UNIVERSITÀ DI PISA
Scuola di Ingegneria
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica
Analisi di fattibilità tecnica di un ciclo
ORC in cascata a un ciclo geotermico a
vapore diretto
Relatori
Prof. Marco Antonelli
Ing. Andrea Baccioli
Correlatori:
Ing. Franco Sansone
Per. Ind. Mauro Rosati
Candidato
Lorenzo Tosi
Ringrazio prima di tutto i miei genitori, Roberto e Antonella, che in questi
lunghi anni hanno sempre avuto fiducia in me e non hanno mai mancato di
incoraggiarmi per il raggiungimento di questo grande traguardo.
Ringrazio i due relatori accademici, Prof. Marco Antonelli e l’Ing. Andrea
Baccioli, che durante questo periodo di Tesi sono sempre stati in grado di
fornirmi consigli utili nei momenti di necessità.
Ringrazio tutto il team Ingegneria di Enel Green Power che mi ha sempre
supportato nello svolgere il lavoro di Tesi durante il periodo di tirocinio, dal
quale sicuramente ho appreso molto. In particolare, ringrazio i due correlatori,
Ing. Franco Sansone e Pr.Ind. Mauro Rosati, che sono sempre stati di
supporto e ricchi di preziosi consigli.
Infine, ringrazio tutti i miei amici, a partire da quelli che ci sono sempre stati
e che anche oggi sono qui, quelli che hanno iniziato con me questo percorso
universitario e che col tempo hanno trovato la loro strada e quelli che sono
capitati nella mia vita per mezzo di altri sentieri. Senza di voi sicuramente
tutto questo sarebbe stato molto più noioso!
Un grazie a tutti.
Lorenzo
3/10/2019
ABSTRACT
Il presente lavoro di tesi prende spunto dalle problematiche riscontrate negli impianti geotermici a condensazione durante l’espansione del vapore in turbina, che si manifestano soprattutto oltre il punto di dew-point. Tali problematiche sono attribuibili all’azione di agenti acidi, il principale responsabile è l’acido cloridrico, che si vengono a generare in presenza di fluido condensato e danno origine a fenomeni corrosivi molto invasivi sia sulle palettature che sulle parti statoriche delle turbine. Ciò implica una frequente sostituzione dei componenti impiantistici che porta inevitabilmente ad elevati costi manutentivi e perdite di produzione durante il periodo di fermo impianto. Inoltre, in siti dove il vapore presenta notevoli concentrazioni di cloruri, per poter limitare la formazione di acidi corrosivi, è necessario effettuare un lavaggio dello stesso con una soluzione di soda caustica a monte impianto per abbattere tali concentrazioni e ciò porta ad una perdita di entalpia specifica del fluido non più sfruttabile in turbina.
Per questo è stata ideata e studiata una possibile soluzione impiantistica a tali problematiche, che prevede un’espansione in turbina geotermica fino al punto di dew-point, evitando così la formazione di condensa e potendo così sfruttare l’eventuale grado di surriscaldamento presente. Successivamente il ciclo prosegue con un ciclo ORC posto in cascata completando così lo sfruttamento della risorsa geotermica, ed usufruendo al contempo dei benefici offerti da un ciclo binario, ovvero maggior portata alla reiniezione e un più efficiente trattamento degli inquinanti. Il lavoro ha portato a valutare la fattibilità tecnica di tale configurazione impiantistica, che da qui in avanti indicheremo come “ciclo combinato”, su tre differenti siti geotermici (Larderello, Lago e Radicondoli) caratterizzati da vapore surriscaldato ma con proprietà fisico-chimiche differenti tra loro, oltre ad un confronto con gli impianti tradizionalmente utilizzati in Toscana, ed impianti puramente a ciclo binario. Successivamente è stata valutata l’eventuale adattabilità al ciclo in esame delle turbine geotermiche presenti.
A seguito di una prima analisi preliminare dei vari impianti attraverso un foglio di bilancio impostato su Excel, lo studio è stato affinato usufruendo del software Aspen Plus® il quale ha permesso una simulazione più precisa degli impianti tradizionali attualmente presenti, un’ottimizzazione dei parametri caratterizzanti il ciclo combinato in esame e un dimensionamento delle relative sezioni di scambio termico.
ABSTRACT
The present thesis work is inspired by the problems encountered in condensing geothermal power plants during the expansion of steam above the dew point. These problems are attributable to the action of acid agents, the main responsible is hydrochloric acid, which are generated in presence of condensed fluid and give rise to vary corrosive phenomena for the components of turbines. This implies frequent replacement of plant components which inevitably high maintenance costs and production losses during the plant shutdown period. In sites where the steam has high concentrations of chlorides, for limit the formation of corrosive acids, is necessary to wash the steam with a solution of caustic soda upstream of the plant to reduce these concentrations, and this due to a loss of specific enthalpy no longer usable in the turbine.
For this reason has been devised a possible plant solution for these problems, which includes expansion into a geothermal turbine up the dew point for to avoid the formation of condensation. This also allow of use degree of overheating owned by fluid. Subsequently, the cycle continues with an ORC cycle placed in cascade, thus completing the geothermal resource exploitation, and the same time taking advantages of a binary cycle like greater re-injection capacity and more efficient tratment of pollutants.
The work led to evaluate the technical feasibility of this plant configuration, wich from now will be called “combined cycle”, on three different geothermal sites (Larderello, Lago and Radicondoli) characterized by superheated steam but with different physical-chemical properties, and it was done a comparison with the plants traditionally used in Tuscany, and plant only with a binary cycle.
Then a first evaluation with spreadsheet in Excel, the study has been use the AspenPlus® software which allowed a more precise simulation of traditional system, an optimization of the characterizing parameters of the combined cycle under examination and sizing of the relative heat exchage sectons
INDICE DELLE FIGURE ... 7
INDICE DELLE TABELLE ... 10
1. INTRODUZIONE ALL’ENERGIA GEOTERMICA ... 11
1.1. ORIGINE DEL CALORE GEOTERMICO ... 11
1.2. CLASSIFICAZIONE DELLA RISORSA GEOTERMICA ... 14
1.3. GEOTERMIA IN ITALIA E NEL MONDO ... 25
1.4. CONFIGURAZIONI IMPIANTISTICHE PER LA PRODUZIONE DI POTENZA ... 28
1.4.1. IMPIANTO A VAPORE DOMINANTE A CONDENSAZIONE ... 28
1.4.2. IMPIANTO AD ACQUA DOMINANTE CON CICLO DI FLASH ... 30
1.4.3. IMPIANTI A CICLO BINARIO E CARATTERIZZAZIONE DEI FLUIDI ORGANICI ... 31
2. GENERALITA’ SULLE TURBOMACCHINE ... 35
2.1. SCAMBIO DI LAVORO TRA FLUIDO E MACCHINA ... 35
2.2. ANALISI DELLE TURBINE ASSIALI ... 38
2.3. PERDITE NELLE TURBINE A VAPORE ... 40
2.4. ANALISI DELLA CONDENSA NELLE TURBOMACCHINE E CURVA DI WILSON ... 42
2.5. TURBINE APPLICATE AL FLUIDO GEOTERMICO ... 44
3. LA REINIEZIONE PER I SITI GEOTERMICI A VAPORE DOMINANTE ... 53
4. STUDIO DEL CICLO COMBINATO IN ESAME ... 56
4.1. INTRODUZIONE ALLA TIPOLOGIA DI IMPIANTO ESAMINATO ... 56
4.2. DESCRIZIONE DEL CICLO E DEI VARI COMPONENTI ... 57
4.3. INTRODUZIONE AL SIMULATORE DI PROCESSO ... 64
4.4. CASISTICA DI STUDIO ... 67
4.5. SIMULAZIONI INDAGATE ... 70
4.5.1. CASO NUOVA LARDERELLO –AGE DI LARDERELLO- ... 70
4.5.1.1. IMPIANTO COMBINATO ... 70
4.5.1.2. IMPIANTO COMBINATO CON CORREZIONE DI WILSON ... 84
4.5.1.3. IMPIANTO TRADIZIONALE ... 86
4.5.1.4. IMPIANTO CON CICLO BINARIO ... 93
4.5.2. CASO NUOVA SASSO –AGE DI LAGO ... 97
4.5.2.1. IMPIANTO COMBINATO ... 97
4.5.2.2. IMPIANTO COMBINATO CON CORREZIONE DI WILSON ... 103
4.5.2.3. IMPIANTO TRADIZIONALE ... 104
4.5.2.4. IMPIANTO CON CICLO BINARIO ... 105
4.5.3. CASO NUOVA RADICONDOLI –AGERADICONDOLI – ... 106
4.5.3.2. IMPIANTO COMBINATO CON CORREZIONE DI WILSON ... 111
4.5.3.3. IMPIANTO TRADIZIONALE ... 113
4.5.3.4. IMPIANTO CON CICLO BINARIO ... 113
5. ADATTAMENTO DELLA TURBINA GEOTERMICA ... 114
5.1. ASSETTO DELLE TURBINE GEOTERMICHE OPERANTI NEI TRE SITI INDAGATI ... 114
5.2. RICOSTRUZIONE DELLA CURVA DI ESPANSIONE ... 115
6. ANALISI DEI RISULTATI ... 119
6.1. ANALISI DEI RISULTATI DELLE SIMULAZIONI ... 119
6.2. ANALISI SULLA RICOSTRUZIONE DELLA CURVA D’ESPANSIONE ... 125
7. CONCLUSIONI ... 132
INDICE DELLE FIGURE
FIGURA 1.1-STRUTTURA DELLA TERRA... 11
FIGURA 1.2-TIPOLOGIE DI GRADIENTE GEOTERMICO ... 12
FIGURA 1.3-MCKELVEY’S DIAGRAM-DISTINZIONE TRA RISORSE E RISERVE ... 14
FIGURA 1.4-GEYSER, ISLANDA-ANDREA CERRI’S PHOTOGRAPHY ... 15
FIGURA 1.5-SOFFIONI BORACIFERI-VALLE DEL DIAVOLO (LARDERELLO,ITALIA) ... 15
FIGURA 1.6-RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DI UN SISTEMA GEOTERMICO ... 16
FIGURA 1.7-RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DEL MECCANISMO DI RISCALDAMENTO DEL FLUIDO GEOTERMICO ... 16
FIGURA 1.8-COMPOSIZIONE CHIMICA DEL FLUIDO DI ALCUNI CAMPI GEOTERMICI MONDIALI ... 17
FIGURA 1.9-DISPONIBILITÀ DI ENERGIA PER LE TRE CLASSIFICAZIONI SOPRA CITATE ... 19
FIGURA 1.10-CLASSIFICAZIONE DELLE RISORSE GEOTERMICHE IN BASE ALLA TEMPERATURA (°C) ... 21
FIGURA 1.11-PRINCIPALI TIPOLOGIE IMPIANTISTICHE PER LO SFRUTTAMENTO DI SORGENTI AD ALTA ENTALPIA ... 23
FIGURA 1.12-CARATTERISTICHE DI ALCUNI IMPIANTI "DRY STEAM" E "FLASH" ... 24
FIGURA 1.13-CARATTERISTICHE DI ALCUNI IMPIANTI A "CICLO BINARIO" ... 24
FIGURA 1.14-POTENZA ELETTRICA INSTALLATA NEL MONDO-2015- ... 26
FIGURA 1.15-TREND DI CRESCITA DELLA POTENZA INSTALLATA ED ENERGIA PRODOTTA DAL 1950 AL 2020 ... 26
FIGURA 1.16-DISLOCAZIONE DELLA QUATTRO PRINCIPALI AREE GEOTERMICHE TOSCANE ... 27
FIGURA 1.17-RAPPRESENTAZIONE DI UN IMPIANTO A VAPORE DOMINANTE CON TURBINA IN CONTROPRESSIONE ... 29
FIGURA 1.18-RAPPRESENTAZIONE DEL CICLO GEOTERMICO A VAPORE DOMINANTE SUL DIAGRAMMA T-S... 30
FIGURA 1.19-RAPPRESENTAZIONE DI UN IMPIANTO A CICLO DI FLASH ... 30
FIGURA 1.20-RAPPRESENTAZIONE DEL CICLO GEOTERMICO DI FLASH SUL DIAGRAMMA T-S ... 31
FIGURA 1.21-RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DI UN IMPIANTO CON CICLO BINARIO ... 32
FIGURA 1.22-CLASSIFICAZIONE DELLE TRE CATEGORIE DI FLUIDO ORGANICO ... 33
FIGURA 2.1-TRIANGOLI DELLE VELOCITÀ DI UNA MACCHINA ASSIALE ... 35
FIGURA 2.2-SVILUPPO SUL PIANO, DELLA SEZIONE DI UNA COPPA DISTRIBUTORE-ROTORE ... 38
FIGURA 2.3-TRIANGOLI DELLE VELOCITÀ IN INGRESSO E USCITA DELLA GIRANTE ... 38
FIGURA 2.4-DIAGRAMMA DELLE FASI PER L'ACQUA ... 42
FIGURA 2.5-DIAGRAMMA ENTROPICO DELL’ACQUA IN CONDIZIONI DI EQUILIBRIO TERMODINAMICO ... 43
FIGURA 2.6-DIAGRAMMA H-S E CURVA DI WILSON ... 44
FIGURA 2.7-SOTTORAFFREDDAMENTO DEL VAPORE ... 44
FIGURA 2.8-DIAGRAMMA ENTROPICO DELL'ACQUA CON WILSON'S POINTS MISURATI IN CONDIZIONI DI BASSA PRESSIONE ... 44
FIGURA 2.9-PARZIALIZZAZIONE DELLE TURBINE GEOTERMICHE ... 45
FIGURA 2.10-TURBINA ANSALDO AD AZIONE A SINGOLO FLUSSO DA 20 MW ... 46
FIGURA 2.11-TURBINA ANSALDO AD AZIONE A DOPPIO FLUSSO DA 60 MW ... 47
FIGURA 2.12-ENTRATA VAPORE SETTIMO STADIO, CON TETTUCCIO DI TENUTA ... 48
FIGURA 2.13-ROTORE TURBINA: ENTRATE E USCITA VAPORE 5° STADIO ... 50
FIGURA 2.14-ROTORE TURBINA: ENTRATA E USCITA VAPORE 6° STADIO ... 50
FIGURA 2.15-ROTORE TURBINA: ENTRATA 7° STADIO ... 50
FIGURA 2.16-ROTORE TURBINA: LATO INGRESSO VAPORE 8°, 9°, 10° STADIO ... 51
FIGURA 2.17-ROTORE TURBINA: TENUTE E ZONA RACCORDO DISCO ULTIMO STADIO... 51
FIGURA 2.18-STATORE TURBINA: USCITA VAPORE 8°, 9°, 10° STADIO ... 52
FIGURA 3.1-INFLUENZA DELLA REINIEZIONE REGISTRATA NEGLI ANNI PER IL SERBATOIO DI LARDERELLO ... 55
FIGURA 4.1-SCHEMA CICLO BINARIO OGGETTO DI STUDIO ... 57
FIGURA 4.2-SCHEMA DEL GRUPPO LAVAGGIO ALL'USCITA DELLA TURBINA ... 58
FIGURA 4.3-GRAFICO T-S CHE RAFFIGURA I PUNTI TERMODINAMICI DI INTERESSE NEL PROCESSO DI LAVAGGIO ... 59
FIGURA 4.4-GRAFICO TEMPERATURA-CALORE DEL PROCESSO DI SCAMBIO ... 60
FIGURA 4.5-RAPPRESENTAZIONE DI UN VAPORIZER SEZIONATO LONGITUDINALMENTE ... 61
FIGURA 4.6-RAPPRESENTAZIONE DI UN PREHEATER SEZIONATO LONGITUDINALMENTE ... 62
FIGURA 4.7-TIPICO MODULO DI CONDENSAZIONE AD ARIA CON AIR COOLER CONDENSER (ACC) ... 63
FIGURA 4.8-TABELLA COMPARATIVA IDROCARBURI AL CARBONIO-FLUIDI REFRIGERANTI ... 64
FIGURA 4.9-POSIZIONE GEOGRAFICA DELLE TRE CENTRALI SITUATE NELLE CORRISPETTIVE AGE ... 68
FIGURA 4.11-DATI DI INPUT STREAM1 ... 71
FIGURA 4.12-DATI DI INPUT TURBINA GEOTERMICA ... 71
FIGURA 4.13-DATI DI INPUT SCAMBIATORE DI CALORE... 72
FIGURA 4.14-PROFILO DI TEMPERATURA IN USCITA DA UN'ANALISI DI PRIMO TENTATIVO ... 74
FIGURA 4.15-INPUT SENSITIVITÀ SULLA PRESSIONE ORC ... 75
FIGURA 4.16-NUOVA LARDERELLO-PROFILI DI TEMPERATURA DELLO SCAMBIO TERMICO ... 76
FIGURA 4.17-SCHEMA DELLA SEZIONE DI SCAMBIO TERMICO COSTITUITA DA PREHEATER E VAPORIZER ... 77
FIGURA 4.18-PROFILI DI TEMPERATURA PREHEATER ... 77
FIGURA 4.19-PRINCIPALI PERFORMANCE DEL PREHEATER ... 78
FIGURA 4.20-PROFILI DI TEMPERATURA VAPORIZER ... 78
FIGURA 4.21.PRINCIPALI PERFORMANCE DEL VAPORIZER ... 79
FIGURA 4.22-DIAGRAMMA DI WILSON APPLICATO AL CASO DI NUOVA LARDERELLO ... 84
FIGURA 4.23-NUOVA LARDERELLO-IMPIANTO TRADIZIONALE-FLOWSHEET CON RISULTATI ... 86
FIGURA 4.24-SCHEMA DEL CONDENSATORE A MISCELA OPERANTE IN UN CICLO GEOTERMICO TRADIZIONALE ... 87
FIGURA 4.25-NUOVA LARDERELLO-IMPIANTO TRADIZIONALE-DATI CONDENSATORE ... 88
FIGURA 4.26-SCHEMA DELLA TORRE EVAPORATIVA AD UMIDO A TIRAGGIO FORZATO ... 90
FIGURA 4.27-NUOVA LARDERELLO-IMPIANTO CON CICLO BINARIO-FLOWSHEET CON RISULTATI ... 93
FIGURA 4.28-NUOVA LARDERELLO-CICLO BINARIO-PROFILI DI TEMPERATURA DELLO SCAMBIO TERMICO ... 93
FIGURA 4.29-PROFILI DI TEMPERATURA PREHEATER ... 94
FIGURA 4.30-NUOVA LARDERELLO-CICLO BINARIO-PRINCIPALI PERFORMANCE PREHEATER ... 95
FIGURA 4.31-NUOVA LARDERELLO-CICLO BINARIO-PROFILI DI TEMPERATURA VAPORIZER ... 95
FIGURA 4.32--NUOVA LARDERELLO-CICLO BINARIO-PRINCIPALI PERFORMANCE VAPORIZER ... 96
FIGURA 4.33-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-FLOWSHEET CON RISULTATI ... 97
FIGURA 4.34-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-PROFILO DI TEMPERATURA GLOBALE DELLO SCAMBIO TERMICO ... 99
FIGURA 4.35-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-PROFILI DI TEMPERATURA PREHEATER ... 99
FIGURA 4.36-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-PRINCIPALI PERFORMANCE PREHEATER ... 100
FIGURA 4.37-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-PROFILI DI TEMPERATURA VAPORIZER ... 100
FIGURA 4.38-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-PRINCIPALI PERFORMANCE DEL VAPORIZER ... 101
FIGURA 4.39-DIAGRAMMA DI WILSON APPLICATO AL CASO DI NUOVA SASSO ... 103
FIGURA 4.40-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-FLOWSHEET CON RISULTATI ... 106
FIGURA 4.41-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-PROFILI DI TEMPERATURA SCAMBIO GLOBALE ... 107
FIGURA 4.42-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-PROFILI DI TEMPERATURA PREHEATER ... 108
FIGURA 4.43-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-PRINCIPALI PERFORMANCE PREHEATER ... 108
FIGURA 4.44-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-PROFILO DI TEMPERATURA VAPORIZER... 109
FIGURA 4.45-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-PRINCIPALI PERFORMANCE VAPORIZER ... 109
FIGURA 4.46-DIAGRAMMA DI WILSON APPLICATO AL CASO DI NUOVA RADICONDOLI ... 111
FIGURA 6.1-GRAFICO A COLONNE RAFFIGURANTE LE POTENZE PRODOTTE OTTENUTE DALLE VARIE SIMULAZIONI ... 119
FIGURA 6.2-CONFRONTO TRA LE TIPOLOGIE DI IMPIANTO IN RELAZIONE ALLA POTENZA SPECIFICA PRODOTTA ... 120
FIGURA 6.3-CONFRONTO POTENZA LORDA PRODOTTA TRA CICLO TRADIZIONALE E CICLO COMBINATO PER I TRE SITI INDAGATI . 121 FIGURA 6.4-INCIDENZA DEGLI AUSILIARI NEL CASO SPECIFICO DI NUOVA SASSO ... 122
FIGURA 6.5-INCIDENZA DELL'AIRCOOLER CONDENSER AL VARIARE DEL PARAMETRO ϴ ... 123
FIGURA 6.6-NUOVA LARDERELLO-RISULTATI PRIMO STADIO DI TURBINA ... 125
FIGURA 6.7-NUOVA LARDERELLO-RISULTATI SECONDO STADIO DI TURBINA ... 125
FIGURA 6.8-NUOVA LARDERELLO-RISULTATI TERZO STADIO DI TURBINA ... 126
FIGURA 6.9-NUOVA LARDERELLO- RISULTATI QUARTO STADIO DI TURBINA ... 126
FIGURA 6.10-NUOVA LARDERELLO: RICOSTRUZIONE DELLA CURVA DI ESPANSIONE SUL DIAGRAMMA DI MOLLIER E CURVA DI WILSON ... 126
FIGURA 6.11-NUOVA SASSO-RISULTATI PRIMO STADIO DI TURBINA... 127
FIGURA 6.12-NUOVA SASSO-RISULTATI SECONDO STADIO DI TURBINA ... 127
FIGURA 6.13-NUOVA SASSO-RISULTATI TERZO STADIO DI TURBINA ... 128
FIGURA 6.14-NUOVA SASSO-RISULTATI QUARTO STADIO DI TURBINA ... 128
FIGURA 6.15-NUOVA SASSO: RICOSTRUZIONE DELLA CURVA DI ESPANSIONE SUL DIAGRAMMA DI MOLLIER E CURVA DI WILSON ... 128
FIGURA 6.16-NUOVA RADICONDOLI-RISULTATI PRIMO STADIO DI TURBINA ... 129
FIGURA 6.17-NUOVA RADICONDOLI-RISULTATI SECONDO STADIO DI TURBINA ... 129
FIGURA 6.18-NUOVA RADICONDOLI-TERZO STADIO DI TURBINA ... 130
FIGURA 6.19-NUOVA RADICONDOLI-RISULTATI QUARTO STADIO DI TURBINA ... 130
FIGURA 6.20-NUOVA RADICONDOLI: RICOSTRUZIONE DELLA CURVA DI ESPANSIONE SUL DIAGRAMMA DI MOLLIER E CURVA DI WILSON ... 130
INDICE DELLE TABELLE
TABELLA 4.1-DATI VAPORE ALL’INGRESSO IN TURBINA, RELATIVI ALLA CENTRALE DI NUOVA LARDERELLO ... 68
TABELLA 4.2-DATI VAPORE ALL'INGRESSO IN TURBINA, RELATIVI ALLA CENTRALE DI NUOVA SASSO ... 69
TABELLA 4.3-DATI VAPORE MONTE E VALLE LAVAGGIO, RELATIVI ALLA CENTRALE DI NUOVA SASSO ... 69
TABELLA 4.4-NUOVA LARDERELLO-DATI SEZIONE TURBINA GEOTERMICA ... 72
TABELLA 4.5-NUOVA LARDERELLO-DATI DELLA SEZIONE DI SCAMBIO TERMICO ... 76
TABELLA 4.6-NUOVA LARDERELLO-DATI SEPARAZIONE INCONDENSABILI ... 79
TABELLA 4.7-NUOVA LARDERELLO-DATI TURBINA ORC ... 80
TABELLA 4.8-NUOVA LARDERELLO-DATI AIRCOOLER CONDENSER ... 82
TABELLA 4.9-NUOVA LARDERELLO-DATI POMPA DI ALIMENTAZIONE ORC ... 82
TABELLA 4.10-NUOVA LARDERELLO-PRESTAZIONI GLOBALI CICLO COMBINATO ... 83
TABELLA 4.11-NUOVA LARDERELLO-PRESTAZIONI GLOBALI CICLO COMBINATO CON WILSON ... 85
TABELLA 4.12-NUOVA LARDERELLO-CICLO TRADIZIONALE-DATI TURBINA ... 86
TABELLA 4.13-NUOVA LARDERELLO-IMPIANTO TRADIZIONALE-DATI COMPRESSORI E INTERREFRIGERAZIONE ... 89
TABELLA 4.14-NUOVA LARDERELLO-IMPIANTO TRADIZIONALE-DATI TORRE EVAPORATIVA ... 92
TABELLA 4.15-NUOVA LARDERELLO-IMPIANTO TRADIZIONALE-PRESTAZIONI CICLO ... 92
TABELLA 4.16-NUOVA LARDERELLO-CICLO BINARIO-DATI DELLO SCAMBIO TERMICO ... 94
TABELLA 4.17-NUOVA LARDERELLO-CICLO BINARIO-PRESTAZIONI CICLO ... 96
TABELLA 4.18-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-DATI TURBINA GEOTERMICA ... 98
TABELLA 4.19-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-DATI SCAMBIO TERMICO ... 98
TABELLA 4.20-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-DATI TURBINA ORC... 101
TABELLA 4.21-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-DATI CONDENSAZIONE N-BUTANO ... 102
TABELLA 4.22-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO-PRESTAZIONI CICLO ... 102
TABELLA 4.23-NUOVA SASSO-CICLO COMBINATO CON CORREZIONE DI WILSON-PRESTAZIONI CICLO ... 104
TABELLA 4.24-NUOVA SASSO-IMPIANTO TRADIZIONALE-PRESTAZIONI CICLO ... 105
TABELLA 4.25-NUOVA SASSO-IMPIANTO CON CICLO BINARIO-PRESTAZIONI CICLO ... 105
TABELLA 4.26-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-DATI TURBINA GEOTERMICA ... 107
TABELLA 4.27-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-DATI SCAMBIO TERMICO ... 107
TABELLA 4.28-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-DATI TURBINA ORC ... 110
TABELLA 4.29-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-DATI CONDENSAZIONE N-BUTANO ... 110
TABELLA 4.30-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO-PRESTAZIONI CICLO ... 111
TABELLA 4.31-NUOVA RADICONDOLI-CICLO COMBINATO CON CORREZIONE DI WILSON-PRESTAZIONI CICLO ... 112
TABELLA 4.32-NUOVA RADICONDOLI-IMPIANTO TRADIZIONALE-PRESTAZIONI CICLO ... 113
TABELLA 4.33-NUOVA RADICONDOLI-CICLO BINARIO-PRESTAZIONI CICLO ... 113
TABELLA 6.1-RIEPILOGO DEI PRINCIPALI RISULTATI OTTENUTI DALLE SIMULAZIONI ... 119
11
1.
INTRODUZIONE ALL’ENERGIA GEOTERMICA
1.1. Origine del calore geotermico
Il termine Geotermia ha la sua etimologia dal Greco “g ̂” e “thermòs”, che letteralmente si traduce in “Calore della terra”, ed è quindi quella parte di calore terrestre che ha origine per effetto dei fenomeni chimico-fisici che interessano il pianeta, e che può o potrebbe essere estratto dal sottosuolo e sfruttato dall’uomo.
La Terra ha una struttura caratterizzata da diversi involucri concentrici:
Figura 1.1-Struttura della Terra
Crosta terrestre: rappresenta lo strato più esterno, e si estende dai 5 ai 70 km in profondità.Le parti più sottili sono formate dalla crosta oceanica composta da dense rocce costituite da ferro e silicato di magnesio, giacenti sotto i bacini oceanici come il basalto. Poi troviamo la crosta continentale che è la parte più spessa costituita da varie tipologie di rocce come il granito, contenenti sodio, potassio, silicati e alluminio.
Mantello: questo si estende per profondità di circa 3000 km e, sebbene sia solido, le alte
temperature che lo caratterizzano fanno sì che i materiali silicatici che lo costituiscono siano sufficientemente duttili in modo che esso possa scorrere in archi di tempo molto lunghi dando origine ai moti convettivi che portano in superficie ai movimenti delle placche tettoniche.
12
Nucleo: questa è la parte più interna del pianeta, è costituito prevalentemente da ferro epresenta uno strato più esterno allo stato liquido ed uno più interno (il nocciolo) allo stato solido.
Attraverso lo studio dei fenomeni sismici che interessano il nostro pianeta, e dalle caratteristiche fisiche della Terra, è stimabile che nel nocciolo centrale della terra si raggiungano temperature di circa 6000 °C, ed è quindi facile pensare che vi sia un flusso di calore che viene dissipato verso l’esterno. L’origine di questo flusso di calore è identificabile in parte dal calore primordiale proveniente dalla parte più interna del pianeta, e in parte (quota predominante) dal continuo decadimento degli isotopi radioattivi, (calore radiogenico) contenuti all’interno delle rocce che si trovano nello strato della crosta terrestre e nello strato del mantello. Tra gli isotopi più importanti protagonisti della generazione di calore proveniente dal decadimento radioattivo troviamo l’Uranio U-235 e U-238, il torio Th-232 e il potassio K-40.
Ciò che caratterizza il contenuto energetico della Terra è il gradiente geotermico il quale fornisce la misura dell’aumento di temperatura con la profondità. Ha inizio ad una profondità di circa 6-8 m dalla superficie, in corrispondenza della quale si può considerare il terreno ad una temperatura costante di 15°C, e poi cresce in media di circa 2,5-3°C ogni 100m. Da ciò è facile pensare che per avere temperature di circa 100°C occorrerebbe scendere a profondità di 3000m e quindi in tali condizioni risulterebbe impossibile l’utilizzo di questa energia. Fortunatamente in alcune zone si verificano delle anomalie, dovute ad un’eventuale risalita magmatica o ad un assottigliamento della crosta terrestre, le quali fanno discostare, per brevi tratti, tale gradiente geotermico dal suo andamento normale assumendo valori anche di 10 volte superiori, ed è qui quindi che il calore proveniente dalla terra può essere sfruttato.
Si identificano principalmente due tipologie di anomalie:
13
In un caso il gradiente geotermico segue inizialmente quello naturale e poi ad un certo punto si verifica un repentino incremento di temperatura;
In altri casi si nota fin da subito un incremento di temperatura molto più alto rispetto al caso normale e poi ad una certa profondità si verifica un riallineamento al gradiente naturale.
Il gradiente geotermico dipende dalla conducibilità termica k (espressa in W/K*m) del mezzo attraverso il quale viene misurato e dal flusso termico specifico q” (espressa in W/m2) che si
genera. Quest’ultimo viene valutato come somma di due contributi:
" = − + _ (1.1)
Il primo è il termine legato al gradiente geotermico, che quindi rappresenta il flusso di calore trasmesso per conduzione;
Il secondo è il termine convettivo, che quindi rappresenta il calore trasmesso per effetto del fluido di lavoro che lambisce le rocce calde e risale in superficie. Dalla relazione (1.2) è possibile vedere che dipende dalla densità e dal calore specifico del fluido vettore, dalla differenza di temperatura che c’è tra il fluido vettore e la roccia calda e dalla velocità del fluido vettore con cui si muove all’interno dello strato di roccia permeabile. Tale velocità è detta anche conduttività idraulica o coefficiente di permeabilità, ed è strettamente legata alla permeabilità e alla porosità del mezzo in cui si muove il fluido vettore. Valori tipici di tale termine sono 10-8 - 10-9 m/s.
Tale flusso specifico, in condizioni di gradiente geotermico normale, assume valori che vanno dai 50 ai 100 mW/m2, mentre in zone dove è presente un’anomalia geotermica assume valori di
circa 500 mW/m2 fino ad arrivare anche a 1000 mW/m2 come accade in alcune zone del
serbatoio di Larderello in Toscana.
Solo negli anni 80 del 20° secolo sono state sviluppate teorie e modelli termici realistici che stimassero l’attività termica del nostro pianeta, e tali studi affermano che non vi sia un equilibrio tra il flusso termico prodotto e la sua dispersione, e di conseguenza ciò sta portando ad un lento ma continuo raffreddamento del globo. Nel 1988 Frank D. Stacey e David E. Loper riportarono nel trattato “Thermal history of the Earth” [1] una valutazione del flusso di calore dissipato attraverso la superficie terrestre che stimarono pari a 42*1012 W. Ulteriori studi stimano che
l’energia termica totale contenuta dalla terra, considerando una temperatura media della superficie di 15°C, sia pari ad un valore di circa 12,6*1026 MJ, di cui quella contenuta nella crosta
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complessivamente posseduta dalla Terra è estremamente elevata, ma solamente una porzione limitata di essa può essere sfruttata con successo dall’uomo, infatti il calore geotermico lo si trova raramente concentrato in una specifica zona, e molto spesso lo si trova a condizioni di temperatura e profondità che ne rendono difficile l’utilizzo. Fino ad oggi l’utilizzo di tale fonte di energia è stata possibile solo in quelle aree nelle quali si verifica una delle anomalie sul gradiente geotermico viste precedentemente, e dove le condizioni geologiche permettono a un vettore (acqua in fase liquida o vapore) di trasportare in superficie l’energia termica contenuta nelle rocce calde e profonde dando così origine alla “risorsa geotermica”.
1.2. Classificazione della risorsa geotermica
Come prima cosa è opportuno fare una distinzione tra quelle che sono le risorse geotermiche e quelle che sono le riserve geotermiche:
Figura 1.3-McKelvey’s diagram-Distinzione tra Risorse e Riserve
Risorse: comprendono tutta l’energia termica presente nel territorio, quindi quella
attualmente accessibile, quella conosciuta ma teoricamente accessibile e sfruttabile dall’uomo in futuro, e quella ancora non individuata.
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Riserve: comprendono la quota di risorse che attualmente è possibile sfruttare sia da un
punto di vista tecnologico che economico e legale.
Tale distinzione tra risorse e riserve è stata graficata da P.Muffler e R.Cataldi nel report “Methods
for regional assessment of geothermal resources-1977-“ [4] in funzione della sicurezza geologica del sito
e della fattibilità economica (fig. 1.3). Si può ben vedere che ad oggi lo sfruttamento geotermico riguarda solo una piccola parte di quello che il sottosuolo potrebbe offrire.
Perché sia possibile parlare di risorsa geotermica è necessario che si creino delle condizioni geologiche favorevoli a identificare un vero e proprio sistema geotermico, al quale Hochstein nel 1990 ha dato la seguente definizione: “sistema acqueo convettivo che, in uno spazio confinato dalla parte
superiore della crosta terrestre, trasporta il calore da una sorgente termica posta in profondità, al luogo (generalmente in superficie) dove il calore stesso può essere disperso o utilizzato”.
Tale sistema geotermico per poter esistere deve essere caratterizzato da 3 elementi fondamentali:
Sorgente: è possibile trovare o un’intrusione magmatica che, dalle profondità della terra,
trova spazio per risalire, o un assottigliamento della crosta continentale, i quali fenomeni danno origine a una delle anomalie geotermiche che permettono di avere un gradiente favorevole allo sfruttamento della risorsa;
Serbatoio: al di sopra della sorgente geotermica è necessario che vi sia prima uno strato
di rocce porose attraverso le quali è possibile la circolazione del fluido vettore e subito dopo è necessario uno strato di terreno impermeabile che impedisca la fuoriuscita della risorsa. Tale composizione geologica da origine al serbatoio Geotermico. Quando quest’ultimo strato non è presente si vengono a generare manifestazioni naturali identificate con il nome di Geysers e Soffioni boraciferi, i quali, se pur indubbiamente suggestive, rendono la risorsa praticamente inutilizzabile.
Figura 1.4-Geyser, Islanda-Andrea Cerri’s Photography
Figura 1.5-Soffioni boraciferi-Valle del Diavolo (Larderello,Italia)
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Fluido: è necessario infine un fluido vettore, generalmente acqua meteorica allo stato
liquido o vapore, che entra nel sistema, preleva il calore dalla sorgente geotermica attraversando lo strato di rocce permeabili e risale fermandosi in corrispondenza dello strato impermeabile.
Figura 1.6-Rappresentazione schematica di un sistema geotermico
Il meccanismo di riscaldamento del fluido geotermico avviene per effetto delle leggi fisiche che regolano la convezione dei fluidi, ovvero riscaldamento ed espansione di un fluido all’interno di un campo gravitazionale. La sorgente geotermica, posta alla base, rilascia il flusso di calore che alimenta e muove tutto il sistema, questo viene prelevato dal fluido che, una volta caldo e di minor densità, tende a salire e ad essere sostituito dal fluido freddo di maggiore densità, proveniente dalla ricarica meteorica, che fa ingresso ai margini del sistema (fig. 1.7). Questo fenomeno convettivo tende a far aumentare la temperatura delle parti alte del sistema e a diminuire la temperatura nelle zone più profonde.
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Il fluido geotermico, oltre a contenere acqua allo stato di liquido o di vapore, si presenta come una miscela di varie sostanze, tra cui CO2, H2S, NH3, N2, H2, CH4, Hg, Cl, Si, Ca, Na, le quali
ne alterano le proprietà termofisiche. Alcune di queste sostanze sono gas incondensabili (quello di maggior rilevanza è la CO2) che negli impianti con turbina in contropressione è necessario
estrarre al livello del condensatore per poter garantire le pressioni di scarico imposte; altre sono sostanze altamente reattive in presenza di acqua di condensa, tra cui quella più pericolosa è il cloro, il quale dà origine all’acido cloridrico, sostanza altamente acida responsabile dei maggiori fenomeni di corrosione nei componenti dell’impianto; inoltre sono presenti componenti salini (quello di maggior interesse è la Silice) che molto spesso si depositano nella superficie delle tubazioni o delle palette della turbina dando origine a fenomeni di incrostazione; ed infine si individuano sostanze tossiche per l’ambiente come l’acido solforico e il mercurio, che quindi devono essere opportunatamente abbattuti rispettando i limiti di emissione previsti dalla legge. La composizione chimica del fluido geotermico non è sempre la stessa, ma varia, anche sensibilmente, per ogni sito presente nel territorio. Un aspetto fondamentale dunque, è conoscere preventivamente tale composizione in quanto influenza sia la scelta della tipologia impiantistica più adatta da dover utilizzare, che quella dei materiali con cui devono essere realizzati le varie parti impiantistiche (tubazioni, palettature turbine etc..).
Nella figura 1.8 di seguito, è riportata una tabella con alcuni casi significativi di composizioni del vapore di alcuni campi geotermici mondiali:
Figura 1.8-Composizione chimica del fluido di alcuni campi geotermici mondiali
Si individuano principalmente quattro metodi per classificare in generale la risorsa geotermica: I. Una prima classificazione è in funzione della profondità a cui si trova il serbatoio
geotermico:
Sorgente idrotermica: vengono classificate in questa definizione tutte quelle sorgenti poste
a profondità non eccessivamente elevate, 1000-2000m, ed in cui è presente acqua. Qui l’acqua viene scaldata dal contatto con le rocce calde e, a seconda della pressione, è
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presente allo stato di vapore o allo stato liquido: nel primo caso si parla di sorgenti a vapore dominante, nel secondo caso di sorgenti ad acqua dominante. In questa categoria troviamo le uniche sorgenti effettivamente sfruttate data essenzialmente la minor profondità a cui si collocano e la maggior presenza di vapore, caratteristiche che rendono più semplici ed efficienti i processi di conversione dell’energia in elettricità.
Sorgente geo-pressurizzata: vengono classificate in questa definizione quelle sorgenti poste
a profondità più elevate rispetto alle precedenti, 3000-10000m, in cui è presente acqua a pressioni di oltre 1000bar e temperature di circa 160°C. Le sorgenti geo-pressurizzate possono contenere anche quantità significative di gas metano, per cui, questi sistemi potrebbero produrre energia termica e idraulica (acqua calda ad alta pressione) e gas metano ma, sino ad oggi, non hanno ancora dato luogo a uno sfruttamento industriale.
Sorgenti petrotermiche: vengono classificate in questa definizione i giacimenti molto
profondi, costituiti da rocce calde prive di acqua e temperature comprese tra i 150 e i 300 °C. Costituiscono l’85% delle risorse geotermiche terrestri, ma risultano di difficile sfruttamento proprio per le eccessive profondità e soprattutto per l’assenza di acqua. Per permettere lo sfruttamento dell’energia termica in esse contenuta, è necessario fratturate artificialmente iniettando dell’acqua da un pozzo per forzarne la circolazione. Si effettua una prima perforazione in modo da creare un serbatoio termico sotterraneo, allargando idraulicamente i naturali sistemi di circolazione mediante l’iniezione d’acqua a pressioni di parecchie centinaia di bar proveniente da un pozzo di iniezione. Le rocce calde cedono il calore e il fluido torna in superficie verso un pozzo di produzione come vapore o acqua calda. L’energia viene trasferita ad un secondo circuito, mediante uno scambiatore di calore, il quale alimenta un turbogeneratore che produce elettricità. L’intero sistema forma un circuito chiuso, evitando ogni contatto tra il fluido e l’ambiente esterno. Le zone economicamente sfruttabili con questi sistemi sono quelle in cui il gradiente geotermico è superiore a 60 °C per km. Ma ciò, dato che la fratturazione richiede l'immissione di acqua a pressioni comparabili con il carico litostatico, può causare una sismicità indotta. La produzione di energia geotermica stimolata (EGS) può essere ipotizzata solo in zone in cui il rischio sismico è basso.
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Di seguito si riporta un grafico che raffigura in termini energetici le risorse disponibili nelle tre classificazioni sopra descritte:
Figura 1.9-Disponibilità di energia per le tre classificazioni sopra citate
II. Tra le sorgenti idrotermali viene fatta un’ulteriore classificazione, come già accennato, in funzione dello stato fisico a cui si trova il fluido geotermico vettore:
Acqua dominante: in questi tipi di sistemi l’acqua liquida è la fase continua che controlla
la pressione nel serbatoio e il vapore può essere presente a tratti in forma di bolle. Questi sistemi geotermici, la cui temperatura può andare dai 125°C ai 225°C, sono i più diffusi nel mondo e vengono alimentati prevalentemente dalle infiltrazioni di acque meteoriche che, fredde e a più alta densità, penetrano nello strato di rocce permeabili, prelevano il calore e, o rimangono confinate dallo strato di rocce impermeabili soprastante dando origine quindi al “serbatoio”, o, in mancanza di tale strato di roccia, risalgono in superficie dando origine ai geyser.
Uno dei campi ad acqua dominante più importanti presenti in Italia è il campo di Bagnore e Piancastagnaio (Mt. Amiata, Italia) in cui si individuano due fratture collocate a profondità diverse: la prima tra i 400 e 1000 m e la seconda situata intorno ai 1300-2000m. Durante la fase di esplorazione al tetto del serbatoio superficiale nei rispettivi campi sono state registrate temperature e pressioni di 160°C e 22 bar per Bagnore, e 220 °C e 42 bar per Piancastagnaio.
Altri importanti campi presenti in Italia e nel mondo sono: campo nella valle del fiume Po' (Italia), in cui si trova acqua calda ad alto contenuto salino e ad una temperatura di circa 100-105 °C, che la città di Ferrara attualmente sta sfruttando per alimentare un impianto di teleriscaldamento a servizio della città; i campi del bacino della Pannonia (Ungheria); il bacino di Parigi (Francia); il bacino di Momotombo (Nicaragua); il bacino di Miravalles (Costa Rica), il bacino di Zunil (Guatemala); il bacino di Puna (Hawaii), il bacino di Krafla (Islanda); e molti altri.
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Vapore dominante: in questi tipi di sistemi il vapore rappresenta la fase continua che
controlla la pressione del serbatoio, e l’acqua è presente come fase discontinua. Sono sistemi geotermici in pressione in cui la temperatura può superare anche i 350°C, e normalmente producono vapore secco o surriscaldato. Le modalità di formazione del vapore sono diverse: una parte proviene dal vapore residuo contenuto nelle fratture e cavità delle rocce, una frazione è originata dalla vaporizzazione del liquido condensato dopo che il vapore è entrato in contatto con le rocce superficiali più fredde, infine, un terzo contributo è dovuto all’evaporazione della parte superiore di una riserva liquida di fluido geotermico.
Nell’area geotermica di Larderello Travale-Radicondoli (Toscana, Italia) sono situati due serbatoi entrambi a vapore dominante, uno più superficiale compreso a una profondità di 400-1000 m e uno più profondo situato a circa 2500-4000 m. Dalle varie indagini geologiche sono state registrate temperature tra i 150°C e i 270°C e pressioni comprese tra i 2 e i 18 bar per il serbatoio più in superficie, mentre per il serbatoio più profondo sono state registrate temperature di 350-370 °C e pressioni di 60-70 bar per profondità di circa 3000-4000 m.
La fonte dell’anomalia termica, come anche per il campo ad acqua dominante dell’Amiata, è attribuita alla presenza di un’intrusione granitica con temperature stimate di circa 800 °C a una profondità di 5000-7000 m.
Altri campi presenti nel mondo e che, insieme a quello di Larderello, contribuiscono a circa la metà dell’energia elettrica generata nel mondo da fonte geotermica, sono: The Geysers (California); Matsukawa (Giappone); Kamojang e Darajat (Indonesia).
III.Una terza classificazione può essere fatta in funzione della modalità di ricarica del serbatoio geotermico:
Sistemi dinamici: il serbatoio geotermico viene continuamente ricaricato prevalentemente
da acqua meteorica, la quale penetra nel terreno, si riscalda ed è poi scaricata alla superficie o nel sottosuolo stesso attraverso le rocce permeabili presenti intorno. Il calore è acquisito dal sistema per convezione e per effetto della circolazione dei fluidi.
Sistemi statici: la ricarica del serbatoio in questo caso è molto ridotta, e lo scambio termico
avviene soltanto per conduzione. Troviamo in questa categoria sistemi geo-pressurizzati e sistemi a bassa temperatura. Tali tipi di serbatoi vengono a formarsi in grandi bacini sedimentari a profondità di 3-7 km, sono formati da rocce sedimentarie permeabili inglobate all’interno di strati impermeabili a bassa conduttività all’interno dei quali è
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contenuta acqua calda pressurizzata che è rimasta intrappolata al momento della deposizione.
IV.Infine, la classificazione più comune è in funzione dell’entalpia posseduta dal fluido geotermico, la quale risulta strettamente legata alla temperatura a cui si trova il fluido vettore:
Figura 1.10-Classificazione delle risorse geotermiche in base alla Temperatura (°C)
Negli anni numerosi studiosi hanno definito un determinato range di temperatura associato ad ognuna delle tre classi di entalpia. Facendo riferimento alla classificazione fatta da P. Muffler e R. Cataldi, si può analizzare per ogni categoria quale è il possibile sfruttamento della risorsa:
Bassa entalpia T < 90°C
Gli impianti a bassa entalpia sfruttano il calore del sottosuolo fino a profondità di 200m attraverso l’installazione, in appositi pozzi, di sonde geotermiche accoppiate a pompe di calore geotermiche. Le pompe di calore geotermiche sono dei macchinari caratterizzati da un funzionamento reversibile e permettono lo scambio di calore tra due sorgenti, in questo caso il sottosuolo, che al di sotto dei primi 4-5m la sua temperatura rimane costante attorno ai 12-15°C, e l’ambiente da climatizzare, utilizzando il terreno, o l’acqua che si trova al suo interno, come fonte (funzionamento invernale) o come dispersore (funzionamento estivo) di calore.
Si distinguono essenzialmente due tipologie di impianto funzionanti con pompa di calore geotermica:
o Impianto a circuito aperto: in questo caso viene sfruttata l’acqua di falda sia come sorgente
di energia termica, sia come fluido termovettore che scorre nel circuito e scambia energia con la pompa di calore;
o Impianto a circuito chiuso: in questo caso ad interfacciarsi con la sorgente geotermica vi è
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glicole o un liquido antigelo) scorre all’interno svolgendo la funzione di trasferimento del calore dal sottosuolo alla pompa di calore e viceversa.
I parametri fondamentali per queste tipologie di impianti sono la temperatura disponibile della falda, e la sua profondità. Maggiore è la profondità dalla quale viene prelevato il fluido e maggiore risulterà essere la potenza richiesta dalla pompa d’estrazione (l’applicazione risulta interessante a quote <500m); parallelamente poi abbiamo che maggiore è la temperatura della falda (quindi maggiore è il salto termico tra ingresso e uscita del fluido di lavoro), minore sarà la portata necessaria per trasferire una prefissata quantità di calore (e questo si traduce in un minor costo di pompaggio), ma allo stesso tempo un salto termico alto porta ad abbassare il rendimento exergetico del sistema di scambio. Quindi si evince che tali soluzioni impiantistiche richiedono una valutazione di compromesso tra potenza estraibile e potenza richiesta per il pompaggio del fluido.
Media entalpia 90°C < T < 150°C
Le sorgenti che si inseriscono in questa classificazione rappresentano la maggior versatilità perché sono applicabili sia in sistemi che riguardano l’utilizzazione diretta dell’energia geotermica quali: teleriscaldamento di ambienti civili e industriali, applicazioni industriali come l’essicazione della frutta e verdura, e produzione della carta; sia in sistemi che riguardano la produzione di energia elettrica attraverso degli opportuni cicli binari.
Per quanto riguarda l’applicazione nel campo della produzione di potenza, è ovvio che non è paragonabile agli impianti ad alta entalpia, ma in un contesto generalizzato di produzione di energia elettrica a carattere locale per piccole utenze, la geotermia a media entalpia presenta prospettive di sviluppo interessanti e una valida alternativa ai sistemi di produzione tradizionali, soprattutto dal punto di vista dell’impatto ambientale.
Vengono di seguito riportati due particolari esempi che vedono delle sorgenti geotermiche a media entalpia applicate all’utilizzo diretto del calore:
o Teleriscaldamento di Ferrara: qui la fonte geotermica classificata come a media entalpia,
opera, assieme ad altre fonti energetiche (termovalorizzazione di WTE e caldaia a metano), per soddisfare il fabbisogno termico della città attraverso una rete di teleriscaldmento alla quale offre 14MWth di potenza termica che ricoprono l’11% della potenza totale installata.
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o Teleriscaldamento di Reikjavik: qui la città è riuscita a poter garantire il 90% del fabbisogno
termico della popolazione sfruttando una risorsa geotermica a media entalpia e detenendo attualmente il primate di impianto di teleriscaldamento più grande al mondo.
Alta entalpia T > 150°C
Qui si collocano quelle risorse geotermiche, sia in fase vapore che in fase liquida, con un elevato contenuto energetico tale da poter essere sfruttato in impianti di potenza per la produzione di energia elettrica.
Quelle sorgenti caratterizzate da vapore saturo secco o vapore surriscaldato vengono impiegate in impianti dove il fluido, una volta estratto, fa direttamente ingresso in una turbina in cui l’energia termica posseduta viene convertita prima in energia meccanica e successivamente, attraverso un alternatore, in energia elettrica. Questi vengono detti “impianti dry steam”.
Per quelle sorgenti caratterizzate invece da acqua calda in pressione, una volta estratto il fluido, la fase vapore viene separata normalmente dalla fase liquida a valle di una laminazione ad entalpia costante. Negli “impianti a flash” tale vapore viene fatto espandere in turbina generando, tramite un alternatore, energia elettrica. In alternativa, tramite scambiatori di calore, viene fatto cedere il calore posseduto dal vapore e dall’acqua geotermica ad un altro fluido di lavoro caratterizzato da un basso punto di ebollizione (fluido organico), il quale poi una volta vaporizzato andrà a cedere l’energia acquisita ad una turbina convertendola così in energia meccanica e quindi, attraverso un alternatore, in energia elettrica. Si parla in questo caso di “impianti a ciclo binario”.
La convenienza dell’applicazione di un sistema rispetto all’altro dipende essenzialmente dalle condizioni chimico-fisiche della sorgente geotermica. La figura che segue riporta una raffigurazione delle tre tipologie impiantistiche (fig.1.11):
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Due importanti poli produttivi che utilizzano delle sorgenti ad alta entalpia per la produzione di energia elettrica sono:
o Il polo produttivo di The Geysers, in California, che con una potenza installata di 1400 MW e una potenza prodotta di 750 MW attraverso 14 unità, risulta ad oggi il polo con centrali a condensazione più grande al mondo, ed è sufficiente a soddisfare le richieste energetiche dell’area metropolitana di San Francisco;
o l’area di produzione geotermoelettrica Toscana, comprendente gli impianti di Larderello. Radicondoli, Lago e del Monte Amiata, dove sono presenti 36 centrali per una potenza installata di 900 MW, che forniscono il 30% del fabbisogno energetico della Toscana.
Di seguito vengono riportati i dati caratteristici di alcuni dei più grandi impianti riconducibili alle tre tipologie impiantistiche sopra descritte (figura 1.12 e 1.13):
Figura 1.12-Caratteristiche di alcuni impianti "dry steam" e "flash"
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1.3. Geotermia in Italia e nel mondo
La geotermia, e l’energia che da essa ne deriva, ha accompagnato l’uomo fin dai tempi antichi dimostrando sempre di possedere un potenziale energetico enorme da poter offrire. Solo di recente però è stato possibile sfruttare tale risorsa per la generazione di elettricità, ed in particolare tutto è iniziato nel 1913 a Larderello, in Toscana, con l’ingresso della prima centrale geotermica nel mondo costituita da un gruppo turboalternatore di complessivamente 250 kWe costruito dalla società Franco Tosi [10]. Da questo momento in poi tale tecnologia ha fatto dei grandi passi avanti, non solo in Italia ma in tutto il mondo, arrivando secondo i dati più recenti disponibili per l’anno 2015, ad una potenza mondiale installata di 12,6 GWe corrispondente ad un valore di energia prodotta di 73.549 GWh [5].
Tali valori rappresentano però al momento circa solo lo 0,5 % della produzione elettrica mondiale, e ciò conferma che l’energia geotermica, come le altre fonti non convenzionali di energia (eccetto quella idroelettrica), gioca ancora un ruolo marginale su scala planetaria. Di ciò è anche complice il fatto del recente sviluppo che, ad oggi, ha portato ad avere una tecnologia capace di sfruttare, con costi ragionevoli, solo una piccola parte del potenziale termico di cui la terra dispone (fig.1.3).
Tuttavia, per alcuni paesi industrializzati dove la potenza elettrica raggiunge valori assai elevati, è molto improbabile che, anche con il progredire della tecnologia, nei prossimi dieci anni l’energia geotermica possa dare un contributo superiore dell’1% del totale mondiale; nei Paesi in via di sviluppo invece, dove vi è ancora un consumo limitato di elettricità e dove magari vi sono buone prospettive geotermiche, è molto probabile che tale fonte arrivi a ricoprire un ruolo di maggior rilevanza nella produzione di energia elettrica.
Ogni cinque anni viene effettuato un congresso mondiale denominato “World Geothermal Congess” che presenta gli ultimi dati caratterizzanti la produzione di energia elettrica da fonte geotermica nel mondo, e illustra quale è stato negli anni il progresso di questa tecnologia. Di seguito vengono riportati i dati dell’ultimo congresso avvenuto nel 2015 a Melbourne reperiti dall’articolo “Geothermal Power Generation in the World 2010-2014” [5]:
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Figura 1.14-Potenza elettrica installata nel mondo-2015-
Dal grafico riportato in figura 1.15, è possibile osservare il rapido incremento della potenza installata e della relativa energia elettrica prodotta a partire dai primi anni 90’ in poi, per i quali ogni 5 anni è stata registrata una crescita in media del 16%.
Figura 1.15-Trend di crescita della potenza installata ed energia prodotta dal 1950 al 2020
Vengono di seguito riportati i dati caratteristici di alcune delle zone presenti in figura 1.14, illustrando nello specifico la situazione geotermica in Italia:
USA: per l’anno 2015, la capacità lorda installata di energia elettrica era di 3450 MWe,
di cui 2542 MWe netti (funzionanti), producendo circa 16600 GWh l’anno. E’ possibile individuare centrali elettriche geotermiche in California, Nevada, Utah, Hawaii, Alaska, Idaho, New Mexico, Oregon e Wyoming. La California è lo stato più importante, sede dei due principali poli produttivi che sono The Geysers e Imperial Valley. In Alaska si detiene il record mondiale della temperatura più bassa del fluido geotermico utilizzato in un ciclo binario, ovvero 74°C, portando con 3 unità ad una potenza installata di 730
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kWe. In Nevada, a Stillwater, si trova invece il primo impianto ibrido geotermico-solare, in cui l’unità geotermica di 48 MWe viene completamente integrata da 26 MWe di pannelli fotovoltaici e 17 MWth di pannelli solari termici che apportano un incremento di potenza elettrica pari a 2 MWe. L’energia geotermica rimane tuttavia un piccolo contributo alla capacità e alla generazione di energia elettrica negli Stati Uniti, stimato intorno allo 0,48% della generazione totale.
INDONESIA: le risorse geotermiche del paese sono associate ai vulcani posti lungo Sumatra,
Giava, Bali e le isole poste nella parte orientale dell’Indonesia, che fanno stimare un potenziale atteso di circa 28 GWe proveniente da 312 siti geotermici potenziali. La capacità installata, riportata sempre al 2015, era di 1340 MWe, producendo 9600 GWh l’anno di energia elettrica. Si stima che vi sarà una crescita entro il 2025, che porterà ad avere una potenza elettrica installata di 6000 MWe corrispondente al 5% del fabbisogno energetico del paese.
ITALIA: la generazione di energia elettrica da fonte geotermica è localizzata in Toscana, nelle storiche aree di Larderello-Travale e Monte Amiata che rispettivamente, facendo sempre riferimento ai dati del 2015, forniscono una potenza installata di 795 MWe e 121 MWe, portando ad una produzione elettrica annua di 5700 GWh. Nell’area dell’Amiata è stato realizzato il primo impianto binario in Italia per la produzione di potenza, ovvero il gruppo binario Bagnore 3 della potenzialità di 1MWe, ed è stato realizzato utilizzando il liquido ottenuto da una separazione flash. Inoltre, si evidenzia l’impianto di Cornia 2, che risulta essere il primo impianto ibrido geotermico-biomassa in cui viene utilizzato il calore proveniente dalla combustione della biomassa per surriscaldare il vapore geotermico. Rispetto alla potenza generata con la sola risorsa geotermica, tale sistema ha portato l’impianto ad un incremento del 48,7% della potenza lorda, la quale è passata da 12,1 MWe a 18 MWe.
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1.4. Configurazioni impiantistiche per la produzione di potenza
Nel precedente paragrafo 1.2 sono state presentate le varie classificazioni della sorgente geotermica, ed è emerso che quelle maggiormente sfruttate per la produzione di energia elettrica sono appartenenti alla categoria delle sorgenti idrotermali, in particolare si tratta di sorgenti a vapore dominante e sorgenti ad acqua dominante.
Gli impianti geotermici basati su questi due tipi di sorgente hanno configurazioni tra loro piuttosto diverse:
Gli impianti a vapore dominante sono caratterizzati da un ciclo termodinamico abbastanza semplice basato su una turbina a vapore senza rigenerazione, che può essere a condensazione o a contropressione; nel primo caso il vapore che evolve in turbina viene condensato sino ad una pressione inferiore alla pressione atmosferica, mentre nel secondo caso il vapore espande fino ad una pressione prossima a quella atmosferica e scaricato direttamente nell’ambiente. Attualmente gli impianti geotermici impiegano di solito un ciclo a condensazione; questo consente, oltre ad una maggiore espansione, sia di reiniettare il fluido geotermico, migliorando la resa del pozzo, sia di controllare le emissioni di gas inquinanti all’atmosfera;
Gli impianti ad acqua dominante necessitano di produrre vapore a partire dall’acqua pressurizzata, per poter alimentare un ciclo termodinamico. Questa operazione può essere realizzata essenzialmente i due modi: il primo consiste nel depressurizzare l’acqua producendo vapore, mediante un processo cosiddetto di flash; il secondo modo consiste nel trasferire il calore dell’acqua ad un fluido a bassa temperatura di ebollizione, che evolve in un ciclo chiuso a condensazione: in questo caso si parla di ciclo binario.
La convenienza dell’applicazione di un sistema rispetto all’altro dipende dalle condizioni termodinamiche della sorgente geotermica. In particolare, per pressioni elevate risulta conveniente il ciclo a flash, mentre per pressioni più basse può essere più idoneo il ciclo binario. Il ciclo binario ha inoltre una maggiore compatibilità ambientale, in quanto il fluido geotermico è perfettamente confinato e non vengono rilasciati all’ambiente le sostanze inquinanti in esso contenuto.
1.4.1.Impianto a vapore dominante a condensazione
Un impianto a vapore dominante a condensazione è segue un semplice ciclo Rankine senza rigenerazione al fine di massimizzare la potenza estraibile dal vapore. Un tipico schema di questo impianto è riportato in figura 1.17:
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Figura 1.17-Rappresentazione di un impianto a vapore dominante con turbina in contropressione
Il vapore estratto dal pozzo passa attraverso un separatore centrifugo che abbatte le particelle solide in esso contenute, quindi entra in una turbina dove si espande fino alla pressione del condensatore. Qui il vapore viene condensato tramite un condensatore a miscela e l‘acqua prodotta viene reiniettata nel pozzo geotermico.
La presenza di gas in condensabili in seno al vapore rende necessaria la loro estrazione durante il processo di condensazione. L’estrazione degli incondensabili può essere effettuata mediante le seguenti tecniche:
aspirazione dei gas mediante un compressore, che opera tra la pressione del condensatore e quella atmosferica, azionato dall’albero meccanico della turbina;
estrazione degli incondensabili mediate un eiettore alimentato con vapore geotermico in ingresso alla turbina.
La soluzione con l’eiettore è in genere meno costosa di quella che impiega il compressore, tuttavia la seconda è più efficiente in termini energetici specialmente se vengono impiegati compressori multistadio interrefrigerati.
Il calore prelevato al condensatore dall’acqua di raffreddamento viene ceduto all’ambiente esterno di solito mediante una torre evaporativa. Infatti, generalmente gli impianti geotermici sono installati in luoghi privi di corpi idrici di potenzialità adeguata ad evitare l’impiego di torri di raffreddamento, le quali determinano sia un incremento del costo di installazione che una penalizzazione in termini di efficienza. La torre di raffreddamento asporta il calore dell’acqua condensatrice in maniera preponderante per l’effetto di evaporazione indotto dall’aria che si trova in condizioni di umidità al di sotto di quelle di saturazione. La sua efficienza viene quindi molto penalizzata da condizioni di elevata umidità dell’aria.
30 Di seguito viene riportato sul diagramma entropico il ciclo geotermico a vapore dominante:
Figura 1.18-Rappresentazione del ciclo geotermico a vapore dominante sul diagramma T-S
Si tratta essenzialmente di un ciclo Rankine, in cui la fase di riscaldamento ed evaporazione del fluido di lavoro è effettuato all’interno del pozzo, cioè direttamente dalla natura, invece che da un generatore di vapore come negli impianti alimentati da combustibile fossile. Quindi il vapore in uscita dal pozzo si trova direttamente alle condizioni di vapore saturo (punto 1) o surriscaldato, e da qui fa ingresso in turbina subendo una fase di espansione con conseguente conversione di energia termica in energia meccanica e successivamente in energia elettrica mediante un alternatore. Successivamente il vapore in uscita dalla turbina viene condensato e portato allo stato di liquido per procede poi verso la reiniezione.
1.4.2.Impianto ad acqua dominante con ciclo di flash
Quando il fluido geotermico è costituito da acqua allo stato liquido, occorre produrre vapore da poter utilizzare anche in questo caso in un ciclo Rankine. La produzione del vapore quindi viene realizzata riducendo la pressione dell’acqua attraverso un processo di flash.
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Figura 1.20-Rappresentazione del ciclo geotermico di flash sul diagramma T-S
L’acqua pressurizzata proveniente dal pozzo geotermico viene sottoposta ad un processo di laminazione che la trasforma in una miscela bifase, il cui titolo è tanto maggiore quanto è più elevata la riduzione di pressione. Dalla miscela viene estratto vapore saturo in un separatore di vapore, che viene utilizzato in un ciclo Rankine per produrre potenza meccanica e quindi elettricità, mentre l’acqua separata viene reiniettata nel pozzo geotermico.
Un’altra possibilità è quella di utilizzare l’acqua separata per produrre ulteriore vapore mediante un secondo processo di flash: il vapore prodotto viene quindi introdotto in turbina ad un livello intermedio di pressione.
La pressione a cui avviene la separazione flash è un parametro fondamentale del ciclo e che quindi va al meglio ottimizzato: infatti la portata di vapore prodotto cresce al diminuire della pressione di flash, ma al contempo decresce la pressione di ingresso turbina e quindi il salto d’espansione disponibile. La giusta pressione è il risultato di un compromesso tra un’adeguata portata di vapore e un’adeguata pressione di ingresso turbina tali da massimizzare la potenza prodotta.
1.4.3.Impianti a ciclo binario e caratterizzazione dei fluidi organici
Nel caso di sorgenti geotermiche caratterizzate da un basso contenuto entalpico, o sorgenti provenienti da un precedente ciclo di lavoro che però possiedono ancora un certo quantitativo di energia da dover sfruttare, una soluzione impiantistica plausibile è quella di un ciclo binario. Il concetto di base è quello di trasferire il quantitativo di energia termica posseduta dal fluido sorgente ad un fluido con temperatura di saturazione, a parità di pressione, notevolmente inferiore a quella dell’acqua, ottenendo così del vapore da espandere in un classico ciclo Rankine o ciclo Hirn.
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Figura 1.21-Rappresentazione schematica di un impianto con ciclo binario
Il fluido geotermico cede calore in uno scambiatore al fluido di lavoro che viene portato alle condizioni di saturazione, quindi viene fatto evaporare e successivamente surriscaldato fino alla temperatura di ingresso turbina. Il fluido di lavoro si espande in turbina producendo energia elettrica mediante un alternatore e successivamente viene condensato in un condensatore a superficie. In questo caso, rispetto ai precedenti, è necessario impiegare un condensatore a superficie trattandosi di un ciclo chiuso.
Un ciclo di questo tipo è ovviamente più pulito dei precedenti, in quanto non si verifica il trascinamento di parte di gas incondensabili non estratti in corrispondenza del condensatore a miscela, con conseguente loro emissione attraverso le torri, e tutta la portata di fluido geotermico utilizzata può essere reiniettata.
I fluidi organici applicati nei cicli binari possono essere di varia natura, e principalmente vengono classificati in tre categorie:
“fluidi secchi” (dry fluids): in genere sono fluidi con grande peso molecolare per i quali la curva di saturazione o campana nel piano T-s è detta retrograda, ovvero la curva ha una pendenza positiva;
“fluidi bagnati” (wet fluids): caratterizzati da una curva di saturazione con pendenza negativa, solitamente necessitano di un certo grado di surriscaldamento;
“fluidi isoentropici” (isentropic fluids): hanno curve di saturazione del vapore quasi verticali, come ad esempio l’R245fa;
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Figura 1.22-Classificazione delle tre categorie di fluido organico
La scelta tra una tipologia di fluido o l’altra dipende dal tipo di ciclo in cui viene applicato, dalle caratteristiche della sorgente utilizzata e dal parametro di ciclo che si vuole ottimizzare.
Sono identificabili due principali vantaggi nell’utilizzo dei fluidi organici rispetto all’utilizzo dell’acqua:
Un primo vantaggio, come già anticipato, è il fatto di avere l’evaporazione del fluido a valori di temperatura e pressione notevolmente più bassi consentendo una notevole influenza sulla tipologia e la qualità di sorgente da utilizzare. Inoltre, sempre in relazione alle temperature massime raggiungibili, si ottengono rapporti di espansione più limitati rispetto all’utilizzo dell’acqua con conseguente utilizzo di macchine motrici più compatte.
Tali fluidi sono inoltre caratterizzati da un basso valore del calore latente di vaporizzazione rispetto al caso dell’acqua, e questo consente un avvicinamento dei profili di temperatura che caratterizzano lo scambio termico tra sorgente e fluido organico con conseguente incremento dell’efficienza di scambio.
La scelta del fluido deve rispettare anche le caratteristiche relative alla tollerabilità ambientale e alle sue caratteristiche di infiammabilità e tossicità, per questo motivo sono stati introdotti alcuni parametri di validità internazionale che tengono conto di questi aspetti:
ODP (Ozone Depletion Potential). Esprime la capacità di una sostanza di impoverire lo
strato di ozono stratosferico. Viene indicato secondo una scala numerica adimensionale riferita al valore unitario assunto per l’R11 (ODPR11=1). Per tutti gli altri fluidi l’ODP è
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GWP (Global Warming Potential). Esprime il contributo della sostanza in questione al
riscaldamento globale. Viene indicato secondo una scala numerica adimensionale riferita al valore unitario assunto per l’anidride carbonica (GWPco2=1). I valori sono stati definiti
per gli altri fluidi dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel 1994, ma sono in continuo aggiornamento. Per tutti i fluidi sintetici i valori sono ben maggiori di uno. L’R22 ha ad esempio un elevato GWP, pari a 4000, mentre per l’R134a viene registrato un valore di 1300. Un idrocarburo, come il propano, ha invece un ridottissimo
GWP, pari a 3.
TEWI (Total Equivalent Warming Impact). Esprime l’impatto totale del fluido sull’effetto
serra suddividendo in effetto serra diretto ed indiretto; il primo è rappresentato dalla perdita di carica di refrigerante dal sistema che ne fa uso, mentre il secondo è legato alle emissioni di anidride carbonica derivanti dal consumo energetico del sistema. A differenza dei due parametri precedenti, specifici della sostanza considerata, in questo caso si tratta di un parametro relativo al sistema. È evidente che nel caso di un impianto geotermoelettrico non si ha effetto serra indiretto, ma solo diretto. In realtà l’effetto serra indiretto assume valore negativo identificando un risparmio sulle emissioni. Infine, devono essere considerate la disponibilità e il costo del fluido nella scelta del fluido di lavoro: ad esempio i fluidi refrigeranti tradizionali risultano costosi e di scarsa disponibilità, mentre gli idrocrburi come pentano e butano risultano più economici e di più larga disponibilità, ma di contro presentano un alto rischio di infiammabilità.
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2.
GENERALITA’ SULLE TURBOMACCHINE
2.1. Scambio di lavoro tra fluido e macchina
Esistono diversi tipi di classificazioni per identificare le varie tipologie di macchine a fluido, e una di queste è suddividerle tra macchine operatrici e macchine motrici: le prime conferiscono energia al fluido assorbendo lavoro meccanico, mentre le seconde sottraggono energia al fluido per erogare lavoro meccanico.
Un ulteriore classificazione riguarda la metodologia per mezzo della quale avviene lo scambio di lavoro tra fluido e macchina, ed in tal caso si distinguono le macchine volumetriche e le macchine
dinamiche : nelle prime il fluido interagisce in maniera statica con le pareti mobili della macchina
mediante forze di pressione, in tal caso quindi l’energia cinetica del fluido può essere trascurata rispetto all’entità del lavoro scambiato; nelle seconde invece, facendo riferimento ad esempio a una macchina operatrice, il fluido è caratterizzato da una certa energia di pressione, che viene convertita in energia cinetica e successivamente in lavoro meccanico, per cui le velocità assunte dal fluido sono determinanti per l’entità del lavoro scambiato.
Si faccia riferimento quindi alle macchine motrici di tipo dinamico, le Turbomacchine, le quali sono costruttivamente composte da una parte fissa detta Statore e una parte mobile detta Rotore. Il rotore è come un solido cilindrico girevole attorno al proprio asse geometrico, ed è dotato, sulla periferia, di un certo numero di palette che variano profilo e numero in funzione delle caratteristiche di funzionamento della turbomacchina presa in esame. Lo statore invece è costituito da un certo numero di condotti fissi a sezione variabile attraverso i quali il fluido trasforma la sua energia di pressione in energia cinetica.
Per visualizzare l’andamento della velocità del fluido durante l’attraversamento degli organi fissi o mobili, ci si avvale dei triangoli di velocità: