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Il nodulo tiroideo a citologia indeterminata in una ampia casistica: decorso clinico favorevole nei pazienti con diagnosi istologica di carcinoma

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Academic year: 2021

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1

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

“IL

NODULO

TIROIDEO

A

CITOLOGIA

INDETERMINATA IN UNA AMPIA CASISTICA:

DECORSO CLINICO FAVOREVOLE NEI PAZIENTI

CON DIAGNOSI ISTOLOGICA DI CARCINOMA”

Relatore:

Candidato:

Chiar.mo Prof. Paolo Vitti

Federico Parolini

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il Prof. Vitti, figura di rilievo nel mio percorso universitario, per l’opportunità offertami.

Un sincero ringraziamento va anche alla Dott.ssa Rago, che con professionalità e disponibilità ha permesso la realizzazione di questa tesi.

Un grazie di cuore al mio amico fraterno Saverio, a Paolo ed Andrea, semplicemente insostituibili, e a tutti gli altri che hanno contribuito a rendere questo lungo percorso più piacevole.

Grazie alla mia famiglia, ed in particolare a mia mamma, per avermi sostenuto in tutti i modi possibili e per aver sempre creduto in me.

Infine, grazie a Daniela, che con dolcezza e determinatezza mi ha supportato (e sopportato!) in tutti questi anni.

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INDICE

1. RIASSUNTO 4 2. INTRODUZIONE 7 3. SCOPO 13 4. MATERIALI E METODI 14 5. RISULTATI 22 6. DISCUSSIONE 28 7. BIBLIOGRAFIA 35 8. TABELLE E FIGURE 48

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1. RIASSUNTO

Lo scopo di questa tesi è stato quello di stabilire l’impatto clinico del nodulo tiroideo a citologia indeterminata (TIR 3) in una ampia casistica di 1520 pazienti trattati con tiroidectomia, di identificare i caratteri clinici ed ecografici e i quadri citologici associati alla malignità. Questi caratteri sono stati utilizzati per elaborare una formula che permetteva di calcolare il rischio di malignità e l’aggressività del tumore.

1170 su 1520 noduli avevano una diagnosi citologica di TIR 3A e 350 di TIR 3B. Dopo la tiroidectomia, 371 su 1520 (24.4%) noduli avevano una diagnosi istologica di malignità, osservata in 227 su 1170 (19.4%) noduli TIR 3A e 144 su 350 (41.1%) noduli TIR 3B; il carcinoma papillare variante follicolare era l’istotipo più frequente, 308 su 371 (83.0%). Una diagnosi istologica di benignità è stata osservata in 1149 su 1520 (75.6%) noduli: 943 su 1170 (80.6%) noduli TIR 3A e 206 su 350 (58.9%) noduli TIR 3B; la lesione benigna più frequente (899/1149, 78.2%), era l’adenoma follicolare.

La presenza di atipie alla citologia TIR 3B (p= 0.001) e i margini irregolari (p= 0.005) e la presenza delle microcalcificazioni (p= 0.003) all’ecografia, erano associate in modo significativo alla malignità; l’ipoecogenicità del nodulo si

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associava alla malignità, anche se in modo non significativo (p= 0.18). Anche l’età < 40 anni si associava alla malignità, senza raggiungere la significatività statistica.

Considerando la presenza delle atipie (TIR 3B), i caratteri ecografici di sospetto e l’età < 40 anni, è stata elaborata una formula logistica e calcolato un punteggio clinico per stimare il rischio di malignità. Utilizzando questa formula i pazienti sono stati suddivisi in 5 categorie di rischio; nella categoria a basso rischio i pz con carcinoma erano il 17%, con un valore predittivo negativo dell’83.9%. Il punteggio era importante anche per stabilire l’aggressività del tumore.

La maggior parte dei pazienti, dopo la tiroidectomia, avevano un decorso clinico favorevole. 342 pazienti erano liberi da malattia dopo la tiroidectomia totale e la terapia con I-131 a scopo ablativo del residuo tiroideo. 29 pazienti avevano una malattia persistente, e per essi è stato necessario eseguire ulteriori trattamenti con I-131; 12 su 29 pazienti avevano una persistenza della malattia, 7 biochimica e 5 strutturale.

Al termine del follow-up, solo 4 su 29 pazienti che dopo la tiroidectomia erano stati trattati con ulteriori dosi di I-131, e 2 su 5 con malattia strutturale rientravano nel gruppo a basso rischio.

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istologica di malignità avevano una prognosi favorevole; un punteggio di rischio, calcolato utilizzando la citologia, i parametri ecografici e clinici di sospetto, si è dimostrato fondamentale per stabilire il rischio di malignità. Nella categoria a basso rischio erano compresi il 17% dei pazienti con carcinoma, con un valore predittivo negativo elevato, importante per stabilire anche l’aggressività del tumore.

Pertanto, questi risultati dovrebbero essere considerati necessari nella pianificazione terapeutica dei pazienti con nodulo tiroideo a citologia TIR 3.

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2. INTRODUZIONE

Il nodulo tiroideo è una patologia frequente nella popolazione generale, ed in particolare nelle aree con ridotto apporto iodico. La sua prevalenza varia dal 5% nelle casistiche in cui è rilevato con la palpazione al 50% in quelle ecografiche

(1-3), è maggiore nel sesso femminile ed aumenta nell’età adulta.

Il paziente con nodulo tiroideo può non riferire disturbi, oppure può giungere all’osservazione del medico per la presenza di sintomi da compressione della trachea o dell’esofago, o da ipertiroidismo, ma più frequentemente per escludere la presenza di un nodulo maligno.

La diagnosi differenziale dei noduli tiroidei può essere difficoltosa per l’elevata prevalenza e per il fatto che il carcinoma tiroideo, essendo spesso un tumore silente, può non essere diagnosticato per tutta la vita. Studi autoptici condotti in soggetti che non avevano mai lamentato manifestazioni cliniche durante la vita e casistiche chirurgiche mostrano che la prevalenza del carcinoma tiroideo incidentale è elevata (5-30%), e dipende molto dall’accuratezza con cui viene effettuata l’indagine istologica.

Il carcinoma tiroideo diagnosticato in vita è il tumore endocrino più frequente (1.7% di tutti i carcinomi) e nella maggior parte dei casi ha una prognosi molto

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8 favorevole (0.25% di mortalità per carcinoma).

Come riportato in letteratura, negli Stati Uniti l’incidenza del carcinoma tiroideo è aumentata di circa 4 volte nel corso degli anni, passando da 4.9/100'000 nel 1975 a 14.3/100'000 nel 2009 e nel sesso femminile (da 6.5 a 21.4, 14.9/100'000) è stato 4 volte superiore a quello riscontrato nel sesso maschile (da 3.1 a 6.9, 3.8/100'000) (4). L’aumentata incidenza è dovuta all’aumento del carcinoma papillare (da 3.4/100'000 nel 1975 a 12.5/100'000 nel 2009), ed in particolare si è osservato un aumento dei noduli di dimensioni ≤ 1 cm (dal 25% nel 1988-1989 al 39% nel 2008-2009), con riduzione di quelli di dimensioni > 2 cm (dal 42% nel 1988-1989 al 33% nel 2008-2009) (4, 5). A fronte dell’aumentata incidenza, la mortalità per carcinoma tiroideo è rimasta stabile, ed è circa lo 0.5/100’000 (4). Probabilmente, l’incremento dell’incidenza del carcinoma tiroideo è solo apparente ed è la conseguenza del miglioramento delle tecniche diagnostiche, ed in particolare dell’introduzione nella valutazione diagnostica dell’ecografia tiroidea e dell’aspirazione con ago sottile (Fine Needle Aspiration, FNA) sotto guida ecografica; la combinazione di queste due tecniche ha permesso di rilevare noduli tiroidei non palpabili e di diagnosticare carcinomi tiroidei clinicamente silenti.

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diagnostica del nodulo tiroideo non funzionante (3, 6, 7), con una accuratezza del 95%, specificità > 98% e sensibilità > 97% (8); inoltre è un esame semplice, poco costoso, ripetibile, ben tollerato dal paziente e privo di complicanze.

Il prelievo della FNA può essere definito non diagnostico o diagnostico. Il prelievo si definisce non diagnostico se è inadeguato (materiale mal strisciato e/o mal fissato e/o mal colorato) o non rappresentativo (numero insufficiente di cellule); in questo caso è indicata la ripetizione della FNA dopo almeno un mese; i prelievi non diagnostici non dovrebbero superare il 20% del totale. Il prelievo si definisce adeguato o diagnostico se contiene almeno 6 gruppi di 10-20 cellule epiteliali ben conservate (9); i risultati diagnostici, a loro volta, sono classificati come noduli benigni, maligni e a citologia indeterminata o follicolare (tabella 1).

Negli ultimi anni, la diagnosi citologica viene effettuata seguendo la classificazione italiana SIAPEC-AIT del 2014 (9), che distingue le seguenti categorie citologiche: TIR 1: non diagnostico, TIR 1C: non diagnostico-cistico; TIR 2: lesione non maligna/benigna; TIR 3: lesione indeterminata, TIR 3A: lesione indeterminata a basso rischio, TIR 3B: lesione indeterminata ad alto rischio; TIR 4: lesione con sospetta malignità; TIR 5: lesione maligna.

I noduli benigni (TIR 2) costituiscono circa il 70-80% dei risultati citologici

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l’adenoma macrofollicolare, noduli in tiroiditi linfocitarie e in tiroiditi granulomatose. Il rischio di malignità dei noduli TIR 2 è < 3%. La ripetizione della FNA è indicata nei casi di accrescimento o cambiamento strutturale del nodulo (9).

I noduli sospetti (TIR 4) costituiscono circa il 5% dei risultati citologici (tabella

1); includono i campioni nei quali la diagnosi citologica di malignità è fortemente

sospetta, ma non può essere posta con certezza assoluta; è il caso di campioni con un numero insufficiente di cellule maligne oppure di campioni eterogenei, in cui è presente una cellularità mista (cellule normali e atipiche), senza un quadro citologico specifico di malignità o con la presenza di un solo quadro citologico di malignità. Il rischio di malignità dei noduli TIR 4 è del 60-80%; nei centri con maggiore esperienza è del 97%. La ripetizione della FNA è indicata solo nei casi in cui la cellularità è bassa o per una più precisa caratterizzazione (9).

I noduli maligni (TIR 5) costituiscono circa il 4-8% dei risultati citologici (tabella

1); includono i campioni con una diagnosi definitiva di carcinoma (papillare,

scarsamente differenziato, anaplastico e midollare; linfoma e altri tumori non epiteliali; metastasi) (tabella 2) (9). L’istotipo di gran lunga più frequente è il carcinoma papillare, che è caratterizzato dall’ipercellularità, dall’organizzazione cellulare in papille (non sempre presente) e da patognomoniche anomalie nucleari,

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cioè incisure nucleari, pseudo-inclusioni citoplasmatiche nel nucleo, cromatina diffusa, micronucleoli e corpi psammomatosi. La combinazione di due o più dei quadri decritti è diagnostica al 100% di malignità (TIR 5), mentre in presenza di uno solo di questi aspetti il nodulo si definisce “sospetto” (TIR 4). Il rischio di malignità dei noduli TIR 5 è > 95%. Nei casi di carcinoma anaplastico, linfoma o metastasi sono necessarie ulteriori procedure diagnostico-terapeutiche (9).

Il nodulo a citologia indeterminata o follicolare (TIR 3) rappresenta circa il 5-20% delle diagnosi citologiche (tabella 1) (10). Include i campioni caratterizzati da un’organizzazione in microfollicoli, elevata cellularità e scarsa colloide. Questo quadro citologico può corrispondere a lesioni follicolari sia benigne (nodulo iperplastico, adenoma follicolare e adenoma a cellule di Hürthle) sia maligne (carcinoma follicolare e variante follicolare del carcinoma papillare); la distinzione non può essere effettuata sulla base dei criteri citologici (11, 12), ma è necessario l’esame istologico, che permette di studiare l’infiltrazione della capsula e dei vasi. All’istologia, circa il 25% dei noduli a citologia TIR 3 risultano maligni; l’istotipo più frequente è il carcinoma papillare e la sua variante follicolare (13-14, 34).

Sulla base delle alterazioni morfologiche e citologiche, la categoria TIR 3 viene suddivisa in due sottogruppi: TIR 3A (nodulo a basso rischio di malignità, < 10%)

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e TIR 3B (nodulo ad alto rischio di malignità, < 15-30%).

I parametri clinici non permettono di predire la malignità del nodulo a citologia TIR 3 (13, 14). Anche i parametri ecografici sono poco predittivi di malignità; come riportato in letteratura solo le microcalcificazioni si associano in modo significativo alla malignità (13, 14, 15-17). L’elastosonografia è una metodica ecografica che studia l’elasticità/durezza del nodulo e, per il suo elevato valore predittivo negativo, è stata proposta come indagine per differenziare le lesioni maligne da quelle benigne nel nodulo follicolare (18-20). Tuttavia, si tratta di una tecnica che non trova indicazione nella totalità dei casi (21). Pertanto, nel nodulo TIR 3, considerando che non è possibile distinguere il nodulo maligno, viene consigliata la tiroidectomia al fine di stabilire la diagnosi istologica definitiva

(22-23).

In letteratura non ci sono studi che valutano il decorso clinico dei pazienti con nodulo a citologia TIR 3 dopo la tiroidectomia e la diagnosi istologica di carcinoma ed il suo reale impatto clinico.

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3. SCOPO

Lo scopo di questa tesi è quello di :

a) stabilire l’impatto clinico del nodulo tiroideo a citologia TIR3 in una ampia casistica di pazienti (n= 1520);

b) identificare i parametri clinici ed ecografici che si associano più frequentemente alla malignità del nodulo. A tale scopo sono stati studiati: 1) i parametri clinici (età, sesso);

2) i parametri ecografici (microcalcificazioni, irregolarità dei margini, ipoecogenicità, vascolarizzazione); in un sottogruppo di pazienti è stata valutata anche l’elastosonografia;

3) la presenza di atipie nucleari alla citologia;

c) calcolare un punteggio clinico, al fine di predire la probabilità del rischio di malignità e la maggiore aggressività del tumore, sulla base dei criteri sopra elencati.

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4. MATERIALI E METODI

Pazienti

Lo studio includeva 1520 pazienti (età media 46.1 ± 13.2 anni) con nodulo tiroideo a citologia TIR 3, selezionati da una casistica di 100’065 pazienti, giunti all’osservazione presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa e sottoposti ad aspirazione con ago sottile (FNA) sotto guida ecografica presso l’U.O. di Endocrinologia 1 dell’AOUP da gennaio 2000 a dicembre 2010. La FNA è stata effettuata nei pazienti con nodulo “freddo” alla scintigrafia di dimensioni > 1 cm oppure < 1 cm in presenza di caratteri clinici e/o ecografici sospetti (22-26), e nei pazienti con noduli dominanti e con caratteristiche ecografiche sospette presenti nel contesto del gozzo multinodulare.

Dei 5446 su 100’065 (5.4%) pazienti con citologia TIR 3, 2746 pazienti erano inviati da altri endocrinologi, che afferivano alla U.O. di Endocrinologia 1, solo per l’esecuzione della FNA; 2700 erano seguiti presso l’U.O. di Endocrinologia 1. 574 su 2700 pazienti sono stati trattati con tiroidectomia in altri centri; 2126 pazienti sono stati seguiti presso l’U.O. di Endocrinologia 1, e di questi 606 non sono stati operati per i seguenti motivi: a) piccole dimensioni del nodulo, in assenza di caratteri clinici o ecografici di sospetto (n= 220); b) età avanzata e

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comorbidità che controindicavano la chirurgia (n= 112); c) punteggio di elevata elasticità all’elastosonografia (n= 168); d) rifiuto della chirurgia (n= 106).

Pertanto, la tiroidectomia e il conseguente esame istologico sono stati effettuati in 1520 pazienti seguiti presso la U.O. di Endocrinologia 1.

Test di funzionalità tiroidea

In tutti i pazienti è stata misurata la tiroxina (FT4) e la triiodotironina libera (FT3) con dosaggio radio-immunologico (RIA, Radio-Immuno Assay) (FT4 Liso-Phase kit, v.n. 7−17 pg/mL; FT3 Liso−Phase kit, v.n. 2.7−5,7 pg/mL, Technogenetics, s.r.l., Milano, Italia).

L’ormone tireotropo (TSH) è stato misurato con dosaggio immuno-radiometrico (IRMA, Immuno-RadioMetric Assay, Delphia Pharmacia, Turku, Finland; v.n. 0.4−3.4 µU/mL).

La tireoglobulina (Tg) sierica è stata misurata con Immulite 2000 (Diagnostic Products Corp., Los Angeles, CA; v.n. 0.73−84 ng/ml) o con ultrasensitive thyroglobulin (Access Immunoassay systems, 2006 Beckman Cuolter, Inc; v.n. 1.15−130.77 ng/ml).

Gli autoanticorpi anti-tireoglobulina (TgAb) sono stati misurati con metodo immuno-enzimatico (AIA-Pack TgAb, Tosoh, Tokyo, Japan; v. n. < 30 U/ml).

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Ecografia tiroidea

L’ecografia convenzionale è stata eseguita con uno strumento real-time (Esaote SPA, My Lab 70, con sonda lineare da 8-13 MHz), da due operatori indipendenti. Nel caso di esito discordante, l’ecografia è stata valutata contemporaneamente dai due operatori con conseguente accordo.

Il volume tiroideo di ciascun lobo è stato calcolato utilizzando la formula dell’ellissoide di rotazione: diametro antero-posteriore x diametro laterale x diametro longitudinale x 0,52 (27). Per lo studio dell’ecogenicità, l’apparecchio era settato in modo da avere come punto di riferimento il lume della vena giugulare e il muscolo sternocleidomastoideo.

Per l’esame ecografico dei noduli sono stati studiati i seguenti parametri:

a) ecogenicità: è stata definita in paragone a quella della ghiandola normale; il nodulo è stato considerato ipoecogeno quando l’ecogenicità era simile a quella del muscolo (fig.1);

b) irregolarità dei margini; è stata definita quando il nodulo non era ben separato dal parenchima circostante (fig. 2a, 2b);

c) microcalcificazioni: sono state definite come piccoli spot puntiformi iperecogeni, con modesto o assente cono d’ombra posteriore (fig. 3).

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Elastosonografia

In un sottogruppo di pazienti, nel corso dell’esame ecografico è stata eseguita l’elastosonografia, usando lo stesso apparecchio real-time e la stessa sonda da 8-13MHz. L’esame è stato eseguito dallo stesso operatore e le immagini registrate e successivamente ricontrollate da altri due esaminatori esperti; in caso di parere discordante, è stato assegnato al nodulo un punteggio intermedio (= 2). L’esaminatore non era a conoscenza del quadro citologico del nodulo studiato. L’elastosonografia è una nuova tecnica ecografica che misura in modo più o meno oggettivo la durezza di un tessuto, misurando il grado di distorsione del fascio ecografico sotto l’applicazione di una forza esterna, trasferendola in una immagine con una scala di colori che varia dal rosso (nodulo elastico) al blu (nodulo duro). È un esame di semplice esecuzione e richiede non più di 3-5 minuti. Utilizzando la tecnica real-time, in uno studio preliminare si è osservato che la bassa elasticità aveva un discreto ruolo predittivo per la diagnosi di malignità. In questo studio, è stata utilizzata la classificazione modificata da Rago et al., includendo le immagini ottenute con l’elastosonografia in tre gruppi: il punteggio 1 include noduli con elevata elasticità, il punteggio 2 noduli con distribuzione disomogenea e difficile da interpretare, il punteggio 3 noduli con bassa elasticità. Usando questa classificazione la predittività aumenta

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notevolmente, ed è possibile definire il punteggio 1 come probabilmente benigno, il punteggio 3 probabilmente maligno ed il punteggio 2 sospetto (28).

Citologia dopo aspirazione con ago sottile (FNA)

L’agoaspirazione sotto guida ecografica è stata eseguita da un medico esperto, utilizzando un ago sottile da 23 gauge inserito su una siringa di plastica da 10 mL. È un esame di semplice esecuzione, poco costoso, in genere ben tollerato dal paziente, ripetibile, non richiede anestesia ed è privo di complicanze. La tecnica presuppone una notevole esperienza per assicurare un preparato idoneo per l’esame citologico.

Il materiale ottenuto è stato strisciato su un vetrino, fatto asciugare all’aria, colorato con metodo di Papanicolau e/o May-Grünwald Giemsa e interpretato da due citologi esperti. L’adeguatezza del prelievo è stata stabilita in accordo con le linee guida della Società di Papanicolau (8). I quadri citologici sono stati interpretati in accordo con la British Thyroid Association (29), che suddivide la categoria TIR 3 nei sottogruppi TIR 3A e TIR 3B. Il sottogruppo TIR 3A, definito a basso rischio di malignità (< 10%), include campioni caratterizzati da un’aumentata cellularità, organizzazione in microfollicoli uniformi, scarsa colloide, nuclei piccoli e cromatina regolarmente distribuita (fig. 4a). Il

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sottogruppo TIR 3B, definito ad alto rischio di malignità (15-30%), include campioni caratterizzati da ipercellularità, assenza di colloide, cellule follicolari ben definite, rara sovrapposizione dei nuclei, nuclei aumentati di dimensione, cromatina sparsa o distribuita irregolarmente, nucleoli rari e prominenti, e mitosi occasionali (fig. 4b); questi quadri, pur essendo suggestivi di malignità, non sono sufficienti per l’inclusione nel sottogruppo TIR 4.

Esame istologico

I preparati istologici sono stati fissati in formalina e successivamente inclusi in paraffina. Il tessuto tumorale e quello normale sono stati colorati con ematossilina ed eosina. La diagnosi istologica è stata fatta da due anatomopatologi indipendenti, secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

(30). In caso di diagnosi discordante, il preparato è stato riesaminato da entrambi i

patologi contemporaneamente.

Trattamento e follow up dei pazienti con carcinoma

Dopo l’intervento di tiroidectomia, i pazienti sono stati seguiti per un periodo variabile da 1 ad 11 anni (in media 3.1 ± 1.2 anni), con visite mediche a 3, 6 e 12 mesi dopo la chirurgia, e successivamente ogni 12 mesi. Ad ogni controllo sono

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stati misurati:, TSH, FT4, FT3, Tg e TgAb sierici.

I pazienti sono stati trattati con L-tiroxina ad un dosaggio soppressivo la secrezione del TSH, con normali valori di FT4 e FT3, fino alla remissione clinica della malattia; in seguito, il dosaggio della L-tiroxina è stato modulato in modo da avere livelli di TSH nei limiti bassi dei valori normali.

La persistenza morfologica della malattia è stata valutata con l’ecografia del collo. Nei pazienti con linfonodi sospetti o recidiva locale sono stati eseguiti la citologia convenzionale, l’agoaspirato ed il dosaggio della Tg su liquido di lavaggio del materiale ottenuto.

Quando necessario, nella valutazione del paziente sono state incluse altre indagini diagnostiche (scintigrafia totale corporea, TC, RMN e PET con 18-FDG).

I pazienti sono stati giudicati:

a) liberi da malattia o guariti, quando la Tg sierica basale era < 1 ng/mL o < 2 ng/mL dopo stimolazione con rhTSH, con negatività dei TgAb (31-32) e in assenza di evidenza morfologica di malattia;

b) con persistenza della malattia:

1) biochimica, quando la Tg sierica basale era > 1 ng/mL oppure > 2 ng/mL dopo stimolazione con rhTSH;

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tiroideo residuo rilevabile all’ecografia o alla scintigrafia totale corporea, o a recidiva locale, o a metastasi linfonodali o a distanza (33).

Analisi statistica

L’analisi statistica è stata eseguita usando il test del 2

ed il test di Fischer, quando necessario. Il test di Kolmogorov-Smirnov è stato utilizzato per verificare la normale distribuzione dei dati. Il t-test di Student e il Mann-Whitney U test sono stati usati per rilevare differenze tra i gruppi relative alle variabili normali e asimmetriche, rispettivamente. Le differenze tra i parametri clinici e la diagnosi di malignità rilevata all’istologia sono state valutate con l’analisi logistica di regressione univariata e multivariata. Il test di Wald è stato utilizzato per valutare le differenze statistiche dei singoli parametri del modello logistico.

Sulla base dei risultati del modello logistico multivariato è stato calcolato un punteggio clinico di rischio, che si associava alla probabilità del rischio di malignità, secondo la seguente formula:

p = 1

1 e p

L’analisi statistica è stata eseguita utilizzando il software SPSS per Windows 10.0 (SPSS Inc., Chicago, IL).

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5. RISULTATI

Citologia

1170 su 1520 pazienti avevano una diagnosi citologica di TIR 3A (fig. 4a), 350 su 1520 di TIR 3B (fig. 4b).

Tiroidectomia

882 su 1520 pazienti sono stati trattati con la tiroidectomia totale al primo intervento: 579 pazienti avevano una diagnosi istologica di benignità e 303 di carcinoma.

638 su 1520 pazienti sono stati trattati con la lobectomia; in 68 di essi è stato eseguito l’intervento di totalizzazione per il riscontro istologico di carcinoma.

Istologia

Una diagnosi istologica di malignità è stata osservata in 371 su 1520 (24.4%) noduli TIR 3: 308 su 371 (83.0%) avevano una diagnosi di carcinoma papillare

(fig. 5a) e la variante follicolare era la più frequente (239) (fig. 5b); 55 (14.8%)

avevano un carcinoma follicolare, e di essi 6 (1.6%) erano carcinoma follicolare classico e 49 (13.2%) carcinoma follicolare minimamente invasivo; 8 (2.2%)

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23

avevano un carcinoma scarsamente differenziato (tabella 3).

227 su 1170 (19.4%) noduli TIR 3A e 144 su 350 (41.1%) noduli TIR 3B avevano una diagnosi istologica definitiva di carcinoma (p < 0.0001). Tra i noduli TIR 3A, 190 avevano una diagnosi di carcinoma papillare (155 variante follicolare, 26 variante classica, 2 variante a cellule ossifile, 6 variante a cellule alte, uno variante trabecolare), 32 avevano un carcinoma follicolare (3 carcinoma follicolare classico e 29 carcinoma follicolare minimamente invasivo) e 5 avevano un carcinoma scarsamente differenziato. Tra i noduli TIR 3B, 118 avevano una diagnosi di carcinoma papillare (84 variante follicolare, 21 variante classica, 4 variante a cellule ossifile, 4 variante a cellule alte, 5 variante trabecolare), 23 avevano un carcinoma follicolare (3 carcinoma follicolare classico e 20 carcinoma follicolare minimamente invasivo) e 3 avevano un carcinoma scarsamente differenziato (tabella 3).

Una diagnosi istologica di benignità è stata osservata in 1149 su 1520 (75.6%) noduli: la lesione benigna più frequente, 899 su 1149 (78.2%), era l’adenoma follicolare; 138 (12%) erano noduli iperplastici; 9 (0.8%) erano noduli in tiroidite linfocitaria; tra le lesioni benigne erano inclusi 103 (9.0%) adenomi follicolari con foci < 5 mm di carcinoma papillare, variante classica (tabella 3).

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benigni. Tra i noduli TIR 3A, 753 avevano una diagnosi di adenoma follicolare, 101 di nodulo iperplastico, 8 di nodulo in tiroidite linfocitaria e 81 di adenoma follicolare con foci di carcinoma papillare. Tra i noduli TIR 3B, 146 avevano una diagnosi di adenoma follicolare, 37 di nodulo iperplastico, uno di nodulo in tiroidite linfocitaria e 22 di adenoma follicolare con foci di carcinoma papillare (tabella 3).

Parametri clinici, ecografici, quadro citologico e probabilità di carcinoma

tiroideo: il punteggio clinico di rischio di malignità

Nessuna correlazione è stata osservata con la malignità per il sesso maschile (p= 0.9), la presenza di un nodulo singolo vs noduli multipli (p= 0.8), il volume della tiroide < 20 mL vs > 20 mL (20 mL è il volume tiroideo medio), il volume del nodulo < 3.6 mL vs > 3.6 mL (3.6 mL è il volume nodulare medio) (p= 0.8). L’età < 40 anni vs > 40 anni, si associava alla malignità, anche se non raggiungeva la significatività statistica.

All’ecografia, i margini irregolari e la presenza delle microcalcifiazioni erano i caratteri che si associavano in modo significativo alla malignità (p= 0.005 e 0.003, rispettivamente); l’ipoecogenicità del nodulo si associava a malignità, ma non in modo significativo (p= 0.18) (tabella 4). La combinazione di 2 o 3 caratteri

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25

ecografici (margini irregolari, microcalcificazioni e ipoecogenicità del nodulo) aumentava la specificità dell’ecografia, riducendo la sua sensibilità (tabella 4). All’analisi univariata, la presenza di una citologia TIR 3B, la combinazione dei tre caratteri ecografici di sospetto e l’età < 40 anni si associavano in modo significativo a malignità (rischio relativo da 0.6 a 3.18), mentre il volume del nodulo e il sesso non conferivano un rischio significativo (tabella 5). Il rischio relativo calcolato sulla citologia TIR 3B e sulla combinazione dei tre caratteri ecografici di sospetto era confermato all’analisi multivariata (tabella 5).

Considerando questi fattori di rischio: la presenza delle atipie nella citologia (TIR 3B), i tre caratteri ecografici e l’età, è stata elaborata una formula logistica che stratifica il rischio di malignità come di seguito riportato:

p = 1

1 e p

dove x rappresentava il seguente punteggio: –1.58 + 1.02 (quando era presente una citologia TIR 3B) + 0.66 (quando presenti i tre caratteri ecografici di sospetto) 0.46 (quando l’età era < 40 anni). Pertanto, in assenza dei tre parametri, = –1.58 e p= 0.17, mentre in presenza di tutti e tre i parametri x = 0.56 e p= 0.64. Utilizzando questa formula i pazienti sono stati suddivisi in 5 categorie di rischio, e nella categoria “a basso rischio” (punteggio = –1.58), i pazienti con carcinoma erano 118 su 735, con una prevalenza del 17%; il punteggio mostrava una

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sensibilità del 68.2%, una specificità del 53.7% e un valore predittivo negativo dell’83.9% (figura 6).

Decorso clinico dei pazienti con carcinoma e rischio clinico

Alla chirurgia la stadiazione del tumore era T1 in 171 su 371 (46.0%) pazienti, N0 in 356 su 371 (96.0%) e M0 in 368 su 371 (99.1%).

10 pazienti, per l’istotipo e le dimensioni del tumore, in accordo con le recenti linee di consenso (22, 23, 33) non sono stati trattati con la dose di I-131 a scopo ablativo. 332 pazienti erano guariti dopo l’ablazione del residuo con I-131. 29 pazienti avevano la persistenza della malattia, e per loro è stato necessario eseguire ulteriori trattamenti: 18 di essi sono stati trattati con altre due dosi di I-131, 11 con tre o più dosi (figura 7). Dei 18 pazienti trattati con due dosi di I-I-131, 16 (14 trattati per persistenza del residuo tiroideo, 2 per metastasi linfonodali) erano in remissione e 2 avevano la persistenza della malattia, uno biochimica e l’altro strutturale. Degli 11 pazienti trattati con tre o più dosi di I-131, uno (per persistenza del residuo tiroideo) era in remissione e 10 avevano la persistenza della malattia, 6 biochimica e 4 strutturale (figura 7).

Pertanto, al termine del follow-up 359 su 371 (96.8%) pazienti erano in remissione clinica, mentre 12 avevano la persistenza della malattia, 7 biochimica e

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5 strutturale (tabella 6). Il punteggio clinico di rischio dei 7 pazienti con malattia biochimica era compreso tra –1.58 e 0.09, e solo 2 di essi rientravano nel gruppo a basso rischio; il punteggio clinico di rischio dei 5 pazienti con malattia strutturale era compreso tra –1.58 e –0.46, e solo 2 di essi rientravano nel gruppo a basso rischio.

Riassumendo, solo 4 su 29 pazienti per i quali è stato necessario eseguire ulteriori trattamenti dopo la tiroidectomia e la dose ablativa con I-131 e 2 su 5 pazienti con una malattia strutturale erano inclusi nel gruppo a basso rischio. Se i 735 pazienti con basso rischio non fossero stati inviati alla tiroidectomia, solo 4 di essi avrebbero ricevuto un trattamento inappropriato.

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28

6. DISCUSSIONE

L’esame citologico sul materiale aspirato con ago sottile, per la sua accuratezza elevata, è fondamentale nella diagnostica del nodulo tiroideo e permette di distinguere i noduli benigni da quelli maligni. Il problema si pone per il nodulo indeterminato o TIR 3, che ha una prevalenza del 5-20% delle diagnosi citologiche (13, 14, 34). La citologia non permette di distinguere l’adenoma follicolare dal carcinoma e se il carcinoma è follicolare o papillare variante follicolare (35-36, 37).

In letteratura è riportato che sia il carcinoma follicolare, sia la variante follicolare del carcinoma papillare erano considerati nella stessa diagnosi istologica (12, 13,

34-36, 38).

Il carcinoma follicolare è meno frequente del papillare e non presenta un quadro citologico specifico che lo differenzia dall’adenoma follicolare; il carcinoma papillare variante follicolare, può non presentare i quadri citologici specifici del carcinoma papillare variante classica, come le incisure nucleari, l’allungamento del nucleo, la cromatina chiara e i nucleoli piccoli ed eccentrici (12, 36, 38), che permettono di fare diagnosi certa o sospetta di carcinoma papillare.

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29

nell’ambito del nodulo TIR 3, i noduli benigni da quelli maligni. L’analisi molecolare di diversi oncogeni si è dimostrata non utile nella diagnosi differenziale per l’assenza di alterazioni geniche specifiche (39-41). Nel 30-70% dei carcinomi papillari, mutazioni di BRAF e riarrangiamenti di RET/PTC sono stati rilevati nel materiale ottenuto con aspirazione del preparato chirurgico

(41-44); tuttavia, non in tutti i casi di carcinoma papillare della tiroide sono state

identificate tali alterazioni molecolari, e la loro ricerca viene eseguita solo in centri specializzati; inoltre, considerando che le mutazioni di BRAF sono più frequenti nella variante classica del carcinoma papillare che nella variante follicolare (45), nel nodulo TIR 3 la ricerca di mutazioni di BRAF ha uno scarso significato clinico.

In letteratura è riportato che alcuni marcatori immuno-istochimici, come la citocheratina 19, HBME-1 e galectina 3, permettono di differenziare il carcinoma papillare dall’adenoma follicolare, ma nessuno di questi marcatori si è dimostrato specifico (46, 47).

Più recentemente, è stato osservato che lo studio dell’espressione di più geni ha un elevato valore predittivo negativo, tuttavia non può essere utilizzato nella pratica clinica (40).

(30)

30

noduli tiroidei, che pone dei limiti alla diagnosi microscopica (48).

Considerando la difficoltà nella diagnosi differenziale tra benignità e carcinoma, nel nodulo a citologia TIR 3, come suggerito anche dalle attuali linee di consenso, è consigliata la tiroidectomia (22, 23).

In questo studio, come nei precedenti (13, 14, 34), la prevalenza del nodulo TIR 3 è più bassa rispetto a quella riportata in letteratura; questo si può spiegare con il fatto che in questa casistica la maggior parte dei noduli TIR 3 con diagnosi istologica di benignità era rappresentata dall’adenoma follicolare, mentre i noduli iperplastici erano solo il 12% ed erano classificati come benigni (TIR 2).

I criteri citologici utilizzati per definire la citologia TIR 3 giustificavano la percentuale elevata di carcinoma, sia nel gruppo totale (24.4%), sia nel sottogruppo TIR 3A (19.4%), che nel TIR 3B (41.1%).

Questo studio riporta il decorso clinico di 1520 pazienti inviati alla tiroidectomia per una diagnosi citologica di nodulo TIR 3, ponendo particolare attenzione a 371 pazienti che avevano una diagnosi istologica di carcinoma. La prevalenza del carcinoma era del 25% circa, in accordo con precedenti lavori e con quanto riportato in letteratura (47, 49, 50). Precedenti studi hanno dimostrato che vi è un’associazione tra la presenza di atipie (TIR 3B) e rischio di malignità (50-52). Come riportato in letteratura (53-57, 58), anche in questo studio i dati clinici si

(31)

31

sono confermati poco utili per identificare i casi di carcinoma nel nodulo TIR 3. La malignità era più frequente nei maschi, nei noduli di grandi dimensioni e nel nodulo singolo, nessuno con una differenza statistica significativa.

I parametri ecografici, precedentemente descritti come suggestivi di malignità (13,

14, 15-17), presi singolarmente si sono confermati poco predittivi. Per l’ampia

casistica inclusa nello studio, i margini irregolari e le microcalcificazioni all’ecografia, combinati, che avevano un valore al limite nei precedenti studi (13,

14, 15-17), si associavano in modo significativo alla malignità.

All’analisi univariata e multivariata la citologia TIR 3B e la coesistenza di tre parametri ecografici (margini irregolari, microcalcificazioni e ipoecogenicità) si associavano significativamente al rischio di carcinoma; anche l’età < 40 anni, era associata a malignità, anche se non raggiungeva la significatività statistica.

Considerando questi tre parametri: 1) citologia TIR 3B, 2) coesistenza di tre parametri ecografici di sospetto, 3) età < 40 anni, è stato calcolato un punteggio clinico del rischio di malignità, utilizzando la formula sopra riportata, che ha mostrato un elevato valore predittivo negativo. Sulla base di questi parametri, 735 su 1520 pazienti avevano un rischio pari a –1.58 e una probabilità predetta di malignità del 17.2%; 118 su 735 avevano una diagnosi di carcinoma.

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discusso permetteva di identificare i pazienti che avevano un tumore più aggressivo. In generale, si è osservato che la prognosi dell’intero gruppo di pazienti inclusi nello studio era notevolmente favorevole. Infatti, la maggior parte dei pazienti con carcinoma tiroideo (342 su 371, 92%) erano liberi da malattia dopo tiroidectomia e ablazione del residuo tiroideo con I-131; solo 29 pazienti sono stati trattati ulteriormente, e di questi 12 (3.2% dei pazienti con carcinoma, e cioè lo 0.79% del totale) avevano una malattia persistente al termine del follow-up, 7 biochimica e solo 5 strutturale. Questo risultato sottolinea la bassa aggressività del tumore tiroideo nel nodulo a citologia TIR 3. Al termine del follow-up, solo 4 su 29 pazienti che avevano ricevuto ulteriori trattamenti dopo la tiroidectomia e la dose ablativa di I-131, e 2 su 5 pazienti con malattia strutturale rientravano nel gruppo a basso rischio, con punteggio di –1.58.

Dei 371 pazienti con carcinoma considerati nello studio, 8 avevano una diagnosi di carcinoma tiroideo scarsamente differenziato; essi avevano una citologia TIR 3B. Questo era probabilmente dovuto al fatto che alla citologica mancavano le alterazione cellulari per la diagnosi citologica di carcinoma (59, 60). Di essi, solo 2 pazienti avevano una persistenza della malattia; la remissione clinica in questo sottogruppo di pazienti era probabilmente dovuta alla tempestività della diagnosi e del trattamento.

(33)

33

Riassumendo, in questo lavoro eseguito su un ampio gruppo di pazienti sottoposti a tiroidectomia per nodulo a citologia TIR 3, la prognosi è molto favorevole; la maggior parte dei pazienti con carcinoma erano in remissione dopo tiroidectomia ed ablazione del residuo con I-131, e pochi pazienti con carcinoma avevano una persistenza della malattia. Utilizzando la formula che include la citologia (TIR 3B), i parametri ecografici e l’età è possibile predire il rischio di malignità e il rischio di avere un tumore più aggressivo nei pazienti con nodulo a citologia TIR 3. Ipotizzando che la tiroidectomia non fosse stata effettuata nei 735 pazienti con basso rischio, solo 4 su 29 sottoposti ad ulteriori trattamenti dopo la tiroidectomia e la terapia ablativa con I-131, e 2 su 5 con persistenza di malattia strutturale sarebbero stati trattati in modo inappropriato.

Considerando il decorso clinico dei pazienti con nodulo a citologia TIR 3 e un basso punteggio di rischio, si potrebbe ipotizzare che non vi sia indicazione per la chirurgia in tutti i pazienti; tuttavia, questi dati non sono ancora disponibili. Al momento viene suggerito di tenere in considerazione il punteggio di rischio per pianificare la strategia terapeutica più corretta, soprattutto nei pazienti con particolari problematiche cliniche, come l’elevato rischio chirurgico o l’età avanzata.

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clinico di rischio che ha un discreto valore predittivo negativo, importante nella valutazione del rischio di malignità del nodulo a citologia TIR 3; inoltre, il valore predittivo negativo del punteggio è ancora più importante al fine di escludere un tumore con andamento clinico più aggressivo. Pertanto, questi risultati dovrebbero essere considerati per la pianificazione del trattamento dei pazienti con nodulo tiroideo a citologia TIR 3.

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Riferimenti

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