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Valutazione dell'iperpolarizzazione di membrana in cellule di muscolatura liscia vascolare umana (HASMC) trattate con H2S-donors di nuova sintesi

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

VALUTAZIONE DELL’IPERPOLARIZZAZIONE DI MEMBRANA IN

CELLULE DI MUSCOLATURA LISCIA VASCOLARE UMANA (HASMC)

TRATTATE CON H

2

S-DONORS DI NUOVA SINTESI

Relatori: Prof. Vincenzo Calderone Prof.ssa Alma Martelli Dott.ssa Valentina Citi Candidata: Marta Gazzarri

ANNO ACCADEMICO 2019/2020

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Ai miei nonni, Luciano e Mario, ai loro preziosi consigli, alla loro saggezza e alla loro infinità bontà. So che oggi sareste stati orgogliosi di me.

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INDICE

1. INTRODUZIONE ... 1 1.1 Il solfuro di idrogeno ... 1 1.1.1 Proprietà chimico-fisiche dell’H2S ... 1 1.1.2 Biosintesi dell’H2S: ... 3 1.1.3 Catabolismo dell’H2S ... 7 1.1.4 Meccanismo di rilascio dell’H2S ... 8 1.1.5 Meccanismi dell’azione biologica dell’H2S ... 9 1.2 Ruolo di H2S a livello vascolare ... 11

1.2.1 Effetti dell’H2S sui canali ionici KATP ... 12

1.2.2 Effetti dell’H2S sui canali ionici BK ... 13 1.2.3 Effetti dell’H2S sui canali ionici KV7 ... 14 1.2.4 Azione dell’H2S nel sistema cardiovascolare ... 16 1.3 H2S Donors ... 17 1.3.1 Sali di solfuro ... 17 1.3.2 H2S donor di origine naturale ... 18 1.3.2.1 Composti derivati da Allium sativum L. ... 18 1.3.2.2 Isotiocianati di origine naturale ... 20 1.3.2.3 Erucina ... 21 1.3.3 H2S donors di origine sintetica ... 23 1.3.3.1 Derivati del reattivo di Lawesson ... 23 1.3.3.2 Altri H2S donors ... 25 1.3.3.3 Isotiocianati di origine sintetica ... 27 1.3.3.4 Imminotioeteri ... 28 1.3.4 H2S donors ibridi ... 28 1.3.4.1 Farmaci antiinfiammatori non steroidei (NSAIDs) ... 29 1.3.4.2 Sartani H2S donors ... 30 2. SCOPO DELLA RICERCA ... 32 3. MATERIALI E METODI ... 33 3.1 Materiali e metodi per la sperimentazione in vitro su cellule HASMC ... 33 3.1.1 Colture cellulari ... 33 3.1.2 Mezzo di coltura ... 34 3.1.3 Soluzioni tampone utilizzate durante i protocolli sperimentali ... 34 3.1.4 Gelatina ... 35

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3.1.5 Sostanze utilizzate durante i protocolli sperimentali e loro soluzioni ... 36 3.2 Protocollo sperimentale ... 37 3.2.1 Scongelamento ... 37 3.2.2 Piastratura ... 38 3.2.3 Esperimenti in fluorescenza ... 41 3.2.3.1 Esperimento con sonda fluorescente DiBac(4)3 ... 41 3.2.3.2 Analisi dei dati delle colture cellulari ... 43 4. RISULTATI E DISCUSSIONE ... 44 5. BIBLIOGRAFIA ... 51 6. RINGRAZIAMENTI ... 67

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1. INTRODUZIONE

1.1 Il solfuro di idrogeno

Il solfuro di idrogeno per molto tempo è stato considerato solamente come gas tossico, in quanto prodotto di scarto dell’industria. Le sue proprietà tossiche sono legate al fatto che è in grado di inibire la catena respiratoria mitocondriale, portando ad effetti citotossici. Recentemente il suo ruolo è stato rivalutato e adesso è conosciuto come un gas trasmettitore endogeno, prodotto ubiquitariamente nei tessuti dei mammiferi [Calderone V. et al., 2016]. La presenza di H2S nei tessuti è nota da decenni, ma fu descritto per la prima volta da Abe e Kimura nel 1996, i quali lo identificarono a livello del sistema nervoso centrale [Abe K. and Kimura H., 1996]. L’idrogeno solforato ha assunto sempre maggior importanza grazie alle sue numerose funzioni fisiologiche, atte a mantenere il controllo dell’omeostasi del sistema cardiovascolare, neuronale, respiratorio, gastroenterico e anche riproduttivo [Wang R., 2012].

1.1.1 Proprietà chimico-fisiche dell’H

2

S

L’idrogeno solforato è un gas incolore a temperatura e pressione ambiente, infiammabile e dal caratteristico odore di uova marce. La sua struttura è molto simile a quella dell’acqua; l’atomo di zolfo, però, a differenza dell’atomo di ossigeno non è così tanto elettronegativo, infatti il solfuro è meno polare rispetto all’acqua e presenta forze intermolecolari più deboli.

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2

In natura è prodotto principalmente dalla decomposizione della materia organica ad opera dei batteri e si trova nel gas naturale, nel petrolio greggio e nei gas di palude. H2S è anche il sottoprodotto di più di settanta tipi di industrie, quali l’industria alimentare, la produzione di fibre sintetiche e di carta, la concia dei pellami, la depurazione delle acque reflue e la raffinazione del petrolio. [Dorman DC. et al., 2002].

Il solfuro di idrogeno in soluzione acquosa o nel plasma, comportandosi da acido debole, si idrolizza nel protone H+ e nell’anione idrosolfuro HS-, che a sua volta si dissocia in H+ e nell’anione solfuro S2- secondo la reazione:

H2S ⇄ H+ + HS- ⇄ H+ + S2-

La sua pKa a 37°C è 6,76 e quando si dissocia in condizioni fisiologiche (pH 7.4, 37°C) esiste per circa il 18,5% come solfuro di idrogeno e per circa l’81,5% come anione idrosolfuro, come teoricamente previsto dall’equazione di Henderson-Hasselbalch. Pertanto, in condizioni fisiologiche le due specie coesistono ed entrambe contribuiscono alle azioni biologiche del gas trasmettitore. Invece, i livelli di anione solfuro sono pressoché insignificanti, in quanto una dissociazione apprezzabile di HS- richiederebbe valori di pH più elevati di quelli fisiologici [Li L. and Moore PK., 2008; Hughes MN. et al. 2009]. Figura 2: dissociazione pH-dipendente dell’H2S in soluzione acquosa [Hughes MN. et al. 2009]

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3 L’idrogeno solforato è circa cinque volte più solubile nei solventi lipofili rispetto all’acqua e questa sua caratteristica lo rende permeabile alle membrane plasmatiche, pertanto è in grado di penetrare in tutti i tipi cellulari [Wen YD. et al., 2018].

L’anione idrosolfuro (HS-) si comporta come un nucleofilo in grado di reagire con numerose molecole elettrofile. Inoltre, sia H2S che HS- agiscono anche riducendo molti substrati organici [King SB., 2013].

1.1.2 Biosintesi dell’H

2

S:

Il solfuro di idrogeno è prodotto in significative quantità in molti tessuti, ma la sua più alta produzione è riscontrata a livello del sistema nervoso centrale, del sistema cardiovascolare, del fegato e del rene [Doller J.E. et al., 2005]. Il substrato per la sintesi dell’H2S è la L-cisteina, un amminoacido contente lo zolfo nella sua struttura e ampiamente diffuso nell’organismo dei mammiferi. La L-cisteina, a sua volta, può essere sintetizzata a partire dalla L-metionina attraverso una reazione denominata trans-solforazione oppure può essere liberata da proteine endogene [Iciek M. et al., 2005]. Il gas trasmettitore endogeno è prodotto nei mammiferi attraverso due differenti vie, una enzimatica e una non enzimatica, sebbene quest’ultima sia meno importante, e una volta formato può essere immediatamente rilasciato nell’ambiente circostante oppure può essere immagazzinato all’interno delle cellule [Wu D. et al., 2015]. I batteri in grado di ridurre i solfati (SRB) colonizzano l’intestino e in presenza di molecole donatrici di elettroni riducono il solfato a solfuro di idrogeno.

La via non enzimatica è attuata dagli eritrociti, i quali sono in grado di ridurre lo zolfo elementare (S0) a solfuro di idrogeno con la contemporanea ossidazione di due molecole di glucosio. Il principale prodotto di questa glicolisi è il lattato, come si evince dalla seguente reazione:

2 C6H12O6 + 6 S0 + 3 H2O → 3 C3H6O3 + 6 H2S + 3 CO2

Il solfuro di idrogeno viene prodotto per circa il 90% attraverso tale via glicolitica, mentre per circa il 10% viene prodotto dal fosfogluconato avvalendosi come substrati del NADH o del NADPH. Infine, il gas trasmettitore può essere anche prodotto dalla riduzione diretta

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4 del glutatione (GSH); il glutatione ossidato (GSSG) a sua volta viene ridotto dal NAD+ o dal NADP+ per essere utilizzato in un nuovo ciclo [Wu D. et al., 2015]. La sua produzione endogena enzimatica, invece, è assicurata da quattro differenti enzimi, ampiamente espressi nei tessuti dei mammiferi, ma con una diversa distribuzione [Martelli A. et al., 2020]. Una prima via attribuisce la produzione enzimatica di H2S a due enzimi citosolici piridossale-5’-fosfato-dipendenti, ossia la cistationina β-sintasi (CBS) e la cistationina γ-liasi (CSE). Oltre a questa via, la biosintesi di H2S vede coinvolti anche altri due enzimi: la 3-mercaptopiruvato sulfotransferasi (3-MST) e la cisteina aminotransferasi (CAT) [Citi V. et al., 2020], che agiscono in presenza di α-chetoglutarato [Wu D. et al., 2015].

Come già accennato la distribuzione di tali enzimi nei diversi tessuti non è omogenea. Ad esempio si ritiene che la CBS sia espressa prevalentemente nel sistema nervoso centrale e scarsamente a livello cardiovascolare, dove, invece, potrebbe essere indotta solamente in condizioni particolari [Robert K. et al., 2003]. Al contrario, la CSE si pensa sia l’enzima principalmente coinvolto nella produzione del solfuro di idrogeno a livello del sistema cardiovascolare [Ishii I. et al., 2004]. Sebbene in un primo momento era stato dimostrato che la CSE fosse espressa nelle cellule della muscolatura liscia vascolare, ulteriori studi immunoistochimici hanno dimostrato che tale enzima in realtà è localizzato principalmente nelle cellule endoteliali vascolari [Calderone V. et al., 2016]. La 3-MST e la CAT, originariamente considerati solamente degli enzimi mitocondriali, sono espressi anche a livello citosolico [Kimura H., 2011].

Nelle cellule animali il solfuro di idrogeno può essere prodotto attraverso quattro diverse vie biosintetiche, ciascuna delle quali richiede la partecipazione di determinati catalizzatori biologici. Nella prima via biosintetica l’amminoacido L-cisteina viene idrolizzato dall’enzima CBS con la formazione equimolare di L-serina e H2S (schema 1) [Porter P. et al., 1974]:

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5 La seconda via biosintetica prevede che due molecole di L-cisteina dimerizzino formando L-cistina, che a sua volta viene scissa in tiocisteina, piruvato e ammoniaca attraverso una reazione catalizzata dall’enzima cistationina γ-liasi (CSE). La tiocisteina formata può essere coinvolta in due differenti processi: un processo non enzimatico, che porta alla formazione di L-cisteina e solfuro di idrogeno [Cavallini D. et al., 1962] e un processo enzimatico CSE-dipendente, che prevede l’addizione di un composto tiolico R-SH, come cisteina o glutatione, dando come prodotti finali della reazione H2S e CysS-R (schema 2) [Stipanuk M.H. et al., 1982; Yamanishi T. et al., 1981]. Nella terza via biosintetica avviene la reazione tra la L-cisteina e l’α-chetoglutarato con il coinvolgimento dell’enzima cisteina aminotransferasi (CAT). I prodotti della reazione sono il 3-mercaptopiruvato e l’L-glutammato; il primo prodotto può subire desolforazione ad opera dell’enzima 3-mercaptopiruvato sulfotransferasi (3- MST) ed essere convertito in piruvato e idrogeno solforato [Shibuya N. et al., 2009; Kuo S.M. et al., 1983]. In alternativa, se sono disponibili gli ioni solfito (SO32-) il 3-mercaptopiruvato può essere trasformato in piruvato e tiosolfato (S2O32-), il quale reagendo con il glutatione in forma ridotta (GSH) porta alla formazione di solfuro di idrogeno, acido solforoso (H2SO3) e glutatione in forma ossidata (GSSG) (schema 3).

Schema 1: schema della prima via biosintetica dell’H2S

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6 Infine, nella quarta via biosintetica la L-cisteina e il solfito sono trasformati in L-cisteato e idrogeno solforato dall’enzima cisteina liasi (schema 4) [Li L. et al., 2009]. L’attività degli enzimi cistationina β-sintasi (CBS) e cistationina γ-liasi (CSE) è regolata da alcuni fattori sia endogeni sia esogeni. Nel sistema nervoso centrale l’attività di CBS è regolata dalla concentrazione degli ioni calcio (Ca2+) e dalla calmodulina. La biosintesi del solfuro di idrogeno CBS-dipendente è incrementata da fattori che portano ad un aumento del Ca2+ intracellulare, come gli agonisti dei recettori del glutammato, , ovvero il recettore N-metil-D-aspartato (NMDA) e il recettore α-amino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolopropionato (AMPA). Inoltre anche gli ormoni sessuali sembrerebbero essere coinvolti nella regolazione della produzione dell’idrogeno solforato CBS-dipendente: infatti, attraverso vari studi si è osservato che le concentrazioni di H2S sono più alte nei

Schema 4: schema della quarta via biosintetica dell’H2S

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7 ratti maschi rispetto alle femmine e inoltre si è vista una sua diminuzione nei ratti maschi castrati [Eto K. et al., 2002]. Il sodio nitroprussiato, donatore di ossido nitrico (NO), incrementa l’attività dell’enzima CBS in vitro e questo effetto è dovuto alla modifica chimica del gruppo cisteinico dell’enzima stesso [Eto K. et al., 2002]; al contrario, l’ossido d’azoto, come tale, è in grado di inattivare la CBS [Puranik M. et al., 2006; Taoka S. and Banerjee R., 2001].

Per quanto riguarda, invece, il sistema cardiovascolare, la biosintesi del solfuro di idrogeno CSE-dipendente viene aumentata grazie a molecole NO donors attraverso un meccanismo cGMP dipendente [Zhao W. et al., 2003].

1.1.3 Catabolismo dell’H

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L’idrogeno solforato deve essere smaltito molto rapidamente, in quanto il suo accumulo può provocare un’importante tossicità d’organo. In confronto alla sua biosintesi, il catabolismo di tale gas trasmettitore non è ancora ben chiaro e la maggior parte delle prove è stata ottenuta da vari studi condotti somministrando donatori di H2S [Cao X. et al., 2019].

Il solfuro di idrogeno si comporta come una specie riducente, che può essere facilmente ossidata da un’ampia varietà di agenti ossidanti circolanti [Whiteman M. et al., 2004; Whiteman M. et al., 2005; Chang L. et al., 2008].

Le vie cataboliche principali dell’idrogeno solforato sono tre, ossia ossidazione, metilazione ed un reazione che coinvolge la metaemoglobina.

La maggior parte del solfuro di idrogeno viene eliminato attraverso escrezione renale sotto forma di solfato. La prima reazione catabolica avviene a livello mitocondriale, dove H2S viene ossidato rapidamente a tiosolfato (S2O32-) per mezzo di una reazione non enzimatica connessa al trasporto di elettroni nella respirazione mitocondriale [Searcy DG., 1996]. Il tiosolfato viene poi trasformato in solfito (SO32-) e solfato (SO43-). La conversione del tiosolfato in solfito è catalizzata dall’enzima tiosolfato-cianuro sulfotransferasi (TST), che trasferisce l’atomo di zolfo dal tiosolfato all’anione cianuro (CN-) [Picton R. et al., 2002]; mentre, il solfito formatosi dalla reazione viene rapidamente ossidato a solfato grazie all’enzima solfito ossidasi (SO) [Goubern M. et al., 2007; Hildebrandt TM. et al., 2008]. Tuttavia, è bene notare che la concentrazione di solfato a livello delle urine non

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8 può essere utilizzata come un indicatore accurato del livello di H2S endogeno; infatti, il solfato nelle urine può derivare anche dall’ossidazione diretta della L-cisteina grazie all’azione della cisteina diossigenasi [Cao X. et al., 2019].

La seconda reazione catabolica avviene principalmente a livello citosolico e consiste nella metilazione del solfuro di idrogeno ad opera dell’enzima tiolo S-metiltransferasi (TSMT) a metantiolo (CH3-SH), che a sua volta può essere metilato a dimetilsolfito (CH3-S-CH3) [Furne J. et al., 2001].

Infine, l’ultima via catabolica coinvolge la sulfoemoglobina, prodotta dalla reazione del gas trasmettitore con la metaemoglobina [Lowicka E. et al., 2007]. Il prodotto di tale reazione può essere considerato come un biomarcatore della concentrazione plasmatica del solfuro di idrogeno [Kurzban GP. et al., 1999].

1.1.4 Meccanismo di rilascio dell’H

2

S

Per il solfuro di idrogeno si conoscono due diversi meccanismi di rilascio; infatti, il gas trasmettitore può essere rilasciato subito dopo la sua produzione da parte degli enzimi specifici per questa funzione, oppure dopo essere stato sintetizzato, può essere immagazzinato ed essere rilasciato al bisogno in risposta a stimoli fisiologici.

Nelle cellule sono state individuate due forme di riserva di zolfo [Ogasawara Y. et al., 1993; Toohey JI., 1989]. La prima riserva è quella dello zolfo acido-labile, che rilascia H2S

Figura 3: schema delle tre vie cataboliche dell’H2S che avvengono a livello dei vari distretti dell’organismo.

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9 in condizioni di pH acido; altrimenti l’altra forma di deposito prende il nome di “Bound sulfane sulfur”, che, invece, rilascia H2S in condizioni riduttive [Ogasawara Y. et al., 1994]. Lo zolfo acido-labile è quello presente nel complesso ferro-zolfo, che gioca un ruolo fondamentale in molte reazioni ossido-riduttive negli enzimi coinvolti nella catena respiratoria mitocondriale. L’idrogeno solforato viene rilasciato dallo zolfo acido-labile a un valore di pH di circa 5,4 [Ishigami M. et al., 2009]; poiché il pH mitocondriale è intorno a 7-8, questo significa che H2S non può essere rilasciato in condizioni di pH fisiologico.

1.1.5 Meccanismi dell’azione biologica dell’H

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Come ormai ampiamente dimostrato, concentrazioni relativamente alte di solfuro di idrogeno (circa 50 µM) interferiscono con l’attività della catena respiratoria mitocondriale, provocando un’inibizione non competitiva del complesso IV, ovvero la citocromo C ossidasi [Nicholls P. and Kim JK., 1982; Volkel S. and Grieshaber MK., 1996]. Al contrario, minori concentrazioni del gas trasmettitore (circa 20 µM) si comportano da donatori di elettroni a livello dell’ubichinone nella catena di trasporto, in modo tale da stimolare la fosforilazione ossidativa ed aumentare la sintesi di ATP (figura 4) [Goubern M. et al., 2007]. Figura 4: Catena di trasporto degli elettroni: alte concentrazioni di H2S causano l’inibizione del complesso IV, mentre concentrazioni minori stimolano la fosforilazione ossidativa a livello del coenzima Q (o ubichinone) [Pun PB. et al., 2010].

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10 Pertanto la “dicotomia” relativa alle azioni biologiche dell’idrogeno solforato ad alte e basse concentrazioni, fenomeno chiamato ormesi, suggerisce l’esistenza di un livello soglia dello stesso gas, oltre il quale gli effetti benefici vengono sostituiti da effetti citotossici con la conseguente morte cellulare [Pun PB. et al., 2010]. A differenza del monossido di azoto (NO), altro gas trasmettitore, il solfuro di idrogeno non sembra agire esclusivamente attraverso un meccanismo mediato da nucleotidi ciclici intracellulari; anzi, si pensa che il suo effetto sia correlato principalmente all’interazione diretta con una vasta quantità di sistemi redox. Infatti, H2S è un potente agente riducente, che viene consumato da numerosi agenti ossidanti endogeni quali perossinitrito (ONOO-), anione superossido (O2-), anione ipoclorito (ClO-) e perossido di idrogeno (H2O2) [Filipovic MR. et al., 2012A; Jones CM. et al., 2002; Carballal S. et al., 2011; Mitsuhashi H. et al., 2005], le quali molecole andrebbero a danneggiare proteine e lipidi [Whiteman M. et al., 2004; Whiteman M. et al., 2005]. L’idrogeno solforato è anche in grado di interagire con gli S-nitrosotioli per formare acido tionitroso (HSNO), i cui metaboliti NO, NO- e NO+ svolgono importanti funzioni a livello fisiologico [Filipovic MR. et al., 2012B; Zhao Y. et al., 2014]. Un altro meccanismo di azione del gas trasmettitore consiste nel poter formare con i residui cisteinici di specifiche proteine attraverso reazioni di S-sulfidrilazione, [Paulsen CE. and Carrol KS., 2013; Pan J. and Carrol KS., 2013; Zhang D. et al., 2014] gruppi S-SH altamente reattivi in grado di alterare le funzioni di numerosi enzimi, canali ionici e recettori [Toohey JI., 1989].

A livello intracellulare si ha un altro ruolo citoprotettivo non specifico dell’H2S; infatti, il solfuro di idrogeno sopprime la produzione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), riduce l’espressione della proteina caspasi-3, coinvolta nei processi apoptotici, previene la diminuzione del glutatione (GSH), tripeptide avente proprietà antiossidanti deputato alla neutralizzazione endogena di svariate specie dannose, e previene anche la caduta del potenziale di membrana mitocondriale nei cardiomiociti di ratto [Chen SL. et al.,2010]. Oltre a questi meccanismi di azione aspecifici, l’idrogeno solforato esplica i suoi effetti biologici interagendo anche con determinati target molecolari, tra cui i canali al potassio ATP-dipendenti (KATP) [Zhao W. et al., 2001], largamente implicati nella regolazione della funzionalità cellulare pancreatica, miocardica, scheletrica e muscolare liscia. Infine, il gas

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11 trasmettitore è in grado di stimolare sottotipi dei canali al potassio attivati dal calcio (KCa) e alcuni canali al potassio voltaggio dipendenti (KV) [Martelli A. et al., 2013A].

1.2 Ruolo di H

2

S a livello vascolare

L’idrogeno solforato agisce come un modulatore pleiotropico, andando ad influenzare la maggior parte dei distretti del nostro organismo [Wang R., 2012], anche se, come il monossido di azoto, gioca un ruolo fondamentale a livello del sistema cardiovascolare. [Bucci M. et al., 2011; Li L. et al., 2009; Yang G. et al., 2015]. Il solfuro di idrogeno provoca una risposta vasorilasciante a livello della muscolatura liscia vascolare e questa azione è stata osservata non solo nei grandi vasi, come l’aorta di ratto e la vena porta [Hosoki R. et al., 1997], ma con la stessa potenza anche nei vasi periferici, dove svolge un ruolo cardine nella regolazione della resistenza vascolare e della pressione sanguigna [Cheng Y. et al., 2004]. La vasodilatazione mediata dall’H2S iniziale è stata attribuita all’attivazione dei canali al potassio ATP-dipendenti (KATP) delle cellule muscolari lisce vascolari [Zhao W. et al., 2001]. Più recentemente è stato dimostrato che l’idrogeno solforato svolge anche un’azione come attivatore dei canali al potassio voltaggio-dipendenti (KV7); questa ipotesi è stata avvalorata prima per mezzo di studi condotti su vasi di roditori [Schleifenbaum J. et al., 2010] e poi definitivamente mediante studi elettrofisiologici e approcci funzionali su cellule di muscolatura liscia vascolare murine e umane [Martelli A. et al., 2013A]. A livello cardiaco si ha una produzione endogena di solfuro di idrogeno, che va a regolare la funzionalità miocardica; infatti, il gas trasmettitore è in grado di ridurre l’inotropismo cardiaco e proteggere dal danno da riperfusione e da quello causato da ipossia tissutale, che possono verificarsi in seguito a episodi ischemici [Calderone V. et al., 2016]. L’azione cardioprotettiva del solfuro di idrogeno si esplica attraverso il precondizionamento ischemico (IPC), fenomeno secondo il quale un cuore sottoposto a piccoli episodi ischemici sia meno sensibile allo sviluppo di ischemie più gravi. Alla base dell’IPC vi è proprio l’attivazione dei canali KATP, soprattutto quelli localizzati nella membrana interna dei mitocondri [O’Rourke B., 2000].

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12 Inoltre, l’idrogeno solforato svolge la sua azione cardioprotettiva anche attraverso meccanismi antiapoptotici mediante l’attivazione di vie di trasduzione del segnale come PI3K/Akt, PKC e ERK 1-2 [Calvert JW. et al., 2009].

Un altro meccanismo, attraverso il quale il solfuro di idrogeno provoca vasorilasciamento, è l’inibizione della fosfodiesterasi 5 (PDE5) con la conseguente riduzione della degradazione del cGMP a livello delle cellule muscolari lisce vascolari [Bucci M. et al., 2010].

1.2.1 Effetti dell’H

2

S sui canali ionici K

ATP

I canali KATP sono stati così chiamati proprio perché la loro apertura è regolata dalle variazioni della concentrazione intracellulare di ATP. Tali canali sono stati identificati in molti tessuti, tra cui il cuore, le cellule muscolari lisce vascolari, le cellule β del pancreas e le cellule neuronali [Nichols CG., 2006].

I canali KATP sono complessi etero-ottamerici, costituiti da due differenti subunità proteiche transmembrana: quattro canali al potassio formanti il poro, appartenenti alla famiglia delle proteine Kir sottofamiglia 6 (Kir6), ciascuna associata ad una proteina regolatoria SUR (recettori per la sulfanilurea) [Miki T. and Seino S., 2005; Bryan J. et al., 2004]. Esistono molte isoforme, in cui diverse subunità Kir e SUR si combinano in vario modo per dar luogo a canali KATP, che differiscono tra loro per la localizzazione e la sensibilità farmacologica. Generalmente, i canali cardiaci risultano formati dalla combinazione delle proteine Kir6.2 e SUR2A, mentre nelle cellule muscolari lisce vascolari questi originano dall’associazione delle proteine Kir6.1 e SUR2B.

Il canale KATP serve a mantenere il metabolismo energetico adeguato e la funzionalità di una cellula e quindi rappresenta un meccanismo di sicurezza per evitare che la cellula stessa vada incontro a un esaurimento delle scorte energetiche; infatti questa tipologia di canale accoppia l’attività elettrica della cellula con il suo stato metabolico. Elevate concentrazioni intracellulari di ATP rappresentano il principale fattore inibitorio nei confronti dell’attivazione del canale. Viceversa, in condizioni di metabolismo energetico ridotto, ovvero quando la cellula consuma ATP per cui aumentano i livelli di ADP, si ha l’apertura del canale KATP e ciò determina la fuoriuscita degli ioni potassio (K+) e la conseguente iperpolarizzazione di membrana, che sulla muscolatura liscia dei vasi si

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13 traduce in vasorilasciamento [Nichols CG., 2006; Miki T. and Seino S., 2005; Bryan J. et al., 2004].

Il solfuro di idrogeno attiva questi canali mediante una reazione di S-sulfidrilazione dei residui di cisteina ed il sito di interazione è localizzato sulla subunità SUR a livello della porzione N-terminale extracellulare [Jiang B. et al., 2009].

1.2.2 Effetti dell’H

2

S sui canali ionici BK

L’azione dell’idrogeno solforato si esplica anche a livello dei canali al potassio Ca2+dipendenti (KCa). Questi canali sono stati classificati in base al tipo di conduttanza in tre diversi tipi: i canali SK (small conductance, 2-25 pS), i canali IK (intermediate conductance, 25-100 pS) e, infine, i canali BK (big conductance, 100-300 pS) [Martelli A. et al., 2012]. Tra queste tre diverse tipologie, il canale BK sembra essere il più promettente grazie all’influenza esercitata sul potenziale di membrana dalla sua elevata conduttanza. I canali BK sono caratterizzati dal possedere un duplice meccanismo di attivazione: possono essere regolati attraverso l’aumento delle concentrazioni di calcio intracellulare oppure attraverso il potenziale di membrana e questi eventi si verificano in maniera indipendente, ma al tempo stesso sinergica [Hoorigan FT. and Aldrich RW., 2002]. Questi canali hanno un importante ruolo biologico, in quanto sono coinvolti in una pletora di funzioni fisiologiche come la regolazione del tono vascolare [Eichhorn B. and Dobrev D.,

Figura 5: Struttura molecolare dei canali KATP

(19)

14 2007], la secrezione di ormoni [Brunton PJ. et al., 2007; Wang G. et al., 1992], il rilascio di neurotrasmettitori e la regolazione dell’attività elettrica cellulare [Calderone V., 2002; Salkoff L. et al., 2006]. Il solfuro di idrogeno ha dimostrato di essere capace di incrementare il rilascio di piccole concentrazioni di calcio da parte del reticolo endoplasmatico (RE) nelle cellule muscolari lisce vascolari. Agendo a livello endoteliale, infatti, il gas trasmettitore attiva i canali BK, che stimolano il rilascio degli ioni Ca2+ dal reticolo endoplasmatico, che a sua volta va a stimolare i canali BK presenti sulle cellule muscolari lisce vascolari provocando vasodilatazione. Questa azione del gas trasmettitore viene persa quando l’endotelio non è integro [Jackson-Weaver et al., 2013].

1.2.3 Effetti dell’H

2

S sui canali ionici K

V

7

Recentemente è stato dimostrato che il solfuro di idrogeno è in grado di indurre un’azione vasorilasciante sulle cellule muscolari lisce vascolari attraverso l’attivazione dei canali al potassio KV7 voltaggio-dipendenti, fondamentali nella stabilizzazione del potenziale di membrana [Robbins J., 2001]. Questa azione di H2S è stata ipotizzata in un primo momento grazie a studi funzionali condotti su vasi di roditori [ Schleifenbaum J. et al., 2010] e poi definitivamente attraverso esperimenti ex vivo su anelli di aorta di ratto privati dell’endotelio, con cui è stato possibile evidenziare che bloccanti selettivi di tali canali, come XE991, sono in grado di ridurre drasticamente la dilatazione indotta dal gas trasmettitore stesso [Martelli A. et al., 2013A]. I canali KV7 sono costituiti da quattro

subunità alfa, contenenti ciascuna sei domini transmembrana ad α-elica (S1-S6) ed un P-Figura 6: Struttura molecolare dei canali BK

(20)

15 loop (S5-S6), disposti in maniera circolare intorno ad un poro centrale come omotetrameri o eterotetrameri [Del Camino D. et al., 2005; Del Camino D. and Yellen G., 2002; Swartz KJ., 2004]. Il dominio del poro presenta una struttura che funziona da cancello, regolando l’ingresso degli ioni, ed è costituita da un fascio di α-eliche che si dispongono a chiudere il canale e che corrispondono al dominio S6 [Doyle DA. et al., 1998; Holmgren M. et al., 1998]. Attualmente si conoscono cinque diversi sottotipi di canali KV7, ognuno dei quali presenta una diversa e peculiare distribuzione a livello dei tessuti dell’organismo [Soldovieri MV. et al., 2011]: i canali KV7.1 sono espressi principalmente a livello cardiaco [Saarinen K. et al., 1998; Wang HS. et al., 2000], i sottotipi Kv7.2 e KV7.3 sono espressi ampiamente a livello neuronale, i canali KV7.4 e Kv7.5 sono espressi in maniera predominante a livello della muscolatura liscia vascolare [Greenwood IA. and Ohya S., 2009]. I canali KV7 sono regolati dalle variazioni del potenziale di membrana; quelli presenti nelle cellule della muscolatura liscia vascolare si attivano intorno a -60 mV e mantengono un valore di potenziale lontano dalla soglia di attivazione dei canali del calcio voltaggio-dipendenti, che invece, è intorno a -40 mV [Mani BK. and Byron KL., 2011]. Questi canali, infatti, vengono attivati in seguito ad una depolarizzazione e rappresentano un sistema di contrasto dell’eccitabilità cellulare. Una volta aperto il canale, si ha la migrazione verso l’esterno degli ioni K+ e ciò induce iperpolarizzazione della membrana cellulare, che nella muscolatura liscia vascolare si traduce in vasorilasciamento [Stott JB. et al., 2015; Martelli A. et al., 2013]. L’abilità di questi canali di influenzare il comportamento della muscolatura liscia vascolare ha permesso di studiare nuovi target nel trattamento delle patologie connesse a questo distretto.

Il meccanismo ipotizzato per cui i canali KV7 provocano vasorilasciamento vede come protagonista una proteina G. Infatti, la stimolazione di una proteina GS mediante l’aumento del cAMP porta all’attivazione della fosfochinasi A (PKA), la quale a sua volta va ad aprire, mediante fosforilazione, il canale KV7 [Chadha PS. et al., 2012; Khanamiri S. et al., 2013]. Al contrario, il coinvolgimento di una proteina Gq causa l’inibizione del canale KV7 per mezzo di una via mediata dalla proteina chinasi C (PKC).

(21)

16

1.2.4 Azione dell’H

2

S nel sistema cardiovascolare

In accordo con i suoi effetti vascolari, la carenza di solfuro di idrogeno può essere coinvolta nella patogenesi dell’ipertensione. Infatti, l’espressione/attività dell’enzima cistationina γ-liasi (CSE) si riduce spontaneamente nei ratti ipertesi, pertanto l’idrogeno solforato in condizioni fisiologiche gioca un ruolo fondamentale nella regolazione del tono vascolare e la sua produzione può risultare ridotta in alcuni tipi di ipertensione [Yan H. et al., 2004]. In aggiunta all’effetto vasorilasciante, il gastrasmettitore esplica anche altre importanti azioni a livello del sistema cardiovascolare. Ad esempio, è un regolatore chiave nella protezione dell’endotelio vascolare e nel ritardare l’insorgenza delle disfunzioni endoteliali connesse a varie condizioni, tra cui diabete, età, aterosclerosi e non solo [Wang R. et al., 2015]. Il solfuro di idrogeno a livello fisiologico determina l’inibizione dell’aggregazione e dell’adesione piastrinica [Zagli G. et al., 2007], ha un effetto anti-aterogenico riducendo il progredire delle placche aterosclerotiche [Qiao W. et al., 2010], inibisce il rimodellamento vascolare, inibisce i fenomeni di iperplasia e iperproliferazione della muscolatura liscia vascolare attraverso la via delle MAP-chinasi (MAPK) [Wang Y. et al., 2009] e riduce anche l’infiammazione vascolare [Altaany Z. et al., 2014; Zanardo RC. Et al., 2006]. A livello cardiaco l’idrogeno solforato è sintetizzato in modo endogeno e svolge un ruolo fondamentale nel regolare la funzionalità miocardica; in particolare ha lievi effetti

Figura 7: Meccanismo molecolare di attivazione e inibizione dei canali KV7

(22)

17 inotropi negativi ed esplica funzioni cardioprotettive contro le lesioni dovute a ischemia o riperfusione o danni da ipossia. Questi effetti, come già visto, sono mediati dall’attivazione dei canali KATP [Geng B. et al., 2004]. Infine, il solfuro di idrogeno gioca un importante ruolo come mediatore del “precondizionamento ischemico”.

1.3 H

2

S Donors

Tenendo conto delle attuali conoscenze relative alle azioni fisiopatologiche del solfuro di idrogeno endogeno in molti sistemi, in particolare a livello del sistema cardiovascolare, l’interesse della ricerca scientifica si è spostato verso la scoperta di molecole in grado di rilasciare H2S. Infatti, la somministrazione del gas trasmettitore gassoso è fortemente limitata a causa della difficoltà nel garantire un accurato controllo posologico e del rischio di sovraddosaggio, che porterebbe a tragiche conseguenze dovute alla sua elevata tossicità [Martelli A. et al., 2010]. Per questo motivo, l’utilizzo di molecole H2S donors attualmente sembra essere la strategia migliore e più conveniente per poter sfruttare gli effetti benefici del gas trasmettitore stesso [Reiffestein RJ. et al., 1992]. I composti capaci di rilasciare l’idrogeno solforato possono essere suddivisi in tre diverse classi: sali di solfuro, derivati di origine naturale e composti di origine sintetica [Caliendo G. et al., 2010].

1.3.1 Sali di solfuro

Come già descritto, a pH fisiologico le specie H2S e HS- coesistono ed entrambe contribuiscono alle azioni biologiche del gas trasmettitore [Hughes MN. et al., 2009]. Per questo motivo i sali derivati dall’anione HS- e dall’anione solfuro possono essere considerati effettivamente come composti in grado di generare solfuro di idrogeno dopo la loro protonazione in ambiente acquoso. Tra questi sali inorganici l’idrosolfuro di sodio (NaHS) è il più utilizzato soprattutto in ambito sperimentale, dato il suo basso costo e grazie al fatto che è in grado di rilasciare rapidamente H2S; al contrario, si presta male all’applicazione clinica, in quanto il repentino e massiccio rilascio dell’idrogeno solforato causa importanti effetti avversi, come l’eccessiva diminuzione della pressione sanguigna.

(23)

18 Perciò sono stati proposti in alternativa al NaHS altri sali inorganici, come il solfuro di calcio (CaS) [Li YF. et al., 2009], ma in realtà la velocità ed il meccanismo di rilascio del solfuro di idrogeno da parte delle due molecole sono pressoché gli stessi. I donatori di solfuro di idrogeno ideali per un utilizzo clinico dovrebbero produrre H2S con una cinetica lenta e costante nel tempo [Caliendo G. et al., 2010]; questa proprietà è stata osservata in diverse molecole sia di origine naturale e sia di origine sintetica.

1.3.2 H

2

S donor di origine naturale

1.3.2.1 Composti derivati da Allium sativum L.

L’aglio (Allium sativum L.) è conosciuto anche a livello di tradizione popolare per i suoi effetti benefici a carico del sistema cardiovascolare; il suo consumo alimentare è associato a un’importante riduzione di fattori di rischio, quali stress ossidativo, ipertensione, ipercolesterolemia e aggregazione piastrinica [Banerjee SK. and Maulik SK., 2002]. Soltanto recentemente, però, è stato dimostrato il suo meccanismo d’azione grazie a evidenze sperimentali ottenute utilizzando polisolfuri organici derivati dall’aglio, generalmente abbondanti nella famiglia botanica delle Alliaceae.

L’alliina è un amminoacido solforato riccamente presente nell’aglio; quando la cresta dell’aglio viene rotta o masticata viene emanato il tipico odore pungente dovuto alla liberazione dei polisolfuri allilici. L’alliina rilasciata interagisce con l’enzima allinasi presente nei vacuoli cellulari e viene convertita in diallil tiosulfinato, meglio conosciuto come allicina. Figura 8: schema della trasformazione dell’alliina in allicina ad opera dell’enzima allinasi in seguito alla frantumazione del bulbo dell’aglio

(24)

19 L’allicina è un intermedio di reazione instabile, infatti decompone rapidamente in vari composti organo-solforici più stabili, come il diallil disolfuro (DADS) e il diallil trisolfuro (DATS) [Amagase H., 2006].

Questi polisolfuri sono H2S donors e rilasciano il gas trasmettitore con un meccanismo abbastanza lento, che richiede la presenza di gruppi tiolici endogeni, come ad esempio il glutatione ridotto (GSH).

Il GSH può interagire con i polisolfuri organici attraverso una reazione di scambio tiolo/disolfuro (Figura 10, via A); tuttavia questa reazione di per sé non porta alla generazione dell’idrogeno solforato [Benavides GA. et al., 2007]. La presenza di sostituenti allilici nei polisolfuri contenuti nelle Alliaceae facilita altre reazioni GSH-dipendenti, che portano alla produzione di H2S. Il glutatione, infatti, può agire come nucleofilo attuando una sostituzione sul carbonio in alfa al gruppo allilico; questa via ad esempio nel diallil disolfuro porta alla formazione di S-allil glutatione e allil pertiolo (Figura 10, via B) [Germain E. et al., 2003]. A sua volta l’allil pertiolo può subire diversi destini attraverso specifiche vie enzimatiche [Steudel R. and Albersten A., 1992; Rohwerder T. and Sand W., 2003; Chatterji T. and Gates KS., 2003; Munchberg U. et al., 2007]: 1. Uno scambio tiolo/disolfuro con GSH, che porta alla formazione di allil glutatione disolfuro e solfuro di idrogeno (Figura 10, via C) 2. Una sostituzione nucleofila da parte del GSH sul carbonio α, che porta, invece, alla formazione di S-allil glutatione e H2Ss (Figura 10, via D), che a sua volta può reagire con il GSH per produrre GSSH e idrogeno solforato (Figura 10, via E). Figura 9: Struttura chimica dei polisolfuri organici derivati dall’aglio in grado di rilasciare H2S

(25)

20 Inoltre, anche l’allil glutatione disolfuro, derivante dai percorsi A e C, può subire una sostituzione nucleofila sempre da parte del GSH sul carbonio α (Figura 10, via F) dando come prodotti S-allil glutatione e GSSH, che viene convertito a sua volta in glutatione ossidato (GSSG) e H2S mediante una reazione di scambio tiolo/disolfuro [Figura 10, via G].

Il meccanismo di rilascio dell’idrogeno solforato da parte di questi composti appena descritti è dipendente dalla presenza del glutatione ridotto; quindi, le loro proprietà benefiche si esplicano soltanto quando le riserve di GSH sono integre. In accordo con le loro proprietà farmacologiche e con le modalità di rilascio di H2S, sia il diallil disolfuro sia il diallil trisolfuro, entrambi somministrati ad una concentrazione di 100 µM, hanno prodotto un significativo vasorilasciamento non endotelio-dipendente su anelli di aorta toracica di ratto precontratti con fenilefrina [Benavides GA. et al., 2007], dando così una valida evidenza alle presunte capacità degli estratti di aglio di rilasciare la muscolatura liscia vascolare.

1.3.2.2 Isotiocianati di origine naturale

Recentemente si è accresciuto l’interesse per gli isotiocianati, molecole di origine naturale, che derivano dal metabolismo dei glucosinolati ad opera delle mirosinasi. Gli isotiocianati sono metaboliti secondari prodotti da molte piante principalmente

(26)

21 appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae; questa grande famiglia botanica comprende numerose specie commestibili, come ad esempio broccoli (Brassica oleracea L.), rucola (Eruca sativa Mill.), senape nera (Brassica nigra L.). Le piante di questa famiglia si sono rivelate un’importante fonte di molecole in grado di avere un’attività come H2S donors: gli isotiocianati, infatti, mostrano significativi effetti sulla muscolatura liscia vascolare, determinando un vasorilasciamento dovuto all’apertura dei canali al potassio ATP-dipendenti (KATP) e voltaggio dipendenti (KV7) [Martelli A. et al., 2013].

La possibile attività H2S donors degli isotiocianati naturali, come allil isotiocianato (AITC, abbondantemente presente nella Brassica nigra L.), benzil isotiocianato (BITC, contenuto nel crescione, Lepidium sativum L.), 4-idrossibenzil isotiocianato (HBITC, presente nella senape bianca, Sinapis alba L.) ed erucina (ERU, presente in diverse specie, tra cui Eruca sativa Mill. e Eruca vesicaria L.), è stata valutata avvalendosi di metodi amperometrici. In particolare, AITC e HBITC hanno mostrato un incremento nel rilascio del solfuro di idrogeno in presenza di L-cisteina, mentre ERU e BITC si sono rivelati H2S donors più blandi. [Citi V. et al., 2014]. Sebbene gli effetti benefici nei confronti di molte patologie attribuiti agli isotiocianati siano ampiamente discussi in letteratura [Dinkova-Kostova AT. and Kostov RV., 2012], il meccanismo d’azione esatto rimane ancora sconosciuto.

1.3.2.3 Erucina

L’isotiocianato naturale erucina (ERU; 1-isotiocianato-4-metiltio-butano) deriva dall’idrolisi ad opera dell’enzima mirosinasi del glucosinolato glucoerucina, isolato per la prima volta dai semi di Eruca sativa Mill. nel 1970. Erucina viene anche sintetizzata nel

(27)

22 corpo umano dopo la biotrasformazione del sulforafano (SFN), un altro isotiocianato naturale contenuto ampiamente nei broccoli (Brassica oleracea L.), mediante la riduzione dell’atomo di zolfo [Melchini A. and Traka MH., 2010].

Ad oggi gli studi sperimentali su erucina si sono focalizzati in particolar modo sulle sue proprietà antitumorali e quindi sul suo possibile futuro impiego in questo ambito. I meccanismi con cui questo isotiocianato esplica la sua attività antitumorale insorgono, però, utilizzandone elevate concentrazioni; pertanto, come verificato per altri isotiocianati, è possibile che a basse dosi erucina sia in grado di apportare effetti benefici a livello del sistema cardiovascolare. Questa ipotesi, infatti, è rafforzata dal fatto che il sulforafano a basse concentrazioni protegge la muscolatura liscia vascolare e le cellule endoteliali dallo stress ossidativo [Jackson SJ. et al., 2007; Zhu H. et al., 2008].

Erucina, infatti, ha mostrato un rilascio di idrogeno solforato lento e di lunga durata. Attraverso l’utilizzo di una sonda fluorescente (WSP-1) altamente selettiva per il solfuro di idrogeno è stato possibile dimostrare come erucina sia in grado di rilasciare il gastrasmettitore in cellule di muscolatura liscia di aorta umana (HASMC). Inoltre è stato valutato anche l’effetto iperpolarizzante di erucina concentrazione-dipendente su HASMC

(28)

23 pre-incubate con la sonda fluorescente DiBac(4)3. Questo isotiocianato naturale è capace di indurre vasodilatazione su anelli di aorta di ratto privati dell’endotelio e questo effetto risulta migliorato ancora di più dalla presenza di NO endoteliale. Oltre all’effetto vasorilasciante diretto, erucina ha dimostrato anche di essere in grado di inibire la vasocostrizione indotta dalla noradrenalina (NA) sempre su anelli di aorta di ratto. Infine, è stato evidenziato come erucina in vivo riduca la pressione arteriosa sistolica in ratti spontaneamente ipertesi (SHR), riportando i valori della pressione arteriosa a quella dei ratti normotesi. Per questi motivi erucina è un H2S donor dotato di importanti effetti vasorilascianti e antiipertensivi. [Martelli A. et al., 2020].

1.3.3 H

2

S donors di origine sintetica

1.3.3.1 Derivati del reattivo di Lawesson

Oltre ai composti di origine naturale appena visti, in letteratura sono descritti anche derivati di sintesi con proprietà di H2S donors.

Il reagente di Lawesson, un composto sulfidrato organofosforico, è generalmente utilizzato in chimica organica per le reazioni di tionazione dei gruppi carbonilici [Jesberger M. et al., 2003] e viene sintetizzato dal riscaldamento di una miscela di anisolo e pentasolfuro di fosforo [Lecher HZ. et al., 1956; Thomsen I. et al., 1984].

Come H2S donor questo composto esplica un’azione antiinfiammatoria ed è implicato anche nella regolazione dei canali ionici [Spiller F. et al., 2010; Wallace JL. et al., 2009]; ha dimostrato di velocizzare la cicatrizzazione di ulcere gastriche nei ratti e di proteggere la mucosa gastrica dai danni provocati dall’etanolo con un meccanismo analogo

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24 all’attivazione dei canali al potassio ATP-dipendenti (KATP) [Medeiros JV. et al., 2009]. Il rilascio dell’idrogeno solforato da parte del reagente di Lawesson si attua attraverso un’idrolisi spontanea in soluzione acquosa, un meccanismo difficile da controllare e questo insieme alla sua scarsa solubilità ne ha limitato l’impiego.

Per superare le problematiche connesse all’utilizzo del reattivo di Lawesson è stato impiegato un altro composto di sintesi, il fosfinoditioato derivato GYY4137 (morfolin-4-ium-4-metossifenil-morfolino-fosfinoditioato).

Questo composto, in passato utilizzato nel processo di vulcanizzazione della gomma, si comporta come un lento H2S donor, che rilascia il gas trasmettitore spontaneamente in soluzione acquosa a condizioni di pH e temperatura fisiologiche: in particolare il suo rilascio è fortemente potenziato da valori di pH acido, mentre diminuisce a basse temperature [Li L. et al., 2008]. Tuttavia, anche a pH fisiologico, il rilascio dell’idrogeno solforato a partire da GYY4137 è significativamente migliorato grazie alla presenza di tioli organici, come la L-cisteina [Martelli A. et al., 2013]. Per quanto riguarda gli effetti farmacologici, GYY4137 induce forti effetti vasorilascianti su anelli di aorta isolata di ratto precontratti con fenilefrina; bloccanti dei canali KATP, come glibenclamide, antagonizzano l’azione del composto. Inoltre, l’attività di questo derivato di sintesi non si limita solamente alla vasodilatazione dei vasi di grande calibro come l’aorta, ma agisce anche sui piccoli vasi di resistenza, come è stato evidenziato sulle arteriole renali di ratto [Li et al., 2008]. Gli effetti a livello del sistema cardiovascolare includono anche effetti antitrombotici mediante l’inibizione di un recettore della trombina [Grambow E. et al., 2014] ed effetti antiaterosclerotici in topi knockout per l’apolipoproteina E [Liu Z. et al., 2013]. Degno di nota è il fatto che NaHS ha mostrato una potenza vasorilasciante inferiore rispetto a GYY4137, suggerendo che la presenza a lungo termine di

(30)

25 concentrazioni inferiori di idrogeno solforato possa garantire effetti farmacologici migliori rispetto a picchi più elevati seguiti, però, da una rapida diminuzione. In accordo a quanto detto, GYY4137 evoca una lenta diminuzione della pressione sanguigna nei ratti ipertesi [Li L. et al., 2008]. Pertanto il fosfinoditioato derivato è stato uno dei composti pionieri tra i donatori lenti di H2S e al tempo stesso è visto come un modello assai utile per lo sviluppo di nuovi H2S donors [Whiteman M et al., 2015].

1.3.3.2 Altri H

2

S donors

Esistono, poi, altre molecole H2S donors, che ad oggi sono state sottovalutate e poco sviluppate. Tra queste, ad esempio, la tioglicina e la tiovalina sono due tioamminoacidi, che si comportano come donatori di idrogeno solforato controllabili. Il loro rilascio sembra essere correlato alla presenza di bicarbonato in condizioni di pH e temperatura fisiologiche [Zhou Z. et al., 2012]. Anche i composti N-mercapturici e i pertioli hanno mostrato attività come H2S donors; il rilascio del gas trasmettitore da parte di questi derivati è innescato dalla presenza di tioli organici, come la L-cisteina [Zhao Y. et al, 2011; Zhao Y. et al., 2013]. Recentemente sono stati proposti anche i gem-ditioli come donatori di solfuro di idrogeno. Questi composti presentano un’apprezzabile solubilità in acqua e sono caratterizzati da un lento rilascio di H2S, ancora una volta determinato dalla presenza di tioli organici [Zhao Y. et al., 2014].

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26 Altri validi H2S donors sono composti come ditioltioni e tioammidi; questi sono stati utilizzati in particolar modo per sintetizzare molecole ibride in grado di rilasciare solfuro di idrogeno [Martelli A. et al., 2012] e più esclusivamente come donatori del gas trasmettitore stesso. Un esempio è la 4-idrossi-benzotioammide (4-HBTA) che in soluzione acquosa mostra un debole rilascio di H2S, che aumenta, però, notevolmente in presenza di tioli organici [Martelli A. et al., 2013B]. Il 4-HBTA ha dimostrato di avere effetti vasorilascianti su anelli di aorta di ratto e di essere in grado di abbassare la pressione sanguigna sistolica nei ratti normotesi. In aggiunta a ciò ha dato prova di causare una iperpolarizzazione delle cellule vascolari lisce di aorta umana (HAMSC) attraverso il coinvolgimento dei canali al potassio. Quindi, la possibilità di ottenere attraverso semplici modifiche strutturali, una svariata serie di molecole in grado di rilasciare l’idrogeno solforato con cinetiche diverse ha reso la funzione tioammidica una preziosa risorsa per la sintesi di nuovi derivati H2S donors.

Altro composto di sintesi degno di nota è SG1002, una miscela di diverse molecole inorganiche, in cui la specie chimica prevalente è il cicloottasolfuro. Attraverso studi condotti su animali è stato possibile dimostrare che SG1002 presenta effetti cardioprotettivi in modelli murini di insufficienza cardiaca e ischemia acuta del miocardio [Kondo K. et al., 2013]. La somministrazione orale di questo composto ha provocato l’aumento delle concentrazioni di idrogeno solforato sia in soggetti sani sia in soggetti con insufficienza cardiaca [Polhemus DJ. et al., 2015]. Figura 16: Struttura chimica della 4-idrossibenziltioammide (4-HBTA), del ditioltione (DTT) e del composto SG1002

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27

1.3.3.3 Isotiocianati di origine sintetica

In aggiunta ai già citati isotiocianati di origine naturale, è possibile citare come classe di molecole H2S donors anche gli isotiocianati di sintesi. Tra questi degni di nota sono il fenilisotiocianato ed il 4-carbossi-fenil-isotiocianato (4-CPITC), due composti in grado di rilasciare l’idrogeno solforato lentamente in presenza di tioli organici, come L-cisteina. I loro effetti come H2S donors sono stati evidenziati prima attraverso studi amperometrici e spettrofotometrici e successivamente confermati mediante analisi gascromatografiche associate a spettrofotometria di massa. Per quanto riguarda gli effetti farmacologici, gli isotiocianati arilici evocano effetti vasorilascianti su anelli di aorta di ratto privati dell’endotelio; questo effetto è quasi completamente soppresso dall’incubazione con XE991, dimostrando il coinvolgimento nel meccanismo d’azione dei canali KV7 [Martelli A. et al., 2014]. Inoltre, l’attività del 4-CPITC è stata valutata anche su anelli di aorta di ratto non privati di endotelio e ciò ha permesso di osservare un effetto vasorilasciante maggiore. Utilizzando NaHS come standard di riferimento è stato verificato che gli arilisotiocianati sono in grado di causare una iperpolarizzazione delle cellule muscolari lisce di aorta umana (HAMSC), confermando ancora una volta il coinvolgimento dei canali KV7 [Martelli A. et al., 2014]. Pertanto, anche l’isotiocianato può essere visto come un gruppo farmacoforico semplice e al tempo stesso versatile, che può essere impiegato per progettare nuovi farmaci H2S donors. Figura 17: Struttura chimica degli arilisotiocianati di sintesi

(33)

28

1.3.3.4 Imminotioeteri

Gli imminotioeteri sono un gruppo funzionale che recentemente ha suscitato interesse per le sue proprietà come H2S donors. Uno studio condotto presso il laboratorio di farmacologia del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa ha comparato l’azione di questi composti con le ben note ariltioammidi [Barresi E. et al., 2017]. Attraverso studi amperometrici è stato possibile verificare la capacità degli imminotioeteri di rilasciare il solfuro di idrogeno, che risulta scarso in assenza di L-cisteina e più significativo in presenza di tioli organici. I risultati trovati tramite tali valutazioni amperometriche hanno permesso di scoprire due diverse cinetiche di rilascio del gas trasmettitore: una cinetica più veloce, caratterizzata da una produzione rapida e massiva del solfuro di idrogeno, seguita da una altrettanto rapida diminuzione, e una cinetica più lenta, distinta da un incremento del rilascio di H2S graduale nel tempo [Barresi E. et al., 2017]. Per la prima tipologia di cinetica è stato utilizzato come composto il feniltiofene-2-carbimmidotioato, mentre per la cinetica più lenta il benzil-4-metossibenzimmidotioato.

I composti appartenenti a questo gruppo funzionale hanno mostrato un effetto vasorilasciante quasi completo su anelli di aorta di ratto privati di endotelio e precontratti con KCl e hanno anche causato una significativa iperpolarizzazione di membrana sulle HAMSC.

1.3.4 H

2

S donors ibridi

Lo scopo di sviluppare farmaci ibridi in grado di rilasciare l’idrogeno solforato, ottenuti frequentemente attraverso la combinazione di molecole H2S donors con “vecchi” farmaci convenzionali già noti per il loro importante meccanismo d’azione e indicazione terapeutica, è quello di minimizzare i possibili effetti avversi dei principi attivi già

(34)

29 conosciuti e migliorarne il loro impiego terapeutico. Al momento sono ancora poche le porzioni molecolari che sono state coniugate a farmaci appartenenti a diverse classi farmacologiche [Beltowski J., 2015].

1.3.4.1 Farmaci antiinfiammatori non steroidei (NSAIDs)

I farmaci antiinfiammatori non steroidei (NSAIDs) sono attualmente una delle classi farmacologiche più utilizzate, nonostante la loro significativa gastrolesività. Il solfuro di idrogeno risulta utile nel ridurre questo effetto avverso ed esplica anche azioni ancillari, come la riduzione dello stress ossidativo. Proprio per questi motivi, sono stati sintetizzati numerosi NSAIDs in grado di rilasciare H2S, ottenuti attraverso l’unione di alcuni di questi principi attivi con il DTT (5-(4-idrossifenil)-3H-1,2-ditiolo-3-tione) [Wallace JL., 2007]. ACS14 è un’aspirina H2S donor, sintetizzata dalla coniugazione del DTT con acido acetilsalicilico. La somministrazione orale di questa aspirina modificata ha portato a una significativa riduzione dei prodotti della cicloossigenasi nel plasma; ha causato anche un abbassamento delle concentrazioni plasmatiche dell’8-isoprostano, un indicatore dello stress ossidativo, e ha migliorato i livelli di GSH in tutto il sistema cardiovascolare. Mentre una somministrazione orale cronica di acido acetilsalicilico provoca nei ratti serie emorragie, questo effetto non si riscontra negli animali trattati con ACS14 e ciò sta ad indicare che tale molecola è dotata di un migliore profilo gastrico [Sparatore A. et al., 2009].

Sono stati individuati anche due farmaci ibridi derivati dal naprossene, 345 e ATB-436, ottenuti attraverso l’unione rispettivamente con DTT e 4-HBTA. Entrambi questi derivati hanno mostrato effetti antiinfiammatori paragonabili a quelli del naprossene stesso, ma con un profilo gastrico assai migliorato [Wallace JL. et al., 2010].

Infine, è stato descritto anche un analogo del diclofenac in grado di rilasciare idrogeno solforato. Rispetto al diclofenac questo ibrido ha esibito un maggior effetto antiinfiammatorio e una diminuzione della gastrolesività senza, però, influenzare i valori dell’ematocrito [Wallace JL. et al., 2007].

(35)

30

1.3.4.2 Sartani H

2

S donors

Il solfuro di idrogeno gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’omeostasi cardiovascolare, pertanto non è sorprendente che farmaci ibridi H2S donors siano stati sintetizzati per migliorare il profilo farmacologico di medicinali impiegati nel trattamento delle più comuni malattie cardiovascolari, come l’ipertensione [Martelli A. et al., 2012]. I sartani sono farmaci comunemente utilizzati nei pazienti ipertesi: agiscono sull’ultimo step del sistema renina-angiotensina, essendo antagonisti dei recettori AT1 dell’angiotensina II. Questi principi attivi non sono direttamente connessi all’azione vasorilasciante sulle cellule muscolari lisce vascolari o all’azione antiaggregante piastrinica, ma la loro attività farmacologica può essere sfruttata per migliorare e potenziare gli effetti antiipertensivi oppure per minimizzare i fattori di rischio connessi ad elevati valori della pressione sanguigna. Grazie a queste considerazioni, alcuni sartani sono stati coniugati con DTT in modo da ottenere derivati con attività di H2S donors [Sparatore A. et al., 2008]. Per questi ibridi ci si aspetta che gli effetti antiipertensivi,

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31 dovuti all’aumento dell’antagonismo sui recettori AT1, siano correlati anche all’azione vasorilasciante, all’azione antiaggregante piastrinica e all’effetto cardioprotettivo, provocati dal solfuro di idrogeno. Figura 20: Struttura chimica di un sartano H2S rilasciante

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2. SCOPO DELLA RICERCA

L’endotelio rappresenta una fondamentale barriera biologica e meccanica per il mantenimento dell’omeostasi lungo l’intero albero vascolare. Cambiamenti nella sua integrità sono correlati a diverse patologie cardiovascolari, come ipertensione, aterosclerosi, diabete e iperomocisteinemia, ovvero alla particolare condizione clinica chiamata “disfunzione endoteliale” (Cheng HM. et al., 2017).

Negli scorsi anni l’idrogeno solforato è stato visto come uno dei principali fattori coinvolti nella regolazione della funzionalità endoteliale, tanto che molti studi hanno dimostrato che H2S si comporta come un gastrasmettitore vaso-protettivo in queste patologie cardiovascolari (Wang R., 2009).

Grazie alle ormai note conoscenze riguardanti le azioni fisiopatologiche del solfuro di idrogeno a livello di molti sistemi e in particolare a livello del sistema cardiovascolare, l’interesse della ricerca scientifica è quello di sintetizzare nuove molecole capaci di rilasciare tale gastrasmettitore.

Lo scopo del seguente lavoro di ricerca è stato quello di valutare l’attività iperpolarizzante di composti H2S donors di nuova sintesi sulla membrana di cellule di muscolatura liscia vascolare umana (HASMC). L’iperpolarizzazione di membrana infatti, a livello delle cellule di muscolatura liscia vasale, rappresenta un primo “step” nel processo che porta alla dilatazione del vaso, pertanto viste le note proprietà iperpolarizzanti e vasorilascianti esibite dal gastrasmettitore H2S, i tre H2S-donors di nuova sintesi sono stati testati, attraverso il protocollo che impiega la sonda anionica bis-oxolonica DiBac4(3), al fine di verificarne le potenzialità iperpolarizzanti di membrana.

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3. MATERIALI E METODI

3.1 Materiali e metodi per la sperimentazione in vitro su cellule

HASMC

3.1.1 Colture cellulari

In queste procedure sperimentali sono state impiegate, come substrato biologico, cellule di muscolatura liscia di aorta umana (HASMC, human aortic smooth muscle cells, Invitrogen®), opportunamente conservate a una temperatura di -196°C all’interno di un dewar contenente azoto liquido.

Durante lo stoccaggio in azoto liquido è stata addizionata al mezzo di coltura una percentuali pari al 10% di dimetil solfossido (DMSO). Infatti, il DMSO è un agente criopreservante, che ha la funzione di ridurre la formazione di cristalli di ghiaccio tra le cellule in sospensione così da evitare l’eventuale danneggiamento delle membrane citoplasmatiche durante la fase dello scongelamento; questa procedura, pertanto, permette di mantenere in totale quiescenza le cellule per anni al fine di conservare intatte le loro proprietà fisiologiche.

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3.1.2 Mezzo di coltura

Per le cellule HASMC il mezzo di coltura utilizzato per mimare l’ambiente fisiologico è un mezzo liquido e sterile preparato a partire dal Medium 231 (Life Technologies®), mezzo base contenente vari componenti utili per la crescita cellulare, come amminoacidi essenziali e non essenziali, sali inorganici, glucosio, ecc.

Al momento dell’apertura il mezzo base è stato addizionato di un’aliquota di 5 ml di una miscela antibiotica costituita da penicillina e streptomicina, previa rimozione di un equivalente volume di mezzo di coltura, e di 25 ml di un fattore di crescita denominato SMGS (smooth muscle growth supplement, Life Technologies®), a sua volta costituito da componenti utili ad incentivare la proliferazione cellulare. Il fattore di crescita supplementare (SMGS) è un liquido sterile, che viene fornito dalla ditta in bottiglie da 25 ml, quantità necessaria ad essere addizionata a 500 ml di mezzo di coltura. SMGS si compone di ormoni, estratti di tessuti, insulina e FBS (fetal bovine serum), ingredienti indispensabili per favorire la crescita delle cellule di muscolatura liscia di aorta umana. La miscela antibiotica penicillina/streptomicina e il fattore di crescita supplementare (SMGS) sono opportunamente conservati in congelatore e scongelati al momento del loro utilizzo grazie all’ausilio di un bagno termostatato e aperti sotto cappa a flusso laminare, in modo tale da garantirne la sterilità. Il mezzo di coltura viene preparato anch’esso in ambiente sterile sotto cappa a flusso laminare, è conservato in frigorifero ad una temperatura di 4°C per non più di 4 settimane e ad ogni utilizzo viene preventivamente riscaldato in bagno termostatato fino alla temperatura di 37°C.

3.1.3 Soluzioni tampone utilizzate durante i protocolli

sperimentali

Nel corso degli esperimenti è stata utilizzata una soluzione tampone, denominata “Buffer Standard”, al fine di garantire il mantenimento del pH cellulare e dell’equilibrio ionico. La

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35 soluzione tampone è stata preparata in laboratorio seguendo la composizione riportata in Tabella 1.

Le sostanze sono state pesate e solubilizzate in acqua bidistillata, posta sotto costante agitazione grazie ad una piastra magnetica e una barretta agitatrice. Dopo aver ottenuto la solubilizzazione completa di tutti i composti, è stata effettuata la regolazione del pH ad un valore pari a 7.4 grazie all’ausilio di un pHmetro. La soluzione è stata conservata in frigorifero ad una temperatura di 4°C e utilizzata per ogni protocollo sperimentale dove previsto, previo riscaldamento in un bagno termostatato fino al raggiungimento di una temperatura di 37°C.

Un’altra soluzione tampone utilizzata nelle fasi preliminari degli esperimenti e in procedure come il cambio mezzo, necessarie per la rimozione delle cellule morte dalla superficie della piastra, è la soluzione Dulbecco’s Phosphate Buffered Saline (DPBS, Sigma Aldrich®), stoccata ad una temperatura compresa tra 2-8°C e contenente una miscela di sali di cloruro di magnesio (MgCl2) e cloruro di calcio (CaCl2).

3.1.4 Gelatina

La gelatina è stata utilizzata nei protocolli sperimentali (per la valutazione dell’iperpolarizzazione di membrana, dove è prevista una semina di 72.000 cellule per pozzetto) per aumentare l’adesività delle cellule HASMC al fondo dei pozzetti delle piastre utilizzate.

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36 La gelatina è stata preparata in laboratorio solubilizzando 1 g di gelatina suina (Sigma Aldrich®) in 100 ml di DPBS (Dulbecco’s Phosphate Buffered Saline) mediante l’uso di una piastra riscaldante con agitatore magnetico regolata ad temperatura di circa 80°C, stando bene attenti, però, a non portare ad ebollizione la soluzione. La soluzione così ottenuta, dopo un’ora di agitazione, è stata filtrata sotto cappa a flusso laminare avvalendosi di filtri con pori di 25 µm, aliquotata e conservata in frigorifero ad una temperatura di 4°C. Al momento di ogni utilizzo la gelatina è stata riscaldata mediante bagno termostatato, così da favorirne il passaggio allo stato liquido e rendendo possibile la sua deposizione nei pozzetti. 100 µl di gelatina sono stati addizionati ad ogni pozzetto, la piastra viene incubata per 20 minuti a 37°C e, infine, la gelatina viene rimossa prima della piastratura al fine di lasciarne solamente un sottile film sul fondo di ciascun pozzetto rimuovendone l’eccesso.

3.1.5 Sostanze utilizzate durante i protocolli sperimentali e loro

soluzioni

Durante le procedure sperimentali sono state utilizzate le seguenti sostanze:

1. Sonda fluorimetrica:

a. DiBac(4)3 (Bis-(1,3-dibutylbarbituric acid) trimethine oxonol, Sigma Aldrich®) per la valutazione delle variazioni del potenziale di membrana cellulare.

La sonda è stata sciolta in DMSO alla concentrazione di 500 µM e conservata ad una temperatura di -20°C. Al momento dell’utilizzo la sonda fluorimetrica è stata scongelata grazie all’ausilio di un bagno termostatato e diluita in Buffer Standard in modo tale da ottenere una concentrazione di 2,5 µM in ogni pozzetto. 2. Sostanze: a. DMSO (dimetil solfossido, Sigma Aldrich®)

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37 b. Tripsina-EDTA 1% soluzione (Sigma Aldrich®)

c. NS1619 (1,3-Diidro-(1-2-idrossi-5-(trifluorometil)fenil)-5-(trifluorometil)-2H-benzimidazol-2-one, Sigma Aldrich®), composto iperpolarizzante di riferimento in grado di attivare i canali del potassio BKCa. La sostanza è stata disciolta in un opportuno volume di DMSO puro così da ottenere una soluzione madre di 20 mM. Viene poi operata una diluzione della madre con Buffer Standard così da ottenere una concentrazione pari a 10 µM nel pozzetto. d. BW 301, 102, 502, composti H2S-donors in esame sintetizzati nei laboratori di chimica del prof. Binghe Wang della Georgia State University. La soluzione madre dei tre diversi composti BW 30 mM in DMSO è stata diluita in Buffer Standard al fine di ottenere concentrazioni finali nel pozzetto di 30 µM e 100 µM, per gli esperimenti riguardanti l’azione iperpolarizzante di membrana in HASMC.

3.2 Protocollo sperimentale

Tutte le operazioni sono state svolte sotto cappa a flusso laminare previamente resa sterile dai raggi UV al fine di minimizzare il rischio di contaminazione. Sono stati utilizzati sia strumenti asettici sottoposti a processo di sterilizzazione sia materiale plastico presterilizzato monouso. Al fine di garantire la riproducibilità degli esperimenti si è reso inoltre necessario attenersi a metodiche sperimentali validate e riproducibili.

3.2.1 Scongelamento

Lo scongelamento è un processo preliminare, che prevede il prelievo dei criotubi contenenti le cellule in quiescenza dal dewar, dove vengono preservate ad una temperatura di -196°C, ed il loro trasferimento in una fiasca. Questo processo deve

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