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Valutazione endocrinologica e color doppler della funzionalità del corpo luteo nell'asina trattata con PGF2alfa al giorno 3 e 6 post ovulazione

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina

Veterinaria

Valutazione endocrinologica e Color

Doppler della funzionalità del corpo luteo

nell'asina trattata con PGF2alfa al giorno

3 e 6 post ovulazione

Candidato: Relatori:

Matteo Tardella Dott. Duccio Panzani

Prof. Francesco Camillo

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Questo traguardo lo dedico a

voi che anche se non fisicamente

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ABSTRACT

La gestione della riproduzione dell’asina ha fino a poco tempo fa ricalcato quella della cavalla. In seguito a recenti studi, sono emerse molte differenze sia a livello anatomico che fisiologico dell’apparato riproduttore asinino, rispetto a quello equino. Una di queste differenze è la presunta maggiore recettività del corpo luteo dell’asina alle prostaglandine nei primi giorni del diestro. Su tale argomento, l’unico studio presente in letteratura ha mostrato come la somministrazione di un analogo delle prostaglandine 2 alfa, al giorno 3 dall’ovulazione portasse a una completa luteolisi. Da un altro studio è stato possibile evincere una correlazione positiva tra progesteronemia e caratteristiche ecografiche (B-Mode e Color Doppler) del corpo luteo asinino, quali area e area vascolarizzata. Nel nostro lavoro abbiamo voluto valutare il comportamento del corpo luteo dell’asina (area, diametro e area vascolarizzata) e la concentrazione ematica del progesterone in seguito ad un trattamento con un analogo delle prostaglandine, somministrato al giorno 3 (gruppo PG3) o al giorno 6 (gruppo PG6) dall’ovulazione o non trattate (gruppo CTRL). Da questo studio è stata confermata la correlazione positiva tra tutti i parametri osservati del corpo luteo e la concentrazione ematica del progesterone. Inoltre è stato osservato come nel gruppo PG6, il trattamento causi la completa luteolisi, e riduca significativamente l’intervallo estrale rispetto ad asine non trattate (gruppo CTRL) (P<0,05), cosa non verificata per il gruppo PG3, in cui la il corpo luteo è stato parzialmente lisato per poi tornare completamente funzionale in 4/6 casi, in assenza di un significativo accorciamento dell’intervallo estrale (P>0,05).

Donkey reproduction has always been managed in the same way of the mare. Recently, some works have shown some reproductive anatomic and physiologic differences between jenny and mare. One of those differences is the receptivity of corpus luteum to PGF2alpha analogues at the beginning of diestrus. The only work about this topic showed a complete luteolysis of corpus luteum, after treatment with a PGF2alfa analogue, the third day post ovulation. Another study showed a positive correlation between progesteronemia and ultrasonographic characteristics (B-Mode and Colour Doppler) of the jenny’s corpus luteum, as area and vascularized area. In this work, we wanted to evaluate diameter, area and vascularized area by ultrasound (B-Mode and Colour Doppler) and progesteronemia of the corpus luteum after a prostaglandin analogue treatment made at day 3 (group PG3) or 6 (group PG6) after ovulation, both compared with an untreated cycle (CTRL). In this study, we confirmed a positive correlation between the analysed properties of corpus luteum and progesteronemia. Therefore, we observed how, in the PG6 group, the treatment induced a complete luteolysis and reduced significantly the interovulatory period compared to CTRL group (P<0,05). Otherwise, in PG3 group we observed a partial luteolysis of corpus luteum. In PG3 group we observed in 4/6 cases that the corpus luteum resumed his activity without a significant decrease of the interovulatory period (P<0,05).

Parole chiave: asina, corpo luteo, prostaglandina, Doppler, progesteronemia

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Indice

Premessa

PARTE INTRODUTTIVA

Capitolo 1: Riproduzione dell’asina

1.1 Generalità

1.1.1 Pubertà

1.1.2 Anatomia apparato riproduttore

1.1.2.1 La vulva 1.1.2.2 Il vestibolo 1.1.2.3 La vagina 1.1.2.4 La cervice 1.1.2.5 L’utero 1.1.2.6 L’ovidutto e la salpinge 1.1.2.7 Le ovaie 1.1.3 Il ciclo 1.1.3.1 Estro 1.1.3.2 Diestro 1.1.3.3 La stagionalità dell’asina

1.2 Comportamento riproduttivo

1.2.1 La femmina 1.2.2 Il maschio

1.3 La gravidanza

Capitolo 2: L’ecografia

2.1 Principi di ecografia

2.1.1 Gli ultrasuoni

2.1.2 Principi di funzionamento di un ecografo

2.1.2.1 Le sonde

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2.1.4 Formazione dell’immagine

2.2 Storia dell’Ecodoppler

2.2.1 Spectral Doppler

2.2.2 Color Doppler

2.2.3 Introduzione del doppler in ginecologia ed ostetricia

2.3 L’effetto Doppler

2.4 Il Doppler nella riproduzione

2.5 Doppler corpo luteo

Capitolo 3: La luteolisi

3.1 Luteolisi spontanea

3.2 PGF2alfa

3.2.1 PGF2alfa storia, dosaggio e sommistrazione

3.2.2 Lisi indotta da PGF2alfa

PARTE SPERIMENTALE

Capitolo 4: Scopo della tesi

Capitolo 5: Materiali e metodi

5.1 Animali

5.2 Trattamenti

5.3 Dosaggio progesterone

5.4 Analisi statistica

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Capitolo 7: Discussione

BIBLIOGRAFIA

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Premessa

L’asina, un animale che nel passato veniva utilizzato dall’uomo principalmente come animale da soma permettendogli di trainare o trasportare grosso quantità di oggetti per lunghe distanze, ha rischiato con l’avvento della modernizzazione di estinguersi. Tuttavia con il passare degli anni e i numerosi incentivi statali il suo reinserimento nelle nostre campagne e il suo utilizzo sta nuovamente prendendo campo. Ad oggi i settori in cui l’asino viene maggiormente impiegato sono l’ippoterapia, e la produzione del latte. Il suo latte infatti viene molto richiesto dalle ditte di cosmetici, ma grazie alle sue caratteristiche viene anche largamente impiegato come latte sostitutivo all’interno degli ospedali pediatrici.

Questi vari utilizzi hanno portato ad un maggior interesse da parte della scienza nello studio della riproduzione nella specie asinina che inizialmente è stata accostata a quella del cavallo, per poi piano piano cominciare a distaccarsi dà essa. Grazie a vari studi svolti in tutto il mondo è stato infatti possibile cominciare a vedere le varie differenze che ci sono tra queste due specie sia a livello anatomico che fisiologico, ma anche a livello comportamentale. Col passare del tempo tutte le scoperte fatte nel campo della riproduzione equina sono state testate anche nell’asina fino ad arrivare agli ultimi anni dove la riproduzione dell’asino sta facendo passi da gigante.

All’interno di questa tesi percorreremo un percorso che ci permetterà di capire la riproduzione dell’asino in generale, le basi di ecografia e del nuovo e moderno eco Color Doppler e la funzione delle prostaglandine e dei suoi analoghi nel ciclo estrale fino ad arrivare al nostro lavoro sperimentale dove seguiremo in particolare lo sviluppo e la vascolarizzazione del corpo luteo dell’asina sia in condizione fisiologica che in seguito a trattamento con farmaci per l’induzione della sua lisi.

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Capitolo 1

Riproduzione dell’asina

1.1 Generalità

L’asina in molti aspetti della riproduzione è simile alla cavalla ma non deve erroneamente essere considerata totalmente sovrapponibile ad essa (Pugh 2002).

La pubertà solitamente viene raggiunta intorno agli 1-2 anni di vita, ma è influenzata allo stesso tempo da peso corporeo raggiunto a questa età e stato nutrizionale del soggetto. L’animale infatti per raggiungere la pubertà necessita di soddisfare determinate caratteristiche, quali il raggiungimento del 60-70% del peso da adulto ed un BCS di 6-7 (su una scala da 1 a 9). L’asina mantiene la sua attività riproduttiva fino ad un’età di circa 16-18 anni(Pugh 2002).

Una grande differenza che può essere evidenziata nel confronto con la cavalla è la minore influenza della stagionalità sull’attività sessuale dell’asina (Blanchard TL et al., 1999; Ginther OJ et al., 1987)(Ginther et al. 1987; Blanchard et al. 1999), la quale infatti si mantiene ciclica durante tutto l’anno, nonostante delle variazioni stagionali. Alcuni studi hanno infatti evidenziato come le asine nel periodo invernale abbiano un’incidenza ovulatoria inferiore ed un estro più lungo per poi tornare alla normale ciclicità nel periodo primaverile ed estivo (Ginther et al. 1987). Altri invece hanno visto ovulazioni irregolari durante il periodo corrispondente all’anestro del cavallo(Henry et al. 1998). Risulta comunque confermata da tutti gli studi la non stagionalità dell’asina.

Anatomicamente parlando, un altro aspetto per cui l’asina si distingue dalla cavalla riguarda la conformazione della cervice, la quale infatti nella specie asinina risulta più lunga e con un diametro minore che tende ad aumentare progressivamente con il passare degli anni.

Tali caratteristiche sopra descritte della cervice asinina precludono un’eiaculazione intrauterina, rendendo tuttavia cosi molto più difficoltosa l’inseminazione artificiale, e possono inoltre essere associate ad un aumento delle aderenze cervicali post distocia(Vendramini et al. 1997).

La durata media dell’intero ciclo di un’asina ha un range che oscilla tra i 21 e i 26 giorni (Crisci A. et al., 2006).

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1.1.1 Pubertà

Prima del raggiungimento della pubertà il centro tonico dell’ipotalamo presenta una elevata sensibilità nei confronti del feedback negativo dato da piccole concentrazioni di estrogeno, le quali prevengono il rilascio delle quantità di FSH e LH necessarie allo sviluppo dei follicoli ed in seguito all’ovulazione. Arrivati alla pubertà viene a diminuire la risposta del centro tonico al feedback negativo, permettendo così il rilascio da parte del centro tonico di GnRH, il quale fa aumentare di conseguenza la produzione di FSH. L’aumento dell’FSH provoca l’innalzamento della produzione di estrogeni da parte dei follicoli, che arrivati ad una determinata concentrazione innescano un feedback positivo sul centro fasico ipotalamico, causando così l’ovulazione.

Oltre al raggiungimento dell’età pubere, altri fattori che vanno ad influenzare questi cambiamenti ormonali possono essere identificati nello sviluppo corporeo, nel peso, nel periodo dell’anno in cui è nato il soggetto, nonché nel fotoperiodo e nella socializzazione con altri soggetti di entrambi i sessi.

Riguardo alla pubertà sono state date tre definizioni da (Senger 2012)), il quale la ha rispettivamente definita come l’età del primo estro, l’età della prima ovulazione e l’età a cui l’animale può sostenere una gravidanza senza avere effetti collaterali.

Bisogna infatti tenere in considerazione che il primo ciclo estrale non può essere definito come il primo ciclo utile per una gravidanza poiché l’animale non sarebbe in grado di portarla a fondo senza l’insorgere di effetti collaterali.

1.1.2 Anatomia apparato riproduttore

L’apparato riproduttore dell’asina è composto da due ovaie e da una parte tubulare composta da: due ovidotti, due corna dell’utero, un corpo dell’utero, cervice, vagina, vestibolo e vulva. Nell’asina l’apparato riproduttore è molto simile a quello della cavalla, ma vi differenzia per alcuni aspetti. Come prima differenza si può evidenziare che la mole di tutto l’apparato risulta essere maggiore in relazione alla massa corporea (Renner-Martin 2009), altra differenza riguarda le ovaie che risultano essere più craniali rispetto a quelle della cavalla. Inoltre nell’asina sono anatomicamente differenti sia il canale cervicale che la morfologia dei legamenti che sostengano tutto l’apparato.

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1.1.2.1 La Vulva

La vulva si limita ad essere l’apertura verso l’esterno del tratto tubulare ed è formata dalle labbra vulvari che contengono muscoli adibiti all’apertura ed alla chiusa di essa. Inoltre la vulva è composta da tessuti elastici che gli permettono di espandersi molto al momento del parto

1.1.2.2 Il Vestibolo

Si trova subito dopo la vulva e vi si trova la congiunzione tra vestibolo e vagina che è rappresentata dall’anello vestibolo-vaginale il cui compito è quello di impedire l’ingresso dell’aria all’interno del tratto tubulare dell’apparato riproduttore.

1.1.2.3 La Vagina

La vagina è quel tratto riproduttivo che si trova dopo il vestibolo ed ha il compito di espandersi per accogliere il passaggio del pene e del puledro. Il tratto vestibolo-vaginale ha una lunghezza complessiva di circa 18-29 cm con un rapporto vestibolo vagina di 1,2:1. Anatomicamente il punto che separa la vagina dal vestibolo è rappresentato da una piega trasversale che copre l’orificio uretrale esterno.

1.1.2.4 La Cervice

La cervice è lunga circa 4,5-7 cm ed ha una larghezza di 2,8-3.5 cm. Anatomicamente la sua parte caudale si protrude all’interno della vagina e non è rivestita dal peritoneo. Il lume cervicale è compresso grazie alla presenza di pieghe longitudinali che sono continue con le pieghe del corpo dell’utero. Una grande particolarità dell’asina è rappresentata proprio dalle particolari pieghe cervicali che rendono il suo lume tortuoso (Renner-Martin 2009).

La cervice viene considerato l’organo che permette la deposizione in utero dello sperma ma anche l’organo che chiudendosi durante la gravidanza impedisce il passaggio di batteri e funghi che potrebbero causare l’aborto. La cervice produce due tipi di muco, ovvero uno acquoso che ha il compito di lubrificare la vagina ed uno più viscido che ha il compito di aiutare le pieghe a sigillare il lume cervicale durante la gravidanza.

1.1.2.5 L’utero

L’utero presenta una forma ad Y ed è composto da un corpo e due corna, i quali sono lunghi rispettivamente 4,5-7.5 cm e 6,5-13 cm.

L’utero si trova sospeso tra la cavità pelvica e quella addominale grazie al legamento largo che forma la convessura cranioventrale. La parte di legamento largo che si attacca alla parte dorsale dell’utero viene chiamato mesometrio ed origina dalla parete dorsolaterale dell’addome e dalla cavità pelvico-peritoneale. Tale legamento nell’asina è più tirato e distinto rispetto a quello della cavalla (Renner-Martin 2009).

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Il miometrio è composto dallo strato vascolare e dallo strato longitudinale, mentre l’endometrio, che ha la funzione secernente nell’utero, è composto dalla tonaca intima. Il miometrio è più spesso dell’endometrio ed ha la funzione di variare il tono dell’utero nei diversi momenti del ciclo riproduttivo rendendolo pastoso in estro e tonico durante il diestro e il primo periodo di gravidanza.

La vascolarizzazione dell’utero avviene tramite tre arterie e tre vene che origina dal legamento largo, tali vasi sono l’arteria e la vena vaginale, uterina ed ovarica. L’arteria ovarica origina dal tratto addominale dell’aorta e si divide a sua volta in due rami principali dei quali uno irrora le ovaie e si divide a sua in altri due vasi più piccoli, mentre l’altro tratto dell’arteria ovarica irrora la salpinge, la parte craniale del corno uterino ipsilaterale e continua irrorando la mesosalpinge fino ad arrivare alla tuba uterina. L’arteria uterina origina dall’arteria iliaca e si divide nella branca craniale e caudale che irrorano rispettivamente la parte craniale dell’utero e le corna uterine. Infine l’arteria vaginale, che origina dall’arteria pudenda interna, irrora la parte caudale del corpo dell’utero, la vagina e la cervice. (vedi fig.1)

FIG 1-Left lateral aspect of the genital tract in a jenny. 1, aorta abdominalis; 2, arteria ovarica; 3, ramus uterinus of arteria ovarica; 4,arteria uterina; 5, arteria pudenda interna; 6, ramus uterinus of arteriavaginalis; O, left ovary; C, cornu uteri sinistrum; T, ligamentum teresuteri; U, urinary bladder; V, vagina; R, rectum (Renner-Martin 2009)

Il peso dell’utero compresi i legamenti che lo sorreggono è molto variabile ed ha un range che va dai 0,72-1,61 kg ((Renner-Martin 2009)

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L’ovidutto è diviso in tre parti che sono l’infundibulo, che si trova vicino all’ovaia, l’ampolla, cioè la parte centrale, e l’istmo, la parte che si collega con il corno uterino. Invece il legamento della grande borsa ovarica.

1.1.2.7 Le Ovaie

Le ovaie sono la parte più craniale del tratto riproduttivo e sono situate nell’area sotto lombare a livello della quarta e quinta vertebra lombare, sostenute dal legamento largo ed entrambe si trovano a pochi centimetri dal rispettivo rene. L’ovaia destra ha una posizione più craniale rispetto alla sinistra, nel cavallo come nell’asino le ovaie hanno una forma a fagiolo e le dimensioni variano in base al momento riproduttivo .

Ogni ovaia è composta da due superfici (laterale e mediale), due bordi (il dorsale attaccato al legamento ed il ventrale libero) e due poli (craniale e caudale). Tutta la superficie ovarica è ricoperta dal peritoneo tranne il margine dorsale da dove entrano nervi e vasi (Blanchard et al., 2003).

Al suo interno l’ovaia è suddivisa in due tipi di tessuti che sono la midollare e la corticale, con la prima che è più superficiale della seconda. La corticale raggiunge la superficie dell’ovaia soltanto nel margine ventrale dove solitamente avviene l’ovulazione, tale zona viene chiamata fossa dell’ovulazione.

L’ovaia svolge due funzioni importantissime, una esocrina che ha il compito di far sviluppare gameti ed una endocrina che ha il compito di produrre ormoni.

1.1.3 Il Ciclo

1.1.3.1 Estro

Si definisce estro il periodo in cui una fattrice è sessualmente recettiva verso lo stallone, mostrando un comportamento detto estrale, dovuto allo sviluppo del follicolo dominante in assenza di progesterone.

L’asina, come la cavalla, ha un meccanismo di selezione follicolare che tende a limitare il numero di ovulazioni per ciclo estrale ad una (Ginther OJ et al., 2001), reso possibile grazie ad una complessa quanto stretta associazione tra la gonadotropina pituitaria e gli ormoni ovarici. A partire da circa 7-8 giorni successivi alla precedente ovulazione le prime ondate follicolari cominciano a crescere, continuando così per altri circa 6-7 giorni, con una crescita follicolare di 3mm al giorno. Il susseguirsi di comparsa e crescita follicolare è dovuto all’FSH che promuove la crescita di tutti i follicoli presenti fino al sopravvento del follicolo dominante, ovvero quel follicolo che solitamente compare un giorno prima degli altri (Gastal et al., 1997). Tale follicolo durante la fase della crescita comune risulterà quindi di dimensioni maggiori rispetto agli altri.

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Conseguentemente ad un picco di FSH, la concentrazione dello stesso comincerà a diminuire, portando ad un conseguente inizio di produzione di estradiolo ed inibina da parte del follicolo dominante. Questa produzione ha inizio quando il follicolo dominante raggiunge i 21-23mm di diametro (Ginther OJ et al., 2001) ed è fondamentale per il meccanismo di selezione del follicolo ovulatorio (Ginther OJ et al., 2001; Gastal EL et al., 1997). Il follicolo dominante continua tuttavia a crescere nonostante il calo di FSH, grazie all’aumento della sensibilità verso i due ormoni gonadotropi ipofisari dovuto ad un maggiore sviluppo delle cellule della granulosa, conseguente alla imponente concentrazione di estradiolo presente nel follicolo stesso. Contemporaneamente a questo meccanismo, il follicolo produce anche inibina, la quale induce la diminuzione della produzione di FSH da parte della ghiandola pituitaria.

L’estradiolo prodotto dal follicolo dominante è responsabile allo stesso tempo del rilassamento della cervice, stimolando inoltre la formazione dell’edema uterino, l’aumento della consistenza e del volume delle secrezioni uterine, la comparsa del comportamento estrale ed infine il rilascio di un maggior quantità di LH da parte della parte anteriore dell’ipofisi.

Circa uno o due giorni prima dell’ovulazione si assiste ad un picco di estradiolo, seguito poi da una sua diminuzione dovuta alla luteinizzazione delle cellule della granulosa. Contemporaneamente a questo calo di estradiolo viene ad esserci un aumento della produzione di LH, grazie alla quale il follicolo è in grado di concludere la sua crescita e quindi di ovulare. La durata dell’estro nell’asina varia dai 7 agli 11 giorni con un intervallo tra l’inizio dell’estro e l’ovulazione di 5-8 giorni, mentre la distanza tra ovulazione e fine estro di 1-3 giorni.

La dimensione del follicolo preovulatorio spazia dai 30 ai 50 mm (Crisci A. et al. [9]).

1.1.3.2 Diestro

Quando si parla di diestro si fa riferimento ad un periodo di quiescenza tra un estro ed il successivo, nonostante in realtà non esista un vero e proprio periodo di quiescenza, considerando infatti che in tutti i mammiferi le ovaie in questo lasso di tempo attraversano un periodo di forte attività.

Per definizione durante il diestro l’asina presenta un corpo luteo funzionante, il quale nei primi giorni produce basse dosi di progesterone che tendono poi ad aumentare fino al 15° giorno di diestro, quando ha inizio la produzione di prostaglandine a livello dell’endometrio. Tale secrezione viene ad esserci dal 15° giorno poiché in questo periodo i recettori dell’ossitocina a livello endometriale aumentano, permettendo così a tale ormone, prodotto dallo stesso corpo luteo, di legarvisi ed indurre così la produzione di Pg2alfa. In caso in cui quindi non vi sia stata fecondazione, al 4°-5° picco di questo ormone nell’arco della stessa giornata il corpo luteo

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collassa, andando in contro a luteolisi, provocando di conseguenza una diminuzione repentina del progesterone.

Nell’asina come per la cavalla la prostaglandina raggiunge le ovaie attraverso il circolo sistemico.

La durata di questa fase diestrale del ciclo ha un range di 14-19 giorni (Crisci A. et al., 2006).

1.1.3.3 La Stagionalità dell’asina

Nel campo della riproduzione dell’asina un aspetto che è stato a lungo studiato e approfondito riguarda sicuramente la stagionalità riproduttiva tipica della specie. Già a partire dal 1987 si trovano infatti i primi studi riguardo a tale argomento.

Il primo studio è stato condotto da Ginther e collaboratori nello stato del Wisconsin (USA, 43° latitudine Nord). L’osservazione dell’attività riproduttiva di dodici asine (incroci) nell’arco di un anno ha messo in evidenza, in quattro delle dodici asine in esame, una più bassa incidenza delle ovulazioni durante il mese di dicembre associata ad un estro prolungato al momento della ripresa della regolare ciclicità. Nello stesso anno in Brasile (19° latitudine Sud) Henry e collaboratori hanno eseguito uno studio analogo al precedente su tredici asine, otto di razza Pegas e cinque incroci rilevando la presenza di un periodo anovulatorio di 166,3 ± 63,2 giorni (limiti 74-263 giorni).

In apparente contraddizione con quanto emerso dai suddetti primi lavori sulla stagionalità riproduttiva dell’asina, sono i risultati conseguiti da studi successivi.

Nel 1999 Blanchard (Texas, 30°37 latitudine Nord) ha eseguito uno studio su 33 asine di razza Mammoth ass valutando un totale di 81 cicli. Lo studio non ha messo in evidenza alcuna interruzione dell’attività ciclica ne una più bassa incidenza delle ovulazioni in particolari momenti dell'anno.

Nel 2003 Carluccio e collaboratori (Teramo, 42°65 latitudine Nord), monitorando per un totale di 65 cicli riproduttivi cinque asine di razza Martina Franca, non hanno rilevato alcuna presenza di un periodo anovulatorio. Infine, anche due studi condotti a Pisa (43°68 latitudine Nord) il primo su 4 asine di razza Pantesca e otto di razza Ragusana per un totale di 43 cicli (Panzani et al., 2004) ed il secondo su quattro asine di razza amiatina (Crisci et al., 2006) non hanno rilevato la presenza di un fenomeno riferibile all’anestro stagionale.

In conclusione quindi, come tutti gli studi sopra elencati dimostrano, l’asina può esssere considerata una specie la cui stagionalità riproduttiva è influenzata fortemente dal fattore latitudine. Si può infatti evidenziare come ad alcune latitudini l’asina può essere considerata a

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tutti gli effetti come una specie poliestrale stagionale, analogamente alla cavalla, mentre ad altre presenta una ciclicità di tipo continuo.

1.2 Comportamento Riproduttivo

1.2.1 La Femmina

Il comportamento estrale della femmina nella specie asinina si differenzia molto da quello della cavalla, e le manifestazioni sono molto più marcate rispetto a quest’ultima.

Gli atteggiamenti più indicativi dell’estro nell’asina sono individuabili in testa bassa con collo esteso in avanti, apertura e chiusura della bocca, orecchie portato all’indietro sul collo, arti posteriori allargati, coda alzata dal perineo e messa in evidenza del perineo alla vista del maschio. Tra questi elementi il più evidente è sicuramente riscontrabile nei tipici movimenti della bocca conosciuti come jawing, yawing o clapping. Questo atteggiamento di apertura e chiusura della bocca, mantenendo contemporaneamente le labbra rilassate, il collo esteso e le orecchie indietro, produce un tipico rumore che si rende udibile fino ad alcuni metri di distanza. Alcuni comportamenti manifestati dall’asina, soprattutto alla vista iniziale del maschio, possono risultare controversi, poiché all’inizio del corteggiamento può comunque dare segni di fuga e movimenti di scarto, per fermarsi in seguito all’improvviso, mostrando a questo punto in maniera inconfondibile le sue manifestazioni estrali.

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Photo by Sue M. McDonnell, 1998, Carlos Chagas, Minas Gerais, Brazil.

Allo stato brado, quando più asine del solito harem sono in calore contemporaneamente, esse tendono a formare un gruppo separato di femmine attive sessualmente, per andare a posizionarsi ad una piccola distanza dalla zona di riposo preferita dallo stallone. Una volta raggiunta la zona ricercata, esse periodicamente vocalizzano e mostrano atteggiamenti sia eterotipici che omotipici all’interno del loro gruppo. Per comportamenti eterotopici si intende il montarsi, muoversi in branco, rincorrersi, annusarsi, mordicchiarsi e fare il flehmen, mentre per comportamenti omotipici ci si riferisce a quelli riconducibili direttamente all’estro. Grazie a questa moltitudine di comportamenti e vocalizzazioni del gruppo, tali femmine riescono nell’obbiettivo di attrarre l’attenzione dello stallone vicino (McDonnell S. M, 1998).

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Photo by Sue M. McDonnell, 1998, Carlos Chagas, Minas Gerais, Brazil.

1.2.2 Il Maschio

Il comportamento sessuale dello stallone si concentra principalmente sulla difesa dei confini del territorio, l’investigazione degli escrementi delle femmine che in seguito ricopre con l’urina, ed infine l’attenzione e la cura nei confronti del gruppo sessualmente attivo o delle asine in calore. In quest’ultima attività il maschio trascorre la maggior parte del tempo vicino all’area di riposo, montando le asine ma tenendole contemporaneamente ad una distanza tollerabile dalla sua zona. Il comportamento pre-copulatorio prevede particolari atteggiamenti quali il contatto naso-naso, il mordersi ed annusarsi regioni quali testa, collo, fianco, perineo e coda, l’investigazione olfattiva di feci od urine ed il flehmen.

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Solitamente il maschio interagisce con le femmine solitamente per brevi periodi, intervallati al ritirarsi nell’area di riposo. Durante questi approcci l’asino può anche montare la femmina senza erezione.

Una volta raggiunta l’erezione il maschio si approccia alla femmina per concludere l’atto di accoppiamento, concluso il quale torna all’area di riposo dove rimane senza alcun cenno di una successiva attività sessuale per circa 90 minuti.

1.3 La Gravidanza

Per quanto riguarda la diagnosi di gravidanza si può effettuare per via transrettale come nella cavalla intorno ai 14-18 giorni dopo l’ovulazione.

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Il management della gravidanza dell’asina può essere sovrapposto a quello della cavalla, provvedendo a vaccinazioni a rispettivamente 5,7 e 9 mesi per l’Equine Herpes virus di tipo 1 (EHV-1), e ad una vaccinazione per Influenza e Tetano un mese prima del parto previsto (Tewarl SC et al., 1994).

I corpi lutei accessori compaiono in un periodo che oscilla tra i 38-46 giorni post ovulazione. Gli ormoni della gravidanza raggiungono gli stessi livelli della cavalla per quanto riguarda estradiolo e progesterone (Meira C. et al., 1998). Al contrario è stata vista una notevole variazione nei livelli di gonadotropina corionica equina (eCG), la quale risulta dipendere dal genotipo sia della madre che del feto. Si è visto come infatti un’asina gravida di un feto di asino risulta avere un livello di eCG pari alla metà o un terzo di quello di una fattrice gravida di un feto di cavallo. Nel medesimo studio è stato notato come una cavalla che porta un feto di mulo produca livelli di eCG un quarto più bassi del suo solito, mentre un’asina con in grembo un feto di bardotto produca un livello di eCG doppio di quello di una cavalla e quadruplo di quello di un’asina (Allen WR., 1969).

La gestazione dell’asina dura dai 372 ai 374 giorni e gli atteggiamenti preparto sono simili a quelli della cavalla, in quanto si noti come diventi irrequieta, aumenti il volume della mammella e la vulva si rilassi. Il parto avviene con l’asina in decubito laterale.

Il calore del parto si manifesta 5-13 giorni dopo il parto, ed anche l’involuzione uterina e la ripresa di ciclicità risultano simili a quelle della cavalla.

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Capitolo 2

L’Ecografia

2.1 Principi dell’Ecografia

2.1.1 Gli Ultrasuoni

Gli ultrasuoni sono onde sonore e consistono in vibrazioni meccaniche oscillatorie che si propagano nei mezzi materiali, solidi, liquidi o gassosi e vengono prodotte per mezzo di energia meccanica. Quindi l’ultrasuono è un’onda acustica ad altissima frequenza che supera la soglia di udibilità dell’orecchio umano (20-20000 Hz) e che si propaga in maniera ondulatoria. Gli ultrasuoni sono caratterizzati da cinque grandezze:

1. Frequenza (f): numero di oscillazioni (onde) compiute nell’unità di tempo (secondo) ed è espressa in cicli per secondo o Hertz (Hz). La frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda e perciò al grado di penetrazione.

2. Lunghezza d’onda (λ): distanza percorsa da un’onda in un ciclo, cioè la distanza tra due picchi di compressione o rarefazione.

3. Velocità (V): distanza percorsa dall’onda nell’unità di tempo, cioè la frequenza per la lunghezza d’onda espressa in m/sec. 𝑉 = λ x f

4. Intensità del fascio: esprime la quantità di energia che attraversa nell’unità di tempo una superficie posta ortogonalmente rispetto la direzione di propagazione del fascio. Questa grandezza è in relazione alla potenza del fascio, che esprime invece la quantità di energia trasportata dal fascio nell’unità di tempo. Intensità= energia posseduta dagli ultrasuoni. 5. Periodo: tempo che intercorre tra il passaggio di due fronti d’onda nello stesso punto. Inoltre la velocità di propagazione degli ultrasuoni dipende non solo dalla frequenza e dalla lunghezza d’onda ma anche dalle caratteristiche fisiche del materiale attraversato, ovvero dalla densità e in parte dalla rigidità di esso. Per tanto tanto più il tessuto da attraversare sarà denso, tanto maggiore sarà la velocità degli ultrasuoni all’interno di esso.

Tutti i parenchimi, l’acqua e i tessuti molli hanno una velocità di ultrasuoni che va dai 1540 m/s ai 1620 m/s, mentre l’aria e l’osso hanno una velocità rispettivamente di 330 m/s e 4080 m/s. Ciò ci porta a capire l’unico limite dell’ecografia, quello di non poter studiare le ossa.

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2.1.2 Principi di funzionamento di un ecografo

L’ecografo è costituito da due parti il software e l’emettitore di fasci pulsati di ultrasuoni, comunemente chiamata sonda o trasduttore. Nella sonda vi sono dei cristalli, detti piezoelettrici, che hanno la proprietà di vibrare se sottoposti ad una tensione elettrica e tali cristalli hanno la funzione sia di emettere che ricevere ultrasuoni.

Infatti il principio di funzionamento dell’ecografo è proprio quello di far vibrare tramite impulso elettrico questi cristalli che così emettono degli ultrasuoni, tali ultrasuoni si propagano fino al primo ostacolo ed a questo punto una parte di essi torna indietro mentre un'altra parte attraversa l’ostacolo e continua la sua corsa. La parte di ultrasuoni che torna verso la sonda viene nuovamente captata dai cristalli piezoelettrici della sonda che li trasformano in un impulso elettrico elaborato a sua volta dal software dell’ecografo in un’immagine in bianco e nero. Le informazioni che mi porta il fascio che torna alla sonda sono di due tipi:

1. Cosa ha incontrato e che caratteristiche aveva, ovvero la densità. Tali informazioni vengono trasformate sull’ecografo in scale di grigi che indicano la densità che vanno dal bianco o iperecogeno al nero o ipoecogeno.

2. Dove ha incontrato quella cosa, ovvero a che distanza dalla sonda.

2.1.2. Le sonde

La frequenza emessa da una sonda dipende dalla disposizione dei cristalli piezoelettrici sulla banda di scannerizzazione. Un tempo le sonde potevano avere solamente delle frequenze prestabilite e quindi l’ecografista per fare le ecografie a diverse profondità doveva avere più sonde collegate contemporaneamente all’ecografo. Oggi invece le sonde moderne ci permettono di esplorare più campi con la stessa sonda cambiando dall’ecografo direttamente la frequenza senza perdere la qualità dell’immagine. Le frequenze principali dei trasduttori sono: 7.5-10 MHz che vengono utilizzate soprattutto sui cani e sui gatti, 5 MHz utilizzate per i cani di media tagli e per le ecografie transrettali nei grossi animali ed infine 3 MHz utilizzate per i cani di grossa taglia e per le eco dei grossi animali.

I tipi di sonde che attualmente vengono maggiormente utilizzate in medicina veterinaria sono tre:

1. Sonda lineare: formata da cristalli disposti in linea all’interno di una banda scannerizzante a forma di barra i cui brevi fasci sono diffusi attraverso un campo rettangolare. Tuttavia alcune sonde lineari possono avere un area di contatto maggiore di quelle settoriali.

2. Sonde convex: hanno la banda di scannerizzazione con una forma convessa che gli permettere di produrre un’immagine settoriale con un campo di visione più ampio

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rispetto alla sonda lineare. La sonda si può trovare in varie dimensioni e frequenze in base alle necessità di utilizzo

3. Sonde a fascio orientabile: il fascio di ultrasuoni in questo tipo di sondo può essere direzionato in diverse direzioni e impostato a diversi livelli di profondità.

2.1.3 Qualità dell’immagine

La qualità dell’immagine ecografica si ottiene grazie ad un buon rapporto tra la risoluzione assiale, laterale, temporale e di contrasto.

La prima indica la capacità di distinguere due elementi situati sullo stesso asse di propagazione del fascio ultrasonoro in modo tale che risultino chiaramente ben distinguibili sull’immagine del monitor. Tale risoluzione aumenta all’aumentare della frequenza, ma essa è anche contemporaneamente inversamente proporzionale al potere di penetrazione del fascio. Perciò le basse frequenze di emissione permettono una penetrazione maggiore del fascio ma un’immagine di qualità inferiore mentre le alte frequenze permettono di ottenere immagini qualitativamente migliori, ma consentono di osservare solo le strutture superficiali.

La risoluzione laterale è la capacità di valutare due elementi vicini (lateralmente) che si trovano su di un piano perpendicolare all’asse del fascio ultrasonoro. È uguale al precedente solo che invece di essere lungo l’asse del fascio è sulla parte laterale (piano ortogonale al precedente). La risoluzione temporale è la capacità di evidenziare rapidi movimenti delle parti da esaminare. Si misura con il frame rate, cioè le immagini per secondo (aumentando il numero della focalizzazione utilizzata e la profondità di esame, diminuisce il frame rate).

La risoluzione di contrasto, infine, non è direttamente legata alla frequenza ed esprime la scal dei grigi. La scala dei grigi o contrasto siamo noi che decidiamo come adeguarla all’immagine che stiamo vedendo. Questa risoluzione non è altro che una manopola che regola il chiaro/scuro. Importanti per la risoluzione di contrasto sono i livelli di grigio e i guadagni. I primi sono un parametro fisso legato alle caratteristiche tecniche dell’apparecchio, cioè i bits per pixel che determinano il livello di grigio: più è elevato questo valore, migliore è la qualità. Invece i guadagni sono un sistema di amplificazione degli echi che nel tragitto di ritorno subiscono una diminuzione di ampiezza. A tale scopo si usa un amplificatore che aumenta il guadagno aumentando la distanza di penetrazione, si parla quindi di compensazione di profondità (Time Gain Compensation – TGC). Questo coefficiente di amplificazione dipende da tempo utilizzato dall’eco per ritornare alla sonda e grazie a tale tecnica è possibile aumentare specificatamente l’ampiezza degli echi di ritorno alla sonda dalle zone più profonde.

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2.1.4 Formazione delle immagini

Esistono 4 modalità fondamentali di rappresentazione degli echi di ritorno che sono l’A-mode, la B-mode, la M-mode e la D-mode.

La A-mode (Amplitude mode) è un sistema ormai obsoleto dove gli echi sono rappresentati come picchi su una linea luminosa orizzontale detta base e l’altezza di ogni picco è proporzionale all’intensità delle onde riflesse (fig-2). Quindi questa tecnica valuta solo una dimensione che è quella della direzione del fascio. Utilizza oggi solo in alcune patologie oftalmiche.

Fig2- rappresentazione di un’ecografia in A-mode ( https://www.slideshare.net/MUBOSScz/ultrasound-diagnostics-fin)

Nella modalità B-mode (brightness mode) gli echi riflessi vengono rappresentati come un punto la cui luminosità o livello di grigio è proporzionale all’ampiezza dell’ecografia. Con il B-mode l’immagine viene costruita convertendole onde riflesse in segnali di luminosità differente a seconda dell’ampiezza dell’ecografia. Infatti gli echi di maggiore intensità sono rappresentati da punti bianchi, luminosi, mentre le strutture che non producono echi vengono segnalate con

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dei punti neri, passando per tutta la gamma dei grigi (fig-3). L’immagine ecografica sul monitor apparirà come un piano tomografico.

Fig 3- ecografia in B-mode di un’ovaia

(https://www.glowm.com/section_view/heading/Transvaginal%20ultrasonography%20and%20female%20infertil ity/item/325)

La formazione delle immagini in M-mode o TM-mode (Motion mode o Time-Motion) è la rappresentazione contemporanea della luminosità degli echi e della funzione tempo. In questo tipo di trasformazione l’immagine è monodimensionale come l’A-mode, ogni picco è rappresentato da un punto luminoso che determina la posizione dell’eco e si muove con il movimento della struttura in esame ed infine la luminosità del punto risulta proporzionale con il movimento della struttura in esame. L’M-mode viene usato soprattutto in ecocardiografia perché fa vedere il cuore che si muove come se fosse un ecg. Spesso l’M-mode può essere abbinato al B-mode ottenendo così il B/M-mode.

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Fig 4- rappresentazione dell’immagine in B/M-mode della valvola mitrale (http://www.criticalecho.com/content/tutorial-2-modes-ultrasound)

Infine la D-mode (Doppler mode) si basa sul rilevare le frequenze shift del Doppler riflesse dai globuli rossi che si allontanano o si avvicina alla sonda.

Il doppler utilizza due metodi per valutare i vasi:

1. Il color Doppler dove la circolazione sanguigna viene rappresentata su un’immagine in B-mode della struttura o dell’organo che stiamo analizzando.

2. Lo spectral doppler pulsato che rappresenta il cambiamento della velocita arteriosa di una piccola area.

3.

2.2 Storia dell’Ecodoppler

2.2.1 Spectral Doppler

La prima applicazione dell’ecografia doppler in medicina risale alla fine degli anni ‘50, grazie alla possibilità di poter applicare un’innovazione tecnologica mai vista fino a quel momento. Il

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primo ecografo doppler venne sviluppato da Shigeo Satomura dell’Istituto di ricerca dell’Università di Osaka in Giappone ed aveva lo scopo di registrare e riportare le variazioni di movimento delle valvole cardiache (Satomusa, 1957). In seguito Satomura, basandosi sui suoi studi, ipotizzò che tramite l'ecografia Doppler fosse inoltre possibile studiare la circolazione sanguigna attraverso la cute. Fu così che negli anni’60 lo stesso Satomura insieme a Kaneko furono i primi a costruire un ecografo in grado di misurare il flusso sanguigno (Satomura, S. et al., 1960).

Un importante passo in avanti in questa tecnica si registra ad opera di un team di ricercatori dell’università di Washington. A far parte di questo gruppo di studio vi erano il fisico Robert Rushmere e l’ingegnere Dean Franklin, i quali svilupparono il prototipo di uno strumento Doppler ad onde continue che permise loro di valutare la circolazione sanguigna tramite la variazione di frequenza Doppler (Franklin, Dean L. et al., 1961). Questo strumento fu successivamente perfezionato dal medesimo team, con la creazione di un dispositivo portatile, fino a quando a metà degli anni ‘60 fu fatto il primo test clinico da Eugene Stradness.

Il primo dispositivo Doppler ad onde pulsate fu invece sviluppato da un team di ricerca di Seattle in cui lavoravano Donald Barker, Dennis Watkins e John Reid a partire dal 1966 (Baker, Donald W., 1970). Oltre a questi ultimi, altri pionieri del Doppler pulsato furono l’inglese Wells (Wells, P. NT, 1969) e il francese Peronneau (Peronneau, Pierre A., 1969).

Questo stesso gruppo fu anche l’artefice dello sviluppo e della costruzione di un dispositivo duplex Doppler, basato su una testa meccanica a scanning settoriale nella quale si trova un unico cristallo trasduttore capace di mandare sia l’immagine ecografica che quella Doppler. Tale tecnica permette quindi all’ecografista di identificare prima l’area di interesse, e solo successivamente attivare il doppler. Quest'ultima è stata una grandissima innovazione che ha permesso di migliorare la tecnica ecografica.

2.2.2 Color Doppler

Tuttavia lo spectral Doppler, fornendo informazioni tramite ultrasuoni che viaggiavano su un piano unidimensionale, permetteva di vedere solamente la velocità del flusso. Questa limitazione ha fatto sì che proseguisse la ricerca per lo sviluppo di un nuovo metodo che permettesse di vedere in tempo reale l’immagine doppler in due dimensioni, al fine di migliorare ed aumentare la possibilità di diagnosticare problemi emodinamici e di struttura a livello del sistema cardio-circolatorio.

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I primi studi per sviluppare tale tecnica portarono a variazioni invasive e non nell’approccio ecocardiografico, tra cui l’utilizzo di mezzo di contrasto per ottenere informazioni sullo schema della circolazione sanguigna durante ecocardiografia in due dimensioni (Gramiak et al., 1969) e lo sviluppo di un sistema duplex Doppler multicanale (Fish, P. J, 1975). L’ecografia in spectral doppler utilizzata per queste tecniche permette di avere con velocità i risultati, ma in una singola banda.

Lo sviluppo verso un utilizzo bidimensionale del Doppler rappresenta il maggiore progresso nel campo della tecnologia, e ciò si è reso possibile grazie all’inserimento innovativo di due componenti fondamentali per processare il segnale Doppler. Il primo consiste nell'applicazione di un sistema di filtraggio “del bersaglio in movimento” utilizzato dai sistemi radar (Angelson et al., 1979), che permette di rimuovere il disordine di grande ampiezza/bassa velocità generato dal movimento del tessuto strutturale e delle pareti dei vasi. Il secondo, invece, è costituito dallo sviluppo dell’autocorrelatore, ovvero uno strumento in grado di processare i dati della fase shift del Doppler dall’area di ecografia bidimensionale in tempo reale, rendendo così possibile la mappatura del flusso nel doppler bidimensionale.

Nel 1983 un gruppo giapponese, di cui facevano parte tra gli altri Omoto, Namekawa e Kasai, riportò l’utilizzo di un prototipo di ecografo con queste nuove caratteristiche in grado di analizzare il flusso cardiaco (Omoto, Ryozo, et al., 1983).

2.2.3 Introduzione del Doppler in ginecologia ed ostetricia

L’ecografia Doppler è stata utilizzata per la prima volta nel campo dell’ostetricia per il rilevamento del movimento cardiaco del cuore del feto (Callagan, D. A. et al. [24]). Inizialmente lo scopo era solamente quello di rilevare la frequenza cardiaca, mentre in seguito si è passati al suo utilizzo come tecnica non invasiva di monitoraggio continuo della frequenza fetale.

Ad oggi tra i più comuni utilizzi dell’ecografia doppler nell’ostetricia, attraverso un sistema relativamente semplice basato su l’ecografia Doppler ad onde continue, vi è la determinazione della frequenza cardiaca fetale attraverso la parete cardiaca e la corrispondente motilità valvolare.

A differenza dell’ostetricia, nel campo della ginecologia i primi utilizzi dell’eco doppler risalgono alla metà degli anni ‘80. Taylor e colleghi furono i primi ad utilizzare le onde Doppler per analizzare la circolazione uterina e ovarica grazie all’uso di uno strumento Duplex doppler pulsato (Taylor, K. J. W. Et al., 1964). Successivamente a questo studio, ulteriori ricerche sono

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state eseguite riguardo al color doppler con utilizzo transvaginale (Kurjak, Asim, et al., 1985) ed al duplex color doppler transvaginale (Thaler, Israel, et al., 1990) dei vasi pelvici. Da metà degli anni ‘80 fino ai primi anni ‘90 l’utilizzo del color Doppler in ginecologia ha fatto grandissimi progressi prendendo sempre più campo come pratica comune nel mondo veterinario.

2.2 L’effetto Doppler

L’effetto Doppler è la variazione di frequenza di un’onda quando sia la sorgente che l’elemento da analizzare sono in movimento l’uno rispetto all’altro. Quindi l’effetto doppler (Doppler Shift) si ha sia che l’osservatore si muove rispetto alla sorgente sia che la sorgente si muova rispetto ad un osservatore in un punto fisso.

In tal modo quando un’onda è riflessa su un oggetto in movimento, la parte riflessa cambia la propria frequenza in funzione della velocità riflessa, permettendo al computer dell’ecografo, che conosce la frequenza originale emessa, di calcolare la velocità del mezzo su cui si è riflessa l’onda. Tale informazione sulla velocità è rappresentata sul monitor dell’ecografo a colori, solitamente blu e rosso, a seconda se si tratti di una velocità in avvicinamento o in allontanamento. L’intensità del colore è collegata alla frequenza dell’onda di ritorno.

Dell’effetto Doppler sono possibili tre modi interpretativi che sono il Color Doppler, il Doppler pulsato ed il Power Doppler. Nella modalità Doppler il sistema fornisce anche un segnale acustico che simula il flusso del sangue, tuttavia si tratta di un segnale virtuale che non esiste utilizzato solamente per comodità.

Il Color Doppler fornisce una stima media della velocità del flusso della zona che stiamo analizzando attraverso una codifica a colori che si sovrappone alla scala di grigi. I colori vanno dal blu al rosso con tutte le varie sfumature e con il colore blu viene indicato un segnale che va verso il trasduttore mentre con il colore rosso un segnale che si allontana dal trasduttore.

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Fig 5- ecografia in color Doppler ad un rene

Il Doppler pulsato invece ci consente di selezionare un volume nel vaso e di visualizzarlo con un’immagine in scala di grigi, mostrando lo spettro del range di tutte le velocita del sangue in funzione del tempo (al contrario del Color Doppler che ci fa vedere solo la velocità media).

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Infine il power Doppler che non è usato molto di routine nelle analisi del flusso arterioso e mostra l’ampiezza del segnale doppler invece della frequenza shift. Questo consente una migliore visualizzazione dei piccoli vasi, a scapito di informazioni riguardanti la direzione e la velocità.

2.3 Il Doppler nella Riproduzione

Nel campo dei grossi animali, l’ecografia Doppler è una tecnica non invasiva e con risultati in tempo reale ad onde pulsate che viene usata transrettalmente per studiare l’emodinamica dell’apparto riproduttore. L’introduzione di questa nuova tecnologia nella riproduzione ha permesso di rivalutare tutti i concetti di fisiologia dell’apparato riproduttore, dimostrandosi un utile mezzo per la valutazione in vivo del tratto riproduttivo ed aumentando allo stesso tempo le capacità diagnostiche, di monitoraggio e di predizione nell'ambito della riproduzione veterinaria (Ginther O.J., 2007).

Agli inizi degli anni 2000 l’utilizzo del Doppler nella valutazione della circolazione dell’apparato riproduttore ha preso campo anche nella veterinaria soprattutto per dimostrare le variazioni circolatorie a livello uterino durante il periodo del ciclo estrale e della gravidanza. Il color Doppler in questi ultimi anni viene inoltre utilizzato per prevedere la fertilità del follicolo dominante nella cavalla (L.A. Silva et al., 2006) e nel bovino (Siddiqui MA et al.). In particolare tale tecnica nella specie equina è molto utile per posizionare correttamente il futuro embrione (L.A. Silva et al., 2006), per avere delucidazioni sulla relazione tra recupero oociti, maturazioni oociti e circolazione relativa ai follicoli ovarici (O.J. Ginther et al., 2007), ed infine per lo studio del corpo luteo durante il suo sviluppo e la successiva luteolisi sia nel cavallo che nel bovino (T.J. Acosta et al., 2002; T.J. Acosta et al., 2003; O.J. Ginther et al., 2007).

2.4 Doppler Corpo Luteo

Nel passato lo studio del corpo luteo e della sua funzionalità avveniva solamente attraverso l’utilizzo dell’ecografia in B-mode (Ginther OJ., 1992; D.R. Bergfelt et al., 1992), oltre

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all'utilizzo del dosaggio del progesterone vascolare (M.J. Evans et al., 1975; H. Meinecke et al., 1987).

Successivamente si è visto come la circolazione del corpo luteo(CL) sia di estrema importanza sia per la sua formazione che per la sua stessa funzionalità (Sugino N et al., 2008; Niswender GD et al., 1976; Wiltbank MC et al., 1988; Sugino N etal., 2001; Miyamoto A et al., 2005; Matsuoka-Sakata A et al., 2006). Infatti un adeguato apporto sanguigno al CL è fondamentale per fornire alle sue cellule una giusta quantità di colesterolo, il quale è necessario per la sintesi ed il successivo rilascio a livello sistemico del progesterone. Tale importanza conferita alla circolazione relativa al CL ha portato alla soluzione di prendere in considerazione il color Doppler come tecnica non invasiva di studio della funzionalità e della vascolarizzazione del CL (Kupesic S et al., 1997; Miyazaki T et al., 1998; Ottander U et al., 2004; Tamura H et al., 2008).

In medicina umana è stato riportato come il cambiamento della circolazione nel CL influenzi sia la sua funzione che la fase luteinica, inoltre è stato visto come la quantità di circolazione influenzi la concentrazione del progesterone nel mezzo della fase luteinica (Tamura H et al., 2008).

Nei grossi animali sono stati fatti diversi studi riguardanti l’utilizzo dell’eco color Doppler per osservare la funzionalità del corpo luteo. È stato così notato grazie al color Doppler come nel bovino la circolazione aumenti prima del diminuire del progesterone sia nella luteolisi spontanea che indotta, mentre nel cavallo non vi sia alcuna variazione significativa della circolazione prima della luteolisi. Tuttavia il corpo luteo del cavallo si presta molto bene agli studi tramite color Doppler grazie alle sue grosse dimensioni, alla quantità di vasi che lo perfondono ed alla grande sensibilità dello stesso alle prostaglandine.

Nel 2007 è stata fatta una review da parte di Herzog nella quale veniva spiegata l’utilità dell’ecografia color Doppler per l’apparato riproduttore con particolare interesse alla circolazione uterina e al corpo luteo. In questo studio è stato osservato i cambiamenti durante il ciclo della circolazione del corpo luteo, con particolare attenzione al rapporto tra area del corpo luteo e somma dei pixel della vascolarizzazione ed al rapporto tra circolazione del corpo luteo e livelli di progesterone all’interno del sangue. È stato, infatti, evidenziato come ci sia una grande relazione tra la circolazione del corpo luteo e la concentrazione di progesterone nel sangue. Inoltre hanno osservato che esiste anche una relazione, anche se minore rispetto alla precedente, tra lo sviluppo dell’area del corpo luteo durante il ciclo e la vascolarizzazione intorno ad esso. Grazie a ciò sono arrivati alla conclusione che i cambiamenti morfologici del corpo luteo (come l’area) non sono così evidenti come quelli fisiologici, cioè la circolazione intorno al corpo luteo e la quantità di progesterone in circolo.

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Nel medesimo studio Herzog ha osservato i cambiamenti della perfusione del corpo luteo durante la luteolisi sia spontanea che indotta dall’utilizzo delle prostaglandine. Con questa ricerca è stato notato come nella vacca verso il 17°-18° giorno dall’ovulazione abbiamo un innalzamento improvviso di perfusione del corpo luteo che avviane anche nella lisi indotta circa mezz’ora dopo la somministrazione delle PGF2alfa, che viene poi seguito da una involuzione della circolazione del corpo luteo e da una diminuzione del progesterone in circolo. Ciò ha permesso di capire che questo momentaneo aumento della perfusione del corpo luteo è necessario per il processo di vasocostrizione che porta alla luteolisi. È stato visto anche una diminuzione del diametro del corpo luteo ma ciò avviene solitamente con due tre giorni di ritardo (Herzog et al., 2007).

Un lavoro sul cavallo invece è stato fatto da Bollwein nel 2001 per descrivere l’importanza e l’andamento della circolazione nel corpo luteo della cavalla. Da tale lavoro è stato evidenziato che la perfusione del corpo luteo è fondamentale per la sintesi di progesterone e di altri ormoni steroidei prodotti dalle cellule luteali, infatti Bollwein e i suoi collaboratori hanno effettuato questo studio per vedere tramite l’utilizzo di eco color Doppler la correlazione tra perfusione sanguinea, area del corpo luteo e livelli di progesterone. Durante questo studio è stato notato come il livello di perfusione raggiunge il suo massimo intorno al 5° giorno dall’ovulazione mentre i livelli di progesterone nel sangue crescono fino al 7° giorno, analogamente l’involuzione della circolazione avviene a metà diestro con due giorni di anticipo rispetto al diminuire dei livelli di progesterone nel sangue. Al contrario hanno notato come l’area del copro luteo non vari il suo volume in relazione alle variazioni della circolazione ma in relazione aii cambiamenti del progesterone circolante (Bollwein et al., 2001).

Dember et al. e Hossain et al. hanno studiato le variazioni della circolazione del corpo luteo anche nei ratti e nei porcellini d’India, arrivando alla medesima conclusione che i livelli di perfusione raggiungono i loro massimi livelli prima del picco di progesterone nel sangue (Dember et al., 1981; Hossain et al., 1979).

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Capitolo 3

La luteolisi

3.1 Luteolisi spontanea

La lisi del corpo luteo è indotta dalla prostaglandina, un ormone prodotto a livello uterino. Tale ormone svolge diverse funzioni, tra le quali tuttavia quella luteolitica viene considerata la più importante per quanto riguarda l’apparato riproduttore. Il ruolo fondamentale delle prostaglandine all’interno del meccanismo della luteolisi è stato scoperto ben 35 anni fa, evidenziando come la lisi ciclica del corpo luteo sia indotta da picchi di PGf2alfa, la quale viene rilasciata dall’endometrio intorno al 14-16 giorno dopo l’ovulazione (Kendall H et al., 1982; Douglas RH et al., 1951). È stato inoltre dimostrato come le prostaglandine per raggiungere la circolazione ovarica abbiano percorsi differenti a seconda delle specie. Infatti nella specie bovina il 95% delle prostaglandine prodotte, una volta escrete dall’endometrio, possono raggiungere direttamente le ovaie grazie alla particolare conformazione anatomica del sistema circolatorio dell’apparato riproduttore. Al contrario nella specie equina le prostaglandine devono raggiungere le ovaie passando attraverso il circolo sistemico.

Questo particolare risulta di estrema importanza poiché nella cavalla l’ormone prodotto deve obbligatoriamente passare attraverso i polmoni, dove ne viene distrutto circa il 60%, sottolineando così la necessità di una grandissima sensibilità alla PGf2alfa da parte della fattrice. Negli ultimi 15 anni è venuto inoltre alla luce il ruolo fondamentale che l’ossitocina svolge nella secrezione della prostaglandina. È infatti ormai accertato come sia l’ossitocina prodotta dall’ipotalamo (Vanderwall DK et al., 1998) che quella prodotta dall’endometrio (Behrendt-Adam CY et al., 2000; Stout TAE et al., 2000; Watson ED et al., 2000) stimolino la produzione uterina di PGf2alfa (Goff AK et al., 1987), e come essa stessa sia rilasciata in risposta alla PGF2alfa, completando così il loop di feedback positivo che porta ai conseguenti picchi di PGf2alfa necessari per completare la luteolisi.

In breve la luteolisi ciclica delle fattrici è composta da due aspetti critici. Il primo riguarda lo sviluppo dei recettori uterini per l’ossitocina con il conseguente inizio del rilascio delle prostaglandine a partire da 10 giorni dopo l’ovulazione (Goff AK et al., 1987; Stout TAE et al.,

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1999). Il secondo si riscontra nell’up-regulation dei recettori COX-2 nell’endometrio che porta ad un aumento della produzione della PGF2alfa tra il 13° e il 15° giorno dopo l’ovulazione (Boerboom D et al., 2004). Tuttavia nonostante ormai sia ben chiaro che l’estrogeno, il progesterone e i loro relativi recettori siano gli strumenti che portano alla cascata luteolitica (McDowell KJ et al., 1999), non è ancora ben definito con quale meccanismo essi agiscano, né quale influenza abbia il loop del feedback luteolitico di PGF2allfa-ossitocina all’inizio di questo avvenimento.

Nonostante la prostaglandina sia il principale mezzo per la distruzione del CL non è chiaro come essa svolga la sua funzione, anche se si presuppone che il suo effetto sia dato dalla vasocostrizione, dal ridotto trasporto nelle cellule luteali di colesterolo intracellulare e dalla stimolazione di un flusso di leucociti, i quali a turno rilasciano citochine capaci di indurre l’apoptosi delle cellule luteali ed il rimodellamento della matrice luteale (Weems CW et al., 2006).

3.2 PGF2alfa

3.2.1 PGF2alfa storia, dosaggio e somministrazione

In uno studio nel 1972 è stato riportato come l’utilizzo della PGF2alfa causi la lisi del corpo luteo, facendo così tornare le cavalle in calore circa 3-4 giorni dopo tale trattamento (Douglas RH et al., 1972). Da quel momento la prostaglandina ha trovato un vasto impiego nella riproduzione della cavalla. Essa infatti viene utilizzata per manipolare cicli estrali, siano questi normali o patologici, terminare precocemente le gravidanze, sincronizzare fattrici per l’accoppiamento o per l’embryo transfert, indurre la secrezione di gonadotropina, ed infine per il trattamento di infezioni uterine.

Le due principali PGF2alfa utilizzate nella pratica veterinaria equina sono la PGF2alfa naturale dinoprost tromethamine (Lutalyse®; Pfizer Animal Health, New York) ed un analogo sintetico della prostaglandina, il cloprostenolo (Estrumate®; Schering-Plough Animal Health Corp., Union, NJ). Recentemente sono stati sviluppati e diffusi in Europa altri due prodotti per cavalli che sono il luprostiolo (Prosolvin®; Virbac Animal Health, Bury St Edmunds, UK) ed un analogo della PGF2alfa, il d-cloprostenolo (Genestran®; Dr E. Graeub AG, Bern, Switzerland). Altri analoghi della prostaglandina sono inoltre il fluprostenolo, il frenprostalene e l’alfaprostenolo che pero sono stati ritirati dal commercio.

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La dose standard raccomandata per un cavallo di 500kg è 5-10mg per il dinoprost tromethamine (10-20µg/kg), 7,5mg per il luprostiolo (15µg/kg), 250µg per il cloprostenolo (0,55µg/kg) e 22,5-37,5µg per il d-cloprostenolo (0,045-0,075µg/kg). Studi recenti hanno dimostrato che la dose minima per un effetto luteolitico di una singola iniezione di PGF2alfa è di 6µg/kg nei pony, 9µg/kg nei cavalli e di 144µg/kg negli ovini e nei bovini (Oxender WD et al., 1975). Il motivo di questa grande variazione interspecifica sul dosaggio è legato alla particolare fisiologia del sistema circolatorio nell’apparato riproduttore nella cavalla, dove infatti non vi è il collegamento tra vena uterina e arteria ovarica all’interno del peduncolo ovarico, che invece troviamo nelle specie ovina e bovina (Ginther OJ, 1998). Come già accennato in precedenza, nella cavalla ciclica la prostaglandina che viene rilasciata la prostaglandina il giorno 14-17 dopo l’ovulazione può raggiungere l’ovaia soltanto tramite il sistema cardiovascolare, dove è sottoposta ad un rapido metabolismo da parte dei polmoni e di altri organi. La mancanza di una connessione utero-ovarica nella cavalla porta ad avere livelli inferiori di PGF2alfa periferica durante la luteolisi, implicando quindi la necessità di una maggiore sensibilità del corpo luteo alla prostaglandina rispetto alle altre specie, portando così alla diminuzione della dose base in relazione al peso corporeo (Douglas RH et al., 1975). Inoltre è stato visto che nel cavallo abbiamo una più lenta degradazione periferica della PGF2alfa soprattutto a livello polmonare, che permette quindi una migliore distribuzione sistemica dell’ormone (Irvine CH, 1993). La somministrazione di PGF2alfa può essere fatta per via intramuscolo, endovenosa, intrauterina, sottocute e intraluteale con la stessa efficacia (Douglas RH et al., 1975; Lauderdale J et al., 1975; Weber JA et al., 2001), tuttavia viene preferita la somministrazione intramuscolare perché più semplice ed inoltre provoca un minor numero di effetti collaterali. Bisogna comunque considerare come, anche quando le prostaglandine vengono somministrate alle dosi raccomandate e per via intramuscolare, circa il 10% dei cavalli presenta effetti collaterali come diarrea, sudorazione e dolori intestinali per circa 20 minuti (Irvine CH, 1993). Studi recenti hanno dimostrato la dose-dipendenza degli effetti collaterali delle PGF2alfa, soprattutto per quanto riguarda la frequenza e la gravità della sudorazione e dell’ipertermia (Lauderdale J et al., 1975). Dosi troppo elevate di PGF2alfa (sopra i 500 µg/kg somministrato intramuscolo o sottocute) possono provocare atassia, aumento della motilità intestinale, diarrea protratta, ipertermia, dispnea e cambiamenti nei parametri biochimici ed ematologici. Non è tuttavia stato riportato alcun caso di decesso o la necessità di ricovero per gli effetti collaterali in nessuna cavalla (Lauderdale J et al., 1975). Negli ultimi anni sono stati condotti degli studi per abbassare la dose di prostaglandina, permettendo così la diminuzione gli effetti collaterali. Nel 2001 è stato pubblicato un lavoro che dimostra come microdosi da 25 µg di cloprostenolo somministrato intramuscolo siano comunque efficaci nella lisi del corpo luteo al pari delle più

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elevati dosi (250 µg). Altri due ulteriori studi hanno dimostrato l’efficacia di una singola iniezione di dinoprost da 1,25 mg (Wuestenhagen A et al., 2002; Barker C et al., 2006), mentre un altro ha dimostrato che è possibile lisare il corpo luteo con due iniezioni a distanza di 24 ore di 0,5 mg di dinoprost (Irvine CHG et al., 2002). In tutti questi studi non sono stati riscontrati effetti collaterali dovuti all’utilizzo della prostaglandina.

3.2.2 Lisi indotta da PGF2alfa

Nella maggior parte delle cavalle cicliche il corpo luteo non è sensibile alle prostaglandine fino al 5° giorno dopo l’ovulazione (Allen WR et al., 1973). In seguito alla somministrazione della PGF2alfa la cavalla in media torna in calore dopo circa 3-4 giorni ed ovula circa dopo 8-10 giorni in seguito al trattamento (Loy RG et al., 1979).

È molto importante ricordarsi che nel cavallo sebbene si utilizzino grandi concentrazioni di progesterone non viene inibito l’aumento della concentrazione sanguigna del FSH, perciò anche durante il diestro assistiamo ad una crescita follicolare. Durante la fase luteinica possiamo quindi riscontrare follicoli a diversi stadi di crescita e la grandezza di tali follicoli al momento della somministrazione della prostaglandina è importante per prevedere quando la cavalla tornerà in calore ed ovulerà. Solitamente se al momento della somministrazione della PGF2alfa non sono presenti follicoli, è necessario aspettare che una nuova ondata follicolare cominci a crescere e quindi l’ovulazione del follicolo dominante avverrà dopo circa 7-12 giorni (McKinnon AO et al., 1988).

Cavalle con follicoli di dimensioni medie (tra i 25 e i 35 mm di diametro) al momento della somministrazione delle prostaglandine tendono invece ad ovulare circa 3-6 giorni dopo la somministrazione di PGF2alfa Se ancora abbiamo una grande crescita follicolare (follicoli tra 35-50 mm), l’ovulazione avverrà all'incirca 24-72 ore dopo il trattamento senza alcuna manifestazione estrale (Bristol F, 1987; Asbury AC, 1988). Per prevenire questa ovulazione precoce senza manifestazioni estrali è stato visto che è possibile somministrare alla fattrice piccole dosi di PGF2alfa (1,25mg dinoprost) più volte al giorno fino alla regressione del corpo luteo, portando così la cavalla al calore (A.O. McKinnon, personal communication, 2008). Contrariamente se il follicolo è troppo grande durante la fase luteinica questo tende ad andare incontro ad atresia regredendo, costringendoci così ad aspettare una nuova ondata follicolare ritardando di conseguenza l’entrata in calore e l’ovulazione successiva (Samper JC, 2008). Lo sviluppo dell’edema endometriale può essere utilizzato come un criterio per vedere la buona riuscita del trattamento. Infatti cavalle con follicoli sufficientemente grandi ed in crescita al momento del trattamento possono presentare edema endometriale dopo circa 24 ore, mentre al

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contrario cavalle con grossi follicoli che vanno incontro ad atresia non mostrano edema dell’utero prima di 3-5 giorni dalla somministrazione di PGF2alfa (Samper JC et al., 1993). Nonostante il sesto giorno dopo l’ovulazione sia considerato il giorno di elezione per la somministrazione delle prostaglandine, dato che da questo preciso momento il corpo luteo diviene recettivo alla PGF2alfa, recentemente sono stati svolti degli studi che hanno dimostrato la capacità di indurre la luteolisi già nella primissima fase del diestro.

Bergfelt e i suoi collaboratori hanno posto infatti la loro attenzione sulla possibilità di indurre la luteolisi al 3° giorno dopo l’ovulazione tramite una singola iniezione di PGF2alfa (10mg/cavalla). Da questo studio è emerso che il corpo luteo ha una regressione basata sulla diminuzione della concentrazione del progesterone nel sangue, del diametro del corpo luteo stesso e dalla diminuzione dell’ecogenicità ecografica del tessuto luteale. Tre giorni dopo il trattamento è stato osservato come nel 75% delle cavalle (12/16) vi sia stata una ripresa della funzione del corpo luteo grazie ad un incremento del progesterone nel sangue. Nonostante la presenza di questa ripresa, il periodo intraovulatorio della cavalla è notevolmente diminuito in quei soggetti trattati al terzo giorno post ovulazione a differenza di quelli trattati al decimo giorno dopo l’ovulazione (13,2± 0,9 giorni contro i 19± 0,7 giorni) (Bergfelt DR et al., 2006). Un altro studio invece prevedeva la somministrazione di 2,5mg/cavalla di PGF2alfa il 2°, 3° e 4° giorno dopo l’ovulazione. Il risultato è stato che sei delle dieci cavalle trattate sono andate incontro ad una luteolisi completa (Holland B et al., 2008). Le sei cavalle che hanno risposto al trattamento hanno ovulato dopo 9,4±1,36 giorni, mentre le cavalle che non hanno risposto sono andate incontro a parziale luteolisi seguita da un nuovo successivo aumento della concentrazione del progesterone. Molto interessante come tre delle cavalle andate incontro a parziale luteolisi hanno ovulato prematuramente nonostante le alte concentrazioni di progesterone al 9°,15° e 16° giorno dopo il trattamento (Holland B et al., 2008).

Nelle asine recentemente sono stati fatti studi sull’attività delle prostaglandine sul corpo luteo per ridurre la durata del ciclo e i due studi più importanti svolti fino ad adesso sono stati fatti da J. Mirò nel 2014 e da Carluccio nel 2008.

Mirò nel suo studio ha esaminato l’attività del corpo luteo nelle asine di Catalogna dopo l’induzione della luteolisi. In questo studio è stata osservata la concentrazione del progesterone plasmatico, la perfusione del corpo luteo (per mezzo del color Doppler) e l’area del corpo luteo (rilevata attraverso l’esaminazione ecografica in B-mode) dopo la somministrazione di una singola dose di 5 mg di dinoprost thromethamine (un analogo delle PGF2alfa) al 10° giorno dopo l’ovulazione. Questi valori sono stati osservati in due ricerche diverse, nella prima i dati sono stati raccolti per quattro giorni dopo la somministrazione delle PGF2alfa notando una diminuzione di tutti i valori analizzati. La seconda ricerca invece è stata fatta per osservare i

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