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L’innovazione finanziaria è un processo costantemente in atto nel panorama economico mondiale, poiché i mercati sono in continua evoluzione e sorgono sempre nuove esigenze nella clientela che devono essere soddisfatte al meglio; la globalizzazione dei mercati ha sicuramente contribuito in tal senso, perché ha permesso di correlare i mercati nazionali a livello internazionale e, conseguentemente, di diffondere le nuove tipologie di strumenti e prodotti finanziari che scaturiscono dal processo di innovazione sopracitato.

Ma se la globalizzazione finanziaria ha portato forti benefici relativamente al flusso di capitali e alla creazione di ricchezza, d’altro canto ha comportato anche un sostanziale aumento dei rischi del sistema finanziario, accrescendo le probabilità dell’insorgenza di crisi finanziarie ed economiche.15

Infatti i problemi relativi al singolo emittente, che precedentemente avevano ripercussioni solamente all’interno del mercato in cui esso operava, si diffondo a livello sistemico,

procurando effetti a livello internazionale; emblematico in tal senso è il fallimento nel 2008 di Lehman Brothers, una delle principali banche statunitensi del periodo, che viene

considerato l’epicentro della crisi finanziaria degli stessi anni e che ha avuto ripercussioni in tutto il mercato americano ma anche a livello globale, i cui effetti si risentono tutt’ora in ambito europeo a causa della successiva crisi del debito sovrano, innescata proprio per porre rimedio alla crisi dei mutui subprime appena citata.

Furono proprio i prodotti dell’innovazione finanziaria, principalmente il processo di securitisation e l’utilizzo degli strumenti derivati (ovvero strumenti il cui

valore deriva dall'andamento di un’attività sottostante o dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile), ad innescare la crisi economico-finanziaria globale; la prima, ovvero la cartolarizzazione, presuppone il raggruppamento di un pool di assets, tipicamente prestiti, di caratteristiche similari e il suo successivo trasferimento ad uno special purpose vehicle (SPV) creato appositamente per emettere strumenti finanziari (le ABS) a fronte degli assets ricevuti e iscritti nell’attivo di bilancio. A seconda della caratteristiche degli strumenti ricevuti, l’SPV decide quale sarà il tasso di rendimento atteso sui titoli da esso emessi, che andrà

riconosciuto agli investitori che decideranno di acquistarli, e che sarà tanto maggiore quanto

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più rischiosi sono i collaterali a garanzia di tali strumenti; in tal modo, perciò, il rischio insito nel pool di assets viene trasferito all’esterno della banca che li aveva originariamente in bilancio, andando a ricadere su coloro che decidono di investire nelle Asset Backed Securities.16

I credit derivatives sono invece “particolari strumenti derivati che hanno come sottostante il merito creditizio di un determinato emittente (che può essere uno stato sovrano, un ente governativo, un’istituzione finanziaria o un'impresa commerciale) misurato da un'agenzia di rating o comunque definito sulla base di criteri oggettivi. La principale funzione dei derivati sul rischio di credito consiste nella possibilità di gestire il rischio di credito associato ad una determinata attività (obbligazione e/o prestito) senza che l'attività stessa venga ceduta. Inoltre permettono di scindere il rischio di credito di una determinata attività da altre tipologie di rischio, quale ad esempio il rischio di tasso di interesse. I credit derivatives sono strumenti negoziati bilateralmente fuori dai mercati organizzati (mercato OTC) e hanno un taglio minimo molto elevato; queste caratteristiche li rendono facilmente personalizzabili ed adattabili alle specifiche esigenze di ogni singolo soggetto”.17

Sull’onda della bolla immobiliare nata nei primi anni 2000 negli Stati Uniti, spinte da sfrenate logiche di profitto, le banche iniziarono a concedere prestiti per l’acquisto di case a qualsiasi tipologia di clienti, a prescindere dalla loro rischiosità, poiché consapevoli che attraverso la securitisation e i credit derivatives avrebbero potuto trasferire all’esterno i rischi connessi a tale attività; in tal modo comportarono una diffusione a livello globale dei rischi insiti nei prestiti ipotecari concessi.

Quando poi scoppiò la bolla, moltissimi prestiti non furono rimborsati e le banche subirono forti svalutazioni sia per le perdite su crediti, sia per gli strumenti finanziati tossici che avevano in portafoglio; molte banche fallirono poiché costrette a intervenire come garanti degli assets degli SPV creati, che registrarono forti perdite a causa delle svalutazioni dell’attivo, costituito dai pool di prestiti ricevuti dalle stesse banche, a fronte di passività elevate causate dal dover rimborsare gli acquirenti delle ABS.18

Questo fa capire come lo sconsiderato utilizzo di logiche di trasferimento del rischio di credito possa avere conseguenze devastanti sull’economia globale; ma l’utilizzo dei derivati

16 Crisi finanziarie, banche e stati. L’insostenibilità del rischio di credito, Colombini, Calabrò, pag. 96-100 17 https://www.borsaitaliana.it/borsa/glossario/derivato-sul-rischio-di-credito.html

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ha anche effetti molto vantaggiosi per gli intermediari, ad esempio la possibilità di assumere posizioni su un determinato strumento finanziario senza detenerlo fisicamente, o la

possibilità per le banche di sfruttarne l’utilizzo per ridurre i requisiti patrimoniali richiesti dalla normativa, e, infine, essi rappresentano il principale strumento per effettuare vendite allo scoperto di titoli di credito mantenendo un buon livello di liquidità. Infatti, se è

praticamente impossibile vendere allo scoperto un prestito bancario, la stessa posizione si può assumere comprando protezione su di esso.19

I derivati, nel complesso, sono particolari tipologie di strumenti finanziari molto complessi, poiché il loro valore dipende dall’andamento di variabili sottostanti, che possono essere attività finanziarie, indici, ma anche commodities; tipicamente, sono negoziati nei mercati non regolamentati (Over The Counter), che se da un lato permettono una maggiore personalizzazione dello strumento per soddisfare le esigenze dei clienti, dall’altro

presentano una minore liquidità e un maggiore rischio, poiché non è presente la clearing house né il meccanismo di versamento dei margini (che sono invece previsti nei mercati regolamentati), innalzando in tal modo il rischio di credito della controparte contrattuale. Per quanto riguarda le modalità di utilizzo, proprio perché rispondono a numerose e differenti esigenze della clientela, gli strumenti derivati possono essere negoziati

principalmente per finalità di hedging, ovvero di copertura, andando ad aprire una posizione nei derivati opposta rispetto a quella detenuta nell’attività sottostante, o di speculazione, sfruttando i movimento di prezzo dei sottostanti; ma non solo, essi possono essere utilizzati anche per effettuare degli arbitraggi, attraverso lo sfruttamento delle differenze di prezzo tra l’attività sottostante e quello dello strumento derivato, e infine anche per effettuare degli aggiustamenti del portafoglio attività finanziarie negoziando i derivati piuttosto che le attività finanziarie principali, poiché il mercato dei primi è più liquido e presenta minori costi di transazione rispetto ai mercati delle attività sottostanti.20

I rischi connessi all’utilizzo di questi particolari strumenti finanziari sono i rischi tipici di ogni altra tipologia di attività; il principale è sicuramente il già analizzato rischio di credito, a cui si affiancano il rischio di mercato, tipicamente costituito dai rischi di prezzo, regolamento e sistemico, quello di liquidità e, infine, il rischio operativo, che consiste nell’inadeguatezza dei controlli interni effettuati dagli intermediari e dei modelli per la valutazione degli strumenti

19 The J.P. Morgan guide to Credit Derivatives, J. P. Morgan, pag. 11

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in esame, nonché nei possibili cambiamenti regolamentari e nelle incertezze sulle regole di comportamento e sugli obblighi delle controparti che derivano dalla negoziazione nei mercati OTC, i quali non rispondono a regole standardizzate uguali per tutti i contratti conclusi.

E’ proprio la capacità di personalizzazione dei derivati sulle esigenze dei clienti che permette di spiegare la forte crescita del mercato di questi strumenti e, conseguentemente, di quello dei credit derivatives; a partire dagli anni ‘90, quando si sono iniziate a diffondere le prime forme di questa nuova tipologia di strumenti, la crescita è stata esponenziale e ha visto il suo picco negli anni delle crisi finanziarie dei mutui subprime e della successiva dei debiti sovrani.

Evoluzione del nozionale dei credit derivatives negoziati, fonte: Bank of International Settlement

Coerentemente con quanto descritto riguardo allo sfrenato utilizzo dei derivati creditizi durante la crisi del 2007-2009, da questo grafico si può notare come il loro mercato abbia in seguito registrato una diminuzione di valore nel nozionale complessivamente scambiato, a fronte di un aumento del mercato di tutti i derivati, fino al picco raggiunto nel 2014.

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Concentrandoci ora sui credit derivatives, si può affermare che in tutti questi strumenti ricorrono essenzialmente tre elementi: il sottostante, il credit event, e la modalità di liquidazione del contratto.

I derivati creditizi presentano come sottostante la capacità del debitore, definito reference entity, di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni; come abbiamo già visto per la definizione di rischio di credito, ciò può quindi riguardare il default di uno o più emittenti, ma anche il deterioramento della sua qualità creditizia. Tipicamente quindi il rischio di credito insito nel sottostante di un derivato creditizio è legato ad un titolo di debito emesso dal reference entity, tipicamente obbligazioni o prestiti bancari, oppure, se lo strumento è legato all’andamento del merito creditizio dell’emittente, il sottostante è rappresentato dall’andamento dello spread creditizio sui titoli da esso emessi.

Per quando riguarda il credit event invece, come si può capire anche dal nome, esso rappresenta l’evento, riguardante il reference entity, al verificarsi del quale scatta l’obbligo assunto dalle parti contrattuali (tipicamente il pagamento del protection seller nei confronti del buyer nei CDS); se questo elemento del contratto sembra dipendere unicamente

dall’inadempimento delle obbligazioni assunte dall’emittente di riferimento, in realtà l’International Swaps and Derivatives Association (ISDA) ha formalizzato la definizione di credit event attraverso un documento, the 2003 ISDA Credit Derivatives Definitions,

aggiornato successivamente con l’edizione del 2014, in cui viene identificato attraverso una serie di eventi, per minimizzare le dispute legali che potrebbero scaturire da una definizione non dettagliata.

Perciò, il credit event ricorre quando si verifica uno dei seguenti stati:  Bancarotta, ovvero una situazione che comprenda uno tra:

- La dissoluzione del debitore

- L’insolvenza, o l’incapacità di ripagare i propri debiti - La cessione dei crediti

- L’istituzione del processo di bancarotta - La nomina dell’amministrazione controllata

- Il pignoramento di tutti gli assets da parte di terze parti;

 Fallimento nell’effettuare i pagamenti dovuti, che si verifica quando scade il periodo di grazia stabilito dalle parti del contratto e quando il pagamento supera una certa somma;

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 Obligation/Cross default, ovvero il verificarsi di un default (o di un mancato pagamento) su qualsiasi altra obbligazione similare;

 Obligation/Cross acceleration, cioè quando il default appena descritto comporta il dover rimborsare immediatamente l’obbligazione di riferimento;

 Repudiation/Moratorium, che si verifica quando la controparte rifiuta, o contesta, la validità dell’obbligazione;

 Restructuring, cioè la fattispecie in cui il debito viene ristrutturato, in modo tale da penalizzare i creditori dal punto di vista economico o della rischiosità. Tipicamente i cambiamenti riguardano: una riduzione degli interessi, una riduzione del capitale rimborsato o un cambiamento del livello di seniority;

 Downgrade, quando l’emittente viene declassato nella classe di rating di appartenenza, oppure lo stesso rating viene addirittura ritirato;

 Currency inconvertibility, ovvero quando vengono imposti controlli sugli scambi o restrizioni valutarie da autorità governative o associate;

 Azione del Governo, aggiunta nel 2014 in conseguenza degli eventi che hanno riguardato la Grecia e dell’introduzione del bail-in nella legislazione delle istituzioni finanziarie, specialmente europee21; questa riguarda la dichiarazione o azione di un

governo o di un’autorità di regolamentazione che impatti sulla validità di

un’obbligazione, ma anche lo scoppiare di una guerra o di altro conflitti armati, che impediscano il normale funzionamento delle attività governative e bancarie.22

Infine abbiamo la modalità di regolamento del contratto, che può assumere due diverse forme: con la consegna fisica, il protection seller acquista dal buyer un portafoglio di obbligazioni consegnabili specificamente identificate alla stipula del contratto per un ammontare prestabilito; alternativamente, la modalità che può essere sempre utilizzata è il pagamento in contanti, con cui il venditore di protezione paga alla controparte una somma data dalla differenza tra il valore nominale dell’obbligazione di riferimento e il suo valore di mercato successivamente al credit event.23

Relativamente ai principali operatori del mercato dei derivati creditizi, come si può osservare dai dati del 2008 relativi alla crisi finanziaria, risulta che i maggiori utilizzatori di questi

21 The new 2014 ISDA Credit Derivatives Definitions, D. Benton, S. Ajitsaria 22 Financial Risk Manager Handbook, P. Jorion, pag. 428-429

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strumenti siano le banche commerciali, sia in termini di protection buyers sia come sellers, seguite dalle banche di investimento; un’ampia quota dei venditori di protezione è però ricoperta dalle imprese di assicurazione, ma anche molti altri intermediari finanziari fanno ricorso al mercato dei derivati.24

Infine, i credit derivatives possono essere single-name, quando l’emittente di riferimento è costituito da un solo soggetto, come nel caso principale dei credit default swap (CDS), oppure multi-name, se invece si riferiscono a più reference entities, e il principale strumento di questa seconda tipologia sono le collateralized debt obligations (CDO).

Vediamo adesso quali sono i derivati creditizi maggiormente utilizzati sui mercati.

3.1 Total Return Swaps

Un Total (Rate of) Return Swap (TRS) è un contratto derivato che permette all’investitore di avere i benefici derivanti da un titolo, tipicamente il suo rendimento, senza detenerlo fisicamente in bilancio.

Infatti tramite questo strumento una parte, il total return receiver, accetta di effettuare un pagamento periodico dato da un tasso variabile, tipicamente il LIBOR, più uno spread, in cambio del pagamento da parte del payer dei cash flows derivanti dal titolo di riferimento più gli eventuali apprezzamenti del suo valore di mercato. Lo spread dipenderà sia dalla probabilità di default del receiver, sia dal costo sostenuto dal payer per iscrivere il reference asset in bilancio, sia dal merito creditizio dell’emittente (quindi dalla rischiosità

dell’operazione).

38 Struttura di un Total Return Swap, fonte: Credit Derivatives Explained. Market, Products, and

Regulations, D. O’Kane

La figura mostra il funzionamento di un Total Return Swap sia durante la vita del contratto, quando le parti si scambiano solo il differenziale netto dovuto (calcolato come differenza tra i due flussi da corrispondere), sia alla sua scadenza, in cui si verificherà un pagamento a seconda che il titolo abbia subito un apprezzamento o un deprezzamento del valore di mercato; nel primo caso sarà il payer a dover saldare la differenza rispetto al valore iniziale a beneficio del receiver, e viceversa nel secondo caso. Da ciò si capisce che in caso di default dell’emittente del titolo di riferimento, sarà obbligo dell’investitore effettuare il pagamento nei confronti del payer; infatti tramite questo strumento è quest’ultimo a coprirsi dal rischio di default trasferendolo alla controparte.

Una banca che abbia un’obbligazione in portafoglio, ad esempio, può trasferirne il rischio di credito all’esterno senza essere costretta a vendere il titolo; in pratica essa assume una posizione short sull’obbligazione di riferimento, e l’investitore del TRS ne assume una lunga, senza che ci sia lo scambio materiale del titolo stesso.

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In questo modo, essa generalmente mantiene i diritti di voto relativi allo strumento sottostante, anche se può decidere di trasferirli al receiver, diminuendo però la sua esposizione complessiva al rischio; dall’altro lato, l’investitore ottiene i benefici economici derivanti dal possesso di un titolo, senza avere l’esborso necessario per acquistarlo e senza dover pagare i costi di transazione tipici.25

Il vantaggio per il total return payer, specialmente in caso di banca commerciale, oltre al trasferimento del rischio di credito connesso al reference asset, è dato dalla possibilità di non interrompere le relazioni con i prenditori di fondi, in quanto il titolo rimane all’interno del portafoglio della banca; inoltre, oltre a coprirsi dal rischio di default dell’emittente, essa si copre anche dal rischio di deprezzamento dell’attività, poiché se esso si verifica sarà il receiver a dover rimborsare la differenza. Con un TRS quindi, oltre a trasferire il rischio di credito, si trasferisce anche quello di mercato, cioè il rischio che ci siano variazioni nel prezzo del reference asset non dovute al merito creditizio, ma a cambiamenti nella struttura dei tassi di interesse.26

La scadenza di un Total Return Swap può essere anche inferiore a quella del titolo di

riferimento, a seconda delle esigenze delle parti contrattuali; una volta scaduto il contratto, ci sarà la valutazione del valore di mercato del reference asset: se per quel titolo esiste un mercato secondario sufficientemente liquido, l’individuazione del suo prezzo diventa

semplice; in caso contrario, in genere per determinarne il valore si prende come riferimento un pool di reference dealers, solitamente le maggiori banche di investimento.

Alternativamente al pagamento in contanti del differenziale di valore di mercato del titolo di riferimento, può essere prevista la consegna fisica da parte del buyer in cambio del

nozionale; inoltre i pagamenti dovuti per le modifiche di valore possono essere effettuati a scadenze periodiche prima del termine del contratto.

Un altro strumento derivato che ha una struttura simile ad un Total Return Swap è invece l’Asset Swap, che è composto da due operazioni distinte: l’acquisto di un titolo e la successiva stipulazione di un Interest Rate Swap (IRS); l’investitore acquista un titolo, tipicamente a tasso fisso, e successivamente tramite l’IRS scambia il flusso di interessi con una controparte, pagando ad essa il tasso fisso e ricevendo in cambio un tasso variabile. La

25 The J.P. Morgan guide to Credit Derivatives, J. P. Morgan, pag. 21

26 Il credit default swap nella gestione del rischio di credito. Dinamiche e determinanti dei CDS spread, E.

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differenza sostanziale rispetto ad un Total Return Swap è che in questo caso l’investitore acquista materialmente il titolo.

3.2 Credit Default Swaps

Il derivato su rischio di credito forse più rappresentativo ed utilizzato dell’intera categoria è il Credit Default Swap (CDS), che rappresenta sostanzialmente un contratto di assicurazione contro il default, o il deterioramento della qualità creditizia, di un emittente.

Un intermediario che detenga in portafoglio qualsiasi titolo rischioso e che voglia ridurre la propria esposizione, può decidere di stipulare tale tipologia di credit derivative e trasferire ad un investitore il rischio che si verifichi il credit event.

La struttura di un CDS è la seguente: il protection buyer, ovvero colui che vuole coprirsi dal rischio di credito, paga una quota prefissata in punti base rispetto al nominale, chiamata spread, ogni anno alla controparte; a questo punto possono verificarsi due diversi scenari: se si verifica il credit event, il protection seller è obbligato ad effettuare un pagamento a favore del buyer, altrimenti non c’è alcun rimborso.

Se per il buyer l’operazione assume una valenza prevalentemente protettiva, poiché trasferisce una quota di profitto della propria attività in cambio di copertura sul rischio di credito, per la controparte l’operazione è puramente speculativa; infatti, il receiver si procura un profitto certo, dato dai cash flows ricevuti, esponendosi ad una perdita incerta, ovvero l’eventuale rimborso.27

27 Il credit default swap nella gestione del rischio di credito. Dinamiche e determinanti dei CDS spread, E.

41 Struttura di un Credi Default Swap, fonte: The PricewaterhouseCoopers Credit Derivatives Primer.

Financial Advisory Services, J. D. Finnert

Per quanto riguarda i pagamenti annuali, lo spread dipenderà prevalentemente dal merito creditizio dell’emittente del reference asset, in quanto maggiore è la probabilità che esso vada in default, maggiore dovrà essere il premio che viene pagato da chi vuole coprirsi da tale situazione (esattamente come in un contratto assicurativo).

Del credit event abbiamo già parlato precedentemente, individuando quali siano le tipologie di eventi che possono far scattare l’obbligo di pagamento; questo aspetto è fondamentale e deve essere minuziosamente definito dalle due parti del contratto per evitare dispute legali.

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