi di riflessione ‘plurali’, cioè non connotati dai simboli di nessuna religione e rivolte
anche ai non credenti
20.
Se questa – in estrema sintesi – è la disciplina giuridica, gli aspetti su cui riflettere riguardano sia l’an
che il quomodo. In primo luogo, infatti, viene da chiedersi se la previsione – in sé – di servizi di
assi-stenza religiosa nelle strutture sanitarie pubbliche sia conforme al principio di laicità dello Stato; in
secondo luogo, occorre valutare il modo in cui sono concretamente organizzati tali servizi.
3.1. L’an: tutela della salute, «personalizzazione dell’assistenza» e laicità «positiva»
dell’amministrazione sanitaria
L’offerta di servizi di assistenza religiosa da parte delle strutture sanitarie pubbliche si presta a
valu-tazioni discordanti.
Per un verso, una tale previsione potrebbe sembrare in contrasto con i corollari di non
confessionali-tà e «neutraliconfessionali-tà» della sfera pubblica
21nonché con il principio della separazione «dell’ordine delle
evolutive, in Le Regioni, 6, 2006, 1203 ss; ID., Assistenza spirituale nelle strutture sanitarie lombarde: l’Accordo tra Regione e Comunità Ebraica di Milano, in Quad. dir. pol. eccl., 2, 2009, 457 ss. Per un elenco dettagliato e
aggiornato v. L.M.GUZZO, Prime osservazioni sul Protocollo d’intesa tra la Regione Calabria e la Conferenza
Episcopale Calabra per la disciplina dell’assistenza religiosa cattolica nelle strutture sanitarie, cit., 2-3.
19 Dal 2009 è stato previsto un servizio di assistenza morale non confessionale per i degenti dell’Ospedale
Molinette di Torino, in collaborazione con l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), mediante una convenzione. La convenzione definisce l’assistenza morale non confessionale come un «aiuto competente e accurato fornito agli individui atei e agnostici che, all’interno del nosocomio, si interrogano sulle domande esistenziali, come il senso della malattia, della vita e della morte». La stessa assistenza non confessionale è assimilata, dal punto di vista giuridico, all’assistenza religiosa, in quanto «le convinzioni non confessionali in materia di religione sono anch’esse estrinsecazione della libertà di religione protetta dall’articolo 19 della Costituzione […]». La convenzione specifica che «l’assistenza morale agli atei e agli agnostici, pertanto, dev’essere considerata come parte integrante dell’assistenza sanitaria generale». Nel 2010 il servizio è stato esteso allo IEO di Milano, nel 2011 al CTO e al Maria Adelaide di Torino, nel 2013 all’ospedale di Cona (Ferrara) e al San Camillo-Forlanini di Roma, nel 2014 all’ospedale Careggi di Firenze. Sul punto v.
https://www.uaar.it/uaar/assistenza-morale/.
20 V. il progetto del 2018 dell’ASL Roma 1 per la progettazione e la realizzazione di uno spazio
interconfessionale per la preghiera e la meditazione nelle strutture ospedaliere di S. Spirito e S. Filippo Neri di Roma 1. (cfr. https://www.aslroma1.it/concorso-di-idee-curare-lo-spirito); Il protocollo di Intesa stipulato tra Azienda USL di Ferrara e le Comunità religiose, Fedi Viventi, Associazioni ideologiche e morali per la realizzazione della Stanza dei culti e del silenzio (
https://www.ausl.fe.it/home-page/news/la-stanza-dei-culti-e-del-silenzio-negli-ospedali-di-lagosanto-argenta-e-cento). V. altresì la realizzazione della sala multi-religiosa
nell’ospedale di Livorno inaugurata nel settembre 2019 (
https://www.uslnordovest.toscana.it/notizie/3863-ospedale-di-livorno-presentata-la-nuova-sala-multi-religiosa).
21 In questo caso, utilizzata nel senso di indifferenza delle istituzioni pubbliche verso il fenomeno religioso. Sul
punto si veda M.LUCIANI, La problematica laicità italiana, cit., 116-119 che rileva come «il principio di neutralità
(che, pure, è da moltissimi ritenuto l’essenza stessa della laicità) è ambiguo» potendo assumere sia la forma di «un disinteresse delle istituzioni civili per il fenomeno religioso, con la conseguenza che l’ordinamento non conosce alcuna disciplina» sia esprimersi mediante «la soluzione dell’isolamento del fenomeno religioso dagli altri fenomeni sociali e della sua specifica e differenziata regolazione» nel rispetto del principio di eguaglianza e imparzialità, ovvero di «neutralità dello stato indirizzata al trattamento paritario (o di diritto comune) delle confessioni religiose». Sulla neutralità come indifferenza nei confronti del fenomeno religioso, oltre allo stesso M.LUCIANI, op. cit., 132-133, v. R.BIN, Libertà dalla religione, in Aa. Vv., Scritti in onore di G. Guarino, I, Padova
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questioni civili da quello dell’esperienza religiosa»
22che si pongono a garanzia della libertà di
co-scienza anche del non credente.
Per altro verso, invece, la previsione potrebbe risultare coerente con la declinazione «positiva» del
principio di laicità, intesa come «garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione» che
«si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa»
23dei cittadini-utenti del
servi-zio pubblico.
Come si valuta, dunque, la conformità del SSN al principio di laicità? Qual è l’accezione di laicità cui
deve conformarsi?
Come anticipato, la convinzione è che per rispondere a questa domanda il riferimento al valore della
laicità di per sé non basta, ma è necessario considerare i principi e le regole che informano
l’amministrazione sanitaria, a partire dal suo primario dovere di tutela del diritto alla salute.
Sebbene non sia possibile – in questa sede – ricostruire l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale in
materia
24, si può però considerare che in base alle acquisizioni della scienza medica e ai dati di diritto
positivo, il concetto di salute non coincide con l’assenza di malattia ma richiama uno stato di
benes-sere complessivo, che comprende la sfera fisica, psichica ed esistenziale e che si definisce a partire
1998, 365-373; S.LARICCIA, Principio di laicità dello Stato, cit., 8; F.RIMOLI, Laicità (dir. cost.), cit., 5, secondo il
quale lo Stato laico davanti alle molteplici istanze religiose dovrà essere improntato a quella neutralità «che in campo confessionale come rispetto a qualsiasi istanza esclusiva e tendenzialmente integralista, si concretizzerà in una forma progressiva di indifferenza assai vicina al vecchio regime della totale separazione». Sulla neutralità come imparzialità si veda L.ELIA, Introduzione ai problemi della laicità, in Aa.Vv., Problemi pratici della laicità
agli inizi del secolo XXI, Annuario 2007 dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, Padova, 2008, 4; ID., A
proposito del principio di laicità dello Stato e delle difficoltà di applicarlo, in Aa. Vv., Studi in onore di Giorgio Berti, Napoli, 2005, II, 1070 -1073; S.SICARDI, Il principio di laicità nella giurisprudenza della Corte costituzionale
(e rispetto alle posizioni dei giudici comuni), cit., 530.
22 Corte cost. 30 settembre-8 ottobre 1996, n. 334 punto 3.1. del Considerato in diritto.
23 Le citazioni sono tratte da Corte cost. sent. 203/1989, punto 7. Sull’ accezione «positiva» di laicità fatta
propria dalla Corte costituzionale si veda, tra gli altri, M.CARTABIA, Il crocifisso e il calamaio e E.ROSSI, Laicità e
simboli religiosi, in R. BIN, G. BRUNELLI, A. PUGIOTTO, P. VERONESI, (a cura di), La laicità crocifissa? Il nodo costituzionale dei simboli religiosi nei luoghi pubblici, Torino, 2004, rispettivamente 63 ss e 337 ss; N.COLOIANNI, Laicità tra Costituzione e globalizzazione, in Questione giustizia, 6, 2008, 115-137 secondo il quale «l’accezione
privilegiata dalla Corte fin dalla sentenza 203 del 1989», declina l’imparzialità «come pari attenzione, partecipazione attiva» in coerenza con l’attitudine dello Stato-comunità «a porsi a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini». In senso critico v., tra gli altri, R.BIN, Libertà dalla religione, cit., 365-373; M.LUCIANI, La problematica laicità italiana, cit., 121-133; A.GUAZZAROTTI, Laicità e giurisprudenza, cit., 5; G.BRUNELLI, La laicità italiana fra affermazioni di principio e contraddizioni della prassi, in Rivista AIC, 1, 2013,
1 ss.
24 Sul contenuto e sull’evoluzione del diritto alla salute, nell’ambito di una lettura estremamente ampia, si veda
B.PEZZINI, Il diritto alla salute: profili costituzionali, in Dir. soc., 1983, 28-30; M.LUCIANI, Salute (diritto alla salute - dir. cost.), in Enc. giur., 1990, XVI, Roma, 1991, 9-10; R.FERRARA, Salute (diritto alla), in Dig. Disc. pubbl., XIII, 1997, 514 ss;R.BALDUZZI,Salute (diritto alla), in S.CASSESE (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, VI, Milano, 2006, 5393 ss;A.SIMONCINI - E.LONGO, Art. 32 in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Utet, Torino, 2006, 664-665; P.ZATTI, Maschere del diritto, volti della vita, Milano, 2011; D.MORANA, La salute come diritto costituzionale. Lezioni, Torino, 2015, A.D’ALOIA, Oltre la malattia: metamorfosi del diritto
alla salute, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, 1, 2014, 87 ss; L.BUSATTA, La salute sostenibile. La complessa
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dai bisogni del singolo paziente
25. L’“apertura” alla dimensione esistenziale rende perciò doverosa
anche la considerazione del vissuto, delle esperienze e dell’identità del singolo individuo.
Ne deriva che garantire il diritto alla salute significa assicurare l’erogazione di «una prestazione
com-plessa che va dall’accoglimento del malato alla comprensione delle sue esigenze e dei suoi bisogni,
dall’ascolto delle sue richieste alla diagnosi del male, dall’incontro medico/paziente all’elaborazione
di una strategia terapeutica condivisa e all’attuazione delle cure previste e volute, nella ricerca di un
percorso anzitutto esistenziale prima ancor che curativo … che abbia nella dimensione identitaria del
malato, nella sua persona e nel perseguimento del suo benessere psico-fisico, il suo fulcro e il suo
fi-ne»
26.
Ebbene, in un sistema giuridico in cui l’obbligo di tutelare la salute assume questi connotati, è del
tutto coerente che l’istituzione responsabile del servizio si faccia carico anche della dimensione
spiri-tuale e religiosa delle persone malate e dei loro familiari, quale profilo che può essere
particolarmen-te significativo proprio rispetto alle situazioni e alle esperienze che si trovano a vivere.
Non pare un caso, infatti, che le finalità dei servizi di assistenza religiosa siano cambiate nel tempo
proprio in assonanza con questa evoluzione.
Come è stato considerato, la ratio originaria dell’istituto era «da farsi risalire all’interesse che i gruppi
confessionali, hanno sempre manifestato nei confronti di quello che, [...] in particolare nella
tradizio-ne cristiana, era qualificato come ministero per gli infermi»
27.
D’altra parte, la previsione della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale intendeva assicurare
«il pieno esercizio del diritto di libertà religiosa da chiunque si trovasse costretto all’interno di una
comunità separata, così mettendo al centro le esigenze religiose [della persona] che dovevano
sem-pre essere libere da imposizioni e da vincoli»
28.
Oggi, invece, la lettura dei protocolli di intesa siglati dalle istituzioni sanitarie con le confessioni
reli-giose e con le associazioni filosofiche non confessionali fa emergere come tale servizio sia anche
di-rettamente collegato agli obblighi primari dell’amministrazione sanitaria: garantire considerazione
al-la sfera spirituale delle persone ricoverate significa (anche) prendersi cura delal-la loro salute
29.
25 Su cui v., in particolare, P.ZATTI, Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso S. Raffaele), in Nuova
giur. civ. comm., II, 2000, 1 ss.
26 Cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 settembre 2014, n. 4460 punto 57. 5 del Diritto. I corsivi sono aggiunti. Per le
implicazioni derivanti da questa nozione di salute sull’organizzazione dei servizi sanitari v. A.PIOGGIA, Consenso
informato ai trattamenti sanitari e amministrazione della salute, in Riv. trim. dir. pubbl., 2011, 156-162 e N.
VETTORI, Diritti della persona e amministrazione pubblica. La tutela della salute ai tempi delle biotecnologie, Milano, 2017.
27 L.M.GUZZO, op. cit., 5.
28 I.BOLGIANI, L’assistenza religiosa nelle strutture sanitarie toscane: nuove prospettive evolutive, cit., p. 1206. Si
veda, tra gli altri, R.BERTOLINO, Assistenza religiosa, obiezione di coscienza e problemi morali, in Studi in onore di
Lorenzo Spinelli, Milano, 1989, 97 ss. dove si rileva come l’art. 38 della l. n. 833/1978 ha determinato il
«passaggio dalla semplice previsione di un servizio a un riconoscimento più diretto della centralità della persona umana e delle sue opzioni religiose, che debbono andare esenti da imposizioni e da vincoli».
29 Cfr. l’art. 2 del Protocollo di intesa stipulato tra la Regione Calabria e la Conferenza Episcopale Calabra il 3
agosto 2016 (riportato da L.M.GUZZO, op. cit., 15) il «servizio di assistenza religiosa concorre al miglioramento
dei servizi erogati dalle Aziende Sanitarie e Ospedaliere e al processo terapeutico dell’ammalato». Cfr. altresì il Protocollo d’intesa tra Provincia di Parto Azienda Asl 4 di Parto e i rappresentanti di varie comunità religiose, associazioni e filosofie di vita presenti sul territorio, siglato il 26 giugno 2014 cfr.
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Questa prospettiva spiega anche come siano mutati nel tempo i destinatari del servizio: non più solo
«i pazienti e i ricoverati, impossibilitati, per la loro particolare condizione di degenza, a ottemperare
in altro modo ai loro obblighi confessionali», ma anche «i loro familiari» «nonché quanti operano a
qualsiasi titolo nelle strutture sanitarie»
30.
Pertanto, la presenza di ministri del culto all’interno delle strutture sanitarie, così come la
disponibili-tà di spazi di riflessione e di preghiera, si inseriscono nel processo di «personalizzazione ed
umanizza-zione dell’assistenza sanitaria»
31che intende mettere al centro la persona e la specificità dei suoi
bi-sogni
32.
Questo non significa, a parere di chi scrive, che i servizi di assistenza religiosa siano da ricondurre
sot-to l’ambisot-to di applicazione dell’art. 32 Cost., quale pretese direttamente azionabili nei confronti
dell’istituzione sanitaria. Si tratta piuttosto di forme di esercizio della libertà di coscienza e di
religio-ne, di cui all’art. 19 Cost., la cui garanzia in ambito sanitario si giustifica quale strumento che
concor-re ad assicuraconcor-re una miglior tutela del benesseconcor-re e del libero sviluppo della persona.
In definitiva, sono l’idea di Persona
33e i contenuti del diritto alla salute che si ricavano dal quadro
co-stituzionale a rendere ammissibile che tra gli obblighi di servizio pubblico rientrino anche attività di
assistenza (che sarebbe più corretto qualificare) spirituale
34.
Ne deriva che, sotto questo profilo, la laicità delle istituzioni legittimamente assume un’accezione
«positiva», di tutela attiva della libertà di coscienza dell’individuo, e «aperta»
35a forme di
manifesta-zione visibile del proprio sentimento religioso negli spazi di cura.
https://www.provincia.prato.it/attachments/article/688/Protocollo+d%27Intesa+Ospedale+Plurale.pdf. V.,
altresì, la Premessa dei protocolli di intesa siglati dall’Azienda universitaria ospedaliera di Careggi (AUOC) di Firenze ove si evidenzia che poiché la libertà religiosa è fondamentale per l’utente che «affronta e vive il disagio e le paure che insorgono al manifestarsi delle malattie», l’AOUC si impegna a favorire e al contempo disciplinare con «i gruppi religiosi più rappresentativi [...] il libero esercizio dei culti all’interno delle proprie strutture», in funzione non soltanto della tutela della libertà religiosa dell’individuo, ma anche, più in generale, di una rinnovata sensibilità per il diritto alla salute, quale risultato di una molteplicità di fattori concorrenti. V. al riguardo I.BOLGIANI, L’assistenza religiosa nelle strutture sanitarie toscane: nuove prospettive evolutive, cit.,
1239-1240.
30 Cfr. il Protocollo di intesa stipulato tra la Regione Calabria e la Conferenza Episcopale Calabra il 3 agosto
2016.
31 Cfr. l’art. 14, co. 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
32 Una mirabile attuazione di questo approccio emerge dal progetto della Asl E di Roma che in collaborazione
con CEV Lazio ha portato all’elaborazione di raccomandazioni per gli operatori sanitari volti ad assicurare attenzione alle specificità religiose e culturali degli utenti nell’erogazione delle prestazioni. Cfr.
http://www.volontariato.lazio.it/documentazione/documenti/55005500AccoglienzaDifferenzeReligliose_Opus
colo.pdf .
33 Su cui, per tutti, v. S. RODOTÀ, Il nuovo habeas corpus: la persona costituzionalizzata e la sua
autodeterminazione, in S.RODOTÀ,M.TALLACCHINI (a cura di) Ambito e fonti del biodiritto, Milano, 2010, 169 ss;
ID., Dal soggetto alla persona, Napoli, 2007.
34 Cfr. V.TURCHI, Le ultime intese regionali in materia di assistenza religiosa cattolica nelle strutture sanitarie,
cit., 429 precisa che la dottrina suole distinguere tra assistenza spirituale e assistenza religiosa, assegnando alla prima locuzione un contenuto più ampio rispetto alla seconda, includente oltre le attività strettamente attinenti alla manifestazione della libertà religiosa e all’esercizio del culto anche compiti che possono complessivamente definirsi di «benessere spirituale», di «qualità della vita». V. altresì P.CONSORTI, L’assistenza
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Laicità e servizi pubblici. Il caso della sanità
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Al contrario, un atteggiamento ispirato alla laicità «negativa», teso ad imporre la neutralità dello
spa-zio pubblico in termini di indifferenza dell’organizzaspa-zione rispetto alle esigenze spirituali degli utenti,
potrebbe risultare incoerente con gli obblighi primari al cui adempimento l’amministrazione è
chia-mata.
3.2. Il quomodo: principio di imparzialità del servizio pubblico e garanzia di «pari protezione delle
coscienze individuali»
Acquisito che la previsione dell’assistenza spirituale nelle strutture di ricovero può essere considerata
coerente in astratto, occorre considerare il modo in cui questa è organizzata.
Sotto questo profilo, come vedremo, la sinergia tra il valore della laicità e gli altri principi del servizio
pubblico porta in evidenza la palese illegittimità dell’assetto vigente.
Il richiamato art. 38 della l. n. 833/1978 sembra garantire «uguale protezione delle coscienze» degli
utenti del servizio sanitario nella misura in cui riconosce libero accesso all’assistenza religiosa ai
cre-denti di tutte le confessioni e precisa che tale forma di assistenza deve essere assicurata «nel rispetto
delle volontà e della libertà di coscienza del cittadino», a salvaguardia anche della sensibilità dell’ateo
e del non credente.
Nondimeno, dalla lettura delle disposizioni regolamentari e dei protocolli di intesa emerge che
esi-stono delle significative differenze nell’organizzazione dell’assistenza religiosa offerta agli utenti
cat-tolici rispetto a quella offerta agli altri utenti.
Infatti, i ministri di culto cattolici costituiscono personale inserito nella pianta organica degli enti
ospedalieri
36, in base a un vero e proprio rapporto di impiego
37, e dispongono di spazi entro i quali
possono offrire assistenza spirituale ed esercitare il culto.
Diversamente, i ministri degli altri culti non sono dipendenti dell’ente ospedaliero ma possono
acce-dervi solo previa autorizzazione, e nelle intese stipulate con lo Stato è (opportunamente) previsto
che i costi del servizio siano a carico della confessione religiosa di appartenenza.
Inoltre, come ricordato, sono pochi i casi in cui le Aziende ospedaliere hanno stipulato apposite
con-venzioni anche con associazioni filosofiche, offrendo anche un servizio di assistenza spirituale non
confessionale rivolto ai pazienti atei o non credenti.
Ne deriva un sistema «a doppio binario» che determina una netta disparità di trattamento tra i
pa-zienti di fede cattolica e tutti gli altri papa-zienti: per i primi è previsto un servizio in forma stabile a
spe-se della fiscalità generale; mentre ai spe-secondi è riconosciuto la possibilità di un’assistenza spirituale “a
chiamata”, con spese a carico della confessione di appartenenza.
35 Cfr. L’espressione è di M.LUCIANI, La problematica laicità italiana, cit., 115.
36 Cfr. l’art. 1, co. 8, d.P.R. n. 130 del 1969 sullo Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri che
stabilisce che «Il personale di assistenza religiosa è costituito da ministri del culto cattolico», rientra nel “ruolo professionale”, iscritto in una separata tabella, e deve rendersi reperibile «per i casi di particolari esigenze di servizio» (art. 3 e art. 27 del d.P.R. n. 761 del 1979).
37 Tale assetto risale alla prima normativa organica in materia di assistenza religiosa, l. n. 132 del 12 febbraio
1968, la quale – all’art. 19, lett. l) che indicava espressamente questo servizio tra i requisiti necessari per la classificazione degli enti ospedalieri. Già questo testo normativo prevedeva, all’art. 39, quale personale di assistenza religiosa solo i ministri di culto cattolico.
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È vero, infatti, che si sta diffondendo la tendenza a creare spazi di riflessione e di preghiera
interreli-giosi e ‘plurali’; tuttavia si tratta di buone prassi rimesse alla (buona) volontà delle aziende sanitarie e
comunque diffuse ‘a macchia di leopardo’, senza nessuna garanzia di uguaglianza sul territorio
nazio-nale.
In ogni caso, tali iniziative non eliminano il principale elemento di differenza legato al fatto che i
mi-nistri di culto cattolici sono dipendenti degli enti ospedalieri e che il (solo) servizio in favore dei
pa-zienti cattolici non è soltanto messo a disposizione, ma interamente finanziato a spese della
colletti-vità.
Un tale assetto, com’è evidente, oltre che al principio di laicità, è contrario al principio di imparzialità
del servizio pubblico (ex art. 97 Cost.), che vieta che siano operate disparità di trattamento – anche
per motivi di religione – nell’organizzazione dei servizi e nell’erogazione delle prestazioni.
Sotto il profilo in esame, dunque, l’interazione con gli altri principi sull’amministrazione (in
particola-re con quello di imparzialità), particola-rende doverosa la declinazione della laicità in termini di «pari
protezio-ne della coscienza di ciascuna persona»
38nonché di «equidistanza e di imparzialità nel trattamento
delle confessioni religiose»
39.
4. Le pratiche di circoncisione rituale maschile nelle strutture sanitarie pubbliche
Un altro interessante banco di prova della prospettiva proposta è offerto dalla questione della
ero-gabilità da parte delle strutture sanitarie pubbliche degli interventi di circoncisione maschile con
fina-lità culturale o religiosa.
Tale pratica è diffusa in alcune comunità presenti in Italia (come quelle ebraica e quella islamica) e a
differenza delle mutilazioni genitali femminili, la cui esecuzione è penalmente perseguibile
40, è
gene-ralmente ammessa nel nostro ordinamento
41.
38 Corte cost. sent. 18 ottobre 1995, n. 440 punto 3.2. del Considerato in diritto.
39 Sul legame tra laicità e principio di imparzialità della pubblica amministrazione v. A.GUAZZAROTTI, Laicità e
giurisprudenza, cit., 5-11 che rileva, criticamente, come «la dimensione della laicità come “equidistanza e
imparzialità”, non abbia fatto breccia neppure nei giudici comuni nonostante sia stata ripetutamente avanzata dalla Corte costituzionale». In termini analoghi v. S.SICARDI, Il principio di laicità nella giurisprudenza della Corte Costituzionale (e rispetto alle posizioni dei giudici comuni), cit., 553-569.
40 Cfr. la l. 9 gennaio 2006, n. 7 che ha introdotto gli art. 583-bis e 583-ter c.p.. Anche prima dell’entrata in
vigore della citata legge, le mutilazioni genitali femminili erano considerati atti illeciti ex art. 5 c.c., in quanto comportanti una lesione permanente dell’integrità psico-fisica, lesivi del diritto alla salute nonché del diritto di autodeterminazione terapeutica quando eseguite contro il consenso della persona interessata, e pertanto passibili anche di sanzione penale in base agli artt. 582 e 583 c.p.. Merita ricordare che, nel 2004 presso il Centro di riferimento per la prevenzione e la cura delle complicanze delle MGF dell'ospedale Careggi di Firenze (diretto dal medico di origini somale Dott. Abdulcadir Omar Hussen), era stata avanzata la proposta di utilizzare un rito simbolico alternativo, quale strumento da inserire tra le azioni di sensibilizzazione da svolgere nei confronti delle comunità che continuavano a fare ricorso a tale pratica. La pratica alternativa consisteva in un intervento non lesivo dell'integrità fisica della donna che però avrebbe mantenuto la carica simbolica e culturale del rito; inoltre, nelle intenzioni dei proponenti, sarebbe stata proposta alle famiglie (o direttamente alle donne) soltanto quando ogni strategia di informazione per prevenirla si fosse dimostrata inutile. La proposta, seppur ritenuta ammissibile dalla Commissione Regionale di Bioetica della Regione Toscana, con parere del 9 marzo 2004, (v https://bit.ly/3oAktw0 )fu respinta dal Consiglio Regionale e, sotto vari profili, criticata in dottrina. Sul punto v. G. BRUNELLI, Prevenzione e divieto delle mutilazioni genitali femminili:
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Laicità e servizi pubblici. Il caso della sanità
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Si tratta di un atto medico senza specifica finalità terapeutica
42che – se correttamente eseguito –
non comporta rischi per l’integrità psico-fisica né determina alterazioni nella funzionalità sessuale e
riproduttiva, perciò rientra tra gli atti di disposizione del corpo giuridicamente leciti nei limiti degli
artt. 32, Cost. e 5 c.c.
43.
Sul piano formale, la conformità della pratica circoncisoria ebraica ai principi del nostro ordinamento
è stata sancita dalla l. 8 marzo 1989, n. 101, che ha approvato l'intesa tra lo Stato Italiano e l’Unione
delle Comunità Ebraiche italiane.
D’altra parte, il Comitato Nazionale per la Bioetica, in un parere del 1998, ha avallato l’estensione dei
principi stabiliti in quella intesa a tutte le altre confessioni religiose sul presupposto per cui, in
attua-zione dell’art. 19 della Costituattua-zione, «le comunità, che per la loro specifica cultura praticano la
cir-concisione rituale maschile (CRM), meritano pieno riconoscimento della legittimità di tale pratica» la
quale può essere ricondotta entro «i margini di “disponibilità” riconosciuti ai genitori dall’art. 30 della
Costituzione in ambito educativo»
44.
genealogia (e limiti) di una legge, in Quad. cost., 3, 2007, 567 ss; e diffusamente E. GHIZZI GOLA,
Multiculturalismo e diritti delle donne. Il trattamento giuridico delle mutilazioni genitali femminili in Europa:
casi giurisprudenziali e soluzioni normative, in ADIR- l’altro diritto, 2012
(http://www.adir.unifi.it/rivista/2012/ghizzi/cap4.htm#1.
41 Più in particolare, a fronte della prevalente accettazione della liceità di tale pratica, espressa anche dal
COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, La circoncisione: profili bioetici, 25 settembre 1998, (reperibile su:
http://bioetica.governo.it/italiano/documenti/pareri-e-risposte/la-circoncisione-profili-bioetici/) non mancano
posizioni critiche per le quali si rinvia alla dottrina citata nelle note che seguono. Sul tema, in termini generali, v. M.C. VENUTI, Mutilazioni sessuali e pratiche rituali nel diritto civile e G.FORNASARI, Mutilazioni genitali e pratiche rituali nel diritto penale in S.CANESTRARI,G.FERRANDO,C.M.MAZZONI,S.RODOTÀ,P.ZATTI (a cura di), Il
governo del corpo, Tomo I, in .RODOTÀ,P.ZATTI (diretto da), Trattato di Biodiritto, Milano, 2011, rispettivamente 657-713 e 715-727.
42 Sulla qualificazione in termini di atto di competenza medica v. il parere del COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA,
La circoncisione: profili bioetici, cit., 6 secondo il quale l’intervento medico è irrinunciabile quando è praticato
«su un adulto (nell'ipotesi ad es. di una sua conversione ad una professione di fede che la richieda), di un bambino o di un adolescente (come è frequentemente il caso degli aderenti all'Islam)», mentre qualora sia effettuato su neonati, trattandosi di un intervento semplice, secondo alcuni membri del CNB potrebbe essere praticato «anche da appositi e riconosciuti ministri che, indipendentemente da una loro professionalità specifica in campo sanitario, possiedano adeguata competenza» come avviene nel caso degli aderenti alla confessione ebraica. V. però in senso critico P.CATTORINI, La professione medica oggi. Dilemmi etici, in Rivista
italiana di medicina legale, 6, 2008, 1205 ss secondo il quale sarebbero da considerare «generalmente
ingiustificate le esecuzioni di prestazioni tecniche prive di scopi sanitari, che "medicalizzano" azioni "lesive" legate a meri desideri individuali o a pratiche rituali di gruppo».
43 Sul punto v.M.C. VENUTI, Mutilazioni sessuali e pratiche rituali nel diritto civile, cit., 692-713; S.GARETTI,
Quando il diritto all’identità culturale dei genitori si scontra con il diritto all’integrità psico-fisica del figlio minorenne: il caso della circoncisione rituale infantile, in Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), 4, 2017, 1421 ss.
In senso contrario alla liceità della circoncisione rituale in quanto atto che incide sull’integrità corporea, con possibili conseguenze negative sulla salute psico-fisica, tanto più se effettuato su soggetti minori privi della capacita di esprime un consenso libero e consapevole v. D.ZOLO, Infibulazione e circoncisione, in Jura Gentium, I, 2005, 1 (consultabile su https://www.juragentium.org/forum/mg/sunna/it/zolo.htm); A. VARZAN,L. MIAZZI,
Circoncisione maschile: pratica religiosa o lesione personale?, in Diritto immigrazione e cittadinanza, 2, 2008, 67
ss; A.PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale, Padova, 2003, 97, nota 75.
44 Cfr. il COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, La circoncisione: profili bioetici, cit., 5. In senso critico v. però R.
BOTTA, La condizione degli appartenenti a gruppi religiosi di più recente insediamento in Italia, in Dir. eccl., 2001, I, 362 ss (spec. 399) secondo il quale l’eventuale pregiudizio che la circoncisione rituale può arrecare
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Resta però un intervento con finalità non terapeutica; per questo il Comitato Nazionale per la
Bioeti-ca ha ritenuto che sarebbe auspiBioeti-cabile fosse eseguita da medici privati, ovvero in ospedali pubblici
ma in regime di attività libero-professionale, quindi non a carico della fiscalità generale.
In effetti il D.P.C.M 29 novembre 2001, recante la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza
sani-taria (c.d. LEA), non includeva la circoncisione tra le prestazioni offerte dal servizio sanitario
naziona-le
45e il DPCM 12 gennaio 2017, che ha aggiornato l’elenco dei LEA, menziona soltanto quella
tera-peutica
46.
Nondimeno, negli ultimi anni il rito ha assunto sempre maggiore diffusione in seguito all’aumento di
famiglie straniere appartenenti alle comunità che lo praticano. Allo stesso tempo si sono fatti sempre
più numerosi drammatici fatti di cronaca che hanno visto protagonisti bambini che hanno riportato
complicanze gravi, se non addirittura letali, a seguito di interventi di circoncisione “casalinga”,
effet-tuati da soggetti privi delle adeguate competenze mediche in ambienti non adeguati da un punto di
vista igienico-sanitario
47.
La necessità di prevenire i rischi per la salute dei minori appartenenti a queste comunità ha quindi
indotto il Ministero della Salute e la Federazione Italiana dei Medici Pediatri a stipulare un protocollo
d’intesa finalizzato a orientare comportamenti omogenei su tutto il territorio nazionale
48.
In particolare, si è ribadito che la circoncisione rituale maschile è a tutti gli effetti un intervento
chi-rurgico che deve essere praticato da un medico, in ambiente ospedaliero o ambulatoriale, e si è
san-cito l’impegno ad attuare un percorso comune che coinvolga i professionisti del settore nell’attività di
informazione sui rischi di tali pratiche e di orientamento verso le strutture sanitarie deputate a
effet-tuarle in condizioni di sicurezza.
Tuttavia, ad oggi, la questione trova soluzioni molto diverse nell’ambito dei sistemi sanitari regionali.
In Toscana la CRM è compresa tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria sin dal 2001 e, dunque,
erogata a totale carico del servizio sanitario regionale
49; soluzioni analoghe sono state adottate in
Friuli Venezia Giulia
50e, di recente, nelle Marche
51.
all’integrità fisica del minore potrebbe costituire un limite al diritto dei genitori di educare i figli in coerenza con i dettami della propria fede, sul presupposto che anche la libertà religiosa deve essere esercitata in aderenza al paradigma «della tutela della dignità umana e della reale crescita individuale».
45 È noto il caso di un medico che avendo praticato nel sistema sanitario pubblico la circoncisione rituale,
dichiarando falsamente il carattere terapeutico dell’intervento, è stato condannato per truffa, cfr. Cass. pen., sez. V. dell'8 maggio 2007, n. 17441.
46 D.P.C.M. 12.01. 2017 Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1,
comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
47 Infatti, mentre la comunità ebraica ha sempre provveduto a far eseguire le circoncisioni mediante proprie
strutture e «appositi riconosciuti ministri», i credenti di fede islamica non sempre hanno un’analoga forma di organizzazione, perciò è frequente che tali pratiche siano eseguite in modo clandestino da parte di “circoncisori tradizionali” privi di competenze mediche e in ambienti non adeguati.
48 Cfr. il Protocollo di intesa per la prevenzione della circoncisione rituale clandestina, stipulato il 18 settembre
2008 tra il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e la Federazione Italiana Medici Pediatri, FIMPI. Il testo è reperibile all’indirizzo: https://bit.ly/3oK798m .
49 Delibera, Regione Toscana, Definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) – Determinazioni applicative, 3
giugno 2002, n. 561.
50 Delibera della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 600 del 31 marzo 2010 reperibile all’indirizzo
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Laicità e servizi pubblici. Il caso della sanità
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È invece offerta negli ospedali pubblici (o privati convenzionati), come prestazione extra Lea (i.e. a
carico dei richiedenti), nei servizi sanitari del Piemonte
52e del Lazio
53.
4.1. Tutela della salute, protezione dell’infanzia e riconoscimento del pluralismo culturale
Se questo è il quadro normativo di riferimento, occorre a questo punto valutarlo nella prospettiva
che ci interessa: le soluzioni adottate nel nostro ordinamento sono conformi al principio di laicità? E
quale delle alternative possibili è preferibile in questa prospettiva: lasciare la CRM all’iniziativa dei
singoli e alla regolamentazione delle confessioni religiose? Far effettuare l’intervento negli ospedali
pubblici ma con spese a carico dei richiedenti? O erogarlo a totale carico del servizio sanitario
pubbli-co?
Ebbene, anche in questo caso, considerando soltanto il valore della laicità si potrebbero avanzare
considerazioni in entrambi i sensi
54.
In una certa prospettiva l'assunzione da parte dello Stato degli oneri economici relativi alla
circonci-sione rituale potrebbe essere considerata contraria ai principi di «equidistanza e imparzialità» cui è
tenuto uno Stato laico, dal momento che si tratta di interventi che non sono diretti a tutelare la
di-mensione religiosa dei membri della collettività, indipendentemente dalla loro appartenenza
confes-sionale, bensì a garantire l’interesse religioso proprio dei fedeli di determinate confessioni.
D’altra parte, si potrebbe sostenere che l’organizzazione di prestazioni di questo tipo risponde ad
un’esigenza di laicità «positiva» e di apertura nei confronti del pluralismo culturale che caratterizza la
società contemporanea.
In questo quadro, dunque, ad orientare (nell’uno o nell’altro senso) la scelta delle istituzioni
pubbli-che entrano necessariamente in gioco i doveri dell’amministrazione sanitaria e gli altri principi
giuri-dici che devono informare la sua azione.
Del resto, come è emerso dall’analisi, la questione si è posta all’attenzione delle istituzioni quando ha
assunto le forme di un problema di ordine sanitario. è stata dunque la necessità di adempiere ai
do-veri di tutela della salute e di protezione dell’infanzia a spingere le Regioni ad organizzare
l’erogazione di pratiche con finalità religiose e culturali nelle strutture del servizio sanitario, così
fa-cendosi promotrici di istanze di laicità «positiva».
51 Delibera della Giunta della Regione Marche n. 795 del 29 giugno 2020 reperibile all’indirizzo:
https://www.regione.marche.it/portals/0/ODS/2020%20Sito%20ODS/DGR_795_29_6_20_circoncisione-RITUALE_MARCHE.pdf.
52 V. Deliberazione della Giunta regionale del Piemonte, Aggiornamento del nomenclatore tariffario regionale
delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale – D.G.R. n. 73-13176 del 26.07.2004 e s.m.i. – ed ulteriori indicazioni. Circoncisione rituale, 2 novembre 2009, n. 49-12479. V. anche Deliberazione della Giunta
regionale, Approvazione della sperimentazione relativa alla circoncisione rituale in day surgery presso
l’A.S.O.OIRM/S. Anna di Torino, 20 marzo 2006, n. 39-2418.
53 V. il Progetto clinico culturale “circoncisione rituale” nella popolazione di religione ebraica e nella popolazione
di religione musulmana avviato nell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Umberto I, reperibile
all’indirizzo:
https://st.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/Online/_Oggetti_Embedded/Docume
nti/2016/11/23/FIRME%20Progetto%20Circoncisione%20Rituale.pdf.
54 Non a caso, la duplice prospettiva emerge anche nel parere del COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, La
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D o w n lo ad ed fr o m w w w .b io d iri tto .o rg . IS SN 2284 -4503252
Nicoletta Vettori
BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, n. 3/2020
In termini analoghi, rispetto alla scelta delle modalità di erogazione (a carico del SSR o a spese
dell’utente) hanno assunto rilievo esigenze di eguaglianza sostanziale, legate alla considerazione
del-la situazione economica dei potenziali destinatari delle prestazioni
55, così come potrebbe entrare in
gioco il principio di sostenibilità dei bilanci pubblici.
Pertanto, alla luce dell’interazione tra tali principi, se pare legittimo, in conformità ad esigenze di
tu-tela della salute e di uguaglianza sostanziale, che tale servizio sia offerto a totale carico del sistema
sanitario da parte di Regioni ‘virtuose’ sul piano finanziario e contabile; una tale scelta sarebbe più
problematica da giustificare per quelle Regioni sottoposte a piani di rientro
56o, comunque, in
situa-zioni finanziarie tali da mettere a rischio l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria
57.
Come si vede, anche rispetto al profilo in questione, il valore della laicità è chiamato a confrontarsi
con altri diritti e principi di rilievo costituzionale e il giudizio complessivo sul «tasso di laicità» che è
doveroso pretendere dalle istituzioni pubbliche non può prescindere da quel confronto.
5. L’obiezione di coscienza in ambito sanitario tra istanze di laicità «positiva» (a garanzia
della libertà di coscienza del personale) ed esigenze di «laicità-neutralità» (a tutela della
libertà di salute degli utenti)
L’ultima questione da considerare riguarda l’obiezione di coscienza del personale sanitario
58che,
co-me noto, è espressaco-mente prevista dall’art. 9 della l. 22 maggio 1978, n. 194, con riferico-mento
55 Significativa in questo senso la Delibera della Giunta regionale delle Marche n. 795 del 29 giugno 2020 ove si
afferma che: «è stato riscontrato, in diversi casi, che la scarsa disponibilità economica della famiglie e l’assenza delle corrette informazioni hanno favorito l’esecuzione di tale pratica in ambito casalingo da parte di persone senza competenze di tipo sanitario e in precarie condizioni igieniche, determinando gravi rischi per la salute dei bambini» (p. 3).
56 Cfr. Corte cost. 15 febbraio 2012, n. 32 e 22 maggio 2013, n. 104 su cui v. M.BELLETTI, Le Regioni «figlie di un
Dio minore». L’impossibilità per le Regioni sottoposte a Piano di rientro di implementare i livelli essenziali delle prestazioni, in Regioni, n. 5-6/2013, 1084.
57 La rilevanza di questa prospettiva è avvalorata dalla più recente giurisprudenza della Corte costituzionale che
nel confermare la legittimità dei controlli della Corte dei conti collega strettamente il principio dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità del debito pubblico con la responsabilità democratica degli amministratori del territorio. Sul tema v., da ultimo, C.BUZZACCHI, Autonomie e Corte dei conti: la valenza democratica del controllo
di legalità finanziaria, in www.Costituzionalismo.it, 1, 2020.
58 Sul tema in dottrina si segnala, tra i molti, G.BOGNETTI, Obiezione di coscienza. Profili teorici, in Enc. giur., XXI,
Torino, 1990, 1 ss; R.BOTTA (a cura di), L’obiezione di coscienza tra tutela della libertà e disgregazione dello
stato democratico, Milano, 1991; S.LARICCIA,A.TARDIOLA, Obiezione di coscienza, in Enciclopedia del diritto Agg.
III, Milano, 1999, 815 ss; A. PUGIOTTO, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, in Dig, disc. pubbl., Torino, 1995, 240 ss. Più di recente v. V.ABU AWWAD, L'obiezione di coscienza nell'attività sanitaria, in Rivista
italiana di medicina legale, 2, 2012, 403 ss; D. PARIS, L’obiezione di coscienza. Studio sull’ammissibilità di
un’eccezione dal servizio militare alla bioetica, Firenze, 2011; F. GRANDI, Doveri costituzionali e obiezione di coscienza, Napoli, 2014; V.ABU AWWAD,N.VETTORI, Servizi di interruzione volontaria della gravidanza e obiezione
di coscienza: obblighi dell’amministrazione sanitaria e possibili profili di responsabilità penale, in Rivista italiana di medicine legale e del diritto in campo sanitario, 1, 2018, 9 ss.