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La variazione diatopica del significato. Il caso di bial nelle Alpi Occidentali

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(2)

Lingua, cultura, territorio

Collana diretta da Tullio Telmon

(3)

I volumi pubblicati nella Collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica

Volume pubblicato con il contributo del Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD).

(4)

L’abisso saussureano

e la costruzione

delle varietà linguistiche

a cura di

Paolo Benedetto Mas, Carlotta D’Addario, Alberto Ghia,

Silvia Giordano, Aline Pons, Silvia Sordella e Marianna Trovato

Edizioni dell’Orso Alessandria

(5)

© 2015

Copyright by Edizioni dell’Orso s.r.l. via Rattazzi, 47 15121 Alessandria tel. 0131.252349 fax 0131.257567 e-mail: edizionidellorso@libero.it http://www.ediorso.it

Redazione informatica a cura di ARUNMALTESE(bibliotecnica.bear@gmail.com) È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effet-tuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penal-mente perseguibile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41

(6)

Presentazione VII

Contributi

Thomas Krefeld,

L’abisso saussureano e la costruzione delle varietà linguistiche 3 Tullio Telmon

Terracini precoce recensore del Cours di Saussure 11

Gabriele Iannàccaro

Tipi di percezione, linguistica della variazione e dialettologia 21 Gianmario Raimondi

Individuo e psicologia nella lettura terraciniana (1919) del Cours

di Saussure 37

Francesco Avolio

L’“Alfabeto aquilano” 45

Katharina Franko

I messaggi sulla bacheca di Facebook – un tipo di CMC tra parlato

e scritto? 57

Katharina Jakob

La dimensione del medium nella variazione linguistica: l’esempio

dei messaggi WhatsApp 75

Mariagrazia Palumbo

Studi percettivi in ambiente calabro tedesco 93

(7)

Carlotta D’Addario

Percezione di strutture morfosintattiche dell’italiano regionale 107 Marianna Trovato

La percezione delle varietà. Uno sguardo all’interno del DASES

(Dizionario Atlante dei Soprannomi Etnici in Sicilia) 119

Paolo Benedetto Mas

Percepire l’identità linguistica: una variabile influente? 125 Silvia Giordano

Riflessioni sulla (micro)variazione dialettale tra produzione e

rappresentazione del dato linguistico 139

Aline Pons

La variazione diatopica del significato. Il caso di bial nelle Alpi

occidentali 153

Alberto Ghia

Varietistica e toponomastica: alcune ipotesi di lavoro 167

Silvia Sordella

Rfilettere sulla langue a partire dalla varietà della parole 183

Appendici

Thomas Krefeld e Tullio Telmon

Spunti per un manifesto di varietistica percezionale 193 Benvenuto Terracini

Recensione a Ferdinand de Saussure (1916), Cours de linguistique

générale 195

Federica Venier

“Quale storia laggiù attende la fine?” La prima ricezione del Cours

(Meillet, Schuchardt e Terracini) 201

(8)

Interpretando la lingua come un sistema di segni, come conviene in questo volume che prende le mosse dal pensiero saussureano, si potrebbe tentare di ridefinire la variazione intralinguistica, indipendentemente dalle ragioni (storiche, geografiche, sociali, pragmatiche) che la determinano, come variazione di segni linguistici, intendendo con signe ogni entità linguistica2. Un ulteriore passo in

questa direzione potrebbe essere quello di distinguere fra la “variazione di significante”, che potrebbe comprendere tutti i casi in cui, per riprendere la terminologia di Saussure, uno stesso concetto è espresso con una diversa immagine acustica, e “variazione di significato”, che potrebbe comprendere tutti i casi in cui una stessa immagine acustica è espressione di diversi concetti. Se questa inferenza si rivela di scarsa utilità nello studio teorico della variazione, sembra invece collimare con l’opposizione fra onomasiologia e semasiologia nel particolare contesto di studi della geografia linguistica.

Tradizionalmente si suole infatti specificare che le carte lessicali «sono onomasiologiche, se riportano i lessotipi corrispondenti a un dato concetto;

semasiologiche, se invece illustrano la distribuzione dei vari significati veicolati

da una determinata forma linguistica» (Cugno/Massobrio 2010a). Al di là dell’enunciazione teorica, la stragrande maggioranza delle carte lessicali finora prodotte dalle diverse imprese atlantistiche è di tipo onomasiologico, ovvero riporta sulla mappa i diversi significanti che corrispondono nello spazio allo stesso significato (considerato convenzionalmente tale), elicitati nella maggior parte dei casi attraverso uno stimolo nella lingua standard.

Gli atlanti europei di area romanza, anche quando dispongano di una sezione di carte interpretative, raramente presentano esperimenti di compilazione di carte semasiologiche3; tuttavia, quelle attualmente disponibili sembrano permettere la

distinzione in due categorie:

L

A VARIAZIONE DIATOPICA DEL SIGNIFICATO

.

I

L CASO DI BIAL NELLE

A

LPI OCCIDENTALI

Aline Pons

1

Università degli Studi di Torino

1 Ringrazio Federica Cugno per l’aiuto nell’individuazione delle carte semasiologiche attualmente pubblicate nei diversi atlanti linguistici romanzi.

2Osservazioni a riguardo sono formulate dal curatore dell’edizione italiana del Cours, Tullio de Mauro, alla nota 130 (Saussure, 2007: 411).

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154 Aline Pons

- carte “di I livello”, costruite a partire da domande semasiologiche, che forniscono uno stimolo nella lingua locale e chiedono all’informatore di specificarne il significato;

- carte “di II livello”, costruite a partire da più carte onomasiologiche nelle quali ricorra uno stesso tipo lessicale.

Le prime carte semasiologiche a comparire sono quelle “di II livello”: la loro concettualizzazione si deve a Karl Jaberg, che nel dicembre del 1933 illustrava al Collegio di Francia una nuova possibilità per presentare i materiali raccolti con i metodi della geografia linguistica:

«On peut concevoir, cependant, une autre façon de présenter les faits de géographie lexicologique. Partez du mot e non pas de l’idée; faites une synthèse de différentes cartes d’un atlas linguistique où se retrouve le même mot; rassemblez sur votre carte non pas les différentes dénominations qui correspondent à la même idée, mais les différentes significations qu’est susceptible de prendre le même mot» (Jaberg, 1936: 43).

In chiusura del volume citato, vengono presentate le prime realizzazioni di carte semasiologiche: a titolo di esempio, si veda la carta sulle diverse evoluzioni semantiche del termine latino BALTEUS nel nord Italia, inferite dallo studio di sette carte dello Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz – AIS4.

Alcune carte di questo tipo sono state successivamente proposte dall’Atlas

linguistique et ethnographique de l’Alsace – ALA5, dall’Atlas Linguistique et

ethnographique de Provence – ALP6e dall’Atlas Lingüístico Galego – ALGa7.

discendenti da uno stesso etimo, talvolta anche attraverso la realizzazione di carte semasiologiche; a titolo d’esempio, cito due articoli di studiosi coinvolti nelle imprese atlantistiche torinesi: Ronco (1978) e Canobbio (1997). È inoltre doveroso ricordare che un’operazione di questo tipo è alla base della costruzione di alcuni dizionari etimologici come REW, FEW, LEI.

4In particolare, i materiali sono tratti dalle voci: il legame del covone (VII, 1455), i covoni, il covone (VII, 1454), arnese che serve a dar la forma al formaggio (VI, 1216), la pastoia (VI, 1185), la cengia (III, 425 a), una roccia (scoscesa) (III, 423 e 423 a), m’ha tirato un sasso (VIII 1674). Una riproduzione facilmente accessibile della carta è disponibile in Alinei (2009: 775).

5Si vedano ad esempio le carte 14 (meiden), 186 ((sich) steipern), 310 (wunderlich) nel I volume e le carte 8 (bœuf – ochse) e 215 (hamençon – angelhaken) nel II volume.

6È il caso delle carte 146 (bya̩u̯), 147 (ri̩u̯), 147 (vala) e 149 (valũⁿ) del I volume. Nel caso dell’ALP non vengono esplicitate le carte onomasiologiche da cui sono stati inferiti i diversi sensi delle voci dialettali, ma queste precedono immediatamente le carte semasiologiche.

7È il caso delle carte 5 (serán), 94 (brétema), 97 (orballo) e 110 (neve) nel IV volume. A titolo d’esempio, le diverse accezioni della voce serán sono tratte dallo spoglio dei materiali raccolti nelle carte onomasiologiche: 4 (tarde, serán), 7 (atardecer, tardiña), 8b (entre noite e día), 11 (anoitecer), 41c (roibén), 95a (resío) e 96 (orballo, rosada).

(10)

Il caso di bial nelle Alpi occidentali 155

Una menzione particolare meritano le carte semasiologiche prodotte nel cantiere dell’Atlas Linguistique et ethnographique de la Gascogne – ALG, perché in questo caso il dato relativo al significato è integrato (per lo più attraverso un sistema di riferimenti numerici) in alcune carte onomasiologiche8: in tal senso,

l’ALG può forse essere considerato un precursore degli atlanti che hanno costruito delle carte semasiologiche a partire da specifiche domande del questionario. Un altro atlante che ha sintetizzato dati relativi al significante e dati relativi al significato sulle stesse carte è il Noul Atlas Lingvistic Român pe Regiuni – Oltenia – NALR – Olt.9, che però rinuncia alla cartografazione delle risposte

semasiologiche, limitandosi a illustrarle in note a margine della carta.

Un esempio recente di carta “di I livello” si trova nell’Atles Lingüístic del

domini català – ALDC, dove leggiamo, alla carta 386 vianda, che «els

enquestadors preguntaven pels conceptes que cada informador associava a la forma lèxica vianda» (Veny/Pons i Griera 2001-). In questo caso, sulla mappa vengono riportati dei simboli corrispondenti ai diversi significati che il termine può assumere, permettendo così una valutazione delle aree semantiche individuate, anziché mediante domande tradizionali, tramite domande semasiologiche. Domande di questo tipo trovano spazio nei questionari di numerose imprese atlantistiche10(per lo più a carattere regionale), ma la loro resa

cartografica non è ancora disponibile. Non è forse superfluo sottolineare che da carte semasiologiche di questo tipo non è possibile ottenere delle carte onomasiologiche analitiche, che «riproduc[a]no le attestazioni del fenomeno linguistico per ogni singola località» (Cugno/Massobrio, 2010b: 14).

8In particolare si possono citare, nel IV volume, le carte 1149 (

VACĪVA), 1195 (AVIĀMEN), 1303 (gourde porrón), 1306 (miche), 1370 (ligna), 1398 (camalhon), 1451 (eskuerd), 1478 (cadet), 1488 (la jambe crue), 1503 (milhàs), 1510 (còca), 1588 (-ŌRIU). Notiamo l’alternarsi, nell’intitolazione della carta, degli etimi latini e di forme espresse nella lingua locale.

9Si vedano ad esempio le carte 181 (muiere), 189 (schelă), 243 (căpătîi), 323 (plai), 324 (cale), 329 (vale), 335 (căşită), 337 (măgură), 339 (curmătură), 340 (şa) e 348 (dascăl) del II volume, le carte 432 (ogor), 445 (hambar), 512 (codru), 513 (crîng) e 530 (tufă) del III volume, le carte 739 (otinc), 744 (cîrlan), 746 (cîrlana), 750 (vătui), 752 (vătuie), 814 (iernatic), 815 (văratic), 816 (tomnatic) e 817 (mutare) del IV volume.

10Per l’area italiana si possono citare, a titolo d’esempio, i questionari dell’Atlante Linguistico

ed Etnografico del Piemonte Occidentale – ALEPO (domande sulla montagna) e dell’Atlante Linguistico Siciliano – ALS (domande sull’alimentazione). Una menzione particolare va riservata

all’Atlante Lessicale Toscano – ALT, che ha affiancato in modo quasi sistematico quesiti di ordine semasiologico alle domande onomasiologiche: tutti i materiali elicitati sono disponibili online, ma attualmente il sito non permette di costruire delle carte semasiologiche.

(11)

156 Aline Pons

La rarità delle carte semasiologiche è probabilmente correlata, oltre alla loro mancata esaustività (che si manifesta nel tentativo di convertirle in carte onomasiologiche), alle difficoltà che comporta la loro realizzazione.

Per compilare delle carte “di II livello”, è infatti necessario associare uno stimolo nella lingua standard a un significato nella lingua locale: alla luce della nutrita bibliografia in materia, sappiamo però che la risposta dell’informatore è strettamente legata al momento e al contesto dell’enunciazione, come sappiamo che far combaciare la tassonomia proposta dal questionario con quella propria dell’informatore può essere foriero di gravi fraintendimenti11. Per cominciare a

entrare nel campo semantico dei corsi d’acqua, possiamo citare ad esempio il parziale scollamento fra la domanda ALEPO Q464 “il fiume” e alcune delle risposte elicitate in località montane, che riportano l’idronimo principale della valle: in taluni casi, è difficile far corrispondere il significante dialettale al significato italiano di “fiume” (es. [la hˈniklə] a Novalesa).

Nella realizzazione di carte “di I livello”, se la proposta di domande semasiologiche (che partono quindi dai termini dialettali) può ovviare al problema appena citato, si presenta invece la questione della comparabilità delle risposte, che nella carta “di II livello” sono forzatamente standardizzate dal questionario onomasiologico. A titolo d’esempio, durante un’inchiesta preliminare al mio lavoro di tesi di dottorato (cfr. oltre), ho interrogato i parlanti di nove diverse località (Salbertand, Pragelato, Massello, Pramollo, Ostana, Bellino, Elva, Argentera) circa il significato della parola bial: ho ottenuto risposte molto eterogenee, che insistevano su diversi aspetti (“è fatto dall’uomo”, “è naturale”, “porta acqua tutto l’anno”, “è più grande della bialera”), non sempre reciprocamente escludenti o legati da rapporti di necessità (il bial potrebbe anche essere un corso d’acqua naturale che presenta periodi di secca, o un canale artificiale più piccolo rispetto alla bialera). I risultati di questo tipo di inchiesta non sono quindi immediatamente comparabili, a meno che il questionario non riposi su una conoscenza preliminare non solo dei diversi sensi che le “parole” possono assumere in una certa area (interrogando l’informatore su ogni accezione attestata per ciascun termine), ma anche delle “cose” che queste parole indicano: è infatti comune, come dimostra il saggio di Jaberg citato in apertura, che gli spostamenti di significato facciano seguito a una variazione dei referenti.

A fronte dell’elenco (certo non esaustivo) delle difficoltà che comporta la realizzazione di carte semasiologiche, la tentazione sarebbe quella di desistere: tuttavia, se i primi risultati ottenuti in questa direzione dagli atlanti sembravano

11Una breve rassegna bibliografica sull’argomento si può trovare in Giordano/Pons (2014), dov’è affrontato il tema dell’utilità del dato atlantistico negli studi tassonomici a partire dai dati dell’ALEPO.

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Il caso di bial nelle Alpi occidentali 157

dimostrare, già nel 1974, che «les dialectologues pouvaient renouveler avec profit leur propre discipline intégrant la sémasiologie […] et d’une façon plus générale participer avec dynamisme et succès aux recherches sémantiques actuelles» (Bouvier, 2003: 27), la creazione di carte semasiologiche “di I livello” sembra offrire valide soluzioni ai principali problemi metodologici sottesi ai primi esperimenti.

Un esempio di studio semasiologico: il caso di bial nell’ALP e nell’ALEPO

Un’occasione per sperimentare le difficoltà e le potenzialità dell’analisi semasiologica ci è offerta dai materiali dell’ALEPO sulle acque, in corso di edizione nel volume dedicato a Spazio e Tempo. L’interesse semasiologico del lessico legato ai corsi d’acqua (e più in generale al talweg12), è già stato dimostrato

dai lavori di Jean Claude Bouvier che, dopo aver proposto un convincente schema per descrivere la struttura semantica delle denominazioni rièu, bya, vala, ecc… per le parlate provenzali (Bouvier 1974), ha analizzato anche i primi materiali dell’ALEPO in questa direzione (Bouvier 1985). Sulla scorta degli studi di Bouvier, Matteo Rivoira ha recentemente ripreso i materiali dell’ALEPO legati alle acque per testare il contributo che i dati toponimici possono offrire alla lettura semasiologica dei dati elicitati dagli atlanti regionali, nonostante «un processus de “cristallisation” [qui] a amené, du point de vue sémiotique, à l’établissement d’une relation sémiotique directe entre le signifiant et le référent se passant à la limite du signifié» (Rivoira, 2012: 297). Ora che questi materiali stanno assumendo una veste definitiva, è possibile riprendere gli spunti di Bouvier (e la carta semasiologica 146 (bya̩u̯) dell’ALP) per tentare una sintesi dei diversi sensi che il lessema polisemico bial sembra assumere sui due versanti delle Alpi Occidentali.

L’etimologia del termine può essere ricondotta con una certa sicurezza alla voce gallica BEDU- «kanal, graben» (FEW, I: 312), che è all’origine anche del francese bief, «canal qui conduit les eaux pour les faire tomber sur la roue d’un moulin» (Académie Française, 1932-1935, 1:141), con l’aggiunta di un suffisso derivazionale –ALE (Bouvier 1974).

Non disponendo, per questa parte del questionario, di domande semasiologiche, si procederà nel tentativo di disporre le occorrenze del lessema

bial elicitate dai due atlanti13in una carta “di II livello”.

12In geografia fisica, il talweg è la linea ideale che unisce tutti i punti più bassi lungo un fondovalle.

(13)

158 Aline Pons

Se per l’area italiana si sono presi in considerazione tutti i punti d’inchiesta dell’ALEPO in cui sia stato elicitato il termine bial, già concentrati in area alpina, per l’ALP sono stati selezionati 23 punti14siti in prossimità del confine di Stato

(fino alla distanza massima di 70 km in linea d’aria), nel tentativo di mantenere una certa uniformità nella morfologia dei solchi vallivi15. Non si è invece tenuto

conto dei dati elicitati dall’Atlas Linguistique et ethnographique du Jura et Alpes

du nord – ALJA, per la sostanziale assenza del lessotipo bial (almeno in mancanza

di morfemi derivazionali) in area francoprovenzale piemontese e savoiarda16. Si

è infatti scelto di escludere dalla presente analisi non solo le forme derivate del tipo [na bjaˈlera] (Chianocco), dove il concorrere del metaplasma di genere potrebbe essere un ulteriore indizio di specializzazione semantica, ma anche le forme del tipo [im blaˈiːe] (Giaglione), [lu bjaˈli] (Mattie), [iŋ bjaˈlia] (Susa)17.

Sono invece integrate nella trattazione quelle forme lessicali chiaramente interpretabili come diminutive, come avviene in lessicografia, che sono state considerate iponimi diretti del lessema bial18.

Bouvier arriva a definire la «structure sémiolexicale des cours d’eau» (2003 [1985]: 49) per le parlate del Piemonte occidentale secondo il seguente schema19:

143 (le torrent), 144 (la rigole (d’arrosage)), 145 (le canal (d’arrosage)), già riuniti nella carta semasiologica 146 (bya̩u̯), mentre i dati dell’ALEPO sono tratti dalle voci (in fase di edizione) torrente, ruscello, ruscello fatto dall’uomo (per irrigare), canaletto di derivazione.

14Cfr. Tabella 1.

15Per un’illustrazione delle occorrenze di bial nell’Atlante Linguistico Italiano – ALI e nello

Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz – AIS si veda Massobrio (1981/1982).

16È tuttavia doveroso citare le attestazioni del lessotipo bial nelle carte ALJA 246 une rigole (punti 52, Valezan, byé e 62, St. André, byal) e ALJA 137 un ruisseau (punto 57, Arêches, byé).

17La carta 146 (bya̩u̯) dell’ALP considerava invece, segnalandole opportunamente, anche le forme derivate: per la realizzazione della carta bial presentata in questo lavoro i dati dell’ALP sono quindi stati rielaborati in modo coerente con l’impostazione generale.

18Tale considerazione discende dall’applicazione del criterio proposto da Berruto (1976) per cui è vero che ogni bialot è un bial, ma non è vero che ogni bial è un bialot. Secondo lo stesso principio, si può escludere un rapporto di iponimia fra bialera e bial.

19Bouvier usa nei suoi studi i termini sema, semema e lessema mettendosi nella scia dei lavori di semantica strutturale di Greimas, Heger e Pottier; tali termini non vengono ripresi qui perché il contributo precede una scelta definita fra le diverse correnti strutturaliste.

présence d’eau

naturel

grand fyum

petit violent (torrent) ryan non – violent (ruisseau) ri

artificielgrand byalèri

petit antòrna

(14)

Il caso di bial nelle Alpi occidentali 159

Questa rappresentazione è utile almeno su due piani: in primis può essere d’aiuto per discernere, in ogni punto indagato, quali caratteristiche vengono ritenute pertinenti nella denominazione dei corsi d’acqua. In singoli punti d’inchiesta alcune di queste differenze possono risultare non pertinenti: a Perrero, ad esempio, è stata elicitata la forma [ʀiu̯] sia alla domanda Q466 “un torrente”, sia alla domanda Q468 “un ruscello naturale”; in altri casi è possibile dover introdurre ulteriori distinzioni: per descrivere il sistema irriguo di Bardonecchia, alle denominazioni riportare nella tabella 1 si deve aggiungere anche il termine [ym ˈbea kurˈsia], che sembra indicare il canale principale, che «porta l’acqua nei prati lontani [dal torrente]».

In secundis, lo schema riportato sopra può essere utile per valutare, nell’area

indagata, quali accezioni possono essere attribuite a uno stesso lessema (nel nostro caso, bial).

20Un’illustrazione del sistema irriguo della valle d’Aosta, simile per alcuni aspetti a quello Piemontese, si trova in Favre (2014); una minuziosa ricostruzione della rete dei canali irrigui in alta valle Po si può leggere in Lorenzati (2014).

présence d’eau

naturel

grand Oncino

petit violent (torrent) ex. Maurin, Bellino non – violent (ruisseau) ex. Névache, Bibiana artificielgrand ex. Abriès, Villar Pellice

petit ex. Belvédère

Schema 2: i diversi sensi che può assumere il lessema bial

Questa schematizzazione, che trova adeguate corrispondenze nelle voci dell’ALP e dell’ALEPO, è quella che si ritrova nella carta bial (cfr. pag. 162): la distinzione fra acque correnti artificiali e naturali (rappresentate rispettivamente con un quadrato o con un tondo) e, all’interno di queste categorie, fra entità di maggiore o di minore portata (rispettivamente più scure e più chiare), risulta appropriata per descrivere i corsi d’acqua delle vallate alpine. Queste sono infatti caratterizzate da ruscelli e torrenti che presentano una sensibile variazione stagionale di regime, dai quali l’acqua viene attinta attraverso una serie di canali principali; questi possono essere sfruttati per azionare delle ruote ad acqua (che poi alimenteranno dei mulini, delle segherie o delle centrali elettriche) oppure possono distribuire l’acqua nella rete irrigua, tramite una o più ramificazioni realizzate con canaletti di derivazione20. Per quanto riguarda i “grandi fiumi”,

abbiamo visto sopra che il termine italiano è stato spesso interpretato come “il corso d’acqua principale di una valle”, in genere indicato con l’idronimo. L’unica

(15)

160 Aline Pons

attestazione di bial con questo senso è stata elicitata a Oncino (il dato mi è stato confermato da un informatore della vicina Ostana, secondo il quale, “a Oncino anche il Po è un bial”). È tuttavia frequente che il lessema bial assuma più di un senso, eventualmente ricorrendo a dei diminutivi (si veda ad esempio il caso di Perrero, dove si ha [əm bjaːl] per indicare il canale e [əm bjaˈlot] per indicare il canaletto di derivazione21). Più dubbi sono i casi in cui il lessema sembra

neutralizzare nel suo significato la distinzione [+/- NATURALE]: almeno per quanto riguarda i dati dell’ALEPO, bisogna considerare la possibilità che la sovrapposizione sia dovuta all’oscillazione che ha subìto nell’evolversi della ricerca la domanda Q478 “un ruscello fatto dall’uomo per irrigare”, formulata inizialmente come “un ruscello nei prati”; questa definizione, complice l’uso dell’italiano “ruscello” (che è sempre un corso d’acqua naturale), non sembra aver rimandato in tutti i casi al canale artificiale (pur sprovvisto di argini in muratura), cui voleva alludere la domanda.

Al di là delle doverose cautele, la carta presentata permette di individuare le “aree semantiche” di bial, ovvero la distribuzione geografica dei diversi sensi che il lessema può assumere. È piuttosto evidente un’area centrale, delimitata a sud dalla valle Grana, a nord dalla bassa valle del Pellice e a ovest dalla valle dell’Ubaye, nella quale il termine indica compattamente il corso d’acqua naturale (affidando a derivati del tipo la bialiero il compito di indicare i corsi d’acqua artificiali): in quest’area è infatti assente il lessotipo riu, che nel resto dell’area indica frequentemente il ruscello e/o il torrente.

Ai limiti della carta presentata, in valle di Susa e nelle Alpi Marittime, il lessema bial sembra invece riferirsi in modo quasi esclusivo (si notino le eccezioni di Beuil e Coaraze) ai corsi d’acqua artificiali.

I punti siti in val Chisone (a nord), in valle Stura (a sud) e nel vallone dell’Izoard (a ovest) sembrano mostrare le caratteristiche tipiche delle aree di transizione, col sovrapporsi di diversi sensi sullo stesso significante.

Questi brevi appunti confermano la possibilità di applicare anche alle carte semasiologiche gli strumenti di analisi elaborati dalla geografia linguistica per lo studio delle carte onomasiologiche, individuando le aree di innovazione e le zone più conservative, e cercando una corrispondenza fra “aree semantiche” e “aree linguistiche”. Tali aree potranno poi essere perfezionate, come ha dimostrato Rivoira (2012), dall’analisi di banche dati toponomastiche come quella dell’ATPM – Atlante Toponomastico del Piemonte Montano.

21A Perrero è però stata elicitata, come seconda risposta, la forma [yn aʀgei̯ˈʀøːl], che sembra indicare più propriamente il «piccolo canale derivatorio, rigagnoletto per distribuire l’acqua nei prati» (Pons/Genre 1997, s.v. agueirôl, argueirôl, ërgueirôl).

(16)

Il caso di bial nelle Alpi occidentali 161

Lo studio delle carte semasiologiche risultanti «de la combinaison de plusieures cartes onomasiologiques» (Jaberg, 1936: 44) può rivelare i diversi sensi che un lessema polisemico assume in un’area relativamente uniforme dal punto di vista linguistico, ma difficilmente può determinare con sicurezza se il termine sia effettivamente polisemico in ciascuna delle località indagate: per far luce su questo secondo aspetto, sembra imprescindibile porre all’informatore delle domande semasiologiche già nella fase d’inchiesta. Inoltre, siccome la definizione del senso o del significato di un segno non è mai realizzabile in assoluto, ma va sempre ricercata per distinzione rispetto a sensi o significati limitrofi, lo studio semasiologico di un lessema non può prescindere dallo studio dell’intero campo semantico cui appartiene: per queste ragioni il progetto di tesi presentato in occasione del Seminario che ha prodotto questo volume si propone di realizzare lo studio del lessico della morfologia alpina a partire da un questionario semasiologico accorto, integrando i dati lessicali con quelli toponimici.

(17)

162 Aline Pons

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Il caso di bial nelle Alpi occidentali 163

22I materiali relativi alle acque sono in corso di edizione, pertanto il titolo delle voci potrebbe ancora cambiare.

23Per facilitare la comparazione dei materiali, le forme tratte dall’ALP sono state convertire in IPA (sulle carte dell’Atlas sono presentate nella grafia fonetica elaborata da Straka, adattata alle esigenze dell’ALP).

24La forma compare solo nella carta 140 (le petit ruisseau), mentre la carta 141 (le ruisseau) presenta la forma [lu riˈjou̯].

Significati Torrente Ruscello Canale Canaletto

Voce ALEPO22 torrente ruscello ruscello fatto dall’uomo (per irrigare)

canaletto di derivazione

Voce ALP23 torrent ruisseau,

petit ruisseau canal d’arrosage rigole d’irrigation Punto Località ALEPO 016 Val della Torre əm bjarˈlɔt

ALEPO 360 Condove bjaˈlot

ALEPO 390 Chiomonte im bjaː pər l

ei̯ˈɡaː

əl bja

ALEPO 380 Bardonecchia ym ˈbea ˈbea im pʀɛi̯z

ALEPO 370 Coazze im bjal

ALP 5 Névache lu bʎa24

ALEPO 420 Sestriere bjol bjol lu bjals

ALEPO 430 Perrero əm bjaːl əm bjaˈlot

ALEPO 410 Pramollo ym bjaːl ym bjaːl

ALEPO 440 Villar Pellice əm bjaːl

ALEPO 024 Bibiana bjai̯

ALP 20 Abriès bjal

ALP 21 Aiguilles bjal

ALP 23 Arvieux lu peˈʧi ˈbear ˈbøar

ALP 26 Fressinières bjar, bjau̯ lu piˈʧũ bjar

ALEPO 510 Oncino lu bjaːl əm bjaˈlot

ALP 31 Ceillac bɪˈar

ALP 34 Risoul bjãⁿ lu piˈʧũ bjau̯

ALP 37 Maurin lu bjal, ˈbeal ALEPO 520 Bellino əm beˈal

ALEPO 530 Sampeyre bjal bjaˈlet

(19)

164 Aline Pons

ALEPO 620 Cartignano bjal

ALEPO 610 Canosio bjal bjaˈlet ALEPO 630 Monterosso

Grana

əm bjaˈlot, əm bjal

ALEPO 710 Argentera əm bjal diŋ lu pra

əm bjaˈlot ym piˈʧwot bjaˈlot

ALP 53 Barcellonette bjau̯

ALEPO 720 Aisone əm beˈal d

ˈai̯ɡo əm beda l om pərˈal faʧ ai̯ˈɡar

əm piˈʧot beˈal

ALP 66 Entraunes bɪˈa

ALP 73 Péone ˈbɪal lu piˈʧĩns

ˈbeas

ALP 74 Beuil lu byal lu bɪˈa

ALEPO 021 Tenda aɹ beˈa

ALP 75 Saint Sauveur sur Tinée

bjal lu bjaˈlɪs

ALP 76 La Brigue ˈbɪa

ALP 79 Venanson byˈal

ALP 82 Ilonse byˈal byaˈlet

ALP 85 Belvédère bjal

ALP 86 Saorges beˈaœ beˈaœ

ALP 95 Moulinet bjaˈɹet

ALP 96 Breil sur Roya

bjaˈɹet

ALP 103 Coaraze lu ˈbya, lu ˈbia

ALP 111 Menton lu beˈau̯

ALP 121 Nice beˈal

Tabella 1: dati onomasiologici usati per costruire la carta bial

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