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Contenuto in Hg di alcuni vertebrati e invertebrati della costa Toscana

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

Laurea Magistrale in Biosicurezza e Qualità degli Alimenti

Tesi di Laurea

Contenuto in Hg di alcuni vertebrati

e invertebrati della costa Toscana

Relatore Candidato

Prof. Paolo Berni Giulio Rosticci

Correlatore

Dr.ssa Chiara Sanmartin

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Ringraziamenti

Dopo un semestre d’intensa attività di laboratorio, finalmente il giorno è arrivato: scrivere queste frasi di ringraziamento a coronamento del lavoro di tesi, è per me una grande soddisfazione.

È stato un periodo di profondo apprendimento, non solo a livello scientifico, ma anche personale che mi ha fatto conoscere un mondo e una professione “quello della pesca e dei pescatori”. Scrivere la tesi ha avuto un forte impatto sulla mia personalità. Vorrei esprimere il ringraziamento nei confronti di tutte le persone che mi hanno sostenuto e aiutato durante questo periodo.

Prima di tutto, vorrei ringraziare il Sig. Roberto Manai, responsabile Toscano di Federpesca che gentilmente si è attivato nel reperire i contatti dei pescatori delle varie zone di pesca.

Proprio ai pescatori si deve un particolare ringraziamento in quanto senza di loro questo lavoro non sarebbe stato possibile, quindi sono a ringraziare i Sig.ri Roberto Poggetti e Marco Poggetti della zona di Cecina, il Sig. Ermini Sergio della zona Piombino, il Sig. Fioretti Luciano della zona di Marina di Grosseto e infine il Sig. Carotti Roberto della zona di Porto Ercole. Vorrei ringraziare il CESIT - Centro di Sviluppo Ittico Toscano di Castiglione della Pescaia, per la loro collaborazione. In particolare vorrei ringraziare e mi rivolgo al miei supervisori presso il Dipartimento di Chimica Industriale di Pisa e il C.N.R di Pisa, la Prof.ssa Stefania Giannarelli, il tecnico di laboratorio Massimo Onor ed Emilia Bramanti, vorrei ringraziarli per l’incredibile disponibilità per il grande lavoro svolto e per tutte le opportunità che mi sono state date nel condurre la mia ricerca per la tesi di laurea.

Un ringraziamento particolare vanno al mio relatore, il professore Paolo Berni ed al mio correlatore Prof.ssa Chiara Sanmartin per i loro preziosi consigli. Mi hanno fornito tutti gli strumenti di cui avevo bisogno per intraprendere la strada giusta e portare a compimento la mia tesi.

Vorrei ringraziare particolarmente Fulvia che mi ha aiuto nelle traduzioni in francese Vorrei infine ringraziare i miei genitori per i loro saggi consigli e la loro capacità di ascoltarmi. Siete sempre stati al mio fianco.

Per ultimi ma non meno importanti, i miei amici. Ci siamo sempre sostenuti a vicenda, nella buona e nella cattiva sorte, sia durante le fatiche e lo sconforto che hanno caratterizzato il nostro percorso nei momenti di gioia e soddisfazione al raggiungimento del traguardo.

Un sentito grazie a tutti! Giulio Rosticci

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Indice

1. Introduzione ... 2

2. Il Mercurio e le sue generalità ... 4

3. Ciclo del mercurio negli ecosistemi ... 6

4. La metilazione dell’Hg e gli effetti sugli ecosistemi ... 11

5. Esposizione al Mercurio per ingestione ... 14

6. Il fenomeno del bioaccumulo e biomagnificazione ... 16

7. I metalli pesanti presenti nell’ambiente Mediterraneo ... 17

8. Valori di concentrazione limite di Mercurio e la normativa italiana ... 18

9. La tossicità del Mercurio ... 21

10. Cinetiche e matabolismo del Mercurio ... 22

11. Tossicità del mercurio ad alti e bassi livelli di esposizione ... 23

11. 1 Danni imputabili a Hg al sistema nervoso dei feti e dei bambini ... 24

11. 2 Danni al sistema nervoso degli adulti ... 24

11. 3 Danni ai reni e al fegato ... 25

11. 4 Danni alla riproduzione ... 25

11. 5 Danni al sistema immunitario ... 25

11. 6 Danni al sistema cardiovascolare ... 25

11. 7 Danni genetici ... 25

12. Dati bibliografici sulla presenza di Mercurio in Toscana e mappatura dei siti ... 26

13. L’individuazione delle specie ittiche marker al fine di accertare la presenza di Mercurio nella catena alimentare marina del litorale Toscano ... 35

14. Scelta delle specie come bioindicatori ... 35

15. Biologia delle specie ... 37

15. 1 Mullidae ... 37

15. 2 Citharide ... 39

15. 3 Classe delle Oloturie “Oloturie cocomeri del Mare” ... 41

15. 4 Octopodidae ... 45

15. 5 Ordine Stomatopoda ... 48

15. 6 Gamberi ... 50

16. Metodiche di campionamento dei bioindicatori ... 54

17. Procedure analisi di accertamento del Mercuio nei campioni biologi ... 61

17. 1 Preparazione soluzioni standard di calibrazione ... 69

17. 2 Preparazione materiale di riferimento ... 70

17. 3 Strumento ICP-MS per l’analisi ... 71

18. Analisi del rischio di contaminazione alimentare ... 78

18. 1 Rischio per la salute umana ... 80

19. Risultati e discussioni ... 85

20. Conclusioni ... 96

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2 1. Introduzione

L’importanza crescente che soprattutto negli ultimi decenni, ha purtroppo assunto il fenomeno della contaminazione dell’ambiente in generale e in maggior misura quello dell’ambiente marino costiero, a causa dell’accumulo dei metalli pesanti, è alla base del nostro studio condotto con la guida del Prof. Paolo Berni.

Per affrontarlo abbiamo concentrato l’indagine ai livelli delle concentrazioni di mercurio che, attraverso la catena alimentare, può raggiungere l’uomo e manifestare i propri effetti nocivi sulla sua salute.

Nel bacino del Mar Mediterraneo e in maniera più accentuata nel tratto di mare della costa Toscana, sono segnalate molte fonti naturali e antropiche di mercurio che supportate da un’approfondita indagine bibliografica, hanno stimolato la nostra attenzione verso questo potenziale problema per la salute dell’uomo. Le emissioni vulcaniche e l'erosione della superficie terrestre, da parte degli eventi meteo-marini, liberano e trasportano metalli pesanti nell'ambiente acquatico. Il fenomeno avviene principalmente attraverso i fiumi e l’azione del moto ondoso lungo le coste. Altre fonti naturali oltre al vulcanismo, includono l’atmosfera e i depositi presenti nei fondali marini profondi. La parte centrale della Toscana è caratterizzata dal minerale cinabro (HgS), derivante da fenomeni naturali di vulcanismo a cui sono seguiti fenomeni di erosione e di lisciviazione.

In particolare il Monte Amiata, ma anche le colline metallifere, in cui è avvenuta un’abbondante attività di estrazione e fusione del Mercurio è fatta risalire al periodo Etrusco. Tuttavia, attività antropiche come l'estrazione mineraria e processi industriali a carico dei minerali come da esempio la fabbricazione del carbonato di sodio, e l'agricoltura, nonché l’attività di fusione dei metalli per il loro largo uso nella fabbricazione dei diverse tipologia di manufatti, hanno causato un aumento dell'ingresso di metalli pesanti e tra questii il Mercurio, nell'ambiente marino.

Alla luce di tali considerazioni, scaturisce l'importanza di conoscere le concentrazioni di Mercurio nell'ambiente marino, cercando per quanto possibile con strumenti finaziari modesti, di mettere il dato raccolto in relazione alle fonti naturali e al grado di dispersione, dissipazione operato dal trasporto fluviale e dalle correnti marine, con le possibili interrelazioni con la dinamica della catena alimentare del biota marino collegata all'uomo per fini alimentari.

Basandoci su tali considerazioni e su fonti bibliografiche abbiamo sviluppato questo lavoro di tesi, il cui obiettivo è la valutazione della disponibilità del mercurio nell’ ambiente marino.

Per il nostro lavoro sono state individuate alcune specie ittiche ritenute indicatrici dell’eventuale accumulo del Hg nella catena alimentare. Le caratteristiche che hanno determinato la scelta delle specie sono state le seguenti:

Le specie dovevano avere un regime alimentare basato sul contatto diretto con il fondale o in prossimità di esso.

Le specie individuate dovevano avere una catena alimentare breve che consentisse di valutare direttamente il contributo dell’Hg presente in ambiente con i livelli di deposito nei tessuti analizzati in soggetti anche di giovane età.

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Le specie dovevano inoltre avere una ridotta capacità di mobilità (possibilmente stanziale) rispetto all’area marina di cattura, in modo che l’accertamento del dato potesse essere collegato all’area di prelievo.

Sulla base delle caratteristiche elencate, sono state individuate le seguenti specie:

Mullus babatus (L. 1758) – Triglia di fango; Citarus linguatula (L.1758) – Linguattola –

Passera suacie; Holothuria forskali (Delle Chiaje, 1823) e Holothuria tubulosa (Gmelin 1788) – Cetriolo di mare; Eledone moscata (Lamarck, 1799) - moscardino; Squilla

mantis (L. 1758) – Cicala di mare; Penaeus kerathurus (Forskal. 1775) – Mazzancolla.

I campioni delle specie individuate sono stati prelevati lungo la costa Toscana, con la collaborazione di pescatori locali, andando a focalizzare l’attenzione principalmente su quattro zone a rischio di maggiore interesse, rappresentate dal tratto di mare antistante la foce del fiume Cecina, la zona di Piombino, la zona antistante la foce del fiume Ombrone (Marina di Grosseto) e per concludere l’area di mare che si estende antistante la foce del Fiume Fiora.

Dalle seguenti specie sono state recuperate alcune porzioni anatomiche rappresentate da tessuto muscolare, intestino e dove possibile il fegato al fine utile di valutare l’accumulo di Hg presente, con lo scopo di fornire un’immagine diretta in stretta correlazione con la contaminazione dell’ecosistema.

Le determinazioni sono state eseguite in collaborazione con la professoressa Stefania Giannarelli del Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa presso il quale sono state svolte tutte le fasi preliminari e preparatorie dei campioni da sottoporre ad analisi e presso il CNR di Pisa (ICCOM-CNR U.O.S. di Pisa Istituto di Chimica dei Composti Organo metallici) con la Collaborazione del Dott. Massimo Onor e Emilia Bramanti, mediante l’uso della spettrometria di massa a plasma, accoppiato induttivamente (ICP-MS), tecnica estremamente sensibile che riesce a rilevare i metalli in tracce fino all’ ordine delle (ppb). Sono stati analizzati circa 50 campioni suddivisi sia in funzione della specie ittica sia rispetto la parte anatomica presa in considerazione. Dalle analisi di questi campioni emerge un quadro piuttosto critico per quanto riguarda le concentrazioni di Hg presente nelle porzioni anatomiche dei nostri campioni e di conseguenza presente anche nell’ambiente marino. In particolare si rilevano due zone particolarmente inquinate da questo metallo quella di Piombino che risulta essere la più inquinata e quella di Cecina. I livelli di mercurio rilevati sono un rischio anche per la salute umana soprattutto per le categorie a rischio quali donne in gravidanza, bambini e famiglie di pescatori che nutrendosi di questi prodotti inquinanti quotidianamente o più volte a settimana introducono con la dieta elevate quantità di Hg.

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4 2. Il mercurio e le sue generalità

Il mercurio è il metallo con il punto di fusione più basso (-38,87 °C) e a temperatura ambiente e alla presione atmosferica di 1atm, si presenta come liquido di colore argenteo di notevole lucentezza. Le sue proprietà, come metallo, non sono eccellenti caratteristiche, infatti, la sua resistenza specifica è maggiore di quella di qualsiasi altro metallo appartenente al gruppo di transizione. Nonostante ciò, viene utilizzato per produrre contatti elettrici mobili, in quanto i vantaggi offerti da quest’applicazione, essenzialmentelegati al suo stato liquido, sono così evidenti da mettere in secondo piano la sua bassa conducibilità.

La pressione di vapore del Hg è inferiore a quella dei liquidi ed è strettamente dipendente dalla temperatura, ma risulta notevolmente più elevata di quella di qualsiasi altro metallo. A temperatura ambiente (25°C) il Mercurio si trova nell’aria con un tasso di volatilizzazione di 0.007mg/cm2h (Grdenić, D., 1965) Il vapore, come quello di altri metalli in generale, è costituito da mercurio elementare in fase di gas estremamente tossico, per questo motivo si deve evitare un contatto prolungato in presenza di mercurio libero nell’ambiente. Se i vapori sono eccitati elettronicamente emettono una luce molto ricca di radiazioni ultraviolette e questa particolare caratteristica è alla base del funzionamento delle lampade a mercurio, usate anche per fini terapeutici, le cui pareti devono essere di quarzo purissimo per evitare l’assorbimento dei raggi ultravioletti. Nell’ambiente il Mercurio assai raramente si può trovare allo stato liquido puro, ma nella maggior parte dei casi è in forma legata a formare Sali inorganici ed organici che hanno una tensione di vapore inferiore (Nriagu Andren 1979).

Il Mercurio all’interno della crosta terrestre è un’elemento molto abbondante, naturalmente presente in alcuni minerali tra cui Il cinabro (o solfuro mercurico, HgS, di colore rosso) molto diffuso e la concentrazione dei suoi depositi minerari sono prevalentemente in relazione all’attività vulcanica. Il Mercurio si combina con molti altri metalli, in particolare con oro, argento, zinco, stagno e metalli alcalini, i misura minore con rame e arsenico come nel caso della Malachite. Gli elementi, combinandosi con il Mercurio, portano alla formazione di leghe dette amalgama, esse si presentano liquide se il Mercurio è predomiante in termini di quantità, rispetto agli altri elementi. Non si ha formazione di amalgama con ferro, nichel e cobalto, ed è per questo motivo che il mercurio viene trasportato e conservato in recipienti di ferro. La formazione di amalgama comporta a volte assorbimento di calore, come nel caso dello stagno, mentre i metalli alcalini reagiscono vivacemente generando un forte sviluppo di calore. Per altre caratteristiche come la resistenza all’ossidazione, la densità abbastanza elevata e l’espansione uniforme al variare della temperatura, Hg riveste grande importanza per la costruzione di apparecchi scientifici. Risulta essere resistente ad acidi come il cloridrico e solforico diluiti a temperatura ambiente, mentre con acido nitrico diluito la reazione è lenta ma procede. La reazione con gli alogeni e lo zolfo è invece istantanea: per questo motivo nei casi di dispersioni accidentali di Hg sui pavimenti dei laboratori come ad sempio quelli di microscopia elettronica, lo zolfo giallo spoverato ha lo scopo di trasformare Hg in cinabro HgS, evitando lo sprigionarsi di vapori dannosi. Dato l’alto valore del suo potenziale di riduzione, il mercurio a temperatura ambiente si comporta quasi come un metallo nobile, risultando

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inattaccabile da parte di acidi non ossidanti, alcali, ossigeno, azoto, idrogeno, fosforo, carbonio, ammoniaca, acido fluoridrico e acido cloridrico. È invece sensibile all’acido nitrico, bromidrico e iodidrico anidri, agli alogeni e all’ozono. Il mercurio può formare composti sia inorganici che organici. Per quanto riguarda i composti inorganici, un’altra particolarità del mercurio è che, a differenza degli altri elementi del gruppo chimico, cui appartiene, esso appare anche nello stato di ossidazione +1 (composti mercurosi), oltre che nello stato +2 (composti mercurici). Inoltre, in tutti i composti mercurosi, non esiste lo ione Hg+, ma è presente lo ione dimero Hg22+in cui due atomi di mercurio

sono uniti da un legame covalente metallo-metallo. I composti mercurici vengono comunemente indicati con l’abbreviazione Hg(II), mentre i composti mercurosi vengono indicati con Hg(I), in ragione del loro stato di ossidazione. I composti Hg(I) hanno una bassissima tendenza a formare composti, la cui solubilità peraltro è generalmente bassa e che tendono a disproporzionarsi. I composti Hg(I) sono di tipo ionico, mentre i derivati di Hg(II), ad eccezione dei sali con gli acidi forti ossigenati (nitrato, clorato, perclorato), hanno natura prevalentemente o completamente covalente. Questi composti volatilizzano facilmente col calore (prova ne furono le tracce ritrovate nella mummia di Similaun da cui si ritiene che l’assunzione dell’elemento avvenisse al momento della fusione della malachite per produrre manufatti in rame) (Oddone,2006) , spesso però si decompongono liberando nuovamente Mercurio, si riducono facilmente a composti mercurosi e a mercurio elementare, tendono a idrolizzarsi in soluzione acquosa e talora si sciolgono solo in presenza di un eccesso di acido (Young, 2002).

I composti organici del mercurio si raggruppano invece in due categorie: i composti alchilmercuriali (contenenti metilmercurio CH3Hg+, etilmercurio C2H5Hg+) e i composti

arilmercuriali (contenenti fenilmercurio C6H5Hg+). Il catione di maggior interesse è

senz’altro il catione monometilmercurio. Esso proviene in gran parte, anche se non esclusivamente, dalla metilazione di mercurio inorganico nei sedimenti del fondo in ambienti lacustri, paludosi e marini (ed eventualmente anche nella fase acquosa dei suoli).

Il catione monometilmercurio dà origine a una vasta gamma di composti, poiché può combinarsi a formare specie sia ioniche, del tipo CH3HgX, sia neutre, tra cui il

dimetilmercurio (CH3)2Hg e il dietilmercurio (C2H5)2Hg, queste ultime sono le forme in

assoluto più tossiche per tutti gli organismi viventi, anche se con soglie diverse di DL50. (Pennachietti,2010)

Tabella 1 - Principali caratteristiche chimico-fisiche del mercurio (Falco F et al, ANNO 1994 Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del consiglio Nazionale delle ricerche (IAMC-CNR))

PUNTO DI FUSIONE -38.9 °C

PUNTO DI EBOLLIZIONE 356.6 °C

DENSITÀ A 25 °C 13.53 g cm-3

SOLUBILITÀ A 25 °C 6.4 x 10-5 g L-1 H2O

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6 3. Il ciclo del mercurio negli ecosistemi

Il Mercurio è un metallo naturalmente presente negli ecosistemi. Esso si diffonde nell'ambiente come il risultato della naturale frammentazione dei minerali in rocce e del terreno, attraverso l’esposizione agli agenti atmosferici. Il rilascio di Mercurio da sorgenti naturali è rimasto abbastanza costante nel corso dei secoli e le sue piccole variazioni sono imputabili prevelentemente all’interazione con i fenomeni vulcanici. I livelli di Mercurio totale si situano generalmente sotto i 10 ng∙g-1 in rocce e minerali non mercuriferi, come ad esempio granito o feldspati, mentre i livelli in suoli e sedimenti non mercuriferi in aree non direttamente soggette ad impatti antropogenici o emissioni vulcaniche, oscillano tra i 50 e i 200 ng∙g-1, con un incremento in vicinanza di aree urbanizzate (Rodrigues et al., 2006). Questi livelli di mercurio in ambiente superano di 3-5 volte i livelli dell’età preindustriale, e il legame tra attività antropica e concentrazioni di mercurio nell’ambiente è significativamente accertato. Negli ultimi 300 anni, attraverso le deposizioni e il trasporto globale di Hg di origine antropogenica, le concentrazioni dell’inquinante sono aumentate anche in zone distanti dalle fonti di emissione, sia naturali sia antropogeniche. Più del 98% di Hg nel suolo è presente nella forma inorganica Hg2+, associato ai composti più vari (Davis, Bloom & Que Hee, 1997).

La diffusione del mercurio è governata da un complesso ciclo di carattere globale e transfrontaliero, che coinvolge tutti i comparti naturali, ovvero l’atmosfera, l’idrosfera e la geosfera (Figura 1). Dato che una quota delle emissioni di Hg, in ambiente è di origine naturale, esso presenta un livello di background in ambiente indipendente dalle emissioni provocate dall’uomo. L’attività antropogenica ha tuttavia spostato gli equilibri pre esistenti introducendo un grosso elemento di squilibrio nel ciclo globale del mercurio, rappresentato principalmente dalla combustione di carburanti fossili, che ha causato un aumento delle concentrazioni di background anche in suoli incontaminati (Pennachietti,2010).

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Figura 1 - Schema del ciclo del mercurio in ambiente (Zahir et al. 2005)

Si stima che circa i due terzi mercuri odi Hg presente in ambiente sia stato prodotto durante il ventesimo secolo, e che il carico di mercurio immesso attualmente sia aumentato di circa 3 volte, rispetto agli inizi del 1900.

Il comparto ambientale certamente più coinvolto dalle emissioni di mercurio è quello atmosferico, da cui poi l’elemento si diffonde anche negli altri comparti (Fitzgerald & Clarkson, 1991).

La sorgente antropogenica che risulta essere assai rilevante di mercurio nell’ atmosfera è rappresentata principalmente dalle emissioni di impianti termoelettrici che sono alimentati da combustibili fossili quali il carbone, sul quale negli ultimi anni, si sta cercando di ridurre il suo consumo a favore di altri tipi di fonti.

Altre importanti sorgenti sono rappresentate dai processi di produzione di vari metalli (rame, piombo, zinco, lo stesso mercurio), dai cementifici, dagli impianti cloro-soda, dall’estrazione artigianale o su piccola scala di oro e dal non corretto smaltimento di rifiuti contenenti mercurio (ad esempio batterie, strumenti di misura e controllo, strumenti elettrici e dispositivi per illuminazione), che possono essere inviati in discarica o ai termovalorizzatori (Fitzgerald & Clarkson, 1991; Mlakar et al., 2010; Pacyna et al., 2010) Il legame tra emissioni di mercurio da combustione antropogenica e fonti industriali e le concentrazioni di mercurio presenti in aria, atmosfera, suoli e sedimenti è governato da molte variabili, tra cui le più importanti sono:

• Le specie di mercurio emesse dalle sorgenti.

• L’ammontare complessivo di mercurio emesso dalla combustione antropica. • Le condizioni atmosferiche e climatiche.

• La capacità di riduzione dei suoli e dei corpi idrici. • Il tasso di erosione nei bacini idrografici.

• La deposizione secca e umida.

• l trasporto dei particolati da parte delle correnti marine

• Basso potenzale Redox nel limnos, che determina riduzione di solubilità dei Sali

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In figura 2 si riporta un confronto tra i flussi di mercurio stimati nel 1997 nei vari comparti ambientali rispetto a quelli esistenti nell’età preindustriale, da cui si possono notare i forti elementi di squilibrio introdotti dall’uomo.

Figura 2a - Confronto tra il bilancio del mercurio in ambiente attuale e pre-industriale (Vol. III, US EPA, 1997)

Figura 2b - Confronto tra il bilancio del mercurio in ambiente attuale e pre-industriale (Vol. III, US EPA, 1997)

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Le emissioni di Hg, siano esse naturali o antropogeniche, avvengono principalmente in atmosfera. Le emissioni naturali di Hg gassoso (volatilizzazione da suoli o corpi idrici),

sono costituite interamente da mercurio elementare Hg0. Le emissioni antropogeniche

gassose, invece hanno sia una componente di mercurio elementare, sia una componente aggiuntiva, costituita da mercurio adsorbito su particolato (TPM, Total Particulate Mercury) o da forme del mercurio con caratteristiche di volatilità e reattività diverse, prevalentemente divalenti (Rinklebe et al., 2009). Quest’ultima componente è denominata mercurio gassoso reattivo (RGM, reactive gaseous mercury) ed è costituita soprattutto da HgCl2 (Gibicar et al., 2009). Mentre il mercurio

elementare entra facilmente a far parte del ciclo transfrontaliero, il RGM e il TPM e sono maggiormente soggetti a deposizione locale o regionale, provocando un innalzamento dei livelli di Mercurio in siti prossimi a importanti sorgenti di emissione. La maggioranza del Mercurio in atmosfera è dunque presente come mercurio elementare, generalmente in percentuale maggiore del 90% rispetto alle altre forme di Hg volatili o su particolato (Fitzgerald & Clarkson, 1991; Zhang et al., 2009; Rinkeble et al., 2009).

Questo è dovuto sia al suo maggior tempo di residenza, sia al fatto che essa è la principale forma di mercurio emessa dalle fonti di inquinamento atmosferico. Tuttavia, la combustione di carbon fossile, la principale sorgente di mercurio in atmosfera, genera anche l’emissione di vari composti mercurici Hg(II), come HgCl2, HgS, HgO e

HgSO4.

Tali composti entrano nel comparto atmosferico adsorbiti sulle ceneri rilasciate dagli impianti a carbone, e si depositano successivamente sui suoli o sulla superficie oceanica (Lopez- Anton et al., 2010). Per questo motivo, sopra gli oceani la percentuale di Hg0 in atmosfera è sempre maggiore del 99%, mentre sulle terre emerse la

percentuale oscilla tra il 90% e il 100%, con tendenza a diminuire vicino alle zone urbanizzate (Fitzgerald & Clarkosn, 1991; Environment Agency, 2009). Il tempo di residenza medio in troposfera del mercurio gassoso totale (approssimato alla sola forma elementare Hg0) è di circa 1 anno. Questo tempo di residenza relativamente

lungo permette al mercurio in atmosfera di percorrere lunghe distanze sfruttando le correnti dominanti (Pennachietti 2010).

Il mercurio viene trasportato o direttamente nella sua forma gassosa, oppure attaccandosi al pulviscolo atmosferico. È stato dimostrato che il mercurio in atmosfera può percorrere sino a 2.500 km in 72 ore (Gibicar et al., 2009). La possibilità di permanere a lungo in atmosfera, in aggiunta alla già citata capacità di diffusione in tutti i comparti, spiegano il carattere transfrontaliero dell’inquinamento da mercurio nel mondo.

Nonostante il lungo tempo di residenza, il mercurio elementare in atmosfera possiede comunque una certa reattività, e nel lungo periodo subisce fenomeni di trasformazione, in particolare di ossidazione a forme inorganiche divalenti. Il tempo di residenza dei composti del mercurio ossidati è molto minore rispetto a quello del mercurio elementare (solo di alcuni giorni; Ray & Selvakumar, 2007), e quindi in tali forme il mercurio subisce fenomeni di deposizione, sia di tipo secco sia di tipo umido. I modelli di deposizione atmosferica del mercurio, uniti ai dati raccolti sul campo, mostrano che in località caratterizzate da clima umido si ha un maggior tasso di deposizione rispetto a località caratterizzate da un clima più arido. Le variabili

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principali che influenzano questo fenomeno sono sia l’erosione di mercurio elementare e divalente dai suoli, sia l’ammontare delle precipitazioni. Le precipitazioni rimuovono varie forme di mercurio dall’atmosfera e sono la principale causa di deposizione dell’inquinante sulla superficie terrestre (Vol. III, US EPA, 1997; Ray & Selvakumar, 2007). Il metilmercurio può essere rintracciato invece, in piccole concentrazioni, nelle precipitazioni, in ragione della sua maggior solubilità rispetto al Hg elementare. L’origine di queste piccole quantità di metilmercurio presente nelle precipitazioni è però tuttora incerta. Le concentrazioni di mercurio totale nelle precipitazioni sono tipicamente più alte rispetto a quelle riscontrabili nelle acque di superficie. Questo fatto è motivato dall’efficacia delle gocce di pioggia nell’assorbire per intercettamento forme di Hg(II) su particolato atmosferico, nonché dal loro potenziale di ossidazione di Hg0 in Hg(II) (Vol. III, US EPA, 1997). Per quanto riguarda il ciclo del Mercurio nelle acque, il bilancio tra gli ingressi e le uscite è governato da una parte dalle deposizioni atmosferiche, siano esse secche o umide, dall’altra dalla biogeochimica marina, che comprende reazioni di rimozione come la trasformazione di composti del mercurio solubili in forme volatili che ritornano in atmosfera, oppure in altri composti allo stato solido (particolato) che precipitano sul fondo. La sede principale di questi scambi tra atmosfera e idrosfera è l’interfaccia aria/acqua degli oceani. È importante sottolineare che il principale contributo delle attività antropiche all’inquinamento del comparto acque non deriva da emissioni di residui di mercurio nel sistema idrico terrestre, ma dallo scambio all’interfaccia aria/acqua degli oceani. Con questo presupposto, è immediato capire come le fonti di emissione atmosferica siano quelle a maggior impatto ambientale, anche per il comparto acque (Fitzgerald & Clarkson, 1991) (Pennacchietti, 2010)

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4. La metilazione del Mercurio e gli effetti sugli ecosistemi

Per quanto riguarda il fenomeno della metilazione è stato visto che alcune classi di micro-organismi sono in grado di trasformare i metalli attraverso dei processi di ossido-riduzione o per mezzo di altre reazioni chimiche. Nel suolo, invece, organismi microscopici possono trasformare la forma che risulta essere meno velenosa di mercurio, quella inorganica (che non contiene carbonio) in una forma organica, che purtroppo risulta essere molto tossica in grado di produrre fenomeni di avvelenamento anche a basse concentrazioni. In questa reazione, chiamata metilazione, un atomo o un gruppo ionico di composti Hg(II) è rimpiazzato da un gruppo metile (-CH3). Il metilmercurio CH3- Hg+, essendo uno ione positivo, si combina

rapidamente con anioni come lo ione cloruro (Cl-), lo ione idrossido (OH-), lo ione

nitrato (NO3-) o in vari gruppi anionici, tipicamente presenti nella sostanza organica del

suolo e del limo bentonico, e in particolare negli acidi umici e fulvici in esso presenti (Skyllberg et al. 2006). La maggioranza del metilmercurio in ambiente è generato proprio dal processo di metilazione microbiologica, in cui il metilmercurio è un prodotto della respirazione di batteri zolfo-riducenti (denominati con l’acronimo SRB, ovvero sulfate-reducing bacteria); difficilmente il metilmercurio è emesso direttamente in ambiente da attività antropiche, anche se purtroppo talvolta questo può accadere (Davis, Bloom & Que Hee, 1997). La metilazione del mercurio avviene in tre ambienti principali, ovvero le paludi e i laghi, lungo percorsi idrogeologici del sottosuolo e nelle acque di superficie marine e oceaniche (Skyllberg et al., 2006). Accanto ai processi di metilazione, negli ecosistemi si attivano sempre azioni di equilibrio che portano anche a processi di demetilazione, che contribuiscono a riportare il Mercurio nella forma inorganica meno tossica. Mentre la metilazione è un processo che si attiva prevalentemente per via biologica, la demetilazione avviene comunemente mediante reazioni sia biotiche sia abiotiche (Skyllberg et al., 2006). Qualsiasi composto del mercurio può potenzialmente essere metabolizzato da batteri ed essere soggetto a processi di metilazione o etilazione. Ovviamente le specie di mercurio più solubili e mobili sono quelle che vengono per prime aggredite e trasformate dai micro-organismi; tuttavia anche il cinabro, uno dei composti del mercurio in assoluto più stabili, può essere nel lungo periodo interessato da reazioni di metilazione. I principali composti del mercurio utilizzati come substrato dagli SRB sono HgCl2, Hg(SH)2 e HgS (Skyllberg et al., 2006). Una condizione essenziale perché la

metilazione avvenga è il fatto che ci si trovi in ambiente acquatico e anossico (basso potenziale Redox), con abbondanza di sostanza organica disponibile, come substrato alle popolazioni di micro-organismi. Le condizioni migliori perché il processo di metilazione avvenga si ritrovano così non nei suoli, ma nei sedimenti, in particolare nei sedimenti fangosi lacustri o di palude, ricchi di sostanza organica e poveri di ossigeno. La metilazione avviene anche in sedimenti sabbiosi, sia marini sia lacustri, ma a cinetiche molto più lente e con rendimenti decisamente più bassi (Bloom et al., 2003). La trasformazione batterica del mercurio inorganico nel mercurio monometilico è una caratteristica importante del ciclo del mercurio in ogni ecosistema acquatico; questo è il primo stadio della migrazione attraverso la catena trofica e il bioaccumulo (Gochfeld, 2003, William et al., 2007). Inoltre, sebbene alti livelli di metilmercurio nei sedimenti siano associati ad alte concentrazioni di zolfo ridotto, i livelli di metilmercurio

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decrescono ad alte concentrazioni di solfuri, probabilmente a causa di un’inibizione dell’attività biologica e per il “sequestro” di ioni mercurio a formare HgS piuttosto che metilmercurio. In generale quindi, la concentrazione netta di metilmercurio nei sedimenti è frutto dell’equilibrio che s’instaura tra reazioni di metilazione e demetilazione. Solitamente, essa cresce con l’incremento di materia organica, ad alte temperature, a bassi pH e a moderate concentrazioni di solfati (Davis, Bloom & Que Hee, 1997). Il mercurio che si trova in suoli naturali organici si lega preferibilmente a gruppi organici ridotti contenenti zolfo, principalmente i tioli (-SH). Il gruppo tiolo è l’equivalente, nel caso dei solfuri, del gruppo idrossile (-OH), che si trova negli alcoli. Esperimenti di laboratorio indicano che le specie inorganiche di mercurio-tiolo e mercurio-solfuro determinano il tasso di metilazione. Questo significa che l’instaurarsi di un legame tra il mercurio e gruppi tiolo in materia naturale organica rende l’elemento disponibile per processi di metilazione ad opera di batteri presenti nell’ambiente. Inoltre, a causa della loro solubilità, questi complessi mercurio-tiolo divengono mobili, e possono essere trasportati in punti dove vivono batteri in grado di portare avanti la metilazione.

Questo è il caso del mercurio di origine naturale che viene trasportato dai fiumi e da fenomeni di lisciviazione verso il mare e qui una certa aliquota andrà a costituire i sedimenti del fondo.

La trasformazione del mercurio in un composto di metilmercurio produce un metallo che diventa lipofilico (cioè solubile nei grassi) e può perciò passare attraverso le membrane cellulari, la barriera sangue-cervello e la placenta. In questa forma organica può entrare nella catena alimentare e accumularsi nel pesce, negli animali che si cibano di pesce e nell’uomo.

In altre parole, la forma del mercurio meno velenosa, quella inorganica, che è molto meno assorbibile dagli organismi, si trasforma in tempi variabili, in una forma organica che diventa più disponibile e velenosa (Skyllberg et al, 2006).

Il meccanismo di biomagnificazione rende il metilmercurio, grazie alla sua capacità bioaccumulante, estremamente tossico per gli organismi che si situano ai livelli superiori della catena trofica, in particolare i predatori acquatici e l’uomo. Nei pesci predatori, è possibile misurare concentrazioni di metilmercurio nei tessuti sino a 5.000 volte superiori di quelle delle acque in cui vivono (Holmes et al, 2009).

L’elevata capacità bioaccumulante del metilmercurio è data dalla notevole durata della sua emivita (tempo necessario al dimezzamento della concentrazione di inquinante nel sangue). Il metilmercurio non è metabolizzabile, e ha un’emivita di 72 giorni negli organismi acquatici e di 50 giorni nell’uomo. Il connubio tra elevata tossicità e elevata mobilità rende il mercurio metilato il composto su cui devono convergere le attenzioni delle analisi tossicologiche ambientali.

Tra i composti organici alchilmercuriali e arilmercuriali, sicuramente i più diffusi sono quelli contenenti metilmercurio. Il metilmercurio è presente tipicamente nei suoli in percentuali comprese tra lo 0.01% e il 2% rispetto al mercurio totale, mentre ad esempio l’etilmercurio è presente in concentrazioni più di mille volte inferiori; per questo, generalmente le forme organiche non contenenti metilmercurio sono ignorate, a parte specifici casi di contaminazione documentata. Inoltre, l’etilmercurio è un composto che può venire metabolizzato a livello epatico e non è quindi soggetto ad accumulo. Il ruolo dei batteri nella speciazione del mercurio preclude l’utilizzo

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esclusivo di modelli geochimici per la deduzione delle specie predominanti in ambienti con determinate caratteristiche, poiché tali modelli sono basati su condizioni fisse, mentre le reazioni biologiche non si compiono necessariamente ad una condizione di equilibrio piuttosto che a un’altra. La determinazione delle condizioni redox, l’identificazione dei principali donatori di elettroni e la quantificazione dei principali meccanismi che controllano la chimica del mercurio non sono sufficienti per stimare le caratteristiche di biodisponibilità delle forme presenti (Pennachietti 2010).

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14 5. Espozione al Mercurio per ingestione

La fonte di esposizione primaria a metilmercurio è senza dubbio il consumo di pesce, soprattutto quei pesci che si trovano all’apice della catena trofica marina definiti “Top predator” che manifestano elevate potenzialità di accumulo di contaminanti nel nostro caso il mercurio per effetto di bio-magnificazione.Inoltre il consumo di pesce è anche la via di esposizione di gran lunga più approfondita e studiata nella valutazione del rischio per inquinamento da mercurio.

L’esposizione a pari concentrazioni di mercurio elementare e mercurio inorganico ha un impatto molto minore sulla salute dell’uomo. Tuttavia, a causa dei processi di metilazione, forme metilate del mercurio sono abitualmente presenti anche in siti contaminati, da cui l’esposizione può avvenire sia per ingestione di polveri o di suolo, sia per inalazione di polveri o vapori, sia per contatto dermico (Environmental Agency, 2009). L’esposizione a mercurio elementare avviene invece esclusivamente per inalazione.

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Si sottolinea inoltre come la conoscenza della presenza del mercurio in acqua sia fondamentale per lo studio della sua reattività e dei processi biogeochimici che lo coinvolgono, ma non per lo studio dell’esposizione. Infatti, le concentrazioni di mercurio in acqua sono talmente piccole che l’assunzione via acqua potabile non è considerata una via di esposizione degna di nota, tranne quando non sussistano significativi episodi di inquinamento locale (Health Protection Agency, 2007; Gibicar et al, 2009). Nella Figura 3. S’illustra uno schema concettuale della diffusione del mercurio in ambiente e quali siano i percorsi di migrazione essenziali con cui si realizza l’esposizione per i ricettori umani. Il diagramma è stato tratto da uno studio sulla contaminazione provocata da un impianto cloro-soda, e per questo motivo sono considerate non solo le emissioni atmosferiche, ma anche i rilasci nel suolo e nel comparto idrico (Reis et al, 2009).

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6. Il fenomeno del bioaccumulo e biomagnificazione

Con il termine bioaccumulo s’indica quel fenomeno di accumulo irreversibile di una sostanza nei tessuti degli organismi viventi. Esso viene utilizzato, indirettamente, come parametro per la determinazione degli effetti tossici di una sostanza inquinante, dal momento che fornisce una stima più precisa del reale livello di contaminazione degli organismi, rispetto al solo calcolo dell'esposizione (Travis et al,1988) Il bioaccumulo delle sostanze tossiche può avvenire o direttamente dall'ambiente in cui l'organismo vive o attraverso l'ingestione lungo le catene trofiche oppure in entrambi i modi: nel primo caso il fenomeno viene definito bioconcentrazione, nel secondo caso biomagnificazione(figura 4). In entrambi i casi le concentrazioni della sostanza nei tessuti dell'organismo diventano progressivamente più alte di quelle presenti nell'ambiente da cui è stata assorbita. Il fattore di bioconcentrazione (BCF) viene definito come il rapporto, all'equilibrio, tra la concentrazione di una sostanza tossica nell'organismo e quella del mezzo circostante (per gli organismi acquatici il mezzo circostante è l'acqua, per gli organismi terrestri corrisponde al cibo di cui si nutrono). Naturalmente tale fattore varia, oltre che da sostanza a sostanza, anche da specie a specie. (Baird ,1997)

Figura 4 - Diagramma che mostra il processo di magnificazione (tratto da worldatlas, Minamata disease.)

Per quanto riguarda il mercurio la trasformazione batterica del mercurio inorganico nel mercurio monometilico è una caratteristica importante del ciclo del mercurio per ogni ecosistema acquatico; questo è il primo stadio della migrazione attraverso la catena trofica e il bioaccumulo (Gochfeld, 2003, William et al., 2007)

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7. I metalli pesanti presenti nell’ambiente marino mediterraneo

I metalli come il cromo, il cadmio, il mercurio, il nichel, il piombo e l’arsenico sono definiti inquinanti naturali. Ci sono zone sulla superficie terrestre il cui valore di base di questi metalli è naturalmente più elevato rispetto ad altre zone, questo comporta una contaminazione di base della fauna e della flora locali che vivono nel luogo. Considerando il tutto da un punto di vista geochimico ad esempio, all’interno del Mar Mediterraneo ricadono vaste aree di “anomalie mercurifere” (Bernhard & Brondi, 1986). Tali anomalie rappresentano zone ad alta concentrazione di mercurio, che sono solitamente associate a regioni di elevato interesse minerario, e rappresentano la manifestazione più appariscente di vastissime aree anomale, rispetto alla condizione di base.

Questa condizione è causata principalmente da fenomeni di erosione e lisciviazione che trasportano questi contaminanti attraverso il sistema fluviale con tempi più o meno lunghi direttamente nell'ambiente marino.

Si ritiene che gli apporti di mercurio ai sedimenti della piattaforma siano principalmente dovuti agli apporti dei sedimenti fluviali delle aree generalmente anomale, nei quali le particelle sottili contengono in partenza elevate concentrazioni di tal elemento.

Un'altra fonte di emissione sono le dorsali di espansione delle placche tettoniche dove emergono cospicue eruzioni sottomarine, e alcuni punti caoldi come i vulcani subacqui e le emissioni di acque calde.

In zone come quelle descritte, solitamente oggetto di attività minerarie, le concentrazioni di mercurio sono considerate come dovute a fatti naturali, anche se l’attività estrattiva spesso rimette a disposizione dell’ambiente quantità di mercurio che altrimenti resterebbero isolate nel suolo.

Le anomalie maggiori nel bacino del Mediterraneo sono quella del Monte Amiata, quella di Smirne e Konya in Turchia, le anomalie algerino-tunisine e quelle di Almaden in Spagna. Il Mar Mediterraneo inoltre è un bacino semichiuso e circondato da paesi tra i più popolati e industrializzati al mondo fin da tempi antichi. Questo comporta un tasso d’inquinamento da composti tossici costante nel tempo e nello spazio. Per questi motivi i grandi pelagici mediterranei come tonno e pesce spada possono presentare diversi livelli di accumulo di metalli pesanti rispetto alle popolazioni atlantiche (Storelli et al., 2005). Una componente significativa dei metalli pesanti presenti nell’ambiente marino mediterraneo è dovuta all’immissione diretta, nelle acque costiere, delle discariche urbane e degli scarichi industriali.

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8. Valori di concentrazione limite di Mercurio e la normativa Italiana

La normativa italiana stabilisce una serie di valori limite di concentrazioni di mercurio nei vari comparti ambientali (tabella 2). Generalmente le norme in materia ambientale sono frutto del recepimento di direttive comunitarie, che stabiliscono le linee guida per la salvaguardia dell’ambiente e della salute umana. Le concentrazioni massime di mercurio nei pesci sono definite nel Regolamento (CE) n. 1881/2006, il quale definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari permessi in Unione Europea. Per quanto concerne il mercurio, l'EFSA ha adottato, in data 24 febbraio 2004, un parere sul mercurio e il metilmercurio negli alimenti e approvato la dose settimanale tollerabile provvisoria di 1,6 μg/kg di peso corporeo. Il metilmercurio è la forma chimica che desta le maggiori preoccupazioni e può costituire oltre il 90 % del mercurio totale nei pesci e nei frutti di mare. Tenuto conto dei risultati del compito SCOOP 3.2.11, l'EFSA ha concluso che destavano minore preoccupazione i tenori di mercurio riscontrati negli alimenti diversi dal pesce e dai frutti di mare. Le forme di mercurio presenti in questi altri alimenti non sono, nella maggior parte dei casi, metilmercurio e quindi possono essere considerati una minore fonte di rischio. Nel caso del metilmercurio, è opportuno un approccio che, accanto alla fissazione di tenori massimi, preveda consigli mirati destinati ai consumatori così da tutelare i gruppi vulnerabili della popolazione. Per questo motivo sul sito Internet della direzione generale per la Salute e la tutela dei consumatori della Commissione europea è stata pubblicata una nota informativa sul metilmercurio nel pesce e nei prodotti della pesca. Anche vari Stati membri hanno fornito su questo tema indicazioni pertinenti alla popolazione. Il limite di mercurio nel pesce venduto dipendono dalla specie, e l’elenco delle specie che possono contenere il livello più alto di mercurio sono contenute nella parte terza dell’allegato al Regolamento (tabella 3).

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Tabella 2 - Standard di qualità e CSC per il mercurio totale Dlgs 152/06, Reg. CE n.1881/2006, ACGIH 2001)

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Tabella 3 - Tenori massimi di Mercurio nel comparto ittico (Dlgs 152/06, Reg. CE n. 1881/2006 gazzetta ufficiale Comunità Europea)

3.3 Mercurio Tenori massimi (mg/kg di

peso fresco 3..3.1 Prodotti della pesca (26) e muscolo di pesce (24)

(25), escluse le specie elencate al punto 3.3.2. Il tenore massimo si applica ai crostacei, escluse le carni scure del granchio e quelle della testa e del torace dell'aragosta e di grossi crostacei analoghi (Nephro- pidae e Palinuridae).

0,5

3.3.2 Muscolo dei seguenti pesci (24) (25): rana pescatrice (Lophius species) pesce lupo (Anarhichas lupus) palamita (Sarda sarda) anguilla (Anguilla species)

pesce specchio (Hoplostethus species) pesce topo (Coryphaenoides rupestris) ippoglosso (Hippoglossus hippoglossus) marlin (Makaira species)

rombo del genere Lepidorhombus (Lepidorhombus species)

luccio (Esox lucius)

palamita bianca (Orcynopsis unicolor) cappellano (Trisopterus minutus)

squalo portoghese (Centroscymnus coelolepis) razze (Raja species)

scorfano del genere Sebastes (Sebastes marinus, S. mentella, S. viviparus)

pesce vela del Pacifico (Istiophorus platypterus) pesce sciabola (Lepidopus caudatus, Aphanopus carbo) pagello (Pagellus species)

squali (tutte le specie)

tirsite (Lepidocybium flavobrunneum, Ruvettus pretiosus, Gempylus serpens)

storione (Acipenser species) pesce spada (Xiphias gladius)

tonno e tonnetto (Thunnus species, Euthynnus species, Katsuwonus pelamis)

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9. La tossicità del Mercurio

Il Mercurio è unanimemente riconosciuto come uno dei più pericolosi e dannosi inquinanti rilasciati dalle attività antropiche. In caso d’intossicazione acuta, esso può causare danni irreversibili al sistema nervoso, fino alla paralisi o al decesso, ma gli studi di settore si concentrano maggiormente sugli effetti dannosi dovuti ad intossicazione cronica, che hanno un più ampio spettro di diffusione e di azione, nonché una più complessa analisi e valutazione. La pericolosità del mercurio balzò per la prima volta agli onori della cronaca negli anni ‘50, con la tragedia della baia di Minamata. Tutto cominciò negli anni '30 quando la Chisso Corporation iniziò a scaricare nella baia di Minamata, nel mare di Shiranui, acque reflue contaminate da metilmercurio. Questa pratica andò avanti indisturbata per 36 anni, avvelenando il mare in cui lavorava una comunità di pescatori.

Negli anni '50 fu rilevato l'inquinamento, ma né lo Stato né la Chisso presero alcun provvedimento per evitare il disastro. Cominciarono a comparire i primi malati, e verso la fine degli anni '60 "il morbo di Minamata" - ovvero avvelenamento da metilmercurio - fu ufficialmente riconosciuto. Il morbo di Minamata è una malattia ancora senza cura di cui si può solo cercare di alleviare i sintomi, che attacca il sistema neurologico, origina danni alla vista e all’udito e provoca malformazioni genetiche; in casi estremi porta a disordine mentale, paralisi, coma e morte. Nel 1968 gli impianti della Chisso smisero di scaricare mercurio, ma ormai il danno era gravissimo: il morbo di Minamata aveva già colpito numerosissime persone che si erano nutrite quotidianamente del pesce della baia. Inoltre erano nati bambini malati, e continuarono a nascerne per molti anni. Le vittime del disastro ecologico ufficialmente riconosciute sono ora poco più di duemila e un migliaio coloro che risultano ancora affetti dalla sindrome. Ma in occasione delle celebrazioni dell'anniversario le associazioni locali hanno detto di ritenere assai inferiori alla realtà anche le successive valutazioni secondo cui le persone colpite in varia misura dalla malattia sarebbero almeno 12.000 (Yorifuji et al, 2010). Un’altra strage dovuta ad avvelenamento da mercurio si consumò in Iraq tra il febbraio e l’agosto del 1972. Si contarono 6.530 vittime dell’avvelenamento e 459 decessi, e in seguito alle indagini si scoprì che l’intossicazione era stata causata da grano coltivato in alcune piantagioni latifondiarie, in cui veniva usato un fungicida al mercurio (Rustam & Hamdy, 1974). Da questi ed altri gravi episodi, venne riconosciuta la pericolosità dell’inquinamento da mercurio, che attraverso molteplici vie di diffusione (aria, acqua, cibo, prodotti cosmetici e farmaceutici, etc.) è in grado di entrare facilmente nella catena alimentare, di accumularsi e di persistere in ambiente e negli organismi per lungo tempo. La tossicità del mercurio si differenzia in funzione della forma chimica di assunzione, pur rimanendo il sistema nervoso centrale (SNC) e il rene i due principali organi bersaglio di questo tossico. Benché la dose biodisponibile sia spesso rappresentata dalla concentrazione di mercurio totale presente in un suolo o in un certo materiale che entra in contatto col ricettore, è importante comprendere come quest’ultima sia differente dalla dose effettivamente assorbita, la quale è funzione delle specie di mercurio coinvolte nell’esposizione (Davis, Bloom & Que Hee, 1997). Si parlerà quindi di dose biodisponibile intendendo quella effettivamente assorbita dall’organismo, e di dose bioaccessibile intendendo quella che entra in contatto con l’organismo ma che può non venire interamente assorbita, a seconda della specie di mercurio a cui si sta facendo riferimento. Per la maggior parte delle persone

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dell’Europa centrale e settentrionale, i bioindicatori di esposizione indicano livelli di metilmercurio inferiori ai livelli di sicurezza internazionale accettati. Tuttavia, la maggior parte della popolazione delle aree costiere del Mediterraneo e dall’1 al 5% circa della popolazione dell’Europa centrale e settentrionale si situano intorno ai suddetti livelli massimi, mentre in gran parte delle comunità di pescatori del Mediterraneo e della popolazione artica questi livelli sono notevolmente superati (COM (2005) 20 definitivo).

10. Cinetiche e metabolismo del Mercurio

Il mercurio elementare Hg0per la sua elevata tensione di vapore, viene assorbito nel

tratto respiratorio per inalazione, e per la sua liposolubilità e mancanza di carica elettrica può facilmente attraversare la barriera ematoencefalica e la placenta e accumularsi nel sistema nervoso centrale; inoltre, può essere ossidato nell’organismo a Hg2+ che è tossico per il rene. Il mercurio metallico, se ingerito, non viene assorbito dal

tratto gastrointestinale, mentre, se inalato, il 70-80%, viene trattenuto negli alveoli polmonari ed in seguito distribuito in tutto il corpo attraverso la circolazione sanguigna e ossidato a ione bivalente, che è ritenuta la forma più tossica del mercurio inorganico. Al contrario del mercurio elementare, le forme ioniche del mercurio inorganico non sono in grado di oltrepassare la barriera ematoencefalica e la placenta così facilmente, poiché hanno una bassa liposolubilità. Tuttavia, questo dà origine a un effetto controproducente, poiché il mercurio elementare entra nel cervello e nel feto dove viene in una certa misura ossidato, e rimane così “intrappolato” in essi sottoforma di ione divalente (Health Protection Agency, 2007). L’inalazione di elevate quantità di vapori di mercurio nell’uomo causa intossicazione acuta, provocando un danno permanente al sistema nervoso con possibilità di morte; l’intossicazione cronica invece, detta “mercurialismo”, colpisce il sistema nervoso in maniera insidiosa, così che gli effetti tossici non si possono osservare se non dopo mesi o anni dall’inizio dell’esposizione (Environment Agency, 2009). I sali del mercurio inorganici contenenti Hg22+ o Hg2+ (in particolare quelli solubili e quindi facilmente assorbibili) vengono solo

parzialmente assorbiti (il 10% circa) e determinano nel tratto gastrointestinale la denaturazione delle proteine, manifestando effetti corrosivi. I valori di pH dello stomaco (pH 2-3) e dell’intestino tenue (pH alcalino) sono determinanti per capire come lo stesso organismo sia in grado di operare una trasformazione delle specie del mercurio, dando origine a specie più solubili rispetto a quelle di partenza. Considerando ed evidenziando i valori tipici di pH che sussistono nello stomaco e nell’intestino tenue dell’uomo, è possibile capire la reattività del mercurio nell’organismo. Le forme metilate del mercurio invece, che si trovano soprattutto negli alimenti e in particolare nel pesce, vengono assorbite in quantità che possono raggiungere il 90% rispetto al totale introdotto. Lo ione CH3Hg+ presenta tossicità

decrescenti all’aumentare della lunghezza della catena alchilica a cui è legato. In tale forma, il mercurio viene rapidamente distribuito al fegato (circa il 50%), al sistema nervoso centrale e ai reni. Questa forma del mercurio è in assoluto la più tossica per gli animali e gli esseri umani, a causa delle sue proprietà liposolubili, e viene prontamente e completamente assorbita. Gli effetti negativi hanno gravi implicazioni soprattutto per gli organismi che si trovano in cima alla piramide alimentare, come ad esempio gli esseri umani appartenenti a popolazioni con una dieta tradizionalmente ricca di pesce,

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a causa del processo di biomagnificazione. Il meccanismo di assorbimento del metilmercurio è sostanzialmente il medesimo per l’uomo e gli animali terrestri o acquatici. Il metilmercurio ingerito è assorbito rapidamente e quasi completamente dall'apparato gastrointestinale. La maggior parte si complessa con la cisteina libera e con proteine e peptidi che contengono questo amminoacido. Il complesso metilmercurio-cisteina viene riconosciuto da proteine trasportatrici di amminoacidi come se fosse metionina, un altro amminoacido essenziale. A causa di questo mimetismo, il metilmercurio è trasportato liberamente per tutto il corpo e passa anche la barriera emato-encefalica e la placenta, in modo da essere assorbito dal feto in via di sviluppo. Visto che si lega fortemente alle proteine, il metilmercurio non può essere eliminato facilmente dall’organismo (Skyllberg et al, 2006). È molto difficile analizzare e valutare l’influenza sui meccanismi intracellulari da parte dell’esposizione a basse dosi di metilmercurio, sia per la carenza di dati e ricerche al riguardo, sia per la complessa cascata di eventi correlati direttamente o indirettamente all’insorgere di una patologia di un particolare organo o tessuto. Fondamentalmente, la molecola di metilmercurio, una volta penetrata la barriera cellulare, è in grado di bloccare importanti gruppi funzionali nelle reazioni proteiche e sostituire altri ioni minerali essenziali per l’equilibrio dell’organismo. Lo ione mercurio Hg2+ è in grado di stabilire fortissimi

legami coi mercaptani, soppiantando appunto gli altri ioni, in particolare lo ione zolfo. I mercaptani, o tioli, sono composti organici assimilabili a alcoli, in cui l’atomo di ossigeno è stato sostituito da un atomo di zolfo (infatti la formula generale è R-SH). Gli anioni dei tioli danno reazioni di addizione nucleofila e sostituzione nucleofila, e il legame disolfuro originato dall’ossidazione dei tioli (R-S-S-R) è molto importante in alcuni amminoacidi, come l’albumina, il glutatione o la cisteina. Il mercurio intracellulare si attacca agli anioni dei tioli, non permettendo la formazione dei ponti disolfuri e bloccando la produzione dei relativi enzimi, cofattori enzimatici e ormoni (Mathieson, 1995). Altri gruppi funzionali, oltre a –SH, con cui il mercurio ha elevata affinità sono –CONH2, – NH2, –COOH e –PO4. Esso ha anche un ruolo nel bloccare i

principali enzimi antiossidanti con cui l’organismo contrasta i processi di ossidazione e l’azione dei radicali liberi (O2-, H2O2, OH∙). La presenza di radicali liberi ha un

importante ruolo in varie malattie, tra cui il morbo di Alzhaimer, il morbo di Parkinson e il cancro (Zahir et al, 2005) ,(Pennacchietti, 2010)

11. Tossicità del Mercurio ad alti e bassi livelli di esposizione

Valutando gli aspetti tossicologici le concentrazioni letali del mercurio variano da 2,2 a 31 mg/Kg di peso corporeo per gli uccelli e da 0,1 a 0, 5 mg/Kg di peso corporeo per i mammiferi. La forma di intossicazione acuta può conseguire o ad una singola dose letale, o a dosi sub-tossiche ripetute quando il tasso ematico di mercurio raggiunge 0,2mg/litro (Bottarelli, 1993-b). Per quanto riguarda invece la tossicità cronica, l’esposizione cronica a mercurio, e a metilmercurio in particolare, è certamente dannosa per gli organismi ricettori, ma la precisa individuazione delle relazioni causa-effetto è ancora molto approssimativa. Allo stato attuale delle cose, permane quindi a livello internazionale un gap nella conoscenza dell’argomento e un’incertezza di fondo nelle valutazioni sugli effetti nocivi del mercurio sull’uomo. La tossicità del metilmercurio a basse dosi di esposizione nell’uomo riguarda una molteplicità di effetti

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dannosi più o meno gravi, che possono essere raggruppati in sette categorie (Zahir et al, 2005).

1. Danni imputabili a Hg al sistema nervoso dei feti e dei bambini 2. Danni al sistema nervoso degli adulti

3. Danni ai reni e al fegato 4. Danni alla riproduzione 5. Danni al sistema immunitario 6. Danni al sistema cardiovascolare 7. Danni genetici.

11.1 Danni imputabili a Hg al sistema nervoso dei feti e dei bambini.

Il corretto sviluppo del sistema nervoso può essere seriamente compromesso dall’azione neurotossica di alcune sostanze, e in particolare il metilmercurio è una di quelle più tossiche. L’azione di queste sostanze influisce nello sviluppo non solo del feto, ma anche dei bambini e degli adolescenti, dato che il sistema nervoso continua a evolversi sino al raggiungimento dell’età adulta. Un aspetto critico è la possibilità che l’esposizione ad agenti neurotossici durante la crescita possa provocare un accelerazione del declino delle funzioni neurologiche col passare degli anni. Questo aspetto, che può apparire di scarsa entità, potrebbe in realtà avere un profondo impatto nella società se riguardasse l’intera popolazione e l’intera durata di vita degli esseri umani (Rice and Barone, 2000). Inoltre, a parità di dose di inquinante, i feti e i bambini risentono molto di più degli effetti dannosi, data la loro ridotta massa corporea. È stato stimato che un feto è da 2 a 5 volte più suscettibile alla tossicità da metilmercurio rispetto alla madre che subisce l’esposizione diretta. È comunque vero che le patologie più gravi si hanno per intossicazione del feto, dato che, in questa fase della sua vita, l’individuo attraversa i processi più critici e delicati di formazione dell’apparato nervoso (proliferazione, migrazione, sinaptogenesi, etc.). Nei già citati casi di Minamata e dell’Iraq, il consumo rispettivamente di pesce e pane contaminato da parte di donne incinte ha provocato negli anni successivi gravi ritardi psicomotori nella progenie, con una forte riduzione dell’attività cerebrale nelle aree della memoria, del linguaggio e del movimento.

11.2 Danni al sistema nervoso degli adulti.

Varie ricerche hanno dimostrato negli ultimi anni la correlazione tra intossicazione cronica di mercurio a basse dosi e l’insorgere di alcune patologie molto gravi quali il morbo di Parkinson, il morbo di Alzhaimer, l’autismo, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), etc., tutte malattie neurodegenerative o comunque a carico del sistema nervoso. Un altro studio a lungo termine sulla popolazione di Minamata nata a partire da dieci anni dopo la fine del rilascio di metilmercurio nella baia, ha evidenziato il legame tra l’esposizione a basse dosi al metilmercurio e malattie come: ipoestesia (diminuzione della sensibilità e della relativa risposta da parte di un individuo a uno stimolo), atassia (perdita della coordinazione muscolare e della capacità di effettuare movimenti volontari), disartria (difficoltà nell’articolare le parole), artrite reumatoide,

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lupus erimatoso sistemico (LES, causa la produzione anomala di auto-anticorpi che aggrediscono i tessuti al posto di proteggere da virus e batteri) e indebolimento della

vista e dell’udito. Destano preoccupazione esposizioni fino a 0,05 mg∙m-3, che possono

dare origine a leggeri disturbi quali stanchezza, disturbi alla memoria, tremore delle dita, difficoltà dell’apparato visivo nel mettere a fuoco e scarse prestazioni in test neurocomportamentali e neuropsicologici. (Pennacchietti, 2010)

11.3 Danni ai reni e al fegato.

Quando un organismo è esposto a una bassa dose di Hg, non viene trattenuto interamente dall’organismo e in parte viene eliminato. Gli organi preposti all’eliminazione del mercurio sono diversi, a seconda del tipo di mercurio che caratterizza l’esposizione: nel caso si verifichi un’intossicazione da mercurio inorganico, la rimozione è a carico dei reni e può raggiungere l’80% rispetto al totale assorbito, mentre per intossicazione da mercurio organico la rimozione è a carico del fegato e difficilmente supera il 10%. Reni e fegato sono quindi grossi ricettori di mercurio, e data la tossicità dei composti in questione tali organi possono risentire di varie patologie specifiche.

11.4 Danni alla riproduzione.

L’esposizione a basse dosi di metilmercurio provoca nelle donne riduzione della fertilità e difficoltà nel concepimento, oltre a causare aborti spontanei. Parallelamente, nell’uomo si ha una riduzione del numero e della mobilità degli spermatozoi.

11.5 Danni al sistema immunitario.

È stato dimostrato come l’esposizione a basse dosi di metilmercurio, a seconda delle condizioni in cui si verifica, provochi effetti ambivalenti: in primo luogo, essa può causare un incremento dell’attività dei linfociti, che a sua volta causa l’insorgere di malattie autoimmuni o allergiche come lupus, sclerosi multipla, eczema atopico e altre; in secondo luogo, l’esposizione a base dosi di mercurio provoca anche una ridotta proliferazione dei linfociti, che può tradursi in una ridotta resistenza da parte dell’organismo alle malattie.

11.6 Danni al sistema cardiovascolare.

Recenti ricerche indicano come il mercurio contenuto nel pesce possa abbattere gli effetti cardioprotettivi provocati dal consumo di pesce non contaminato e anzi dare origine a diverse patologie.

11.7 Danni genetici.

Gli studi sulla genotossicità hanno chiaramente mostrato gli effetti citotossici del metilmercurio, con ricerche che hanno seguito l’esposizione all’inquinante per oltre 20

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anni studiando i danni cellulari, in particolare ai cromosomi. È stato dimostrata l’estrema pericolosità del metilmercurio e la sua estrema capacità mutagena, in quanto esso è in grado di provocare sia fusioni sia rotture tra cromosomi. Per quanto riguarda la cancerogenicità dei composti del mercurio, numerosi studi si sono cimentati nell’argomento, senza tuttavia rilevare evidenze convincenti nel legame tra l’esposizione a mercurio e l’insorgere di tumori negli esseri umani. Il mercurio in tutte le sue forme viene quindi riconosciuto come inquinante estremamente tossico, ma non cancerogeno (Health Protection Agency, 2007),(Pennacchietti 2010).

12. Dati bibliografici sulla presenza di mercurio in Toscana e mappatura dei siti Il mercurio si ritrova in tracce in tutta la litosfera, l’idrosfera, l’atmosfera e biosfera. La sua dispersione nell’ambiente è di origine sia naturale che dovuta all’attività umana. Negli ultimi 15 anni, con processi industriali più efficienti e l’attivazione di sistemi più efficaci di trattamento dei residui industriali, le quantità di mercurio diffuse annualmente nell’ambiente si sono ridotte. Naturalmente queste grandi quantità del metallo immesse in passato nell’ambiente marino, attraverso lenti processi di biotrasformazione ed in particolare di metilazione entrano nella “catena alimentare”. Il suo accumulo negli organismi acquatici e la conseguente contaminazione è proporzionale alle dimensioni ed alla voracità del pesce. L’ Italia, è sempre stata fin da tempi remoti uno tra i più grandi produttori di mercurio. È quindi evidente l’interesse che il nostro paese deve prestare al problema dell’inquinamento da mercurio. In tale ottica da molti anni vengono monitorati i quantitativi di mercurio presenti nei prodotti ittici per una valutazione dei livelli di rischio connessi al consumo di pesce. Nella nostra provincia (Grosseto, Toscana) nel corso degli ultimi anni il servizio di veterinaria della ex U.S.L n°28 ha eseguito una serie di campionamenti di prodotti ittici pescati nelle acque antistanti le nostre coste ed ha riscontrato che il tenore di mercurio è spesso più alto del limite, (tab. 4) anche nei pesci di piccola taglia e di specie considerate a basso tenore di mercurio. È stato allestito un programma di monitoraggio conoscitivo dove sono stati effettuati complessivamente 1. 081 campioni di cui 801 in Toscana da cui si è evidenziato 10 specie con valore medio superiore al limite consentito, mentre tutte le specie hanno presentato almeno un campione positivo. Possiamo affermare che la situazione dell’elevata presenza di mercurio nel pesce riscontrata nella zona del grossetano è correlabile non ad una contaminazione antropica ma in maggior misura alla caratteristiche geochimiche del terreno ricco di cinabro.

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Specie ittica N. campioni N. positivi % Val. medio Hg Argentina 9 4 100 1,09 Bocca d’oro 4 4 100 0,85 Ficozza 53 32 60 0,74 Gamberetto 14 14 100 0,98 Musdea 8 8 100 0,87 Moscardino 55 29 53 0,54 Polpo 35 10 29 0,36 S.Pietro 25 10 40 0,57 Grongo 54 14 26 0,60 Sugarello 62 26 42 0,59 Soace 47 26 55 0,73 Pesce prete 30 17 57 0,81 Rana pescatrice 25 6 24 0,81 Sconciglio 33 5 15 0,28 Triglia 86 11 13 0,27 Altre specie 261 34 13 0,11 TOTALE 801 254 31 ---

Tabella 4 - Monitoraggio conoscitivo Hg prodotti ittici (dati regione Toscana) tratta da convegno nazionale contaminazione da mercurio nei prodotti ittici volume atti.

Il bacino del Mediterraneo è un area geochimicamente anomala per la presenza di rilevanti giacimenti di cinabro sparsi e concentrati in aree particolari intorno al bacino del Mediterraneo. Ed è per questa ragione che, nei secoli, numerose miniere (come mostrato in figura 5) sono andate sviluppandosi nel bacino e molte migliaia di tonnellate di mercurio sono state estratte.

Figura 5 - Localizzazione delle sei più importanti miniere di cinabro (Dati Regione

Toscana tratta da volume Atti)

Nei periodi di massima attività estrattiva il bacino del Mediterraneo ha soddisfatto il 50-60% della richiesta mondiale di mercurio. Da alcuni decenni, la richiesta è sensibilmente diminuita e l’attività estrattiva ridotta notevolmente; in alcune miniere è

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