GENOVA, PISA E IL MEDITERRANEO
P E R IL VII CENTENARIO DELLA BATTAGLIA DELLA MELORIA
Genova, 2 4 -2 7 -O ttobre 1984
GENOVA — MCMLXXXXV
!
GENOVA, PISA E IL MEDITERRANEO
TRA DUE E TRECENTO
PER IL VII CENTENARIO DELLA BATTAGLIA DELLA MELORIA Genova, 24-27 O ttobre 1984
GENOVA — M C M LX X X IV
NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VIA ALBARO, 11
Organizzazione: Società Ligure di Storia P atria, Società Storica Pisana, A Compagna. Patrocinio: Comune d i Genova, Consiglio Nazionale delle Ricerche, M inistero
degli affari esteri, M inistero p er i beni cultu rali e am bientali, Provincia di Genova, R egione Liguria.
Collaborazione: Ufficio stam pa e pubbliche relazioni d e l Comune di G enova (dott. Giorgio B envenuti, P ierin a Sordini), Banco di C hiavari e d ella R iv iera Ligure, Cassa di Risparm io d i Genova e Im peria, Industria Italian a P etroli, Ital- im pianii.
Segreteria: dott. A ntonella Rovere, coadiuvata da Fausto A m alberti, dott. Gero nima Porrata, Anna M aria Salone, dott. M aria Teresa Sanguineti.
La m orte G li ha im pedito d i essere tra noi;
non G li h a però im pedito d i m andarci
l'u ltim a testimonianza della Sua intelligenza d i studioso.
In m em oria di E liyahu Ashtor d ell’U n iversità ebraica d i Gerusalemme.
PRO G RAM M A DEI LA VO RI
24 O ttobre Saluti.
Geo Pistari.no - U niversità di Genova - P o l it ic a e d e c o n o m i a d e l M e d i- t e r r a n e o n e l l ’e t à d e ll a M elo ria .
25 O ttobre
Eliyahu Ashtor - U niversità ebraica di Gerusalemme - I l r e t r o s c e n a e c o n o m i c o d e l l ’u r t o g e n o v e s e - p i s a n o alla f i n e d e l D u e c e n t o .
M arco Tangheroni - U niversità d i Pisa - La s i t u a z i o n e p o l i t i c a p isa n a alla f i n e d e l D u e c e n t o tra p r e s s i o n i e s t e r n e e t e n s i o n i i n t e r n e .
G abriella A irald i - U niversità d i Genova - C h iesa e C o m u n e n e l l e i sti tu z io n i g e n o v e s i alla f i n e d e l D u e c e n t o .
Giovanna P etti Balbi - U niversità di Genova - S o c ie t à e cu lt u r a a G e n o v a tra D u e e T r e c e n t o .
Giuseppe Felloni - U niversità di Genova - S t r u ttu r a e c o n g i u n t u r a e c o n o m i c a a G e n o v a tra D u e e T r e c e n t o .
M ichel B alard - U niversità d i Reim s - G e n o v e s i e P isa n i n e l L e v a n t e tra D u e e T r e c e n t o .
Ugo Tucci - U niversità di Venezia - A l b e r t o M o r o s in i , p o d e s t à v e n e z i a n o d ì P isa alla M e lo ria .
V aleria Polonio - U niversità d i Genova - P a t r i m o n i o e i n v e s t i m e n t i d e l C a p i to lo d i San L o r e n z o d i G e n o v a n e i s e c o l i X I I I e XIV.
M auro Ronzarti - U niversità di Pisa - La C h ie s a c it ta d in a p isa n a tra D u e e T r e c e n t o .
2 6 O ttobre
O ttavio Bariti - U niversità di Pisa - I tr a tta ti tra G e n o v a e P isa d o p o la M e lo r ia f i n o alla m e t à d e l T r e c e n t o .
Giorgio Costamagna - U niversità di M ilano - I l d o c u m e n t o n o t a r i l e g e n o v e s e n e l l ’et à di R o la n d in o .
Silio P. P. Scalfati - U niversità di P isa - I l n o t a r i a t o in C o r s ic a d a ll’e p o c a p isa n a a q u e lla g e n o v e s e .
Girolamo A rnaldi - U niversità di Roma - La c r o n a c h i s t ic a p i s a n o - g e n o v e s e . Cesare Ciano - U niversità di Pisa - L e n a v i d e lla M e lo r ia , c a r a t t e r i s t i c h e c o s t r u t t i v e e d i i m p i e g o .
Umberto Santarelli - U niversità di Pisa - P isa n i d i c u n t e c o n t r a : r i l e g g e n d o la L ec tu r a d i B a r t o lo A D . 16.3.24.
Vito Piergiovanni - U niversità di Genova - R a p p o r t i g i u r i d i c i tra G e n o v a e il d o m i n io .
Luisa D’Arienzo - U niversità di C agliari - I n f l u e n z e p i s a n e e g e n o v e s i n ella l e g is la z io n e sta tu ta r ia d e i C o m u n i m e d i e v a l i d e lla S a r d eg n a . Emilio C ristiani - U niversità di Pisa - E le n c h i i n e d i t i d e i C o n s o li d e l m a r e d i P isa ( m e t à s e c . X III ).
27 Ottobre
Francesco G iunta - U niversità di Palerm o - F e d e r i c o I I I d i S icilia e l e R e p u b b l i c h e t i r r e n i c h e .
Francesco Cesare Casula - U niversità di C agliari - La S a r d e g n a d o p o la M eloria .
Salvatore Fodale - U niversità di Palerm o - I l R e g n o d i S a r d e g n a e C o r sica,, f e u d o d e lla C h iesa d i R o m a ( d a lle o r ig i n i al XIV s e c o l o ).
Jean A. Cancellieri - U niversità della Corsica - D e la « C o r s e p i s a n e » à la « C o r s e g é n o i s e » : r e m a r q u e s s u r la p o r t é e s t r u c t u r e l l e in s u la i r e d e la baia tile d e la M e lo r ia (1284).
SALUTO DEL SINDACO DI GENOVA, FULVIO CERO FO LINI
G entili Signore e Signori,
io ho un compito im portante e modesto al tempo stesso, im portante perché è sempre m olto significativo porgere il saluto, il benvenuto e l ’augurio a nome d ell’Amm inistrazione Comunale, della C ittà e, se mi è consentito, a nome mio personale ai partecipanti; in questo caso, ai partecipanti del Convegno « Genova, P isa e i l M editerraneo tra il Due e il Trecento » . Un convegno quanto m ai qualificato e im portante per il tema trattato, per le occasioni di riflessioni che la trattazione del tem a consentiranno e per l ’alta qualita dei relatori e dei partecipanti al Convegno.
Assolvo quindi a questo compito con vero piacere e sono lieto che ancora una volta la sala di T ursi, la sala storica, delle riunioni storiche di questo palazzo e di questa città possa accogliere un convegno, ripeto ancora, così im portante e qualificato.
Desidero esprim ere con sincerità un apprezzamento particolare alla Società L igure di Storia P atria, al sodalizio nostro della Compagna e soprattutto, dico soprattutto perché si tratta in questo caso non di ind i geni genovesi, alla Società Storica Pisana per aver animato e organizzato un incontro che, al di là della pur significativa e suggestiva rievocazione storica nel centenario d i un grande avvenimento, d i un fatto d ’arm i che non fu soltanto, come Loro sanno assai meglio di me, un fatto da ve dersi in term ini di guerra la cui rievocazione attinge alla m em oria sto rica fa tti ed esperienze per riflettervi sopra. D al mio punto d i vista, sono naturalm ente interessato a seguire le relazioni e lo farò al massimo d i quanto m i è possibile. Per le relazioni e il dibattito del convegno, abbiamo già assunto un impegno di collaborare per la stam pa degli A tti e m i auguro che questo possa avvenire al più presto possibile e quindi sarà tutto m ateriale, tu tta una documentazione per meglio conoscere e apprendere e per poter giudicare. M a la riflessione, se mi e consentito, e non me ne vogliano i relatori se lascio l ’im pressione di uscire un at timo dal tem a di fondo che è quello della ricerca storica, d ell’analisi, d ell’approfondim ento,, la riflessione ulteriore che è possibile fare è che anche d all’esperienza della battaglia della M eloria risulta che, alla fine
dei conti, le guerre non risolvono nulla: Genova e P isa, in allora grandi e potenti, insieme e concorrenti con altrettante forze presenti nel M e diterraneo (Venezia, A m alfi), gli scontri, i conflitti, le guerre, le distru zioni e le vittorie, m a infine destinate a non produrre fatti positivi nel tempo, anzi come la realtà sempre più dim ostra, la grandezza di un po polo, di uno stato, d i un paese, di una nazione va ricercata attraverso altre vie e mirando a ben altri o biettivi. M a questa, ripeto, è riflessione che faccio io personalm ente come cittadino, come uomo politico, come am m inistratore che forse poco ha a che fare con l ’analisi storica che vi apprestate a compiere e che nulla toglie peraltro alla importanza, alla rilevanza dei fatti e sono fatti che hanno riguardo al contesto storico, politico, economico e sociale n e ll’am bito del quale poi la b attaglia della M eloria si espresse come uno dei momenti culmine d i quel processo e di quella conflittualità.
M i rendo conto di avervi già sottratto troppo tempo, rispetto a quello che mi era stato assegnato e che mi ero assegnato con l ’unico scopo di porgervi il saluto, come ho fatto e che cordialm ente rinnovo a tu tti voi, alle autorità presenti, al Presidente della G iunta Regionale della L iguria M agnani, al Presidente della Provincia Carocci, al signor Ispettore rappresentante del M inistero per i Beni culturali, agli am ici della Società Ligure di Storia P atria, della Compagna, della Società Storica di Pisa, agli esimi R elatori e a tutti voi un sincero benvenuto, un sa luto cordiale ed un augurio di buon lavoro per il convegno.
SALUTO DEL PRESIDENTE DELLA SO CIETÀ LIG URE DI STO RIA PA TR IA , PROF. DINO PUNCUH
Noi non siamo qui stasera né per celebrare una vitto ria né per commemorare mestamente una sconfitta: sarebbe d i cattivo gusto, so prattutto in questa splendida sala di Palazzo T ursi, dove dalle pareti si fronteggiano Cristoforo Colombo e M arco Polo, quasi a significare, a molti secoli di distanza, una pacificazione tra Genova e V enezia, nella quale, sia pur attraverso Marco Polo, dovrebbe trovare posto il ricordo
di Rustichello da P isa. Siamo qui solo per capire, per riflettere, per m éttere a confronto due esperienze che molto hanno in comune, non solo guerre, lotte e dolori. Siamo qui riu n iti per ricordare un evento, ma so p rattu tto per studiare le conseguenze, per studiare, in piena co m unità di intenti, i l ruolo che le due esperienze storiche di Pisa e Ge nova, due repubbliche prim a che due città, hanno avuto nel M editer raneo. Ed è d i buon auspicio che in questa occasione si sia verificato un raro e perfetto accordo tra noi e i Pisani, sia nella scelta dei rela tori, sia n ell’impostazione da dare al nostro incontro.
Non voglio portare via tempo al relatore né ai saluti delle autorità. Voglio tuttavia, devo ringraziare chi ha sostenuto la nostra iniziativa: In primo luogo il Comune di Genova e il M inistero per i Beni culturali e am bientali, la Regione L iguria, la Provincia di Genova, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il M inistero degli affari esteri; né va dim en ticato l ’apporto che hanno dato alla nostra organizzazione 1 Industria Ita lian a P etroli, rita lim p ia n ti, la Cassa di Risparm io d i Genova e Im peria, il Banco di Chiavari e della R iviera Ligure. D irei che se questo conve gno avrà successo dal punto di vista organizzativo grande m erito andrà a chi ci ha aiutato, se avrà successo dal punto di vista scientifico, e non ne dubito, il m erito sarà tutto dei relatori.
M i si consenta tu ttavia, prim a di chiudere quest’intervento, d i por tare qui il saluto particolare, giuntom i pochi m inuti fa, del nostro vice- presidente, socio cinquantennale del sodalizio, prof. Teofilo Ossian De Negri, il quale, gravem ente inferm o, ha voluto far giungere un augurio di fecondo lavoro a tu tti gli intervenuti. È il saluto e l ’augurio prezioso d i uno studioso, che ha rappresentato per un cinquantennio la cultura storica locale, degnam ente, in tu tti i campi d ella nostra storia, al quale desidero inviare, anche a nome dei presenti, l ’augurio più affettuoso.
Grazie alle autorità, la cui presenza rappresenta una testimonianza di attaccamento alla nostra tradizione storica; grazie ai colleghi relatori che hanno voluto onorare la nostra iniziativa; grazie infine a coloro che con me hanno condiviso la responsabilità d ell’organizzazione di questo convegno, operatori silenziosi e discreti di un lavoro che resta dietro le quinte. Se qualcosa andrà storto la colpa sarà tu tta del responsabile, ma se, come auspico, questo incontro pisano-genovese riuscirà per il meglio, desidero indicare che il merito sarà tutto di coloro che molto hanno dato per la sua m iglior realizzazione.
SALUTO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE, RINALDO MAGNANI
A utorità, Signore e Signori convenuti,
ho voluto personalm ente essere presente a ll’apertura del vostro convegno per dim ostrare il mio interesse e l ’apprezzamento della Re gione per questa iniziativa di storia e d i cultura, organizzata dalla So cietà Ligure di Storia Patria, dalla Compagna e dalla Società Storica Pisana. Iniziativa che, come diceva giustam ente il Sindaco della nostra città, non si lim ita certam ente a celebrare un fatto d ’arme, ma che vuole analizzare, nel contesto storico d ell’epoca, le situazioni socio-economiche delle due città protagoniste e il peso determ inante che queste celebri Repubbliche m arinare hanno avuto per la liberazione del M editerraneo occidentale dalle incursioni saracene e l ’affermazione delle nuove realtà comunali. Ci sono in questi eventi m olti spunti di riflessione per un uo mo politico, per un pubblico am m inistratore che guarda la storia della sua città e della sua regione con orgoglio, con entusiasmo, m a che so prattutto vuole lavorare per costruire il suo futuro assieme agli altri. Una prim a riflessione è quella che Genova m ercantile, come tale sempre capace di distinguere gli affari dalla politica, aveva sempre tenuto rap porti con Pisa m ercantile. Possiamo anche dire, ed è un fatto positivo, che i valori d i una civiltà, di una cultura, comune a queste due città, sono passati indenni attraverso vicende e destini diversi, come prova di aver saputo puntare sugli elem enti che uniscono piuttosto che su quelli che dividono, allora come oggi, i popoli e i loro interessi. A ltra riflessione molto attuale è che le fortune di Genova non le deri vano dalla forza delle armi né da un potere politico. Genova, allora, seppe seguire altre strade, sviluppò le sue vocazioni finanziarie e mer cantili, seppe prevedere con lungim iranza che, dopo Colombo, il centro dei commerci non poteva più essere il M editerraneo, che questo centro si spostava sulle coste dell’Atlantico. Ecco perché i Genovesi vollero e seppero finanziare grandi opere e grandi intraprese senza avere dietro la forza delle armi o di un grande potere politico. Non è m ale guardare
al presente e al futuro di Genova e della L iguria con un occhio al nostro passato, a ll’origine delle nostre fortune, alle nostre vocazioni sto riche più profonde. Se Genova si fosse nel passato basata solo sulla forza del potere sarebbe sempre uscita perdente. Genova ha saputo guar dare ai grandi eventi m ondiali, ha saputo cogliere le opportunità guar dando al futuro. Questo forse è ciò che dobbiamo fare anche oggi noi L iguri, con coraggio, con fantasia, senza tem ere di annunciati rischi di perdita di un peso politico, paventata dal recente studio della Fonda zione A gnelli, rivitalizzando e stimolando le capacità im prenditoriali, l ’iniziativa, la professionalità e l ’intelligenza della nostra gente. È con questo spirito che porgo il mio cordiale saluto agli intervenuti, certo che dalle im portanti relazioni di questo convegno scaturiranno contributi preziosi per la conoscenza del nostro patrim onio storico e sui legam i comuni delle due città alle genti del M editerraneo.
SALUTO DEL PRESIDENTE DELLA PRO V IN C IA DI GENOVA, ELIO CAROCCI
Signore, Signori, Autorevoli rappresentanti delle istituzioni locali, dei corpi e delle am m inistrazioni dello Stato,
voglio, innanzi tutto, dirV i del piacere che ebbi quando il P resi dente della Società Ligure di Storia P atria m i fece l ’onore di invitarm i, con squisito tratto, ad essere qui all’inizio di questo Convegno e a ri volgere brevi parole agli intervenuti. Un piacere per m e; e un onore, aggiungo ora, che era rivolto a me e a ll’Am m inistrazione che presiedo. In secondo luogo sono lieto di confermare, in questa occasione, non solo l ’interesse, ma la viva partecipazione d ell’A m m inistrazione Provinciale di Genova a questa iniziativa che vede due sodalizi genovesi insiem e alla Società Storica Pisana celebrare un evento in m aniera tale che con sidero d i grandissim o rilievo culturale e di non secondaria rilevanza politica.
Viene ricordato in questo Convegno il settim o centenario di una battaglia dal cui esito derivarono rilevanti conseguenze e per Genova e per Pisa, allora città-stati, potenze, autonome repubbliche m arinare; conseguenze che furono certam ente di segno contrario per l ’una e per l'altra delle due Repubbliche. T uttavia, se si deve tirare un bilancio di quelli che oggi in term ini molto correnti, anche se scientificam ente ade guati, vengono segnalati come costi e benefici, non so se v i siano stati più costi o più benefici. Voglio dire, forse lo dico in modo estrema- mente confuso, che anche da quella battaglia, dagli eventi che ne se guirono, dopo 700 anni si può forse riconferm are che nel corso di questi anni è stato spesso detto, ma raram ente tenuto presente nella realtà, e cioè che, in definitiva, il metro per m isurare i passi in avanti che l ’um anità compie non è quello del numero delle battaglie e delle guerre vinte, delle guerre e delle battaglie perse. Forse il metro giusto è un altro: può essere quello dei contrasti superati attraverso altri mezzi, quelli che portano non all’enumerazione dei vin ti e dei vincitori, ma dei benefici complessivi. A m aggior ragione, oggi non vi è davvero bisogno nel mondo, e men che meno nel nostro Paese, d i vin ti e di vincitori; vi è bisogno di una um anità e di u n ’Ita lia vincente di per sé, senza annoverare dei soccombenti. Certo, non si può e non si deve piegare il passato, un passato così lontano e tuttavia presente, al contingente, all’oggi; ma non si può neanche ignorare, credo che nessuno storico lo faccia, che ogni oggi è figlio di un ieri ed è padre di un dom ani; che ogni oggi presenta i suoi problem i, come 700 anni fa si presentavano a Pisa e a Genova; che il domani ne presenterà degli altri. Im portante, m i pare, è avere presente, come cerchiamo tu tti di avere presente, che i problemi d ell’oggi per Genova e per la L iguria, sono tanti e gravi, si possono, e noi vogliam o e dobbiamo, affrontarli e risolverli non contro questo o contro quello, ma per questo e quello, nel comune interesse del nostro Paese.
M odeste, e forse troppo lunghe, riflessioni fatte ad alta voce per dirV i, Signore e Signori, d ell’apprezzamento, d ell’interesse vivissim o, della partecipazione del?A m m inistrazione Provinciale di Genova e mio personale a questa iniziativa e per dirV i del ringraziam ento per i pro m otori, per la cura con cui il Convegno è stato preparato e d e ll’augurio che esso sortisca i m igliori risultati. Grazie.
SALUTO DEL PRESIDENTE DELLA SO CIETÀ STO RICA PISAN A, PRO F. CINZIO VIOLANTE
Signor Sindaco, Signor Presidente della Società Ligure d i Storia Patria, Signori Presidente della Regione L iguria e della Provincia di Genova, autorità tu tte, signore e signori.
Ho l ’onore e, consentitem i di dire, la gioia di portare il saluto della Società Storica Pisana e quello del Rettore M agnifico deirU n iversità di Pisa, che m i ha incaricato di rappresentarlo in questa circostanza essen do egli im pedito. Ringrazio di tutto quello che è stato detto e che espri me le intenzioni e i sentim enti con cui è stato preparato questo con vegno: sentim enti che si mostrano n ell’accoglienza squisita e generosa, degna della tradizione e della storia di Genova. Porto il saluto anche d ell’Arcivescovo prim ate d i P isa, del Prefetto, del Sindaco del comune di P isa, d ell’assessore alla cultura d ell’A m m inistrazione Provinciale (che è q u i), d el Presidente degli A m ici di Pisa (che è q u i), del Presidente della Cam era di Commercio, del Presidente d ell’Accademia Nazionale delTUssaro.
È stato ben detto nei precedenti interventi dalle autorità politiche ed am m inistrative, delle quali noi storici dobbiamo tenere il massimo conto, che la storia, che noi ci prepariam o a commemorare, la storia di una b attaglia, ci deve infatti ram m entare che le battaglie non sono m ai indispensabili e non sono m ai decisive, ci deve ram m entare che il procedim ento della storia è am pio, complesso, intricato, m olte volte nascosto: tocca a noi storici di rivelarne i corsi reconditi.
Sono particolarm ente grato all’amico e collega prof. Dino Puncuh, Presidente d ella Società Ligure di Storia P atria, di aver concepito que sto convegno non come la continuazione di tradizioni m unicipalistiche e della stessa tradizione risorgim entale, un itaria, che superavano i sen tim enti m unicipalistici di altri tem pi; g li sono profondamente grato di aver fatto un taglio netto con la tradizione e di aver voluto im postare questo convegno in senso pienam ente storico. In fatti i rapporti tra Pisa e Genova non costituiscono un asse portante della storia m edievale del l ’Italia e del M editerraneo: è, questa, una ricostruzione artificiosa fatta “a posteriori”, prim a da tradizioni m unicipali locali e poi dagli storici
del Risorgimento. La battaglia della M eloria, per quanto im portante essa sia {e gli avvenim enti contano, nonostante la negazione a questo pro posito, form ulata troppo nettam ente dalla scuola storiografica francese), non fu un fatto d i per sé decisivo. T uttavia l ’evento che ci accingiamo a celebrare va inquadrato nella più vasta storia del M editerraneo. Si riscontrerà allora un profondo cambiamento della situazione del M editer raneo che alla fine porta alla battaglia della M eloria: un cambiamento a livello politico-diplom atico, d i scontri e di successioni d i dinastia (an che questo conta nella storia), un cambiamento delle rotte del com mercio m editerraneo, che comincia a travalicare al di la dalle colonne d ’Èrcole, un lento spostamento da est a ovest d i certe produzioni im portanti che attirano il commercio. È, insomma, una tem perie che da lontano precede quello che avrebbe portato poi Cristoforo Colombo a cercare l ’O riente per la via delPOccidente. T utta questa storia in mo vimento è quella che conta: P isa e Genova non sono, non possono essere, oggetto di storia locale per i l M edioevo, perché sono dei carre- fours” nei quali si incrociano i grandi movimenti della storia m edievale, nei quali operano, e si scontrano, le forze degli im peratori contro 1 an- tiim peratore, dei papi contro gli antipapi, le forze delle grandi correnti commerciali, dei grandi interessi politici che si allargano a un dominio di tipo regionale e a interessi di tipo economico molto più vasto.
Vorrei trarre da questa occasione un insegnamento che la collabo- razione cordiale, direi fraterna, tra due (consentitecelo) grandi Società d i Storia P atria (più grande e più antica la Ligure, poiché a Genova la tradizione d i storia locale è grandissim a, da Cornelio Desimoni a Vito V itale), che da questa collaborazione possa nascere una continuità di rapporti che, pur conservando attenzione alla storia locale, per rim anere fedeli ai nostri com piti d ’istituto e legati alla nostra terra ed alle no stre popolazioni, si estendano ad altre Società di Storia P atria in incontri d i ampio orizzonte storico, nei quali si facciano dei passi avanti, tanto sul fronte più avanzato della ricerca scientifica, quanto nell acquisizione di notizie d i aree più vaste e diverse e n ell’approfondimento della co scienza storica da parte delle popolazioni locali.
La presenza, che ci onora, del rappresentante del D irettore Gene rale delle Accademie e Biblioteche del M inistero per i Beni C ulturali m i ha invitato a questa riflessione che vuole essere anche la prova della gratitudine di tu tti noi a questo M inistero, che ha u n ’attiv ità mol
to intensa di incentivazione, come anche a tu tte le am m inistrazioni lo cali, politiche, am m inistrative, enti finanziari e p riv ati che con il loro sostegno ci confortano nel nostro lavoro.
Con questi sentim enti ringrazio ancora la Società Ligure di Storia P atria, il suo Presidente, i suoi collaboratori e i suoi consoci tu tti, il dott. Enrico Carbone, Presidente della società « A Compagna » , a nome anche del consiglio direttivo e di tu tti i consoci della Società Storica Pisana. Concludendo, formulo l ’augurio di un buon successo scientifico e più am piam ente culturale del nostro convegno
SALUTO DEL PRESIDENTE D I « A COM PAGNA », DOTT. EN RICO CARBONE
A utorità, Signore, Signori,
sono lieto e grato di portare i l saluto d i « A Compagna », i l so dalizio dei genovesi, che ha collaborato alla buona riuscita d i questo Convegno fornendo, in tempo reale, un numero del suo B ollettino de dicato a ll’avvenim ento e destinato, oltre che ai soci, ai convegnisti e agli studenti delle scuole genovesi.
D etto questo, ben poco avrei da aggiungere, specialmente dopo le parole del prof. V iolante, ma m i sia consentito ripetere una considera zione sul Convegno che faceva proprio ie ri i l prof. Puncuh durante la registrazione d i un servizio radiofonico: diceva dunque i l prof. Puncuh una cosa m olto im portante, e cioè che n ella fase organizzativa non ci fu m ai, fra Genova e P isa, il benché minimo attrito nelle conversazioni, nelle lunghe trattative p er addivenire al magnifico risultato d i riunire così numerosi e qualificati esponenti del mondo della cultura.
A ggiungerei un’altra osservazione che m i sembra altrettanto im por tante: neanche a Genova ci furono attriti. In una città che è pervasa d i solito da « vis polemica » tanto per usare un eufemismo, non ci fu rono contrasti, « querelles » o « rateile » che d ir si voglia; siamo sem pre andati d ’accordo, per il buon fine delPiniziativa. Ancora un ringra ziamento doveroso a tu tti, ai soci delle nostre due Società e, segnata
mente, al direttivo della Società Storica Pisana, con un augurio a con clusione di questo brevissim o intervento.
Come oggi sarebbe im possibile una guerra fra Genova e Pisa o fra Genova e Savona o fra l ’Italia e la Francia, io vorrei, e con me penso che siano tutti concordi, che fosse im possibile una guerra fra ì popoli della terra. Ci rimangono forse le guerre, stellari, m a quelle le vediamo per ora solo a l cinema. .
Grazie e buon lavoro.
SALUTO DEL ' DOTT. M A U RIZIO BUONOCORE C A C C IA LU PI, IN RAPPRESENTANZA DEL M IN ISTERO PER I BENI CULTU RALI
Signore e signori,
vòrrei portare qualche breve parola di saluto a nome del M inistero per i Beni culturali, e, in particolare, del D irettore G enerale per i Beni librari é g li Istitu ti culturali prof, Francesco Sisinni, im possibilitato, per impegni d i servizio, a presenziare a questo Convegno, im portante per la sua tem atica, che celebra il settim o centenario di questa grande b at taglia della M eloria, che vide affrontarsi due grandi Repubbliche m arinare come Genova e come Pisa e grandi capitani di m are, come lo Zaccaria, come appartenenti a illu stri fam iglie genovesi, il Doria, lo Spinola, come il veneziano M orosini, ecc., battaglia che segnò l ’apogeo di un periodo glorioso per Genova, e che, oltre a conseguire con essa la supremazia nel Tirreno, fu anche l ’occasione d i ulteriori am pliam enti del suo do minio pacifico (in quanto in massima parte commerciale) a tutto i l M e diterraneo, e ciò per circa un altro secolo, fino agli scontri e alla guerra con Venezia e a quella pace di Torino, tra Genova e Venezia, d i cui si è commemorato, di recente, il sesto centenario presso la Società Ligure d i Storia Patria, Ma non intendiam o dilungarci su tali eventi storici, che saranno ben lum eggiati in queste giornate di studio né rievocare, con l ’occasione, le memorie dantesche, così suggestive, collegate a uno dei pro tagonisti della grande battaglia, i l conte U golino, in quanto i l Convegno
sarà lo spunto, non tanto di una commemorazione di un avvenimento pur tanto im portante per la storia, non solo delle due repubbliche tir reniche d i Genova e P isa, ma, soprattutto, costituirà il momento più adatto, per l ’approfondimento e per lo scavo, direi, di diverse tem atiche: politiche, storiche, economiche, culturali e sociali, collegate, sotto vari profili, al periodo in cui tale mem orabile evento ebbe luogo, spaziando su una problem atica storica avvincente, come quella dei rapporti tra G e nova, P isa e il M editerraneo.
E quindi con particolare interesse che i l presente Convegno è stato patrocinato e seguito da parte del M inistero per i beni culturali e, in par ticolare, d all’Ufficio centrale diretto dal prof. Sisinni, e ciò anche in quanto è m otivo di riattestare la specifica attenzione, con la quale ap punto detto U fficio centrale del M inistero segue la vita e le attiv ità delle istituzioni culturali e, in specie, degli Istitu ti e Società storiche (così ben rappresentate in questo convegno) come è stato ed è, tuttora, testim oniato in tante pubbliche riunioni, congressi, ecc. a livello sia na zionale d ie regionale e locale. Vorremmo solo ricordare, per quanto con cerne g li Istitu ti storici, le giornate di studio dedicate a tali istitu ti che, nel febbraio 1982, furono organizzate a Roma e promosse d all’Ufficio centrale predetto, Convegno che vide la partecipazione d i personalità politiche, ad iniziare d all’allora Presidente del Consiglio sen. Spadolini, di Presidenti di Istitu ti storici, di Deputazioni e Società d i Storia P atria, di illu stri studiosi, ecc. Convegno, vorrei aggiungere, di cui uno dei re lato ri fu, in rappresentanza d i tutte le Deputazioni e Società d i storia patria, il prof. Puncuh che, prospettando interessanti progetti d i riform a delle stesse Deputazioni e Società storiche (in relazione anche a un d i segno di legge, tuttora in corso d i esam e), mise in rilievo, nel contempo, la necessità che ogni eventuale adeguamento alle nuove realtà d i ta li is ti tu ti storici non ne pregiudicasse in alcun modo l ’autonomia, autonom ia che, peraltro, anche da parte del M inistero per i beni culturali e in particolare d all’Ufficio centrale competente, è stata ed è sempre riaffer m ata, e ciò nel costante e pieno rispetto delle garanzie costituzionali. M a vorremmo, ancora, ricordare (accennando così un po’ « à vo i d ’oiseau », ad alcune iniziative in m ateria da parte del M inistero) che, tra le due conferenze nazionali d el 1978 e del 1984 sulle accademie e istitu ti cul turali organizzate, a Rom a, dal M inistero, hanno altresì avuto luogo d i versi incontri d i istituzioni culturali, su base territoriale, che hanno visto,
anche, riuniti D irettori di istitu ti culturali che operano in questa Regione. Pur nella ristrettezza, purtroppo ben nota, del bilancio d el M inistero, una sollecitudine assidua per gli istitu ti di cultura, e tra essi una specifica vicinanza agli istitu ti storici, riteniam o siano state sempre presenti da parte del M inistero, m a, vorremmo anche aggiungere, e non per i l fatto che ci troviamo in questa sede, che non è m ancata una particolare at tenzione anche agli avvenim enti storici e culturali che riguardano que sta antica e gloriosa e splendida città d i Genova, così ricca d i memorie e di beni culturali di prim ario interesse, e lo testim onia anche questa sala in cui ci troviamo.
E vorremmo accennare, almeno, ad una grande iniziativa che avrà proprio in Genova il suo epicentro, tra un breve volger d i anni, e che riguarda uno dei suoi figli più illu stri, se non proprio il più illustre, e intendiamo, ovviamente, accennare a Cristoforo Colombo (che vediamo anche qui rappresentato) e alla sua grande im presa, d i cui si celebrerà nel 1992 il mezzo m illennio, per la celebrazione del quale è stato già costituito e già attivam ente opera presso l ’Ufficio centrale predetto del M inistero, un apposito Comitato Nazionale.
M a non intendiam o term inare queste brevi parole di saluto, senza ricordare la benem erita attiv ità che la Società Ligure di Storia P atria esplica da circa centotrenta anni a favore, in specie, della conoscenza della storia locale, storia che non può comunque, e lo ha accennato an che il prof. V iolante, non esser parte sostanziale d i quella nazionale e non essere studiata in tale contesto, A ttività, dicevo, intesa alla cono scenza della storia locale e dei beni culturali ad essa strettam ente col legati, tra cui una particolare attenzione è stata rivolta dalla Società L i gure ad archivi e biblioteche, in conformità ai fini statutari che dal lontano 1857 indicano ad oggetto della Società l ’indagine delle memorie d i G e nova, del suo territorio e dei suoi antichi possedim enti, che la porta ad operare in questo specifico settore, con tante iniziative e con m eritori risultati, testim oniati dalle sue pubblicazioni e dai suoi atti di così alto valore scientifico e culturale. E vorremmo, almeno, ricordare, circa l ’at tività espletata dalla Società Ligure negli ultim i anni, le ricerche d i d i plomatica comunale e notarile, l ’edizione di testi e d i docum enti, l ’in ventario di fondi bibliografici e archivistici pubblici e p rivati. E, a que sto riguardo, non si può non citare almeno il riordinam ento d ell’Archivio Pallavicini e d ell’A rchivio e della Biblioteca Durazzo, operazione questa
concernente eccezionali fondi fam iliari, d i cui sem bra superfluo sotto- lineare l ’im portanza a livello nazionale. E, ancora, l ’inventariazione del- P Archivio d el Banco d i S. Giorgio (e qui v i è uno stretto collegamento anche con le celebrazioni colombiane) per non parlare, poi, di altre non meno rilevan ti attiv ità di ricerca, di promozione, diffusione della cultura, come, ad esempio, i corsi di discipline paleografiche e codicologiche, e, in specie, del servizio pubblico offerto con l ’apertura quotidiana della sua ricca biblioteca, in sempre continuo sviluppo. E qui sarebbe, anche, d ’obbligo un accenno al problem a della sede della Società, per la quale, peraltro, siamo a conoscenza della ormai prossim a soluzione, m ediante l ’assegnazione d i locali in Palazzo Ducale.
Vorremmo ancora (ad evitare una nuova accensione di antiche ri valità delle due Repubbliche m arinare), ricordare ancora, oltre ovvia m ente all’altra società culturale d i Genova, la società « A Compagna », anche la Società Storica Pisana per l ’organizzazione d i questo convegno, collaborazione tra istituzioni culturali che, del resto, ben s’inquadra, tra l ’altro, anche nei voti fin ali del I I Convegno nazionale delle accademie e istitu ti culturali, che si è tenuto a Roma, al teatro A rgentina, nello scorso giugno.
V ogliam o, quindi, concludere queste brevi parole di saluto porgen do un ringraziam ento, a nome del M inistero, in particolare del D irettore generale Sisinni, al Presidente della Società Ligure d i Storia P atria, alla Società Storica Pisana, alla società « A Compagna » , nonché a tu tti gli a ltri E nti e organi che hanno collaborato alla riuscita di questo im por tante convegno, auspicando che gli apporti e i contributi che verranno alla m iglior conoscenza di un periodo storico così interessante e rile vante a livello nazionale, per mezzo degli illu stri relatori e studiosi qui presenti, abbiano al più presto, tram ite la pubblicazione degli atti (e a ta l fine non m ancherà ogni opportuno intervento e aiuto da parte del M inistero) ogni opportuna diffusione. Ed è con questo auspicio e con questo augurio che terminiamo queste parole d i saluto.
GEO PISTARIN O
POLITICA ED ECONOMIA DEL MEDITERRANEO
NELL'ETÀ DELLA MELORIA
Un isolotto o, m eglio, un banco circondato da scogli a fior d ’acqua nel M ar T irreno, lungo 9 km e largo 2, d i fronte a ll’antico Porto Pisano, da cui dista per breve tratto d i m are. Q uesta è la Melopi^, celebre per la battaglia del 3 m aggio 1241, più nota esattam ente come battaglia del l ’isola del G iglio, che segnò una grave sconfitta per i Genovesi ad opera della flotta pisano-im periale; celeberrim a per la battaglia del 6 agosto 1284 che segnò la gravissim a sconfitta della flotta pisana ad opera di quella genovese- Nemesi storica: alcuni cronisti d ell’epoca videro il disa stro pisano alla M eloria come punizione divina per la condotta d i Pisa n ella vitto ria del 1241 (2.000 tra m orti e feriti, 4.000 prigionieri, tra i quali 100 dign itari della C hiesa): « T u t t i i prigionieri, — scrive PAnna- lista, — carichi d i catene, ammucchiati nelle stive, senza alcun riguardo al sacro carattere sacerdotale, a ll’età veneranda, furono condotti a Pisa, e di là , trasportati con viaggio altrettanto penoso, a Napoli, dove venne ro chiusi n el C astel d e ll’Ovo, fortezza e prigione ».
M a proprio le diverse conseguenze, sui tem pi lunghi, della vitto ria pisano-im periale del 1241 e della sconfitta pisana del 1284 dimostrano che una b attaglia non è soltanto un fatto d ’arm i: è il punto di arrivo — m eglio direm m o: un passaggio obbligato — d ’un processo storico ed è, nel contempo, la prem essa per ulteriori sviluppi di eventi: rientra in un panoram a che la trascende, m a d i cui essa è parte integrante.
I l conflitto tra Genova e P isa, per quanto di continuo ricorrente, non rappresenta l ’epicentro, il fatto totalizzante, la strada m aestra della storia del M editerraneo od anche solo del M editerraneo occidentale nel secolo X I I I . È comunque uno degli elem enti più caratterizzanti della complessa vicenda d el suo tempo. Ci chiediamo perciò: quale carica del passato porta in sé la M eloria? quali premesse nelPorizzonte del futuro? e come si colloca nel quadro d ell’epoca?
* * *
N ella seconda m età del Duecento l ’assetto del mondo mediterraneo attraversa una fase di profondo rivolgim ento, non soltanto per eventi im m ediati, ma anche per le conseguenze, le onde lontane d i fatti più remo ti nello spazio e nel tempo, che ora giungono a ripercuotersi nella m ulti forme dinamica del presente. Nel 1222-23 le orde mongole, muovendo d all’A sia centrale, attraversano come un uragano la regione del Caucaso e la Russia m eridionale fino al M ar Caspio ed al M ar Nero: nel 1241 sconfiggono a Leignitz le forze slave e tedesche, dilagando per la Polo nia e l ’U ngheria e raggiungendo la D alm azia. E se anche si ritraggono ben presto d a ll’U ngheria e dalla Polonia, instaurano sulla R ussia il dura turo dominio d ell’Orda d ’Oro, dove costituiscono quel vasto im pero che consentirà a M arco Polo, ed ai m ercanti latini che seguirono le sue or me, il rapporto diretto con la Cina.
Nel 1256 H ulagu invade la Persia, l ’Irak e la S iria; nel 1258 con quista Bagdad, la cui popolazione viene m assacrata, come quella di altre città dellT rak e della M esopotam ia superiore; nel 1262 è la volta di M ossul. Tabriz, la capitale del dominio degli Ilk an i d i P ersia, il quale comprende anche l ’A fghanistan, l ’A serbaigian, l ’Irak e l ’A sia M inore si no al K izil Irm ak, diventa il nuovo centro della v ita politico-economica, in sostituzione di Bagdad e di M ossul, m entre, soprattutto n ell’Irak, l ’agricoltura e le industrie entrano in crisi.
L ’invasione mongola nel Vicino e M edio O riente e la minaccia, che essa portò a ll’E gitto, si svilupparono proprio mentre quest’ultim o veniva direttam ente attaccato dalla prim a crociata di L uigi IX di Francia, nel 1248. Conseguenza del doppio pericolo, anche se i crociati finirono scon fitti, fu l ’avvento al potere nel Sultanato, nel 1249, alla m orte d ell’eiubi- de al-M alik as-Salih, della classe m ilitare dei M am elucchi, form ata in grande maggioranza da ex-schiavi turchi. Bloccato l ’espansionismo degli Ilkani con la battaglia di A in G ialud nel 1260 e ripresa l ’iniziativa con la conquista dello Yemen, dello H eggiaz e d i alcune province d ell’A sia M inore a nord della Siria, i nuovi signori d’Egitto si rivolsero contro gli Stati crociati di Siria e Palestina, per completare e consolidare il loro dominio nelle province asiatiche, sopprimendo le teste di ponte cristia ne in Terrasanta, sostenute dalla Chiesa di Rom a, ed elim inando queste « piazze » commerciali, concorrenti al mercato d i A lessandria.
La pressione dei M ongoli di Persia, — con la distruzione dei poten tati turchi d i Bagdad e di M ossili, — sul sultanato selgiucide d ’Iconio, in A sia M inore, da un lato salvò l ’impero greco di Trebisonda, sul M ar Nero, sorto dallo sfacelo d ell’impero di Costantinopoli sotto i colpi del la IV crociata del 1202-1204, d all’altro favorì la ripresa espansionistica dell’im pero greco di N icea, che aveva inalzato la bandiera della riscossa contro l ’im pero Latino d ’O riente, instaurato dai crociati con l ’appoggio veneziano. N el 1255 G iovanni I I I Dukas-Vatatzès d i Nicea occupò l ’iso la di Chio, n e ll’Egeo; poi prese Rodi e nel 1246 conquistò il regno di Tessalonica, togliendolo ai M onferrato.
M entre nei Paesi d ell’interno del Vicino O riente i Mongoli affer mano il loro dominio ed i G reci d i Nicea avanzano n ell’A sia M inore, i L atini dei residui S tati crociati di Terrasanta si combattono tra loro, ignari od incuranti o inconsci dei pericoli che già minacciano a ll’orizzon te. La posta è rappresentata dalle piazze cornmerciali, da cui si dipar tono g l’itin erari verso l ’A sia centrale; l ’epicentro è costituito da San G iovanni d ’A cri — oggi A kka — punto d ’arrivo e di partenza per le carovane orientali, grande luogo di mercato, sede di un quartiere geno vese, uno pisano, uno veneziano.
Proprio qui, ad A cri, i Pisani fecero la grande prova in O riente contro i Genovesi nel 1222, in quel duro conflitto nel quale finirono rovinate m olte case e fortificazioni di Genova: i Veneziani furono chia m ati a comporre la vertenza; i P isani vennero condannati al risarcim ento dei danni ed alla ricostruzione della grande torre dei Genovesi, andata distrutta. A ltro scontro violento tra i Genovesi ed i Pisani nel 1249, quando si battagliò per 21 giorni con largo impiego d i macchine da guerra; un console genovese venne ucciso; si raggiunse la tregua grazie alla m ediazione di G iovanni d ’Ibelin, signore di A rsuf, baiulo e conne- stabile del regno di Gerusalemme.
Peggio ancora alcuni anni più tardi, nella famosa guerra coloniale del 1256-58: la colleganza pisano-veneziana, sostenuta da altri coloni occidentali, riuscì a prevalere sui genovesi, rim asti quasi soli, i quali, as serragliati nel loro quartiere, resistettero con l ’energia della disperazione, in una città devastata dai com battim enti, che si dice provocassero quasi 20.000 m orti. Quando i genovesi furono costretti ad arrendersi, salva la v ita, m a espulsi dalla città, la loro torre grande venne scavata intorno alle fondamenta dai veneziani e dai pisani, sì che potesse penetrarvi
l ’acqua dal profondo, ed i vincitori vi confluirono con le barche, gridando: « L a torre dei Genovesi naviga! » . In una società violenta come quella m edievale, irridere ai vinti rientrava nei comportamenti di guerra, ma l ’affronto subito, unitam ente alle durissim e condizioni d i pace, non po teva essere facilm ente dimenticato a Genova, così orgogliosa d el proprio prestigio.
La sconfitta di A cri ebbe come conseguenza im m ediata i l trasferi mento delle attiv ità com merciali dei Genovesi a Tiro, a Sidone, a T ri poli: in più lunga distanza ed in più ampio orizzonte fu una delle ragioni del loro accostarsi a ll’im pero di N icea fino a ll’alleanza del 1261 con M i chele V i l i Paleologo, che preluse alla caduta d ell’im pero Latino d ’Orien- te, sostenuto da Venezia, ed alla nuova leadership genovese n ell’Egeo, nel M ar di M arm ara, nel M ar Nero. Localm ente, in T errasanta, essi cer carono di rifarsi in puntate offensive, come quando, nel 1287, armarono una flotta di cinque galere ed un galeone al comando d i Rolando Asche- rio, e posero il blocco al porto acritano, ritraendosi soltanto dietro inter vento dei T em plari e degli O spedalieri, Piccolo episodio, come tanti al tri, della più grande vicenda dello scontro tra mondo cristiano e mondo islam ico, destinato a concludersi qui tragicam ente nel giro di pochi anni.
* * *
Se nel M editerraneo occidentale nella seconda m età del Duecento il rapporto tra Cristianesim o ed Islam ha raggiunto un equilibrio statico, nel M editerraneo orientale la nuova aggressività d el sultanato mame lucco d ’Egitto e poi la nascita del sultanato osmanlo d ’A natolia riportano e riporteranno l ’IsIam alla conquista dopo l ’uragano mongolo, e ripro pongono il tem a vincente d ell’O riente musulmano. T ra il 1265 ed il 1268 il sultano d ’E gitto, Bibars, conquista Cesarea, A rsuf, G iaffa, A n tiochia, G ibello. I l suo successore, K elavun, riprende Laodicea, che i Latini hanno da poco tolto al sultanato di Aleppo. N el 1289 cade in mani egiziane Tripoli di Siria, dove Benedetto Zaccaria, uno dei vincitori, se non il vero vincitore, alla M eloria, m ette in salvo sulle sue navi quanta più gente può, prim a che i conquistatori facciano scempio con stragi e devastazioni.
Numerosi cronisti cristiani hanno rievocato il tragico evento con accenti appassionati; ma, forse, riesce più di tu tti dramm atico, n ella sua
brevità, i l racconto d ell’arabo A bu’ lfeda: « G li abitanti fuggirono dalla parte del porto, ed un piccolo numero d i loro potè im barcarsi sulle navi e salvarsi. L a m aggior parte degli uomini della città furono uccisi; i bam bini furono portati in cattività . . . Quando i m usulm ani ebbero fin i to d i uccidere g li abitatori e di saccheggiare la città, il sultano la fece radere al suolo » . I l 19 maggio 1291 fu la volta di San G iovanni d ’A cri, con uguali rovine, dove ugualm ente si adoperarono per i fuggiaschi due galere genovesi — ■ quelle d i Andrea Pelato — presenti nel porto: ed allora T iro, Sidone, B eirut, Tortosa vennero evacuate.
In utile chiedersi se i Genovesi, i V eneziani e i Pisani si rendessero conto delle disastrose conseguenze dei loro interni conflitti nei riguardi della capacità d i resistenza del residuo Regno latino di Gerusalem me, di cui A cri era capitale; del danno irreparabile che le loro riv alità provo cavano all’intera com unità occidentale a vantaggio d ell’opposto schiera mento islam ico. I l tornaconto immediato, lo sguardo a breve raggio spazio-temporale, l ’o stilità verso il concorrente vicino prevalgono d i nor ma sulla genericità dei vantaggi nella prospettiva dei tempi lunghi. N el mondo degli affari alleanze ed antagonism i non corrono sul filo della fede religiosa e neppure su quello d ell’ideologia politica, m a sul calcolo d ell’interesse im m ediato, del tornaconto a breve scadenza, nella convin zione che il fattore economico è destinato a prevalere su qualsiasi altra considerazione, sicché non si scevera tra cristiano e musulmano, tra cre dente ed infedele, tra l ’amico ed il nemico d i ie ri o d i domani.
Né possiamo dim enticare che Genovesi e Veneziani, Pisani ed Am al fitan i od Anconitani si sentono tra loro stranieri alla stessa guisa che nei riguardi dei C atalani o dei Provenzali, d ei C a sig lia n i o dei Porto ghesi, an?i talvolta ancora più. E neppure possiamo ignorare quanto ha scritto G eorg Caro a proposito della perdita degli ultim i possedim enti cristiani in Terrasanta : « Che la colpa debba esserne ascritta alle discor die dei cittadini delle città m arittim e italiane, è asserzione tanto antica quanto infondata . . . A carico delle città m arittim e può im putarsi' sol tanto l ’indifferenza che regnava in generale nelle potenze secolari del- l ’Occidente per le sorti della Terra Santa ».
A ggiungo, per quanto concerne i G enovesi, che, dopo la restaura zione d ell’im pero greco nel 1261, grazie alla quale essi ebbero davanti a sé spalancate le porte del M ar Nero con i suoi tesori e le sue lin ee ter m inali per l ’in d ia e per la Cina, g li ultim i stabilim enti latin i in Terra
santa diventarono ai loro occhi un quadro secondario, in cui non c’era p iù un’incentivo inderogabile n e ll’im piego di energie e di capitali di fronte alla spesa ed ai sacrifici che avrebbe richiesto l ’impegno contro l ’avanzata islam ica. Quando ad uno ad uno cadono, tra il 1265 ed il 1291, gli ultim i brandelli degli antichi staterelli crociati, il cronista Iaco po Doria annota laconicamente, quasi a conclusione di u n ’epoca: « E così tutta la terra dei C ristiani, eccettuata l'A rm enia, fu .a llo ra p e rd u ta » .
Era la fine di un ciclo, non di una storia. Rim ase in m ani cristiane la Piccola A rm enia, aperta sul golfo di A lessandretta nella penisola ana- tolica, dove s’infoltirono e i genovesi e i veneziani, ma furono presenti anche i pisani. Rim ase in mani cristiane l ’isola di Cipro, ugualm ente af follata da genovesi, pisani, veneziani e am alfitani, in un sistem a econo mico bilanciato tra l ’iso la e l ’antistante regno cristiano armeno sul con tinente, Qui si trasferirono grandi commerci del M ar di Levante e, in sieme ad essi, rivalità e contese tra Genova e Venezia che, dopo la M e loria, presero il posto di quelle tra Genova e Pisa. Non a caso proprio d i fronte alla Piccola Arm enia si svolse la battaglia di Laiazzo tra V ene ziani e Genovesi con la vitto ria di questi ultim i nel 1294.
* * *
Il grosso nodo orientale era quello d ell’im pero costantinopolitano, nelle sue im plicanze con la Chiesa greca e la Chiesa latina, con le Repub bliche italian e e la Corona aragonese, con la diaspora territoriale provo cata dalla IV Crociata e non più sensibile. L ’im peratore d i Nicea, M iche le V III Paleologo, dal quale partì la riscossa bizantina, al concilio di Lione del 1245 aveva aderito alla Chiesa rom ana; quando però, dopo avere ripreso Costantinopoli nel 1261 restaurandovi l ’im pero greco, in viò a Roma, a papa M artino IV , appena eletto al soglio pontificio, nel 1281, i vescovi di Eraclea e di Nicea « per conoscere — dice il cronista Giorgio Pachimero — il suo stato presso il papa » , i due ecclesiastici furono ricevuti « freddam ente e con disprezzo, e non vennero ammessi in presenza del pontefice, se non a tarda ora e d i m alavoglia ». Accusan do l ’im peratore ed i suoi di essere soltanto dei sim ulatori d i concordia, papa M artino « nel giorno di giovedì santo del 12.81 scomunicò come scism atici esso Paleologo e tu tti i G reci e tu tti i loro partecipi ». Lo sci sma riprendeva dunque in modo clamoroso: tan t’è vero che alla morte
di M ichele V i l i , nel 1282, il figlio e successore Andronico II , indotto d all’o stilità del clero greco contro il defunto per la sua adesione al con cilio lionese, « ordinò che i l Padre di lu i A ugusto non fosse degnato di onorevole m emoria, né di giuste esequie, celebrate secondo il rito col canto dei salm i, e nemmeno di ecclesiastica sepoltura » ; « anzi fu posto in un tum ulo al di sopra della terra ».
In realtà, fatta eccezione per Genova, l ’Occidente latino non aveva gradito la restaurazione greca in Costantinopoli, che si riteneva — nono stante l ’atteggiam ento di M ichele V III — non potesse non compromet tere la possibilità d i riunione delle due Chiese sotto il segno di Rom a e quindi la ricostituzione d i un più solido baluardo antislam ico. A ll’ele zione di papa M artino IV , grande fautore di Carlo d ’A ngiò, la bandiera del caduto Im pero latino d ’O riente venne ripresa dallo stesso Carlo, re di Sicilia, il quale s’era prefisso — scrive Brunetto L atini — « di conqui stare lo im perio di Costantinopoli e di trarlo di tra mano del Paglialoco ». Le vicènde orientali si ripercuotono in Occidente, in un groviglio d i causa ed effetto. I l trono del S a c r u m I t n p e r i u m è vacante dal 1254, dopo la m orte d i Corrado IV , e lo rim ane sino al 1273, a ll’elezione di Rodolfo d ’Asburgo. I l m aggiore aspirante alla corona im periale durante il grande interregno è Alfonso X d i C astiglia, figlio d i Beatrice, figlia di Filippo d i Svevia: quindi pronipote d i Federico Barbarossa. L ’ambasce ria pisana che nel 1256 venne a Sória, a portargli il riconoscimento co me R e dei Rom ani, dopo che era stato ucciso l ’altro pretendente, Gu glielm o d ’O landa, aprì al regno castigliano la possibilità di inserirsi nel la politica europea, uscendo d all’isolamento della guerra di Reconquista. Sennonché le prospettive favorevoli ad Alfonso X furono d i breve durata. A m età del Duecento la decadenza d ell’impero islamico degli Alm ohadi n ell’A frica m aghrebina era giunta alla fase finale, sì che i Meri- nidi, provenienti d all’interno, poterono im padronirsi del Marocco e della stessa capitale Saleh. Alfonso tentò di approfittare della situazione nel 1260 con una spedizione, proclam ata come una crociata, che gli avrebbe dato grande prestigio anche in Occidente, ma, dopo una prim a azione fortunata con la conquista di Saleh, egli fu battuto da una controffen siva m usulm ana. Una sua seconda spedizione venne im pedita nel 1264 d a u n ’insurrezione dei mori di A ndalusia e d i M urcia, sostenuti dal re gno moresco di G ranada e dal Marocco. Una terza finì in un disastro, nel 1279.
In realtà, già la crociata di L uigi IX contro T unisi nel 1270, seb bene avesse inflitto un duro colpo ai principi m usulm ani del N ord-Afri ca, aveva messo in evidenza l ’im possibilità per le forze cristiane d i pro cedere a conquiste stabili su ll’opposta sponda del M editerraneo. Sul ver sante occidentale di questo mare la linea di confine tra cristianesim o ed islamismo aveva raggiunto una sostanziale posizione d i equilibrio, de stinata — con la sola eccezione del regno musulmano dei N asridi — a farsi stabile nel tempo.
Svanivano anche le aspirazioni d i Alfonso X alla corona im periale, in conseguenza della ribellione della nobiltà castigliana nel 1269, del l ’opposizione decisa di papa Gregorio X , d ell’elezione d i Rodolfo di Asburgo al trono dell’im pero nel 1273, d ell’invasione dei marocchini di Fez e dei m ori di Granada nei regni di C astiglia e d i Jaén nel 1275, mentre si apriva il pleito per la successione al trono castigliano. I l ten tativo della C astiglia per inserirsi nel vivo della politica europea finisce nel nulla, anche se Genova è già presente in questa parte della Spagna, sia sul versante cristiano sia su quello islam ico, con la folla dei suoi m ercanti e con accordi a livello di governo tanto a Siviglia quanto a Granada.
D iversa la situazione della Corona catalano-aragonese, essa pure stretta da intensi commerci con la capitale ligure. L ’insurrezione e la guerra del Vespro, con la spaccatura del Mezzogiorno italiano fra gli Angioini a Napoli e gli Aragonesi in Sicilia, introduce una grossa va riante nel quadro m editerraneo. Lasciando alla C astiglia il m aggiore peso della Reconquista antislam ica, l ’A ragona, col supporto della borghesia m ercantile catalana, si lancia alla politica m arittim a a lunga distanza, non più lim itandosi al problem a delle B aleari e ponendo un solido tas sello per la costruzione della famosa diagonale insulare, che rappresen terà per Genova un pericolo m ortale, M a qui il discorso c’induce a con siderare quello che, nella seconda m età del secolo X I I I , si prospetta co m e uno dei punti c a ld i. nel quadro mediterraneo e nella politica mon diale, strettam ente connesso con l ’im pero d ’O riente: il regno di Sicilia,
* * *
Successi al trono siciliano g li Angiò nel 1266, con l ’appoggio del papa, alto signore feudale del regno, i nuovi sovrani continuarono la
politica orientale dei loro predecessori svevi e già dei precedenti Nor m anni, per m ettere piede al di là del canale d ’O tranto. Con un accordo del 1267 re Carlo I prom ise a Baldovino II , lo spodestato im peratore latino ¿ ’O riente, un esercito per la riconquista d i Costantinopoli; ne ot tenne in cambio l ’inv estitura in titolo dei superstiti principati franchi orientali e la prom essa, per quando Baldovino fosse risalito in trono, della concessione d ell’A caia, di Tessalonica e di un quarto d ell’im pero. L ’accordo fu rinsaldato nel 1273 dalle nozze d i Beatrice d ’Angiò con il figlio di Baldovino II , Filippo d i Courtenay, il quale, poco tempo dopo la morte del padre, divenne formalmente titolare dell’im pero Latino d ’O riente.
N el 1278 l ’avanzata orientale degli Angiò ha ormai stretto quasi da ogni parte l ’im pero greco. Carlo d ’Angiò si è im padronito d ell’A caia e prende il titolo d i re d i A lbania. Possiede Corfù ed altre isole d i quel l ’area; ha come vassalli il despota d i Epiro, il duca di A tene, i terziari di Negroponte; m antiene relazioni con il re d i Serbia e lo zar dei B ul gari. M a non possiede una flotta che g li consenta di competere con la pur debole arm ata navale bizantina e soprattutto con i corsari greco-ge novesi che rappresentano la m aggiore difesa d e ll’im pero e g l’impedisco- no una vitto ria definitiva. I l trattato d i O rvieto d el 3 luglio 1281 tra l ’Angiò e V enezia venne a sanare questa deficienza. Un’arm ata d i 40 navi fu garantita da Venezia, che desiderava riprendere le posizioni orien tali, perdute con la caduta d ell’im pero Latino. A llo schieramento delle forze antigreche aderirono i P isani, stretti a Venezia da precedente trattato d i alleanza; aderì anche il papa, n ell’intento d i riportare al po tere in Costantinopoli i L atini cattolici contro i G reci ortodossi. Re Carlo tentò di coinvolgere g li stessi Genovesi, i q u ali però, non avendo nessun interesse alla restaurazione della potenza veneziana in O riente, si affrettarono a m ettere su ll’avviso l ’im peratore greco, M ichele V i l i .
Q uest’ultim o si era già prem unito con una rete d i alleanze orien tali tra cui i M ongoli d el K ipciak ed i M am elucchi d ’E gitto. Cercò ap poggi anche in Occidente. Si rivolse inutilm ente alla C astiglia, in piena guerra civile per la ribellione di don Sancio, —• sostenuto da grandi digni tari laici ed ecclesiastici, — • al padre, Alfonso X , che fu salvato da un in tervento d ell’emiro d el Marocco, ed era appoggiato dal papa e dal re di Francia, sicché si trovava im plicitam ente legato al partito degli Angiò. M igliore udienza gli am basciatori d ell’im peratore di Costantinopoli tro
varono presso il regno d i Aragona.
Era un momento di particolare tensione per l ’esplosione della guer ra del Vespro, intervenendo nella quale g li Aragonesi intendevano ag giungere un tassello alla costruzione della diagonale insulare, cioè della grande via delle spezie che da Barcellona doveva indirizzarsi verso i paesi levantini lungo una catena di basi insulari. G ià signori delle Baleari, i sovrani d ’Aragona puntano ora sulla Sicilia, riservando ad un secondo momento l ’attacco alla Sardegna. Non occorre qui sofferm arsi sulle vi cende della guerra del Vespro, sulla separazione delle due corone, con Alfonso el Benigno sul trono aragonese e Giacomo el Justo su quello siciliano. M a ciò che sembra opportuno sottolineare è l ’inv estitura p a pale del regno di Sardegna e d i Corsica, concessa da Bonifacio V i l i nel 1297 a Giacomo d ’Aragona, passato nel frattem po dal regno siciliano a quello aragonese: un tentativo del papa per fare sì che Federico II I di Sicilia, fratello di Giacomo, restituisse il trono d ell’iso la agli Angiò. La restituzione non ci fu, ma i sovrani aragonesi ebbero in mano, con questa investitura, un’ottim a carta per avanzare le successive rivendica zioni sulla Sardegna, contesa tra Genovesi e Pisani.
* * *
T ra O riente ed Occidente: un panorama quanto m ai complesso. Il mondo euro-mediterraneo è diventato un orizzonte unitario, senza set tori separati, senza com partimenti stagni, tra cattolici romani e greci or todossi, tra cristiani e m usulm ani. Persino il piccolo regno moresco di Granada, nella Sierra Nevada della Spagna andalusa, sorto intorno al 1238 dalla ribellione del nasride M uham m ad Ibn al-Ahmar, nel 1232, contro il signore di M urcia, Ibn H ud, prende parte attiva alla grande politica internazionale, senza preclusioni di carattere religioso: si vedano, ad esempio, i l trattato concluso con Genova nel 1278-79 e le conferme del medesimo nel 1295 e nel 1298.
In questo quadro coesistono una componente politica, una econo mica ed una m ilitare: accordi diplom atici internazionali, correnti mer cantili, fatti d ’arme, Le risultanze, positive o negative, derivano dal loro armonico o disarmonico intrecciarsi, d all’interno equilibrio o squilibrio tra gli uni e gli altri, dalla loro intrinseca consequenzialità. L a battaglia della M eloria, definita da Roberto Lopez come « la battaglia m arittim a
più im portante d el medio evo » , sarebbe rim asta, nonostante tutto, uno dei tantissim i fa tti d ’arm e che costellano la storia, spesso appena ac cennati nei lib ri; non sarebbe cioè assurta ad ipostasi, ad espressione del la potenza genovese, alla qualificazione di elemento determ inante d i un ciclo storico, se non si fosse inserita in un complesso d i altri fattori che in quel momento erano altrettanto positivi per Genova, uscita vincitri ce, da poco p iù di tre n tan n i, n e ll’aspra contesa con Federico II di Sve- via, dom inatrice sulle R iviere, prevalente nei m ari d ’O riente come nella penisola iberica, em ergente tra il mondo cristiano come tra quello isla mico.
I l conflitto con Pisa si trascinava dal secolo X II, tra scontri bellici, tregue, paci, riprese m ilitari e diplom atiche. G ià nel 1160 Beniamino di Tudela scrive nel suo I t i n e r a r i o che i Genovesi « dominano il m are; fanno costruire navi, chiam ate galee, sulle q u ali vanno a saccheggiare le regioni più lontane e riportano il bottino a Genova. Vivono in guerra perpetua contro Pisa ». L a posta era il predominio sul M editerraneo occidentale, nella contrapposizione tra la proiezione pisana verso la Sar degna e le B aleari e la proiezione genovese verso la Sicilia, la Spagna del Sud ed il Nord-Africa. I riflessi investirono gradualm ente il quadro del- l ’O riente, d all’E gitto alla T errasanta, dal M ar di Levante e dalFEgeo al M ar d i M arm ara, al M ar Nero, al M are d ’Azov. M olteplici le alleanze dalPuna e d all’altra parte, i cam biam enti d i fronte, l ’improvviso esplo dere d i situazioni nuove.
M a il rapporto tra Pisa e Genova diventava sempre più inversam en te proporzionale nel decorso del tempo. Certo i Pisani, come i Genovesi, già tra la fine del secolo X I ed i l principio del X II sciamavano verso il Nord-Africa e POriente. I prim i erano favoriti dalla m aggiore vicinanza, in lin ea di navigazione, verso quei m ercati; però la relativa minore lun ghezza del percorso non era sufficiente a compensare il più rapido incre mento d ell’accumulo d i capitale che contraddistingue la Genova del l ’epoca. P er essa i l rapporto con Pisa nel Duecento, anche se i cronisti d ell’epoca lo considerano essenziale, anzi prim ario, è una costante che oserei dire locale, cioè non « il problema » , ma « un problem a » , fra i m olti che si propongono alla repubblica genovese, per la quale, semmai, la vera questione è già per tempo — basta pensare alla IV Crociata — lo scontro con Venezia, come lo sarà, fra T re e Quattrocento, lo scontro con la Corona d ’A ragona. P er P isa quello con Genova è invece davvero