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I credit derivatives: un focus sul pricing dei Credit Default Swaps

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA IN BANCA, FINANZA AZIENDALE

E MERCATI FINANZIARI

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

I Credit Derivatives: un focus sul pricing dei Credit Default Swaps

CANDIDATO

RELATORE

Luca Macchi

Prof. Emanuele Vannucci

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INDICE

INTRODUZIONE………1

1. IL RISCHIO DI CREDITO………..3

1.1 Definizione di rischio di credito……….3

1.2 Componenti del rischio di credito………4

1.2.1 Probabilità di default……….6

1.2.2 Esposizione in caso di default………..9

1.2.3 Perdita in caso di default……….11

1.3 Il Rating………13

2. MATRICI DI PROBABILITÀ DI TRANSIZIONE……….17

2.1 Catene di Markov………21

2.2 Analisi delle matrici in n passi………26

3. I CREDIT DERIVATIVES………31

3.1 Total Return Swaps………37

3.2 Credit Default Swaps………40

3.2.1 Basket Credit Default Swaps………48

3.2.2 Contingent e Dynamic Credit Default Swaps……….49

3.3 Credit Spread Options……….50

3.4 Credit-Linked Notes………..52

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4. MODELLI DI PRICING DI UN CDS………..60

4.1 Il modello di Merton………..62

4.2 Modelli in forma ridotta………..64

4.2.1 Modelli semplificati di Jorion……….64

4.2.2 Modello di Hull………..66

4.2.3 Modello di Hull e White………69

5. APPLICAZIONE PRATICA DEL MODELLO DI HULL……….73

CONCLUSIONI……….87

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI………89

RIFERIMENTI SITOGRAFICI……….94

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INTRODUZIONE

Dopo il manifestarsi della crisi finanziaria del 2007-2009, dovuta principalmente allo sviluppo dei cosiddetti mutui subprime, che ha impattato fortemente sullo scenario economico globale se pur nata nel continente americano, e successivamente col verificarsi della

conseguente crisi del debito sovrano del 2010, l’attenzione di moltissimi studiosi e operatori del contesto economico si è focalizzata sulla gestione dei rischi tipici della propria attività, tra cui principalmente il rischio di credito.

La rinnovata attenzione verso questa tipologia di rischio ha portato gli intermediari bancari e finanziari a sviluppare modelli per la corretta valutazione, gestione e controllo del rischio di credito insito nei propri portafogli, ha indotto le autorità di vigilanza a promuovere nuovi interventi per regolamentare l’esposizione dei singoli soggetti, evitando che possano ripetersi nuovamente episodi simili alle crisi sopracitate o comunque permettendone una migliore gestione e un impatto più contenuto, ma soprattutto ha portato allo sviluppo di nuove tipologie di strumenti finanziari che permettono di trasferire il rischio di credito verso soggetti terzi disposti ad accollarselo.

Tra tali nuove tipologie di strumenti rientrano soprattutto i derivati creditizi, che possono essere utilizzati sia per coprirsi da esposizioni eccessive verso i rischi tipici dell’attività finanziaria (la cosiddetta funzione di hedging), sia per effettuare operazioni di tipo speculativo o di arbitraggio, sfruttando quindi le imperfezioni del mercato nel prezzare correttamente gli strumenti derivati.

Al concetto di rischio è poi legata una delle dinamiche che ormai riguarda la nostra

quotidianità, ovvero lo spread, dato dal differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i Bund tedeschi, considerati ormai uno strumento privo di rischio e utilizzati come benchmark; l’andamento dello spread segue la percezione che i mercati hanno relativamente al rischio del nostro Paese, in particolare per quanto riguarda il rischio di default a cui è soggetta l’Italia.

Ma ancora più specificamente, per analizzare il rischio di default dei vari Paesi del mondo, gli investitori seguono l’andamento delle quotazioni dei Credit Default Swaps (CDS) sui titoli nazionali, perché sono esse a muoversi per prime e a fornire la principale indicazione sulla percezione dei mercati relativamente alla rischiosità di un Paese; ad esempio, se il prezzo di un CDS sale, vuol dire che il titolo in questione è ritenuto più rischioso e conseguentemente

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si richiede un premio maggiore per coprirne il default (ma ciò verrà analizzato più dettagliatamente in seguito).

Con questo mio elaborato, dopo aver introdotto gli elementi fondamentali del rischio di credito e aver descritto alcuni dei derivati creditizi maggiormente utilizzati nei mercati, andrò ad analizzare alcuni dei modelli utilizzati per il pricing dei Credit Default Swaps, cercando di valutare se il prezzo riscontrabile sul mercato è in linea con tali modelli teorici e con l’andamento effettivo dei fattori che entrano in gioco nella loro valutazione.

Per fare ciò, il primo capitolo andrà a trattare il rischio di credito e le sue componenti principali, con uno sguardo al concetto di rating.

Il secondo capitolo introdurrà le matrici di probabilità di transizione elaborate dalle principali agenzie di rating (tipicamente Moody’s e Standard & Poor’s) e da me successivamente utilizzate per il calcolo del prezzo teorico dei CDS.

Il capitolo tre invece descriverà i principali derivati creditizi e in particolare, oltre ai già citati CDS, si descriveranno le Collateralized Debt Obligations (CDO), che si stanno diffondendo in misura sempre maggiore.

Il quarto capitolo sarà utilizzato per introdurre alcuni modelli teorici per la valutazione dei Credit Default Swaps, alcuni più semplici, come quelli presentati da Jorion, altri più

complessi, in particolar modo il modello di Hull e White.

Infine, nel quinto e ultimo capitolo andrò ad applicare il modello di Hull utilizzando dati reali, per valutare quanto il prezzo teorico dei CDS ricavato da tale modello si discosta dal prezzo osservato sui mercati e da quello calcolato utilizzando le probabilità di default realizzatesi nella realtà.

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1. IL RISCHIO DI CREDITO

1.1 Definizione di rischio di credito

Chi detiene qualsiasi tipologia di strumento finanziario è soggetto ad una serie di rischi tipici, tra i quali possiamo riscontrare il rischio di mercato, il rischio liquidità, il rischio paese, il rischio di cambio; ma forse il principale tra queste tipologie è il rischio di credito, legato ovviamente alle attività di prestito.

Col passare degli anni, ma soprattutto conseguentemente al verificarsi della crisi finanziaria del 2007, il rischio di credito ha assunto una sempre maggiore rilevanza, che ha spinto le banche e gli altri intermediari finanziari a svolgere una maggiore e migliore attività di valutazione, gestione e controllo di tale rischio; in tal senso si sono mosse anche le autorità di vigilanza, attraverso l’introduzione di una serie di normative derivanti dagli Accordi di Basilea, che ad oggi con Basilea 3 si pongono l’obiettivo di “stabilizzare il mondo finanziario e imporre ai suoi protagonisti delle corrette pratiche in termini di capitalizzazione, di gestione del rischio e di liquidità”1.

Attraverso queste normative si cerca quindi di migliorare la stabilità di banche e intermediari introducendo dei requisiti minimi di capitale che esse devono detenere a fronte dei rischi a cui si espongono con la propria attività, per evitare il verificarsi di ulteriori crisi finanziarie o comunque limitarne gli impatti negativi sull’economia.

Ed è proprio per tale motivo che si sono ormai sviluppati vari modelli per la misurazione e gestione del rischio di credito, con l’obiettivo di determinare il Value At Risk (VaR) della struttura dei crediti, ovvero la massima perdita a cui la banca sarebbe soggetta ad un certo livello di confidenza, e conseguentemente il capitale necessario per farvi fronte.

Tra i principali modelli di credit risk management si possono evidenziare:

- CreditMetrics, sviluppato da J.P. Morgan nel 1997 e basato su un’analisi delle probabilità di transizione da una classe di rating ad un’altra da parte del debitore; - KMV, sviluppato dalla stessa KMV Corporation, che utilizza un approccio simile al

precedente modello ma utilizzando le probabilità attese di transizione piuttosto che quelle derivanti dai dati storici;

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- CreditRisk+, elaborato da Credit Suisse Financial Products anch’esso alla fine del 1997, che però si concentra unicamente sul default del debitore.2

Per poter comprendere al meglio l’argomento in questione è però necessario fornirne una definizione ben precisa: per rischio di credito si intende la possibilità che un intermediario, che ha aperta una posizione creditizia nei confronti di un altro soggetto, veda deteriorarsi il valore di mercato di essa a causa di una variazione inattesa del merito creditizio della controparte contrattuale; da ciò si capisce che il rischio di credito non è dato solamente dal rischio di default della controparte, ovvero dalla possibilità che essa non sia più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni contrattuali, ma nella definizione rientra anche il

deterioramento della posizione creditizia, inteso come riduzione del suo valore di mercato (il cosiddetto rischio di transizione).

In caso di default del debitore la conseguenza è immediata: la banca subisce una perdita per la mancata riscossione del capitale e degli interessi maturati, a cui si andranno ad aggiungere i costi necessari per portare avanti una procedura giudiziale per il recupero del credito; diverso è il caso del deterioramento del valore di mercato della posizione, che non comporta una perdita immediata, ma che deve essere periodicamente valutato, anche attraverso eventuali declassamenti di rating da parte delle agenzie incaricate, perché comporta una riduzione del valore di mercato dello strumento detenuto in portafoglio e potrebbe portare in seguito ad un vero e proprio default e conseguentemente rendere effettiva la perdita fino a quel momento solamente potenziale.

1.2 Componenti del rischio di credito

Il rischio di credito si compone essenzialmente di due componenti: la perdita attesa (expected loss, EL), ovvero l’ammontare che mediamente la banca si aspetta di perdere a fronte di un credito o di un portafoglio crediti, stimabile attraverso il valore medio della distribuzione delle perdite, e la perdita inattesa (unexpected loss, UL), cioè lo scostamento della perdita effettiva dal suo valore medio. A parità di EL, una maggiore variabilità comporta un rischio maggiore per la banca.

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I fattori che determinano l’ammontare della perdita attesa sono tipicamente:

- Probabilità di default (PD), ovvero la probabilità che la controparte si trovi in una situazione di default in un determinato periodo temporale;

- Esposizione nel momento del default (Exposure at default, EAD), che indica il valore economico o di mercato dell’esposizione nei confronti della controparte quando avviene il default della stessa;

- Perdita in caso di default (Loss Given Default, LGD), che rappresenta la perdita effettiva che l’intermediario subisce sulla posizione creditizia come conseguenza dell’insolvenza.

Importante risulta anche essere la scadenza temporale dell’esposizione, denominata Maturity (M), poiché ad una scadenza maggiore corrisponde generalmente una maggiore probabilità di default e quindi un maggiore rischio per la banca.

La formula che consente di calcolare la perdita attesa a partire da questi fattori è data da: EL = PD x EAD x LGD

utilizzando un approccio “default mode”, ovvero considerando che la perdita possa verificarsi solamente in caso di default del debitore e andando quindi a tralasciare le sole variazioni del suo merito creditizio.

Ma se la perdita attesa desta meno preoccupazione in quanto una volta calcolata la sua entità, la banca è in grado di creare una riserva di capitale adeguata per fronteggiarla, ad esempio andando a caricare un premio per il rischio su ogni prestito concesso e destinandolo proprio alla creazione della riserva, tutt’altro avviene in caso di perdita inattesa, poiché essendo imprevista non è possibile anticiparla con esattezza e quindi può accadere che le misure predisposte non risultino adeguate per la sua copertura.

Una stima dell’entità della perdita inattesa, essendo considerata come lo scostamento della perdita effettiva dal suo valore medio (EL) e conseguentemente approssimabile attraverso la deviazione standard, è fornita dalla formula:

𝑈𝐿𝑅 = √(𝐸𝐿 − 0)2(1 − 𝑃𝐷) + (𝐸𝐿 − 𝐸𝐴𝐷 ∗ 𝐿𝐺𝐷)2𝑃𝐷

dove ULR indica il tasso di perdita inattesa, poiché la deviazione standard è data dalla radice quadrata della somma degli scarti al quadrato della perdita effettiva dal suo valore medio, ponderati per la rispettiva probabilità.

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𝑈𝐿𝑅 = √(𝐸𝐴𝐷 ∗ 𝐿𝐺𝐷 ∗ 𝑃𝐷)2(1 − 𝑃𝐷) + (𝐸𝐴𝐷 ∗ 𝐿𝐺𝐷 ∗ 𝑃𝐷 − 𝐸𝐴𝐷 ∗ 𝐿𝐺𝐷)2𝑃𝐷

= 𝐸𝐴𝐷 ∗ 𝐿𝐺𝐷√𝑃𝐷 − 2𝑃𝐷2

Per ottenere la perdita inattesa basterà moltiplicare il suo tasso appena definito per l’esposizione nel momento del default, ovvero:

𝑈𝐿 = 𝑈𝐿𝑅 ∗ 𝐸𝐴𝐷

Ma analizziamo più nel dettaglio le tre componenti del rischio di credito appena definite.

1.2.1 Probabilità di default

Esistono due metodi per determinare le probabilità di default: il primo è il metodo attuariale, che permette di ricavare misure oggettive di tali probabilità utilizzando i dati storici sui default realizzatisi; l’altro è invece il metodo che utilizza i dati di mercato, tipicamente i prezzi negoziati di debito, equity o derivati, per ricavare delle misure “risk neutral” del rischio di default.3

Il vantaggio di questo secondo metodo è che si basa su un approccio forward looking, oltre al fatto che le probabilità così calcolate sono maggiormente sensibili alle nuove informazioni disponibili sui mercati; il principale svantaggio è che sono influenzate da altre componenti, ad esempio i premi per il rischio, proprio perché ricavate dai prezzi di mercato che ne risentono.

Il metodo attuariale, invece, permette di ricavare le reali probabilità di default, e per tale motivo è anche quello adottato dalle agenzie di rating internazionale, che attraverso una minuziosa analisi degli emittenti ne forniscono un rating, a cui viene in seguito associata una relativa probabilità di default (ma questo verrà analizzato più dettagliatamente nel paragrafo successivo).

Fondamentale a questo punto è la definizione accurata di default, che riprendendo quella elaborata da Banca d’Italia alla luce delle linee guida EBA e del Regolamento Delegato UE N.171/2018, vede tale stato una situazione in cui ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

- Condizione oggettiva: il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni consecutivi nel pagamento di un’obbligazione rilevante;

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- Condizione soggettiva: la banca giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quale l'escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alla sua obbligazione.4

Tipicamente infatti, il default di un emittente su un’obbligazione riflette una condizione di difficoltà a livello finanziario ed è seguito dal default su altre obbligazioni.

Vedremo poi relativamente ai derivati creditizi che tale definizione, ai fini dell’individuazione del credit event, viene successivamente integrata e puntualizzata dall’International Swaps and Derivatives Association (ISDA), ovvero un’organizzazione commerciale di partecipanti al mercato dei derivati over the counter.

Una volta definito con esattezza lo stato di default, vediamo brevemente come vengono ricavate le relative probabilità a partire dai prezzi di mercato (come già accennato, il metodo attuariale sarà analizzato nel paragrafo successivo). Prendiamo il caso semplice di

un’obbligazione di un solo periodo che restituisce un valore nominale di 100 alla scadenza; il suo prezzo sarà dato quindi da:

𝑃∗ = 100

1 + 𝑦∗

dove 𝑦∗ è il suo rendimento, che differirà dal tasso risk-free 𝑦.

Alla scadenza, si possono avere due situazioni: l’obbligazione può essere in default, e in tal caso restituirà f x 100, dove f è il tasso di recupero (Recovery Rate), ovvero la quota di nominale che anche in caso di default dell’emittente viene recuperata dal creditore; oppure non si verifica alcun default e l’obbligazione restituisce l’intero valore nominale di 100. Questa situazione può essere facilmente rappresentata da un albero binomiale in cui π rappresenta la probabilità di default e, conseguentemente, 1 – π quella di sopravvivenza.

4 Banca d’Italia, Documento per la consultazione, Attuazione del Regolamento Delegato (UE) n. 171/2018 della

Commissione Europea del 19 Ottobre 2017 e degli orientamenti sull’applicazione della definizione di default ai sensi dell’articolo 178 del Regolamento (UE) n. 575/2013, Marzo 2019

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8 Processo semplificato del default di un titolo, fonte: Financial Risk Manager Handbook, P. Jorion

Se non consideriamo il premio per il rischio, il prezzo di mercato dovrebbe derivare dalla media ponderata dei payoff dell’obbligazione nei due stati, scontati al tasso risk-free, ovvero: 𝑃∗ = 100 1 + 𝑦∗ = [ 100 1 + 𝑦] (1 − π) + [ 𝑓 ∗ 100 1 + 𝑦 ] π

Sistemando i termini dell’equazione ed esplicitando la probabilità di default, otteniamo quindi:

π = 1

1 − 𝑓[1 − 1 + 𝑦 1 + 𝑦∗]

da cui possiamo ricavare un’approssimazione del rendimento dell’obbligazione tramite: 𝑦∗ = 𝑦 + 𝜋(1 − 𝑓)

che indica che lo spread creditizio, inteso come differenza tra il rendimento dell’obbligazione e il tasso risk-free, è dato dal prodotto tra la probabilità di default e la perdita in caso di default (indicata da 1 – f).

Estendendo il modello a più periodi T, l’attualizzazione dei payoff dovrà avvenire in ogni periodo, e quindi in questo caso π indicherà la probabilità annuale media di default; sempre assumendo un unico pagamento alla scadenza, avremo che il prezzo dell’obbligazione sarà dato da: 𝑃∗ = 100 (1 + 𝑦∗)𝑇 = [ 100 (1 + 𝑦)𝑇] (1 − 𝜋)𝑇+ [ 𝑓 ∗ 100 (1 + 𝑦)𝑇] [1 − (1 − 𝜋)𝑇] da cui: (1 + 𝑦)𝑇 = (1 + 𝑦)𝑇{(1 − 𝜋)𝑇+ 𝑓[1 − (1 − 𝜋)𝑇]}

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Quando abbiamo obbligazioni con varie scadenze, possiamo quindi utilizzarle per calcolare probabilità di default per differenti orizzonti temporali; ad esempio nel caso di due periodi, possiamo calcolarci la probabilità di default nel primo anno π1 dall’equazione del caso

uniperiodale, mentre attraverso l’ultima equazione possiamo calcolare la probabilità media di default nei primi due anni π2. Da questi due valori possiamo poi ricavare la probabilità

marginale di default nel secondo anno, d2, attraverso

(1 − 𝜋2)2 = (1 − 𝜋

1)(1 − 𝑑2).

In tal modo possiamo ottenere una struttura a termine delle future probabilità di default a partire da una serie di zero coupon bonds con differenti scadenze.5

Tipicamente però le probabilità di default non sono risk neutral, quindi sarà necessario introdurre nel modello anche il premio per il rischio, che gli investitori richiedono agli emittenti per accollarsi il rischio insito nello strumento; tale premio rifletterà la rischiosità del titolo, l’avversione al rischio del soggetto, e talvolta anche un premio per la liquidità e per la tassazione. In tal modo otteniamo che il differenziale di rendimento tra un titolo rischioso e uno privo di rischio sarà dato dal prodotto tra la probabilità di default e la perdita in caso di default, come visto precedentemente, più il premio per il rischio.

1.2.2 Esposizione in caso di default

La seconda componente del rischio di credito è l’esposizione in caso di default (EAD), che misura l’ammontare soggetto a rischio durante la vita dello strumento finanziario; se in passato, quando le banche svolgevano la tipica attività di erogazione di prestiti, la valutazione di questa componente era relativamente semplice, in quanto coincideva

sostanzialmente col valore nominale del prestito, ad oggi le cose si sono fatte più complesse. L’introduzione dei derivati, in cui c’è un forte utilizzo dell’effetto leva, per cui l’esborso iniziale è molto ridotto rispetto al valore nominale su cui si basa l’operazione, ha reso molto più difficile la valutazione dell’effettiva esposizione degli intermediari.

Tipicamente comunque l’esposizione è data dal valore, se positivo, dell’attività durante la sua vita; in particolare essa è data dalla somma dell’esposizione corrente e di quella potenziale.

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La prima è data da:

𝐸𝐴𝐷𝑡 = max (𝑉𝑡, 0)

dove Vt rappresenta il valore corrente dell’asset; diversa è invece l’esposizione potenziale,

che riguarda una data o un periodo futuri e quindi può essere solamente stimata. Come già accennato, la valutazione di questa componente è fondamentale ai fini della vigilanza prudenziale, poiché a fronte di una determinata esposizione creditizia è necessario avere a disposizione un capitale in grado di fronteggiarne le eventuali perdite.

Definendo con x il valore potenziale di un asset ad una data di valutazione e con f(x) la sua funzione di densità di probabilità, ovvero una funzione che associa ad ogni valore di x una corrispondente probabilità nel caso di variabile aleatoria continua, l’esposizione attesa sarà data da:

𝐸[𝐸𝐴𝐷] = ∫ 𝑀𝑎𝑥(𝑥, 0)𝑓(𝑥)𝑑𝑥

+∞

−∞

Esistono varie metodologie per limitare l’esposizione in questione, che vanno dal marking to market, in cui vengono saldate le variazioni del valore del contratto a scadenze regolari, al versamento dei margini per proteggersi dalla perdita dell’intera esposizione, alla fornitura di garanzie collaterali, tipicamente titoli di valore superiore al debito per riflettere i rischi di default e di mercato.

Ma lo strumento forse più utilizzato sono gli accordi di compensazione, divenuti ormai comuni dopo l’intervento del 1992 dell’ISDA sulla standardizzazione dei contratti swap; l’obiettivo di questi accordi è andare a compensare le perdite registrate su uno strumento, coi guadagni derivanti da un altro. In tal modo viene ridotta l’esposizione netta di tutti i contratti soggetti ad accordi di compensazione.

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1.2.3 Perdita in caso di default

La loss given default rappresenta la parte del credito che sicuramente non verrà recuperata come conseguenza dell’insolvenza della controparte; sostanzialmente rappresenta la perdita che la banca subisce in merito ad una certa esposizione creditizia.

Essa però spesso non corrisponde all’intero ammontare dell’esposizione, poiché una parte di essa viene recuperata dopo aver messo in atto una procedura giudiziale nei confronti del debitore insolvente; ad esempio, in caso di un suo fallimento, sarà messa in atto una procedura di liquidazione dei suoi asset, e una quota del ricavato verrà riscossa come conseguenza dei diritti che spettano al possessore del credito.

In particolare quindi, definito come R il tasso di recupero del nominale, avremo che la perdita è data da:

𝐿𝐺𝐷 = 1 −𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑟𝑒𝑐𝑢𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑜

𝑒𝑠𝑝𝑜𝑠𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 = 1 − 𝑅

Vari fattori influenzano l’entità della perdita, che dipendono dalla tipologia del debito e dal suo grado di seniority, dalle caratteristiche del debitore e dell’area geografica in cui esso opera, da fattori macroeconomici, tipicamente la fase del ciclo economico in cui ci troviamo, dato che è stato dimostrato come generalmente in fasi di recessione i tassi di recupero si abbassino drasticamente; infine la presenza di covenants, ovvero clausole specifiche che regolano i rapporti contrattuali delle due parti, permettono di proteggere il creditore dal rischio di credito.

Una stima dei recovery rate, sia di emittenti sovrani che di imprese, viene effettuata dalle principali agenzie di rating, che pubblicano i risultati di tali stime in vari report di diversi orizzonti temporali, insieme alle matrici di probabilità di transizione tra classi di rating e alle probabilità di default dei vari emittenti, come vedremo successivamente.

La loss given default, che rappresenta quindi la quantità delle perdite effettive registrate su una determinata esposizione creditizia, può riguardare tre tipologie di perdite: tipicamente quella che riguarda il capitale principale di un credito, ma anche i costi relativi al detenere in bilancio un non performing loan e le spese necessarie per effettuare le operazioni di

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Per poter misurare nel dettaglio l’entità della perdita in esame, vengono utilizzati prevalentemente tre metodi di stima:

 Market LGD: se i titoli o i prestiti in default possiedono un mercato all’interno del quale vengono negoziati quotidianamente, da esso si possono ricavare i prezzi di tali strumenti e utilizzarli successivamente per stimare la perdita relativa all’esposizione in esame; questi prezzi, che riflettono il sentimento di mercato del momento e non sono quindi soggetti, o comunque in minore parte, ai problemi della valutazione soggettiva, riflettono il tasso di recupero atteso dagli investitori, adeguatamente scontato, e comprendono le tre tipologie di perdite sopra elencate.

 Workout LGD: in questo caso si vanno ad analizzare i cash flows derivanti dalle operazioni di recupero credito, che andranno poi scontati ad un tasso opportuno; questo metodo è più complesso poiché bisogna prestare attenzione sia al timing in cui si ricevono i flussi di cassa, sia al tasso da utilizzare per scontarli, che dovrebbe essere ricavato da altri assets di rischiosità simile e non, come spesso accade, dal tasso cedolare del titolo o da quello privo di rischio.

 Implied Marker LGD: con questo metodo si vanno ad analizzare gli spread creditizi rispetto ai titoli rischiosi che non sono andati in default; nonostante non sia ancora ben sviluppato all’interno delle banche, è quello che viene tipicamente utilizzato per valutare i credit derivatives. L’unico problema riguarda il fatto che lo spread rispetto al tasso privo di rischio, che rappresenta il premio richiesto dagli investitori per sopportare il rischio dell’operazione, riflette, oltre alla LGD, anche la probabilità di default e il premio per la liquidità; per questo motivo sono stati sviluppati altri modelli che analizzano l’apporto di ogni singolo fattore allo spread creditizio.6

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1.3 Il Rating

Il rating esprime sostanzialmente il giudizio sul merito creditizio di un ente, derivante dall’applicazione di modelli matematico-statistici, siano essi interni allo stesso ente o sviluppati dalle principali agenzie di rating, anche se spesso nella valutazione rientrano giudizi ed esperienze degli analisti stessi, che vanno ad integrare i risultati dell’applicazione del modello.7

Riprendendo le parole di Moody’s, il rating rappresenta “un’opinione sulla futura abilità, obbligo legale, e volontà di un emittente di bond o di un qualsiasi altro debitore, di effettuare pagamenti completi e in tempo, compresi quelli per interessi, dovuti agli investitori”.8

Schema semplificato dei rating, fonte: Financial Risk Manager Handbook, P. Jorion

La tabella mostra le classi di rating utilizzate dalle due principali agenzie specializzate per quanto riguarda gli strumenti di debito a lungo termine (per quelli a breve termine i rating utilizzati differiscono); si può notare una suddivisione tra la categoria investment grade e

7 An introduction to credit risk modeling, C. Bluhm, L. Overbeck, C. Wagner, pag. 12 8 Financial Risk Manager Handbook, P. Jorion, pag. 429

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quella speculative grade, dove la prima rappresenta gli strumenti di più alta qualità, considerati essenzialmente a rischio basso o nullo, mentre la seconda riguarda i titoli maggiormente rischiosi.

All’interno di una stessa classe poi ci possono essere delle varianti, utilizzate per rendere la valutazione ancora più dettagliata: ad esempio S&P suddivide la classe A in A+, A, A-, mentre Moody’s utilizza come modificatori i numeri, ottenendo perciò una divisione in A1, A2, A3 (lo stesso viene applicato per tutte le altre classi esclusa la più elevata, cioè tripla A).

Per giungere a questa classificazione, vengono analizzati molti fattori che possono incidere sulla capacità dell’emittente di far fronte ai propri impegni contrattuali; inoltre, il rating è una valutazione dinamica del merito creditizio, e per tale motivo viene costantemente aggiornato per riflettere una valutazione il più puntuale possibile.

Tra i principali fattori sui cui viene focalizzata l’attenzione per poter giungere all’attribuzione di un rating ritroviamo, per quanto riguarda gli emittenti aziendali:

- Capacità di generare futuro reddito e cash flows;

- Debiti, passività di breve e di medio-lungo termine, obbligazioni finanziarie; - Struttura del capitale (ad esempio se viene utilizzata molto la leva finanziaria); - Liquidità degli asset dell’impresa;

- Situazione economica del Paese in cui l’impresa opera;

- Situazione del mercato, tipicamente del settore a cui essa appartiene; - Qualità del management, struttura aziendale, ecc…9

Tipicamente per ricavare informazioni su questi fattori vengono utilizzati gli indici di bilancio. Per quanto riguarda invece la classificazione degli emittenti sovrani, la valutazione dovrà necessariamente prendere in considerazione elementi diversi, anche se le classi risultanti rimangono invariate; in particolare, la tabella successiva mostra i criteri utilizzati da Moody’s per l’attribuzione del rating di emittenti sovereign.

Dopo aver stimato ognuno degli indicatori dei sub-factors, essi vengono classificati in base ad una scala di 15 categorie, e successivamente moltiplicati per il corrispondente peso e

sommati, per giungere ad un valore numerico del singolo sub-factor; questi poi vengono a loro volta moltiplicati per il loro peso e sommati tra loro, per giungere infine alla valutazione

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numerica dei fattori 1-3. Per quanto riguarda invece il quarto fattore, esso viene calcolato attraverso una funzione di massimizzazione dei relativi sub-factors.10

Fattori analizzati nei sovereign ratings, fonte: Rating Methodology, Sovereign Bond Rating, Novembre 2018, Moody’s Investors Service

Una volta classificati gli emittenti in base alle categorie appena viste, viene svolto un

processo, chiamato calibrazione, attraverso cui si assegna ad ogni rating una corrispondente probabilità di default; ovviamente, peggiore è il rating, maggiore dovrà risultare la

probabilità associata ad esso, perché riflette la maggiore rischiosità associata alla categoria di cui l’emittente fa parte.

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Una volta associata una probabilità di default ad ogni classe di rating, si crea una matrice delle probabilità di transizione tra rating, che indica appunto quanto è probabile che in un determinato orizzonte temporale possa verificarsi il passaggio dell’emittente da una classe di rating iniziale ad un’altra finale, che può essere diversa o non.

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2. MATRICI DI PROBABILITÀ DI TRANSIZIONE

Nei vari report di Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch possiamo trovare molteplici matrici di probabilità di transizione, relative a differenti orizzonti temporali, differenti categorie di emittenti e diverse metodologie di calcolo; ad esempio per quanto riguarda gli emittenti, abbiamo quelli aziendali o quelli sovrani, che a loro volta vengono suddivisi in foreign o local currency (ovvero valuta straniera o locale). Questo perché uno stesso stato può avere diversi rating a seconda che i suoi strumenti di debito siano emessi in valuta locale o straniera; tipicamente, come sottolineato dal report 2018 di S&P sugli emittenti sovrani, il rating associato al debito in valuta locale è migliore del corrispondente in valuta straniera, poiché un Paese ha maggiore flessibilità e capacità di gestione della propria valuta nazionale.11

Relativamente alla modalità di calcolo delle probabilità di transizione inserite all’interno delle corrispondenti matrici, troviamo invece probabilità annuali, relative a orizzonti temporali più ampi, cumulative, medie, e così via.

Le probabilità cumulative per una determinata classe di rating rappresentano la frequenza di default in qualsiasi istante compreso tra l’inizio e la fine del periodo temporale di

riferimento; diversa, e allo stesso modo importante, è invece la probabilità marginale, che indica invece la frequenza di default durante un determinato anno.

Prendiamo ad esempio una matrice di transizione ad un anno, come quella riportata di seguito: la prima colonna rappresenta il rating iniziale dell’emittente, mentre la prima riga corrisponde al rating finale in cui esso transiterà nell’arco di un anno; come si può notare, dato l’orizzonte temporale molto breve, la probabilità maggiore sarà quella di rimanere all’interno della classe di partenza (come si può notare dalla diagonale della matrice). L’ultimo stato rappresenta il default e possiamo notare come peggiore sia il rating iniziale, maggiore è la probabilità di default; si può notare anche che tale stato è assorbente, ovvero una volta registrato il default, l’emittente rimarrà all’interno di tale classe.

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18 Esempi di matrici di probabilità di transizione

I valori riportati all’interno della matrice rappresenteranno quindi le probabilità marginali di transizione, mentre quelli relativi all’ultima colonna saranno le nostre probabilità marginali di default, dato che l’orizzonte temporale di riferimento è un anno.

Se avessimo invece una matrice con diverso orizzonte temporale, superiore ad un anno, avremmo al suo interno delle probabilità cumulative di default, all’interno della quale non saremmo in grado di distinguere la probabilità di fallimento relativa ad uno specifico anno; per questo dovremo quindi calcolare le relative probabilità marginali.

Per avere default nel secondo anno, ad esempio, l’emittente dovrà necessariamente essere sopravvissuto alla fine del primo e successivamente fallire durante il secondo; definendo con d1 la probabilità marginale di default nel primo anno, quella relativa al secondo anno sarà

data da (1 - d1)d2, dove il primo fattore rappresenta la probabilità di sopravvivenza alla fine

del primo anno e il secondo la probabilità marginale di default nel secondo anno. La probabilità cumulativa di default nei primi due anni (C2) sarà quindi data da:

𝐶2 = 𝑑1+ (1 − 𝑑1)𝑑2 = 1 − (1 − 𝑑1)(1 − 𝑑2)

dato che può essere vista anche come uno meno la probabilità di sopravvivenza nell’intero periodo.

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Estendendo il modello a più periodi, il processo di calcolo delle probabilità di default può essere rappresentato attraverso un albero binomiale in cui ad ogni periodo possono ricorrere due stati, il default e il non default, ognuno con una corrispondente probabilità, come quello riportato in figura.

Processo sequenziale di default, fonte: Financial Risk Manager Handbook, P. Jorion

Vediamo adesso più formalmente un esempio di calcolo delle varie tipologia di probabilità di default, per poter comprendere meglio come le agenzie di rating o i modelli interni adottati dagli istituti finanziari giungano all’associazione di una probabilità di default ad una specifica classe di rating.

Definiamo con:

 𝑚[𝑡 + 𝑁|𝑅(𝑡)] il numero degli emittenti con rating R alla fine del periodo t, che incorrono in default nell’anno T = t + N;

 𝑛[𝑡 + 𝑁|𝑅(𝑡)] il numero di emittenti che invece non hanno fatto default all’inizio dell’anno T.

La probabilità marginale di default in N anni per una determinata classe iniziale di rating, sarà data semplicemente dalla quota di emittenti, appartenenti a quella classe, che fanno default nell’anno T rispetto a coloro che sono sopravvissuti fino all’inizio dello stesso anno; ovvero avremo:

𝑑𝑁(𝑅) =

𝑚[𝑡 + 𝑁|𝑅(𝑡)] 𝑛[𝑡 + 𝑁|𝑅(𝑡)]

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Conseguentemente, la probabilità di sopravvivenza fino all’anno T sarà data da: 𝑆𝑁(𝑅) = ∏(1 − 𝑑𝑖(𝑅))

𝑁

𝑖=1

La probabilità marginale di default nell’anno T rappresenta invece la quota di emittenti di rating iniziale R che, sopravvissuti fino all’anno t + N – 1, incorrono in default nell’anno successivo; cioè:

𝑘𝑁(𝑅) = 𝑆𝑁−1(𝑅)𝑑𝑁(𝑅)

Adesso possiamo facilmente ricavare le probabilità cumulative, date dalla quota di emittenti di rating R che effettuano default in qualsiasi periodo fino all’anno T:

𝐶𝑁(𝑅) = ∑ 𝑘𝑖(𝑅) = 1 − 𝑆𝑁(𝑅)

𝑁

𝑖=1

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Una volta calcolate le probabilità cumulative per vari classi iniziali di rating, possiamo

rappresentarle in un grafico che mostri i differenti livelli di rischio associati alle varie classi; in particolare, utilizzando i dati forniti da Moody’s nel report del 2018 sugli emittenti sovrani, si può facilmente notare come generalmente le probabilità di default siano maggiori per rating peggiori e che esse crescono all’aumentare dell’orizzonte temporale di riferimento.

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21 Fonte: elaborazione personale di dati tratti da Sovereign default and recovery rates,

1983-2018, Data Report, 8 Aprile 2019, Moody’s Investors Service

In questo grafico, in cui si utilizzano le probabilità cumulative medie relative ad un periodo di riferimento piuttosto ampio, tralasciando i modificatori di rating, ovvero le sottoclassi

numeriche 1, 2, 3 utilizzate da Moody’s, si possono osservare le caratteristiche appena descritte sulle probabilità di default, tralasciando alcune eccezioni che possono derivare dalla considerazione di un periodo temporale molto ampio.

2.1 Catene di Markov

Lo strumento utilizzato per costruire le matrici di probabilità di transizione sono le catene di Markov, ovvero particolari tipologie di processi stocastici che rispettano alcune proprietà; il nome deriva dal matematico russo Andrei Andreievič Markov, che iniziò a studiare le probabilità di catene di eventi collegati tra loro nel 1906-1908, e il cui lavoro si diffuse successivamente dalla metà del XX secolo grazie all’applicazione nello studio di fenomeni

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 D ef aul t R ate

Time Horizon (Years)

Moody's Cumulative Average Default Rates Without Rating

Modifiers (1993-2018)

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fisici, biologici e sociali, in cui le probabilità di un evento dipendono dal risultato immediatamente precedente.13

Un processo stocastico è un insieme di variabili aleatorie {Xt}, con t ϵ T che rappresenta un

istante di tempo appartenente all’insieme di tutti gli istanti considerati nel processo stesso. A seconda della natura delle variabili aleatorie considerate, possiamo classificare un

processo stocastico in processo discreto, se esse sono variabili aleatorie discrete, o processo continuo in caso di variabili aleatorie continue.

I valori che possono essere assunti dalle variabili aleatorie vengono definiti stati e indicati con k ϵ S, dove quest’ultimo rappresenta l’insieme di tutti gli stati possibili; perciò, se Xt = k ϵ S possiamo dire che il sistema si trova nello stato k all’istante t.

L’insieme S degli stati possibili può essere finito o infinito; per quanto riguarda le catene di Markov, prenderemo in considerazione solamente processi stocastici con queste

caratteristiche:

 L’insieme T degli istanti di tempo è composto dall’insieme dei numeri naturali;

 Il processo è discreto;

 L’insieme S degli stati possibili è numerabile.

Quindi, per ogni istante di tempo t il sistema si troverà in un determinato stato del mondo appartenente all’insieme degli stati possibili e mutualmente esclusivi, di modo che se si verifica uno degli stati k, non può verificarsene anche un altro.

Vediamo quindi quali sono le particolari proprietà che vanno ad identificare una catena di Markov rispetto a qualsiasi altro processo stocastico.

- Proprietà di Markov. Un processo stocastico verifica questa proprietà se per ogni istante di tempo t ϵ T, per ogni coppia di stati i,j ϵ S e per ogni sequenza di stati k0, …, kt-1 ϵ S, vale:

𝑃{𝑋𝑡+1 = 𝑗|𝑋0 = 𝑘0, … , 𝑋𝑡−1 = 𝑘𝑡−1, 𝑋𝑡= 𝑖} = 𝑃{𝑋𝑡+1 = 𝑗|𝑋𝑡 = 𝑖}

Ovvero, la probabilità condizionata futura 𝑃{𝑋𝑡+1 = 𝑗|𝑋𝑡 = 𝑖}, definita probabilità di

transizione al tempo t dallo stato iniziale i allo stato finale j, dipende solamente dallo stato attuale i e non dall’insieme degli stati assunti in precedenza. Matematicamente la probabilità condizionata è data da 𝑃{𝐴|𝐵} =𝑃{𝐴,𝐵}

𝑃{𝐵}.

13 Catene di Markov a stati finiti, approccio teorico e computazionale, Appunti per l'Insegnamento di Modelli

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- Probabilità di transizione stazionarie. Le probabilità di transizione sono definite stazionarie se, per qualunque istante di tempo t ϵ T e qualsiasi coppia di stati i,j ϵ S vale:

𝑃{𝑋𝑡+1 = 𝑗|𝑋𝑡= 𝑖} = 𝑃{𝑋1 = 𝑗|𝑋0 = 𝑖}

Tali probabilità vengono definite con pij e come conseguenza di tale proprietà non

cambiano nel tempo.

Un processo stocastico con le caratteristiche precedentemente elencate e che soddisfi queste due proprietà è definito catena di Markov.14

Una volta definite le probabilità di transizione tra stati, possiamo andare a rappresentarle in forma matriciale considerando un numero finito di stati N, ottenendo una matrice del tipo:

𝑃 = (𝑝𝑖𝑗) ∈ [0,1]𝑁𝑥𝑁 con 𝑖, 𝑗 ∈ 𝑆

che è definita matrice stocastica, in quanto rispetta la proprietà 𝑃𝑢 = 𝑢 dove

𝑢 = [1,1, … ,1,1]𝑇, ovvero dove la somma degli elementi di ogni riga è uguale ad 1 proprio

perché si tratta di probabilità.

Estendiamo ora il concetto di probabilità stazionaria, andando ad analizzare altre tipologie di probabilità di transizione; la prima immediata conseguenza è lo studio di cosa accade non dopo un solo periodo di tempo ma dopo n passi. In particolare, è facilmente dimostrabile che:

𝑃{𝑋𝑡+𝑛 = 𝑗|𝑋𝑡 = 𝑖} = 𝑃{𝑋𝑛 = 𝑗|𝑋0 = 𝑖} ∀𝑡 ∈ 𝑇

Le probabilità di transizione in n passi, indicate con𝑝𝑖𝑗(𝑛) con n ∈ {0,1,2,…}, rappresentano la probabilità condizionata di passare dallo stato iniziale i a quello finale j in n passi, potendo raggiungere j anche prima di n. Così come in precedenza, possiamo rappresentarle

attraverso una matrice P(n) (e avremo quindi P(0) = I e P(1) = P).

Avendo a disposizione solamente una matrice di probabilità di transizione in n passi, ad esempio con n = 2 per semplicità, e prendendo in considerazione solamente la colonna corrispondente allo stato di default dell’emittente, i valori così indicati rappresentano la probabilità di fare default nei primi due anni, a prescindere dall’anno effettivo in cui esso si verifica; per calcolare le probabilità di default nei vari esercizi possiamo utilizzare il metodo seguente.

14 Catene di Markov a stati finiti, approccio teorico e computazionale, Appunti per l'Insegnamento di Modelli

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Definiamo con 𝑃𝑖𝐷(2) la probabilità che un emittente di rating iniziale i possa fare default nei primi due esercizi; essa sarà data dalla somma di P1 e P2, che rappresentano rispettivamente

la probabilità di default nel primo esercizio e quella nel secondo esercizio, condizionata dall’essere sopravvissuto alla fine del primo. In particolare, avremo quindi che 𝑃1 = 𝑃𝑖𝐷 e 𝑃2 = 𝑃𝑖𝐷(2)− 𝑃𝑖𝐷.

Estendendo quanto visto ad m periodi, avremo quindi che la probabilità di default nell’anno m è data da 𝑃𝑚 = 𝑃𝑖𝐷(𝑚)− 𝑃𝑖𝐷(𝑚−1) con s ∈ {2, … , 𝑁}.

La catene di Markov sono soggette anche ad altre proprietà importanti; ad esempio, la mancanza di memoria permette di calcolare la probabilità di transizione in n + m passi come il prodotto tra la probabilità di arrivare ad uno stato k in n passi e quella di passare da k allo stato finale in m passi; ovvero:

𝑝𝑖𝑗(𝑛+𝑚)= ∑ 𝑝𝑖𝑘(𝑛)𝑝𝑘𝑗(𝑚) ∀𝑖, 𝑗 ∈ 𝑆, ∀𝑛, 𝑚 ≥ 1

𝑘∈𝑆

Sfruttando quest’ultima proprietà possiamo quindi rappresentare la probabilità di

transizione in n passi come il prodotto tra probabilità intermedie di passaggio in vari stati 𝑝𝑖𝑗(𝑛) = ∑ 𝑝𝑖𝑘1

𝑘1,...,𝑘𝑛−1∈𝑆

∙ 𝑝𝑘1𝑘2∙ 𝑝𝑘2𝑘3 ∙ … ∙ 𝑝𝑘𝑛−1𝑗

Conseguentemente, possiamo riscrivere le matrici di probabilità di transizione come: 𝑃(𝑛+𝑚) = 𝑃(𝑛)𝑃(𝑚) ∀𝑛, 𝑚 ≥ 1

𝑃(𝑛)= 𝑃𝑛

dove quest’ultima equazione ci indica che la matrice di transizione in n passi si può ricavare semplicemente a partire da quella ad un anno elevandola all’n-esima potenza, rimanendo ancora tutte stocastiche; trattandosi di matrici, l’elevamento a potenza non si applica come nel caso di numeri, ma si ottiene effettuando il prodotto riga-colonna per n volte.

Alquanto utile può risultare anche il calcolo delle probabilità medie di default, ad esempio per avere una stima su quale sia stata la frequenza di default di un determinato rating su un orizzonte temporale di riferimento relativamente esteso, da poter utilizzare per effettuare alcune valutazioni sulle probabilità future.

Si definisce media delle prime n probabilità di transizione in t passi, con 𝑛 ≥ 1, la seguente probabilità: 𝑚𝑖𝑗(𝑛)= 1 𝑛∑ 𝑝𝑖𝑗 (𝑡) ∈ [0,1] ∀ 𝑛 𝑡=1 𝑖, 𝑗 ∈ 𝑆

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Allo stesso modo si può creare una matrice delle probabilità medie di transizione in t passi, ovvero quella matrice stocastica 𝑀(𝑛) = (𝑚𝑖𝑗(𝑛)) ∈ [0,1]𝑁𝑥𝑁, con 𝑛 ≥ 1, tale che

𝑀(𝑛)= 1

𝑛∑ 𝑃

(𝑡) 𝑛

𝑡=1

Ovviamente risulterà 𝑀(1) = 𝑃, mentre per valori superiori di n possiamo riscrivere l’equazione come 𝑀(𝑛) =𝑀1+𝑀2+⋯+𝑀𝑛

𝑛 ; in questo caso però non si tiene conto dello stato

attuale del sistema, in quanto come primo valore si considera t = 1 e quindi l’anno successivo rispetto alla data di valutazione. Per considerare lo stato iniziale all’interno della media possiamo inserire nel calcolo la matrice 𝑀(0) = 𝐼, cioè la matrice identità, e otterremo perciò 𝑀(𝑛) = 𝐼+𝑀1+𝑀2+⋯+𝑀𝑛−1

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2.2 Analisi delle matrici in n passi

In realtà, se effettuiamo alcune prove empiriche sulla proprietà delle matrici di probabilità di transizione riguardante l’elevamento a potenza della matrice ad un anno per ottenere quella relativa a più anni, possiamo osservare che questa proprietà non è proprio esattamente verificata.

Se ad esempio utilizziamo una matrice delle probabilità attese creata da un’agenzia di rating, come quella di Moody’s riportata qui sotto, e vogliamo ricavarne una a cinque anni,

dobbiamo effettuare la potenza quinta della matrice ad un anno, che come abbiamo già detto è data dal prodotto riga-colonna svolto per cinque volte.

Probabilità di transizione attese ad un anno (in percentuale), fonte: Introducing Moody's Credit Transition Model, 2007

Per semplicità di calcolo, normalizziamo la matrice per escludere la colonna relativa al ritiro del rating degli emittenti (WR), in modo tale che all’interno rimangano solamente le

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Otteniamo quindi la seguente matrice ad un anno:

Svolgendo i vari prodotti matriciali, otteniamo successivamente le matrici a due, tre, quattro e infine cinque anni, come riportato:

1-year forecasted Aaa Aa1 Aa2 Aa3 A1 A2 A3 Baa1 Baa2 Baa3 Ba1 Ba2 Ba3 B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca-C DEF Aaa 96,15 2,29 1,35 0,10 0,00 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa1 4,50 88,19 4,80 2,09 0,31 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa2 1,50 6,12 84,21 6,23 1,29 0,43 0,00 0,00 0,11 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa3 0,11 1,06 4,35 88,84 3,72 1,38 0,43 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 A1 0,00 0,11 0,42 5,96 86,63 4,28 1,78 0,52 0,21 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 A2 0,00 0,00 0,21 1,05 5,24 86,81 4,29 1,47 0,42 0,21 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 A3 0,11 0,11 0,11 0,21 0,94 7,96 82,41 4,71 2,20 0,73 0,21 0,11 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Baa1 0,11 0,11 0,11 0,11 0,21 1,78 6,17 83,47 5,23 1,78 0,42 0,11 0,11 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,11 Baa2 0,11 0,11 0,11 0,11 0,11 0,74 1,69 5,80 82,91 5,38 1,27 0,74 0,42 0,21 0,11 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Baa3 0,11 0,00 0,00 0,00 0,21 0,52 0,63 2,31 8,70 79,87 3,46 1,99 1,05 0,42 0,21 0,11 0,11 0,00 0,00 0,00 0,21 Ba1 0,00 0,00 0,11 0,11 0,55 0,44 0,44 1,32 4,52 15,19 65,72 4,30 3,74 1,43 0,99 0,55 0,22 0,11 0,00 0,11 0,22 Ba2 0,00 0,00 0,11 0,11 0,22 0,34 0,22 0,56 1,34 5,03 12,53 65,42 5,37 3,24 2,35 1,34 0,78 0,22 0,11 0,22 0,56 Ba3 0,00 0,00 0,11 0,11 0,00 0,34 0,23 0,23 0,68 1,35 4,28 10,69 68,17 4,61 4,84 2,14 0,79 0,45 0,23 0,11 0,56 B1 0,00 0,00 0,00 0,00 0,11 0,22 0,11 0,33 0,22 0,44 1,11 3,22 9,44 70,11 6,00 4,56 1,78 1,00 0,33 0,22 0,89 B2 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,22 0,22 0,22 0,22 0,44 0,88 2,76 8,61 72,63 5,85 3,31 1,77 0,66 0,44 1,77 B3 0,00 0,00 0,11 0,00 0,00 0,00 0,11 0,11 0,11 0,11 0,11 0,34 0,57 3,39 7,01 73,33 4,63 4,07 1,13 1,24 3,50 Caa1 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,12 0,00 0,00 0,00 0,12 0,00 0,24 0,24 0,84 2,77 7,00 66,35 5,43 4,34 3,02 9,29 Caa2 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,12 0,50 0,25 0,00 0,62 0,74 0,99 3,47 4,21 63,61 2,85 5,20 17,33 Caa3 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,13 0,53 0,00 0,13 1,84 0,66 1,84 4,34 6,31 52,69 7,49 24,05 Ca-C 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,31 0,15 0,46 1,08 0,62 1,85 3,40 54,48 37,65

2-year forecasted Aaa Aa1 Aa2 Aa3 A1 A2 A3 Baa1 Baa2 Baa3 Ba1 Ba2 Ba3 B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca-C DEF Aaa 92,57 4,30 2,55 0,33 0,03 0,20 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 Aa1 8,37 78,19 8,43 4,02 0,69 0,26 0,02 0,01 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa2 2,99 10,65 71,50 10,99 2,48 0,89 0,07 0,03 0,20 0,19 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa3 0,32 2,15 7,60 79,46 6,66 2,64 0,87 0,25 0,03 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 A1 0,02 0,28 0,99 10,54 75,52 7,66 3,25 1,05 0,44 0,04 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,18 A2 0,01 0,04 0,43 2,18 9,17 75,97 7,46 2,76 0,91 0,43 0,03 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,57 A3 0,21 0,21 0,23 0,52 2,03 13,62 68,61 8,08 3,99 1,44 0,40 0,22 0,20 0,02 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,18 Baa1 0,22 0,21 0,21 0,25 0,53 3,58 10,42 70,34 9,02 3,31 0,79 0,28 0,25 0,20 0,03 0,02 0,01 0,00 0,00 0,00 0,33 Baa2 0,22 0,21 0,21 0,23 0,28 1,54 3,23 9,89 69,62 9,11 2,22 1,32 0,81 0,43 0,25 0,22 0,03 0,01 0,00 0,01 0,17 Baa3 0,21 0,02 0,02 0,04 0,42 1,06 1,36 4,38 14,49 64,95 5,46 3,24 1,88 0,84 0,50 0,29 0,21 0,03 0,01 0,02 0,60 Ba1 0,03 0,02 0,19 0,23 0,92 0,90 0,96 2,65 8,21 22,66 44,50 6,43 5,59 2,44 1,82 1,07 0,46 0,24 0,05 0,17 0,48 Ba2 0,01 0,01 0,19 0,22 0,45 0,67 0,51 1,24 3,08 9,39 16,90 44,15 8,08 5,10 3,95 2,40 1,32 0,50 0,23 0,36 1,22 Ba3 0,00 0,01 0,19 0,20 0,08 0,63 0,46 0,58 1,52 3,27 7,20 14,70 47,81 7,29 7,57 3,77 1,53 0,90 0,41 0,29 1,59 B1 0,00 0,00 0,02 0,02 0,20 0,42 0,26 0,61 0,57 1,16 2,37 5,50 13,48 50,41 9,49 7,31 3,00 1,80 0,63 0,51 2,22 B2 0,00 0,00 0,01 0,01 0,02 0,06 0,39 0,42 0,46 0,56 0,96 1,84 4,82 12,71 53,95 9,32 5,16 2,98 1,14 0,90 4,31 B3 0,00 0,01 0,17 0,01 0,01 0,03 0,20 0,22 0,23 0,28 0,31 0,72 1,39 5,60 10,65 54,85 7,00 6,08 1,84 2,06 8,34 Caa1 0,00 0,00 0,01 0,00 0,01 0,19 0,02 0,02 0,04 0,24 0,11 0,42 0,58 1,77 4,50 10,29 44,89 7,73 5,52 4,36 19,29 Caa2 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,01 0,03 0,24 0,79 0,40 0,14 0,98 1,32 1,83 5,26 5,84 41,14 3,72 6,53 31,73 Caa3 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,01 0,01 0,02 0,05 0,30 0,68 0,12 0,45 2,49 1,30 3,05 5,62 7,82 28,42 8,52 41,14 Ca-C 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,02 0,04 0,05 0,43 0,36 0,74 1,59 1,04 2,49 3,74 30,07 59,41

(35)

28

3-year forecasted Aaa Aa1 Aa2 Aa3 A1 A2 A3 Baa1 Baa2 Baa3 Ba1 Ba2 Ba3 B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca-C DEF Aaa 89,24 6,07 3,62 0,64 0,10 0,29 0,01 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 Aa1 11,70 69,71 11,14 5,79 1,11 0,44 0,06 0,02 0,02 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa2 4,44 13,96 61,26 14,60 3,56 1,36 0,19 0,08 0,27 0,24 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 Aa3 0,60 3,22 10,00 71,53 8,98 3,78 1,31 0,41 0,09 0,04 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 A1 0,06 0,51 1,65 14,02 66,26 10,31 4,47 1,57 0,69 0,12 0,02 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,28 A2 0,03 0,10 0,67 3,33 12,09 67,03 9,77 3,89 1,44 0,66 0,07 0,04 0,03 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,82 A3 0,31 0,30 0,35 0,90 3,17 17,56 57,74 10,46 5,45 2,12 0,58 0,33 0,28 0,06 0,04 0,02 0,01 0,00 0,00 0,00 0,31 Baa1 0,33 0,31 0,31 0,42 0,92 5,31 13,27 59,87 11,73 4,60 1,11 0,47 0,39 0,29 0,08 0,05 0,02 0,01 0,00 0,00 0,50 Baa2 0,32 0,29 0,30 0,35 0,50 2,37 4,59 12,72 59,24 11,64 2,91 1,77 1,16 0,63 0,41 0,33 0,08 0,04 0,01 0,02 0,31 Baa3 0,29 0,04 0,06 0,11 0,63 1,61 2,14 6,18 18,24 53,77 6,54 3,99 2,50 1,22 0,81 0,49 0,31 0,08 0,03 0,04 0,91 Ba1 0,07 0,04 0,25 0,36 1,19 1,37 1,52 3,93 11,09 25,78 31,23 7,33 6,38 3,12 2,48 1,53 0,69 0,37 0,11 0,22 0,95 Ba2 0,03 0,03 0,26 0,32 0,66 1,01 0,85 1,98 4,88 12,63 17,44 30,90 9,24 6,11 5,01 3,21 1,70 0,78 0,34 0,46 2,15 Ba3 0,01 0,03 0,26 0,28 0,21 0,89 0,69 1,01 2,48 5,24 8,88 15,43 34,62 8,72 8,99 4,95 2,14 1,30 0,56 0,47 2,83 B1 0,00 0,00 0,05 0,07 0,28 0,60 0,43 0,88 1,03 2,06 3,49 6,91 14,67 37,30 11,35 8,88 3,80 2,40 0,88 0,78 4,12 B2 0,00 0,00 0,03 0,02 0,05 0,16 0,52 0,62 0,72 0,99 1,50 2,70 6,21 14,26 41,07 11,20 6,10 3,75 1,46 1,28 7,37 B3 0,01 0,02 0,21 0,02 0,02 0,08 0,28 0,33 0,37 0,49 0,56 1,12 2,20 6,94 12,28 41,90 8,00 6,89 2,23 2,53 13,52 Caa1 0,00 0,00 0,02 0,01 0,02 0,23 0,06 0,06 0,10 0,37 0,26 0,59 0,95 2,56 5,52 11,47 31,04 8,30 5,38 4,70 28,36 Caa2 0,00 0,00 0,01 0,00 0,01 0,03 0,04 0,08 0,36 0,96 0,50 0,32 1,20 1,75 2,46 6,03 6,15 27,10 3,69 6,23 43,06 Caa3 0,00 0,00 0,01 0,00 0,01 0,03 0,03 0,05 0,13 0,46 0,70 0,28 0,76 2,64 1,80 3,72 5,58 7,40 15,78 7,40 53,23 Ca-C 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,01 0,01 0,02 0,06 0,09 0,11 0,48 0,53 0,91 1,79 1,26 2,52 3,13 16,85 72,24

4-year forecasted Aaa Aa1 Aa2 Aa3 A1 A2 A3 Baa1 Baa2 Baa3 Ba1 Ba2 Ba3 B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca-C DEF Aaa 86,13 7,62 4,57 1,02 0,19 0,38 0,03 0,01 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 Aa1 14,56 62,49 13,14 7,37 1,56 0,65 0,11 0,04 0,04 0,03 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 Aa2 5,83 16,32 52,97 17,31 4,53 1,84 0,36 0,15 0,34 0,28 0,02 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 Aa3 0,96 4,23 11,74 64,82 10,79 4,81 1,73 0,59 0,18 0,07 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,04 A1 0,13 0,78 2,33 16,64 58,53 12,38 5,48 2,08 0,95 0,22 0,05 0,02 0,02 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,38 A2 0,07 0,20 0,92 4,45 14,23 59,61 11,42 4,86 1,98 0,90 0,13 0,07 0,05 0,02 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 1,05 A3 0,40 0,39 0,49 1,34 4,28 20,24 49,15 12,10 6,64 2,74 0,74 0,43 0,36 0,11 0,07 0,05 0,02 0,01 0,00 0,00 0,45 Baa1 0,43 0,40 0,41 0,62 1,38 6,90 15,11 51,49 13,64 5,68 1,40 0,67 0,54 0,37 0,14 0,10 0,04 0,02 0,01 0,01 0,67 Baa2 0,43 0,37 0,38 0,49 0,75 3,20 5,78 14,63 51,07 13,30 3,41 2,12 1,46 0,83 0,58 0,45 0,14 0,07 0,03 0,03 0,49 Baa3 0,37 0,08 0,11 0,20 0,85 2,18 2,92 7,70 20,55 45,29 7,04 4,42 2,96 1,55 1,12 0,71 0,41 0,15 0,06 0,07 1,26 Ba1 0,12 0,08 0,31 0,49 1,40 1,84 2,11 5,10 13,25 26,49 22,82 7,55 6,61 3,58 2,98 1,92 0,89 0,50 0,17 0,26 1,53 Ba2 0,06 0,06 0,32 0,42 0,85 1,34 1,23 2,75 6,57 14,77 16,33 22,50 9,51 6,59 5,67 3,81 1,97 1,03 0,44 0,54 3,25 Ba3 0,03 0,05 0,31 0,36 0,36 1,14 0,94 1,49 3,47 7,01 9,62 14,68 25,94 9,35 9,62 5,77 2,60 1,64 0,68 0,63 4,32 B1 0,01 0,01 0,09 0,12 0,37 0,78 0,61 1,15 1,56 3,01 4,36 7,63 14,44 28,46 12,15 9,68 4,30 2,83 1,06 1,01 6,38 B2 0,01 0,01 0,05 0,04 0,09 0,28 0,64 0,81 1,01 1,49 2,00 3,40 7,03 14,42 32,07 12,04 6,48 4,19 1,64 1,55 10,75 B3 0,01 0,03 0,23 0,04 0,05 0,14 0,36 0,43 0,52 0,74 0,83 1,50 2,89 7,65 12,73 32,69 8,21 7,01 2,39 2,74 18,79 Caa1 0,00 0,00 0,03 0,01 0,04 0,26 0,10 0,12 0,19 0,51 0,41 0,75 1,30 3,16 6,03 11,49 21,98 7,99 4,76 4,51 36,38 Caa2 0,00 0,00 0,02 0,01 0,02 0,06 0,07 0,14 0,47 1,06 0,59 0,50 1,34 2,05 2,88 6,18 5,82 18,24 3,29 5,36 51,90 Caa3 0,00 0,00 0,01 0,01 0,02 0,05 0,05 0,09 0,21 0,59 0,69 0,43 0,99 2,59 2,14 4,00 5,03 6,36 9,08 5,83 61,83 Ca-C 0,00 0,00 0,01 0,00 0,00 0,01 0,01 0,02 0,04 0,10 0,13 0,16 0,50 0,65 1,00 1,82 1,31 2,27 2,38 9,61 79,98

(36)

29

Per analizzare la validità della proprietà di elevamento a potenza, confrontiamo quindi quest’ultima matrice, ottenuta proprio applicando la proprietà in esame, con la matrice delle probabilità attese a cinque anni pubblicata da Moody’s all’interno dello stesso rapporto, aggiustata opportunamente in modo da non considerare la colonna dei withdrawns:

5-year forecasted Aaa Aa1 Aa2 Aa3 A1 A2 A3 Baa1 Baa2 Baa3 Ba1 Ba2 Ba3 B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca-C DEF Aaa 83,23 8,98 5,43 1,46 0,31 0,47 0,05 0,02 0,02 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 Aa1 17,01 56,33 14,59 8,79 2,03 0,89 0,18 0,07 0,06 0,04 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 Aa2 7,16 17,96 46,24 19,32 5,41 2,31 0,54 0,24 0,40 0,32 0,03 0,02 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,03 Aa3 1,36 5,18 12,98 59,11 12,19 5,74 2,15 0,79 0,28 0,11 0,02 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,07 A1 0,23 1,09 3,01 18,57 52,07 13,97 6,30 2,56 1,21 0,34 0,07 0,04 0,03 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,48 A2 0,11 0,32 1,19 5,52 15,75 53,44 12,58 5,69 2,52 1,15 0,20 0,11 0,08 0,04 0,02 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 1,27 A3 0,49 0,47 0,63 1,82 5,33 21,97 42,34 13,20 7,59 3,30 0,89 0,53 0,43 0,17 0,11 0,07 0,03 0,01 0,01 0,01 0,60 Baa1 0,53 0,48 0,51 0,84 1,87 8,32 16,23 44,75 14,94 6,57 1,65 0,85 0,69 0,45 0,22 0,15 0,06 0,03 0,01 0,01 0,84 Baa2 0,53 0,45 0,46 0,63 1,04 4,01 6,79 15,87 44,60 14,33 3,77 2,39 1,71 1,02 0,75 0,56 0,20 0,10 0,04 0,05 0,71 Baa3 0,45 0,12 0,17 0,31 1,07 2,75 3,67 8,97 21,86 38,79 7,20 4,64 3,27 1,84 1,40 0,93 0,50 0,22 0,09 0,10 1,64 Ba1 0,17 0,12 0,36 0,62 1,58 2,32 2,69 6,15 14,81 25,94 17,39 7,41 6,55 3,87 3,34 2,24 1,06 0,62 0,23 0,30 2,21 Ba2 0,09 0,09 0,36 0,53 1,03 1,68 1,63 3,50 8,05 16,01 14,68 17,06 9,30 6,75 6,04 4,23 2,15 1,23 0,51 0,61 4,47 Ba3 0,05 0,07 0,35 0,44 0,51 1,38 1,20 2,00 4,45 8,46 9,73 13,37 20,13 9,47 9,76 6,29 2,93 1,89 0,78 0,76 5,99 B1 0,02 0,02 0,13 0,17 0,45 0,95 0,80 1,42 2,14 3,94 4,96 7,86 13,57 22,40 12,30 9,98 4,57 3,10 1,19 1,18 8,86 B2 0,01 0,01 0,08 0,06 0,14 0,41 0,75 0,99 1,33 2,01 2,45 3,90 7,44 13,87 25,69 12,22 6,52 4,40 1,74 1,72 14,27 B3 0,02 0,04 0,24 0,06 0,07 0,22 0,43 0,54 0,70 1,02 1,10 1,83 3,43 7,94 12,51 26,05 7,97 6,75 2,39 2,77 23,91 Caa1 0,00 0,00 0,04 0,02 0,06 0,28 0,14 0,18 0,29 0,65 0,56 0,90 1,60 3,55 6,20 10,91 15,96 7,27 4,03 4,07 43,27 Caa2 0,01 0,00 0,03 0,01 0,03 0,09 0,11 0,21 0,57 1,13 0,65 0,64 1,43 2,24 3,12 6,00 5,24 12,55 2,79 4,39 58,75 Caa3 0,00 0,00 0,02 0,01 0,03 0,08 0,07 0,14 0,30 0,69 0,68 0,56 1,14 2,47 2,35 4,01 4,35 5,23 5,46 4,40 68,01 Ca-C 0,00 0,00 0,01 0,00 0,01 0,02 0,02 0,03 0,06 0,14 0,16 0,20 0,50 0,72 1,04 1,75 1,26 1,95 1,73 5,60 84,79

5-year Moody's Aaa Aa1 Aa2 Aa3 A1 A2 A3 Baa1 Baa2 Baa3 Ba1 Ba2 Ba3 B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca-C DEF Aaa 77,40 9,90 7,00 3,40 1,00 0,80 0,20 0,10 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa1 14,40 50,40 15,40 12,50 4,00 1,80 0,70 0,30 0,20 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa2 6,80 14,70 40,80 21,80 8,00 4,20 1,80 0,80 0,50 0,40 0,10 0,10 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Aa3 1,50 4,60 10,40 54,00 13,90 8,10 3,90 1,80 0,90 0,40 0,10 0,10 0,10 0,10 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,10 A1 0,40 1,10 2,70 14,30 47,00 15,70 8,90 4,60 2,60 1,20 0,40 0,20 0,30 0,10 0,10 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,10 A2 0,20 0,50 1,20 5,00 12,10 48,90 14,20 8,20 4,70 2,50 0,70 0,40 0,40 0,20 0,20 0,10 0,10 0,10 0,00 0,00 0,30 A3 0,50 0,40 0,60 1,80 4,70 17,50 39,20 14,20 9,90 5,40 1,70 1,00 0,80 0,50 0,50 0,30 0,20 0,10 0,10 0,10 0,50 Baa1 0,40 0,40 0,40 0,80 1,70 7,40 13,10 41,20 15,90 9,10 2,80 1,70 1,30 0,90 0,70 0,50 0,30 0,20 0,10 0,10 0,90 Baa2 0,30 0,40 0,30 0,70 1,00 3,80 6,20 13,20 40,50 15,70 4,90 3,20 2,60 1,70 1,50 1,00 0,70 0,40 0,20 0,20 1,40 Baa3 0,30 0,20 0,20 0,50 1,10 2,60 3,60 8,20 18,00 36,90 7,40 5,00 4,10 2,70 2,50 1,70 1,10 0,70 0,30 0,40 2,70 Ba1 0,20 0,20 0,20 0,60 1,30 2,20 2,70 5,90 12,90 19,70 18,50 6,80 6,80 4,70 4,70 3,30 2,00 1,30 0,60 0,70 4,80 Ba2 0,10 0,10 0,20 0,40 0,90 1,60 1,70 3,60 7,70 13,70 10,50 15,80 8,40 7,00 7,10 5,10 3,20 2,10 0,90 1,10 8,80 Ba3 0,10 0,10 0,30 0,30 0,50 1,30 1,10 2,20 4,40 7,90 7,90 9,30 18,40 8,80 10,00 6,90 4,10 2,90 1,20 1,30 11,10 B1 0,10 0,10 0,10 0,20 0,50 1,00 0,70 1,50 2,30 4,10 4,70 6,60 9,90 20,60 11,00 9,10 5,20 3,80 1,50 1,60 15,40 B2 0,10 0,10 0,20 0,20 0,20 0,50 0,70 1,10 1,50 2,20 2,60 3,80 6,60 10,70 23,60 10,10 6,30 4,50 1,90 1,90 21,10 B3 0,10 0,20 0,30 0,10 0,20 0,30 0,50 0,70 0,90 1,40 1,50 2,20 4,00 7,90 10,80 20,70 6,80 5,80 2,20 2,40 30,80 Caa1 0,00 0,10 0,10 0,10 0,20 0,50 0,30 0,50 0,70 1,20 1,20 1,70 3,00 5,90 8,50 10,60 9,00 5,60 2,90 2,80 44,90 Caa2 0,00 0,10 0,10 0,10 0,10 0,30 0,30 0,70 1,50 2,50 1,50 1,60 2,90 4,40 5,80 8,00 4,50 6,90 2,20 2,80 53,70 Caa3 0,00 0,00 0,10 0,10 0,10 0,30 0,20 0,50 0,90 1,70 1,60 1,70 2,90 5,20 5,30 7,00 4,60 4,50 2,90 2,70 57,60 Ca-C 0,00 0,00 0,10 0,00 0,10 0,20 0,20 0,30 0,60 1,10 1,10 1,20 2,30 3,50 4,10 5,60 3,60 4,30 2,50 3,30 66,00

(37)

30

Se calcoliamo la differenza tra i valori di queste due ultime matrici, ne otteniamo una nuova del tipo riportato qui sotto, dove i numeri indicati sono dati dalla differenza tra i valori della matrice risultante dall’elevamento a potenza e quelli della matrice di Moody’s:

Analizzando quest’ultima, possiamo notare come l’elevamento a potenza della matrice annuale tenda a sovrastimare le probabilità di rimanere all’interno della classe di rating di partenza (date dalla diagonale principale, in cui la differenza è all’incirca sempre positiva), mentre per quanto riguarda le probabilità di default, si possono notare delle differenze, maggiori soprattutto per quanto riguarda la categoria speculative grade, talvolta positive (che indicano che l’elevamento a potenza sovrastima le probabilità di default) ma talvolta anche negative. In particolare, si può notare una sovrastima piuttosto ampia relativamente alle ultime due classi di rating.

Aaa Aa1 Aa2 Aa3 A1 A2 A3 Baa1 Baa2 Baa3 Ba1 Ba2 Ba3 B1 B2 B3 Caa1 Caa2 Caa3 Ca-C DEF Aaa 5,83 -0,92 -1,57 -1,94 -0,69 -0,33 -0,15 -0,08 -0,08 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 Aa1 2,61 5,93 -0,81 -3,71 -1,97 -0,91 -0,52 -0,23 -0,14 -0,06 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 Aa2 0,36 3,26 5,44 -2,48 -2,59 -1,89 -1,26 -0,56 -0,10 -0,08 -0,07 -0,08 -0,09 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,03 Aa3 -0,14 0,58 2,58 5,11 -1,71 -2,36 -1,75 -1,01 -0,62 -0,29 -0,08 -0,09 -0,09 -0,10 -0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 -0,03 A1 -0,17 -0,01 0,31 4,27 5,07 -1,73 -2,60 -2,04 -1,39 -0,86 -0,33 -0,16 -0,27 -0,09 -0,09 -0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,38 A2 -0,09 -0,18 -0,01 0,52 3,65 4,54 -1,62 -2,51 -2,18 -1,35 -0,50 -0,29 -0,32 -0,16 -0,18 -0,09 -0,10 -0,10 0,00 0,00 0,97 A3 -0,01 0,07 0,03 0,02 0,63 4,47 3,14 -1,00 -2,31 -2,10 -0,81 -0,47 -0,37 -0,33 -0,39 -0,23 -0,17 -0,09 -0,09 -0,09 0,10 Baa1 0,13 0,08 0,11 0,04 0,17 0,92 3,13 3,55 -0,96 -2,53 -1,15 -0,85 -0,61 -0,45 -0,48 -0,35 -0,24 -0,17 -0,09 -0,09 -0,06 Baa2 0,23 0,05 0,16 -0,07 0,04 0,21 0,59 2,67 4,10 -1,37 -1,13 -0,81 -0,89 -0,68 -0,75 -0,44 -0,50 -0,30 -0,16 -0,15 -0,69 Baa3 0,15 -0,08 -0,03 -0,19 -0,03 0,15 0,07 0,77 3,86 1,89 -0,20 -0,36 -0,83 -0,86 -1,10 -0,77 -0,60 -0,48 -0,21 -0,30 -1,06 Ba1 -0,03 -0,08 0,16 0,02 0,28 0,12 -0,01 0,25 1,91 6,24 -1,11 0,61 -0,25 -0,83 -1,36 -1,06 -0,94 -0,68 -0,37 -0,40 -2,59 Ba2 -0,01 -0,01 0,16 0,13 0,13 0,08 -0,07 -0,10 0,35 2,31 4,18 1,26 0,90 -0,25 -1,06 -0,87 -1,05 -0,87 -0,39 -0,49 -4,33 Ba3 -0,05 -0,03 0,05 0,14 0,01 0,08 0,10 -0,20 0,05 0,56 1,83 4,07 1,73 0,67 -0,24 -0,61 -1,17 -1,01 -0,42 -0,54 -5,11 B1 -0,08 -0,08 0,03 -0,03 -0,05 -0,05 0,10 -0,08 -0,16 -0,16 0,26 1,26 3,67 1,80 1,30 0,88 -0,63 -0,70 -0,31 -0,42 -6,54 B2 -0,09 -0,09 -0,12 -0,14 -0,06 -0,09 0,05 -0,11 -0,17 -0,19 -0,15 0,10 0,84 3,17 2,09 2,12 0,22 -0,10 -0,16 -0,18 -6,83 B3 -0,08 -0,16 -0,06 -0,04 -0,13 -0,08 -0,07 -0,16 -0,20 -0,38 -0,40 -0,37 -0,57 0,04 1,71 5,35 1,17 0,95 0,19 0,37 -6,89 Caa1 0,00 -0,10 -0,06 -0,08 -0,14 -0,22 -0,16 -0,32 -0,41 -0,55 -0,64 -0,80 -1,40 -2,35 -2,30 0,31 6,96 1,67 1,13 1,27 -1,63 Caa2 0,01 -0,10 -0,07 -0,09 -0,07 -0,21 -0,19 -0,49 -0,93 -1,37 -0,85 -0,96 -1,47 -2,16 -2,68 -2,00 0,74 5,65 0,59 1,59 5,05 Caa3 0,00 0,00 -0,08 -0,09 -0,07 -0,22 -0,13 -0,36 -0,60 -1,01 -0,92 -1,14 -1,76 -2,73 -2,95 -2,99 -0,25 0,73 2,56 1,70 10,41 Ca-C 0,00 0,00 -0,09 0,00 -0,09 -0,18 -0,18 -0,27 -0,54 -0,96 -0,94 -1,00 -1,80 -2,78 -3,06 -3,85 -2,34 -2,35 -0,77 2,30 18,79

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