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Acqua e sostenibilità. Una panoramica sui gestori del Servizio Idrico Integrato in Toscana e un confronto con le aziende di riferimento a livello nazionale.

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Indice

Introduzione ... 2

1. Acqua e Sostenibilità ... 5

1.1. Il rapporto OCSE: Prospettive ambientali all'orizzonte del 2050: le conseguenze dell'inazione ... 8

1.2. La sostenibilità nell’uso della risorsa idrica: la Direttiva CE 2000/60 e altri interventi europei ... 16

2. Acqua: Domanda e Offerta ... 22

2.1. Offerta di Acqua ... 22

2.2. La Domanda di Acqua ... 27

2.3. Il Consumo di Acqua in Italia ... 29

3. I Gestori del Servizio Idrico Integrato in Toscana ... 32

3.1. ASA Spa ... 35

3.2. Nuove Acque Spa ... 45

3.3. Publiacqua Spa ... 55

3.4. Acque Spa ... 63

3.5. Acquedotto del Fiora Spa ... 73

3.6. Gaia Spa ... 82

3.7. Acque Toscane Spa ... 89

3.8. GEAL Spa ... 95

4. Un confronto a livello regionale ... 99

4.1. Grandezze Tecnico-Dimensionali ... 100

4.2. Risultati Economico-Finanziari-Patrimoniali, Tariffe e Investimenti ... 106

4.3. Impatto Ambientale del Servizio e Analisi delle Perdite ... 118

4.4. Attività per la Promozione di un Uso Sostenibile della Risorsa ... 121

5. Il Servizio Idrico Integrato in Toscana e in Italia: un confronto ... 125

5.1. Grandezze Tecnico-Dimensionali ... 125

5.2. Perdite di Rete ... 126

5.3. Attività per la Promozione di un Uso Sostenibile della Risorsa ... 128

Ringraziamenti ... 132

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2

Introduzione

Il 20 agosto è stato l’Ecological Debt Day 2013.

L’Ecological Debt Day, conosciuto anche come Overshoot Day è il giorno dell’anno in cui il consumo di risorse naturali dell’anno in corso supera la biocapacità globale relativa allo stesso periodo. In sintesi, trascorsi i primi otto mesi del 2013 gli esseri umani hanno già consumato tutte le risorse che la Terra è in grado di generare complessivamente in un anno solare. Già questo dato è allarmante, ma lo è ancora di più se osserviamo la tendenza nel tempo. L’Ecological Debt Day è stato calcolato per la prima volta dal NEF1 (New Economics Foundation) il 19 dicembre 1987 attraverso la seguente formula:

il calcolo è stato ripetuto di anno in anno, e di anno in anno la tendenza è di una data sempre più anticipata, salvo rare eccezioni:

Tabella 1.1. Evoluzione dell’Ecological Debt Day, 1987-2013

Anno Ecological Debt Day

1987 19 Dicembre 1990 7 Dicembre 1995 21 Novembre 2000 1 Novembre 2005 20 Ottobre 2007 26 Ottobre 2008 23 Settembre 2009 25 Settembre 2010 21 Agosto 2011 27 Settembre 2012 22 Agosto 2013 20 Agosto

Fonte: New Economics Foundation, 2013

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3 Il Global Footpink Network si è interrogato2 sui possibili scenari che ci aspettano per il futuro basandosi su dati del 2008. In quel momento l’uomo aveva bisogno, per sostenere il suo consumo di risorse, di una Terra e mezzo. Rimanendo con i modelli di consumo e con la struttura economica attuale, nel 2050 avremo bisogno di tre Terre per sostenere i nostri consumi, a meno di un netto e deciso cambio di rotta.

Figura 1.1. Evoluzione dell'impronta ecologica mondiale, 1960-2050

Fonte: Global Footprint Network, 2008

Riflettere su questi dati mi ha portato a decidere di elaborare una tesi orientata al problema della sostenibilità, rivolgendomi in particolare alla risorsa naturale centrale per la nostra sopravvivenza, ma che spesso sottovalutiamo o usiamo con superficialità: l’acqua.

Per prima cosa farò un excursus generale sulla sostenibilità, sull’evoluzione del dibattito che l’ha riguardata e su alcuni numeri che sono stati recentemente sviluppati dall’OCSE. Successivamente illustrerò come funziona il mercato dell’acqua con alcuni numeri sulla domanda e sull’offerta della risorsa. Poi mi concentrerò effettivamente sullo studio che ho condotto, delineando le caratteristiche delle società toscane che gestiscono il Servizio Idrico Integrato attraverso i numeri del servizio, i risultati

2 Numerose riflessioni sull’argomento sono disponibili sul sito dell’organizzazione, in particolare per l’argomento in questione il riferimento è al seguente link:

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4 economico-finanziari, la corporate governance e l’attività svolta dalle aziende per il controllo delle perdite idriche e per la promozione presso il consumatore di un uso sostenibile della risorsa idrica.

I dati sono stati raccolti attraverso diversi canali: in primis ho consultato gli statuti, i bilanci di esercizio e i bilanci di sostenibilità dei gestori; successivamente ho inviato alle società un questionario con la richiesta di informazioni più specifiche e, infine, per chi si è reso disponibile, ho intervistato direttamente alcuni manager aziendali.

Confronterò quindi i risultati della mia indagine con i dati presenti negli studi di Conviri, la Commissione Nazionale di Vigilanza sulla risorsa idrica (che aveva il compito di garantire l'osservanza dei principi di legge per i servizi idrici e di monitorare l’efficacia e l’efficienza del servizio e le tariffe, garantendo la tutela del consumatore), elaborati nel 2010 e 2011 e nella relazione annuale dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas - AEEG - per il 2012, nonché nel rapporto dell’Autorità Idrica Toscana per il 2012.

La tesi si pone quindi l’obiettivo di valutare le attività ed i risultati ottenuti dalle utility toscane dell’acqua per cercare di dare un giudizio sulla gestione del Servizio Idrico della nostra Regione dopo quasi vent’anni dall’introduzione della Legge Galli (Legge n. 36/1994), confrontando i risultati regionali con quelli nazionali e con quanto emerso dalla letteratura economica.

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5

1. Acqua e Sostenibilità

Nel dicembre 1983, in un Mondo in cui per la prima volta ci si interrogava se il consumo delle risorse stesse eccedendo il limite consentito, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Javier Perez de Cuellar, incaricò il Primo Ministro norvegese, Gro Harlem Brundtland, di creare un’organizzazione indipendente che studiasse i problemi concernenti l’ambiente e lo sviluppo3. Nacque così la Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, conosciuta anche come Brundtland Commission.

Non è questa la sede per valutare l’operato della Commissione né gli effettivi risultati ottenuti, tuttavia di quel momento ci restano due importanti eredità: la prima, vera, presa di coscienza del problema dell’impatto dello sviluppo economico sulle risorse naturali e la prima e tuttora più utilizzata definizione di Sviluppo Sostenibile: “Sustainable development is development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs”

(WECD, Our Common Future, 1987).

Cinque anni dopo, dal 3 al 14 giugno 1992 si è tenuta a Rio de Janeiro la prima conferenza mondiale dei Capi di Stato sull’ambiente. La United Nations Conference on Environment and Development ha coinvolto 172 governi, 108 Capi di Stato e 2400 esponenti di Associazioni non governative.

Si trattarono argomenti cruciali tra i quali4:

 la possibilità di utilizzare forme di energia alternativa per rimpiazzare l’abuso di combustibile fossile, ritenuto il principale responsabile del cambiamento climatico globale;

 la crescente scarsità d’acqua;

 l’esame sistematico dei modelli di produzione, allo scopo di limitare la produzione di tossine;

 la possibilità di ripensare i sistemi di trasporto pubblico, al fine di ridurre le emissione dei veicoli, la congestione nelle grandi città e i problemi di salute causati dallo smog.

Tra i risultati più importanti della conferenza si ricordano:  la dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo;

3 Cfr. Risoluzione ONU A/RES/38/161 del 19 dicembre 1983, consultabile al seguente link: http://www.un.org/documents/ga/res/38/a38r161.htm

4

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6  l’Agenda 21, ampio e articolato programma di azione che detta i principi fondamentali per perseguire uno sviluppo sostenibile nel corso del 21° secolo. Tra le indicazioni vi è anche l’istituzione della Giornata Mondiale dell’Acqua, che si celebra ogni anno il 22 marzo;

 la Convenzione sulla Diversità Biologica, che fissa una serie di principi e di obiettivi strategici da perseguire per la tutela della biodiversità;

 i Principi sulle Foreste, per la tutela del patrimonio boschivo e forestale;

 la Convenzione sui cambiamenti climatici (probabilmente il risultato più rilevante ottenuto nell’incontro) che gettava le basi per tutta una serie di protocolli che sarebbero stati ratificati successivamente (il primo dei quali è il Protocollo di Kyoto) per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Dieci anni dopo la Conferenza è stata rinnovata con il nome ufficiale di World Summit on Sustainable Development o più semplicemente, Rio+10. Il risultato principale è stata la Dichiarazione di Johannesburg, in cui i partecipanti hanno rinnovato l’impegno per la promozione di un modello di sviluppo sostenibile e rilanciato le sfide alla povertà, la diseguaglianza, e a tutto ciò che minacci una condizione di dignità che deve essere comune ad ogni essere umano5. In tale occasione venne inoltre formalizzato l’Obiettivo 2010 sulla Biodiversità e vennero istituiti una serie di “partenariati”, che in parte prendono il posto degli accordi governativi e che sono i responsabili del raggiungimento degli Obiettivi del Millennio (8 obiettivi che tutti i 191 Stati dell’ONU si sono impegnati a raggiungere entro il 2015). Quello che però colpì al tempo fu l’assenza della delegazione statunitense, segnale che ancora il problema della sostenibilità non veniva (e tuttora forse non viene ancora..) percepito con la centralità che gli sarebbe dovuta neanche da chi può essere considerato uno dei maggiori responsabili della situazione che ci troviamo ad affrontare.

L’anno scorso è stata invece l’occasione per la terza Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile, tenutasi ancora a Rio de Janeiro e nota come Rio+20.

Gli obiettivi della Conferenza erano tre:

 rinnovare l’impegno per lo Sviluppo Sostenibile;

 valutare le lacune che ancora si avevano nei programmi già avviati;  riconoscere e affrontare le nuove sfide.

5 Cfr. Johannesburg Declaration on Sustainable Development, 4 settembre 2002, disponibile sul sito www.unescap.org

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7 Temi centrali erano: la Green Economy all’interno dello Sviluppo Sostenibile e la definizione di un quadro istituzionale per lo Sviluppo Sostenibile.

Il risultato è stato il documento “Il Futuro che vogliamo” in cui i rappresentanti dei Governi coinvolti rinnovavano ancora una volta il loro impegno per lo Sviluppo Sostenibile e riprendevano e ribadivano molti degli impegni delineati all’interno dell’Agenda 21 di 20 anni prima6

.

Sono passati quindi trent’anni dall’istituzione della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo e ancora non è stata trovata una soluzione al problema anzi, si sente continuamente parlare del momento in cui si esaurirà il petrolio, della deforestazione che mette in pericolo interi ecosistemi, dei cambiamenti climatici collegati all’effetto serra e della carenza dell’acqua.

L’OCSE, per descrivere nel dettaglio la situazione attuale e per cercare di delineare quelli che potrebbero essere i risultati se non si farà niente per cambiare la situazione, ha elaborato due documenti: Prospettive ambientali all’orizzonte del 2030 e Prospettive ambientali all’orizzonte del 2050.

Nel primo rapporto (elaborato nel 2008) sono presentate le previsioni sulle tendenze ambientali ed economiche fino al 2030 ed evidenziate le maggiori sfide ambientali con un sistema a semaforo. In verde sono state evidenziate le problematiche ambientali ben gestite, in giallo quelle che rappresentano ancora un problema ma la cui gestione è migliorata rispetto al passato, in rosso le problematiche ambientali mal gestite e che richiedono interventi immediati.

Il secondo rapporto (elaborato nel 2012) riprende le problematiche precedentemente segnalate in rosso ed evidenzia quelli che sarebbero gli impatti dovuti ad una mancanza di interventi migliorativi. Definisce poi una serie di possibili interventi e di politiche che potrebbero portare miglioramenti fondamenti per il mantenimento della vita sulla Terra così come lo conosciamo oggi.

6 Cfr. Rio+20, The Future we want, disponibile sul sito della conferenza, http://www.uncsd2012.org/rio20/

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8

1.1. Il rapporto OCSE: Prospettive ambientali

all'orizzonte

del

2050:

le

conseguenze

dell'inazione

7

Come abbiamo già accennato in precedenza, l’umanità ha sperimentato una crescita economica e demografica senza precedenti. Dal 1970 le dimensioni dell’economia mondiale sono triplicate e la popolazione è passata da 3 miliardi e mezzo agli oltre 7 miliardi attuali. Tale crescita tuttavia è stata accompagnata da inquinamento ambientale e sfruttamento delle risorse naturali oltre i limiti consentiti: si tratta quindi di un modello di crescita insostenibile nel lungo periodo.

L’OCSE ha deciso di interrogarsi sul tema ponendosi la domanda: “Quale sarà lo scenario nei prossimi quarant’anni?”. Per farlo ha utilizzato modelli elaborati congiuntamente all'Agenzia di Valutazione Ambientale dei Paesi Bassi, allo scopo di esaminare i diversi scenari fino al 2050 in due prospettive: la prima, definita “Scenario di Riferimento” ha delineato lo sviluppo in assenza di attività migliorative, la seconda invece definisce i possibili miglioramenti nell’ipotesi di politiche più “verdi” e sostenibili che potrebbero cambiare in meglio tale scenario.

Lo studio OCSE prende in considerazione uno “scenario di riferimento” o baseline che corrisponde ad una situazione futura determinata dall’assenza di modificazioni nelle politiche ambientali ed energetiche dei governi mondiali: in questo quadro i progressi compiuti per ridurre le emissioni inquinanti, per ridurre gli sprechi energetici e per aumentare l’efficienza nell’uso delle risorse disponibili a livello domestico, industriale e urbano, sono vanificati dalle pressioni derivanti dalla crescita demografica e dall’innalzamento del tenore di vita nei paesi (ormai ex) emergenti.

Un quadro del genere si correla con la continua erosione delle risorse naturali rimaste, unitamente all’evoluzione del cambiamento climatico, in atto già da lungo tempo, verso fenomeni irreversibili: queste due condizioni congiunte, oltre a provocare sconvolgimenti climatici e a incidere sulla biodiversità terrestre, andranno a colpire, direttamente o meno, tutta la popolazione del nostro pianeta.

7 Cfr. OECD (2012), Le Prospettive ambientali dell'OCSE all'orizzonte del 2050 disponibile al seguente link:http://www.oecdilibrary.org/docserver/download/9712016e5.pdf?expires=1377708469&id=id&accn ame=guest&checksum=4C88EEF27BCCCC3199EBE6AC297008A1

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9 Nel descrivere lo scenario di riferimento, gli esperti dell’OCSE si sono concentrati su quattro settori critici, già individuati nel precedente rapporto del 2008 (“Prospettive ambientali dell’OCSE all’orizzonte del 2030”) ed hanno delineato l’ipotetica evoluzione degli stessi fino al 2050: il cambiamento climatico, la biodiversità, le risorse idriche e gli impatti dell'inquinamento sulla salute.

SCENARIO DI RIFERIMENTO

cambiamento climatico: l’aumento continuo di CO2 e di altri gas serra emessi nell’atmosfera a negli ultimi due secoli è uno dei principali fattori coinvolti nell’aumento nella temperatura media del pianeta Terra e nel cambiamento climatico ad esso associato.

In assenza di efficaci politiche energetiche volte ad abbattere le emissioni di questi gas, la temperatura media globale continuerà ad innalzarsi, aumentando di 3-6°C entro la fine del secolo, superando la soglia concordata a livello internazionale di +2°C rispetto ai livelli dell’economia preindustriale.

Figura 1.2. L’evoluzione dell’emissione di gas a effetto serra, 2010-2050

Asse x: Anni

Asse y: Gigatoni di anidride carbonica equivalente emessi globalmente: CO2 (fabbisogno energetico e industriale), CO2 (uso del suolo), metano, ossido di diazoto, altre emissioni

Fonte: OCSE, Prospettive ambientali all’orizzonte del 2050: le conseguenze dell’inazione

Secondo gli studiosi dell’OCSE, 2°C è la soglia minima per evitare una importante modificazione dei regimi di precipitazione e per frenare lo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost. Questi due eventi congiunti provocherebbero un importante innalzamento del livello del mare, oltre a peggiorare l’intensità e la

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 G tCO 2 e

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10 frequenza di eventi climatici estremi, quali alluvioni e uragani. Anche senza considerare l’impatto sugli ecosistemi terrestri, eventi catastrofici degli ultimi anni come lo tsunami in Thailandia del 2004 e l’uragano Katrina negli Stati Uniti del 2005, dimostrano che sono a rischio le vite di milioni di persone. Nel 2010, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, centonovantatre nazioni, con l’eccezione della Bolivia, hanno sottoscritto gli Accordi di Cancun, un pacchetto che prevede l’estensione del Protocollo di Kyoto oltre il 2012, data della sua naturale scadenza, indicando inoltre la necessità di tagliare del 25-40% le emissioni di gas serra rispetto ai valori del 1990 entro il 2020. Lo studio esclude che questi tagli siano sufficienti a scongiurare un aumento della temperatura oltre i 2°C, a meno che non vengano messe in atto altre misure, più rapide e di sicuro impatto, dopo il 2020;

biodiversità: la biodiversità è definita come la Mean Species Abundance, importante indicatore dell’integrità e della stabilità degli ecosistemi terrestri. A seguito delle azioni umane, nel nostro pianeta questo indicatore è in costante calo.

Figura 1.3. L’evoluzione della biodiversità, 2010-2050

Asse x: OECD - 34 paesi membri dell’Organization for Economic Cooperation and Development, BRIICS - Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina, Sudafrica, RoW - Resto del Mondo, World - dati complessivi

Asse y: biodiversità residua e fattori determinanti la riduzione

Fonte: OCSE, Prospettive ambientali all’orizzonte del 2050: le conseguenze dell’inazione

Oltre a ridurre la biodiversità attraverso pratiche illegali come il bracconaggio e la pesca a strascico, l’uomo agisce direttamente su di essa alterando gli ecosistemi che

50% 60% 70% 80% 90% 100% 2010 2050 2010 2050 2010 2050 2010 2050

OECD BRIICS RoW World

MS A Infr+Encr+Frag Climate Change Nitrogen Former Land-Use Forestry Pasture Bioenergy Food Crop Remaining MSA 0-

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11 ospitano specie animali e vegetali: ne riduce l’estensione con l’abbattimento di foreste primarie per permettere l’espansione urbana o lo sviluppo di infrastrutture; ne modifica la natura per permettere l’agricoltura, la silvicoltura commerciale e le colture bioenergetiche, o inquinando corsi d’acqua e terreni, sia a seguito di attività industriali che per azione degli inquinanti derivanti dalle discariche.

Queste modificazioni contribuiscono a rendere più difficile la sopravvivenza di molte specie, private del loro habitat o avvelenate dalle sostanze inquinanti. L’effetto delle azioni umane sulla biodiversità è anche indiretto, dal momento che i cambiamenti climatici, sono conseguenza delle azioni umane. L’accelerazione di questi cambiamenti, così rapidi e intensi da non permettere a molte specie di sopravvivere e da costringere altre a spostarsi verso regioni con climi a loro più favorevoli, sarà la prima causa di perdita di biodiversità nel 2050, seguita dall’aumento della silvicoltura commerciale e delle colture bioenergetiche;

le risorse idriche: il problema della disponibilità di acqua dolce diventerà di primaria importanza a seguito dell’aumento della domanda determinato dall’incremento della popolazione mondiale e della riduzione della disponibilità della risorsa, causata dal cambiamento climatico.

Lo studio dell’OCSE stima che l’incremento demografico porterà nel 2050 ad avere 2,3 miliardi di abitanti in più rispetto ad oggi e che il 40% della popolazione mondiale vivrà nelle zone dei bacini fluviali colpiti da gravi problemi di stress idrico, in particolare nel Nord e nel Sud dell'Africa e nel Sud e Centro dell'Asia. Il problema sarà accentuato dalle trasformazioni sociali ed economiche: si stimano aumenti della domanda da parte di manifatture dell’ordine del +400%, della generazione termica di elettricità fino a +140% e dell’uso domestico di +130%, con un globale aumento nella richiesta di acqua dolce di +55% rispetto al 2010.

Oltre a questo, la progressiva desertificazione che sta interessando il nostro pianeta, con l’aumento dell’estensione delle aree desertiche equatoriali e problematiche di siccità che negli anni scorsi sono arrivate a lambire anche l’Italia, comporterà problemi di approvvigionamento. L’esaurimento delle falde acquifere potrebbe diventare la più grande minaccia per l'agricoltura e per il rifornimento di acqua urbana in molte regioni.

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12

Figura 1.4. L’evoluzione della domanda globale di acqua, 2000-2050

Asse x: OECD - 34 paesi membri dell’Organization for Economic Cooperation and Development, BRIICS - Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina, Sudafrica, RoW - Resto del Mondo, World - dati complessivi

Asse y: Domanda globale di acqua divisa per componenti: irrigazione, uso domestico, allevamento, attività manifatturiera, elettricità

Fonte: OCSE, Prospettive ambientali all’orizzonte del 2050: le conseguenze dell’inazione

L’accesso a fonti d’acqua migliorata (ma non necessariamente sicura per il consumo umano) aumenterà, soprattutto nei Paesi BRIICS, ma non costituirà la soluzione al problema. L’Africa Sub sahariana probabilmente non raggiungerà l’Obiettivo di Sviluppo del Millennio, ossia dimezzare entro il 2015 e rispetto al 1990 il livello di popolazione senza accesso a una fonte d'acqua migliorata.

Lo studio prevede infine, e forse è il dato più preoccupante, che entro il 2050 1,4 miliardi di persone non avranno ancora accesso al trattamento igienico-sanitario di base delle acque;

inquinamento atmosferico: nello scenario di riferimento, il livello di inquinamento atmosferico è tale da diventare la prima causa ambientale di mortalità prematura a livello mondiale. Già oggi, molte città, specie in Asia, presentano livelli di inquinamento molto più elevati dei livelli di sicurezza definiti dall’OMS. Molti studi clinici ed epidemiologici in corso mirano a dimostrare l’importanza degli inquinanti atmosferici, in particolare del particolato o “polveri sottili”, nella genesi di molte

0 1 000 2 000 3 000 4 000 5 000 6 000 2000 2050 2000 2050 2000 2050 2000 2050

OECD BRIICS RoW World

Km

3

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13 forme tumorali, come ad esempio nel tumore polmonare di individui non fumatori, e di altre patologie croniche, come l’asma. Il particolato è composto da sostanze prodotte dalla combustione di motori a combustione interna, da emissioni del riscaldamento domestico, da sostanze prodotte nel corso di lavorazioni agricole, da inceneritori e centrali elettriche oltre che dal fumo di tabacco, che contiene note sostanze ad azione oncogena come il benzo[a]pirene e la 2-naftilamina.

Figura 1.5. L’evoluzione delle principali cause ambientali di mortalità prematura, 2010-2050

Asse x: morti (milioni di persone)

Asse y: Patologie ambientali più letali a livello mondiale: inquinamento da polveri sottili, livelli di ozono, qualità dell’acqua e servizi igienico-sanitari, inquinamento dell’aria,

Fonte: OCSE, Prospettive ambientali all’orizzonte del 2050, le conseguenze dell’inazione

Nello scenario di riferimento dello studio OCSE, si stima che il numero di decessi prematuri causati dall’esposizione al particolato aumenti fino a raddoppiare, raggiungendo un totale annuo di 3,6 milioni a livello mondiale, con punte di incidenza in Cina e India entro il 2050. Un altro importante inquinante ambientale è l’ozono troposferico, che ha azione fortemente irritante, soprattutto nei bambini e nei soggetti anziani: provoca irritazione agli occhi, tosse e nel lungo periodo può causare riduzione della funzionalità polmonare. Questa molecola si forma nella parte bassa dell’atmosfera, la troposfera, soprattutto nelle aeree urbane per l’interazione dell’ossigeno con NO, NO2 e prodotti incombusti degli scarichi delle auto come alcheni e benzene, soprattutto nei periodi estivi caratterizzati da forte irraggiamento solare. Lo studio stima che i paesi OCSE, in considerazione

0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 Particulate Matter Ground-level ozone Unsafe Water Supply and Sanitation* Indoor Air Pollution Malaria

Deaths (millions of people) 2010 2030 2050

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14 dell’invecchiamento demografico e dell’urbanizzazione dei loro territori, avranno nel 2050 il più alto indice di mortalità prematura causata dall’ozono troposferico, con l’India al secondo posto.

Le proiezioni formulate nello Scenario di riferimento pongono l’accento sulla necessità di agire con urgenza per cambiare l’andamento del nostro sviluppo futuro. I sistemi naturali hanno dei punti di non ritorno (i cosiddetti “tipping points”), livelli oltre i quali il cambiamento (esaurimento delle specie, cambiamenti climatici, esaurimento delle falde acquifere, degrado del suolo) diventa irreversibile. Tuttavia, il significato del superamento di tali soglie non è ancora del tutto compreso in molti casi, come non si percepiscono pienamente le conseguenze ambientali, sociali ed economiche che questo potrebbe comportare. Una sfida fondamentale è cercare di definire un equilibrio tra chiari segnali d’azione per gli utilizzatori di risorse e i consumatori, lasciando al tempo stesso un margine di manovra e di adattamento che tenga conto degli elementi d’incertezza. Agire subito è una decisione razionale sotto il profilo ambientale ed economico. Ad esempio, le prospettive ambientali suggeriscono che in caso di azione immediata, ci sia ancora una possibilità - benché si stia assottigliando – che le emissioni di gas a effetto serra raggiungano il loro massimo prima del 2020 e che l'aumento della temperatura media mondiale non superi i 2°C. Le Prospettive ambientali suggeriscono inoltre che, stabilendo un mercato globale del carbonio, si potrebbero ridurre le emissioni di gas a effetto serra di circa il 70% nel 2050 rispetto allo Scenario di riferimento e limitare le concentrazioni di gas serra a 450 ppm. Questo rallenterebbe la crescita economica di circa 0,2 punti annui in media e rappresenterebbe un costo approssimativo del 5,5% del PIL globale nel 2050. Costi che tuttavia diventano insignificanti se comparati con quello potenziale dell'inazione che secondo talune stime potrebbe raggiungere una percentuale pari al 14% della media mondiale dei consumi pro capite. Le Prospettive suggeriscono, ad esempio, che entro il 2050 i benefici derivati da un'ulteriore riduzione dell'inquinamento atmosferico nei Paesi BRIICS (Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina e Sudafrica) potrebbero sorpassare il valore dei costi con un rapporto da 10 a 1.

POSSIBILI POLITICHE MIGLIORATIVE

Tenuto conto della complessità delle sfide ambientali, è necessario (ma anche disponibile..) un ampio ventaglio di strumenti d’intervento, spesso da usare in combinazione. Le Prospettive delineate nello studio si ispirano alla Strategia sulla

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15 Crescita Verde già elaborata dall’OCSE e che i paesi possono adottare secondo il loro livello si sviluppo, dotazioni di risorse e pressioni ambientali. Tuttavia ci sono degli approcci di base comuni a tutti:

 rendere l’inquinamento più costoso rispetto alle alternative ecocompatibili;

 attribuire un valore e un prezzo al capitale naturale e ai servizi connessi agli ecosistemi;

 formulare regolamentazioni e norme efficaci;  incoraggiare l’innovazione verde.

Non solo. È fondamentale che gli interventi siano interconnessi poiché le diverse problematiche ambientali sono tra loro strettamente collegate: l’aggravarsi del cambiamento climatico può influire sui cicli idrologici, che a loro volta possono inasprire le pressioni sulla biodiversità e condizionare in negativo la salute umana. Come evidenziato dall’OCSE, le politiche devono essere pensate con prudenza prendendo in considerazione la trasversalità e l’interazione tra le diverse problematiche oltre alle più ampie implicazioni economiche e sociali.

Mettere in atto o meno le riforme dipenderà dalla leadership politica e da una larga accettazione dell’opinione pubblica: non tutte le soluzioni saranno a basso costo ed è perciò importante sensibilizzare tutta la popolazione circa la necessità e la convenienza economica dei cambiamenti. Le politiche ben ideate infatti possono massimizzare le sinergie e i benefici condivisi su numerosi fronti.

Non sarà tuttavia sufficiente sensibilizzare gli abitanti dei paesi sviluppati, poiché molti dei problemi sono riconducibili agli effetti transfrontalieri della globalizzazione e ai “nuovi” paesi industrializzati. E sebbene gli abitanti e i governi dei paesi in via di sviluppo si siano dimostrati più volte meno sensibili verso il problema (perché a loro non dovrebbe essere concesso fare quello che noi, in fin dei conti, abbiamo fatto per oltre 30 anni prima di loro?), la cooperazione internazionale è indispensabile per assicurare un’equa condivisione dei costi dell’azione di risanamento. Per sostenere gli sforzi sarà quindi necessario un finanziamento e una condivisione internazionale.

Le politiche migliori sono politiche condivise e una conoscenza migliore del problema da parte di tutti è l’unico modo per attuarle.

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1.2. La sostenibilità nell’uso della risorsa idrica: la

Direttiva CE 2000/60 e altri interventi europei

Finora abbiamo affrontato il tema della sostenibilità in un’ottica ampia a livello mondiale, e abbiamo osservato che il consumo dell’acqua è uno dei problemi più rilevanti all’interno di uno sviluppo che voglia essere sostenibile nel corso del tempo. Vediamo ora cosa si è fatto in Europa per affrontare il problema.

I vertici europei si sono occupati del tema a partire dagli anni ’70. In particolare per affrontare il problema dell’inquinamento e della gestione della risorsa idrica erano state adottate fino al 1995 una dozzina di Direttive diverse, senza però mai arrivare al risultato desiderato, ottenendo alcuni miglioramenti ma lasciando molti problemi senza soluzione. Ciò ha condotto ad una riflessione comune e nel 1997 si è giunti ad un generale accordo sul fatto che fosse arrivato il momento di un intervento legislativo unitario che assicurasse le coerenza e la consistenza della politica comunitaria sulle acque. Si è arrivati quindi alla proposta di una Direttiva Quadro, approvata dopo anni di negoziazioni, il 23 ottobre 2000.

La Direttiva riguarda tutte le acque della Comunità (acque interne superficiali, acque di transizione, acque costiere ed acque sotterranee) ed è finalizzata non solo alla prevenzione dell’ulteriore degrado, ma anche alla protezione e al miglioramento dello stato corrente, con l’obiettivo di raggiungere un buono stato di salute di tutte le categorie di acque entro il 2015.

Il programma di attuazione della direttiva era il seguente8:

Tabella 1.2. Adempimenti previsti dalla Direttiva CE 2000/60

SCADENZA ADEMPIMENTI PREVISTI DALLA DIRETTIVA CE 2000/60 22 Dicembre

2000 Adozione della Direttiva (art.22) 22 Dicembre

2003

Entrata in vigore di leggi, regolamenti, clausole amministrative necessarie all’adeguamento con la direttiva (art. 24)

Identificazione delle autorità competenti (art.3) 22 Giugno

2004 Fornire alla Commissione la lista delle autorità competenti (art.3)

22 Dicembre Per ogni distretto, analisi completa delle caratteristiche delle acque

8

(17)

17

2004 superficiali e sotterranee, ricognizione sugli impatti ambientali delle attività umane (industriali, agricoltura, ecc) e preparazione dell’analisi economica degli usi dell’acqua (art.5)

Creazione del registro o dei registri delle aree protette (art.6 e.7)

22 Dicembre 2005

In mancanza di criteri adottati a livello comunitario, gli Stati membri stabiliscono criteri adeguati al più tardi cinque anni dopo l’entrata in vigore della Direttiva (art.17 comma 4)

In assenza di criteri adottati a livello nazionale, l’inversione di tendenza prende come punti di partenza al massimo il 75% degli standard qualitativi stabiliti dalla vigente legislazione comunitaria applicabile alle acque sotterranee (art.17 comma 5)

22 Dicembre 2006

Predisposizione dei programmi operativi di monitoraggio per assicurare una visione completa dello stato di qualità delle acque all’interno di ogni distratto idrografico (art.8)

Pubblicazione e consultazione sui programmi e sul calendario dei lavori per la redazione dei piani di gestione (art.14)

In mancanza di un accordo a livello comunitario, per le sostanze incluse nella prima lista delle sostanze prioritarie (art.16). gli Stati Membri stabiliscono standard di qualità ambientale per tutte le acque inquinate per lo scarico di queste sostanze e per stabilire controlli sulle principali fonti di inquinamento (art.16)

22 Dicembre 2007

Pubblicazione e consultazione su una visione d’insieme relativamente alle questioni più significative per la gestione di ogni distretto idrografico (art.14)

22 Dicembre 2008

Pubblicazione e consultazione sulle bozze dei piani di gestione di bacino (almeno sei mesi devono essere concessi per i commenti in entrambi i casi) (art.14)

22 Dicembre 2009

Redazione dei programmi di misure in ogni distretto idrografico finalizzati al raggiungimento degli obiettivi ambientali (art.11)

Predisposizione e pubblicazione, per ogni distretto idrografico, del piano di gestione, che comprenda l’individuazione degli obiettivi ambientali per ogni corpo idrico superficiale o sotterraneo e la sintesi dei programmi di misure adottati per raggiungerli (art.13)

2010 Entrata in vigore di politiche del corretto recupero dei costi dei servizi idrici (art.9)

22 Dicembre 2012

Operatività dei programmi di misure in ogni distretto idrografico per raggiungere gli obiettivi ambientali (art.11)

Preparazione di report sullo stato d’implementazione dei programmi di misure programmati (art.15)

(18)

18

22 Dicembre

2015 Raggiungimento degli obiettivi ambientali (art.4) 22 Dicembre

2015 Revisione e aggiornamento dei piani (art.13,14,15)

Fonte: Ministero dell’Ambiente

Naturalmente il percorso applicativo della Direttiva nei diversi Stati dell’Unione è stato costantemente monitorato. Il primo controllo è stato ratificato con la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio del 22 marzo 2007 [SEC(2007)362] e [SEC(2007)363] sulla prima fase dell’attuazione della Direttiva Quadro sulle Acque (di seguito DQA).

La situazione è risultata, per ammissione della stessa Commissione, più grave del previsto. La percentuale effettiva di corpi idrici che rispondono a tutti gli obiettivi fissati dalla Direttiva era globalmente bassa, tanto da scendere in alcuni Stati sotto all’1%. Relativamente al recepimento, solo pochi Stati hanno rispettato i termini previsti e sono stati avviati undici procedimenti di infrazione, con cinque Stati che sono stati condannati dalla Corte di Giustizia Europea. In merito alle disposizioni amministrative e all’analisi ambientale ed economica la situazione era variabile, con alcuni Stati che presentavano lacune importanti.

L’Italia si segnalava purtroppo per essere uno dei cinque Stati condannati per il ritardo nel recepire la Direttiva9, nonché per essere ultima relativamente all’istituzione dei distretti idrografici e la creazione delle Autorità competenti previste dall’art.3, penultima relativamente all’analisi ambientale ed economica prevista dall’art.5 e ultimissima relativamente alla qualità delle comunicazioni, misurata dalla puntualità nella trasmissione delle relazioni e la chiarezza e completezza delle stesse10.

La seconda fase del monitoraggio si è concretizzata con la relazione della Commissione al Parlamento Europeo e alla Commissione Europea del 1 aprile 2009 [SEC2009(415)]. Nel documento veniva evidenziato l’importante sforzo posto in essere dai paesi, soprattutto da quelli che hanno aderito all’Unione solo nel 2007 e che quindi partivano da una situazione svantaggiata, per rispettare gli obblighi inerenti al monitoraggio. Detto questo però, la Commissione sottolineava che solamente un numero limitato di Stati ha fatto ricorso a meccanismi internazionali di coordinamento nell’elaborazione

9 Cfr. Sentenza della Corte di Giustizia Europea (Sesta Sezione) 12 gennaio 2006, Commissione/Italia (Causa C-85/05)

10 Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio: COM(2007) 128, figure 2,3,4

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19 dei programmi e che mancavano quasi del tutto le informazioni in merito ai livelli di attendibilità e di precisione dei programmi stessi.

Il 2015 si stava avvicinando e limitarsi a monitorare gli Stati relativamente all’attuazione della Direttiva, non era più sufficiente. Così, per tracciare quelli che sono stati i risultati raggiunti e, soprattutto, gli interventi mancanti, nel luglio dello scorso anno il Parlamento Europeo ha ratificato la risoluzione 2011/2297 in cui ha delineato come la Direttiva Quadro sull’Acqua «costituisce una base legislativa solida e ambiziosa per la gestione integrata a lungo termine delle acque nell'UE; si compiace del miglioramento verificatosi negli ultimi anni nella qualità delle acque europee e nel trattamento delle acque reflue; sottolinea tuttavia che i tempi di attuazione sono stati lenti e disuguali nei diversi Stati membri e nelle diverse regioni e che l'attuazione della DQA dovrà essere significativamente migliorata per raggiungere lo stato buono di tutte le acque europee entro il 2015»11.

La Commissione Europea, per cercare di porre rimedio ad alcune delle lacune riscontrate ha presentato, alla fine dello scorso anno il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche Europee.

Il Piano ribadisce quanto già si sapeva: il miglioramento c’è ma le acque dell’Unione non godono di buona salute. Non solo. La disponibilità di risorse idriche è preoccupante, perché la scarsità d'acqua si sta diffondendo in tutta Europa e troppi Stati membri sono colpiti sempre più spesso da alluvioni e altri fenomeni estremi.12 Il Commissario per l'Ambiente, lo sloveno Janez Potočnik ha affermato: «Il Piano dimostra che siamo consapevoli dei nostri problemi e che disponiamo di una solida piattaforma per affrontarli. È il momento di intervenire concretamente per sfruttare al meglio il potenziale della legislazione in vigore e dare spazio a soluzioni innovative nell'ambito delle politiche idriche e dell'industria delle acque. È necessario mirare a un equilibrio sostenibile tra la domanda e l'offerta di acqua, senza dimenticare le esigenze dei cittadini e degli ecosistemi naturali da cui dipendono12».

Il Piano propone un approccio strategico basato su tre pilastri12:

 migliorare l'attuazione della politica idrica dell'UE sfruttando tutte le opportunità date nel quadro della legislazione in vigore. Ad esempio, aumentando la diffusione

11

Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo del 3 luglio 2012 sull'attuazione della normativa UE sulle acque in attesa di un necessario approccio globale alle sfide europee in materia di acque (2011/2297(INI)) punto 1

Consultabile sul sito http://www.europarl.europa.eu/ 12

(20)

20 delle misure di ritenzione naturale delle acque, come il ripristino di zone umide e pianure alluvionali o un'applicazione più efficace del cosiddetto principio del “chi inquina paga” ricorrendo alla misurazione del consumo di acqua, a una tariffazione delle acque e a una migliore analisi economica;

 integrare maggiormente gli obiettivi di politica idrica in altri settori strategici correlati, come l'agricoltura, la pesca, le energie rinnovabili, i trasporti e i Fondi di coesione e strutturali;

 colmare le attuali lacune, in particolare in merito agli strumenti necessari per incrementare l'efficienza idrica. A tale proposito il Piano prevede che gli Stati membri stabiliscano degli obiettivi in materia di contabilità delle acque e di efficienza idrica e che siano elaborati degli standard per il riutilizzo delle acque. Il Piano inoltre evidenzia che la preservazione delle acque non è un qualcosa che riguarda solo l’ambiente e la sostenibilità, ma ha un impatto importante in termini di crescita economica e prosperità. Sfruttare al meglio la risorsa, perseguendo obiettivi di consumo razionale ed efficiente, consentirebbe il pieno sviluppo dell’industria delle acque dell’UE, supportando quei settori che dipendono dalla disponibilità di acqua dotata di un determinato livello di qualità.

Nel Piano si scrive espressamente «è necessario che l’UE si concentri sulla crescita ecocompatibile e renda più efficienti le risorse impiegate (comprese le risorse idriche) al fine di superare in maniera sostenibile l’attuale crisi economica e ambientale, adeguarsi ai cambiamenti climatici e aumentare la resilienza alle catastrofi. Se interverremo per contrastare queste sfide avremo buone possibilità di rafforzare la competitività e la crescita del settore europeo dell’acqua, che comprende 9 000 PMI attive e che conta, nel solo comparto delle società di approvvigionamento idrico, 600 000 posti di lavoro diretti13».

In particolare, per quello che riguarda la nostra ricerca, il Piano si pone tre obiettivi:  sensibilizzazione al consumo dell’acqua (in particolare l’acqua “virtuale” presente

nei prodotti commercializzati a livello globale) attraverso il sostegno a regimi di etichettatura e certificazione su base volontaria;

 migliorare la base di conoscenza da raggiungere attraverso l’aggiornamento del sistema d’informazione sulle acque per l’Europa entro il 2015, delineando un modello idroeconomico del Centro Comune di Ricerca entro il 2013, e con

13 Cfr. Comunicazione della Commissione Ambiente COM(2012) 673 riguardo il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee, pag.2

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21 un’attività nel quadro della strategia comune di attuazione per un’interfaccia tra scienza e politica;

 ridurre le perdite attraverso buone pratiche e strumenti ad hoc ma anche con fondi strutturali e prestiti della Banca Europea degli Investimenti.

Il Piano non indica un'unica soluzione universale, ma delinea quelli che sono gli ostacoli proponendo gli strumenti con cui gli Stati membri possono superarli. Ribadisce inoltre che in questo modo possono migliorare la gestione idrica a livello nazionale, regionale e a livello di bacini idrografici, traendone benefici non solo a livello di risorsa e di sostenibilità ma anche a livello di indotto economico. In sostanza, l’obiettivo è “intervenire sull’acqua per intervenire sull’economia”.

La Direttiva è stata recepita in Italia attraverso il decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 che con l’art.64 ha ripartito il territorio nazionale in 8 distretti idrografici, prevedendo per ogni distretto la redazione di un piano di gestione, la cui competenza è attribuita alle Autorità di distretto idrografico.

Il decreto legge n. 208 del 30 dicembre 2008, convertito con modificazioni nella Legge 27 febbraio 2009, n.13 , recante “Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente”, stabilisce che l’adozione dei Piani di gestione avvenga a cura dei Comitati Istituzionali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale, integrati dai componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel distretto a cui si riferisce il piano.

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22

2. Acqua: Domanda e Offerta

2.1. Offerta di Acqua

Ovviamente parlare di “offerta” d’acqua è riduttivo: l’acqua è uno dei cinque elementi naturali ed è fondamentale per la presenza dell’uomo sulla Terra. È presente da sempre e nessuno produce acqua nel senso economico del termine. C’è chi la raccoglie, chi la depura, chi la potabilizza ma nessuno la produce. Ci limiteremo quindi a fare una panoramica sull’acqua presente sulla Terra e su come questa si sposta da una “riserva” all’altra, attraverso il ciclo idrologico.

2.1.1. Il Ciclo dell’Acqua

Il ciclo dell’acqua, o ciclo idrologico descrive l’esistenza e il movimento dell’acqua sulla, nella e al di sopra della terra. L’acqua terrestre è sempre in movimento e cambia stato continuamente passando dalla forma liquida, a quella solida, passando per la forma gassosa, per poi tornare nuovamente allo stato liquido14.

Il ciclo idrologico non ha un punto di partenza, ma per semplicità possiamo iniziare dal mare e dall’acqua marina. Il ciclo viene attivato dal Sole che riscaldando l'acqua ne fa evaporare una parte nell'aria, parte che si aggiunge a quella evaporata dalle acque dolci dei laghi e dei fiumi. Contemporaneamente sul continente avviene l'evapotraspirazione, ovvero il passaggio dell’acqua dal terreno e dagli essere viventi (soprattutto dai vegetali; al confronto, la parte prodotta dagli animali è trascurabile) all’aria sottoforma di vapore. Al vapore formatosi in questo modo nell’atmosfera si aggiunge ancora una piccola quantità d'acqua proveniente dalla sublimazione ovvero dal passaggio allo stato vapore direttamente dallo stato solido (ghiaccio, neve, brina) saltando la fase di fusione. A questo punto le correnti d'aria ascensionali sollevano il vapore in alto nell'atmosfera dove la temperatura più bassa ne provoca la condensazione in goccioline microscopiche che formano le nuvole. I venti trasportano le nubi per il mondo, le particelle delle nubi collidono, si accrescono, e cadono dal cielo come precipitazioni. Parte dell’acqua cade come neve e può accumularsi sottoforma di calotte glaciali e ghiacciai. Dove il clima è più caldo, la neve si scioglie con l'arrivo della primavera, e l'acqua fluisce come

14 Sintesi elaborata dalla USGS - United States Geological Service – consultabile sul sito http://ga.water.usgs.gov/edu/water cycle italian.html

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23 ruscellamento da fusione delle nevi, diversamente, dove il clima è particolarmente freddo (nelle zone polari), le calotte glaciali e in ghiacciai restano sottoforma di nevi perenni. Mentre una gran parte delle precipitazioni cade nei mari, una parte più ridotta cade sulla terra dove fluisce come ruscellamento superficiale. Parte del ruscellamento superficiale raggiunge i fiumi e si muove come flusso incanalato verso il mare, mentre parte di esso si accumula come acqua dolce nei laghi e nei fiumi stessi. Non tutto il ruscellamento tuttavia scorre in corpi idrici superficiali. Una parte di esso si infiltra in profondità nel terreno ed alimenta gli acquiferi (rocce saturate con acqua mobile che affiora in sorgenti o estraibile con pozzi o gallerie) che immagazzinano enormi quantità di acqua dolce sotterranea per lunghi periodi di tempo. Parte dell'acqua sotterranea resta vicino alla superficie terrestre e può filtrare di nuovo entro corpi idrici superficiali (e nel mare), mentre parte trova una via d'uscita nella superficie della terra ed emerge come sorgente d'acqua dolce.

Nel tempo, tuttavia, quest'acqua continua a muoversi, e una parte rientra nel mare dove il ciclo termina..e ricomincia.

Figura 2.1. Il ciclo idrologico

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24 Guardando ai numeri si stima15 che sugli oceani vi sia un’eccedenza del flusso evaporativo rispetto alla precipitazioni, mentre sulla terra ferma la proporzione sarebbe invertita. Tuttavia la differenza complessiva tra precipitazioni ed evaporazioni complessiva, pari a 36 × 103 km³/anno, da luogo al deflusso superficiale delle acque, che riequilibra il bilancio di massa.

In particolare:

Tabella 2.1. Stima dei flussi idrologici globali

Flussi d’acqua Media (103 km³/anno)

Precipitazioni terrestri 107

Evaporazioni terrestri 71

Precipitazioni oceaniche 398

Evaporazioni oceaniche 434

Fonte: Global Change in the Geosphere-Biosphere, NRC, 1986

In uno studio pubblicato dalla rivista Science nel 1996 si stimava che:

 il ciclo dell'acqua genera un totale di acqua dolce rinnovabile pari a circa 110.300 km3/anno;

 circa 69.600 km3/anno delle precipitazioni evapora a sua volta (ma consente la vita di forme importanti di vegetazione, quali le foreste, non irrigate dall'uomo);

 rimangono circa 40.700 km3/anno, che ritornano nei mari e negli oceani; di tale acqua:

 7.774 km3/anno sono in zone di difficile accesso e, in pratica, non utilizzate (circa il 95% del Rio delle Amazzoni, metà del Congo, buona parte dei fiumi nelle terre più settentrionali);

 29.600 km3/anno finiscono in mare senza essere utilizzati mediante dighe;  12.500 km3/anno possono essere utilizzati dall'uomo; di questi:

 4.430 km3/anno vengono direttamente utilizzati

nell'agricoltura (2.880 km3/anno);

 nell'industria (975 km3/anno) e nelle città (300 km3/anno); il dato comprende, peraltro, anche la perdita di riserve per evaporazione (275);  2.350 km3/anno vengono utilizzati "così come sono", ad esempio per

navigazione, pesca e parchi;

15

(25)

25

 la costruzione di dighe può aumentare di circa il 10% la disponibilità di acqua dolce utilizzabile dall'uomo nel 2025, ma si prevede che per quel tempo la popolazione potrebbe aumentare di circa il 45%;

 l'aumento stimato dell'acqua disponibile può inoltre risultare ottimistico, a causa del crescente inquinamento e del riscaldamento globale.

2.1.2. Le Riserve d’Acqua

Il volume totale di acqua presente sulla Terra è stimato in un miliardo e trecentosessanta milioni di kilometri cubi. Fonte? Leggendo questo dato, ed esaminandolo solo in valore assoluto, ci si potrebbe chiedere come sia possibile che la carenza dell’acqua sia uno dei problemi del nostro mondo.

I motivi sono due e sono relativamente semplici:

 oltre il 97% dell’acqua del nostro pianeta è acque marina, in prevalenza oceanica e quindi non utilizzabile. Il volume delle risorse di acqua dolce è di circa 40 milioni di metri cubi, ovvero il 2,5% del totale;

 2/3 delle risorse di acqua dolce sono in forma di ghiaccio o neve permanente situate in regioni di montagna, dell’Artico e dell’Antartico. Questa è la maggiore riserva di acqua dolce del nostro pianeta, ma è difficilmente utilizzabile. Un ulteriore 30% delle risorse di acqua dolce si trova in riserve sotterranee, e solo l % si trova in laghi, fiumi o bacini ed è quindi facilmente accessibile.

Figura 2.2. Distribuzione dell’acqua globale

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26 Durante il ciclo l’acqua si sposta da una riserva all’altra, ma in media l’acqua che lascia una riserva è uguale a quella che vi ritorna, quindi il volume di acqua immagazzinato nelle diverse riserve tende a rimanere costante.

Tabella 2.2. Distribuzione dell’acqua nelle diverse riserve

Riserva d’acqua Volume

d’acqua (m3 ) Percentuale di acqua dolce Percentuale di acqua totale

Oceani, mari e golfi 1.338.000.000 -- 96,5

Calotte glaciali, ghiacciai, nevi

perenni 24.064.000 68,7 1,74

Acqua sotterranea 23.400.000 -- 1,7

Dolce 10.530.000 30,1 0,76

Salata 12.870.000 -- 0,94

Umidità nel suolo 16.500 0,05 0,001

Ghiaccio sotterraneo e permafrost 300.000 0,86 0,022

Laghi 176.400 -- 0,013 Dolce 91.000 0,26 0,007 Salata 85.400 -- 0,006 Atmosfera 12.900 0,04 0,001 Acqua di stagno 11.470 0,03 0,0008 Fiumi 2.120 0,006 0,0002 Acqua biologica 1.120 0,003 0,0001 TOTALE 1.400.000.000 - 100

Fonte: USGS - http://ga.water.usgs.gov/edu/watercycleitalian.html16

16 Tratto a sua volta da: Gleick, P. H., 1996: Water Resources. In Encyclopedia of Climate and Weather, ed. by S. H. Schneider, Oxford University Press, New York, vol. 2, pp.817-823

(27)

27

2.2. La Domanda di Acqua

Si stima che il consumo idrico mondiale sia pari a 4500 miliardi di metri cubi l’anno17 . L’impatto maggiore è del settore agricolo, che copre quasi il 70% (3000 mld di m3

) del consumo idrico mondiale considerando irrigazione, pascoli e allevamento, seguito dall’industria che vale per circa il 20% (800 mld di m3

) del consumo, e dall’uso domestico, fermo al 10% (600 mld di m3).

Figura 2.3. Evoluzione della domanda idrica globale 2010-2030

Asse x: Prelievi attuali di acqua, prelievi stimati nel 2030, dificit domanda-offerta

Asse: Prelievi di acqua per agricoltura, industria, usi domestici

Fonte: 2030 Water Resources Group – Global Water Supply and Demand model

Se fossero giuste le proiezioni dell’IFPRI (International Food Policy Research Institute) sulla crescita della popolazione e sulla produzione agricola, assumendo l’aumento di produttività del settore idrico pari a zero, si arriverebbe nel 2030 ad avere una domanda di acqua che supera del 40% l’acqua rinnovabile presente in natura. Quanto detto non fa che confermare ciò che abbiamo già sottolineato in precedenza: l’uomo consuma più risorse di quelle che la Terra è in grado di riprodurre. È quindi necessaria un’inversione di rotta che deve partire dai policy maker ma anche e soprattutto dai consumatori.

17 Cfr. Water Resources Group, “Charging Our Water Future” pag.6 disponibile sul sito http://www.2030wrg.org/

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Tabella 2.3. Prelievo mondiale di acqua per tipologia e regioni del mondo, 2010 PRELIEVO DI ACQUA USO DOMESTICO (km3/anno) USO INDUSTRIALE (km3/anno) USO AGRICOLO (km3/anno) CONSUMO COMPLESSIVO (km3/anno) MONDO 429 723 2710 3862 AFRICA 21 9 184 215 NORD AMERICA 88 256 258 603 CENTRO E SUD AMERICA 38 23 127 189 ASIA 217 227 2012 2451 EUROPA 61 204 109 374 OCEANIA 5 3 19 26

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2.3. Il Consumo di Acqua in Italia

Dopo aver illustrato i dati mondiali ed evidenziato quelle che sono le importanti problematiche relative alla scarsità d’acqua e all’importanza di una politica unitaria e condivisa riguardante la gestione della risorsa, ci concentriamo ora sull’Italia, oggetto della nostra tesi. Facendo riferimento alla ricerca dell’Istat “Noi Italia 2013: 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo” di seguito sono illustrati i dati sull’uso della risorsa idrica in Italia.

Tabella 2.4. Consumo di acqua potabile per uso domestico nei Comuni capoluogo di Provincia (anni 2005, 2010, 2011, litri per abitante al giorno)

Fonte: Istat, Dati Ambientali nelle Città 2013

I dati evidenziati sono abbastanza incoraggianti: il consumo medio complessivo dei Comuni capoluogo di provincia (non riportato in tabella) è passato dai 195,9 litri del 2005 ai 175,4 del 2011, con una riduzione in sei anni di poco superiore al 10%, imputabile, secondo l’Istat, «alla maggiore attenzione all’utilizzo della risorsa idrica da parte dei cittadini».

Il consumo complessivo per il 2011 ammonta a 1,16 miliardi di m3 (pari a 64 m3 per abitante) in riduzione di 3,4 punti percentuali rispetto al 2010.

Dei 118 Comuni presi in esame, 18 consumano più di 200 litri, quasi la metà (57 su 118) tra 150 e 200 litri, 42 tra 100 e 150, con la sola Agrigento che consuma meno di

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30 100 litri (il consumo così basso è tuttavia imputabile a problemi di interruzione del servizio di distribuzione dell’acqua). I consumi di circa un terzo dei Comuni delle Isole sono abbastanza contenuti, in virtù di misure di contenimento o di sospensione della fornitura del servizio adottate dalle Amministrazioni per far fronte alla scarsità della risorsa. Le aree in cui invece i consumi risultano particolarmente elevati sono quelle delle grandi città metropolitane di Roma, Torino e Milano, a cui si affiancano altre 6 città lombarde (Como, Bergamo, Brescia, Pavia, Lodi e Cremona) e tra le altre Massa, unica città toscana a far segnare un consumo così elevato

Tra i grandi Comuni (popolazione superiore ai 200mila abitanti) i livelli sono più o meno stabili rispetto al 2010 (a parte Firenze e Genova che segnano -10% e -6%) e con una graduale riduzione rispetto al 2005, rilevante soprattutto a Napoli (-21%), Genova (16%), e Verona (15%), ma anche a Torino, Padova, Venezia e Bologna (tutte oltre il -11%)18.

Figura 2.4. Consumo di acqua potabile per uso domestico nei Comuni capoluogo di Provincia con popolazione residente superiore ai 200mila abitanti (anni 2005, 2010, 2011, litri per abitante al giorno)

Fonte: Istat, Dati Ambientali nelle città 2013

Venendo invece alle città toscane osserviamo come tutte abbiano registrato, a partire dal 2000 ad oggi, una continua e costante riduzione nei consumi, dovuto ad un aumento di consapevolezza nel consumo della risorsa. Parlando coi gestori questa “consapevolezza” si può scomporre sia nella consapevolezza che la risorsa idrica è preziosa e quindi non deve essere sprecata, ma anche nella coscienza che la risorsa

18 La riduzione di Roma, di oltre il 20%, è imputabile in buona parte a un diverso metodo di fatturazione. Istat, Noi Italia 2013

0 25 50 75 100 125 150 175 200 225 250 2005 2010 2011

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31 idrica costa (la Toscana è la regione italiana in cui l’acqua costa di più) e quindi che consumarne meno consente un risparmio reale e non solo “di coscienza”.

Tabella 2.5. Consumi idrici per uso domestico in Toscana (anni 2000-2011, litri per abitante al giorno)

COMUNI 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Massa 238,2 237,4 243,6 240,6 255,4 250,2 284,9 232,0 219,1 219,2 221,4 226,5 Lucca 169,4 163,7 169,7 162,0 160,6 161,4 163,3 160,1 156,9 163,5 162,8 152,2 Pistoia 156,1 160,5 152,3 148,9 147,4 147,0 143,7 132,7 131,4 130,5 122,7 119,3 Firenze 164,4 169,0 160,4 156,8 155,2 151,5 148,1 149,6 155,3 153,8 154,0 137,5 Prato 149,0 153,1 145,3 142,0 135,9 130,3 127,4 126,5 131,5 132,4 123,0 115,2 Livorno 158,7 170,8 170,0 166,2 154,6 134,0 129,9 139,6 135,9 136,5 132,7 130,0 Pisa 201,2 195,6 196,0 217,9 218,7 221,7 205,2 203,6 203,5 187,6 180,1 179,6 Arezzo 131,8 123,8 122,1 123,5 120,2 120,6 119,8 118,8 134,7 111,6 110,3 110,4 Siena 201,5 207,0 196,5 196,3 189,5 184,8 182,1 175,4 168,3 164,3 164,4 161,7 Grosseto 178,7 185,1 169,5 165,7 166,1 155,1 152,5 147,4 145,9 142,8 141,9 138,4 ITALIA 209,4 211,8 206,1 202,1 198,0 195,9 194,6 189,3 187,3 184,9 182,2 175,4

(32)

32

3. I Gestori del Servizio Idrico Integrato

in Toscana

In seguito all’applicazione della legge 36/1994, nota anche come Legge Galli, il territorio della Regione Toscana era suddiviso in 6 Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) cui corrispondevano 6 Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (AATO).

Con la conversione in legge alle fine del 2011 del Decreto Milleproroghe tuttavia le AATO vengono soppresse (termine ultimo il 31 dicembre 2012) e sostituite con nuovi Organi da individuare tramite apposita legge regionale. La Toscana ha recepito quanto previsto attraverso l’emanazione della legge regionale 69 del 28 dicembre 2011, attribuendo le funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività dei gestori all’Autorità Idrica Toscana (AIT).

Il territorio regionale resta comunque così suddiviso:

Figura 3.1. Il territorio gestito dalle aziende toscane del SII

(33)

33  ATO n.1 “Toscana Nord”, 47 Comuni nelle Province di Massa, Lucca e Pistoia,

gestito da Gaia Spa;

 ATO n.2 “Basso Valdarno”, 57 Comuni nelle Province di Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia e Siena, gestito da Acque Spa;

 ATO n.3 “Medio Valdarno”, 49 Comuni nelle Province di Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo, gestito da Publiacqua Spa;

 ATO n.4 “Alto Valdarno”, 37 Comuni tra le Province di Arezzo e Siena, gestito da Nuove Acque Spa;

 ATO n.5 “Toscana Costa”, 33 Comuni nelle Province di Livorno, Pisa e Siena, gestito da ASA Spa;

 ATO n.6 “Ombrone”, 56 Comuni nelle Province di Grosseto e Siena, gestito da Acquedotto del Fiora Spa;

 Comuni di Fiesole, Ponte Buggianese e Montecatini Terme, gestiti da Acque Toscane Spa;

 Comune di Lucca, gestito da GEAL Spa.

Sei delle otto società che gestiscono il Servizio Idrico Integrato nella Regione Toscana sono a capitale misto pubblico-privato, con il socio privato che detiene una partecipazione che varia dal 40% al 48%. Nonostante la partecipazione minoritaria, in quasi tutti i contesti viene riconosciuto al socio privato la possibilità di indicare il soggetto responsabile della gestione, mentre è di nomina pubblica il Presidente del Consiglio di amministrazione (Cda). Sono infatti di nomina privata gli Amministratori Delegati (AD) di Acque, Publiacqua, Nuove Acque, Acquedotto del Fiora e Geal; ASA avendo un sistema di amministrazione e controllo di tipo dualistico, riconosce invece al socio privato la maggioranza all’interno del Consiglio di Gestione e la nomina del Consigliere Delegato e del Legale Rappresentante, mentre resta di nomina pubblica il Presidente del Consiglio di Gestione.

Fanno eccezione Gaia, che è l’unica a capitale completamente pubblico (in seguito alla sospensione a tempo indeterminato della gara indetta per trovare un socio privato) e Acque Toscane, che è invece a capitale interamente privato con Suez Environnement come unico azionista.

Relativamente al sistema di amministrazione e controllo, ASA è l’unica società tra le otto che ha deciso di dotarsi di un sistema di tipo dualistico, ritenendo che questo

(34)

34 modello possa portare dei vantaggi per la gestione19. Rappresenta in questo uno dei pochi casi in Italia, affiancata nel settore delle public utilities da altri casi isolati come A2A (anche se in quest’ultima è in corso un dibattito che sembra porterà all’abbandono del sistema dualistico in quanto eccessivamente pesante e gravoso in termine di numero di consiglieri20). Gli altri gestori sono tutti dotati di un sistema di amministrazione e controllo di tipo tradizionale, con Cda formati da 8 o 9 membri e la gestione ordinaria e straordinaria affidata ad un Amministratore Delegato.

Fanno ancora eccezione Gaia, che ha un Consiglio di amministrazione formato da 3 a 5 membri e non ha attualmente un AD, ma dal 2009 un Direttore Generale (DG) e Acque Toscane che ha, probabilmente a causa delle ridotte dimensioni, un Cda formato da cinque membri (anche se lo Statuto prevede la possibilità di arrivare a nove membri). È interessante osservare che i soci privati coinvolti, direttamente o indirettamente, nelle water utility toscane sono essenzialmente tre: ACEA, socio privato di riferimento per Acque, Publiacqua, Nuove Acque, Fiora e Geal; Suez che detiene partecipazioni, anche se di minoranza, in quasi tutte le società; e IREN, socio privato di ASA. Il fatto che i soci coinvolti siano quasi sempre gli stessi fa sì che vi siano alcuni nomi ricorrenti ad occupare ruoli dirigenziali e posti all’interno dei diversi Consigli di amministrazione.

19 Cfr. “Il modello di governance dualistico nei servizi pubblici locali. Il caso ASA Spa”, a cura di Viani. A.(2008) Ed. Pacini Editore

20

(35)

35

3.1. ASA Spa

Il gestore del Servizio Idrico Integrato della zona corrispondente all’ATO n.5 è l’Azienda Servizi Ambientali - ASA - Spa.

ASA è una società per azioni a capitale prevalentemente pubblico, costituita dal Comune di Livorno nel 1998 e successivamente partecipata dai Comuni delle Province di Livorno, Pisa e Siena ricadenti nell’ambito del vecchio ATO n.5 “Toscana Costa”. L’azienda ha assunto dal 1° gennaio 2002 il ruolo di Gestore Unico del Ciclo Integrato delle acque, e al 31 dicembre 2011 era responsabile di 33 comuni, 20 dei quali situati nella Provincia di Livorno, 12 nella Provincia di Pisa e 1 in quella di Siena, per una popolazione complessiva di oltre 370 mila abitanti, circa il 10% degli abitanti della Regione.

Figura 3.2. ASA, il territorio servito

(36)

36 GLI AZIONISTI

Tabella 3.1. ASA, azionisti e ripartizione del capitale

Socio Capitale

Sottoscritto (€) Numero di azioni % di capitale

Comune di Livorno 10.459.097,01 987.639 36,553% Comune di Piombino 1.358.305,17 128.263 4,747% Comune di Rosignano Marittimo 1.224.341,67 115.613 4,279% Comune di Cecina 638.882,60 60.140 2,226% Comune di Collesalvetti 635.442,36 60.004 2,221%

Altri Comuni (tutti con quote inferiori al

2%)

2.851.920,28 269.492 9,967%

AGA Spa

(Gruppo IREN) 11.445.417,84 1.080.776 40%

TOTALE 28.613.406,93 2.701.927 100%

Fonte: Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Livorno

ASA è una società a capitale misto: a 25 Comuni che possiedono il 60% del capitale si affianca un socio privato. Si è giunti a questa configurazione nell’aprile del 2004, dopo che nell’estate 2003 la Giunta Comunale di Livorno, sentita la Conferenza dei Sindaci dei Comuni di Ambito, aveva approvato il bando di gara europea per la cessione ad un soggetto industriale della quota del 40% del capitale.

Il vincitore della gara fu AMGA Spa (oggi AGA Spa) società del gruppo IREN. Contestualmente all’approvazione dello Statuto, fu approvato un patto parasociale, che delineava una serie di vincoli relativamente alla composizione e ai quorum deliberativi del Consiglio di sorveglianza e del Consiglio di gestione, che elencheremo nel paragrafo successivo, dedicato alla corporate governance.

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37

CORPORATE GOVERNANCE21

La società è uno dei pochi casi in Italia di aziende che si sono dotate di un sistema di amministrazione e controllo di tipo dualistico. Questo sistema, di ispirazione tedesca e introdotto in Italia con la riforma del diritto societario del 2003, prevede la presenza di 3 organi: l’Assembla dei soci, il Consiglio di sorveglianza e il Consiglio di gestione. Le competenze dell’Assemblea ordinaria sono definite all’interno dello Statuto (art.3) e riguardano:

 nomina e revoca dei Consiglieri di sorveglianza;

 determinazione del compenso dei Consiglieri;

 delibera sulla responsabilità dei Consiglieri di sorveglianza;

 delibera sulla distribuzione degli utili;

 copertura delle perdite;

 nomina del soggetto demandato al controllo contabile.

L’Assemblea quindi non è competente per l’approvazione del bilancio di esercizio, cosa che invece è caratteristica del sistema tradizionale. Tuttavia lo Statuto prevede l’approvazione del bilancio possa essere rinviata all’Assemblea nel caso di mancata approvazione da parte del Consiglio di sorveglianza o qualora lo richieda un terzo dei componenti del Consiglio di sorveglianza o del Consiglio di gestione (art.3.1).

L’Assemblea dei soci in sessione straordinaria delibera invece sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, la sostituzione e sui poteri dei liquidatori, e su ogni altra materia espressamente attribuita alla sua competenza dalla legge (art.3.1).

L’Assemblea viene convocata dal Presidente del Consiglio di gestione ed è presieduta dal Presidente del Consiglio di sorveglianza. Le deliberazioni dell’Assemblea, prese in conformità alla legge e allo statuto, impegnano tutti i soci, anche assenti e dissenzienti (art.3.4,3.5).

Al Consiglio di sorveglianza vengono invece assegnate (art.4.5) le funzioni di nomina, revoca e promozione dell’azione di responsabilità contro i Consiglieri di gestione, oltre all’approvazione del bilancio del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato, la vigilanza sui principi di corretta amministrazione e in particolare sull’adeguatezza

21 Le informazioni contenute nel seguente paragrafo sono tratte dallo Statuto della Società, aggiornato al 8 luglio 2010 e disponibile al seguente link:

Figura

Figura 1.5. L’evoluzione delle principali cause ambientali di mortalità prematura, 2010-2050
Tabella 2.2. Distribuzione dell’acqua nelle diverse riserve
Tabella 2.3. Prelievo mondiale di acqua per tipologia e regioni del mondo, 2010  PRELIEVO  DI ACQUA  USO  DOMESTICO  (km 3 /anno)  USO  INDUSTRIALE (km3/anno)  USO  AGRICOLO (km3/anno)  CONSUMO  COMPLESSIVO (km3/anno)  MONDO  429  723  2710  3862  AFRICA
Tabella 2.4. Consumo di acqua potabile per uso domestico nei Comuni capoluogo di Provincia (anni  2005, 2010, 2011, litri per abitante al giorno)
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