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Alta pressione e febbre gialla. La cultura giovanile nell'Italia degli anni Sessanta tra televisione, radio e cinema.

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Academic year: 2021

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’EDEN

semestrale

di

cinema

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visivi

n.

36

2020

scalpendi

(2)

«Una macchina per stampare il sogno»...

Giambattista Basile va al cinema

Stef

ania Rimini

Regia teatrale e immagini in movimento: il

‘live cinema’ di Katie Mitchell

Federica Mazzocc

hi

Alta pressione e febbre gialla.

La cultura giovanile nell’Italia degli anni Sessanta tra televisione,

radio e cinema.

Giulia Muggeo

Immagini,

testimonianze,

autorappresentazione nazionale.

Il Neorealismo di carta di Cinema Nuovo.

Angelo Pietro Desole,

Fr

ancesco Pitassio

«Nous sommes tous des

“V

oleurs de bicyclette”».

Il

“culto”

del De Sica neorealista presso la critica cattolica francese.

Li

vio Lepr

atto

Dalla carta allo sceneggiato.

Pratiche di adattamento e censura nei copioni Rai.

Il caso de Il giornalino di Gian Burrasca

Anna Rita Buono,

Giuliana Galv

agno

Il

“Fondo Memè Perlini”: gli inediti dell’artista marchigiano

Antonio

V

alerio Sper

a

L’(in)visibile in prima linea.

Pratiche e strumenti della radiologia di emergenza nella Grande Guerra.

Greta Plaitano, Simone Dotto Marcello Mastroianni, Elio Petri e L ’Assassino:

inquietudine della modernità italiana.

Fabio P ezzetti T onion Medical dramas: forme di riciclo narrativo nella produzione audiovisiva seriale Marta Rocc hi Abstr acts sommario Direttore responsabile

Grazia Paganelli (Museo Nazionale del Cinema).

Direttori

Giaime

Alonge (Università di

Torino),

Giulia Carluccio (Univer

-sità di

Torino),

Luca Malavasi (Università di Genova),

Federica

V

illa (Università di Pavia).

Comitato scienti fico Pa olo B er te tto (U niv er sit à d i R om a L a S ap ie nz a) , F ra nc es co Casetti (Y ale University), Richard Dyer (King’ s College L on do n) , R ug ge ro E ug en i (U niv er sit à C att oli ca d el Sa cr o C uo re di M ila no ), T om G un nin g ( U niv er sit y o f C hic ag o) , G ia co m o M an zo li (U niv er sit à d i B olo gn a) , E nr ic o M en du ni (U niv er sit à di Roma 3), Catherine O’Rawe (University of Bristol), Peppino Ortoleva (Università di Torino), Guglielmo Pescatore (U n iv er sit à d i B o lo gn a) , F ra n ce sc o P ita ss io (U n iv er sit à d i U din e), Ja cq ue lin e R eic h (F or dh am U niv er sit y) , R os a M ar ia Salvatore (Università di Padova), Antonio Somaini (Université So rb on ne N ou ve lle P ar is III ), P ier re S or lin (U niv er sit é S or bo nn e

Nouvelle Paris III),

V

eronica Pravadelli (Univeristà di Roma 3).

Comitato diretti vo Sil vio A lo vis io (U niv er sit à di To rin o) , A le ss an dr o A m ad uc ci (Università di T orino), Luca Barra, (Università di Bologna), C la ud io B iso ni (U ni ve rs ità d i B ol og na ), G ab rie le D ’A ut ili a (Università di T eramo), Raffaele De Berti (Università di Mi -la no ), Ila ria D e Pa sc ali s ( U ni ve rs ità d i B ol og na ), D am ia no G ar of alo (U niv er sit à d i R om a L a S ap ie nz a) , M ic he le G ue rr a (Università di Parma), Ilario Meandri (Università di Torino), A nd re a M in uz (U niv er sit à di R om a L a Sa pie nz a) , E m ili an o Mor rea le (U nive rsit à di Roma La Sapie nza) , Mari apaol a Pier i-ni (Università di Torino), Franco Prono (Università di Torino), Chiara Simonigh (Università di Torino), Andrea V alle (Univer -sità di Torino). Redazione Te re sa B io nd i ( U niv er sit à d i T or in o) , L or en zo D on gh i ( U niv er-sit à d i P av ia ), R icc ar do F as so ne (U niv er sit à d i T or in o) , G iu lia na Galvagno (Università di Torino),

Ismaela Goss (Università di Ge

-no va ), A nd re a M att ac he o ( U niv ers ità d i T or in o), M att eo P oll on e (Università di Torino), Gabriele Rigola (Università di Torino), H am ilto n S an tià (U niv ers ità d i T or in o), B ru no S ur ac e ( U niv ers ità di To rin o) , J ac op o T om ati s ( U niv er sit à d i T or in o) , S ar a T on gia ni (Università di Genova), Deborah

Toschi (Università di Pavia).

Coordinamento redazione Cristina Colet (Università di Torino), Giulia Muggeo (Univer -sità di Torino).

Stampato con il contributo di

D ip ar tim en to d i S tu di U m an ist ic i, U ni ve rs ità d eg li St ud i d i Pa via – F on di D ip ar tim en ti d i E cc ell en za 2 01 8-20 22 , U niv er sit à degli Studi di Torino. In copertina XXX In quarta di copertina XXX La Valle dell’Eden

Semestrale di cinema e audiovisivi

©

2020, Scalpendi editore, Milano

ISBN: 978-88-32203-33-2

ISSN: 1970-6391

Progetto gr

afi

co e copertina

© Solchi graphic design,

Milano

Montaggio e post produzione

Roberta Russo Alberto Messina Caporedattore Simone Amerigo Redazione Manuela Beretta Adam Ferrari Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elet -tronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scrit -ta d ei pr op rie ta ri de i d iri tti e d ell ’e dit or e. T ut ti i d iri tti riservati . L ’e dit or e è a d isp os iz io ne p er e ve nt ua li dir itt i non riconosciuti Prima edizione: XXX Fin ito d i s ta m pa re n el m es e d i d ic em br e 2 01 9 a c ur a d i Scalpendi editore S.r.l. Printed in Italy Scalpendi editore S.r .l. Sede legale: Piazza Antonio Gramsci, 8 20154 Milano www .scalpendieditore.eu info@scalpendieditore.eu Registrazione presso il T ribunale di Torino n. 5179 del 04/08/1998

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(3)

la cul tura gio vanile nell ’it alia degli anni sess ant a tra televisione , radio 24 federica mazzocchi

al

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pressione

e

febbre

gialla

.

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vanile

nell

’it

degli

anni

sess

ant

a tra

televisione

, radio

e

cinema

Giulia Muggeo A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta l’industria culturale si arricchisce di prodotti espressamente indirizzati a una nuova categoria sociale: i giovani. Molto è stato scritto protagonismo giovanile che si afferma in questi anni, sulle pratiche di «autoriconoscimento silenzioso» 1 e sul ruolo fondamentale giocato dai media dell’epoca nella costruzione fusione di un nuovo immaginario 2 ; è proprio su quest’ultimo aspetto che vorremmo di soffermare la nostra attenzione. L ’intento dell’articolo, infatti, sarà quello di ripercorrere alcune tappe fondamentali legate all’affermazione della cultura giovanile italiana verso l’analisi del palinsesto televisivo, radiofonico e in parte editoriale 3 della prima degli anni sessanta, con un particolare riferimento a due trasmissioni cardine come pressione e Bandier a gialla . Se il cinema, attraverso i musicarelli ma non solo, coglie e rappresenta su schermo il mutamento che sta interessando la prima generazione già sul finire degli cinquanta, la televisione, la radio e l’editoria sembrano invece avere un ruolo di piano nelle dinamiche di costruzione dell’immaginario giovanile 4 . Il ritardo di televisione radio, come è stato notato, è legato principalmente alla «vocazione ecumenica e rassicuran te» dei due media e, più in generale, a un sistema produttivo «saldamente controllato forze di governo, tendenzialmente conservatore, monopolistico» 5 . 1 S. Piccone Stella, La prima gener azione: rag azze e rag azzi nel mir acolo economico italiano , Franco Milano 1993, p. 11. 2 Si veda La vita pri vata. Il Nov ecento , a cura di P. Ariès, G. Duby , Laterza, Roma-Bari 1988 e in particolare i saggi di O . Calabrese, Appunti per una storia dei giov ani in Italia e di C. Saraceno, La famiglia: i par adossi costruzione del pri vato . Rimandiamo inoltre a P. Sorcinelli, A. V arni , Il secolo dei giov ani. Le nuov e gener

la storia del Nov

ecento , Donzelli, Roma 2004. 3 È noto il ruolo imprescindibile giocato in questo senso dalle riviste giovanili, tra tutte “Big”, “Ciao e “Giovani”. Si veda in merito J. Tomatis, Storia cultur ale della canzone italiana , Il Saggiatore, Milano particolare il capitolo 5 sul rapporto tra nuovi generi musicali e cultura giovanile. Si veda inoltre A. V olpi, politica e carta stampata. Dal beat al parco Lambro , Pacini Editore, Ospedaletto 2013. Nonostante primo piano giocato da queste riviste, però, l’articolo intende utilizzare tra le fonti principali il “Radiocorriere TV”, sulle cui pagine nascono, negli anni presi in analisi, alcune rubriche come Renzo Arbore presenta di Bandier a Gialla . Sul ruolo della rivista, organo uf ficiale della RAI, si veda Sc hermi d’autore. Intellettuali televisione. 1954-1974 , a cura di A. Grasso, Rai Eri, Roma 2002. 4 Per comprendere il disallineamento esistente tra i vari media e i ritardi nel veicolare contenuti alla cultura giovanile si prenda in considerazione il saggio di Tomatis sulla ricezione del rock and roll J. Tomatis, Il ballo flagello. Il sistema dei media italiani e la ricezione del roc k and roll (1955-1956) dell’Eden”, 30, 2017, pp. 69-75. 5 Tomatis, Storia cultur

ale della canzone italiana

, cit. (vedi nota 3), p. 285. post drammatico contemporaneo. Mitchell non lo nomina, ma in tale orizzonte riaffiora la lezione di Brecht. Agli effetti di straniamento prodotti dalle tecniche del live cinema, che portano allo scoperto la scrittura registica, le strutture comunicative e di funzionamento dello spettacolo, si associa un tipo di adattamento del testo che opera per passaggi logici rifiutando gli enigmi dell’originale di Duras. Anche la crudezza del racconto, associabile ai modelli di Kane, Edward Bond, Caryl Churchill, sviluppa una serie di temi che Brecht poneva al centro dello spazio politico del teatro, fra i quali lo sfruttamento reciproco, il degrado, la centralità del denaro, la figura della prostituta proletaria e madre. Mitchell dichiara la liberazione finale della donna 34 , ma lo spettacolo è in realtà più duro e ambiguo, perché il lieto fine non cancella l’evidenza delle logiche mercantili nei rapporti, la pervasiva normalità del vendersi.

La seconda linea riguarda il lavoro dell’attore per lo schermo e fa capo a Stanislavskij,

cui Mitchell invece si collega esplicitamente. Se qualche tempo fa gli studi teatrali femmi -nisti erano più in sintonia con i processi brechtiani di rottura dell’imitazione, oggi si assiste a un deciso recupero del verosimile recitativo di cui Mitchell è un’autorità 35 . Da queste premesse, cioè dalla possibilità di tornare alle sorgenti del realismo e del naturalismo come forme radicali, nasce il lavoro di Mitchell con gli attori, basato su un’analisi scientifica dei comportanti in situazione e su un reenactment millimetrico degli effetti corporei dell’emo -zione. L ’obiettivo è modellare personaggi prismatici che, grazie alla precisione di azioni e mimica, mostrino la complessità delle reazioni, delle motivazioni interiori, dei condiziona -menti che li muovono. In Il mestiere della regia Mitchell lega tale prassi, oltre che alla ricer -ca dell’ultimo Stanislavskij, relativa alle azioni fisiche, e dei suoi più geniali continuatori (soprattutto Lev Dodin), alle neuroscienze (in particolare gli scritti di Antonio Damasio) e all’indagine dei filosofi (W illiam James, Che cos’è un’emozione? )36 . L ’insieme delle istanze fin qui ricordate costituisce l’ambito teorico e operativo di Mitchell, che chiede all’attore massima esattezza e allo spettatore massima apertura. 34 «A vincere alla fine è lei, la donna. È lei che dice che quello che l’uomo fa è inaccettabile. Lei che si libera». A. Bandettini, Katie Mitc hell: «E or

a metto in scena la vittoria della donna»

, cit. (vedi nota 24). 35 Cfr . K. Solga, Theatre & Feminism , cit. (vedi nota 33), in particolare il capitolo Reconsidering realism , che esamina le posizioni teoriche di Cima, Diamond, Baker , pp. 42-48; e D . Rebellato, K. Solga, Katie Mitc hell and the politcs of natur alist theatre , in B. Fowler (edited by), The Theatre of Katie Mitc hell , cit. (vedi nota 6), in particolare pp. 48-53. 36 K. Mitchell,

Il mestiere della regia

, cit.

(vedi nota 23),

in particolare pp.

183-190.

(4)

26 giulia muggeo 27 la cul tura gio vanile nell ’it alia degli anni sess ant a tra televisione , radio e cinema Nel 1958 alcuni aspetti della programmazione televisiva sembrano mutare timidamente grazie a una riorganizzazione del palinsesto 6 ; con l’introduzione di un segmento mattutino denominato La tv dei rag azzi , in particolare, si «esplicita la consuetudine presente fin dai primi giorni di dedicare le prime ore di trasmissione a bambini e adolescenti», ma non ven -gono proposte particolari innovazioni che rispondano alle necessità della cosiddetta prima generazione. Per assistere a una prima effettiva inclusione della categoria giovanile all’in -terno del palinsesto televisivo bisognerà infatti attendere l’introduzione del secondo canale. Inaugurato il 4 novembre 1961, il Secondo Programma si pone inizialmente in una po -sizione subordinata, tutt’altro che concorrenziale rispetto al Canale Nazionale. Preceduto da un interessante dibattito su giornali e riviste specializzate, il nuovo programma porta critici televisivi e personalità di rilievo dell’epoca a dare la propria opinione in merito alle attese e alle preoccupazioni relative all’ampliamento della programmazione televisiva. Sulle pagine del “Radiocorriere TV”, in particolare, ci si domanda quali debbano essere le pecu -liarità del nascente canale e quali debbano essere le differenze rispetto al Canale Nazionale. È Salvatore Biamonte a chiedere, ad esempio, «maggiore spregiudicatezza» nei contenuti

proposti dai nuovi programmi televisivi:

Non si vuole che la TV trasmetta l’Arialda o la edizione sceneggiata di Lolita . Si chiede soltan -to che venga bandito il sistema che trasforma i cognati in cugini e gli amanti in coniugi […]. Non dovrebbero esserci argomenti o personaggi tabù. Mi rendo conto che è molto dif ficile l’anticonformismo in Italia, dove giornalmente si levano proteste di categorie che si sentono offese da qualcosa o da qualcuno, ma bisogna pur dire che gli spettatori incomincino a impa

-rare a vivere (e ridere,

naturalmente) 7 . Se Biamonte si concentra dunque sulle pratiche di censura adoperate dalla televisione co -eva e si aspetta dal nuovo canale una nuova e inedita apertura nei confronti di tematiche considerate fino ad allora tabù, Franco Rispoli, nota firma del rotocalco “Settimo Giorno”, ritiene al contrario che il mezzo televisivo debba evitare per quanto possibile argomenti «scabrosissimi», ma debba al contempo sfuggire alla possibilità di «ridurre la platea tele -visiva a un eterno giardino d’infanzia». Il dibattito si sposta poi sulla onnipresenza della televisione all’interno della quiete domestica 8 e sulla possibilità che i programmi trasmessi possano turbare gli adolescenti: «perché poi di certe cose scabrose dovrebbe occuparsi la

televisione? Lasciamole agli educatori e ai magistrati»

9 . 6 Mutata a favore delle nuove necessità e dei nuovi impegni dei telespettatori e riorganizzata secondo precise griglie, «la giornata televisiva viene divisa in sezioni, caratterizzate ciascuna da una denominazione e da chiari elementi formali di delimitazione». L. Barra, P alinsesto . Storia e tecnica della progr ammazione televisi va , Laterza, Roma-Bari 2015, p. 95. 7 V . Colonna,

I critici e il secondo progr

amma TV , “Radiocorriere”, 30, 1961, p. 4. 8 In merito al ruolo giocato dalla televisione all’interno della sfera domestica si vedano almeno: C. Penati, Il focolare elettronico. T elevisione italiana delle origini e culture di visione , V ita e Pensiero, Milano 2013; Saraceno, La f amiglia: i par

adossi della costruzione del pri

vato , cit. (vedi nota 2). 9 V . Colonna,

I critici e il secondo progr

amma TV , “Radiocorriere”, 30, 1961, p. 4. È suf ficiente un primo sguardo al palinsesto pubblicato settimanalmente sul “Radiocorriere TV” per osservare come il Secondo Canale televisivo, almeno inizialmente, non solo non darà spazio ai tabù all’interno delle proprie trasmissioni, ma non si distaccherà nemmeno in modo de finitivo dalla programmazione di quello Nazionale; esso tenterà piuttosto di

«dare un carattere di varietà e di equilibrio ai programmi»

10 . 1. Alta pressione È proprio all’insegna dell’equilibrio, tra il vecchio e il nuovo, tra tradizione e modernità, tra Primo e Secondo Canale, che la sera del 16 settembre 1962 va in onda sul Secondo Pro -gramma Alta Pressione . Condotto da Renata Mauro e da W alter Chiari e diretto da Enzo T rapani 11 , questo nuovo show televisivo si basa essenzialmente su «numeri musicali italiani e stranieri di quelli che, come si dice in gergo, fanno salire la pressione: ossia, che piacciono molto ai giovani e ai giovanissimi. Un music hall , insomma, di taglio un po’ particolare, fatto di canzoni modernissime, twist, madison e altri balli dell’ultim’ora» 12 . Il target dello

show sembra dunque chiaro e ben de

finito

fin dall’inizio ma,

si precisa, Alta Pressione non vuole essere una sagra degli urlatori o degli scatenati soltanto: la stessa Renata Mau -ro, pur col suo temperamento vivacissimo, rappresenta una nota distensiva nello spettacolo […] c’è, insomma, un certo equilibrio nella distribuzione del materiale che compone questo “show”, equilibrio assicurato dal gusto, oltre che del regista T rapani, anche di Francesco Luzi e Massimo V entriglia, che sono gli autori dei testi, di George Reich che cura le coreogra fie, di

Franco Pisano che dirige l’orchestra

13 . La stessa de finizione data al programma (un music h hall , un «varietà per teen-agers») a nostro avviso va nella medesima direzione: spinge cioè a trovare un compromesso tra l’«e -terno giardino d’infanzia» e la componente sovversiva – o quantomeno indisciplinata – che

spesso veniva connessa più o meno fondatamente alla nuova generazione

14 . 10 Il Secondo Programma TV darà spazio, «secondo lo schema di una settimana tipo», al varietà della domenica, alla prosa del lunedì, al rotocalco del martedì, al tele film del mercoledì, all’«originale tv» del giovedì, allo spettacolo culturale del venerdì e allo spettacolo musicale/cinematogra fico del sabato. G. Calcagno, Cosa

vedremo sul secondo progr

amma , “Radiocorriere TV”, 34, 1961, p. 7. 11 Sulla scia del successo ottenuto dalla trasmissione, qualche anno più tardi, T rapani dirigerà anche il film Altissima pressione (1965). Si rimanda in merito a C. Bisoni, Altissima pressione e il film musicale italiano a metà

degli anni sessanta: tr

adizione, rinnov amento, British Inv asion , “Imago”, 18, 2019, pp. 197-209. 12 Redazionale, Alta pressione , “Radiocorriere TV”, 38, 1962, pag. 21. 13 F.B., Un v

arietà per i teen-ager

s, “Radiocorriere TV”, 39, 1961, p. 21. Corsivo nostro. 14 Ci riferiamo in particolare ai fenomeni di delinquenza giovanile che interessano la penisola a cavallo tra anni cinquanta e sessanta: «gli atteggiamenti da “dolce vita”, l’“urlato”, il vestiario, il “joy riding”»; fenomeni spesso soggetti a fraintendimenti e «confusione fra aspetti illegali e aspetti culturali del comportamento giovanile, che ricorre senza eccezione in tutti i giudizi della comunità adulta». Piccone Stella, La prima gener azione , cit. (vedi nota 1), p. 155.

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28 giulia muggeo la cul tura gio vanile nell ’it alia degli anni sess ant a tra televisione , radio La trasmissione osserva dunque i giovani dall’alto, da una prospettiva adulta, paternalista; e persino i conduttori della trasmissione sembrano essere parte integrante di questo proces -so di “bilanciamento” e di generale “equilibrio” che sottende l’intero show . W alter Chiari, in particolare, pur non rinunciando al suo ruolo di «eterno fanciullo del varietà italiano» 15 , viene chiamato a osservare la nuova generazione con uno sguardo prettamente ironico e scanzonato. Gran parte dei suoi sketch hanno infatti come tema centrale il gap generazio -nale, le nuove forme di intrattenimento giovanile e i nuovi oggetti utilizzati in pieno boom economico dai ragazzi italiani dell’epoca (ricordiamo ad esempio gli sketch sul twist o sui nuovi mezzi di locomozione adoperati dai più giovani). Nel corso delle puntate, l’attore e presentatore è spesso circondato da ragazzi che ascoltano attentamente le sue battute e i

suoi monologhi ma,

«stivaletti di camoscio made in Usa,

maglione accollato, white-jeans e giacca di renna appesa ad una spalla, W alter Chiari non riesce a confondersi tra i ragazzi di Alta pressione […] è sempre l’eterno ragazzone estroverso, generoso, divertente che ogni donna avrebbe volentieri per figliolo e ogni ragazza per compagno» 16 . W alter Chiari viene in sostanza chiamato a rappresentare, sul piccolo schermo, «l’alta pressione di ieri nel senso che il suo repertorio, il suo stile, il “taglio” dei suoi primi spettacoli ebbero a suo tempo nel teatro “leggero” una funzione considerata poco meno che rivoluzionaria. Se dieci anni fa fosse stato in voga il vocabolario di oggi, Chiari sarebbe stato de finito un “arrabbiato” della rivista» 17 . L’aspetto di interesse della trasmissione, a nostro avviso, risiede nella nuova conce -zione degli spazi proposta dal programma e nel nuovo concetto di spettatorialità . In Alta pressione lo spettatore è infatti completamente immerso all’interno della performance e lo spazio a esso adibito coincide a tutti gli effetti con quello dei presentatori e degli ospiti che di volta in volta si esibiscono sul palco; un palco che, in realtà, pare somigliare più a una pista da ballo, continuamente presa d’assalto dal pubblico di giovani, utilizzata da questi ultimi per ballare lenti o danzare sulle note di un twist o, ancora, percorsa a gran velocità per raggiungere i propri beniamini, chiedere loro autogra fi o addirittura accarezzarli din

-nanzi alle telecamere

18 . I giovani che attorniano i cantanti ospiti della trasmissione, pur con le dovute diffe -renze 19 , assomigliano a quelli che, già a partire dalla fine degli anni cinquanta, appaiono in 15 Nel mondo della ri vista. W alter Chiari alle prese con ‘Le belle figlie di Madama Dorè’ , La settimana INCOM, 23 novembre 1955, video consultabile sul sito dell’Archivio Luce al link shorturl.at/egrUZ (ultima consultazione 10 febbraio 2020). 16 Tab., Il v

arietà della domenica ser

a. Alta pressione , “Radiocorriere TV”, 41, 1962, p. 21. 17 F .B., Un v

arietà per i teen-ager

s, cit. (vedi nota 13), p. 21 18 È quanto accade, rispettivamente, nel corso delle esibizioni di Neil Sedaka e di Edoardo V ianello. L’avvicinamento da parte di groupies e fan nel corso della trasmissione riprende ciò che avviene in molti musicarelli coevi. Come nota Claudio Bisoni, lo spazio adibito alla performance all’interno dei film musicali «è un luogo dove le ragazze possono desiderare apertamente i loro performer preferiti, esercitare un desiderio autoritario, vorace, sempre più legittimo e diretto […]. I nuovi balli dunque rappresentano un’occasione di libertà di movimenti ma anche e soprattutto di desideri». C. Bisoni, “Il problema più importante per noi / è di av ere una rag azza di ser a”. Percor si della sessualità e identità di gender nel cinema musicale italiano degli anni sessanta , “Cinergie”, 5, 2014, pp. 74-75. 19 La platea è composta, al contrario di quanto avviene spesso nei musicarelli, da giovani che paiono vestiti a festa. I ragazzi indossano tutti l’abito, con tanto di giacca e cravatta, mentre molte ragazze indossano abiti da sera. numerosi musicarelli. Da questi film, infatti, la regia di Alta pressione sembra ereditare sino alcune tecniche di ripresa, nonché un preciso immaginario. T ra le ricorrenze stilistiche dei primi film musicali di Luciano Fulci e Domenico Paolella, Claudio Bisoni nota un signi

ficativo utilizzo dei

carrelli ad altezza uomo stretti sui corpi dei ballerini e le inquadrature ravvicinate, in plongée o contre-plongée, sui danzatori che si allontanano e avvicinano alla camera fin quasi a urtarla. […] Inoltre i numeri musicali avvengono spesso in ambienti con figurati in modo da abolire la netta separazione palco-platea-sala da ballo (ambienti omogenei, con gli strumentisti performer sullo stesso livello del pubblico), in contrasto con l’organizzazione spaziale con vengono in quel periodo organizzate le riprese frontali degli eventi canori in televisione

festival di Sanremo sopra tutti)

20 . La trasmissione diretta da T rapani è in sostanza un decisivo anello di congiunzione cinema e televisione, poiché porta su piccolo schermo un preciso immaginario costruito dalla commedia all’italiana coeva 21 e af finato dai musicarelli 22 ; è poi a nostro avviso tappa decisiva all’interno della produzione radiotelevisiva italiana dell’epoca, dal momento che anticipa alcuni tratti di una celebre trasmissione radiofonica come Bandier a

getta le basi per show televisivi condotti da giovani cantanti-personaggi come Rita Pavone

in Staser a Rita!. Sul binomio del cantante-personaggio e sul ruolo centrale giocato dalla televisione creazione dei nuovi divi del piccolo schermo – aspetti che per ragioni di spazio ci limitiamo unicamente ad accennare – si concentra in particolare Biamonte sulle pagine del “Radiocor riere TV”. In un numero dedicato ai quindici anni di vita del mezzo televisivo, il giornalista dedica alcune interessanti pagine al rapporto che si è instaurato negli anni tra il della canzone e quello del piccolo schermo: «è cominciata con la TV l’era del cantante-per sonaggio: non importa tanto la voce, che può essere manipolata grazie ai trucchi elettronici, quanto la presenza, la simpatia, la capacità d’incuriosire i fans. Di conseguenza musica sono confezionate su misura per questo o quel ‘divo’». Partendo da una dichiarazio Proprio sulla composizione di questa nuova platea si concentra ancora una volta il “Radiocorriere TV”: T rapani, il regista di Alta pressione , dice che la settimana scorsa alla sala prove n. 3 del Centro di produzione TV di via Teulada s’erano presentati molti più giovanotti e signorinette di quanti se ne vedono generalmente negli uf fici di produzione cinematogra fica quando Fellini, Zampa o Castellani mettono un’inserzione sui per cercare un “volto nuovo”. Che cosa volevano quei giovanotti e quelle signorinette? V olevano far pubblico che assisterà in studio all’allestimento delle varie puntate di Alta pressione ». F .B., Seconda Alta pressione . Un v arietà per i ‘teen-ager s’, “Radiocorriere TV”, 39, 1962, p. 21. 20 Bisoni, “Il problema più importante per noi / è di av ere una rag azza di ser a” , cit. (vedi nota 18), 21 Nel guardare la trasmissione televisiva è dif ficile non pensare anche alle molte commedie all’italiana proprio nel medesimo anno di Alta pressione , dedicano ai giovani alcune sequenze signi ficative e memorabili: sorpasso (D . Risi, 1962), I giorni contati (E. Petri, 1962) o La voglia matta (L. Salce, 1962), ad esempio, sottolineano l’ormai evidente distanza segnata della nuova categoria giovanile proprio attraverso la rappresentazione

schermo dei nuovi balli e,

più in generale,

delle nuove pratiche articolate dal basso.

22 Si vedano almeno: C. Bisoni, Cinema a 45 giri , in L’arte del risparmio: stile e tecnologia. Il cinema costo negli anni Sessanta , a cura di G. Manzoli, G. Pescatore, Carocci, Roma 2005; M. Buzzi, La canzone

cinema italiano: gli anni del Boom economico 1958-1963

, Kaplan,

T

orino 2014.

(6)

30 giulia muggeo 31 la cul tura gio vanile nell ’it alia degli anni sess ant a tra televisione , radio e cinema ne di Mina, secondo la quale senza la TV sarebbe divenuta «una ragioniera, un’impiegata di concetto»,

Biamonte afferma che la cantante cremonese è la prima ad essersi affermata

come personaggio televisivo. Nove anni fa si faceva chiamare Baby Gate; in una ristretta cer -chia di consumatori accaniti di dischi era conosciuta come una ragazza un po’ stravagante che si divertiva a storpiare in chiave di rock le canzoni di stampo sentimentale uscite dal Festival di Sanremo. Non sembrava che il suo avvenire di parodista fosse destinato a superare di molto l’ambito provinciale, quando una sera fu invitata al Musichiere […]. L ’indomani era famosa. L’avevano vista in tutta Italia e l’avevano ascoltata nel suo ‘Nessu-ùno, ti giu-ùro nessu-ùno’ mentre agitava le braccia come una Mata Hari da burla. Si capì allora che era finita l’epoca

dei divi senza volto

23 . 2. Bandier a Gialla Immaginato, realizzato e presentato da Renzo Arbore e Ganni Boncompagni, Bandier a Gialla comincia le sue trasmissioni il 16 ottobre del 1965; pur non avendo una visibilità immediata come quella assicurata dalla trasmissione televisiva Alta pressione , i giovani che assistevano alla trasmissione di Arbore e Boncompagni avevano l’opportunità di occupare uno spazio e un tempo esclusivi. Ogni sabato alle 17.40, all’interno degli studi di V ia Asia -go a Roma, circa quaranta teenagers si radunavano attorno ai due conduttori e, bandierine gialle 24 in mano,

proclamavano il vincitore settimanale del

“disco giallo”. Sfortunatamente non esistono registrazioni della trasmissione di Arbore e Boncompa -gni, ma attraverso alcuni articoli del “Radiocorriere TV” che descrivono meticolosamente alcune puntate 25 , e grazie anche ad un prezioso documento visivo 26 come il musicarello inti -tolato I rag azzi di Bandier a Gialla (M. Laurenti, 1967), si può tentare in parte di ricostruire

l’atmosfera dello show radiofonico.

23 S.G.

Biamonte,

Il video ha ri

voluzionato il mondo della canzone

, “ R ad io co rri er e T V ”, 54 , 1 96 8, pp . 6 4-65 . 24 Si scelse il titolo di «Bandier a Gialla , proprio perché quella musica trasmessa era praticamente bandita da tutte le altre trasmissioni e quindi la bandiera color paglierino stava ad identi ficare l’epidemia a bordo, come fosse musica per appestati, febbre gialla, appunto». U. Bultrighini, C. Scarpa, G. Guglielmi, Al di qua, al di del beat. Radici e dinamic

he del beat italiano

, Carabba, Lanciano 2011, p. 147. 25 A partire dal 1966, in particolare dal n. 43, “Radiocorriere TV” ospita al suo interno una rubrica intitolata Renzo Arbore presenta il mondo di Bandier a Gialla , nella quale vengono presentati settimanalmente ai lettori i nuovi personaggi di rilievo legati al mondo della musica, le ultime uscite discogra fiche e la scaletta musicale della trasmissione radiofonica. 26 È da ricordare anche un altro interessante esperimento messo in atto dalla RAI all’inizio del 1967: la trasmissione Giov ani , curata da Gian Paolo Cresci, sceglie infatti di dare spazio allo show radiofonico condotto da Arbore e Boncompagni portandolo su piccolo schermo: «battesimo del video per i ragazzi di Bandier a Gialla . La rubrica Giov ani farà conoscere al pubblico dei teleschermi i protagonisti della popolare trasmissione radiofonica e ne ha perciò registrato un’edizione speciale che sarà inserita in uno dei suoi primi numeri. Oltre a storie, inchieste e problemi giovanili, la nuova rubrica televisiva trasmetterà infatti di volta in volta un brano dedicato a personaggi e fenomeni particolarmente signi ficativi della musica leggera: non poteva quindi mancare una incursione di dieci-quindici minuti nel mondo di Bandier a Gialla ». Redazionale, V ietato ai maggiori di diciotto anni , “Radiocorriere TV”, 50, 1966, p. 24. Sono le 17,40 del sabato pomeriggio. L ’annunciatore ha appena finito di elencare le estra -zioni del lotto. Improvvisamente ecco un sibilo di sirena lacerante, come se fosse scoppiato un incendio, seguito da una voce alta e concitata che ammonisce: «Questa trasmissione è rigorosamente vietata ai maggiori degli anni diciotto. Chi, nonostante questo avvertimento, volesse ascoltarla, lo farà a proprio rischio e pericolo». Poi la sigla: il grido di un cantante “beat”, Rocky Roberts, con l’ormai classico scandire ossessivo della batteria e dei chitarroni. È in onda Bandier a Gialla . I giovani, da un capo all’altro della penisola, sono in ascolto: un ascolto da cospirazione, perché Bandier a Gialla è come una setta, rumorosamente decisa a far valere, anzi,

prevalere i propri gusti in fatto di musica leggera

27 . I titoli di testa del musicarello firmato da Mauriano Laurenti sono introdotti da un giovane Boncompagni e dalle note di T-Bird , sigla di Bandier a Gialla cantata da Rocky Roberts 28 e dai suoi Airedales. La sequenza iniziale del film è ambientata all’interno del Piper Club, facilmente riconoscibile per l’iconico design e per la celebre opera di Claudio Cintoli Giar -dino per Ur sula . L ’intreccio tra luoghi e leitmoti v legati da un lato alla trasmissione radio -fonica e dall’altro al celebre night club romano non è certamente casuale, ma al contrario testimonia delle numerose strategie di fidelizzazione attuate dallo show; la trasmissione, infatti, mette «in atto strategie interattive analoghe a quelle delle riviste» 29 , oltre a creare 27 R. Nissim, V otano “Bandier a Gialla” mentre ballano lo “shak e” , “Radiocorriere TV”, 33, 1966 p. 12. 28 Il caso di Rocky Roberts è particolarmente interessante, non soltanto per il suo carattere transnazionale, ma anche per i peculiari tratti divistici che il suo personaggio assume nel corso degli anni, grazie soprattutto alle numerose narrazioni costruite dai media dell’epoca; nel corso della seconda metà degli anni sessanta, infatti, molti rotocalchi e riviste giovanili dell’epoca dedicano numerosi servizi al look eccentrico di Roberts, al suo passato nel mondo della boxe, alla sua love story con Lola Falana; persino gli occhiali da sole che coprono costantemente il suo volto divengono oggetto di interesse: «un giorno sul ring subisce un incidente a un occhio (ecco perché ancora oggi porta gli occhiali neri) e deve abbandonare la carriera di pugile» ( Redazionale, Il R&B è l’avv enire della musica… i giov ani lo vogliono! , “Ciao Amici”, 17, 1967 ) . Il cantante diviene in breve tempo l’idolo dei giovani, ma la sua “alterità” presterà il fianco a diverse critiche; quando nel 1967 alcuni cantanti italiani protestano contro la predominanza di cantanti stranieri all’interno delle trasmissioni messe in onda dalla RAI, la rivista giovanile “Ciao Amici” si pronuncia in difesa del cantante statunitense: «se la prendono con lui [Rocky Roberts] perché la TV utilizza gli artisti stranieri. Ma lui se ha una colpa è quella di piacere al pubblico. LA COIM, Sindacato Cantanti Italiani di Musica leggera aderente alla CISL, ha presentato alla Procura della Repubblica di Milano un esposto contro la Radio Televisione Italiana nel quale si accusa l’ente radiotelevisivo di usare artisti stranieri preferendoli agli italiani. Si fanno nomi precisi: quelli della cantante negra Dionne W arwick, di Nancy Sinatra, di Frank Sinatra Jr ., di Pat Boone e di Gene Pitney , ma l’accusato n° 1, perché è quello che più di tutti negli ultimi tempi ha fruito del lancio televisivo, è Rocky Roberts. Rocky è de finito dall’esposto “un illustre sconosciuto arrivato alla più vasta popolarità grazie al lancio della TV italiana” […]. Da noi, con quel suo muoversi e gestire quella voce roca e acuta insieme ha fatto colpo» (G. Movilia, Protestano contro Roc ky i cantanti italiani , “Ciao amici”, 17, 1967, p. 7). È però il carattere transnazionale, in fine, a emergere in modalità insolite dal personaggio-Roberts; ce ne dà conferma un interessante articolo in cui il cantante statunitense viene paragonato a Domenico Modugno, emblema dell’italianità («italiano è il suo aspetto, italiana la sua ispirazione», scriveva Enzo Biagi sulle pagine di “Epoca” nel 1959, all’indomani dell’exploit sanremese). Sulle pagine di “Big” Roberts viene così descritto: «i suoi occhiali (simbolo di intelligenza ma anche di fragilità), il suo largo sorriso (simbolo di lealtà), la sua voce, il suo ritmo, i suoi gesti un po’ pazzi. A proposito di gesti. Quello di allargare le braccia, per mimare la canzone di Studio Uno, ci pare di conoscerlo già. Ci riporta alla mente i giorni del ’58, quando Domenico Modugno faceva esplodere il suo ‘V olare’ allargando le braccia. Rocky non vola, si butta. Ma Staser a mi butto è forse il ‘V

olare’ del 1967» (Redazionale,

Roc ky Roberts , “Big. Il settimanale giovane”, 27, 1967, p. 14). 29 «I dischi presentati a Bandier a gialla sono votati da un pubblico di ragazzi in studio e vengono spesso immessi sul mercato con diciture come “vincitore a Bandier a Gialla ”, o “Disco giallo”» (T omatis, Storia cultur ale

della canzone italiana

, cit.

[vedi nota 3],

p.

291).

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(7)

il neorealismo di car ta di “ cinema 32 giulia muggeo interessanti ponti con l’industria discogra fica e con il luogo di ritrovo giovanile per ec -cellenza. Come viene ricordato sulle pagine del “Radiocorriere TV”, infatti, «ogni sabato pomeriggio al Piper club […] la trasmissione viene diffusa per tutta la sua durata in sala» 30 . L’estrema permeabilità del sistema mediale dell’epoca permette dunque di creare ampi discorsi legati alla rappresentazione della nuova categoria giovanile; una rappresentazione che, in radio e in televisione, al cinema e nelle riviste giovanili, passa anche attraverso una nuova concezione di spettatorialità . Dal pubblico che attornia i propri beniamini e diviene parte integrante delle coreogra fie di Alta pressione , fi no ad arrivare al ruolo decisionale (e decisivo) dei giovani ospiti nello studio radiofonico di Bandier a Gialla , ciò che emerge dalle due trasmissioni qui analizzate è l’innovativa posizione occupata dai giovani all’interno di un preciso spazio fisico e, più in generale,

all’interno dell’universo mediale.

Non più (o non soltanto) spettatori e consumatori passivi,

i ragazzi che attraversano il

piccolo e il grande schermo e che si radunano all’interno dei nuovi luoghi di ritrovo giova -nile sono in sostanza alla ricerca di un nuovo spazio condiviso all’interno del quale possano attestare la propria presenza: «non necessariamente uno spazio fisico», quanto piuttosto uno «spazio virtuale condiviso» 31 . Non è un caso che anche le sinossi di molti musicarelli di fine anni cinquanta e inizio anni sessanta ruotino proprio attorno alla ricerca, alla conqui -sta o alla salvaguardia di nuovi luoghi e spazi: locali da rimodernare o aprire al pubblico, club notturni che minacciano di chiudere, giovani sotto sfratto, gare canore o concerti da trasmettere in televisione. Si potrebbe dunque tentare, in fine, di ricostruire la storia e l’evoluzione delle immagini che pongono al centro la presenza giovanile all’interno dei media: dai luoghi espressamente adibiti ai giovani e contrapposti agli spazi istituzionalmente legati all’entertainment, fi no ad arrivare ai luoghi condivisi su di un piano intergenerazionale, dagli spazi mediali costruiti e modellati attorno a luoghi d’incontro giovanile, fi no a giungere alla piena fusione tra “spazi sonori” e riti giovanili. 30 G. T abasso, I giov anissimi scelg ono ogni sabato le più recenti novità. Bandier a Gialla per disc hi yè-y è, “Radiocorriere TV ”, 47, 1965, p. 30. 31 Tomatis, Storia cultur

ale della canzone italiana

, cit. (vedi nota 3), p. 285. I. T otale I f ot od oc um en ta ri pu bb lic at i s u “ C in em a N uo vo ” t ra il lu gli o de l 1 95 4 e i l p rin cip 19 56 so no u na p ag in a n ot a d ell a p rin cip ale ri vis ta d i c rit ic a c in em at og ra fic a m ilit Italia negli anni cinquanta. Raccolti in volume già durante la loro stessa pubblicazione, ne l 1 95 5, co n un te sto in tro du tti vo d i C es ar e Z av at tin i e u n pr og ett o gr afi co fi rm Albe Steiner 1 , e

ssi appaiono uno dei capitoli del neorealismo italiano,

per molti versi il suo

glorioso epitaf fio. In q ue sto c on tri bu to si in te rr og a l a v ic en da d ei fo to do cu m en ta ri at tra ve rs o tre do cu m en ta li, un a pp ro cc io e d ue ip ot es i d i b as e. I f on di so no q ue lli di pe rs on a d Aristarco, di Cesare Zavattini e di Luigi Crocenzi 2 . L ’a pp ro cc io im pie ga to è d i c re fi lo lo gic o: ne lla c oll az io ne d ell a d oc um en ta zio ne e pis to la re tr a l e d iff er en ti pe rs co in vo lte , s pe cia lm en te q ue lle d i A ris ta rc o e Z av at tin i, e n ell e i de nt ità e d iff er en ze pu bb lic az io ne d ei fo to do cu m en ta ri su ri vis ta e in v olu m e, si in te nd on o dim os tra re ipotesi fondamentali. Per anticipare le due congetture, crediamo che il progetto dei documentari scaturisca da una iniziativa ad ampio raggio, dispiegata nella collaborazione tra A ris ta rc o e Z av at tin i, i nt es a c om e p ro se cu zio ne d ell a s ta gio ne n eo re ali sta ; in se lu og o, rit en ia m o c he lo sc ar to tr a i fo to do cu m en ta ri pu bb lic ati in ri vis ta e in v olu m

in una strategia politica.

I reportage p ub bli ca ti s ull a t es ta ta d ire tta d a A ris ta rc o s on o i nn an zit ut to ri co rd ati

personalità della scena intellettuale e fotogra

fica nazionale coinvolte.

T ra le prime ricordia m o O re ste D el B uo no , D om en ico R ea , R en zo R en zi, E m ilio T ad in i, E rn es to D e M ar tin

le personalità della fotogra

fia italiana, Carlo Bavagnoli, Carlo Cisventi, Mario Dondero, * Il presente contributo si è avvalso della disponibilità e cortesia del personale di differenti istituzioni stiche. V ogliamo qui ringraziare Anna Fiaccarini e Michela Zegna (Biblioteca Renzo Renzi, Cineteca di Alberto Ferraboschi (Archivio Zavattini, Biblioteca Panizzi, Reggio nell’Emilia) e W alter Liva (CRAF , Spilimber go). Il saggio è stato comunemente concepito. In particolare, Angelo Pietro Desole è responsabile del paragrafo

Francesco Pitassio dei restanti paragra

fi.

1

I fotodocumentari di Cinema Nuov

o, Cinema Nuovo editrice,

Milano 1955. 2 Di seguito indicati come A GA (Archivio Guido Aristarco, Biblioteca Renzo Renzi, Cineteca, Bologna); (Archivio Cesare Zavattini, Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia); ALC (Archivio Luigi Crocenzi, Centro

Archiviazione della Fotogra

fia – CRAF , Splimibergo).

imma

gini

, testimonianze

, a

ut

orappresent

azione

nazionale

.

il

neorealismo

di

car

ta

di

cinema

nuo

vo

*

Angelo Pietro Desole,

Fr

ancesco Pitassio

(8)

108 abstra cts 109 abstra cts high pressure and yello w bever . the it alian y outh cul ture of the 1960s thr ough television , radio and cinema Giulia Muggeo In the late 1950s young people began to see themselves as a group and to separate them -selves from the previous generation. They also began to get in contact with new objects of consumption, new models, new meeting places and new social practices. The Italian media system had a leading role in this process since it began to create new meeting places for young people. The birth of the Second Channel, which first started broadcasting on 4th November 1961, was in fact a first attempt by the Italian public television RAI to attract a younger audience. Alta pressione and Bandier a Gialla were in this sense a very interesting programs because they show the leading role of a generation that was trying to raise awa -reness and to create its own place, its own identity . ima ges , witnessing , na tional self -represent ation . “cinema nuo vo ”’ s p aper neorealism Angelo Desole e Fr ancesco Pitassio The article aims at describing a number of contributions which appeared on the pages of the in fluential journal « Cinema Nuovo » between 1954 and 1956. T oday media and cultu -ral history describes these contributions, named « photo-documentaries », as a signi ficant, albeit marginal, episode of national photographic art; in fact, a good number of renowned photographers contributed to « photo-documentaries ». Though, the authors believe this initiative was much more. By exploring a number of archives, « photo-documentaries » reveal to be a full-fledged part of a broader initiative, which intellectual and screenplay writer Cesare Zavattini inititiated and oversaw , i.e. a bottom-up self-representation of the nation, in the wake of cinematic neorealism, which at different times was planned to turn into a series of photo-books, or a film in its own right. Moreover , thanks to Zavattini’ s coo -peration with film critic Guido Aristarco, who directed « Cinema Nuovo », this endeavour contributed at reshuf fling Italian film criticism’ s visual culture, in order to allure popular audiences,

while instructing them about the national reality

. «we are all “ bic ycle thiel ves ”». the “ cul t” of neorealist de sica t o french cha tolic critics Li vio Lepr atto W ell aware by now of the privileged and unmatched attention given to Italian Neorealism by French film critics (as already observed in 1974 by Marcel Martin), this paper aims to hi -ghlight the reception of V ittorio De Sica’ s neorealist production in culture beyond the Alps. The preferential object of our attention is constituted by magazines such as «Radio Cinéma Télévision» (1950-1960) as well as its direct descendant «T élérama» (1960-): among the best representatives of that trend that flourished after the Second W orld W ar in France with the name of cinéphilie catholique. Through many contributions that have appeared in the pages of the aforementioned French magazines for about thirty years, tireless critics such as Raymond Pichard and Jean-Louis Tallenay – but also the most prestigious signatures of Henri Agel and André Bazin – intervene on the neorealist De Sica. The enormous attention (often resulting in veneration) reserved by French Catholics to the Italian master is then all the more signi ficant and at times singular , if compared with the contemporary Italian Ca -tholic critical panorama: a difference that re flects a more general profound methodological, conceptual and ideological disparity in existence always between the French and Italian

Catholic critical panorama.

fr om p aper t o drama . ad apt ation and chensor ship pra ctices in rai television scripts . the ca se of il giornalino di gian burra sca Giuliana C . Galv agno,

Anna Rita Buono

Inside Rai television’ s scripts archive - a fund of extraordinary interest due to its size (more than 250,000 folders, only partially catalogued and mostly still to be registered), to the chronological span of the productions represented (from the birth of Italian radio and tele -vision to the present day) and to the relevance of the documents preserved in it - it is possi -ble to find, in addition to the scripts, other records such as correspondences, budgets, press kits and more. These documents are extremely relevant, because they allow to reconstruct the production processes of television drama, historical and cultural divulgation programs, variety shows. The article focuses on Il giornalino di Gian Burrasca, realized in 1964 by Lina W ertmüller , of which it was possible to find the working scripts and correspondence relating to alterations to the text imposed both by the heirs of the novel’ s author Luigi Bertelli and Rai of ficials. The analysis of this case study highlights the complexity of the production machine for Rai television drama and the multiple pressures and constraints to

which the screenwriters were subjected.

the memè “ perlini fund ”: the unrelea sed w orks by thea tre and film a uthor Antonio V alerio Sper a Thanks to the collaboration with Nuccio Siano, actor and director , former collaborator of Memè Perlini, the Department of History , Cultural Heritage, T raining and Society of the University of Rome “T or V ergata” has been able to start a study of the documentation left by the great protagonist of Italian avant-garde theatre, who died on April 5, 2017. The “Memè Perlini Fund”, whose cataloguing has just been completed and which will be open for consultation this year , includes a varied amount of material, re flecting the multifaceted

artistic soul of its author

.

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