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Customer Relationship Management: il ruolo cruciale del Knowledge Management, del personale e delle nuove tecnologie.

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE

3

METODOLOGIA UTILIZZATA PER LA REVISIONE

DELLA LETTERATURA

5

1. CRM – CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT

8

1.1 Evoluzione e Definizione del CRM

8

1.2 CRM e KM: il Knowledge Management gioca un ruolo chiave

nel successo del CRM

15

1.2.1 Audit del CKM: verificare che il CRM sia

effettivamente abilitato alla conoscenza

25

1.2.2 CKM e capacità d’innovazione

27

1.2.3 CKM e social media – Caso Starbucks

31

1.3 Orientamento ai dipendenti: il CRM richiede una

focalizzazione organizzativa sul personale

37

2. CRM integrato con le nuove tecnologie

45

2.1 CRM e Intelligenza Artificiale

46

2.1.1 La relazione tra AI, CRM e KM

52

2.1.2 Intenzione comportamentale del personale ad

adottare un sistema CRM integrato con AI

55

2.2 CRM integrato con Internet of Things e Big Data

57

2.3 Il CRM e lo scenario pandemico

62

3. SOCIAL CRM

68

3.1 Implementare il Social CRM

68

3.2 Social Network

82

3.2.1 Twitter

83

3.2.2 Facebook

90

(2)

3.2.3 Instagram

94

3.3 Il caso Nike

96

CONCLUSIONI

103

BIBLIOGRAFIA

106

(3)

INTRODUZIONE

Il presente elaborato si pone l’obiettivo di comprendere i fattori e le dimensioni che impattano sul livello di efficacia del CRM. In un contesto così dinamico e stringente, una strategia improntata al Customer Relationship Management è diventata progressivamente una priorità per le organizzazioni di tutto il mondo, che hanno gradualmente compreso come esso possa essere un cruciale vantaggio competitivo. Ciò che spesso risulta decisamente arduo da comprendere è che il CRM non è solamente una tecnologia o un software capace di migliorare la gestione dei rapporti con i clienti creando una visione più ampia, ma è soprattutto una strategia, che comporta inevitabilmente un cambiamento organizzativo, una visione chiara e condivisa, la reingegnerizzazione dei processi di business e delle funzioni aziendali; inoltre è anche un processo aziendale ed, infine, una vera e propria filosofia di business.

La domanda di ricerca alla quale si è cercato di rispondere è quella di individuare e analizzare le ragioni per cui numerosi progetti CRM intrapresi da imprese non generino i benefici attesi e, quindi, falliscano successivamente o addirittura durante la fase implementativa. Numerosi studiosi hanno messo in evidenza che il CRM spesso viene erroneamente equiparato alla sola tecnologia, questo ha portato all’implementazione di un sistema CRM senza avere alla base alcuna strategia.

Le sotto-domande scaturite dalla domanda di ricerca principale sono tre:

1- Quali sono i presupposti fondamentali affinché un’azienda possa implementare con successo una strategia CRM?

2- Quali fattori possono essere considerati come “predittori di un’implementazione CRM di successo?”

3- Implementare un sistema CRM vuol dire raccogliere, memorizzare, analizzare e gestire enormi quantità di dati, quindi occorre sapere “quali sono attualmente gli strumenti della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (Artificial Intelligence, Big Data, Internet of Things) che permettono una più efficace raccolta e gestione delle informazioni?”; “Quali tra questi strumenti contribuiscono maggiormente al successo di una strategia CRM?”

Il seguente lavoro di ricerca è articolato in tre capitoli. Il primo capitolo illustra brevemente l’evoluzione del sistema CRM, il ruolo dei dati del cliente e definisce il CRM come una vera e propria strategia aziendale. Il capitolo prosegue esplorando in maniera

(4)

dettagliata quei fattori definiti predittori di un’implementazione CRM di successo, ovvero il Knowledge Management e l’Orientamento ai dipendenti. Le aziende si sono rese conto che il KM gioca un ruolo chiave nel successo dei processi CRM, infatti, viene considerato il principale sotto processo del Customer Relationship Management perché, per gestire quest’ultimo in modo efficace, le aziende devono sviluppare notevoli capacità relative al processo di gestione della conoscenza del cliente. La conoscenza del cliente è una risorsa preziosa per le imprese in quanto consente loro di personalizzare la relazione con esso, rispondere rapidamente alle esigenze e adattarsi ai continui cambiamenti del mercato. È interessante sottolineare che, a differenza dei dati, la conoscenza è incorporata nelle persone, quindi è necessario porre particolare attenzione alla gestione di esse. Infatti, molti studiosi (tra cui Reinartz, 2004) affermano che un processo CRM richiede una forte focalizzazione organizzativa sul ruolo dei dipendenti. Quest’ultimi sono parte integrante di tale processo, pertanto risulta fondamentale comprendere le loro esigenze, riconoscere e premiare il contributo fornito da essi alla creazione di valore per il cliente e per le migliori prestazioni aziendali.

Il secondo capitolo offre una visione panoramica dei diversi strumenti della tecnologia dell’informazione e della comunicazione che supportano i processi CRM nell’attuale contesto. Tra queste tecnologie vi sono l’Intelligenza Artificiale, i Big Data e Internet of Things. L’integrazione tra CRM e AI permette di automatizzare le attività ripetitive, le attività di acquisizione dei dati, la creazione di messaggi personalizzati che saranno inviati sul canale più giusto, tutto ciò faciliterà il lavoro al personale favorendo la produttività e il successo del progetto CRM. I Big Data sono diventati una necessità gestionale, poiché la raccolta e l’analisi di grandi quantità di dati in tempo reale consente la generazione di nuova conoscenza utile per prendere decisioni più consapevoli. I Big Data provengono da numerose fonti di diversa natura, come Social Network, applicazioni mobili, sensori integrati in migliaia di oggetti che, collegati alla Rete, oggi chiamiamo Internet of Things. Ogni volta che usiamo un computer, uno smartphone o una app sul tablet lasciamo una nostra impronta digitale fatta di dati.

Il terzo capitolo va ad approfondire il Social CRM, conosciuto anche come CRM 2.0, una filosofia e una strategia di business che si avvale dell’impiego delle nuove tecnologie, ovvero, Social Network e Web 2.0. Tale strategia è basata sul coinvolgimento e l’interazione continua con il cliente al fine di costruire relazioni forti e durature. Il capitolo

(5)

prosegue esplorando tre Social Network molto utilizzati dalle aziende, ovvero, Facebook, Twitter ed Instagram. Infine, è prevista l’analisi di un caso studio. Vi è una dimostrazione pratica di come Nike, azienda statunitense leader nel settore calzaturiero e dell’abbigliamento sportivo, coinvolge attivamente i propri clienti attraverso il Nike by You (personalizzazione delle scarpe), gli Influencer presenti sui Social Network sponsorizzando eventi sportivi mondiali, le due app Nike Run club e Nike Training club. In questo modo l’azienda trae un doppio vantaggio: in primo luogo, i clienti si sentono parte di un club, di conseguenza maggiormente fedeli al marchio; in secondo luogo, l’organizzazione ha la possibilità di acquisire ulteriori informazioni sui propri clienti, sulle loro preferenze sportive e di prodotto. Tali informazioni vanno ad alimentare i profili olistici dei clienti nel sistema CRM.

METODOLOGIA UTILIZZATA PER LA REVISIONE DELLA

LETTERATURA

Attraverso la rassegna della letteratura, la presente ricerca ha lo scopo di analizzare criticamente tematiche che ad oggi sono più che mai oggetto di forte dibattito.

L’analisi effettuata si è focalizzata principalmente su tematiche riguardanti il Customer Relationship Management come strategia e filosofia aziendale e approfondimenti sui temi del Knowledge Management e Orientamento ai dipendenti; aspetti essenziali per poter implementare una strategia CRM di successo all’interno delle aziende. Si è data particolare importanza a questi argomenti in quanto gran parte delle ricerche hanno messo in evidenza che circa il 60-80% dei progetti CRM falliscono a causa dell’applicazione inadeguata delle due dimensioni sopra citate. Infatti, molti ricercatori hanno individuato queste due dimensioni come fattori che consentono o ostacolano il raggiungimento dei risultati CRM desiderabili.

Un processo CRM deve essere supportato dall’orientamento alla relazione con il cliente e dalla gestione della conoscenza. Quest’ultima scaturisce dalla raccolta, archiviazione, analisi e gestione dei dati e delle informazioni, che a sua volta genera distribuzione di conoscenza a supporto del processo decisionale. Quindi, il Customer Relationship Management e il Knowledge Management possiedono un notevole potenziale sinergico. Inoltre, l’introduzione del CRM comporta un cambiamento organizzativo, di

(6)

conseguenza questo influisce sul personale e sul loro comportamento, che a loro volta influenza il successo dei progetti CRM.

È stato necessario affrontare anche tematiche riguardanti il Social CRM, una strategia basata sul coinvolgimento e interazione con i clienti mediante l’integrazione dei canali di social media nelle piattaforme CRM. Tale strategia rappresenta l’evoluzione del CRM strategy. Rispetto a questi temi si è data particolare rilevanza a tre Social Network ad oggi molto utilizzati, Facebook, Twitter ed Instagram.

Sono state analizzate inoltre tematiche riguardanti la necessità di integrare il processo CRM con le nuove tecnologie, come Intelligenza Artificiale, Big Data e Internet of Things. Queste tecnologie rendono le aziende più competitive e permettono di raccogliere, archiviare, analizzare e gestire efficacemente grandi quantità d’informazioni che alimentano i profili olistici dei clienti del sistema CRM.

Le fonti utilizzate per questo lavoro di ricerca sono state ritrovate nel sistema bibliotecario di Ateneo. La Banca Dati di ambito economico principalmente utilizzata è EMERALD Insight. Inoltre, le fonti utilizzate sono state focalizzate su riviste accademiche.

L’utilizzo di queste fonti ha permesso di perfezionare la ricerca rispetto alle tematiche di interesse, ma allo stesso tempo di osservare le diverse prospettive con cui il medesimo argomento viene affrontato.

La ricerca si è quindi focalizzata su 5 parole chiave: 1. CRM

2. KNOWLEDGE MANAGEMENT (KM) 3. EMPLOYEE ORIENTATION

4. SOCIAL CRM

5. ARTIFICIAL INTELLIGENCE (AI)

In primis, la ricerca delle fonti è stata effettuata attraverso l’analisi di ciascuna parola sopra citata; questo è stato utile per poter osservare le informazioni di carattere generale, in modo tale da poter avere una visione più ampia e completa dell’argomento oggetto d’interesse. Successivamente, è stato opportuno associare le parole chiave utilizzate per definire con più precisione l’ambito di ricerca. Di seguito si evidenziano i risultati numerici emersi durante la ricerca effettuata nella banca dati sia per singola parola chiave che in forma aggregata.

(7)

TAB. N. 1 – RISULTATI SINGOLI

PAROLA CHIAVE

N. DOCUMENTI

EMERALD INSIGHT

CRM

4.000

KM

173.000

EMPLOYEE ORIENTATION

41.000

SOCIAL CRM

3.000

AI

13.000

TAB. N. 2 – RISULTATI AGGREGATI

PAROLA CHIAVE

N. DOCUMENTI

EMERALD INSIGHT

CRM – KM

308

CRM – EMPLOYEE

ORIENTATION

1.000

CRM – AI

786

AI- EMPLOYEE ORIENTATION

4.000

KM – SOCIAL CRM

254

Questa modalità di ricerca ha permesso di osservare che le parole chiave utilizzate non sono separate tra loro ma, ognuna di loro è strettamente legata all’altra. Sulla base dei risultati aggregati ottenuti, si è data maggior importanza a documenti che permettono un’analisi e un’interpretazione dell’argomento in chiave organizzativa, in modo tale che le aziende possano avere un chiaro riferimento. Inoltre, l’attenzione si è focalizzata su documenti che considerano il CRM e il KM come un unico fattore, ovvero il CKM. Quest’ultimo strettamente legato all’orientamento ai dipendenti e all’Artificial Intelligence.

(8)

CAPITOLO 1

CRM: CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT

In questo capitolo è stata fornita una definizione chiara e completa di CRM ed analizzata la sua evoluzione; da soluzione meramente tecnologica a strategia e filosofia di business. Il capitolo prosegue analizzando il ruolo del KM nella gestione delle relazioni con i clienti e la loro integrazione (CKM) all’interno dei processi aziendali. Il Knowledge Management o gestione della conoscenza viene considerato come fattore critico di successo nei processi CRM, essendo quest’ultimo un processo caratterizzato da un’elevata intensità di conoscenza, in particolare di tre categorie “conoscenza del, dal e per il cliente”. Successivamente, viene analizzato il processo di audit del CKM che consente di valutare l’esistenza e l’implementazione di quest’ultimo, con l’obiettivo di individuare la conoscenza disponibile o mancante per poter attivare azioni adeguate a colmare le carenze conoscitive. Nei paragrafi successivi, viene studiata l’importanza del CKM per lo sviluppo di capacità innovative e l’importante ruolo dei social media nella gestione della conoscenza del cliente. Infine, è stato analizzato il ruolo determinante del personale nel successo del CRM, poiché attraverso essi, il loro impegno e le loro capacità, l’organizzazione può mettere effettivamente in atto la strategia CRM. Dunque è importante che il personale sia coinvolto, formato e motivato per raggiungere gli obiettivi prefissati.

1.1 Evoluzione e Definizione del CRM

A partire dagli anni ’90, ma in particolar modo nell’ultimo decennio, la gestione delle relazioni con i clienti è diventata una priorità assoluta per le aziende, per tale motivo c’è stato un crescente interesse per il CRM sia nella letteratura che nel mondo del business. Dalla sua introduzione, le aziende man mano hanno spostato la loro attenzione dalla vendita di prodotti al servizio ai clienti. Fino a quel momento la tendenza era quella di vendere più prodotti ai clienti senza riuscire a creare valore per essi. Il passaggio dall’orientamento al prodotto all’orientamento al cliente ha fatto emergere alcune problematiche esistenti fino ad allora, come l’utilizzo dei dati dei clienti da parte delle aziende assolutamente insoddisfacente. Dunque, l’attuale ruolo dei dati non era in sintonia con il nuovo orientamento.

(9)

Le ricerche sul CRM hanno affrontato questa nuova configurazione dei dati attraverso le cosiddette “quattro ondate” che rappresentano l’evoluzione dei dati dei clienti nei sistemi CRM.

1) La prima ondata rappresenta le origini del CRM che risalgono agli inizi degli anni ’80. In quegli anni tale sistema era conosciuto come “Database Marketing”, infatti, si riferiva principalmente alla creazione di focus group (gruppo pre-selezionato di persone che si riuniscono per discutere di un determinato oggetto di indagine in modo tale da raccogliere sul campo informazioni) per comunicare direttamente con i propri clienti. Le aziende però si resero conto che le informazioni di cui avevano bisogno erano altre, come gli acquisti effettuati dal cliente, la frequenza di acquisto, a quanto ammontava la spesa e che uso ne faceva dei prodotti acquistati. Per tale motivo, il sistema iniziò ad evolversi e venne denominato CRM. Il nuovo sistema era molto più dinamico di quello precedente, in quanto consentiva la raccolta continua di informazioni e la possibilità di mettersi in contatto con il cliente a 360°.

Nei primi anni ’90 vi è stata una vera e propria esplosione dell’utilizzo dei dati dei clienti, pertanto le aziende hanno dovuto affrontare enormi sfide nell’organizzare e analizzare questi dati. “I fornitori di tecnologie hanno iniziato ad introdurre sul mercato nuovi hardware e software commerciali in grado di gestire al meglio le grandi quantità di dati” (Saarijarvi et al., 2013, p. 585). Grazie a queste soluzioni tecnologiche le aziende avrebbero potuto raccogliere, archiviare, analizzare e gestire meglio il comportamento del cliente e costruire relazioni di lungo termine. Tali sistemi vennero considerati una soluzione tecnologica necessaria per tutte le organizzazioni per poter superare il problema della dispersione dei dati. Il termine “CRM” venne così utilizzato per indicare tutte le attività aziendali legate alla gestione dell’interfaccia cliente-azienda.

2) La seconda ondata provocò la ridefinizione del CRM. A causa del crescente interesse emersero diversi approcci e definizioni di tale sistema. Molti studiosi contrastarono il concetto di CRM come soluzione meramente tecnologica o come un software in grado di affrontare le enormi sfide della gestione dei dati. Dunque, si affermò una nuova visione, “il CRM venne definito come un processo aziendale, una strategia di business, una filosofia, una capacità o una tecnologia” (Saarijarvi et al., 2013, p. 585). Inoltre, questo scenario gradualmente si estese tanto da diventare un approccio

(10)

olistico alla gestione delle relazioni con i clienti. I ricercatori iniziarono a sottolineare le differenze tra approcci di carattere tattico, operativo e strategico. I studiosi Payne e Frow (2005) identificarono tre prospettive di impostazione del CRM: una prima prospettiva più strettamente tattica che si focalizza sull’implementazione di una specifica tecnologia per gestire la clientela; una seconda basata su aspetti operativi come “l’implementazione di una serie integrata di soluzioni tecnologiche orientate al cliente” per monitorare la relazione con esso (Saarijarvi et al., 2013, p. 585); la terza si basa su una visione strategica di tale sistema a tutti i livelli dell’organizzazione, che include un approccio olistico alla gestione delle relazioni con i clienti con l’obiettivo di creare valore anche per gli azionisti. Inoltre, il CRM nel tempo ha sviluppato un forte legame con il Marketing Relazionale spostando sempre più l’attenzione dalla tecnologia al cliente, questo ha portato le aziende a comprendere il valore potenziale dei dati e come questi potrebbero essere sfruttati per servire gli scopi aziendali. 3) La terza ondata ha portato alla frammentazione del CRM. Quest’ultimo si è

gradualmente diversificato man mano che i ricercatori e gli operatori si sono interessati ad argomenti come valore della vita del cliente, adozione e implementazione del CRM, interrelazione tra CRM e gestione efficiente della conoscenza. La ricerca è diventata complessa, alcuni ricercatori si sono focalizzati sull’impatto positivo esercitato dal CRM sulle performance aziendali, altri si sono concentrati sulle opportunità strategiche offerte da questo sistema per la creazione di un vantaggio competitivo sostenibile. In questo contesto i dati dei clienti diventarono per l’azienda una risorsa fondamentale impiegata per prevedere il comportamento dei clienti e ottenere un vantaggio competitivo. Con l’aiuto della tecnologia le aziende hanno utilizzato tutte le informazioni disponibili riuscendo ad acquisire nuovi clienti, mantenere quelli attuali e migliorare le relazioni con essi. Nonostante la diversificazione del CRM, il ruolo dei dati in tale evoluzione è rimasto limitato, poiché sono stati sfruttati per i soli scopi aziendali. Infatti, i dati hanno supportato i processi aziendali e gli sforzi delle aziende nella vendita dei prodotti.

4)

Nella quarta ondata i dati vennero utilizzati a vantaggio del cliente. Le aziende spostarono ulteriormente l’attenzione dall’uso dei dati per i soli scopi aziendali alla condivisione delle informazioni con i clienti. Questo ha portato ad una riconfigurazione del ruolo dei dati nel CRM facendo emergere quattro aspetti

(11)

importanti della condivisione delle informazioni: maggiore fedeltà del cliente, forte differenziazione, valori fermi e un’immagine aziendale positiva. La maggiore fedeltà del cliente scaturisce dal fatto che l’azienda è in grado di fornire ad esso informazioni veramente vantaggiose mediante il servizio offerto. Una forte differenziazione perché l’azienda è in grado di differenziarsi dalla concorrenza nella creazione di valore. In questo modo le organizzazioni forniscono risorse aggiuntive, attirano nuovi clienti e si posizionano maggiormente come impresa di servizi. L’azienda attraverso la condivisione delle informazioni con i clienti mette in pratica i suoi valori e la sua strategia, ad esempio, può enfatizzare l’orientamento al cliente fornendo loro la possibilità di accedere ai propri dati. Infine, i clienti percepiscono un’immagine aziendale positiva grazie all’ottenimento di vantaggi reali.

Si può affermare che, grazie al crescente orientamento al servizio, i dati sono stati considerati come risorsa necessaria per il processo di creazione di valore del cliente, non solo dell’azienda. Contestualmente alla condivisione delle informazioni emerse un nuovo modo di considerare il cliente da “attore passivo” a “partner attivo”. Oggi l’approccio customer centric è il fulcro dell’attività aziendale.

Esistono varie definizioni di Customer Relationship Management che permettono di creare una visione chiara e completa del sistema sopra citato. Di seguito vengono riportate alcune di queste definizioni che sottolineano come il CRM sia prima di tutto una strategia aziendale.

1) “Il Customer Relationship Management (CRM) è una strategia di business per individuare e gestire i clienti per ottimizzare il valore a lungo termine” (Greenleaf e Winer, 2002).

2) “Il CRM è una strategia completa e un processo di acquisizione, mantenimento e collaborazione con clienti selettivi per creare un valore superiore per l’azienda e per il cliente” (Parvatiyar e Sheth, 2001).

3) “Il CRM è un approccio aziendale per comprendere e influenzare il comportamento dei clienti attraverso una comunicazione significativa per migliorare l’acquisizione dei clienti, il mantenimento dei clienti, fedeltà del cliente e redditività del cliente” (Swift, 2000).

4) “Il CRM tenta di fornire un collegamento strategico tra la tecnologia dell’informazione e le strategie di marketing finalizzate alla costruzione di

(12)

relazioni a lungo termine e alla redditività. Questo richiede strategie ad alta intensità di informazioni” (Glazer, 1997).

Molte ricerche affermano che il motivo per cui il CRM non è riuscito a fornire i risultati sperati è dovuto al fatto che erroneamente viene equiparato alla sola tecnologia. Il ruolo di supporto della tecnologia viene spesso confuso con l’aspetto strategico, questo porta all’implementazione diretta del CRM senza aver sviluppato alcuna strategia, dunque, il rischio di fallimento è molto alto. Prima di implementare una strategia CRM è necessario effettuare un’analisi dettagliata della situazione attuale dell’azienda, per avere un’idea chiara dei suoi processi e dell’attuale strategia. Una volta terminata l’analisi, si passa alla formulazione e selezione di una strategia CRM adeguata e, infine, all’implementazione della strategia prescelta. Nella fase di definizione della strategia più adeguata è importante porre enfasi sulla qualità del servizio, definizione di indicatori per misurare la soddisfazione dei clienti, formare il personale, mantenere un dialogo attivo con i clienti, definizione di obiettivi realistici, valutazione delle prestazioni e interfacce basate sulle relazioni. Inoltre, per implementare con successo una strategia CRM bisogna prestare attenzione a quattro step. Di seguito sono illustrate le Fasi salienti di una strategia CRM (Figura 1).

Figura 1 – Fasi della Strategia CRM (Fonte: Mukerjee, 2013. p. 120).

La prima fase di una strategia CRM di successo consiste nell’ENGAGE, ovvero, nella definizione delle modalità di coinvolgimento del cliente. Il Customer Engagement è un processo che inizia con il primo contatto e prosegue ben oltre la vendita del prodotto o servizio, estendendosi oltre il customer service e il supporto post-vendita. Tale processo, quindi, richiede lo sviluppo di un orientamento che va al di là delle singole transazioni con i clienti e lo sviluppo di competenze relazionali, ovvero, la capacità di interagire

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proficuamente con gli altri per comprendere pensieri o stati d’animo. L’obiettivo di questa prima fase è catturare gli interessi, i desideri e le esigenze dei clienti attraverso conversazioni informali e non strutturate con il personale. Per raggiungere tale obiettivo l’azienda deve creare le giuste opportunità, istituire i sistemi e i processi necessari, ed infine formare il personale per poter interagire efficacemente con i clienti. “Il Customer Engagement può essere definito come l’insieme delle interazioni, attraverso vari canali, mirate a creare e rafforzare la relazione con il cliente” (www.digital4.biz). L’utilizzo di canali diversi è fondamentale nella fase del coinvolgimento, in quanto ciascuno dei clienti preferisce usare un mezzo di comunicazione rispetto ad un altro. “Ad esempio, nel caso delle banche, alcuni clienti preferiscono visitare gli sportelli al dettaglio, altri preferiscono effettuare transazioni tramite internet, ad alcuni piace usare gli sportelli automatici, mentre altri preferiscono i servizi bancari telefonici” (Mukerjee, K., 2013, p. 119). La presenza dell’azienda sui Social Network come Facebook, Twitter, Instagram accresce le possibilità di interazione con i clienti.

Inoltre, “per consentire una visione olistica dei clienti, tutte le interazioni dovrebbero essere monitorare attraverso le varie funzioni aziendali, come Vendite, Marketing, Call Center, servizio clienti, canali di distribuzione e partner di alleanza” (Mukerjee, K., 2013, p. 119). L’insieme dei dati raccolti, attraverso i vari canali, crea conoscenza che a sua volta deve essere acquisita e condivisa a tutte le divisioni aziendali, per consentire una visione unica del cliente e per comprendere in anticipo i bisogni e le esigenze di esso. La seconda fase consiste nella segmentazione della clientela (SEGMENT), ovvero, identificare, suddividere e raggruppare i propri clienti in gruppi omogenei sulla base del comportamento d’acquisto, profilo demografico e psicografico. La segmentazione dei clienti consente all’azienda di comprendere meglio le necessità e i desideri di ciascun gruppo di destinatari, in modo tale da offrirgli prodotti e servizi mirati creando soddisfazione e migliorando l’esperienza d’acquisto.

Spesso le aziende si limitano a segmentare la loro clientela sulla base di criteri comportamentali, geografici, demografici o psicografici, questo purtroppo non offre la possibilità di sfruttare alcune potenti armi del CRM come cross-selling e up-selling. La segmentazione dovrebbe andare oltre, concentrandosi anche su interessi, esigenze, aspirazioni non ancora soddisfatte. Monitorare continuamente il flusso delle richieste e la cronologia degli acquisti dei clienti consentirebbe la creazione di ulteriori micro segmenti

(14)

e permetterebbe una segmentazione più efficace. Ciò potrebbe fornire all’azienda “indicazioni sulle loro simpatie e antipatie in termini di categorie merceologiche, sensibilità al prezzo, preferenze di marca e modelli di consumo. Combinando queste informazioni con i profili psicografici dei clienti, è possibile accertare le loro esigenze e aspirazioni insoddisfatte, che potrebbero essere soddisfatte dall’azienda attraverso le loro offerte” (Mukerjee, K., 2013, p. 119).

La terza fase, invece, consiste nella Personalizzazione delle offerte (PERSONALIZE). Gli eventi della vita di un cliente, ad esempio, il proprio compleanno o il compleanno imminente della moglie, del marito o dei figli, possono essere utilizzati per creare offerte personalizzate e significative. L’insieme delle informazioni e dei dati contenuti nel software CRM devono essere integrate con la conoscenza di tutta l’azienda per poter prendere decisioni aziendali incentrate sui clienti. Ad esempio, “i dati acquisiti tramite le carte fedeltà devono essere integrati con gli input ricevuti dal personale coinvolto nelle interazioni, che possono dare preziose informazioni sugli interessi e le aspirazioni dei clienti” (Mukerjee, K., 2013, p. 120).

La quarta e ultima fase della Strategia CRM consiste nel TRACK, ovvero, tenere traccia e monitorare tre parametri fondamentali: quota di portafoglio, lifetime value e la fedeltà dei clienti. Attraverso i risultati di questi tre parametri può essere accertato il successo o il fallimento dell’iniziativa CRM. L’aumento o la diminuzione della quota di portafoglio indica lo sforzo messo in atto dall’azienda per personalizzare le offerte in base agli interessi e alle esigenze dei clienti. Le carte fedeltà e l’accumulo di punti danno importanti indicazioni all’azienda in merito alla fedeltà dei propri clienti. Inoltre, vi sono indicatori come “il ROI (Return on investment) fornisce un’indicazione su quanto bene l’impresa crea valore dai suoi investimenti, e il ROC (Return on customer) che quantifica quanto bene l’azienda crea valore dai propri clienti” (Mukerjee, K., 2013, p. 120).

Dunque, possiamo affermare che la strategia CRM può essere vista come un processo continuo e iterativo costituito dalle quattro fasi precedentemente illustrate. La corretta applicazione di questo processo garantisce alle aziende lo sfruttamento dei numerosi vantaggi del CRM.

(15)

1.2 CRM e KM: il Knowledge Management gioca un ruolo chiave nel

successo del CRM

I processi CRM vengono classificati come processi ad alta intensità di conoscenza. Quest’ultima è una risorsa preziosa per le organizzazioni. Infatti, molti studiosi hanno osservato che l’integrazione tra CRM e KM, ovvero, tra processi di gestione delle relazioni e processi di gestione della conoscenza crea un notevole potenziale sinergico. Per questo motivo, la gestione della conoscenza viene considerata come un fattore critico di successo nei processi CRM. Questo approccio consente alle aziende di potenziare la conoscenza e supportare tutti i processi aziendali orientati al cliente, che a sua volta tendono a migliorare il complesso delle prestazioni aziendali.

I processi CRM sono caratterizzati da due aspetti fortemente correlati tra loro:

- Elevata intensità di conoscenza: “i processi CRM richiedono conoscenze eterogenee, non necessariamente computazionali, fonti per perseguire obiettivi di processo”.

- Complessità dei processi: “i processi CRM hanno per lo più strutture complesse o addirittura strutture non chiare. Ciò implica che è necessario un alto grado di conoscenza per l’esecuzione di un processo” (Gebert et al., 2003, p. 107).

In questi processi la conoscenza viene classificata in tre categorie:

1. Conoscenza del cliente: è la colonna portante delle azioni aziendali, viene raccolta e utilizzata per comprendere i bisogni e le motivazioni dei clienti in modo tale da costruire relazioni durature e personalizzate. Tale categoria include la storia del cliente, l’analisi delle esigenze attuali, aspettative, la cronologia degli acquisti, le caratteristiche dei prodotti e servizi acquistati, l’analisi dei gusti e delle tendenze. 2. Conoscenza dal cliente: è un flusso di conoscenza che va dal cliente verso le organizzazioni. Le interazioni con i clienti rendono possibile la raccolta di ulteriore conoscenza. Essi forniscono continuamente suggerimenti per migliorare la qualità dei prodotti, servizi e processi, nonché lo sviluppo di nuovi beni. Questa categoria include reclami, opinioni su prodotti, suggerimenti per migliorare l’erogazione di un servizio o sviluppare nuovi prodotti.

3. Conoscenza per i clienti: è un flusso di conoscenza che va dalle organizzazioni ai clienti, viene utilizzata per soddisfare le esigenze di conoscenza di essi riguardo a

(16)

prodotti e servizi offerti dall’azienda. Per questo motivo, è essenziale selezionare mezzi di comunicazione efficaci per promuovere beni, offerte e sconti.

Le categorie della conoscenza sopra citate fanno parte del capitale intellettuale di un’impresa. “La gestione di questi diversi flussi di conoscenza è una delle sfide più importanti del CRM” (Gebert et al., 2003, p.109). Ecco che entra in gioco il KM, definito come un insieme di metodologie per generare, organizzare e condividere la conoscenza. Il costante interesse per il KM nel mondo accademico e del business ha fatto emergere diversi modelli che si dividono principalmente in due ampie categorie: modelli epistemologici e ontologici. Questi due approcci cercano di catturare le qualità della conoscenza, al fine di individuare le migliori tecniche di gestione di questa risorsa in un ambiente aziendale. L’epistemologia viene definita come “la filosofia della scienza”, una disciplina che studia la natura della conoscenza e si occupa di definire teorie e modelli. I modelli epistemologici partono dal presupposto che la conoscenza è un’entità che può essere decostruita in attributi discreti e rilevanti. Mentre la teoria autopoietica si basa sul concetto di “creazione di sé stesso”, nel senso che un sistema ridefinisce continuamente sé stesso e si riproduce dal proprio interno. Quindi, un sistema autopoietico coinvolge una rete di processi di creazione, trasformazione e distruzione di componenti che, interagendo tra loro, sostengono e rigenerano in continuazione il sistema stesso.

Secondo l’epistemologia autopoietica, gli individui attraverso l’osservazione e l’interpretazione dell’ambiente in cui si trovano possono acquisire conoscenza. Inoltre, possono trasferire questa conoscenza agli altri attraverso diversi tipi di interazione. La principale caratteristica che differenzia la conoscenza è la difficoltà legata alla sua articolazione. La conoscenza che può essere facilmente articolata è definita come conoscenza esplicita, mentre la conoscenza che è difficile da articolare è definita come conoscenza implicita o conoscenza tacita. Quest’ultima è difficile da trasferire perché nasce dall’esperienza, dall’intuito, dalla cultura personale, quindi fa parte della sfera personale dell’individuo, mentre, la conoscenza esplicita può essere codificata e trasmessa attraverso l’uso del linguaggio formale e sistematico assumendo forme materiali come documenti, database o immagini. I modelli di gestione della conoscenza basati sull’epistemologia presentano delle debolezze quando vengono utilizzati nel contesto aziendale, poiché possono solo misurare il valore della conoscenza sulle base delle sue qualità interne, quindi la valutazione cosi effettuata non è sufficiente per

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prendere decisioni. Dunque, si può affermare che “il valore dei modelli epistemologici in un ambiente aziendale è limitato” (Gebert et al., 2003, p. 111).

In contrapposizione all’epistemologia, vi è l’ontologia, ovvero, quella branca della filosofia che si occupa della natura e dell’organizzazione della realtà. “L’ontologia è una rappresentazione formale, condivisa ed esplicita di una concettualizzazione di un dominio di interesse” (www.wikipedia.org). Tale concettualizzazione può riguardare oggetti, concetti e altre entità esistenti e indaga le loro relazioni. I modelli ontologici, infatti, danno una definizione del concetto di conoscenza. Tali modelli “definiscono la conoscenza come una “scatola nera” con indefinite caratteristiche intrinseche” (Gebert et al., 2003. p. 112). In questi modelli, “le caratteristiche principali della conoscenza vengono definite esclusivamente attraverso le sue relazioni con un universo costruito, che comprende tutte le dimensioni rilevanti” (Gebert et al., 2003, p. 112). Per universo costruito si intende il contesto aziendale e le caratteristiche della conoscenza vengono identificate attraverso l’analisi delle relazioni esistenti tra la conoscenza stessa e le dimensioni dell’ambiente aziendale. Le dimensioni usate frequentemente dai modelli ontologici sono: dimensione di processo e dimensione agente (individuale o di gruppo). I modelli orientati al processo si focalizzano sulle caratteristiche della conoscenza durante il suo ciclo di vita, analizzando tutte le variabili ambientali che influenzano le fasi di sviluppo, diffusione, modifica e utilizzo. “I modelli orientati agli agenti si concentrano sulle caratteristiche della conoscenza durante il suo flusso tra gli individui” (Gebert et al., 2003, p. 112), andando ad analizzare tutte le variabili che accelerano o ostacolano tale flusso. Questi modelli sono in grado di valutare la conoscenza sulla base di uno specifico contesto aziendale. Tuttavia, la capacità di analisi dei modelli ontologici è limitata a causa del disinteresse verso le caratteristiche intrinseche della conoscenza, poiché la realizzazione dei processi KM dipende innanzitutto dalle qualità interne della conoscenza gestita. Ad esempio, la gestione e la diffusione di conoscenza sarà diversa a seconda che si tratti di manifestazione implicita o esplicita. È importante sottolineare che i processi di KM dipendono dalle caratteristiche della conoscenza, per questo motivo i modelli precedentemente illustrati da soli non riescono a valutare il valore a livello operativo. Quindi, l’integrazione dei modelli epistemologici e ontologici sembra avere un alto potenziale sinergico. Infatti, il modello SECI di Nonaka e Takeuchi ha cercato di integrare l’approccio epistemologico autopoietico con la dimensione agente dell’approccio

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ontologico. Sul piano epistemologico, Nonaka e Takeuchi (1994) riprendono la distinzione tra conoscenza tacita e conoscenza esplicita, affermando che la conoscenza espressa in parole o numeri rappresenta solo la punta dell’iceberg dell’intero corpo della conoscenza possibile, mentre la parte sommersa, costituita dalla conoscenza tacita, è la vera fonte di innovazione e rappresenta la parte di maggior valore strategico per l’impresa. Sul piano autopoietico, i due studiosi sostengono che il sistema si riproduce dal proprio interno, ciò significa che la conoscenza si crea e si trasforma all’interno del singolo contesto aziendale, andando a rigenerare e rinnovare la conoscenza stessa. Mentre, sul piano ontologico Nonaka e Takeuchi affermano che la conoscenza viene creata solo dagli individui e un’organizzazione non può creare conoscenza senza di essi, anzi essa deve sostenere la loro creatività e fornire un contesto nel quale essi possono creare facilmente conoscenza. Quindi, secondo i due studiosi, la conoscenza organizzativa deve essere intesa come un processo di diffusione a livello organizzativo della conoscenza creata dagli individui secondo la scala di sviluppo: individuo, gruppo, organizzazione, livello interorganizzativo. Infatti, la dimensione agente del modello ontologico si riferisce al fatto che la creazione di nuova conoscenza avviene soltanto grazie al continuo impegno da parte degli individui e la conversione di conoscenza avviene durante il suo flusso tra gli individui. Nonaka e Takeuchi integrando tutte le dimensioni sopra citate in un unico modello hanno dato vita al cosiddetto “modello SECI”. È un modello di creazione della conoscenza che spiega come la conoscenza tacita ed esplicita viene convertita in conoscenza organizzativa. Secondo questo modello la generazione della conoscenza è un processo a spirale che continua a passare per quattro fasi: Socializzazione, Esternalizzazione, Combinazione e Internalizzazione. La Socializzazione consiste nella conversione di conoscenza da tacita a tacita e comprende la condivisione di esperienze personali, come le interazioni dirette tra dipendenti, venditori e clienti. L’Esternalizzazione comporta la conversione di conoscenza da tacita ad esplicita, quindi il sapere tacito posseduto dall’individuo viene esternalizzato e codificato in flussi di lavoro. La Combinazione, invece, riguarda la trasformazione di conoscenza da esplicita ad esplicita, quest’ultima viene raccolta dall’interno o dall’esterno dell’organizzazione e combinata, modificata o elaborata per formare nuova conoscenza e, infine, diffusa tra i membri. L’ultima fase consiste nell’Internalizzazione, ovvero, la conoscenza esplicita diventa parte della conoscenza del singolo individuo.

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Successivamente, Nonaka e Konno hanno sviluppato ulteriormente il modello SECI introducendo il concetto giapponese “Ba”, che si traduce letteralmente come “luogo”. Quest’ultimo, infatti, può essere pensato come uno spazio condiviso in cui la conoscenza viene condivisa, creata ed utilizzata. È un concetto che ha unificato lo spazio fisico, virtuale e mentale, andando così a legare la dimensione agente alla dimensione di processo. Per la maggior parte delle aziende i modelli ibridi di gestione della conoscenza sono necessari per generare prestazioni a supporto dei sistemi CRM. Infatti, la gestione della conoscenza diventa un fondamentale processo di supporto. Di seguito viene illustrato il modello SECI (Figura 2).

Figura 2 – Modello SECI (Fonte: www.gestione-della-conoscenza.blogspot.com)

L’integrazione del CRM e del KM dà vita ad un modello ibrido definito CKM (Customer Knowledge Management), che si focalizza sulla gestione della conoscenza del, dal e per i clienti. Lo scopo del CKM è quello di gestire la raccolta, la codificazione e diffusione della conoscenza del cliente al fine di assicurare un’efficace gestione dei clienti e promuovere relazioni durature con essi. Per illustrare il modello CKM è necessario partire dall’identificazione e definizione dei campi di attività dei processi CRM rilevanti per la gestione della conoscenza. Le funzioni aziendali caratterizzate da un alto grado di

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interazione con il cliente e da un’elevata intensità di conoscenza sono almeno tre: Marketing, Vendite e Servizio al cliente. Queste funzioni sono state a loro volta scomposte in sei processi aziendali (Gebert, 2003): gestione della campagna di Marketing, gestione dei lead, gestione dell’offerta, gestione dei contratti, gestione del servizio e gestione dei reclami. Ciascuno di questi processi implica l’elaborazione della conoscenza del cliente per perseguire gli obiettivi primari del CRM. Tali processi possono essere attivati dal cliente con l’obiettivo di ricevere informazioni, prodotti o servizi, oppure, dall’azienda con lo scopo di fornire al cliente le informazioni o i servizi da esso richiesti. Di seguito si analizzano in dettaglio i processi aziendali sopra citati.

- La gestione della campagna è l’attività principale della funzione Marketing, che si occupa della progettazione, realizzazione, controllo e monitoraggio di tutte le attività rivolte ai clienti attuali e potenziali. Le campagne di Marketing sono personalizzate e offrono canali di comunicazione per i feedback. L’obiettivo di questo processo è generare preziose opportunità da utilizzare come base per la gestione dei lead.

- La gestione dei lead (si tratta di un individuo che ha mostrato interesse verso un prodotto o servizio) consiste nell’acquisizione, monitoraggio, qualificazione dei contatti con i potenziali clienti. “L’obiettivo è fornire al personale di vendita un elenco prioritario di potenziali clienti presumibilmente preziosi per dare un indirizzo preciso ed efficace all’interno del processo di gestione dell’offerta” (Gebert et al., 2003, p. 114).

- La gestione dell’offerta è il principale processo della funzione Vendite. Lo scopo principale è la creazione e distribuzione di offerte significative e personalizzate. - La gestione dei contratti riguarda la stesura, la formalizzazione e il mantenimento

dei contratti per la fornitura di prodotti o servizi.

- La gestione del servizio riguarda la pianificazione, realizzazione e controllo dell’erogazione del servizio. Tale processo include le attività di manutenzione, riparazione, supporto post-vendita.

- La gestione dei reclami è un processo importante per le organizzazioni, poiché consente di migliorare il servizio alla luce dei feedback ricevuti dai clienti, predisponendo azioni correttive o preventive. L’obiettivo è accrescere la

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soddisfazione dei clienti affrontando i problemi riscontrati nel processo di erogazione e pianificare un processo di miglioramento continuo.

Inoltre, il CRM richiede la pianificazione di attività come gestione dell’interazione e gestione del canale. La gestione dell’interazione consiste nell’analisi e selezione di diversi canali di comunicazione per ottenere un mix ottimale. L’obiettivo è aumentare la qualità e il valore delle interazioni, riducendo allo stesso tempo il costo grazie al passaggio dei clienti sui canali meno costosi. La gestione del canale, invece, riguarda la configurazione dei vari canali di comunicazione e la definizione delle responsabilità organizzative di ciascuno di essi per evitare conflitti e garantire i flussi di conoscenza.

Per allineare i modelli KM ai processi aziendali, il modello CKM ha trasformato la prospettiva di processo dei modelli ontologici in una prospettiva obiettivo. Quest’ultima comprende quattro obiettivi che costituiscono un quadro a cascata per l’analisi dei requisiti essenziali di conoscenza per il processo CRM:

1. La trasparenza della conoscenza supporta i processi aziendali nella definizione dei requisiti relativi alla gestione della conoscenza del cliente. Dunque, per raggiungere un alto grado di efficacia nella gestione della conoscenza è necessario un alto grado di trasparenza.

2. La diffusione della conoscenza supporta i processi aziendali nella definizione del grado di distribuzione della conoscenza del cliente tra tutti coloro che partecipano alle attività aziendali.

3. Lo sviluppo della conoscenza supporta i processi aziendali nella definizione degli obiettivi riguardanti la creazione e l’adattamento della conoscenza. Lo sviluppo della conoscenza del cliente è un aspetto essenziale per l’azienda e richiede un’elevata capacità di diffusione di informazioni tra i membri dell’organizzazione.

4. L’efficienza della conoscenza supporta i processi aziendali nella selezione di conoscenza cruciale per il processo CRM, di conseguenza aumenta la capacità decisionale di un’azienda.

Questi obiettivi, però, da soli non forniscono delle linee guida operative per la gestione della conoscenza del cliente. Dunque, per prendere decisioni operative consapevoli è necessario tener conto delle caratteristiche fondamentali della conoscenza. Di conseguenza, il modello CKM distingue quattro aspetti importanti della conoscenza:

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1. Contenuto: l’organizzazione può gestire direttamente soltanto la conoscenza esplicita contenuta in documenti scritti come testi o immagini, poiché è già stata codificata e trasmessa attraverso il linguaggio orale o scritto. Il contenuto è strettamente legato ai processi aziendali ed esiste indipendentemente dagli individui.

2. Competenza: ogni individuo possiede una quantità di conoscenza implicita (esperienze passate, intuizioni, sensazioni) che influenza la capacità dell’organizzazione di creare ed esplicitare conoscenza.

3. Collaborazione: riguarda la creazione e diffusione di conoscenza tra pochi individui, ad esempio un team di lavoro. La collaborazione si manifesta principalmente in forma implicita.

4. Composizione: riguarda la diffusione e l’utilizzo di conoscenza tra un gran numero di individui, ad esempio all’interno dell’impresa. La composizione si manifesta prevalentemente in forma esplicita.

Tutti gli aspetti della conoscenza devono essere supportati da sistemi informativi, ad esempio il contenuto richiede l’uso di sistemi di archiviazione e gestione di documenti, la competenza richiede un elenco di competenze rilevanti che devono essere sviluppate dal personale al fine di fornire risultati competitivi, la collaborazione necessita di strumenti di messaggistica istantanea o strumenti di informazione di gruppo, infine la composizione si serve di strumenti di estrazione di conoscenza.

Il modello CKM, quindi, offre obiettivi e aspetti della conoscenza che supportano i processi di gestione all’interno di un contesto aziendale. Di seguito viene illustrata la piramide obiettivo del processo KM (Figura 3).

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Figura 3 – Piramide obiettivo del processo KM (Fonte: Gebert et al., 2003, p. 116).

Si afferma che l’unione dei sei processi aziendali precedentemente descritti con il processo di gestione della conoscenza crea un elevato potenziale sinergico. Il CRM gestisce la conoscenza per, del e dal cliente.

La conoscenza per il cliente viene generata principalmente dai processi interni all’azienda come Ricerca & Sviluppo e Produzione. La gestione della campagna di Marketing è responsabile della raccolta e distribuzione di questa conoscenza al fine di informare e attrarre il cliente in merito ai prodotti e servizi offerti. Tale conoscenza viene distribuita agli altri processi, principalmente gestione dell’offerta, gestione dei contratti e gestione del servizio. In questa fase i sistemi CRM devono garantire i primi due obiettivi della conoscenza, ovvero, trasparenza e diffusione.

La conoscenza del cliente viene acquisita principalmente attraverso la gestione dell’offerta, gestione del servizio, gestione dei reclami e gestione dei contratti. Tra i processi precedentemente elencati la gestione del servizio è il principale processo perché permette la personalizzazione del servizio sulla base delle richieste direttamente fornite dal cliente. La conoscenza del cliente deve essere trasparente e diffusa all’interno dell’organizzazione poiché può essere trasformata in vantaggio competitivo. Lo sviluppo di tale conoscenza può risultare costoso, in quanto richiede tempo e particolare attenzione

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al cliente per poterlo servire nel migliore dei modi. La gestione dell’interazione offre numerose opportunità per raccogliere tale conoscenza tramite i media digitali.

La conoscenza dal cliente può essere acquisita attraverso gli stessi processi della conoscenza del cliente. L’azienda apprende tale conoscenza grazie alla concezione del cliente come partner attivo, ovvero, durante l’esperienza di acquisto il cliente può offrire modifiche e suggerimenti per migliorare il prodotto o servizio offerto. Dunque, la conoscenza dal cliente raccolta principalmente tramite i processi front-end deve essere considerata come agente del cambiamento e filtrata ai processi back-end, come Ricerca & Sviluppo e Produzione per intraprendere azioni correttive.

Gli aspetti della conoscenza supportano i processi CRM sopra citati nel raggiungimento degli obiettivi prefissati riguardanti la gestione delle tre categorie di conoscenza (per, dal e del cliente). La gestione del contenuto consente a coloro che si occupano dei processi CRM di focalizzarsi sulla creazione di messaggi che l’azienda desidera far ricevere ai propri clienti. La gestione delle competenze semplifica i processi, in quanto il personale grazie alla professionalità posseduta riesce a cogliere e soddisfare le diverse richieste dei clienti. La collaborazione è l’aspetto che consente il lavoro di squadra all’interno delle organizzazioni, garantendo il raggiungimento dei risultati più velocemente e performance ottimizzate. La composizione consente la riorganizzazione dei tre aspetti precedenti, poiché i sistemi informativi consentono a tutti i livelli organizzativi un accesso rapido alla conoscenza. L’integrazione dell’approcci CRM e KM presenta notevoli vantaggi. Di seguito viene mostrata la rappresentazione grafica dell’intero processo CKM (Figura 4).

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Figura 4 – Modello CKM (Fonte: Gebert et al., 2003. p. 118)

1.2.1 Audit del CKM: verificare che il CRM sia effettivamente

abilitato alla conoscenza

Il CKM è diventato un processo cruciale nel raggiungimento di un vantaggio competitivo sostenibile. Per questo motivo, è importante condurre un audit per valutare l’esistenza e il livello di implementazione del processo CKM all’interno di un’organizzazione. L’Audit del CKM fornisce un approccio professionale sistematico per verificare le conoscenze disponibili o mancanti all’interno di un determinato processo, al fine di attivare azioni correttive o preventive per colmare eventuali carenze conoscitive. Il processo di Audit rappresenta per l’azienda il modo migliore per identificare le aree di miglioramento, che possono aiutare i vari processi a funzionare meglio, più velocemente e in modo più efficiente. L’auditing può essere effettuato a tutti i livelli e dipartimenti dell’organizzazione da gruppi di revisione interni istituiti dal consiglio di amministrazione o da auditor esterni, ovvero consulenti esterni che svolgono l’attività di verifica nel rispetto della normativa ISO 9000.

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Di seguito sono riportate le quattro fasi principali che spiegano come condurre un audit (Figura 5).

Figura 5 – Fasi formali dell’Audit del CKM (Fonte: Daghfous et al., 2012, p. 191).

La prima fase riguarda l’avvio dell’Audit che consiste nella definizione degli obiettivi, formazione del team e identificazione dei vincoli. In questa fase iniziale è importante osservare come l’organizzazione integra e applica i principi del Knowledge Management e del Customer Relationship Management nei vari processi per raggiungere il vantaggio competitivo e come, quando e in che misura utilizza gli strumenti di supporto per facilitare il CKM. Dato che i processi CRM coinvolgono le diverse funzioni aziendali, è fondamentale che i team di audit siano formati dai responsabili della funzione Marketing, Vendite, Servizio al cliente, Ricerca e Sviluppo e reparti operativi. La seconda fase prevede la determinazione del cosiddetto “stato ideale”, che consiste nell’identificazione di parametri di riferimento rispetto ai quali si può effettuare il confronto e la misurazione della situazione realmente esistente. Inoltre, tale fase comporta la selezione dei metodi di audit da utilizzare. Si possono impiegare una serie di metodologie, come osservazioni sul campo, sondaggi, interviste, questionari, studi etnografici, focus group. La terza fase

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consiste nello svolgimento dell’audit e documentazione dei risultati emersi. In questa fase possono essere esaminate sei aree principali:

1. Acquisizione e apprendimento della conoscenza 2. Memorizzazione e mantenimento della conoscenza 3. Applicazione e sfruttamento della conoscenza 4. Diffusione e trasferimento della conoscenza 5. Creazione di nuova conoscenza

6. Metriche per valutare le prestazioni del KM

Una volta analizzate le aree sopra citate, i risultati dovrebbero essere documentati per verificare sulla base dei parametri fissati in che misura la conoscenza tacita è stata tradotta in conoscenza esplicita. I risultati ottenuti verranno utilizzati nella fase quattro per identificare le carenze conoscitive e le opportunità di miglioramento del processo CKM. L’obiettivo di questa fase finale è lo sviluppo del piano di miglioramento, che consiste nella pianificazione e attuazione di azioni per generare nuova conoscenza o migliorare quella disponibile. Dunque, si può affermare che l’audit del CKM serve ad identificare e massimizzare l’utilizzo della conoscenza del cliente posseduta dall’organizzazione, eliminare la conoscenza non cruciale e garantire la raccolta, gestione e mantenimento della nuova per una migliore comprensione delle aspettative dei clienti.

1.2.2 CKM e Capacità d’innovazione

“La gestione della conoscenza del cliente (CKM) è un approccio organizzativo che valorizza il ruolo dei clienti come co-creatori e co-produttori di valore all’interno dell’azienda” (Belkahla, W., e Triki, A., 2011, p. 648). La co-creazione e co-produzione sono forme di collaborazione con i clienti avviate dalle aziende per promuovere l’innovazione di prodotti, servizi o processi. Dunque, le aziende che applicano il CKM all’interno dei processi non considerano i propri clienti come destinatari passivi di prodotti e servizi, bensì come partner aziendali. Il CKM è diventato un processo chiave nello sviluppo di capacità innovative. La capacità di creare, condividere, applicare e imparare dalla conoscenza per, dal e del cliente si traduce in capacità d’innovazione, di conseguenza le organizzazioni possono migliorare la loro capacità di competere sul mercato al fine di raggiungere o migliorare il vantaggio competitivo. Alcuni studiosi hanno sviluppato un modello generale, definito Capacità CKEI (Customer Knowledge

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Enabled Innovation Capability), che consente lo sviluppo di capacità innovative grazie alla gestione efficace della conoscenza del cliente.

La Capacità CKEI permette alle aziende di dotarsi di una serie di competenze organizzative necessarie per gestire adeguatamente la conoscenza del cliente e produrre nuovi prodotti e servizi. In particolare, vengono individuate tre competenze organizzative: capacità d’integrazione, capacità strutturale e capacità di gestione interna. La capacità d’integrazione è la capacità dell’organizzazione di coinvolgere i clienti nel processo di innovazione allo scopo di creare valore insieme. Tale capacità dipende principalmente dalla tipologia di integrazione utilizzata nel processo di innovazione. Si distinguono, infatti, due tipi di integrazione del cliente: passiva e attiva. Con l’integrazione passiva i clienti vengono considerati dall’azienda come semplici fornitori di dati e informazioni, mentre con l’integrazione attiva vengono visti come veri e propri co-produttori e co-creatori di valore. Nel primo caso, i clienti partecipano indirettamente al processo di innovazione, fornendo informazioni generali che verranno memorizzate nei database aziendali. Questo tipo di conoscenza del cliente può essere classificata come conoscenza esplicita e può essere raccolta attraverso l’analisi dei reclami, la cronologia degli acquisti, la frequenza d’acquisto, caratteristiche socio-demografiche. Ad esempio, durante o dopo l’esperienza di consumo/servizio l’azienda può richiedere al cliente di compilare un questionario di gradimento fornendo informazioni personali, preferenze e opinioni sui prodotti acquistati, eventuali problemi riscontrati durante l’erogazione del servizio e così via. Queste informazioni sono utili all’azienda per migliorare e innovare l’offerta di prodotti e servizi.

Nel secondo caso, i clienti partecipano attivamente al processo di innovazione attraverso vari metodi, come focus group con i clienti, forum online, social network. Quindi, i clienti hanno la possibilità di disegnare il “servizio ideale” attraverso le community platform, oppure, vengono coinvolti dall’azienda nella fase di sviluppo e sperimentazione di prototipi prima di immetterli sul mercato. Ad esempio, l’azienda danese LEGO, produttrice di giocattoli, ha percepito da molto tempo il valore della co-creazione. LEGO Ideas è una comunità online dove i membri possono esplorare e votare le creazioni degli altri utenti, inviare la loro opinione e proporre il loro design. Se i progetti raggiungono 10.000 voti, LEGO li valuta e seleziona un vincitore per creare un set da vendere nel mondo. L’ideatore fornisce l’assenso finale, dopodiché viene riconosciuto come creatore

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del packaging e del marketing e ottiene una percentuale sulle vendite. Questo approccio gratifica i clienti per la loro partecipazione, creatività, innovazione e intraprendenza (www.medium.com).

Inoltre, i clienti possono essere coinvolti nel processo di innovazione sia in fase di generazione di idee per identificare le reali esigenze, che in fase di raccolta dei feedback per raccogliere informazioni su prodotti e servizi dopo il loro lancio sul mercato. Quest’ultima fase consente alle aziende di raccogliere opinioni e suggerimenti per apportare eventuali modifiche ai prodotti e servizi offerti, adeguandoli ai desideri dei propri clienti. Quindi, si può affermare che la capacità d’integrazione facilita l’innovazione e migliora la capacità dell’azienda di competere in un ambiente dinamico e complesso.

La capacità strutturale “è la capacità dell’organizzazione di strutturare la conoscenza per, dal e del cliente in database per trasformarla in conoscenza facilmente condivisibile” (Belkahla, W., e Triki, A., 2011, p. 654). Ad esempio, l’azienda effettuando un’analisi relativa al comportamento d’acquisto dei clienti, nota che un determinato cliente acquista spesso prodotti di fascia di prezzo medio-bassa. Oppure, mediante l’analisi di prodotto l’azienda può individuare come vengono utilizzati tali prodotti e su come potrebbero essere migliorati, ad esempio grazie alla somministrazione di un questionario ai propri clienti essa viene a conoscenza che quel prodotto presenta dei difetti nella qualità o imperfezioni nel design. Tale dato grezzo (frequenza d’acquisto, fascia di prezzo, scarsa qualità o imperfezioni nel design) viene ripulito, organizzato e trasformato in informazione strategica fruibile (definito “dato elaborato”) e, infine, codificato ed inserito in un linguaggio comprensibile nel database CRM (definito “dato strutturato”), diventando nel primo caso “conoscenza del cliente”, invece, nel secondo caso “conoscenza dal cliente” facilmente condivisibile ed accessibile a tutti i soggetti aziendali, per lo sviluppo del business. Quindi, è evidente che per sviluppare tale capacità è necessario il supporto di software per l’elaborazione e strutturazione dei dati, come data warehouse e data mining. Un’efficace gestione della conoscenza del cliente dipende inevitabilmente dalla dimensione strutturale, costituita dall’infrastruttura tecnologica dell’organizzazione, nonché dalla capacità del personale di utilizzare tali tecnologie. Studiosi, come Agnet e Schlenker (2003) distinguono le competenze del personale in individuali e collaborative. Le competenze individuali necessarie per l’utilizzo adeguato

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delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono: uso efficace delle risorse multimediali a disposizione, saper ricercare e selezionare informazioni attraverso il web, saper filtrare e analizzare le informazioni raccolte. Le competenze collaborative rappresentano la capacità dell’individuo di impegnarsi efficacemente in un processo in cui sono presenti due o più agenti che cercano di risolvere un problema condividendo le loro conoscenze, informazioni utili, sforzi per trovare una soluzione. Tra le competenze collaborative vi è l’uso efficace di mezzi di comunicazione come e-mail, forum online, intranet aziendali. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione facilitano la connessione tra le persone, la strutturazione e l’interpretazione della conoscenza. Inoltre, consentono al personale di ottenere la conoscenza necessaria in qualsiasi momento con un elevato grado di precisione, affidabilità e sicurezza. Dunque, la conoscenza per, dal e del cliente diventa più facile da gestire e strutturare.

La capacità di gestione interna è fondamentale per lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Tale capacità si basa nella cultura organizzativa, nei valori aziendali e nella condivisione di tali valori tra tutti i membri dell’organizzazione. Ad esempio, una cultura orientata all’innovazione continua, ad una comunicazione interna ed esterna efficace, al lavoro di squadra, all’apprendimento continuo, gestione e condivisione di conoscenza sono aspetti essenziali. Una cultura orientata all’innovazione continua promuove e stimola la creatività, le idee innovative si sviluppano e hanno successo solo se vengono supportate e promosse dal top management, coinvolgendo e motivando le persone a tutti i livelli. Una cultura orientata ad una comunicazione interna ed esterna efficace riflette la capacità dell’azienda di saper comunicare internamente con il proprio personale ed esternamente con clienti e partner riguardo tutte le attività di sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Per apprendimento continuo si intende la capacità dell’azienda di apprendere dalle esperienze passate, ampliando le conoscenze già possedute in modo tale da rispondere tempestivamente ed in maniera efficace ai nuovi bisogni, cambiamenti e sfide che si presentano. I feedback dei clienti rappresentano per l’azienda uno strumento essenziale che consente di modificare tutto ciò che ostacola la crescita aziendale e il raggiungimento di buone performance, quindi è uno strumento dal quale poter apprendere e migliorare. Le organizzazioni interessate a sviluppare ed implementare nuove idee devono necessariamente sfruttare tale strumento. Infine, la gestione e condivisione di conoscenza riflette la capacità del personale nel diffondere e utilizzare la conoscenza del cliente al

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fine di supportare e valorizzare l’innovazione attraverso gruppi di lavoro, interazioni dirette e ripetute, scambi informali di conoscenza tacita ed esplicita, cooperazione interfunzionale. La condivisione di conoscenza favorisce l’impegno, la motivazione e il coinvolgimento di tutti i membri dell’organizzazione.

In conclusione, “la capacità CKEI è una capacità organizzativa che riflette il grado in cui l’organizzazione è dotata della capacità di gestione efficace della conoscenza del cliente al fine di promuovere l’innovazione” (Belkahla, W., e Triki, A., 2011, p. 655). “Per sviluppare tale capacità, le organizzazioni dovrebbero essere caratterizzate da tre competenze principali: integrazione attiva dei clienti sin dalle prime fasi del processo di innovazione, strutturazione della conoscenza del, dal e per i clienti in database per facilitarne la diffusione, l’utilizzo e la gestione interna (tra il personale e i dipartimenti), attraverso la condivisione di conoscenza tra i dipendenti, apprendimento continuo, promozione della cultura creativa e comunicazione efficace della conoscenza” (Belkahla, W., e Triki, A., 2011, p. 655).

1.2.3 CKM e Social media – Caso Starbucks

I social media supportano le interazioni sociali tra gli utenti attraverso servizi online altamente accessibili e consentono loro di co-creare, trovare, condividere e valutare informazioni presenti in Rete. Questi strumenti hanno trasformato il ruolo degli utenti da lettori passivi a editori di contenuti. I social media vengono definiti come “un gruppo di applicazioni basate su internet che si basano su concetti ideologici e fondamenti tecnologici del Web 2.0 e che consentono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti” (Chua, A. e Banerjee S., 2013, p. 239). La letteratura CKM sottolinea l’importanza dei social media nella gestione e condivisione della conoscenza del cliente. “L’apertura e la partecipazione dei social media intreccia utenti e contenuti, rendendoli adatti alle strategie CKM dinamiche e incentrate sul cliente” (Chua, A. e Banerjee S., 2013, p. 240). Anche la letteratura sull’interazione sociale sottolinea i numerosi vantaggi che i social media offrono alle organizzazioni per la condivisione di conoscenza. Dunque, questi strumenti non solo consentono all’organizzazione di interagire facilmente con i clienti ed acquisire ulteriore conoscenza, ma permettono anche al personale di collaborare, condividere e valorizzare tale conoscenza. Rispetto a quest’ultimo aspetto è importante sottolineare l’importanza della creazione di un ambiente aziendale e una

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cultura favorevole alla collaborazione, comunicazione aperta e condivisione di conoscenza tramite la rete sociale. Alcuni studiosi (tra cui Al Saifi, Dillon e McQueen, 2016) hanno individuato sei fattori che influenzano l’atteggiamento del personale riguardo la condivisione di conoscenza e l’utilizzo di reti sociali. Questi fattori sono:

- Utilizzo di più strategie di comunicazione: le strategie che promuovono la condivisione di conoscenza possono essere distinte in tre categorie: di codificazione, personalizzazione e un mix di entrambe le strategie. Nell’uso di una strategia di codificazione, il personale condivide la sua conoscenza mediante le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ad esempio mediante sistemi di posta elettronica, intranet aziendali, forum online e social network. Queste tecnologie consentono al personale di condividere la propria conoscenza con altri indipendentemente dalla loro posizione geografica. Nell’uso di una strategia di personalizzazione, il personale condivide conoscenza attraverso l’interazione sociale, ad esempio tramite la partecipazione a seminari, conferenze e convegni svolti mediante le reti sociali. Invece, la combinazione delle due precedenti strategie consente al personale non solo di ricevere, ma di creare e condividere direttamente la conoscenza attraverso l’uso di videoconferenze. Tale strategia include contemporaneamente due elementi importanti: video e audio. Quindi, rispetto alla strategia di personalizzazione che consente soltanto di vedere la persona che comunica e condivide conoscenza, con quest’ultima opzione è possibile anche interagire direttamente.

- Brainstorming e risoluzione di problemi: assumono un ruolo significativo nell’attivare interazioni sociali mediante i social media e nel supportare la condivisione di conoscenza. Attraverso il brainstorming il personale può affrontare e risolvere problemi specifici in modo creativo e collaborativo. - Apprendimento e insegnamento: l’interazione tramite i social media e la

condivisione di conoscenza tra il personale crea notevoli opportunità di apprendimento e insegnamento. Ad esempio, può capitare che il soggetto che ha maggiore esperienza sul lavoro grazie alle reti sociali ha la possibilità di condividere facilmente conoscenza con i neoassunti, in questo modo si creano nuove esperienze di apprendimento e insegnamento.

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