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L'Azzeruolo, un fruttifero minore da rivalutare.

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Sommario

Introduzione ... 3

1 Tassonomia, Etimologia, Descrizione botanica ... 5

2 Varietà, areale di coltivazione e di crescita ... 12

3 L’Azzeruolo in Italia ... 14

3.1 Aspetti agronomici ... 14

3.2 Nomi dialettali ... 24

3.3 Storia ... 24

4 Ricerche sperimentali e studi sull’Azzeruolo ... 37

4.1 Il frutto... 37

4.1.1 Parametri biometrici ... 40

4.1.2 Contenuti chimici ... 40

4.1.3 Azione antiossidante, antiradicalica e relazioni col contenuto chimico della parte commestibile ... 49

4.1.4 Attività antibatterica della parte commestibile ... 58

4.2 Foglie ... 61

4.2.1 Contenuti chimici ... 61

4.2.2 Attività antiossidante, antiradicalica e relazioni col contenuto chimico ... 64

4.2.3 Attività antibatterica ... 65

4.3 Confronto tra polpa, buccia, foglie e sciroppo ... 68

4.4 Fiori ... 72

4.4.1 Contenuti chimici ... 72

4.4.2 Attività antiossidante, antiradicalica e relazioni col contenuto chimico ... 76

4.5 C. azarolus var. aronia ... 78

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4.5.2 Tossicità orale acuta e subacuta ... 79

4.5.3 Attività anticoagulante ... 81

Conclusioni ... 82

Bibliografia... 83

Sitografia ... 89

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Introduzione

Lo sviluppo della coltivazione intensiva ha favorito l’introduzione di poche cultivar molto produttive che consentono una migliore standardizzazione dell’epoca di raccolta e della qualità del prodotto. Questo processo ha inevitabilmente comportato la perdita di numerose varietà minori e una riduzione della biodiversità intraspecifica. In quest’ottica produttiva, molte antiche varietà sono andate ormai perdute o sono a rischio di estinzione.

Nonostante il germoplasma locale possa essere costituito da cultivar economicamente poco vantaggiose, esse sono comunque il risultato di secoli di selezione e adattamento alle caratteristiche ambientali del territorio di origine, condizioni che hanno permesso loro di mantenere localmente una produttività relativamente stabile anche in condizioni pedoclimatiche avverse. La tutela della biodiversità è ritenuta una delle problematiche mondiali più importanti e urgenti da affrontare, in particolare per l’agricoltura e quindi per l’alimentazione. Le antiche varietà locali possono rappresentare una futura fonte di caratteri da impiegare per il miglioramento genetico delle specie per questo il recupero, la caratterizzazione e valorizzazione delle risorse genetiche vegetali sono attività basilari per preservare la diversità e per proteggere le cultivar meno diffuse dal rischio di erosione genetica (Camangi e Segantini, 2010).

L’Azzeruolo (Crataegus azarolus L.) è una pomacea minore presente in molte regioni italiane, talora spontanea, più spesso coltivata per il frutto e come ornamentale, ma ovunque rara e in via di progressivo abbandono. L’interesse per questa specie è legato da un lato alla qualità gustativa del frutto e alla sua lunga tradizione d’uso, dall’altro alle potenzialità nutraceutiche e medicinali legate alla presenza di polifenoli e in particolare di flavonoidi e procianidine (Bignami 2006).

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In Italia, Bignami e Kurzmann nel 1998 hanno condotto un’analisi chimica su foglie e frutti di C. azarolus diretta a ottenere dati sulla chemiotassonomia degli ecotipi italiani di questa specie dalla quale fu rilevata la presenza di flavonoidi. Nel 2003, mossi dal fatto che l'uso del cibo per scopi salutistici stava guadagnando crescente attenzione, Bignami et al. eseguirono una caratterizzazione pomologica e analitica dei frutti di alcune adesioni raccolte nel Lazio e in Emilia-Romagna al fine di valutare il potenziale per il consumo fresco e per scopi medicinali e conclusero che fosse un frutto dal potenziale valore nutrizionale e medicinale.

Può essere quindi interessante riscoprire l’Azzeruolo come varietà minore a scopo agronomico in modo da garantire la salvaguardia della biodiversità, sia come frutto di interesse alimentare, nutraceutico e farmacologico.

A ulteriore sostegno di un possibile recupero è poi il fatto che nella medicina araba l’Azzeruolo è utilizzato a scopi curativi contro diversi stati patologici e che numerosi studi scientifici si siano incentrati sulla dimostrazione di questi effetti con risvolti positivi in quanto a possibili impieghi terapeutici.

Da qui nasce l’interesse per questo fruttifero minore e la volontà di recuperare i dati sperimentali che permettano una valutazione oggettiva riguardo all’importanza della sua riscoperta.

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1 Tassonomia, Etimologia, Descrizione botanica

Tassonomia

Regno: Plantae Sottoregno: Tracheobionta Superdivisione: Spermatophyta Divisione: Magnoliophyta Classe: Magnoliopsida Sottoclasse: Rosidae Ordine: Rosales Famiglia: Rosaceae Genere: Crataegus Specie: C. azarolus L.

(disponibile all’indirizzo: ”www.altervista.org”)

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Etimologia

Derivazione del nome botanico: Crataegus, dal greco Kratus, kratys "forte, potente” (Kartos "forza" riferito alla forza del legno e akakia, Akis "punta, spina, una punta acuminata" riferito alla presenza di spine alla base dei rami o Aigos "una capra"), crataegum termine latino usato per il nocciolo del frutto (Plinio), mentre azarolus dall'arabo Za'rur, nome usato per il frutto.

(disponibile all’indirizzo: “www.flowersinisrael.com”)

Descrizione botanica

Pianta

L’azzeruolo è un piccolo albero o un arbusto deciduo, di lenta crescita, che può raggiungere gli 8-10 m di altezza. La chioma ha forma arrotondata o piramidale e i rami sono più o meno tomentosi, inermi o con rare spine nelle varietà coltivate. (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”)

Foto 1. L’azzeruolo è pianta di notevole valore ornamentale in parchi e giardini come esemplare isolato, per fioritura, fruttificazione e forma della chioma.(DISPAA Unifi)

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7 Foglie

Le foglie sono caduche, alterne, più o meno coriacee, con peduncolo breve, dotate di stipole poco persistenti. La forma del lembo fogliare e della stipola varia in dipendenza del tipo di ramo, a legno o a frutto, su cui è inserita. Nel ramo a frutto la lamina è cuneata o arrotondata alla base, lobata, con 1-3 paia di lobi a seconda della varietà. Il margine è pressoché intero o inciso all’apice. La pagina superiore è generalmente quasi glabra, lucida, quella inferiore verde pallido-grigiastro, glabra o pubescente. (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”)

Foto 2 – Caratteristiche morfologiche di lamine fogliari e stipole inserite sui rami a legno (a sinistra) e sui rami a frutto (a destra) (DISPAA Unifi).

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8 Fiori

I fiori sono bianchi, con peduncolo breve e tomentoso, riuniti in numero di 5-25 in corimbi. Il fiore è pentamero, con calice tomentoso, 5 sepali brevi e triangolari, petali arrotondati, 2-3 stili e 16-27 stami. La fioritura si verifica generalmente da fine aprile alla prima quindicina di maggio, scalarmente nel corimbo e nella pianta e con differenze tra le varietà. Fiori e frutti si formano all’apice del germoglio dell’anno, originatosi da una gemma mista; dopo la raccolta dei frutti l’apice dissecca e una gemma laterale sottostante da origine alla crescita dell’anno successivo.

(disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”)

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9 Frutti

Il frutto è un pomo sferoidale, sferico-appiattito o quasi piriforme, con diametro di 2-2,7 cm, altezza fino a 3,5 cm, che contiene generalmente 2-3 semi rivestiti da tegumenti spessi e legnosi. Il peso del frutto varia dai 2-3 g ai 10-12 g nelle varietà coltivate. Il colore della buccia va dal giallo pallido al giallo intenso, talora soffuso di rosso, all’arancio-rosso, al rosso. La polpa è dolce, più o meno acidula, succosa, saporita ed aromatica a seconda della varietà. La maturazione si verifica a fine agosto-inizi di ottobre; i frutti possono essere conservati per qualche mese.

(disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”).

Tra le principali varietà figurano le azzeruole bianche o moscatelle, con buccia bianca dorata, gusto gradevole, dolce acidulo e dimensioni leggermente più grosse delle altre; le azzeruole gialle di grossezza intermedia tra le rosse e le bianche, coltivate prevalentemente a fini ornamentali, sebbene il loro gusto sia più saporito delle rosse e si avvicini più a quello delle bianche; le azzeruole rosse, le più diffuse in Italia, piccoline e acidule, con vago ricordo di fragola.

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Foto 4 - I frutti sono dei piccoli pomi di 2-2.5 cm di diametro, con buccia di colore variabile dal giallo chiaro, all'arancio, al rosso e contenenti 2-3 semi(DISPAA Unifi).

Foto 5 - I frutti dell'azzeruolo (a sinistra ed al centro) sono inseriti all'apice di brevi germogli dell'anno, originatisi da gemma mista (DISPAA Unifi).

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Riferimento per la flora italiana (Pignatti 1982)

Secondo il testo di riferimento per la flora italiana (Pignatti 1982), la specie presenta le seguenti caratteristiche:

Crataegus azarolus L. – B. Lazzarolo. 2-8 m. Fusto simile a C. monogyna con corteccia grigio aranciata: rami giovani scuri con spine acute alla base dei rami abbreviati ma con pelosità più densa e persistente: foglie con lamina chiara di sotto, a contorno ovale o rombico 1 o 4 incisioni poco profonde per lato, lobi più o meno triangolari con bordi paralleli e senza dentelli almeno nella parte inferiore; dentelli 2-4 presso l’apice, base tronca o cuneata, stipole a ventaglio. Corimbi multiflori con assi lanosi o pubescenti e petali bianchi subrotondi (5-6 mm); stili (1-)2; frutto diam = 2 cm (in coltura fino a 4 cm), bruno giallastri, di gusto simile a nespole.

Probabilmente originario dell’isola di Creta. Altitudine 0-800 m. Fioritura Aprile-Maggio.

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2 Varietà, areale di coltivazione e di crescita

L’inquadramento sistematico è difficile a causa dell’alto numero di specie affini e dei fenomeni di ibridazione, introgressione, apomissia e poliploidia che conferiscono una notevole complessità morfologica al genere Crataegus. Secondo la revisione del genere Crataegus operata da Christensen (1992) la specie C. azarolus appartiene alla sect. Crataegus, notosect. Crateguineae, series Orientales e include quattro varietà botaniche: azarolus, chlorocarpa, aronia e pontica. Di queste, le prime due sono diffuse nell’area occidentale del bacino del Mediterraneo ed in Italia, mentre la varietà aronia ha una distribuzione più ampia e la varietà pontica è presente in Asia Minore e centrale. C. azarolus var. azarolus ha foglie glabre o subglabre e frutti di colore arancio. Le altre varietà sono caratterizzate da foglie più o meno pubescenti nella pagina inferiore e da frutti gialli, sfumati di rosso (var. aronia e chlorocarpa) o gialli o arancio (var. pontica). Nelle varietà chlorocarpa e pontica le spine sono rare, mentre sono in genere presenti nelle var. azarolus e aronia.

L’area di origine è oggi difficile da definire con esattezza. Generalmente ritenuto originario dell’Asia Minore e centrale, viene talora considerato, almeno per alcuni ecotipi, nativo dell’area mediterranea. Attualmente la specie è diffusa dai Paesi del Mediterraneo (nord Africa, Spagna, Italia, sud della Francia, Malta, Creta, Isole dell’Egeo e Cipro), all’Asia Minore e Iran, sino all’Asia centrale (Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirgizistan) (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”)

Presente anche in Messico, Canada, Cina e Corea. (disponibile all’indirizzo:” www. iblon.it ”)

Considerato una pianta rustica; preferisce clima mite, posizioni soleggiate, suoli ben drenati, teme i terreni eccessivamente argillosi e soggetti a ristagni idrici.

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Coltivato in passato soprattutto nelle aree costiere della Francia meridionale e dell’Italia settentrionale, nell’Italia meridionale e nelle isole, è tuttavia presente anche in zone a clima più continentale, dove va impiantato in esposizioni favorevoli. La presenza di esemplari di azzeruolo è stata accertata di recente in diverse regioni italiane: Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Lazio, Molise, Campania, Puglia e Sicilia. La specie è dotata di un’elevata resistenza alla carenza idrica; alcuni ecotipi sono diffusi anche in steppe aride e climi semi-desertici. (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”)

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3 L’Azzeruolo in Italia

3.1 Aspetti agronomici

Fruttiferi minori e interventi dedicati al loro recupero

Stando a quanto sostenuto da Bellini et al. (2010), in termini generali è possibile affermare che dal punto di vista prettamente biologico, l’attuale germoplasma delle specie minori da noi ereditato, frutto dell’addomesticazione e della selezione dell’uomo perpetrata nel tempo più o meno consapevolmente, non si “adegua” alle esigenze della moderna frutticoltura.

Molte di queste specie, infatti, presentando, oltre a caratteristiche riproduttive complesse, aspetti vegeto-produttivi particolari (lenta entrata in fruttificazione, spinescenza pronunciata della pianta, alternanza di produzione, frutti di piccole dimensioni, bassa incidenza della frazione edule del frutto, astringenza e/o scarsa serbevolezza dei frutti) risultano poco adatte ai circuiti commerciali della grande distribuzione organizzata.

L’abbandono delle zone rurali e in particolar modo di quelle marginali, dove molte specie minori erano ampiamente rappresentate, non ha favorito l’affermarsi di tali specie. I cambiamenti socio-economici e culturali avvenuti nel secolo scorso hanno modificato radicalmente la visione del frutto da mero alimento a oggetto valutato per le sue caratteristiche estetiche (pezzatura, colore, epidermide priva di difetti): ciò ha contribuito a considerare i “vecchi frutti locali” un obsoleto ancoraggio a tradizioni da “poveri”, privilegiando i grossi, coloriti bei frutti delle specie maggiori che rappresentano la “modernità”. Per contro, la consapevolezza maturata negli ultimi anni che le produzioni frutticole intensive determinano un forte impatto sull’ambiente, con notevoli richieste ripercussioni nutrizionali, alle quali si associa molto spesso l’eccedenza di prodotto, non sempre rispondente ai moderni criteri di salubrità e ai requisiti

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di qualità in termini gustativi, ha favorito lo sviluppo di un rinnovato interesse verso le specie minori, sicuramente non eccedentarie e capaci di ampliare la diversificazione produttiva.

In relazione a quanto detto, le specie legnose da frutto minori in Italia sarebbero 20. Tra queste, 16 sono state le specie oggetto di un progetto europeo (Conservazione dei fruttiferi minori 1996-1999) per la loro catalogazione e caratterizzazione.

Tale progetto ha voluto mettere in evidenza i problemi legati alla conservazione del germoplasma (inventario, distinzione varietale ed erosione genetica) e ha indirettamente promosso la utilizzazione di tali specie. A questo proposito, azzeruolo, castagno, fico, kaki, nespolo, nocciolo e noce sono presenti nell’elenco delle specie di cui si conservano accessioni secondo il catalago del MiPAAF sulle risorse genetiche frutticole italiane; nel più aggiornato database del C.R.A. - Centro per la Ricerca per la Frutticoltura (Risorse genetiche Vegetali) le accessioni di fruttiferi minori catalogate sono 758 così ripartite: azzeruolo 5, castagno 168, cotogno 47, feijoa 53, fico 70, gelso 49, kaki 117, nespolo 7, noce 219, pistacchio 22, sambuco 1.

Cultivar e antiche cultivar, significato del termine

E’ bene ricordare il termine cultivar (coniato unendo le prime lettere di due termini inglesi cultivated variety (varietà cultivate)) indica un gruppo di piante coltivate, distinguibili da altre della stessa specie per alcuni caratteri morfologici, fisiologici fitochimici e citologici, trasmissibili alla discendenza per via sessuata o vegetativa (Cerretelli, Vazzana, 1995); mentre con l’espressione antiche cultivar o varietà” ci si riferisce a quelle produzioni vegetali, coltivate in passato, per esigenze di consumo familiare o legate al piccolo commercio nei mercati locali e oggi in gran parte abbandonate (Camangi, Segantini, 2011).

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L’uomo nella sua millenaria opera di “domesticazione“ delle piante, ha perseguito l’obiettivo di migliorare e di diversificare le produzioni vegetali; è stato l’artefice della biodiversità agraria, consapevole o meno che la diversità è madre benevola e feconda per l’umanità. Volgendo uno sguardo alla storia dell’agricoltura da sempre l’uomo ha operato sulle piante spontanee un’intensa selezione artificiale, creando nuovi genotipi in grado di adattarsi alle situazioni ambientali, sociali ed economiche del momento. Queste varietà si sono poi evolute nel tempo, i loro caratteri si sono stabilizzati, specialmente quando originatesi nell’ambito di areali circoscritti e con tecniche colturali tradizionali (Zohary, Hopf, 2000).

L’elevata diversificazione varietale, operata nel tempo dagli agricoltori e amatori locali, rispondeva a esigenze “alimentari” ed “economiche” della vita quotidiana, alla necessità di selezionare cultivar in grado di adattarsi a specifici ambienti, resistenti alle condizioni avverse del clima e agli agenti patogeni, per ridurre al minimo i rischi di mancato raccolto, e ancora, per ottenere la destagionalizzazione dei consumi, tramite varietà a maturazione e raccolta scalare su tutto l’arco dell’anno. In breve tempo, però, siamo passati da un’agricoltura tradizionale, che esaltava la diversità genetica, a una moderna agricoltura caratterizzata dall’omogeneità genetica, ossia dalla diffusione di poche specie e varietà ad alta produttività. Nei paesi sviluppati è convinzione che i migliori risultati si possano ottenere mettendo a coltura pochissime varietà molto simili e ad alta produttività, anche se necessitano di un aiuto per resistere agli stress biotici e abiotici indotti dall’ambiente (Buiatti, 2005).

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17 Agrobiodiversità

Il concetto di agrobiodiversità non è ancora entrato nel linguaggio comune, ma viene utilizzato soprattutto dagli addetti ai lavori. Secondo Büchs (2003) “l’agro-biodiversità è la ricchezza di varietà, razze, forme di vita e genotipi, nonché la presenza di diverse tipologie di habitat, di elementi strutturali (siepi, stagni, rocce, ecc.), di colture agrarie e modalità di gestione del paesaggio.” La biodiversità, sia vegetale sia animale, può essere vista anche come processo evolutivo e di relazione fra diversità ambientali e culturali che comportano una grande varietà di prodotti agricoli e gastronomici connessi a un territorio specifico: salvare la biodiversità significa, quindi, salvare un patrimonio genetico, economico, sociale e culturale di straordinario valore, fatto di eredità contadine e artigiane non sempre scritte, ma ricche e complesse. La scomparsa di varietà o di razze si traduce in una rinuncia ai sapori autentici legati al territorio e alla cultura dell’uomo che ha saputo selezionare nel tempo questo variegato insieme di sapori e saperi. I motivi di questa drastica riduzione sono da ricercare nelle strategie della

commercializzazione moderna che richiede prodotti sempre più uguali e costanti nel tempo, spesso a scapito della qualità perché la standardizzazione è appiattimento, mentre la diversità è un valore. Le strategie di marketing puntano sull’uniformità della produzione e favoriscono la riduzione della biodiversità, scoraggiando i produttori agricoli a coltivare ciò che il mercato è stato indotto a non richiedere.

L’Italia è il paese europeo più ricco di biodiversità per la straordinaria conformazione geomorfologica, per la diversità climatica e per le molteplici tipologie ambientali che vanno dagli habitat semi-desertici del Sud a quelli alpini del Nord. Si tratta di una biodiversità storica, legata quindi alla modificazione dei paesaggi e alla cultura di ogni regione, secondo il concetto di eco-regioni o

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Tuttavia gran parte di questa diversità ecologica oggi è in grave pericolo, proprio a seguito delle profonde trasformazioni che interessano il nostro territorio. La biodiversità alimentare, derivante da quella naturale, ha inoltre sostenuto l’uomo ancor prima dell’avvento dell’agricoltura, che un tempo era sostenibile e basata sui principi della diversità. Un cibo di qualità, sano e vario, è garanzia di buona salute, oltre che strumento di piacere e indice di cultura che definisce bene l’identità di un popolo (Biscotti, Guidi, Forconi, Piotto 2010).

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19 Cultivar di Azzeruolo

Le descrizioni pomologiche dei vecchi testi riportano alcuni nomi (in Italia Azzeruolo rosso d’Italia, Azzeruolo bianco d’Italia coi frutti di colore giallastro chiaro e Azzeruolo giallo del Canada con frutti di colore giallo oro aranciato), che differiscono soprattutto per le dimensioni e la forma del frutto ed il colore della buccia (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”).

Foto 6 – Frutti di quattro accessioni di azzeruolo, con differenti caratteristiche di dimensioni, colorazione di buccia e polpa e qualità del frutto (DISPAA Unifi).

I tre tipi italiani si distinguono per le caratteristiche delle foglie, che nell’a. bianco sono piccole (simili a quelle del biancospino), spesso profondamente suddivise e provviste di due stipole a margine seghettato; grandi, intere, di forma ovale arrotondata e provviste di due piccole stipole nell’a. giallo; di

dimensioni intermedie e pure intere, con margine seghettato, ma ovali allungate e prive di stipule nell’a. rosso. Il portamento dell’albero si presenta espanso nell’a. rosso, semi eretto negli altri due. Inoltre i rami dell’a. rosso sono spesso provvisti di spine. (disponibile all’indirizzo: ” www. vivaigabbianelli.it”)

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20 Coltivazione dell’Azzeruolo

É una pianta rustica e poco esigente perché cresce bene in quasi tutti i terreni (fanno eccezione quelli molto argillosi o umidi o freddi), anche se preferisce suoli asciutti, piuttosto sabbiosi e soleggiati, anche la posizione deve essere esposta a sud e riparata dai venti freddi. Si può propagare per seme, ma è molto lento a crescere e a fruttificare. (disponibile all’indirizzo: ” www ildivulgatore.it.”)

L’azzeruolo viene generalmente propagato agamicamente per innesto, così da mantenere invariate le caratteristiche varietali.

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Come portainnesto viene utilizzato soprattutto il biancospino, anche per la sua notevole adattabilità a diverse condizioni ambientali: si può impiegare anche il franco giallo o rosso, ma la crescita delle piante così ottenute è molto lenta (12-15 anni). Altri portainnesti possibili sono: cotogno, pero e nespolo comune (disponibile all’indirizzo: ” www. vivaigabbianelli.it”).

Con il biancospino (Crataegus monogyna L.) che ha ottima affinità e favorisce una precoce entrata in produzione; emette tuttavia numerosi succhioni e polloni e presenta uno sviluppo più limitato rispetto al nesto, con evidente differenza diametrale nei due bionti (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”).

Le piante vanno poste a dimora lungo la fila alla distanza di circa 3-3,5 metri se innestate su franco si porranno a 4-4,5 metri; distanze minori possono provocare un reciproco ombreggiamento fra le piante che invece amano il pieno sole (disponibile all’indirizzo:” www. vivaigabbianelli.it”).

Il cotogno viene talora utilizzato dai vivaisti, per la rapida crescita in vivaio, ma le piante hanno vita più breve anche per disaffinità (Tra le file si lasceranno 4-5 metri). Il franco è impiegato con migliori risultati. L’innesto viene effettuato a triangolo, gemma dormiente o vegetante.

La propagazione per seme non è facile. Alcune varietà erano ritenute sterili. La germinabilità dopo stratificazione a 4°C è scarsa e i semenzali presentano difficoltà di sopravvivenza e lenta crescita. Prove effettuate su ecotipi della Giordania hanno indicato nella stratificazione al freddo per 120 giorni un mezzo per migliorare la germinazione, ma le percentuali ottenute (25%) sono comunque inferiori a quelle di altre specie di Crataegus (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”).

La pianta se ornamentale, può essere fatta crescere liberamente se invece viene coltivata a scopo produttivo, il più delle volte viene allevata a vaso con 3-4 branche che partono da 1 metro circa da terra. Per quanto riguarda la potatura si potranno effettuare i tagli necessari a far assumere all’albero la forma che si

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preferisce e per eliminare qualcuno dei rami deperiti o diradare quelli troppo fitti, anche per agevolare la raccolta, specialmente se i rami hanno le spine. Per la potatura da produzione si deve tenere presente che l’azzeruolo produce i frutti all’apice di rami e rametti di un anno. Se questi vengono spuntati, aumenta il numero di rametti che si svilupperanno nella loro parte mediana e quindi aumenterà la formazione di fiori per la produzione di frutti (disponibile all’indirizzo:” www. vivaigabbianelli.it”).

La raccolta dei frutti

La maturazione dei frutti avviene a partire dalla seconda decade di agosto per l’azzeruolo giallo; in settembre invece si raccolgono i frutti dell’azzeruolo bianco e del rosso. In genere conviene effettuare la raccolta senza attendere la maturazione completa sull’albero. Per l’azzeruolo bianco occorre intervenire quando il colore della buccia diventa giallo chiaro, altrimenti, oltre a correre il rischio dispaccature in caso di pioggia, si avrà il distacco del pendutolo con parte della polpa.

Il rosso deve essere raccolto non appena la superficie si è coperta completamente di rosso, altrimenti è facile la caduta a terra dei frutti, anche se, soprattutto se il terreno è inerbito, ciò non determina grossi danni al frutto stesso. L’azzeruolo giallo viene considerato quello dal frutto più gradevole, anche se di dimensioni più piccole degli altri tipi che possono raggiungere gli 8-10 grammi (rosso) e i 8-10-15 grammi (giallo).

Essendo la raccolta fatta precocemente, i frutti devono essere lasciati a maturare ponendoli per qualche giorno stesi sulla paglia in ambiente asciutto. Per avere una conservazione che superi i 3-5 giorni occorre servirsi di un frigorifero con temperatura di 3-4° C; in questo modo la conservazione stessa può giungere a 30-35 giorni (disponibile all’indirizzo:” www. vivaigabbianelli.it”).

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23 Trattamento della pianta

In genere l’azzeruolo è una pianta rustica che, soprattutto nel piccolo frutteto di famiglia, dove si vogliono ottenere frutti privi di residui di antiparassitari, può essere coltivata senza trattamenti con fitofarmaci (nel caso fossero riscontrate malattie e parassiti, i trattamenti richiesti sarebbero gli stessi da effettuare sulle pomacee).

In Italia esso si incontra a volte in una forma del tutto spontanea che si potrebbe interpretare sia come inselvatichimento secondario dovuto agli uccelli, sia come relitto di una antica distribuzione naturale della specie, molto piu' ampia di quella attuale. Tuttavia le principali avversità che possono attaccare l’azzeruolo sono: l’oidio (Podosphaera clandestina), la ruggine delle pomacee (Gymnosporangium clavariaeforme) e la moniliosi (Monilinia fructigena) tra i funghi; Cydia molesta e Euproctis chrysorrhaea tra gli insetti; il colpo di fuoco da Erwinia amylovora tra i batteri

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3.2 Nomi dialettali

Nazarella, Nazolu (Liguria), Lasarolo, Rasarolo (Piemonte), Lazarino, Nazarena, Pom lazarì (Lombardia), Pomo lazaren, Pom nazariol (Veneto), Cimbar (Friuli), Lazarén, pom nazareni, Pom rejèl,Pumbrièla (Emilia-Romagna), Lazzarolo, Razzerolo, Pomo imperiale (Toscana), Lazzarolo (Abruzzo, Lazio, Campania), ‘Nzalora, Lanzarolu (Sicilia), Lazzarolo (Sardegna) (disponibile all’indirizzo: ” www. vivaigabbianelli.it”).

3.3 Storia

L’azzeruolo è presente da lunga data nell’area mediterranea e coltivato da secoli in Italia sia per il frutto che come pianta ornamentale fin dai tempi dei romani. I frutti, maturi a settembre-ottobre e simili a piccole mele, erano molto apprezzati nelle tavole rinascimentali per l’aroma e il gradevole gusto dolce-acidulo e sino al secolo scorso alimentavano in diverse zone italiane un certo commercio.

Nel XVI secolo, Pietro Andrea Mattioli, umanista e medico italiano, associa le azzeruole alle nespole, rifacendosi a Dioscoride (medico greco originario della Cilicia che studiò le proprietà medicinali delle piante e scrisse De Materia Medica, uno dei primi testi autorevoli di botanica e farmacologia) chiamandole “nespole prime”. Ecco come descive l’Azzeruolo: “ produce fiori bianchi a zocche e frutti lunghetti rosseggianti, della grossezza delle nespole, ma con molto più picciolo ombilico e con tre soli noccioletti dentro. Maturansi l’autunno, e per lo più il mese di Settembre.

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Quando sono maturi, sono gratissimo al gusto, onde procede che sieno stimati non poco tra gli altri frutti, il perché non solamente si mangiano crudi, ma si condiscono, per conservarli nel mele o nel zucchero. Oltre a ciò sono gratissimi, gl’azzeruoli, alle donne gravide, imperò non solamente aggradiscono molto al loro appetito, ma levano loro la nausea.”

(disponibile all’indirizzo: ” www. vivaigabbianelli.it”).

Il modenese Giacomo Castelvetro (1546-1616) diplomatico, precettore e insegnante d’italiano in varie parti d’Europa fu anche autore del trattato: Brieve racconto di tutte le radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti che crudi o cotti in Italia si mangiano, egli chiamava i frutti dell’Azzeruolo “Lazzeroni” e sosteneva che essi erano: “frutto non sol bello e all’occhio piacevol molto, ma eziandio buono al gusto... il suo sapor è agrodolce e a spegner la sete delle ardenti febbri è fuor d’ogni credere potente; per cotal cagione viene da’ medici a’ febbricitanti concesso”. Era così convinto delle proprietà di questa bacca che ne fece dono a Sir Arrigo Wottoni, un diplomatico inglese che rese numerose visite in Italia. Racconta, infatti, che: “né qui tralascerò di dire come io fossi il primo che, sei anni or sono in Venezia, facessi conoscere tal frutto all’illustrissimo cavaliere signore Arrigo Wottoni, mentre Sua Signoria ivi si trovava ambasciatore del suo Re, a cui piacque così tanto che sempre poi, quando si trovavano, ne volle avere e avrebbe come diverse volte disse pagato ogni denaro per poterne qui mandare venticinque” (disponibile all’indirizzo:” www.tusciaintavola.tusciamedia.com”)

Giovanvettorio Soderini (1526-1596), naturalista e autore di varie opere di agronomia, ne Il trattato degli arbori così cita l’azzeruolo: “ Quelle che vengono da Napoli, dove prima furono condotte da Arabia, sono le più generose e se ne hanno una specie senz’osso e dalle candite lattate”. (disponibile all’indirizzo:” www.iblon.it”)

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Per il dono di un cesto di “lazzeruole bianche e rosse” nel 1769 Ferdinando IV di Borbone ammise il donatore al “bacio della sua mano destra”(disponibile all’indirizzo:” www.tusciaintavola.tusciamedia.com”).

L’Azzeruolo è trattato anche ne La Pomona Italiana del botanico toscano Giorgio Gallesio (Finalborgo, 1772 - Firenze,1839) noto come uno dei maggiori cultori della scienza dei frutti il cui valore è riconosciuto e attestato da numerosi e insigni studiosi (Baldini e Tosi, 1994) che videro in lui un precursore di Gregorio Mendel, tanto che lo stesso Darwin dimostrò attenzione e apprezzamento per le sue osservazioni.

La grande opera di Gallesio (pubblicata in fascicoli tra il 1817 e il 1839), fu la prima e più importante raccolta d’immagini e descrizioni di frutta e fruttiferi realizzata in Italia, una monumentale pubblicazione composta da un’approfondita descrizione dei frutti e da una straordinaria iconografia, costituita da bellissime tavole policrome, per le quali furono coinvolti i più qualificati pittori naturalisti dell’epoca (disponibile all’indirizzo:” www.arpa.emr.it”).

Così Gallesio ci parla dell’azzeruolo: ” Il lazeruolo è una delle specie dei Crategus che gli Antichi avevano unita ai Nespoli e che i Moderni hanno trasportata dai Nespoli ai Crategus e dai Crategus ai Nespoli senza che si trovano ancora d’accordo per il suo vero posto” .

Sempre dalla citata opera di Gallesio rileviamo che il frutto veniva consumato “ nelle tavole di lusso” da una ristretta cerchia di consumatori assai raffinati ed in particolare dal gentil sesso, ed in “ stato di perfezione” e “ se fosse un poco meno acido sarebbe certamente uno dei frutti i più squisiti della stagione, essendo dotato di una polpa morbidissima, croccante e saporita ed è opportuno mangiarlo in

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quello stato di maturità completa nel quale soltanto la sua acidità diventa graziosa e forma il piccante del frutto”.

Il suo nome italiano, dice Gallesio, è nato a Napoli, divenuta, nel 1816, capitale del regno delle due Sicilie, Stato sorto con la unificazione dei precedenti Regno di Sicilia citeriore ed ulteriore.

Il termine moresco “Azarura”, che viene dall’arabo “Alzarar”, con cui quest’albero era conosciuto in Nord Africa, si modificò nell’italianizzato ” azzarolo o azarolo” a Napoli, ed in Toscana” lazarolo, lazerolo, nazerolo, razarolo”, e per la varietà a buccia bianca “ moscadella” (disponibile all’indirizzo:” www.iblon.it”).

A testimonianza della continua presenza dell’Azzeruolo sul nostro territorio e di come fosse considerata comune la sua conoscenza si ha una sua citazione nel capitolo V dell’opera Poemi italici (1915) del Pascoli.

“Oh! non voglio un podere in Cafaggiolo, come Donato: ma un cantuccio d’orto sì, con un pero, un melo, un azzeruolo.”

Naturalizzato in alcune regioni, l’azzeruolo è attualmente molto raro in Italia e a rischio di estinzione.

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3.4 Usi

L’azzeruolo è specie multi-funzionale: è infatti pianta ornamentale, da frutto e medicinale. Come pianta decorativa in parchi e giardini unisce ai pregi estetici nelle fasi di fioritura e di maturazione l’edulità del frutto (disponibile all’indirizzo: ” www. dispaa.unifi.it”).

I fiori sono un irresistibile richiamo per api, vespe e altri insetti che fanno del nettare il loro principale alimento; i frutti sono un cibo ricercato dagli uccelli, in particolare merli e tordi. Il legno pesante, duro e compatto, viene utilizzato per lavori di ebanisteria (disponibile all’indirizzo:” www ildivulgatore.it”).

Come pianta da frutto, è coltivato in frutteti familiari e giardini in esemplari isolati, in filari o innestato in siepi di biancospino. I frutti possono essere ancora trovati in vendita in settembre e ottobre, spesso a prezzi da ‘amatore’, nei mercati locali e nei negozi di primizie di alcune città. Vengono talora riproposti come ingredienti di ricette antiche e nuove, come confetture, marmellate e gelatine, insalate e macedonie di frutta; si utilizzano in pasticceria, si conservano sotto spirito e grappa. Le potenzialità della specie quale portinnesto per pero e melo idoneo ad aree aride sono state studiate recentemente (disponibile all’indirizzo:” www.dispaa.unifi.it”).

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Foto 8 – L’azzeruolo era spesso piantato in filari lungo le strade delle case di campagna e nei poderi (DISPAA Unifi).

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30 Medicina popolare e conoscenze comuni

Per capire quali siano le conoscenze popolari riguardo alle “proprietà” della pianta, frutto, foglie e semi, sono state ricercate anche frasi su siti internet di ricette o di vivai e gruppi di giardinaggio. Alcune invece sono quelle già riportate nella parte dedicata ai cenni storici.

I principali usi o conoscenze si possono riassumere in alcuni esempi:

“ ..Oltre a ciò sono gratissimi, gl’azzeruoli, alle donne gravide, imperò non solamente aggradiscono molto al loro appetito, ma levano loro la nausea.” (Mattioli, XVI secolo).

“... il suo sapor è agrodolce e a spegner la sete delle ardenti febbri è fuor d’ogni credere potente; per cotal cagione viene da’ medici a’ febbricitanti concesso”. (Castelvetro, XVII secolo).

“In cosmesi vengono utilizzate per rivitalizzare la pelle.

Fiore e frutto contengono principi attivi ad azione cardiotonica, ipotensiva e antiossidante, similmente al Biancospino” (disponibile all’indirizzo:” www. vivaigabbianelli.it”).

“Non tutti sanno che l’azzeruolo possiede proprietà rinfrescanti e diuretiche. Inoltre è utilizzato in cosmesi come rivitalizzante per le pelli rovinate, grazie alla pro-vitamina A (simile al betacarotene) che il frutto contiene”. (disponibile all’indirizzo:” www.ricettedisicilia.it”).

‘Le azzeruole contengono vitamina C (in quantità superiore perfino al kiwi), vitamina A, acido alico, flavonoidi, polifenoli, ferro, potassio, calcio, fosforo e se consumate crude hanno proprietà astringenti, rinfrescanti, diuretiche, antianemiche ed abbassano la pressione del sangue.

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Anche le foglie hanno proprietá astringenti (cioé che aiutano in caso di tessuti infiammati e aiutano in caso di diarrea) e possono essere usate per tisane e decotti’ (disponibile all’indirizzo: ” www.crumpetsandco.wordpress.com”).

Prodotti in commercio

Da quanto rilevato si può concludere che attualmente l’Azzeruolo in Italia come frutto fresco, in marmellate o sotto spirito, si può trovare sui banchetti di fiere e ai mercatini paesani venduto a prezzo amatoriale.

Una manifestazione ormai nota in Emilia-Romagna, in cui è possibile ritrovare l’Azzeruolo, è quella della ‘Festa dei Frutti dimenticati’ di Casola Valsenio in provincia di Ravenna.

Come pianta da frutto e anche a scopo ornamentale può essere acquistata presso vivai anche se non sempre presso tutti è reperibile o addirittura trattato.

Spesso dai vivaisti è riportato sotto il nome di ‘altri fruttiferi’ come per Vivai piante Omezzolli di Trento o ‘frutti minori’ come riporta Vivai Crisafulli.

Foto 10 - Marmellate e gelatine sono alcuni dei prodotti ottenuti dalle azzeruole (DISPAA Unifi).

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Usi alimentari

Riferimenti

Nonostante esistano ricette alimentari a base di questo frutto spesso esso è presentato come frutto dimenticato o quasi, eccone alcuni esempi:

‘Ed incominciamo allora con una prima ricetta con i frutti dimenticati portati da Casola Valsenio…’

(disponibile all’indirizzo: ” www.crumpetsandco.wordpress.com”);

‘L’azzaluora in passato era facilmente reperibile dal fruttivendolo fra i prodotti di stagione. Oggi è ormai quasi dimenticato e difficilmente si trova in commercio; tuttavia, grazie agli amatori, si possono trovare in vendita fra i prodotti tipici di qualche ortolano’.

(disponibile all’indirizzo: ” www.ricettedisicilia.it”)

Ricette

Questi invece sono esempi di ricette:

Il frutto serve a preparare delle ottime marmellate.

Si mettono i frutti maturi a bollire in poca acqua fino a quando si ridurranno ad un’uniforme purea. Si passa al setaccio e si aggiunge per ogni etto di purea 70 grammi di zucchero e un bicchiere d’acqua. Poi sul fuoco fino a raggiungere la consistenza voluta. A fine cottura, limone, oppre essenza di fiori d’arancio o vaniglia.

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33 Mini pie di Farro e Azzeruole speziate: Per 5 mini pie:

- per la frolla:

- 250 gr di farina di farro spelta tipo 1, - 100 gr di burro freddo,

- 100 gr di zucchero di canna, - 2 uova medio – piccole,

- un goccio di latte e altro zucchero di canna per la copertura; - per il ripieno:

- 250 gr di azzeruole pesate già pulite, - 4 cucchiai di zucchero di canna, - 50 ml di acqua,

- 1 cucchiaino di spezie per pan pepato (cannella, chiodi di garofano, cardamomo, coriandolo, finocchio, zenzero, mais).

Preparare la frolla miscelando farina e zucchero, unire il burro freddo a tocchetti e lavorarlo insieme al mix di farina con la punta delle dita fino ad ottenere un composto sbricioloso. Unire le uova e lavorare l’impasto fino ad ottenere una palla liscia ed omogenea. Coprirla con della pellicola e metterla a riposare in frigo almeno un’oretta. Nel frattempo pulire lavare le azzeruole e dividerle in due, eliminando semi e picciolo nero. Mettere le azzeruole pulite e tagliate in una casseruola insieme allo zucchero, le spezie e l’acqua e lasciarle cuocere per circa 15 minuti, finchè l’acqua sarà evaporata ed avrà formato un sciroppo.

Stendere la frolla su una superficie infarinata, rivestire degli stempi per crostatine riempirli con le azzeruole cotte e richiuderlo con un disco di frolla a cui avrete fatto un buchino al centro. Far aderire bene i bordi ed eliminare la pasta che fuoriesce dallo stampo. Spennellare la superficie con del latte e cospargere con

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dello zucchero di canna. Cuocere le crostatine in forno caldo a 200° per circa 20/25 minuti finchè dorate.

Foto 11 – Mini pie

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Marmellata di Azzeruole e mele dimenticate alla Cannella:

200 gr di azzeruole 3 mele piccole

un goccio di vino bianco acqua

70 gr di zucchero un pizzico di cannella

Tagliate le azzeruole in due, privatele dei semi e della estremità nera, pelate poi le mele e tagliatele a tocchetti. Mettete tutto in una casseruola con un goccio di vino bianco, poca acqua e della cannella. Lasciate cuocere finchè i frutti diventino teneri. Se amate una consistenza più vellutata, frullate il tutto con un frullatore ad immersione. Unite poi lo zucchero e fare addensare la marmellata finchè raggiunta la consistenza desiderata. Invasate la marmellata bollente in vasetti sterilizzati, richiudete subito e girate i vasetti a testa in giú. Conservate in luogo fresco ed asciutto ed una vollta aperta in frigorifero.

Foto 12 – marmellata di azzeruole

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36 Liquore di Azzeruoli

Occorre una quindicina di frutti da tagliare in quarti e da disporre in un vaso di vetro coprendoli con mezzo litro di alcool da liquori.

Dopo una quindicina di giorni, si filtra e si aggiunge uno sciroppo preparato (e fatto poi raffreddare) con mezzo litro di acqua e 400 g di zucchero. Si versa in bottigliette in cui è anche bello mettere un fruttino o due interi.

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4 Ricerche sperimentali e studi sull’Azzeruolo

4.1 Il frutto

Nel 2003 da uno studio italiano condotto da C. Bignami et al. in cui viene effettuata una caratterizzazione pomologica di cinque popolazioni di Azzeruolo delle due regioni del Lazio e dell’Emilia-Romagna già si potevano carpire le potenzialità del frutto dell’Azzeruolo. Si parla dell’avvio di programmi destinati alla raccolta e caratterizzazione delle risorse genetiche, al fine di contribuire allo sfruttamento di questa specie.

Dopo aver determinato le principali caratteristiche pomologiche e il contenuto di zuccheri, acidi e polifenoli totali nei frutti in fase di maturazione raccolti in queste due regioni e dopo aver misurato in esse contenuti simili di polifenoli totali, flavonoidi e procianidine è stata accertata una presenza di buoni livelli di questi componenti con proprietà medicinali che rendevano secondo questo studio i frutti di Azzeruolo suscettibili allo sfruttamento nel campo alimentare con interesse nutraceutico. Viene fatto inoltre riferimento ad un programma di conservazione e caratterizzazione di queste risorse genetiche minacciate iniziata nel 1996 all'interno di un progetto europeo (“Conservation, evaluation, exploitation and collectio of minor fruit tree species”), che tratta lo sfruttamento di specie minori di alberi da frutto. C.Bignami et al. partendo dall’idea che l’uso del cibo come una medicina stesse guadagnando crescente attenzione negli ultimi anni ed avendo le misure pomologiche e analitiche rivelato la presenza di interessanti aspetti degni di sfruttamento per diversi tipi di utilizzo di questo frutto (sapore e la dimensione dei frutti, insieme con l'elevato livello di zuccheri e acidi, con un buon potenziale per il consumo fresco e per la trasformazione in prodotti diversi, come marmellate , succhi e caramelle;

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mentre come complesso, la presenza di componenti con proprietà medicinali rende i frutti dell’Azzeruolo potenzialmente usufruibili nel campo dei preparati di erbe e alimenti con interesse medicinale e nutraceutico) consigliano di approfondire gli studi in modo che possano essere comprese eventuali future utilizzazioni.

Frutta e verdura sono infatti tra le principali fonti di micronutrienti necessari per una dieta bilanciata; giocano un ruolo nel supplemento nutrizionale fornendo vitamine e sali minerali, degli elementi che sono essenziali per il corretto funzionamento del corpo. Varie disfunzioni e malattie sono dovute a carenze di micronutrienti, come le vitamine A, E, tiamina, elementi minerali (calcio, potassio, magnesio) e oligoelementi (ferro, rame).

A questo proposito nel 2010, Buodraa et al. decisero di studiare i frutti di cinque specie non convenzionali presenti in Algeria, incluso il C. azarolus L., visto che i loro frutti erano molto apprezzati dalla popolazione, in particolare dai bambini, e che in questo Paese non era stata ancora effettuata la valutazione delle loro potenzialità in quanto a contenuto minerale e vitaminico. In Algeria, carenze di micronutrienti erano frequenti, in particolare quella di vitamina A, molto diffusa tra le popolazioni meridionali, inoltre quasi un terzo delle donne rurali erano anemiche, il che avrebbe dovuto portare ad ampliare gli sforzi per combattere e prevenire le carenze responsabili.

Il Paese possedeva specie vegetali significative (tra le quali furono scelte queste cinque) rappresentate da fruttiferi minori con particolarità di adattarsi a climi diversi, soprattutto a zone aride e semi aride, la cui produzione rimaneva poco sfruttata a livello locale nonostante le interessanti caratteristiche alimentari; questo spiega il perché della necessità di valutarne i contenuti minerali e vitaminici. La conclusione fu che i frutti analizzati potevano essere una fonte di notevole apporto nutrizionale e potevano essere utilizzati in diversi settori: alimentare, cosmetico, farmaceutico e altri.

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Partendo dalla considerazione che stia avvenendo di recente una crescente affermazione del settore Nutraceutico nel campo della ricerca, come dimostrato anche dal fatto che proprio nel 2013 sia nato all'università di Pisa il centro interdipartimentale di ricerca "nutraceutica e alimentazione per la salute", ho ritenuto significativo riportare i dati di ulteriori studi sperimentali che potessero servire come base per la valutazione soggettiva di un eventuale impiego dell’Azzeruolo in campo alimentare e nutraceutico.

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4.1.1 Parametri biometrici

I Parametri biometrici e il contenuto in acqua della parte commestibile del frutto, di cinque frutti dimenticati dell’Algeria, tra cui anche l’Azzeruolo sono stati analizzati da Boudraa S. et al. (2010).

I frutti sono stati raccolti dai campi alla maturità e una serie di studi si è concentrata su una caratterizzazione biometrica dei cinque frutti freschi. (I campioni erano composti da cinquanta ripetizioni di ciascuna delle cinque specie selezionate).

I parametri per l’Azzeruolo sono risultati:

lunghezza 20,82+/-0,30 mm,

peso del frutto in materia fresca 550,00+/-12,16 mg, peso della polpa in materia fresca 401,50+/-10,63 mg, rapporto %Polpa/Frutta 77,50+/-8,40.

L’Azzeruolo è risultato uno dei due frutti più pesanti.

Il rapporto in peso tra la polpa e il frutto intero è risultato uno dei due più alti, oltre il 75 % (mentre quelli degli altri frutti è di circa il 55 %).

4.1.2 Contenuti chimici

Contenuto di acqua

Il contenuto di acqua della polpa è espressa rispetto alla massa della materia fresca e l’Azzeruolo è ricco in acqua, la quale rappresenta circa il 70 % di sostanza fresca (la deviazione del contenuto di acqua osservata all'interno della stessa specie potrebbe essere spiegato da stadi di maturità differenziati e relativi alle condizioni climatiche).

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41 Contenuto di zuccheri

La concentrazione di zuccheri di C.azarolus di Albacete (Spagna) è stata calcolata come % di saccarosio secondo il metodo TSS (dei solidi solubili totali) di Egea et al. (2007) e risulta essere 24,80+/-0,72.

Composizione minerale della parte commestibile

E’ stato calcolato il contenuto di materia minerale, rilevato dalla cenere dalla polpa del frutto di C. azerolus L. (l'analisi è stata condotta secondo il metodo di Pinta et al. (1961,1980) e misurato mediante spettrofotometria di assorbimento atomico.

Macro-elementi

Calcio: 434,96 +/- 0,00 mg/100g di sostanza secca.

La maggior parte dei frutti ricchi di Calcio erano quelli di Bagolaro (circa 2470 mg /100g di sostanza secca). Tutti gli altri presentano un contenuto medio al di sotto di 500 mg /100g di sostanza secca.

Magnesio: 184,59 +/- 0,49 mg/100g di sostanza secca.

Il contenuto di Magnesio della maggior parte dei frutti studiati era variabile, le specie meno benestanti appartenenti alla famiglia delle Rosacee (Crataegus monogyna Jacq . e C. azarolus L.).

Potassio: 250,26+/- 1,70 mg/100g di sostanza secca.

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Micro-elementi

Ferro: 4,56+/-0,72 mg/100g di sostanza secca.

I valori più alti sono stati trovati in olivo di Boemia e Azzeruolo. In riferimento alle raccomandazioni della FAO sulle esigenze quotidiane di Ferro, calcolato a 9 mg per bambini di 3 anni e 10 mg per quelli di 12 anni, si può concludere che il contenuto di Ferro dei frutti studiati non è trascurabile e che l’Azzeruolo potrebbe essere considerato come potenziale fonte di Ferro per l’uso umano.

Manganese: 0,37+/-0,06 mg/100g di sostanza secca.

In questo caso il contenuto dell’Azzeruolo è risultato il più basso. Zinco: 0,22+/-0,01 mg/100g di sostanza secca.

Secondo Berthet et al. (1984), questo metallo si accumula rapidamente nelle aree urbane e la migrazione in una pianta dipenderà sia dalla loro fase di crescita e che dalle proprietà fisico-chimiche del suolo. I livelli di Zinco misurati indicano che le zone di produzione sono un po' inquinate. Questi livelli non rappresentano un problema di tossicità e i frutti analizzati presentano dunque una buona fonte di Zinco per i bambini.

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Composizione vitaminica della parte commestibile

Vitamine liposolubili:

Tocoferolo: 1,54+/-0,20 mg/100g della sostanza fresca.

Il tocoferolo è stato valutato mediante test colorimetrico con cloruro ferrico e lettura a 510 nm e il carotene con lettura a 450 nm; i risultati sono stati espressi in mg /100 g di sostanza fresca.

Secondo Cuvelier et al. (2003), la natura della distribuzione di tocoferoli nelle piante è principalmente dovuta alla variabilità della concentrazione nel campione. Questo dipenderà da diversi fattori (climatici, geografici, stato della pianta). In generale, la polpa contiene piccole quantità di tocoferoli.

Vitamina A: 1,27+/-0,32 mg/100g della sostanza fresca.

Cambiamenti nel contenuto di carotene dipendono da vari fattori; uno di questi sarebbe il grado di maturazione del frutto.

(Buodraa et al. 2010)

Vitamine idrosolubili:

Vitamina C

Secondo lo studio di Boudraa S. et al. (2010) in cui la determinazione della vitamina C è stata effettuata con il metodo di Audigie et al. (1980) su una pianta di C. azarolus L. Algerina, il contenuto in vitamina C era di 9,92+/-1,2 mg/100g di sostanza fresca.

Lo studio ha evidenziato che l’Azzeruolo, aveva il più alto contenuto in Acido ascorbico rispetto agli altri 4 frutti selvatici in oggetto, (tenendo sempre presente la variabilità di contenuti dovute a condizioni climatiche, stato di maturità e condizioni di conservazione dei frutti).

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Secondo gli studi di Egea et al. (2010), con un metodo che prevede l’utilizzo di HPLC (High Performance Liquid Cromatography) e registrazione dell’assorbanza con detector UV/vis a 245 nm, su una pianta di C. azarolus L. proveniente da Albacete (Spagna), il contenuto era di 21,99+/-2,79 mg/100g di sostanza fresca.

I risultati del contenuto di Acido ascorbico nei sei frutti studiati andavano dai 21,99mg/100g ai 30,75mg/100g di sostanza fresca relativi all’Azzeruolo.

Queste concentrazioni di Vitamina C sono alte e rappresentano il 36,7% e il 51,3% della dose giornaliera raccomandata e sono più alte rispetto a quelle di altri frutti come uva nera o verde, susina, ciliegia, albicocca, melone e pesca noce; sebbene minori di quelle di banana, limone, fragola, arancia o kiwi (Leong e Shui, 2002).

Tiamina (vitamina B1)

La determinazione della tiamina è stata realizzata secondo il metodo di Andrian et al. (1998) per dosaggio colorimetrico con fenilidrazina e la lettura a 490 nm, risultando un contenuto di 0,011+/-0,000 mg/100g di sostanza fresca.

Circa 0.017 mg /100g di sostanza fresca, è sufficiente a coprire fino al 16% del fabbisogno giornaliero di tiamina B1 nel bambino. (Boudraa et al., 2010)

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Contenuto di carotenoidi della parte commestibile

Il contenuto totale di carotenoidi è stato misurato tramite estrazione con acetone-metanolo (1:1), seguita da ripartizione con etere etilico, saponificazione con una soluzione metanolica di KOH (20%) e misurazione spettrofotometrica dell’assorbanza dell’estratto a 450 nm.

Il risultato, è stato di 0,58+/-0,06 mg/100g, espresso come mg di beta-carotene per 100g di materia fresca: (Egea et al., 2007).

Secondo lo studio di Egea et al. (2010), la concentrazione di carotenoidi del C. azarolus, insieme a quella di altri 4 frutti in oggetto, rientrava in un intervallo che andava da 0,29 a 1,37mg su 100g di sostanza fresca, che rappresentano dal 6,8% e il 32,7% dell’RDA. I livelli di carotenoidi totali risultavano quindi più alti di quelli riscontrati da Dias et al. (2009) in frutta di uso comune come:

Pera 0,008mg/100g e Mela 0,04 mg/100g di sostanza fresca,

e simili a quella di altri frutti considerati buone fonti di carotenoidi come: Arancia 0,374mg/100g, Ciliegia 0,261mg/100g,

Pesca 0,700mg/100g e Albicocca da 1,5 a 3,5 mg/100g (a seconda del grado di maturazione) di sostanza fresca.

Contenuto totale di composti fenolici della parte commestibile

Secondo lo studio di Egea et al. (2010) in cui i composti fenolici totali sono stati determinati attraverso il metodo di Singleton et al. (1999) usando il reagente di Folin-Chocalteu sulla parte commestibile liofilizzata di C. azarolus (di Albacete in Spagna) e misurando spettrofotometricamente a 760 nm, i valori sono:

379,16+/-11,78mg GAE/100g di sostanza fresca.

(La concentrazione totale dei fenoli è stata determinata in comparazione con l’assorbanza di un fenolo standard, l’acido gallico, a diverse concentrazioni, per

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questo i risultati sono espressi come mg di acido gallico su 100g di sostanza fresca).

I valori ottenuti invece per un'altra specie dello stesso genere, Crataegus monogyna, sono risultati più bassi: 216,61+/- 28,19mg GAE/100g di sostanza fresca. Questi valori sono simili e anche più alti rispetto a quelli trovati da Proteggente et al. (2002) in:

fragola (330mg/100g di sostanza fresca), prugna rossa (320mg/100g di sostanza fresca) o lampone (228mg/100g di sostanza fresca).

Altri sono i valori ottenuti da Belkhir et al., (2013), per i quali il contenuto totale di fenoli è stato calcolato col metodo colorimetrico di Folin-Chocolteu sull’estratto in acqua-acetone di C. azerolus e C. monogyna provenienti dalla Tunisia.

I risultati relativi alla polpa sono stati:

C. azarolus 305,44+/-2,91mg GAE/100g di sostanza fresca,

C. monogyna 227,56+/-29,27mg GAE/100g di sostanza fresca.

Mentre nella buccia sono risultati:

C. azarolus 2023,21+/-47,05mg GAE/100g di sostanza fresca,

C. monogyna 1461,35+/-175,40mg GAE/100g di sostanza fresca.

Sia nella buccia che nella polpa il contenuto fenolico totale è risultato più alto nel C. azarolus rispetto al C. monogyna. Inoltre per lo stesso frutto si può notare che il contenuto fenolico risulta 6,4-6,6 volte più grande nella buccia rispetto alla polpa.

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47 Profilo fenolico della parte commestibile

I principali sotto-gruppi fenolici sono stati valutati da Ganhao et al. (2010) in una comparazione tra sette frutti selvatici mediterranei provenienti da Càceres (Spagna), tra cui il C. azarolus utilizzando il metodo analitico con HPLC descritto da Lamuela-Raventos e Waterhouse (1994)e modificato da Kahkonen et al. (2001) su estratti dei frutti ottenuti con metodo ASE (accelerated solvent extraction). Le concentrazioni sono espresse in mg del fenolo di riferimento usato per il riconoscimento spettrofotometrico su 100g di sostanza secca.

Questi i risultati: catechine: 131+/-20,3 mg/100g acidi idrossibenzoici: 3,0+/-0,9 mg/100g acidi idrossicinammici: 16,7+/-1,4 mg/100g flavonoli: 33,3+/-5,5 mg/100g procianidine: 505,3+/-77,8 mg/100g.

In generale, per tutti e sette i frutti in oggetto, circa il 73% dei composti fenolici totali era costituito da procianidine e il secondo gruppo più importante era dato dalle catechine.

Belkhir et al., nello studio del 2013 improntato sulle differenze tra C. azarolus e C. monogyna tunisini, hanno rilevato e quantificato i principali composti fenolici grazie al frazionamento dei differenti estratti in soluzione di acqua-acetone col metodo dell’RP-HPLC accoppiato a DAD (diode array detection) come descritto da Tuberoso et al. (2010), seguita dall’analisi ESI-MS (electrospray ionization).

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Lo studio prevede la differenziazione della parte commestibile in polpa e buccia, la concentrazione è espressa in mg di fenolo su 100g di sostanza fresca:

FENOLO BUCCIA POLPA

acido clorogenico 21,23+/-0,58 12,64+/-0,39* procianidina B2 22,33+/-0,05 12,61+/-0,59 epicatechina 2,84+/-0,12 1,13+/-0,07 vitexina 29,40+/-0,07* 4,83+/-0,34 rutina 22,95+/-0,06* 5,98+/-0,21* iperoside 146,49+/-0,44* 18,19+/-0,26* isoquercetina 50,42+/-0,47* 5,22+/-0,33*

* le concentrazioni in C. azarolus sono risultate maggiori rispetto alle concentrazioni presenti nella buccia di C. monogyna per quanto riguarda:

vitexina (11,91+/-0,92), rutina (16,31+/-0,34), iperoside (80,54+/-0,44) e isoquercetina (29,43+/-1,14);

mentre per la polpa sono risultate maggiori rispetto alle concentrazioni di C. monogyna di:

acido clorogenico (4,5+/-0,08), rutina (1,39+/-0,09), iperoside (5,18+/-0,25) e isoquercetina (2,24+/-0,05).

Il composto predominante in buccia e polpa di C. azarolus risulta l’iperoside. I composti fenolici riportati in tabella risultano nel complesso in concentrazione maggiore nella buccia rispetto alla polpa.

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4.1.3 Azione antiossidante, antiradicalica e relazioni col contenuto

chimico della parte commestibile

Introduzione

Gli studi di Leong e Shui (2002) dimostrano che il consumo di frutta con un’alta concentrazione di antiossidanti può essere associato a una minore incidenza di malattie degenerative inclusi cancro, patologie cardiache, infiammazioni, artriti, peggioramento del sistema immunitario, disfunzioni cerebrali e problemi di cataratta. Quando il livello di specie reattive dell’ossigeno (ROS) supera la capacità antiossidante della cellula, l’omeostasi ossidoriduttiva intracellulare viene alterata e il risultante stress ossidativo può distruggere tutte le maggiori classi di biomolecole nelle vicinanze tra cui lipidi, proteine e DNA, un fatto strettamente legato al processo di invecchiamento dei tessuti e all’insorgenza di patologie (Valko et al. 2004). Gli antiossidanti, i quali possono inibire o evitare l’ossidazione di substrati ossidabili sembrerebbero quindi essere importanti per la prevenzione di queste malattie. Le maggiori sostanze ad azione antiossidante trovate nella frutta sono acido ascorbico, carotenoidi e composti fenolici (Leong e Shui, 2002). Le loro proprietà antiossidanti sono dovute alla loro struttura ricca in elettroni nella forma di doppi legami e di gruppi idrossilici vicini gli uni agli altri. Documenti scientifici sottolineano continuamente il potenziale antiradicalico e le proprietà antiossidanti dei polifenoli come sostanze bioattive che, nel mondo vegetale, contribuiscono al colore e alle qualità sensoriali, come amarezza e astringenza, in frutta, verdura, semi e fiori e che, essendo parte integrante della dieta umana, si suppone abbiano effetto di promozione della salute (Belkhir et al., 2013).

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Negli ultimi anni l'introduzione di antiossidanti derivati da materiali vegetali nell'industria alimentare ( soprattutto come conservanti naturali) sta

diventando popolare. L'interesse verso i derivati fenolici delle piante deriva dalla loro potente attività antiossidante e la loro vasta gamma di proprietà farmacologiche tra cui antitumorale, antiossidante, e attività di inibizione di aggregazione piastrinica.

Per quanto riguarda le differenze chimiche tra le sostanze antiossidanti presenti nei cibi e le interazioni che intercorrono tra le loro diverse molecole, la valutazione della capacità antiossidante totale sembrerebbe un più utile marcatore rispetto alla valutazione di ogni singola sostanza. Tuttavia nessun singolo metodo per testare la capacità antiossidante totale considera pienamente e allo stesso tempo l’attività di tutte le sostanze antiossidanti. Questa capacità può variare con la struttura del radicale ossidante, la natura del substrato per l’ossidazione, la presenza di sostanze interagenti, il meccanismo di iniziazione dell’ossidazione e anche con il metodo analitico usato per la misura del grado di ossidazione. Un possibile approccio potrebbe essere quello di considerare più attività antiradicaliche insieme ai composti antiossidanti presenti (Egea et al. 2010).

A tal fine sono proposti diversi test con diverse conclusioni interpretative.

Test DPPH (2,2-Diphenil-2-picrylhydrazyl radical)

Questo saggio è basato sulla capacità dell’antiossidante di interagire con il radicale cationico DPPH. Il metodo descritto da Tuberoso et al. (2009) è stato usato da Belkhir et al. (2013) partendo da 50 microL di estratto polifenolico (ottenuto col metodo di Fattouch et al. 2007) di C. azarolus diluito in acqua. Il campione è stato mescolato con 2mL di DPPH 0,04mM in metanolo. L’attività antiradicalica è stata misurata come il decremento in assorbanza a 517 nm

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dovuto alla reazione tra DPPH e l’antiossidante. I dati sono stati espressi come TEAC (Trolox equivalent antioxidant capacity) in micromol/g di sostanza fresca. La valutazione dell’attività antiossidante dell’estratto polifenolico di C. azarolus, che nello studio è stata comparata a quella del C. monogyna (riferito ai relativi valori di polifenoli totali), ha mostrato che le sostanze presenti sia nella buccia che nella polpa avevano la capacità di ridurre il radicale DPPH.

TEAC buccia: 79,76+/-2,95micromol/g di sostanza fresca, TEAC polpa: 15,58+/-0,90micromol/g di sostanza fresca.

Poiché l’iperoside era risultato presente in grandi quantità nell’estratto di polpa e buccia (ma anche di foglie, come poi vedremo), è stato ipotizzato che la proprietà antiossidante di questi estratti potesse essere attribuita a questo flavonolo.

L’iperoside ha molte bioattività come quella di scavenger delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), prevenendo l’ossidazione indotta dai radicali, incrementando l’azione della superossido dismutasi e proteggendo le cellule neurali PCE12 contro l’apoptosi e la citotossicità indotta da terz-butil idroperossido (Liu et al. 2005).

FRAP test (ferric reducing antioxidant assay)

Questo test è basato sulla riduzione a basso pH del [Fe(III)- TPTZ] ( ferric 2,4,6-tris(2-pyridyl)-1,3,5-triazine) al complesso ferroso seguita da un analisi spettrofotometrica (Tuberoso et al., 2009).

Nello studio effettuato da Belkhir et al., (2013), si è mostrata una stretta relazione tra i valori FRAP e il contenuto fenolico, suggerendo che i composti fenolici fossero i maggiori responsabili di questa attività.

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I risultati ottenuti erano in accordo con studi fatti sul genere Crataegus che avevano rivelato la loro ricchezza in flavonoidi e proantocianidine.

L’alto livello di procianidina B2 trovato nella buccia e nella polpa, così come nelle foglie, risultava legato alle proprietà antiossidanti di questi estratti. Sakano et al. (2005) studiarono i meccanismi dell’azione preventiva della procianidina B2 contro i danni ossidativi al DNA in cellule umane e provarono che questo flavonolo esercita proprietà antiossidanti interagendo con il perossido di idrogeno e con ioni metallici (Fe(II)).

I dati sono relativi al contenuto totale di polifenoli totali FRAP:

buccia: 161,45+/- 3,83 micromoli di Fe(II)/100g di sostanza fresca, polpa: 33,75+/-3,14 micromoli di Fe(II)/100g di sostanza fresca.

Ulteriori informazioni riguardo all’attività antiradicalica dell’Azzeruolo si ottengono dagli studi fatti da Egea et al. (2010).

Lo scopo dell’esperimento era quello di verificare la corrispondenza tra l’attività antiossidante e antiradicalica di sei frutti (mediterranei) selvatici di Albacete in Spagna, tra cui il C. azarolus, col loro contenuto in acido ascorbico, carotenoidi e fenoli al fine di valutarne un eventuale impiego in ambito alimentare sia come sostituenti di antiossidanti sintetici che come alimenti funzionali.

Il procedimento è stato quello di saggiare l’attività antiossidante totale dei frutti attraverso la misurazione della TEAC (Trolox Equivalent Antioxidant Capacity), della capacità di ridurre il radicale idrossilico e il perossido d’idrogeno e confrontando i risultati con quella di tre antiossidanti sintetici, il BHA, il BHT e il propil gallato.

E’ stato calcolato anche il contenuto di polifenoli totali, carotenoidi e acido ascorbico (i cui valori son stati già riportati in precedenza).

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