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Guarda Il collaboratore scolastico nella scuola dell'inclusione: criticità e prospettive di miglioramento. Esiti di una ricerca sull'autopercezione del ruolo

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Il collaboratore scolastico nella scuola dell'inclusione:

criticità e prospettive di miglioramento.

Esiti di una ricerca sull'autopercezione del ruolo

The ancillary staff in the inclusive school:

critical issues and prospects for improvement.

Results of a research focused on role self-perception

Esiti di ricerca e riflessione sulle pratiche

(A.ricerca qualitativa e quantitativa; B. progetti e buone pratiche; C. strumenti e metodologie)

L'introduzione, i paragrafi 1 e 4 sono a cura della dott.ssa Travaglini, le conclusioni e i paragrafi 2 e 3 a cura della dott.ssa Ruzzante.

Over the past two decades, the school employee has been strongly reviewed. In fact it has received, as stressed by the overcoming of the term "janitor", used until the 1990s, a wider range of functions and responsibilities. However, this change did not give life to new practices, as results from the weakness of the training courses involved in favor of collaborators. They scarsely partic-ipate in their school life, too. These critical issues highlight that inclusion is a so complex challenge that requires the synergistic partecipation of each school worker. The aim of the following paper is to detect how collaborators perceive their role within the school, focusing in particular on collaborative relationships with other professional and non-professional roles (managers, teachers, families, students, assistants autonomy, etc.). Specifically, researchers submitted an exploratory qualitative-quantitative questionnaire to a group of 41 schools assistants, chosen through different methods. The results highlight the existence of some critical aspects, such as a poor appreciation of the role of the school employee, that stress the importance of structural training courses.

Key-words: collaboration, inclusion, professional role, school assistant, vocational training.

abs

tr

act

Giorgia Ruzzante

Tutor Organizzatore, Università degli Studi di Padova – giorgia.ruzzante@unipd.it

Alessia Travaglini

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Introduzione

Chi costruisce l’inclusione all’interno della comunità scolastica? L’inclusione costi-tuisce un processo che coinvolge tutti e ciascuno: rappresenta un’opera collettiva alla quale ciascun individuo è chiamato a partecipare, con le sue risorse e poten-zialità (Ruzzante, 2017b; Booth & Ainscow, 2014). Quando si parla di inclusione scolastica si intende infatti “un assetto di garanzie che deve andare oltre il singolo studente e che ha invece come destinatario la comunità scolastica nel suo insieme: dirigente, insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario” (Matucci, 2019).

Del resto, se è innegabile affermare che la scuola costituisce, secondo la norma-tiva scolastica, un ente che esercita la propria azione tenendo conto delle “esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali” (D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, art. 3 c.2 - Autonomia delle istituzioni scolastiche), è altresì vero che si tratta di un’istituzione che ha al suo centro l’azione di persone che interagiscono tra di loro, creando degli orizzonti di significato che orientano e determinano l’azione lavorativa e professionale (Sergiovanni, 2000). All’interno di tale prospettiva, la figura del colla-boratore scolastico necessita di essere considerata quale membro a tutti gli effetti della comunità scolastica, in quanto svolge un ruolo esplicito nei confronti del contesto sia fisico (cura dei locali) sia relazionale (vigilanza degli alunni, collabora-zione con i docenti). Anche il collaboratore scolastico, infatti, mette in atto delle competenze d’aiuto e svolge il ruolo di mediatore (Canevaro, 2008).

Alcune ricerche (Bocci et alii, 2017) hanno evidenziato che la qualità del benes-sere percepito da un operatore può influenzare in modo positivo o, al contrario, negativo, il suo stesso intervento, in quanto potenzialmente in grado di attivare un circuito virtuoso di sistemi di relazione reciproci. Da qui la scelta di porre una parti-colare attenzione a come il collaboratore scolastico percepisca la propria posizione e il proprio ruolo all’interno della scuola, attraverso un questionario rivolto a un campione non probabilistico di 41 collaboratori così composto: a) 30 partecipanti a un corso di formazione, svolto nell’anno scolastico 2017/2018 e avente come oggetto “L’assistenza agli alunni con disabilità”, nell’ambito del quale le autrici del presente contributo hanno collaborato in qualità di formatrici, previo mandato isti-tuzionale a opera dei Dirigenti Scolastici; b) 11 collaboratori contattati volontaria-mente dai partecipanti al corso, secondo la tecnica dello snowball (Goodman, 1961).

L’obiettivo del presente contributo è pertanto quello di illustrare, dopo un rapido

excursus normativo sull’evoluzione della figura del collaboratore scolastico, il

percorso formativo proposto ai corsisti, dal quale sono scaturite alcune osservazioni e considerazioni che hanno orientato i nostri interessi di ricerca, e gli esiti preliminari della ricerca stessa, che ci permetteranno di delineare alcune riflessioni conclusive sulla relazione tra alcune dimensioni inerenti il ruolo del collaboratore scolastico (collaborazione, formazione professionale, valorizzazione delle competenze) e le sfide che una scuola che voglia definirsi inclusiva è chiamata ad affrontare.

1. L’evoluzione normativa: da bidello a collaboratore scolastico

La figura del collaboratore scolastico ha origini molto antiche ed è stata nel tempo sottoposta a numerose rivisitazioni. Alla sua apparizione, essa era indicata con il

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termine bidello, la cui etimologia risale dal latino bidellus, che a sua volta deriva dal franco bidal, che significa «messaggero», oppure dal tedesco bittan, messo giudi-ziario, termini che sottolineano essenzialmente il ruolo di colui che agisce per conto di un altro (www.treccani.it). In origine, il suo operato è limitato all’ambito universi-tario: nello specifico, si occupa di distribuire i testi fra gli studenti e di fungere come intermediario tra i docenti e gli allievi. Non riceve una paga prestabilita in quanto erano gli studenti che provvedevano al suo sostentamento attraverso una colletta (Testi & Santoro, 2019). Bisognerà attendere il Regio Decreto 6 maggio 1923, n. 1054 – Ordinamento della istruzione media e dei convitti nazionali – per avere una maggiore definizione del suo ruolo. Per quanto attiene il mansionario, emerge una sostanziale dipendenza dalla figura del preside. Nel documento sopracitato si precisa infatti che i bidelli “attendono alla completa pulizia e alla custodia dei locali e adem-piono a qualunque altro incarico loro affidato dai presidi” (art. 101). La subalternità rispetto al capo d’istituto è confermata anche dall’articolo 12 del D.Lgs. 7 maggio 1948, n. 1221 - Norme concernenti gli aiutanti tecnici e il personale di servizio degli istituti di istruzione media, classica, scientifica e magistrale – nel quale si afferma che “I bidelli hanno l’obbligo di […] adempiere a qualunque altro incarico inerente al servizio scolastico, che venga loro affidato dal preside. Essi inoltre sono a disposi-zione del capo di istituto per tutte quelle altre mansioni, inerenti al funzionamento della scuola che lo stesso capo di istituto, intende loro affidare” (art. 12). In entrambi i documenti normativi, non appare quindi il loro operato in riferimento agli allievi.

Bisognerà attendere il D.P.R. 07.03.1985, n. 588 – Profili professionali delle quali-fiche del personale non docente appartenente ai ruoli dello stato degli istituti o scuole di istruzione primaria, secondaria ed artistica, ivi compresi le accademie di belle arti, i conservatori di musica e le accademie nazionali d’arte drammatica e di danza e delle istituzioni educative statali – per avere una maggiore definizione delle mansioni e del grado di responsabilità propri di questa figura. Tale norma, infatti, suddivide gli interventi che concorrono al funzionamento della scuola in tre gruppi – area funzionale dei servizi generali, dei servizi tecnici e dei servizi ausiliari – iden-tificando il personale non docente con l’acronimo ATA (Ausiliario, Tecnico e Ammi-nistrativo). Ai bidelli, che appartengono all’area ausiliaria, sono attribuiti maggiori responsabilità e livelli di autonomia.

Con il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 1995-1997 del 04.08.1995 il termine bidello è sostituito da quello, tuttora in uso, di collaboratore scolastico. Rispetto alla precedente normativa, a questa figura professionale sono attribuiti incarichi di maggior rilievo che riguardano l’interazione con gli allievi e con la comu-nità scolastica. Si precisa, infatti, che il collaboratore assume compiti di:

sorveglianza degli alunni nelle aule, nei laboratori, nelle officine e negli spazi comuni, anche in occasione di momentanea assenza degli insegnanti; concorso in accompagnamento degli alunni in occasione del loro trasferi-mento dai locali della scuola ad altre sedi anche non scolastiche […] supporto all’attività amministrativa e didattica (art. 51, IV/1)

contribuendo quindi in modo significativo al buon andamento del servizio scola-stico. In relazione alla presenza a nella scuola degli allievi con disabilità, il legislatore precisa che il collaboratore può occuparsi anche

dell’assistenza agli alunni portatori di handicap, fornendo ad essi ausilio materiale nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno

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di tali strutture e nell’uscita da esse, nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale (art. 51, IV/1).

Emerge quindi una sostanziale divisione tra le funzioni rivolte a tutti gli alunni, per i quali sono necessarie attività di sorveglianza e accompagnamento, e quelle destinate invece agli allievi cosiddetti handicappati1, che necessitano di assistenza

e aiuti materiali e nei confronti dei quali possono (non devono) essere rivolte azioni di ausilio da parte del personale scolastico. Le ambiguità connesse al termine può, che nega il diritto a una piena partecipazione degli allievi disabili, facendolo derivare dalla presenza di situazioni contingenti, sono superate dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Scuola stipulato il 15 marzo 2001, nel quale si riconosce che “Vanno comunque garantite, attraverso particolari forme di organiz-zazione del lavoro [...] le attività di ausilio materiale agli alunni portatori di handicap per esigenze di particolare disagio e per le attività di cura alla persona [...]”. L’im-portanza del collaboratore ai fini dell’integrazione degli allievi disabili è sottolineata in modo più marcato dalla Nota MIUR 3390/2001, avente come oggetto “assistenza di base agli alunni in situazione di handicap”, nella quale si precisa che “il collabo-ratore scolastico è parte significativa del processo di integrazione scolastica degli alunni disabili, partecipa al progetto educativo individuale dell’alunno e collabora con gli insegnanti e la famiglia per favorirne l’integrazione scolastica”. Questo aspetto è confermato dai successivi Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro del 24/07/2003 e del 29/11/2007 i quali evidenziano, in particolare, che il collabora-tore

Presta ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale anche con riferimento alle attività previste dall’art. 4 (Tabella A, Area A).

Anche in questo caso, è ribadita l’importanza della collaborazione con i docenti. Si riconosce, inoltre, che a questa figura possono essere attribuiti ruoli di maggiore complessità, ai fini dell’attuazione da parte della scuola del Piano dell’offerta forma-tiva (POF). Il D.lgs. 13 aprile 2017, n. 66 – Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107 – si pone in linea con il filone normativo precedente: dopo aver infatti sottolineato che l’inclusione scolastica rappresenta l’esito dell’impegno di “tutte le componenti della comunità scolastica” (art. 1 c.1), attribuisce allo stato il compito di provvedere

all’assegnazione, nell’ambito del personale ATA, dei collaboratori scolastici nella scuola statale anche per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti dal profilo professionale, tenendo conto del genere delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti, nell’ambito delle risorse umane disponibili e assegnate a ciascuna istituzione scolastica (art. 3 c.2).

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In sintesi, l’evoluzione normativa del profilo del collaboratore scolastico mette in evidenza i seguenti aspetti: a) l’allontanamento da una visione che concepisce il collaboratore scolastico come una figura che si relaziona in modo esclusivo al Diri-gente Scolastico; b) l’affidamento di una serie di funzioni che riguardano il buon funzionamento della scuola, alcune delle quali hanno a che fare direttamente con la presenza degli allievi (es. sorveglianza, custodia, ecc.); c) il riconoscimento che l’assistenza agli allievi disabili rappresenta un diritto inalienabile di ogni individuo, che non può essere soggetto alla presenza di determinate condizioni; d) il ricono-scimento che l’azione del collaboratore è fondamentale per attuare pienamente quanto indicato dalle scuole nei loro piani programmatici.

2. Il collaboratore scolastico, inclusione e processi formativi

L’analisi della letteratura riguardante l’azione del collaboratore all’interno della scuola evidenzia la scarsità degli studi e delle ricerche presenti negli ultimi anni. L’unico libro “Per chi suono la campanella?” (Piazza, 2002) rappresenta una pubbli-cazione ormai datata per quanto riguarda il legame tra inclusione scolastica e perso-nale non docente.

Il concetto stesso di inclusione indica un processo trasformativo al quale sono chiamati tutti i membri della comunità scolastica (D’Alessio, 2012). L’inclusione, infatti, non è questione che riguarda solo gli insegnanti, perché tutti gli adulti hanno nei confronti delle giovani generazioni precise responsabilità. “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio” recita un famoso proverbio africano. Del resto, quando entriamo in una scuola chi è la prima persona che accoglie alunni e studenti, docenti e dirigente? Il collaboratore scolastico, ancora oggi comunemente definito con il nome di “bidello”. I processi di insegnamento/apprendimento, infatti, non si esauriscono all’interno dell’aula scolastica, come richiamato dal D.M. 22 agosto 2007, n. 139 - Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione - e, successivamente, dalla Raccomandazione del Parlamento europeo del 22 maggio 2018: la scuola, nella sua totalità, è chiamata a promuovere le competenze di cittadinanza, che trovano nello spirito di collaborazione, nella parte-cipazione e nella competenza sociale la principale forma di espressione. Si tratta, in altre parole, di attivare percorsi virtuosi ai quali concorrono anche i collaboratori che, per ciò che concerne la sfera educativa e delle autonomie, possono giocare un ruolo importante. Tale aspetto risulta particolarmente importante soprattutto se si considera la presenza, all’interno delle scuole, di allievi che presentano bisogni e diversità tali da richiedere approcci educativi tra loro eterogenei e diversificati, e che necessitano del supporto di tutti i membri della comunità scolastica, per realiz-zare il passaggio dal sostegno al sistema dei sostegni (Canevaro, Ianes, 2019).

L’ampliamento delle funzioni ascritte al ruolo del collaboratore richiede pertanto un’accurata riflessione sul tema della formazione. Il D.M. 30.08.2017, n. 640 – Aggiornamento terza fascia graduatorie ATA triennio 2017-2019 – sancisce che per l’accesso al ruolo è necessario aver acquisito un diploma di qualifica triennale rila-sciato da un istituto di secondo grado statale oppure regionale, contro la licenza media richiesta dalle precedenti disposizioni. Spesso viene sollevata la questione della scarsa formazione dei collaboratori e l’inadeguatezza delle loro conoscenze e competenze per poter affiancare nella misura più corretta possibile i ragazzi con disabilità.

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Le iniziative di formazione non hanno purtroppo carattere strutturale, sono episodiche e legate ai finanziamenti e alla propositività di Direttori Amministrativi, responsabili del personale ATA e Dirigenti Scolastici. Ciò si verifica nonostante ci siano state nel tempo diverse raccomandazioni in tal senso. La già citata Nota MIUR 3390/2001 ribadisce, ad esempio, quanto segue: “È necessario, considerata anche la delicatezza dei compiti connessi all’assistenza agli alunni disabili, che vengano organizzati corsi di formazione, secondo quanto previsto dal CCNI 1998-2001”. Le Linee guida sull’integrazione degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009 esortano i Dirigenti Scolastici a garantire la formazione di tutti gli operatori “per conseguire l’obiettivo della piena integrazione degli alunni disabili” (parte III punto 3), mentre la Legge 13 luglio 2015, n. 107 - Riforma del sistema nazionale di istruzione e forma-zione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti - dispone l’obbligo di formazione in servizio per i collaboratori rispetto alle specifiche competenze “sull’assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica” (c.181). Il successivo D.Lgs. 13 aprile 2017, n.66 - Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disa-bilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n.107 66/2017 - evidenzia che i percorsi formativi in oggetto siano attivati in modo periodico e sistematico.

3. Il percorso formativo

Le iniziative di formazione qui presentate, che hanno consentito l’avvio della ricerca, sono state svolte nell’a.s. 2017/2018 nei territori rispettivamente dell’Ambito 8 del Veneto a Noventa Vicentina (VI), nei pressi dei Colli Berici e dell’ambito 8 di Roma. I corsi prevedono 12 ore di lezioni frontali, 6 ore di attività laboratoriali, alle quali si aggiungono 6 ore ulteriori di formazione per la produzione di un elaborato. Hanno partecipato complessivamente 24 collaboratori nel corso di Noventa Vicentina e 62 collaboratori nel corso di Roma.

Le lezioni frontali si sono articolate in quattro incontri da tre ore ciascuno nel quale sono state affrontate le seguenti tematiche: 1) individuazione, grazie anche all’ausilio di video e immagini, degli stereotipi utilizzati a livello diffuso per descrivere le persone disabili, in linea con i contributi teorici propri del modello sociale della disabilità (Vadalà, 2003); 2) ridefinizione del ruolo del collaboratore scolastico, chia-mato non soltanto a erogare attività di mera assistenza ma a contribuire all’abbatti-mento delle barriere che impediscono una piena partecipazione dell’allievo alle attività scolastiche; 3) acquisizione dei concetti fondamentali riguardanti le regole della comunicazione, con una particolare attenzione all’uso dei canali non verbale e paraverbale; 4) analisi e lettura di alcune norme presenti nel Contratto Nazionale di Lavoro, soprattutto quelle riguardanti l’assistenza degli alunni disabili. Nello speci-fico sono stati approfonditi i ruoli e le mansioni di ogni figura professionale che si occupa di disabilità: docenti specializzati per il sostegno, docenti curricolari, diri-gente scolastico operatori socio-sanitari/assistenti educativi comunali o assistenti specialistici, a seconda delle definizioni utilizzate nelle differenti Regioni.

Le attività di tipo laboratoriale sono state focalizzate, in particolare, sulla condi-visione, a livello di piccolo gruppo e di classe, delle problematiche e delle difficoltà incontrate dal collaboratore, riguardanti sia la sfera relazionale (rapporto di colla-borazione con le diverse figure presenti all’interno della scuola), sia quella di natura

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più propriamente organizzativa, inerente la predisposizione degli orari, il mansio-nario e la gestione dei rischi all’interno della scuola. È stata dedicata inoltre un’intera giornata alla lettura dei documenti emanati dalle scuole di appartenenza dei corsisti, in particolare il Piano Annuale Inclusione e il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, a partire dai quali è stata avviata una riflessione sulla discordanza e sulla distanza tra i principi dichiarati dalle scuole e le politiche e le pratiche scolastiche effettiva-mente applicate (Bocci, Travaglini, 2016). Il ruolo delle autrici del presente contri-buto all’interno del corso di formazione è stato duplice: da un lato indicare delle piste di riflessione e delle buone prassi in merito alle tematiche trattate, dall’altro sollecitare la condivisione dei nodi problematici in funzione dell’attuazione di un percorso di sensibilizzazione e di cambiamento.

La domanda di formazione infatti era evidente: i collaboratori non avevano mai avuto l’opportunità di partecipare ad un percorso formativo strutturato sull’inclu-sione. Nel patto formativo d’aula ad inizio corso abbiamo chiarito subito una cosa: il corso non poteva e non doveva trasformarsi in un’arena di rivendicazioni sindacali, ma un’occasione di riflessione per l’acquisizione di un ruolo educativo più consape-vole all’interno della comunità scolastica inclusiva, andando al di là della mera questione dell’igiene personale degli alunni e studenti con disabilità. I collaboratori, ad esempio, non erano a conoscenza del fatto di poter partecipare, eventualmente, al GLI (Gruppo di Lavoro per l’Inclusione), sottolineando come soprattutto ad inizio anno scolastico possa essere molto utile definire “chi fa cosa” senza trovarsi poi a dover definire le diverse questioni in itinere. Valorizzare le loro competenze educa-tive agite all’interno della quotidianità ha costituito un importante punto di partenza. I collaboratori scolastici non devono e non possono avere un “ruolo invi-sibile” all’interno della scuola. Il Rapporto Trellle (2011) a tal fine sottolinea che il personale scolastico ATA è “incapace o imbrigliato burocraticamente nell’espleta-mento del proprio ruolo potenziale per una più efficace realizzazione dell’integra-zione scolastica” (p.171), e ancora che è “scarsamente utilizzabile”.

Anche la Deliberazione della Corte dei Conti 16 luglio 2018, n. 13/2018/G – Gli interventi per la didattica a favore degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali (anni 2012-2017) – sottolinea che il personale ATA di supporto ha un’insuffi-ciente professionalità.

Le due formatrici hanno operato congiuntamente nella preparazione di materiali che fossero al contempo semplici e chiari ma scientificamente fondati, affiancando le presentazioni a momenti di discussione e lavoro in piccoli gruppi. La mancanza di un testo di riferimento specifico per la formazione del personale non docente rispetto all’inclusione scolastica ha costituito una barriera ma anche un’opportunità di sperimentazione, ed abbiamo operato cercando di individuare i nuclei fondanti sui quali costruire il percorso, attraverso un percorso di scomposizione ed adatta-mento di quanto abitualmente utilizziamo nei percorsi formativi, curvandoli verso le esigenze di destinatari diversi rispetto ai docenti. In ottica di co-progettazione, abbiamo pensato a quali conoscenze e competenze fosse necessario formare nei collaboratori scolastici, considerando anche l’eterogeneità del titolo di studio (colla-boratori con licenza media, colla(colla-boratori con diploma di scuola superiore o laurea) e della formazione in servizio ricevuta, nonché la diversità dei gradi scolastici di servizio.

Il modello triangolare dell’Index per l’Inclusione (Booth & Ainscow, 2014) ha consentito di presentare la scuola come comunità inclusiva, nella quale culture, politiche e pratiche sono strettamente intrecciate tra loro. Il concetto di rete ci ha

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permesso di considerare il fatto che tutti e ciascuno sono importanti per favorire il processo di inclusione scolastica, ognuno con i propri ruoli e competenze.

Il corso si è concluso con la redazione di un elaborato individuale, che è iniziato nel corso del laboratorio per poi concludersi a casa. Le domande previste sono state volte ad accertare l’acquisizione delle conoscenze apprese nel corso degli incontri, ma soprattutto hanno costituito motivo di riflessione rispetto all’agire professio-nale.

Le riflessioni maturate in seno al percorso formativo hanno costituito la premessa che ha determinato l’avvio della presente ricerca.

4. La ricerca

Sulla base delle esperienze riportate dai corsisti nell’ambito del percorso formativo, è emersa la necessità di indagare: a) il modo in cui il collaboratore percepisce il proprio ruolo all’interno della scuola; b) la qualità dei rapporti di collaborazione con le altre figure operanti nella scuola; c) le eventuali azioni di miglioramento suggerite ai fini del raggiungimento di un più soddisfacente riconoscimento professionale.

Nell’ambito della letteratura a disposizione, poche ricerche in Italia hanno visto il coinvolgimento del personale ATA per quanto riguarda l’inclusione scolastica; un esempio in tal senso è costituito dalla ricerca “La percezione della qualità dei processi inclusivi nelle scuole sedi di tirocinio del corso di formazione finalizzato al conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità” (Arcangeli, Bartolucci, Sannipoli, 2016). In ambito interna-zionale, una particolare attenzione è stata rivolta, fin dalla fine del Novecento, alla soddisfazione lavorativa dello school assistant (Sutter, 1996) e alle sue abilità di leadership (Celikten, 2001; Weller & Weller, 2002). È da evidenziare tuttavia come questa figura non sia sovrapponibile, per incarichi e mansioni, a quella del colla-boratore scolastico, configurandosi infatti piuttosto come un teacher assistant, con compiti specifici di aiutare il docente nel compiere attività amministrative dentro e fuori la scuola.

Per indagare in modo più puntuale queste dimensioni è stato così elaborato il questionario semistrutturato Que.Pe.R.Co.S. (Questionario sulla percezione del ruolo del collaboratore scolastico) che, in linea con le domande di ricerca, è stato suddiviso in quattro parti: a) profilo del collaboratore, contenente indicazioni quali l’età, il sesso, il titolo di studio, il grado d’istruzione e la città nei quale si svolge l’atti-vità lavorativa, gli anni di servizio (6 item); b) la qualità e il livello di collaborazione con le altre figure presenti nella scuola: Dirigenti scolastici (DS), Dirigente dei Servizi Giuridici e Amministrativi (DSGA), docenti, colleghi, Assistenti educativi comunali, famiglie e studenti (14 item, 7 chiusi e 7 aperti); c) le funzioni svolte nell’ambito dell’assistenza di base agli allievi disabili (4 item, due chiusi e due aperti,); d) la promozione di attività volte alla valorizzazione della figura del collaboratore all’in-terno della scuola (3 item, 2 chiusi e 1 aperto).

Le sezioni b e c sono state strutturate in modo tale che le domande strutturate fossero seguite dalla richiesta di motivare l’opzione formulata, riportando le proprie opinioni in merito.

Hanno risposto complessivamente al questionario, somministrato attraverso Google Moduli, 41 collaboratori.

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I risultati principali emersi nelle diverse aree sono stati i seguenti:

a) Profilo del collaboratore: gli intervistati hanno un’età media pari a 52 anni circa (min. 30 max. 66), in prevalenza donne (35 femmine vs. 6 maschi). Dal punto di vista lavorativo, hanno un’anzianità di servizio pari in media a 17,7 anni (min. 2 max 39), usufruendo perlopiù di un contratto a tempo indeterminato (38 degli intervistati). La maggior parte di loro presta servizio nella scuola dell’infanzia e primaria (28 vs. 13 della scuola secondaria di primo e secondo grado). Per quanto attiene la provenienza geografica, 35 provengono dalla provincia di Padova, mentre 6 appartengono alla città di Roma. In relazione al titolo di studio, 20 sono in possesso della licenza media, 16 del diploma di scuola superiore, 2 di una laurea triennale, 2 di una laurea magistrale e 1 di un master post laurea. b) Un aspetto sul quale si è concentrata la nostra indagine riguarda la qualità della collaborazione riscontrata con le altre figure presenti nella scuola (DS, DSGA, colleghi, assistenti educativi, famiglie e studenti), i cui risultati sono sintetizzati nella seguente tabella:

Tab. 1 La qualità della collaborazione con le altre figure presenti nella scuola

I dati evidenziano, in generale, un buon livello di collaborazione con le diverse figure presenti nella scuola, anche se in ciascun ambito, a eccezione di quello riguardante i docenti, sono rilevate difficoltà a livello diffuso. In particolare, la relazione con il DSGA appare maggiormente critica: il 41% degli intervistati infatti si colloca all’interno degli ultimi due valori della scala. Tale variabile non sembra essere influenzata dall’anzianità di servizio: ritroviamo infatti tale perce-zione presente sia tra i collaboratori di recente assunperce-zione sia in quelli in pros-simità della pensione. È da evidenziare tuttavia come la scarsa consistenza del campione considerato impedisca di fare analisi comparative tra i diversi gruppi (27 collaboratori sui 41 complessivi hanno infatti un’anzianità di servizio compresa tra 10 e 20 anni). Significative, ai fini della nostra indagine, sono le motivazioni, di natura qualitativa, fornite in corrispondenza delle diverse risposte, che evidenziano la percezione vissuta dai collaboratori di non essere sufficientemente considerati all’interno dell’istituzione scolastica. Alcuni, ad esempio, ritengono di essere “poco ascoltati”, di svolgere “mansioni non coerenti con il proprio ruolo”, di ricevere “piani e turni di lavoro che non tengono conto delle reali necessità e non sono ripartite adeguatamente”. Significativo è quanto riportato da un intervistato, in riferimento all’azione del DSGA:

Ottima Buona Ci sono alcunedifficoltà Ci sono moltedifficoltà

DS 15 16 8 2 DSGA 8 16 9 8 Docenti 20 21 0 0 Colleghi 11 17 11 2 Assistenti comunali 17 23 1 0 Famiglie 14 19 7 1 Studenti 22 8 10 1

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Le “Sue” decisioni non si discutono!!! “Chi non si trova bene è libero di cambiare scuola”... Queste le sue parole all’ultima riunione a cui ho parteci-pato. E ho detto tutto! In realtà basterebbe “Solo” ascoltarci per trovare solu-zioni ottimali e proficue per rendere meno faticoso il nostro lavoro dato che ogni giorno in prima linea ci siamo noi e chi meglio di noi saprebbe come gestire il nostro lavoro?....

Per quel che concerne il rapporto con le famiglie, le risposte evidenziano situa-zioni tra loro diversificate, che oscillano tra l’assenza di relasitua-zioni significative, il riconoscimento del valore del proprio operato e il mancato rispetto del ruolo ricoperto. Un intervistato, ad esempio, sostiene che “Non tutti rispettano e valo-rizzano la figura del collaboratore”. Per un altro invece:

Le famiglie non hanno ben chiaro quale sia il ruolo del collaboratore. Spesso associano al collaboratore responsabilità che non gli competono e di conse-guenza capita che li usino come capro espiatorio per qualsiasi problema riscontrino. Può capitare, anche se di rado, che non vengano rispettati nemmeno i limiti del semplice comportamento civile e il collaboratore si ritrova in situazioni di stress in cui non tutti riescono a reagire al meglio. Può capitare che se il collaboratore fa valere le sue ragioni i genitori si rivolgono alla segreteria didattica che per quieto vivere va a richiamare il collaboratore invece di difenderlo, creando così un circolo vizioso.

In relazione agli studenti, le esperienze sono diversificate: alcuni esprimono gratificazione per il fatto di sentirsi una presenza importante per gli allievi, che cercano in loro “protezione e ascolto”, mentre altri evidenziano situazioni di maleducazione, poco rispetto delle regole scolastiche, che si estrinsecano soprattutto nell’incuria verso l’ambiente. È riconosciuto a tal fine significativo l’intervento di mediazione dei docenti: un collaboratore, ad esempio, ritiene di aver un rapporto molto positivo con i bambini “grazie ad alcuni maestri che ci rendono partecipi con rispetto”.

c) La terza parte del questionario è stata finalizzata a indagare il ruolo del collabo-ratore scolastico in relazione alla partecipazione degli allievi disabili nella scuola. Alla domanda se fossero presenti allievi disabili nella sede di servizio, 38 inter-vistati su 41 hanno risposto in modo affermativo: di questi, 21 hanno dichiarato di svolgere attività di assistenza quali, ad esempio, aiuto dell’educatore comu-nale nel cambio del pannolino e nei servizi igienici, accompagnamento al pullmino, sorveglianza per brevi periodi, collaborazione per lo svolgimento della giornata scolastica. Anche in questo ambito, è stato chiesto di segnalare le even-tuali difficoltà riscontrate, per le quali i collaboratori hanno evidenziato, a livello diffuso, il fatto di non sentirsi pienamente coinvolti nel progetto educativo dell’allievo. Riportiamo a tal fine le esperienze più significative: “Troppo spesso non viene presentato il ragazzo e il collaboratore si deve inventare il modo di approcciarsi, e inoltre è totalmente tagliato fuori dalle riunioni per la stesura del piano educativo individualizzato”; “L unica difficoltà è il non sapere cosa può e non può fare nei riguardi dei bambini disabili”; “non essendo informati del tutto del problema non si riesce a restaurare un rapporto”; “in generale però dovremmo conoscere all’inizio dell’anno le problematiche dell’alunno per potere svolgere al meglio il nostro lavoro”. Una testimonianza inoltre evidenzia, in particolare, la scarsa definizione del proprio ruolo all’interno della scuola, che spesso è associato a una preparazione inadeguata:

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In caso di assenza dell’insegnante di sostegno o dell’Aec non viene nominato subito un sostituto e ce ne dobbiamo occupare noi... Quest’anno è successo per una settimana di seguito.. E a inizio anno abbiamo avuto un alunno (profugo di guerra) con un gravissimo handicap fisico ; per 1 MESE poiché non veniva nominato il sostegno e l’Aec abbiamo dovuto tenerlo nel corridoio con noi a dondolarlo nel passeggino dalle 8.20 del mattino alle 13.00 perché piangeva ininterrottamente. Alle nostre segnalazioni ci è stato risposto che era nostro dovere perché non aveva diritto né al sostegno né all’Aec!!!!.. Vergognoso!!! Da denuncia!!! Questo è il modo in cui veniamo impiegati!!! Fermo restando la giusta e normale collaborazione che ci compete e che non è mai mancata, ritengo che per determinate situazioni non abbiamo gli stru-menti per agire con la professionalità richiesta. Tutto ciò comporta un aggravio di responsabilità togliendo tempo prezioso e collaboratori utili al normale svolgimento del nostro lavoro.

d) L’ultima parte del questionario è stato finalizzato a raccogliere opinioni in merito alla valorizzazione della figura del collaboratore all’interno della scuola. Di fronte alla domanda se, a loro avviso, il ruolo del collaboratore fosse sufficientemente valorizzato, all’interno di una scala composta da quattro item (sì; no; in parte; non saprei), 9 intervistati esprimono un parere positivo, 13 si orientano per il “no” e 16 per la terza opzione (in parte). Le motivazioni riflettono, anche in questo caso, la presenza di ambivalenze sul modo in cui il loro operato è perce-pito dalle altre figure. Nonostante siano presenti esperienze positive, alcuni ritengono di sentirsi “l’ultima ruota del carro”, con il rischio di “essere scambiati per servi”, oppure “usati solo come ultima spiaggia”. Un intervistato a tal propo-sito sostiene che “La figura del collaboratore scolastico è del tutto marginale e superficiale agli occhi dei vari organi scolastici interni ed esterni” e che pertanto sarebbe necessario un maggiore coinvolgimento negli organi istituzionali. In merito alle azioni di miglioramento suggerite, si riporta il grafico sottostante:

Grafico 1: Percentuale di risposte alla domanda: “Quali azioni di miglioramento vorrebbe fossero intraprese?”

In sintesi, le esperienze riportate evidenziano la presenza di criticità nel modo in cui il ruolo del collaboratore è percepito all’interno della scuola, che non deri-vano tanto, come indicano i dati quantitativi, da difficoltà di tipo relazionale

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ascrivibili ai singoli individui, quanto piuttosto dalla presenza di un modello sociale di riferimento che opera classificazioni gerarchiche, a seconda del ruolo rivestito dai singoli individui e delle mansioni da questi svolte, senza considerare che in una scuola che aspiri a configurarsi come una comunità inclusiva ogni individuo, ciascuno con il proprio ruolo, agisce e lavora in funzione di un benes-sere condiviso.

Conclusioni

Le questioni e le osservazioni riportate rappresentano un primo passo per prose-guire nello studio e nell’analisi delle dimensioni indagate. Il percorso di formazione ha sollecitato questioni che sono poi state confermate dalle risposte ricavate dalla compilazione dei questionari. I primi risultati ai quali siamo giunte richiamano la necessità che nelle scuole il collaboratore possa sentirsi, a tutti gli effetti, parte della comunità scolastica. Nelle scuole normalmente non si invita il personale ATA a parte-cipare ai GLI (Gruppi di Lavoro Inclusione), e ciò sarebbe opportuno soprattutto ad inizio anno scolastico, per definire insieme gli ambiti di intervento e il tipo di supporto che tale personale può fornire. Anche nel Piano Annuale Inclusione (PAI), nella parte dedicata all’analisi dei punti di forza e di criticità rilevati, dovrebbero essere precisate le azioni intraprese dai collaboratori scolastici. Il loro ruolo infatti non deve configurarsi come intervento di emergenza. Pensiamo ad esempio ad un alunno con autismo che “scappa” dalla classe: conoscere le difficoltà degli alunni consente a tutti gli adulti presenti nella scuola di attuare un intervento specifico e mirato. Un ruolo strategico è assolto dalle figure dirigenziali della scuola (DS e DSGA): queste, attuando i principi di una leadership inclusiva (Ianes, Cramerotti, 2016; Ruzzante, 2017a) possono contribuire a creare un clima scolastico nel quale ciascuno possa sentirsi valorizzato. In una scuola che aspiri a essere realmente inclu-siva è necessario, in altre parole, promuovere occasioni in cui ciascuno possa sentirsi effettivamente partecipe e co-costruttore di un benessere collettivo, anche attra-verso la rimozione di quelle che sono le barriere culturali e ideologiche che orien-tano le politiche e le prassi scolastiche (Booth & Ainscow, 2014). Il collaboratore potrebbe quindi assumere una funzione di maggior rilievo nel progetto individuale degli allievi con disabilità, ponendosi come un ponte tra la scuola e il territorio, tra il dentro e il fuori, contribuendo ad abbattere una linea di demarcazione che deter-mina barriere di tipo ideologico, culturale e sociale tra chi insegna e chi apprende. Ci rendiamo conto che, per comprendere in modo più adeguato tale fenomeno, sarebbe auspicabile strutturare dei protocolli di indagine più ampi, in grado di coin-volgere un campione più ampio di collaboratori. Sarebbe utile, inoltre, promuovere azioni di formazione che prevedano, secondo uno schema bottom-up, uno scambio di esperienze e di riflessione tra tutti coloro che sono chiamati a lavorare per l’in-clusione, nell’ottica della promozione di una rete di relazioni più stabile e duratura (Canevaro, 2013; Dainese, 2019).

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Figura

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