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Lettura dell'Alcyone

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea in Lingua e Letteratura Italiana

Lettura dell’

Candidato:

Relatore:

Anno Accademico 2015

Corso di Laurea in Lingua e Letteratura Italiana

Tesi di Laurea

Lettura dell’Alcyone

Monia Menichinelli 292122

Maria Cristina Cabani

Anno Accademico 2015-2016

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Indice

COS’È L’ALCYONE 3

STORIA COMPOSITIVA 6

STRUTTURA DELL’OPERA 22

ANDAMENTO TEMATICO E NARRATIVO 28

BIBLIOGRAFIA 58

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Cos’è l’Alcyone

L’Alcyone è l’ultimo testo poetico scritto da Gabriele D’Annunzio.

Per la precisione, fa parte di un progetto poetico più ampio e molto strutturato, intitolato Laudi del cielo del

mare della terra e degli eroi. Questo progetto, chiamato anche ciclo delle Laudi, è stato ideato per

contenere sette libri, intitolati con il nome delle stelle che fanno parte della costellazione delle Pleiadi. D’Annunzio pubblica i primi tre libri di questo ciclo, Maia, Elettra e Alcyone nel 1903 a cui segue la pubblicazione di Merope nel 1912 e Asterope pubblicato postumo nel 1933. Gli ultimi due libri che avrebbero dovuto completare il ciclo delle Laudi, sarebbero dovuti essere Celeno e Taigete, ma non furono mai scritti.

Cercando di sintetizzare e schematizzare le tematiche trattate nei 5 libri, li si potrebbe suddividere come segue:

Maia: contiene le lodi del mare e degli eroi dell’antica Grecia;

Elettra: contiene le lodi degli eroi della storia, della cultura e dell’arte sia del presente che

dell’antichità;

Alcyone: contiene le lodi della terra e del cielo;

Merope: contiene le lodi degli eroi della guerra di Libia;

Asterope: contiene le lodi degli eroi della prima guerra mondiale.

Alla base del successo dell’Alcyone c’è una vicenda molto semplice, cioè, la descrizione di un’estate e dei sentimenti che suscita, all’interno dell’animo del poeta, la visione della natura e la sua immedesimazione in essa.

“Alcyone narra la parabola di un’estate marina in Versilia, celebrando in un registro lirico e pastorale la bellezza della natura e la rivitalizzazione del mito”1.

Sulla base dei sentimenti generati si può suddividere l’opera in tre momenti fondamentali: l’attesa e il desiderio per l’arrivo dell’estate, lo scoppio dell’estate e la fusione con la natura, la tristezza per l’imminente fine dell’estate. L’intera opera ha come filo conduttore il sentimento panico grazie al quale l’uomo si fonde e si confonde con la natura circostante.

D’Annunzio sceglie di celebrare l’estate, la stagione per eccellenza che rappresenta il pieno della vita. Per lui rappresenta anche la maturità artistica e personale, non a caso il poeta ha proprio 40 anni quando pubblica l’Alcyone.

L’obiettivo di D’Annunzio, nascosto in questo libro, è quello di soddisfare la fame di mito dell’uomo moderno; vuole rialzare il ‘tempio meraviglioso’ caduto il rovina, cioè il teatro della grande età tragica greca, per restituire ai moderni la tragedia. In uno dei componimenti iniziali, Il fanciullo, c’è l’apparizione di un tempio in rovina, da cui partono delle radici divise che vagano. In terra ci sono anche delle statue divine in frantumi, cadute dai loro piedistalli che stanno a significare la sconfitta degli antichi dèi. Il poeta avrà un ritorno improvviso alla sua infanzia più lontana ed al suo fanciullo ispiratore che è una divinità panica ed ermetica, a cui promette:

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Rialzerò le candide colonne, rialzerò l’altare

e tu l’abiterai unico dio.2

L’Alcyone all’interno del ciclo delle Laudi rappresenta un momento di riposo e di evasione in cui il superuomo dannunziano si può riposare dalle fatiche compiute nei due precedenti libri e per affrontare, poi, rinvigorito, le fatiche dei due successivi libri.

L’Alcyone nel panorama letterario viene identificato come un poema:

“Alcyone fu dunque concepito come un libro compatto, un ‘poema’. È necessario allora porsi una domanda criticamente cruciale: è ancora accettabile la definizione, che nel bel saggio su L’<<Alcyone>> e noi, Sergio Solmi diede del capolavoro dannunziano, <<diario lirico di un’estate marina>>? Se condividessimo quanto scriveva Cesare Pavese nel Mestiere di poeta, la risposta dovrebbe essere negativa: egli dichiarava di non trovare nelle raccolte dei moderni /.../ nessuna vera capacità costruttiva; all’Alcyone concedeva tutt’al più l’obbedienza ad una consecuzione temporale. Ma l’asse temporale non è forse già un elemento di continuità poematica? Ezio Raimondi ricorreva alla definizione audace ma non peregrina di <<canzoniere>>; e già il Palmieri aveva parlato di <<perpetuum carmen>>, contestando la lettura corrente del libro come pura <<raccolta di liriche>>. In realtà, alla luce dei dati emersi durante la preparazione dell’edizione critica, ponendo un insistito accento su un avverbio della memorabile formula contiana <<D’Annunzio, quasi un diario>>, possiamo modificare l’espressione di Solmi: l’Alcyone è il quasi-diario quasi-lirico di una quasi-estate”3.

Ci sono alcune precisazioni che vanno fatte a riguardo della definizione ‘modificata’ di Solmi: l’estate narrata in Alcyone non rappresenta una sola estate, raggruppa, invece, in un’unica estate ideale ben 4 estati; il poema non può essere definito lirico, perché in base agli argomenti trattati, questo può più propriamente essere definito pastorale con alcuni componimenti, come il ditirambo di Icaro, definibili epico-tragici; non si tratta di un classico diario, che si basa sull’asse del tempo, ma di un diario poetico che si basa cioè su un sentimento del tempo.

“Un’idea circolare del tempo regola anche la sistemazione che D’Annunzio diede alla sua opera /.../ la linearità del diario cede a una traiettoria che aderisce al segmento orbitale del tempo naturale, cosmico; e anziché registrare con scrupolo anagrafico e precisione aneddotica i dati e gli accadimenti esterni (e i risvolti sentimentali interni) di più estati, come in un notes turistico verseggiato, Alcyone si fa diagramma di una sola estate, del riconoscimento, da parte del moderno, di un ritmo antichissimo. Diario, si, ma diario ideale”4.

L’Alcyone ha avuto una genesi inizialmente unitaria a Maia ed Elettra, per poi staccarsi e seguire una sua linea di sviluppo. “Nel momento in cui percepisce chiaramente che la linea di sviluppo del suo canzoniere coincide con l’arco stagionale, il poeta articola e armonizza il suo dettato su piani diversi, facendo dell’avventura mitica il cardine noetico e dell’accorta distribuzione di linguaggio ‘naturale’ quello espressivo. Un primo livello di significato, il piano letterale, segue l’alternarsi delle stagioni, disegnando il ciclo diometriaco. Un secondo livello, il piano conoscitivo, sotteso al primo, narra la parabola dell’avventura mitica, che trova nei ditirambi le sue chiavi di volta: nel primo ditirambo, con la rivelazione nostalgica di una Roma frugifera, si delinea per metafora l’immagine di una immensa aia dove i cavalli del sole trebbiano il

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G. D'Annunzio, Alcyone, a cura di P. Gibellini, Milano, Garzanti 2008, p. 23, vv.302-305.

3

G. D'Annunzio, Alcyone, a cura di P. Gibellini, Milano, Garzanti 2008, pp. XLVIII-IL.

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grano italico; nel secondo ditirambo alla metafora subentra la metamorfosi: il poeta si fa Glauco, rendendosi metafisicamente interprete di un io collettivo che si sente trasumare, percorso dall’ebbrezza divina; nel terzo ditirambo, dedicato all’Epifania della grande Estate in figura di géante, il momento magico dell’illusione sembra bloccarsi in un tempo fermo, in una rivelazione meridiana (follia o miraggio) che segna il culmine e prepara il distacco dalla magica esperienza solare /.../. La caduta degli uomini non più dèi sembra coincidere con la caduta precipite di Icaro, che nel quarto ditirambo aveva cercato nell’eroico slancio verso l’alto il riscatto e la sublimazione della nefanda miseria carnale”5.

Alla fine dell’Alcyone il poeta ha la consapevolezza che il mito è definitivamente finito e potrà essere rivissuto solo attraverso la malinconica visita delle zone archeologiche in cui il presente, come una lucertola o un’ape, si mescola ai resti di un glorioso passato.

“Alcyone, nato per raccontare il diario di un’estate felice, finisce col narrare un’esperienza mitico-conoscitiva: il magico ingresso in un altro tempo, nel non-tempo di una rivelazione estiva /.../ stretta fra la dolce disposizione primaverile, che dalla modernità si distoglieva retrocedendo agli autori delle origini /.../ e i presagi dell’autunno che obbligherà a tornare all’oggi, lasciando solo la malinconica nostalgia di un altrove perduto”6. Il mito è “il luogo dove il presente, il passato e il futuro vengono a coincidere, consentendo la continua reversibilità della catena temporale”.

5

G. D'Annunzio, Alcyone, a cura di P. Gibellini, Milano, Garzanti 2008, pp. LIV-LV.

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Storia Compositiva

Per descrivere la storia compositiva dell’Alcyone si deve parlare anche della storia compositiva dei primi due libri delle Laudi: Maia ed Elettra. Alla base di questi tre libri c’è la solita vena ispirativa e, infatti, i loro tempi di composizione si intrecciano nell’arco di 4 anni. Di molti dei suoi testi, ma non di tutti, sappiamo la data in cui li ha terminati. Non sappiamo, però, niente a riguardo della data di inizio di stesura dei componimenti e neppure quanto tempo lui abbia impiegato per scriverli.

Bisogna fare una piccola premessa a riguardo del metodo compositivo di D’Annunzio. Lui era solito affidare la sua prima intuizione di un componimento ad un breve appunto oppure ad un titolo provvisorio appuntato su uno dei suoi taccuini. Successivamente rielaborava i suoi appunti trascrivendoli in bella copia nel testo definitivo, magari con integrazioni e correzioni. Questa trascrizione poteva essere fatta anche molto tempo dopo, non c’è una costante alla base di questa operazione. La maggior parte delle liriche dell’Alcyone, come del resto per altri due testi del ciclo delle Laudi, sono nate prima del progetto complessivo del libro, solo una piccola parte sono state create appositamente per dare consistenza ed organicità al libro.

Tutto ha inizio nel 1899 a Settignano, nei primi giorni di giugno. D’Annunzio era tornato alla villa della Capponcina, da dove mancava dalla fine dell’anno prima. Infatti, tra il dicembre del 1898 e il marzo del 1899 era stato in vacanza in Grecia e in Egitto con Eleonora Duse e nella primavera era stato impegnato a seguire la Duse in tournée in giro per l’Italia. Alla Capponcina, sentendosi ispirato, decise di prendersi una pausa dai suoi impegni editoriali e di dedicarsi alla poesia. In breve tempo scrisse un buon numero di liriche.

Era tanto che D’Annunzio non scriveva più poesie, per la precisione era dall’aprile-maggio del 1896. Ora D’Annunzio ritorna alla poesia e “questo ritorno alla poesia avveniva, per così dire, nella pienezza dei tempi”7. Ha finalmente individuato nel mito del superuomo, e nella poetica relativa, la base del suo stile dopo averlo cercato a lungo con esperimenti di vario tipo che risultarono comunque tutti molto proficui. Il mito del superuomo diventa la base di tutte le sue esperienze future e svolgerà un ruolo determinante sia nella sua vita che nella sua attività letteraria, sia dal punto di vista ideologico che espressivo.

“Tornando alla poesia ci torna diverso da quello che era stato in occasione della sua ultima esperienza poetica. Ora, oltre che forte delle nuove esperienze e ricco delle nuove letture fatte, con la consueta onnivora curiosità, su testi di autori che si rivelano determinanti ai fini della nuova opera, è animato da una consapevolezza delle proprie capacità creative ed espressive più fiduciosa e più salda”.8

Il primo testo delle Laudi che è stato composto è L’Annunzio completato in data 11 giugno 1899. Questo testo sarà poi utilizzato come primissimo testo di tutto il ciclo delle Laudi e sarà inserito in Maia, subito dopo la dedica Alle Pleiadi e ai Fati. Si tratta di un testo programmatico in cui il poeta, annuncia, ai figli della terra e ai figli del mare, che il gran Pan, simbolo della natura vivente e immortale, non è morto. Inoltre D’Annunzio si fa dare, dallo stesso Pan, l’incarico di cantare le sue laudi eterne, la divina varietà della vita e della natura compresa l’esaltazione e la celebrazione degli eroi. Questa lirica rappresenta perfettamente il contenuto dei primi tre libri di Laudi.

7

Federico Roncoroni, Gabriele D’Annunzio, Alcyone, Milano, Mondadori, 1995, p. 11

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7 “Tutto era silenzio, luce, forza, desìo. L'attesa del prodigio gonfiava questo mio cuore come il cuor del mondo.

Era questa carne mortale impaziente di risplendere, come se d'un sangue fulgente l'astro ne rigasse il pondo.

La sostanza del Sole era la mia sostanza. Erano in me i cieli infiniti, l'abondanza dei piani, il Mar profondo.

E dal culmine dei cieli alle radici del Mare balenò, risonò la parola solare:

"Il gran Pan non è morto!"

Tremarono le mie vene, i miei capelli, e le selve, le messi, le acque, le rupi, i fuochi, i fiori, le belve. "Il gran Pan non è morto!"

Tutte le creature tremarono come una sola foglia, come una sola goccia, come una sola favilla, sotto il lampo e il tuono della parola. "Il gran Pan non è morto!"

/.../

... E il dio mi disse: "O tu che canti, io son l'Eterna Fonte.

Canta le mie laudi eterne". Parvemi ch'io morissi e ch'io rinascessi. O Morte, o Vita, o Eternità! E dissi: "Canterò, Signore".

Dissi: "Canterò i tuoi mille nomi e le tue membra innumerevoli /.../

Canterò la grandezza dei mari e degli eroi, /.../

perocché i cuori umani, come per un lungo esiglio, hanno obliato queste tue glorie, Signore, e che il giglio dei campi è un gaudio eterno". E il dio mi disse: "O figlio,

canta anche il tuo alloro"”9.

A pochi giorni di distanza dalla stesura di questo componimento D’Annunzio ne fa subito parola con il suo amico Angelo Contini:

“Io terminai tre giorni fa la prima Laude. Oggi ho terminato mentalmente la seconda. Te la leggerò domani.”10

Il 17 giugno 1899, D’Annunzio scrive il secondo componimento delle Laudi che è il primo componimento dell’Alcyone: Sera fiesolana. Si tratta della prima vera e propria laude in cui fa una lode del suggestivo spettacolo di una sera tra primavera ed estate, attesa e goduta sui colli di Fiesole in compagnia di una silenziosa creatura femminile. Per comporla ha utilizzato i suoi taccuini, ha unito l’incanto paesaggistico di quel momento con le emozioni e gli stati d’animo che aveva provato a settembre 1897 a Settignano ed a giugno 1898 ad Assisi.

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Maia, L’Annunzio, vv. 106-124; 132-138; 146; 152-156.

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Pochi giorni dopo, il 19 giugno 1899, nasce un terzo componimento, la seconda laude Il silenzio di Ravenna destinata ad entrare nel secondo libro delle Laudi, Elettra a rappresentare il terzo componimento del trittico delle Città del Silenzio.

È dopo aver scritto questa triade che, il 21 giugno 1899, D’Annunzio annuncia di essere finalmente ritornato alla poesia e, per la prima volta dà un nome al suo nuovo lavoro poetico scrivendo a Georges Hérelle: “Inoltre, in questi giorni, mi sono riaccostato alla Poesia. Ho scritto alcune delle ‘Laudi del Cielo, del Mare, della Terra e degli Eroi’ ”11.

Per il momento D’Annunzio aveva in mente un unico libro e non un ciclo poetico. Osservando bene il titolo complessivo dell’opera, si può notare un rimando ad un verso carducciano presente in Rime e ritmi “O terra, o cielo, o mar, Pan è risorto”12, che definisce e anticipa l’ambito delle liriche ed individua la

celebrazione della bellezza delle cose, della natura e dei valori sovrumani.

Nell’estate del 1899 D’Annunzio continua a scrivere versi, come piacevole pausa dal lavoro di revisione del suo ultimo romanzo promesso all’amico ed editore Giuseppe Treves. L’ispirazione lirica si presentava fortissima e irrefrenabile durante le visite all’amica Eleonora Duse che si trovava in vacanza lì vicino, precisamente a Bocca d’Arno. In quei giorni prenderà moltissimi appunti sui suoi taccuini tanto da riempirne uno intero in soli 4 giorni. Questo è il Taccuino n. 10, soprannominato poi il “taccuino dell’Alcyone” contenente appunti presi a Marina di Pisa, a Bocca d’Arno, sulle Lame di Fuori, al Gombo, nella pineta litoranea, lungo le calme acque della foce. Questi appunti contengono immagini, sensazioni ed emozioni che gli serviranno da base per molti componimenti di questo libro.

Il 5 luglio 1899, ricordando una gita in barca nella foce dell’Arno, scrisse La tenzone ed il giorno successivo, il 6 luglio 1899, scrisse Bocca d’Arno recuperando spunti da alcune annotazioni dai suoi taccuini.

D’Annunzio si sente così eccitato, ispirato e produttivo che se non dovesse tornare alla Capponcina per proseguire il lavoro al suo romanzo, avrebbe potuto scrivere l’intero libro delle Laudi in poco più di un mese. Il 7 luglio 1899, D’Annunzio, scriverà a Giuseppe Treves per scusarsi del ritardo del suo lavoro: “Ho passato questi giorni in una quiete profonda, disteso in una barca al sole. Tu non conosci questi luoghi: sono divini. La foce dell’Arno ha una soavità così pura che non so paragonarle nessuna bocca di donna amata. Avevo bisogno di questo riposo, e di questo bagno nel silenzio delle cose naturali. Ora sto molto meglio; e fra due o tre giorni tornerò a Settignano e mi metterò al lavoro, rinfrancato. Perdonami questo ritardo involontario. Non ne ho colpa. Riguadagnerò il tempo perduto. – Non so se nella Capponcina mi attenda qualche tua lettera. Non so più nulla. Nessuno sa che io son qui fortunatamente, ed ho evitato di avere la corrispondenza cotidiana e i giornali. Ho scambiato qualche parola con un marinaio ingenuo, che è la sola persona umana cui io mi sia accostato. – Come si può vivere dunque per tanto tempo nelle città immonde – io mi chiedo – e dimenticare queste consolazioni? Credo che finirò eremita su un promontorio. Penso all’ora in cui dovrò riprendere il treno con un rammarico indicibile. Vorrei rimanere qui, e cantare. Ho una volontà di cantare così veemente che i versi nascono spontanei dalla mia anima come le schiume delle onde. In questi giorni, in fondo alla mia barca, ho composto alcune Laudi che sembrano veramente figlie delle acque e dei raggi, tutte penetrate di aria e di salsedine. Sento che in un mese o due potrei, d’un fiato, comporre tutto il volume. Ma bisognerà purtroppo che mi rimetta alla mola della prosa, e per un’opera che partorirà tante pene! Libertà, Libertà, quando mi coronerai tu per sempre? Le allodole su le

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Lettera a Georges Hérelle del 21 giugno 1899.

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prata di San Rossore cantano ebbre di gioia /.../. Bada che per le Laudi voglio un’edizione speciale, e degna della poesia. Verrò io stesso a Milano per curarla. Ho pensato una innovazione graziosa /../ Se tu potessi immaginare le bellezze di questa marina! ”

“Fa un suo gioco divino l’Ora sul mare, mutevole e gioconda come la gola d’una colomba alzata per cantare”13.

Questa piccola pausa lo aveva molto caricato ed era pronto a tornare al suo lavoro, infatti il 10 luglio rientra a Settignano, ma già il 19 luglio ripartiva per andare a Carrara per visitare le cave di marmo (il 20 e il 21 luglio 1899). Le immagini di questi giorni saranno spesso utilizzate come sfondo di molte liriche alcionie. Inoltre saranno utilizzate come base per il secondo e il terzo sonetto (di tre) dedicati a Carrara, che fanno parte delle Città del silenzio di Elettra.

Il 23 luglio 1899 era nuovamente a fare visita alla Duse e il 25 luglio 1899 fece finalmente ritorno a Settignano per rimettersi a lavorare con sempre negli occhi l’immenso spettacolo delle Apuane, le divine montagne che loderà finché vivrà.

Probabilmente continuò a scrivere le Laudi per tutta la fine di luglio e buona parte di agosto, tanto che il 7 agosto 1899 scrive una lettera a Giuseppe Treves per annunciargli di avere scritto un migliaio di versi e gli espone anche il piano che avrebbe dovuto avere l’opera, ma, attualmente, D’Annunzio non ha ancora deciso che i libri porteranno il nome delle sette Pleiadi:

“... Alla Marina di Pisa /.../ – mentre mi rinforzavo al buon soffio del mare – mi abbandonai al fiume della poesia cui avevo resistito per tanto tempo. Scrissi le prime Laudi: circa un migliaio di versi; ciò è quasi un terzo del primo volume. (Le Laudi si compongono di sette libri, i quali saranno pubblicati in tre volumi: I, tre libri; II, due libri; III, gli altri due.) Spero di aver pronto il primo volume per il febbraio del 1900. /.../ Sii sicuro, intanto, che non perdo il mio tempo. Sono molto contento delle Laudi. Ho trovato con una facilità incredibile certe cose che per tanto tempo avevo ricercato invano”14.

Successivamente non lavorò per un bel periodo di tempo alle Laudi, come promesso a Treves si dedicherà alla prosa per poi raggiungere la Duse a Zurigo i primi giorni di settembre 1899 dove incontrerà Romain Rolland a cui dice che sta lavorando alle Laudi.

Il 10 settembre 1899 fa ritorno alla Capponcina per dedicarsi alla prosa, ma dopo la metà di settembre decide di prendersi una pausa ritornando alla poesia. In questi giorni scrisse due componimenti datati 29 settembre 1899 che confluiranno entrambi in Elettra: la Laude di Dante che diventerà, poi, A Dante e che verrà pubblicata sulla <<Nuova Antologia>> il 16 gennaio 1900 e l’ode Per la morte di Segantini che diventerà, poi, Per la morte di Giovanni Segantini che verrà pubblicata sulla <<Nuova Antologia>> l’8 ottobre 1899.

La vita di esteta raffinato costa, inoltre è spesso assillato dai parenti che gli chiedono sempre dei soldi per cui decise di cedere un gruppo di Laudi alla <<Nuova Antologia>>.

13

Altre lettere cit., pp. 704-705.

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Il 16 novembre 1899 sono pubblicati sulla <<Nuova Antologia>> sette componimenti: l’Annunzio che verrà premesso a Maia; il Canto augurale per la nazione eletta che chiuderà Elettra; il Silenzio di Ferrara, il

Silenzio di Pisa ed il Silenzio di Ravenna che fanno parte di Elettra; Bocca d’Arno e La sera fiesolana che

fanno parte di Alcyone. Le liriche sono raggruppate tutte sotto lo stesso titolo Laudi del cielo del mare della

terra e degli eroi senza fare riferimento a nessuna distinzione in libri, sono precedute da un ritratto del

poeta ed erano in successione l’una dopo l’altra, contro la volontà espressa da D’Annunzio che le voleva ciascuna nella propria pagina. Per ora questi componimenti sembrano ancora concepiti come blocco indistinto, ma ci sono già dei segnali di quella che sarà la struttura finale dei primi tre libri delle Laudi. Tra le liriche inviate alla <<Nuova Antologia>> non ci sono due testi che sono stati sicuramente già stati composti cioè La tenzone e la Laude a Dante. In una lettera di quei giorni indirizzata ad Annibale Tenneroni, che cura i suoi interessi a Roma, gli confida di avere ancora nel cassetto almeno 500 versi inediti delle

Laudi. Considerando i versi che compongono La tenzone e la Laude a Dante rimangono circa 330 versi già

scritti, ma di cui non siamo a conoscenza. “Forse non si sbaglierà a pensare che si trattasse di versi della futura Laus vitae”15.

Giuseppe Treves si risentì parecchio per quello che ha definito come il “tradimento” di D’Annunzio che ha pubblicato le sue Laudi su un’altra rivista. Il poeta gli spiega che il suo non poteva essere considerato come un tradimento perché la sua è stata una necessità, aveva un urgente bisogno di soldi e solo per questo motivo è stato costretto a fare queste pubblicazioni. Inoltre lo invita a fargli un nuovo prestito di cinquemila lire per evitare che sia nuovamente costretto a pubblicare su altre riviste le sue poesie e gli promette anche che il primo libro delle Laudi sarebbe stato pronto ad aprile. All’epoca di questa lettera erano già stati scritti 2000 versi.

“Il primo volume delle Laudi – scrive all’amico editore il 27 novembre 1899 – sarà pronto per aprile. Ho già scritto duemila versi”16.

Invece, da dicembre 1899 fino a luglio 1900, D’Annunzio non si occupa più delle Laudi. L’ispirazione gli torna proprio nei primi mesi di luglio quando andrà in vacanza con Eleonora Duse in Versilia, più precisamente in una località chiamata “il Secco Motrone”. Qui compone molti versi, sempre consultando il

Taccuino n. 10 scritto l’anno prima. Compone il Ditirambo III il 20 luglio, L’Oleandro il 2 agosto, Le Ore marine il 13 agosto e Il novilunio il 31 agosto che faranno parte di Alcyone.

Scrive anche dei componimenti rivolti all’attività politica e civile l’Ode del Re il 7 agosto e l’Ode alla

memoria di Narciso e di Pilade Bronzetti il 19 agosto che faranno parte di Elettra e che verranno pubblicate

il 12 e il 22 agosto su <<Il Giorno>> di Roma.

Nel pieno di questa vena compositiva, il 13 agosto 1900, scrive a Giuseppe Treves che in autunno sarebbero stati pronti i primi 3 libri delle Laudi:

“Sono inchiodato al lavoro – come per consueto. Hai veduto la mia Ode del Re? È passata per l’Italia come un fremito. Da ogni parte ricevo plausi e saluti /.../ Nell’autunno deve essere pubblicato il primo tomo delle

Laudi. Ho bisogno di parlarne a voce. Quest’anno veramente verrò a Pallanza, per terminare alcune laudi e

per curare l’edizione /.../ Ah se per le Laudi tu ti risolvessi a fare una delle edizioni con qualche ornamento

15

Federico Roncoroni, Gabriele D’Annunzio, Alcyone, Milano, Mondadori, 1995, p. 28.

16

Cfr. Ventidue lettere inedite di Gabriele D’Annunzio, a cura di E. Maccagnolo, in “Convivium” XXVI, fasc. 6 (novembre-dicembre 1958) p. 731.

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disegnato dal Sartorio, sul tipo dei libri inglesi decorati di incisioni in legno! Bisogna che ci mettiamo d’accordo”17.

Lo stesso giorno scrive anche all’amico Angelo Conti, per informare anche lui dell’imminente uscita delle

Laudi e lo informa anche del nome che avranno questi primi 3 libri:

“M’hanno agitato – gli diceva – i soffi della poesia e i venti del mare, in questi giorni. Molte laudi ho composto, imitando le acque e le foglie. Pubblicherò in autunno i primi tre libri – Merope, Maia, Alcjone”18. Si tratta di titoli provvisori, ma è importante notare che D’Annunzio ha già in mente di intitolare i libri delle

Laudi con il nome delle Pleiadi. Di questi nomi, l’unico che sopravvive nella stessa posizione dei titoli

provvisori è proprio Alcyone, anche se con una forma grafica differente. Sopravvive anche Maia, ma si sposta dalla seconda alla prima posizione. Merope invece non è più presente nella terna iniziale, ma si sposta in quarta posizione. Per due anni, però, non si avranno più notizie dei titoli di questi libri.

Per necessità finanziarie pubblica via via alcuni testi composti, che confluiranno tutti in Alcyone, come ad esempio la lirica La tenzone con il titolo La tregua il 1 luglio su <<Il Giorno>> di Roma che aveva composto l’anno prima nel mese di agosto; Il novilunio con il titolo Novilunio di Settembre il 5 ottobre 1900 sulla rivista <<Flegrea>> di Napoli; l’Oleandro il 16 novembre 1900 sulla <<Nuova Antologia>>.

D’Annunzio nel mese settembre, continua a scrivere laudi prediligendo però il versante politico e intellettuale, sollecitato da avvenimenti di attualità. Queste liriche faranno, infatti, tutte parte di Elettra.

Lode per la morte di un distruttore in omaggio al filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che morì il 25 agosto

di quell’anno, il 9 settembre il componimento è già pubblicato su <<Il Giorno>>. Il 9 settembre finisce di scrivere anche l’ode Per i marinai d’Italia morti in Cina che sarà pubblicata il 14 settembre su <<Il Giorno>>. Il 16 settembre finisce di comporre anche l’ode A Roma che sarà pubblicata il 20 settembre su <<Il Giorno>>.

Il 13 settembre 1900 trascinato da questo suo fervore compositivo scrive una lettera a Giuseppe Treves annunciandogli che gli avrebbe consegnato l’intero libro delle Laudi il prossimo ottobre:

“Lavoro molto – scriveva da Viareggio all’editore. – Il volume delle Laudi sarà pronto per ottobre; ma è necessario che ci intendiamo intorno alla forma tipografica del libro. Ne parleremo a voce”19.

Ma anche questa volta non riusce a mantenere la promessa fatta all’amico editore, infatti, il 13 ottobre 1900 gli scrive da Wiesbaden, in Germania, dove si trovava con la Duse:

“Il volume delle Laudi non è ancora pronto, ma potrà essere pronto per San Martino. Però sarebbe molto utile che fin d’ora noi ci intendiamo intorno alla forma del libro. Questa volta bisognerà che tu non mi stampi con gli stessi caratteri che s’adoperano per la Cabala del Lotto. Caratteri nuovi, di forma pura, e carta a mano, leggera, giallognola. Se /.../ potrò fermarmi qualche ora a Milano, ti telegraferò pregandoti di farti trovare nel tuo ufficio. Così, se ci intenderemo, tu potrai nel frattempo preparare i materiali tipografici. Il volume sarà molto nutrito: composto di circa cinquemila versi”20.

17

Altre lettere cit., pp. 707-708.

18

Lettere ad Angelo Conti cit., p. 29.

19

Altre lettere cit., p. 708.

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12

Il 21 ottobre si trovava però già a Settignano per rimettersi a lavorare alle Laudi per la loro imminente pubblicazione.

“Bisogna che prepari il mio libro delle Laudi, e avrò qualche settimana di lavoro febbrile necessariamente”21.

Purtroppo D’Annunzio in questo periodo non lavora alle Laudi quanto avrebbe voluto a causa di impegni con altre opere, di problemi familiari e dei vari incontri con Giuseppe Treves che lo portarono spesso a Milano e a Pallanza. Inoltre nel mese di novembre visita Santa Maria delle Grazie a Milano, rimanendo molto colpito dalla “cena” di Leonardo. Questa visita lo porta a concludere, il 19 dicembre 1900, l’ode Per la

morte di un capolavoro che sarà pubblicata sulla rivista <<L’Illustrazione Italiana>> di Giuseppe Treves il 1

gennaio 1901. D’Annunzio l’annuncia all’amico editore con una lettera del 16 o 17 dicembre 1900:

“Intanto questa fine d’anno si presenta irta di fastidii innumerevoli e non so ancora in che modo uscirne. Ma la Capponcina è pur sempre silenziosa e calma, inutilmente; e, negli intervalli della tortura, sento scorrere dentro di me torrenti di poesia che si perdono in confuso. Ore irrevocabili! Ma non voglio affliggerti, mio caro amico /.../ Ti accludo /.../ anche alcune Laudi, che tu conosci. La prima è quella che contiene i versi più lunghi. Potresti farle comporre, per prova. Ho scritto, in questi giorni, dolorosamente, una Ode per la morte di un capolavoro. È un’ode funebre per la perdita ormai irreparabile del cenacolo vinciano...”22.

Il progetto di pubblicare a breve le Laudi non è ancora cambiato, infatti, tra il dicembre 1900 e gennaio 1901 D’Annunzio è impegnato nella preparazione di prove di stampa delle sue novelle per decidere la veste definitiva che avrebbero dovuto avere in vista della loro pubblicazione. D’Annunzio voleva che la veste grafica delle Laudi fosse simile ad una determinata edizione dei sonetti di Shakespeare, che provvede ad inviare a Giuseppe Treves con una lettera del 2 gennaio 1901.

“Pensa alla veste delle Laudi! /.../ Ti spedisco anche i Sonetti di W. Shskespeare, come tipo di volume poetico. Questo è il formato definitivo. Bisogna allungare quello già stabilito, affinché il margine inferiore sia più largo, come vedrai in questo bel libretto. Ah se tu riuscissi ad avere questi caratteri! La carta si può ordinare a Febbraio”23.

In quei giorni D’Annunzio sta componendo una nuova laude intitolata La notte di Caprera, si tratta di un’ode in memoria di Garibaldi. La composizione di quest’ode gli portò via molto più tempo di quanto avrebbe pensato perché ha avuto la necessità di documentarsi attentamente sulla figura di Garibaldi e sul nuovo tipo di verso, il verso eroico delle antiche canzoni di gesta francesi, con cui aveva deciso di scriverla. Il 22 gennaio 1901 il componimento è finito e viene pubblicato da Giuseppe Treves in un fascicoletto separato. Il 25 gennaio D’Annunzio inizia una tournée di declamazione pubblica di quest’opera in giro per l’Italia. Si trova a Torino il 27 gennaio 1901 quando viene a conoscenza della morte di Giuseppe Verdi, ed inizia subito a documentarsi su di lui, non appena rientra alla Capponcina compone un’ode intitolata In

morte di Giuseppe Verdi che entrerà a fare parte di Elettra e viene pubblicata su <<La Tribuna>> il 28

febbraio 1901 e anche dalla Casa Treves in un fascicoletto separato. Quest'ode è stata l’ultima scritta nella, così detta, seconda stagione delle Laudi iniziata nel 1900.

21

Lettera a Georges Hérelle del 21 ottobre 1900.

22

Ventidue lettere cit., p. 732.

23

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13

Per il resto del 1901 D’Annunzio non riesce ad occuparsi delle Laudi, oltre alle solite preoccupazioni familiari e finanziarie, è impegnato a recitare la sua canzone garibaldina per i vari teatri e durante la sua

tournée incontra anche Carducci a Bologna. In questo periodo visita anche Venezia e Padova, qui,

D’Annunzio registra alcuni appunti che riutilizzerà più avanti per il sonetto delle Città del silenzio di Elettra. All’inizio dell’estate è stanco, depresso e continua a non avere tempo da dedicare alle Laudi, impegnato troppo nella creazione di una nuova tragedia per la Duse.

“Io vanamente cerco la pace – scriveva da Settignano, nel giugno 1902, a Annibale Tenneroni – e non ho trovato ancora la forza di riprendere il lavoro”24.

In questo periodo non si parla di Laudi: “L’unica prova tangibile dell’esistenza delle Laudi in quell’estate appare dunque essere stata l’apparizione, su <<Il Marzocco>> del 16 giugno 1901, con l’indicazione Laudi

del cielo del mare della terra e degli eroi e il titolo L’estate, del futuro Ditirampo III di Alcyone, una delle

liriche composte l’anno precedente”25.

Il 21 novembre 1901 si trova nuovamente un accenno alle Laudi in una lettera indirizzata a Giuseppe Treves, con cui il poeta si vuole giustificare per il ritardo dei programmi precedentemente concordati. Il 25 novembre 1901 finisce di comporre l’Ode a Bellini che appare il 30 novembre su <<La Tribuna>> e che farà parte di Elettra con il titolo Nel primo centenario della nascita di Vincenzo Bellini. Nei mesi invernali non scrive Laudi, ma con l’inizio del nuovo anno si sente nuovamente pronto per rimettersi a lavorare alle

Laudi, come testimonia una lettera scritta a Giuseppe Treves il 13 febbraio 1902:

“Appena avrò finito le novelle, mi metterò alle Laudi con voluttà. La poesia mi circola nelle vene”26.

Ed effettivamente D’Annunzio rinizia a lavorare alle Laudi proprio a febbraio 1902. Tra il 13 e il 22 febbraio scrive l’ode Nel primo centenario della nascita di Vittore Hugo che farà parte di Elettra, ma nuovamente i vari impegni ed i problemi familiari lo distolgono. Il 17 o il 18 aprile 1902 scrive ad Emilio Treves:

“Qui la primavera è agitante, percossa da temporali fragorosi. Io sono così gravido che non riesco a lavorare”27.

A giugno pubblica Canto di festa per calendimaggio sul <<Il Secolo XX>> di Milano probabilmente composta tra aprile e maggio. Il 4 giugno 1902 termina il componimento L’asfodelo. Poi verso la metà di giugno del 1902 rientra a Settignano e dà inizio alla terza stagione delle Laudi, quella più propriamente detta di

Alcyone, la più ricca.

Nella seconda metà di giugno 1902 compone almeno tre testi: L’otre composta prima del 21 giugno, pubblicata sulla <<Nuova Antologia>> il 1 agosto 1902 dedicata “A Edmondo De Amicis”28; Versilia

terminata il 21 giugno 1902 e pubblicata su <<Il Marzocco>> il 13 luglio 1902; Lungo l’Affrico nella sera di

giugno dopo la pioggia composto tra il 21 e il 30 giugno prendendo spunto dagli appunti del Taccuino XVII

risalenti al 1898.

24

G. Fatini, Conferenze dannunziane cit., p. 1271.

25

Federico Roncoroni, Gabriele D’Annunzio, Alcyone, Milano, Mondadori, 1995, p. 43.

26

Altre lettere cit., p. 711.

27

Ventidue lettere cit., p. 734.

28

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“Sul suo lavoro di poeta, in quei giorni, vegliava, e non solo idealmente, Eleonora Duse, pronta, come sempre e più di sempre, a tutto comprendere e a tutto perdonate ‘al suo figlio’ in nome di quella ‘nuova arte’ che si illudeva di aver contribuito a far nascere in lui con il proprio amore. D’Annunzio, del resto, aveva tutto l’interesse a lasciarla fare e a lasciarle credere che ciò che pensava era vero. A lei, di fatto, aveva provveduto a dedicare, trascrivendole di pugno su alcuni grandi fogli, le prime nate fra le laudi alcionie. Lei stessa, poi, si era o si sarebbe trovata presente di persona in non poche liriche, nella figura della tacita presenza femminile che stimola e raccoglie le esperienze e le sensazioni del poeta o gli fa da privilegiata interlocutrice. Inoltre, in particolare, lei stessa doveva ben sapere che il nome Ermione, con cui quella presenza femminile era invocata o evocata in molti componimenti, altro non era che una lieve mascheratura del suo nome. Certo, i rapporti tra il poeta e l’attrice non erano facili. Tutta la storia delle

Laudi, anzi, è punteggiata dalle violente crisi che li contrapposero l’uno all’altra. Comunque, per il momento

le crisi sono passeggere e, in questa fase dell’attività dannunziana, la Duse assolve a un ruolo molto importante, come sacra vestale e alta tutrice del ‘Lavoro’ del poeta”29.

Purtroppo però, la Duse si rese presto conto che D’Annunzio, invece, la tradiva. Decise comunque di “perdonare senza dir nulla all’interessato, aveva definitivamente sposato il partito di isolare le ragioni superiori dell’arte – il ‘Lavoro’! – dalle sue ragioni di donna innamorata e aveva imboccato la strada del sacrificio, teorizzando il principio che nessuno, e tanto meno lei, aveva il diritto di impedire a D’Annunzio di godersi la vita libero da qualsiasi condizionamento, tanto più che tale libertà era strettamente legata al suo genio artistico”30.

Nei primi mesi di luglio lasciarono insieme Settignano e il “Secco Motrone” per trasferirsi a Romena nel casentino ospiti a Villa Goretti. Solo qualche giorno di riposo e poi D’Annunzio riprende a lavorare sodo, non solo componeva, ma svolgeva anche la fase preparatoria della composizione, l’individuazione dei temi, la consultazione degli appunti cioè dei Taccuini, la consultazione dei lessici e dizionari, la lettura di testi di lingua o volumi di altri poeti, la pianificazione di ogni singolo componimento in una struttura organica. Tra luglio e agosto 1902 nascono: La tregua il 10 luglio; Il fanciullo tra il 13 e il 19 luglio; L’aedo senza lira il 16 luglio; L’ulivo il 20 luglio; La spica il 25 luglio; Beatitudine il 28 luglio; il Ditirambo I il 1 agosto; Il Gombo il 13 agosto; Anniversario orfico il 15 agosto; I tributarii il 16 agosto; I cammelli il 18 agosto; Il cervo il 20 agosto;

L’ippocampo il 21 agosto; L’onda il 22 agosto; La morte del cervo 24 agosto.

A cui si aggiungono altri componimenti scritti in questo periodo, ma di cui non abbiamo una datazione precisa: L’opere e i giorni, Furit aestus, Pace, Intra du’ arni, La pioggia nel pineto, Le stirpi canore, Il nome,

Meriggio, Le madri, L’Alpe sublime, Albasia, Terra, vale!, il Ditirambo II e Bocca di Serchio.

In pratica a Romena scrive una buona metà del libro di Alcyone, ne è felice ed entusiasta e questo lo testimonia la lettera del 10 agosto indirizzata ad Angelo Contini:

“Lavoro con una abbondanza, con una forza, con una felicità così grande che ogni sera – quando mi riposo davanti alle Montagne placate – rivolgo alla natura un atto di riconoscenza infinita. Lavoro al mio libro di poesia; e mi pare che tutto il mio sangue sia divenuto un fiume lirico inesauribile. Tu solo potrai comprendere il significato di questa mia opera pura”31.

29

Federico Roncoroni, Gabriele D’Annunzio, Alcyone, Milano, Mondadori, 1995, pp. 47-48.

30

Federico Roncoroni, Gabriele D’Annunzio, Alcyone, Milano, Mondadori, 1995, p. 49.

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Oltre che ai testi, in questo periodo lavora anche alla struttura del libro, nello specifico a quella di Alcyone, ed inizia a scrivere i titoli provvisori o definitivi delle liriche già composte o solamente pensate, distribuendole secondo linee che lasciano intravedere un preciso programma anche se in continuo divenire. Per ora rimane ancora dell’idea di unire in un unico volume i primi tre libri delle Laudi.

Il primo progetto di Alcyone è stato fatto verso la fine di giugno del 1902, è stato scritto su un foglietto (ms. 405) in cui le indicazioni riportate sono brevi, ma significative. Le liriche già composte hanno vicino un trattino fatto con un pastello blu, sono presenti anche componimenti con titoli provvisori e componimenti che, invece, non saranno mai realizzati. Mostra già la linea di sviluppo su cui si basa l’Alcyone e cioè la narrazione di una vicenda stagionale e geografica, inoltre c’è la conferma di voler intitolare i libri alle Pleiadi.

Il secondo progetto di Alcyone è stato fatto verso metà luglio 1902 (ms. 421 e 432), qui sono presenti due nuovi testi sicuramente già composti come La tregua e Lungo l’Affrico. L’organizzazione generale del libro è ancora piuttosto incerta, ma il poeta cerca di dare all’opera una certa simmetria inserendo un ditirambo ogni cinque componimenti ed inserisce anche la vicenda mitico-metamorfica. Il piano compositivo risulta arricchito da un quinto ditirambo che si spinge fino al mese di novembre, ben oltre il limite temporale previsto nell’elenco precedente. D’Annunzio piuttosto cerca di perfezionare quanto ha già ipotizzato nel progetto precedente. Ci sarà da aspettare la composizione de Il fanciullo che darà nel poeta una piena consapevolezza delle novità e del significato della sua operazione poetica.

“Le linee di sviluppo del montaggio del materiale lirico sono dunque ormai chiare. Ad esse, da quel momento in avanti, D’Annunzio si atterrà con sostanziale fedeltà. I suoi interventi su quello che ormai è un corpo vivo, saranno diretti più che altro ad ampliare e, per certi aspetti, snellire la struttura impostata, con un lavoro paziente volto a delineare meglio le vicende centrali del Libro, ad evitare eccessivi schematismi e, persino, a creare blocchi omogenei e a loro modo consequenziali anche dal punto di vista stilistico, espressivo e metrico onde fare ‘della storia alcionia anche parabola e emblema di una storia di stile e di linguaggio’ ”32.

Inizialmente il lavoro di sistemazione ha coinvolto solo la prima parte del libro, per intenderci meglio quella compresa fra La tregua e il Ditirambo II, infatti, tutti i testi composti dopo la metà di luglio vanno a finire in questa parte. Questo lavoro di perfezionamento è testimoniato dal terzo progetto (ms. 422) che risale alla metà di agosto 1902.

Questa volta l’elenco è chiaramente parziale visto che non nomina testi previsti per la sezione finale, che ha sicuramente composto. Questo progetto ci mostra come la prima sezione sia ormai saldamente organizzata, infatti, i primi 18 titoli coincidono anche nella successione ai titoli dell’edizione definitiva, i 17 componimenti centrali, da Le orme a Il cervo, contengono dei titoli che invece saranno poi sistemati più avanti e gli ultimi tre titoli, I cervi naufraghi, La gentucca e Le vele rosse, non verranno mai realizzati. Fa parte di questo progetto anche il Ditirambo II che fu composto proprio durante questa estate, ma la prima intuizione che porterà D’Annunzio ad immedesimarsi nel mito di Glauco avviene ben 2 anni prima come testimoniato dalla lettera scritta il 13 Agosto 1900 ad Angelo Conti:

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“Tu che fai? Conversi con Santa Chiara? Io veramente ho parlato con le Sirene e mi sono trasfuso nel mito di Glauco”33.

L’elenco dei componimenti presenti in questo progetto, si arresta improvvisamente anche se nel foglio c’era ancora spazio sufficiente per inserire altri componimenti. Tra l’altro il poeta lo aveva anche aggiornato con alcuni testi pensati prima del 21 agosto, ma composti dopo. Non ci registrerà però i titoli dei testi composti dopo il 21 agosto, che saranno invece presenti in un quarto progetto (ms. 417) fatto a fine agosto 1902 e che sembra essere la continuazione del terzo progetto. Questo progetto contiene anche titoli già noti che, però, non saranno mai composti, un titolo indecifrabile, appunti di nuclei compositivi che preannunciano componimenti che dovranno ancora essere fatti. Mancano i titoli di liriche già composte che faranno parte di Alcyone e manca anche La morte del cervo composta il 24 agosto che è l’ultimo componimento datato 1902 e risalente a quell’estate tanto prolifica.

D’Annunzio continua via via a pubblicare qualche componimento come ad esempio; La spicca il 3 agosto su <<La settimana>> di Napoli e veniva ufficialmente presentata come anticipazione “Dal terzo libro delle

Laudi”; L’ulivo componimento fratello del precedente e pubblicato il 17 agosto sempre su <<La settimana>>

di Napoli e successivamente anche a novembre su <<Il Secolo XX>> di Milano; il futuro Ditirambo I con il titolo Ditirambo “KAL. IUL. ANN. MCMII” pubblicato il 1 settembre su <<La rassegna internazionale>> di Roma; Le Ore marine, pubblicato con il titolo Le ore e con in calce “Nella Versilia, ferragosto 1900”, i primi di settembre su l’albo annuale <<Novissima>> di Milano; Anniversario orfico nato qualche mese più tardi e pubblicato il 14 gennaio 1903 sulla rivista <<Leonardo>> di Firenze con il titolo “Dai canti della Marina di Pisa. Anniversario orfico P.B.S. VII luglio MDCCCXXII”; La morte del cervo pubblicata il 31 maggio 1903 sul <<Marzocco>> di Firenze.

Il 31 agosto 1902 D’Annunzio lascia Romena per fare ritorno a Settignano soddisfatto del lavoro svolto, come si può vedere in una lettera indirizzata a Georges Hérelle:

“Scendo oggi – gli scrive – Settignano /.../ Ho molto lavorato qui ”34.

Continua a lavorare assiduamente alle Laudi tanto da aver composto già alla metà di settembre l’intero blocco delle Città del silenzio di Elettra nonostante la stanchezza e le molte seccature familiari compresi i vari litigi con la Duse. Tra la fine di agosto 1902 e il gennaio 1903 ha molto probabilmente composto

Vergilia anceps, Stabat nuda aestas, Gli indizii, Feria d’agosto, Il tritone, Il policefalo, Il vulture del sole.

Questi componimenti non erano stati registrati nel quarto progetto, ma saranno presenti nel sommario-annuncio di Alcyone diffuso nel gennaio 1903 dalla Casa Treves, molto probabilmente sono stati composti negli ultimi mesi del 1902. Il 21 settembre ritornò nei luoghi alcionii cioè in Versilia ed a Val di Castello, nei luoghi carducciani, assieme alla Duse e all’amico Rolland. D’Annunzio rapito da quei luoghi prende tantissimi appunti sul suo Taccuino, soprattutto prende appunti paesaggistici, che gli serviranno per comporre il componimento Saluto al maestro della Laus vitae e per il Commiato di Alcyone.

“Ormai, del resto, la feconda parentesi estiva di lavoro del poeta sembra essersi definitivamente chiusa. Il 29 settembre 1902, <<L’Illustrazione Italiana>> reca addirittura la notizia che D’Annunzio è stanco per il troppo lavoro e che i medici gli hanno imposto un periodo di riposo”35.

33

Lettere ad Angelo Conti cit., p. 29.

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Verso la metà di ottobre 1902, D’Annunzio, va a Pallanza ospite di Giuseppe Treves per lavorare in tranquillità e discutere, assieme a lui, sul progetto delle Laudi. Qui, oltre a visitare il posto, si dedica anche alla caccia, e prende molti appunti sul suo Taccuino che gli serviranno per comporre la lirica La muta un componimento del gruppo Sogni di terre lontane di Alcyone.

Il 9 di dicembre si trova a Milano dove gli verrà fatta un’intervista pubblicata l’11 dicembre 1902 su <<La Tribuna>> dove D’Annunzio, per tenere viva l’attenzione del pubblico sulle sue opere, dichiara proprio di trovarsi a Milano per curare la stampa del suo volume

“Gabriele D’Annunzio – scrive <<La Tribuna>> - trovasi da alcune settimane a Milano, occupato a vigilare, con le sue cure minuziose e infallibili, la stampa del suo nuovo volume di poesie: Le Laudi”36.

Inoltre ne descrive anche il piano dell’opera:

“Le Laudi del Cielo, della Terra, del Mare e degli Eroi – continua l’articolo – si comporranno di sette libri e ventiduemila versi; ma ora se ne pubblicheranno i primi tre, e poiché ciascun libro è dedicato ad una Pleiade, questi tre sono dedicati a Maia, Elettra e Alcione. Il primo Libro contiene un poema, Laus vitae, il secondo Libro è di carattere eroico e contiene le Odi civili e le Laudi delle Città; il terzo è idillico e ditirambico e contiene le Laudi dell’Estate e i Ditirambi. Il poema Laus vitae è in verso logaedico /.../ Esso è una vasta e solenne rievocazione del mondo ellenico e sorse nella mente del poeta fin da quando egli compì un suo viaggio in Grecia. Passano in questo poema i soffi degli aèdi mitici e fragori delle guerre nell’epoca storica. Quanti conoscono la magnificenza pittorica del verbo d’annunziano possono supporre quale nobile ricostruzione abbia nel suo poema la terra sacra dai limpidi orizzonti, dai templi ritmati come strofe, dalle città coronate di violette e di vergini dalla fronte d’oro; ma più appariranno originali molti episodi e scene e personaggi violentemente immaginati e resi con una vigorosa crudezza di linguaggio, di espressione e di pensiero, come, ad esempio: la divina Elena, la bellissima Argiva, ridotta in triste e laida vecchiezza dopo che il suo corpo fu premuto dai più vili uomini della gleba e del remo; il ritorno di Ulisse e l’agonia di Penelope; i dialoghi tra viti e vincitori nelle guerre contro gli stranieri e nelle fiere lotte fratricide. Negli ultimi periodi strofici (ciascun periodo è di 21 versi) il poeta ricongiunge quelle sue larghe visioni classiche con i suoi pensieri personali e moderni di speranze, di dominio e di gloria. Le Laudi delle Città, nel secondo Libro, sono espresse in sonetti racchiudenti il carattere della vita municipale antica o recente di molte città italiane, o alcuni sono fatti di invettive fierissime; nel terzo Libro v’ha, fra le altre una lunga poesia in terzine dedicata a Giosuè Carducci. Da alcuni anni il D’Annunzio aveva in animo di rivolgere un suo canto di saluto e di omaggio al Maestro glorioso, e già aveva cominciata un’ode; ma preferì compiere questa lirica in terzine, dopo una visita fatta a Val di Castello, il paese natale di Carducci. Glorifica egli quella casa solitaria ed il paese dove si nutrì e crebbe la ferrea giovinezza del poeta delle Odi barbare, esalta quella solenne arte italica e chiede al Maestro che gl’indulga s’egli è stato costretto a essergli infedele, dovendo seguire il solco segnato dalla sua volontà e dal suo destino. Anche nel terzo Libro, v’è una poesia in quarta rima intitolata La morte del Cervo, in tutte le sue parti bellissima /.../ Freschissime sono, nel medesimo libro, sette ballate nei modi di Cino, intitolate: Il fanciullo. Mi arresto qui nelle indiscrezioni: ho accennato appena ad alcune cose che più colpirono nel libro straordinario; aggiungerò tuttavia che esso recherà sette deliziosi disegni di Giuseppe Cellini, il finissimo artista romano, e che la Casa Treves ne farà una pubblicazione splendida con gli stessi caratteri usati per la Francesca da Rimini, di cui avrà lo stesso

35

Federico Roncoroni, Gabriele D’Annunzio, Alcyone, Milano, Mondadori, 1995, pp. 70.

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formato, alquanto più voluminoso e con eleganza maggiore di copertina. Il D’Annunzio è lietissimo di questo suo nuovo libro. La sua gioia è serena e schietta come di chi è sicuro della vittoria.”

Da quest’intervista si ricava una specie di quinto progetto delle Laudi. Ci informa che il ciclo è formato da sette libri come sette sono le Pleiadi, le intitolatarie dei libri, ora saranno pubblicati solo i primi tre volumi

Maia, Elettra, Alcione. Il primo libro contiene un lungo poema la Laus vitae, il secondo libro è di carattere

eroico e contiene le odi civili e le laudi delle città ed il terzo libro è idilliaco e ditirambico e contiene le laudi dell’estate e i Ditirambi. Il resto dell’intervista contiene indizi che ci mostrano principalmente che D’Annunzio non ha ancora definito completamente l’opera.

Ci sono varie lettere di questo periodo di D’Annunzio in cui avvisa gli amici che le sue Laudi stanno per essere pubblicate, come ad esempio la lettera del 29-30 dicembre 1902 all’amico Tenneroni in cui lo avvisa che la stampa dell’opera è in corso:

“Non si finisce mai, ahimé! Io lavoro sempre. Questo Libro lirico è come un enorme masso granitico lanciato a schiacciare la gracidante turba degli sciocchi. C’è tutta la tradizione e tutta la novità, tutto il Passato e tutto l’Avvenire”37.

E la lettera a Georges Hérelle dell’8 gennaio del 1903, in cui lo avvisa dell’uscita del libro verso la fine di gennaio:

“Io resterò a Milano sino alla fine di gennaio, cioè sino alla pubblicazione del mio nuovo libro. Il quale sarà tipograficamente meraviglioso, assai più bello della Francesca. Si compone di circa diecimila versi. Nel primo poema – Laus vitae – è narrato il nostro viaggio in Grecia. Ho rivissuto intensamente quei giorni di felicità. E credo che proverete molta gioia a questa trasfigurazione ideale”38.

Ed a confermare ulteriormente il tutto c’è la pubblicazione di un articolo de <<L’Illustrazione Italiana>> dell’11 gennaio 1903 che informa della “prossima pubblicazione del primo volume delle Laudi: ‘Laudi del

Cielo del Mare della Terra e degli Eroi di Gabriele D’Annunzio – Volume primo: Alle Pleiadi e ai Fati – L’Annunzio. Libro primo: Maia. – Libro secondo: Elettra. – Libro Terzo: Alcione.’”39; e la pubblicazione, da parte della Casa Treves, dell’indice dettagliato di tutti e tre i libri di cui il volume sarebbe stato composto. Quest’indice può essere visto come un sesto progetto del libro di Alcyone. Da questo progetto, a confronto con l’edizione definitiva, si può notare che sono ancora presenti dei titoli che non saranno presenti nell’edizione definitiva, che mancano, invece, ancora dei titoli che invece saranno presenti nell’edizione definitiva e che la vicenda stagionale precipita troppo velocemente verso l’autunno. Si nota però che il libro è organizzato e scandito dai Ditirambi e ne compare anche uno conclusivo identificato come Ditirambo

ultimo. D’Annunzio ha deciso di anticipare la narrazione del tema mitico –metamorfico rispetto ai vecchi

piani grazie allo spostamento del Ditirambo II, quello di Glauco, dal terzo al secondo posto della serie ditirambica, inserendosi proprio alle spalle di componimenti come La pioggia nel pineto e Meriggio che parlano del tentativo di raggiungere l’immortalità attraverso la metamorfosi panica con la perdita della propria identità e l’annullamento nella natura.

A febbraio 1903 fa ritorno alla Capponcina e, dopo un paio di mesi di pausa, il poeta riprende il lavoro. Lo testimoniano le lettere scritte i primi giorni di marzo, come ad esempio quella del 1° marzo 1903 indirizzata a Giuseppe Treves:

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G.Fatini, Confidenze dannunziane cit., pp. 1273-1274.

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Lettera a Georges Hérelle dell’8 gennaio 1903.

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“Perdonami se ho indugiato a risponderti. Ho una di quelle Furie laboriose che meritano veramente la Maiuscola, perché mi afferrano, mi agitano per sette e sette ore, poi mi lasciano quasi morto, boccheggiante. – Cumuli di lettere non aperte, giornali vergini /.../ ingombrano il mio tappeto. E non v’è altro rumore nel mondo se non quello delle mie penne d’oca, e non altra bianchezza della carta di Fabriano. /.../ Verrò a Milano fra dieci giorni. Ahimé le caccie nella Brughiera cominciano martedì, e io sarò a cavallo”40.

Quella indirizzata a Georges Hérelle del 3 marzo:

“Perdonatemi l’indugio nel rispondere. Sono in una febbre di lavoro, per riguadagnare il tempo perduto nella lunga malattia”41.

E un’ulteriore lettera indirizzata a Giuseppe Treves, datata 18 marzo 1903 in cui si scusa per non riuscire ad andare a Milano per festeggiare, l’indomani, l’onomastico dell’amico:

“Caro Pepi, ahimé, non sarò teco domani per la festa del Nome! Ho ancora da lavorare per alcuni giorni, ma certo sarei partito stasera e mi sarei trattenuto a Milano fino alla mattina di venerdì, se appunto domani la signora Duse non dovesse mettersi in viaggio per la sua nuova tournée. Non m’è possibile mancare nell’ora della partenza penosa”42.

Durante questo intenso lavoro, presto si accorge che la Laus vitae è diventata talmente amplia che può occupare benissimo da sola un intero volume delle Laudi, così da quel momento in poi, Maia avrà una vita tipografica indipendente da Elettra e Alcyone. Lo annuncia il 28 marzo ad Emilio Treves:

“Mio caro Emilio, il tuo suggerimento primitivo è divenuto buono perché la Laus si è sviluppata al di là della misura stabilita. Da sola può dunque riempire un volume di mole conveniente (circa 250 pagine, se non erro)”43.

Tra marzo e la prima metà di aprile continuò a comporre la Laus Vitae che dalle 250 pagine annunciate ad Emilio Treves, diventerà di ben 314 pagine e finalmente il 18 aprile scrisse l’ultimo verso. La copia della prima stesura contiene infatti la dicitura “Mezzogiorno! Sabato, 18 aprile a Settignano”44.

Darà prontamente la notizia a Giuseppe Treves:

“A mezzogiorno ho finito. In quest’ultima settimana ero come una corda dolorosa che sia per spezzarsi. Oggi la stanchezza, vinta dalla volontà eroica nel lavoro, mi pesa addosso d’un tratto /.../ Questo sforzo è stato forse il mio più duro, nella mia vita laboriosa; e l’ho compiuto fra pene e avversità di ogni genere, onde tu sai ricchi i miei giorni comuni. – Lunedì partirò per Rapallo dove la signora Duse è ammalata, costretta ad interrompere la tournée con pregiudizio suo grande. Di là, giovedì o venerdì, verrò finalmente a Milano. – Intanto ti prego di sollecitare il lavoro tipografico, affinché il volume sia pronto per i primi di maggio”45.

Quello stesso giorno scrive anche all’amico Georges Hérelle per dargli la lieta notizia:

40

Lettera a Giuseppe Treves del 1° marzo 1903.

41

Dalla lettera a Georges Hérelle del 3 marzo 1903.

42

Altre lettere cit., p. 713.

43

Lettera ad Emilio Treves del 28 marzo 1903.

44

Cfr. La copia cianografica di una prima stesura autografa di Laus vitae conservata negli Archivi del Vittoriale, LXXIV, 3. N. 17232, registrata al n. 1191c dell’Inventario cit.

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“Mio caro, vi scrivo in un’ora di gioia e di stanchezza, dopo aver terminato un poema che è il più duro sforzo da me compiuto fino a oggi: Laus vitae. È un poema moderno – forse il ‘primo’ poema moderno che raccoglie in sé la materia incandescente della vita nova e le memorie del Passato augusto. Io spero che vi sarà caro perché una parte importante del poema è consacrata al viaggio in Grecia in cui mi foste dolce compagno. Ora mi metterò in un aspro bagno di prosa. I due primi volumi delle Laudi – che stanno per uscire – contengono 20.000 versi! Parto per Milano”46.

Dopo aver visitato la Duse a Rapallo, D’Annunzio va, come annunciato, a Milano per curare la stampa del primo libro delle Laudi. Il 3 maggio 1903 su <<L’Illustrazione Italiana>> ne annunciava l’uscita per il 10 del mese. Il 10 maggio viene replicato un nuovo annuncio che spostava l’uscita del libro per il giorno dopo, ma di fatto era disponibile dal 13/14 maggio 1903. Il 12 maggio <<Il Giornale d’Italia>> aveva pubblicato in anteprima assoluta il penultimo canto del poema intitolato Saluto al Maestro che contiene l’omaggio per Carducci e che, precedentemente, era stato previsto in Alcyone.

Una volta che Maia è pubblicato si dedica alla pubblicazione di Elettra e di Alcyone.

Per quanto riguarda il secondo libro, gli mancavano ancora solo pochissimi versi per ritenerlo completo, ma intanto inizia a fare delle prove di stampa.

“Spedisco – scriveva a Giuseppe Treves da Settignano – una parte delle bozze del secondo volume di Laudi. Sarebbe prudente che io vedessi i primi due fogli, per dare la norma definitiva della tiratura.Poi si potrà proseguire senza interruzione”47.

Mentre per quanto riguarda il terzo libro, questo, non era ancora finito. Mancano ancora le liriche preannunciate a gennaio e che non erano ancora state scritte, manca anche tutta la seconda parte del libro che sembrava ancora provvisoria.

Tra luglio e settembre, D’Annunzio non riesce a lavorare alle Laudi perché impegnato con la prosa ed il 3 settembre, in una lettera a Benigno Palmerio, annuncia di aver ripreso il lavoro su Alcyone:

“Ora ho ripreso il lavoro per condurre a termine le poche cose che mancano al secondo volume delle Laudi; poi, subito metterò mano a una commedia. Così avrò provveduto all’inverno, cantando come la cicala ingiustamente alla formica...”48.

D’Annunzio in questi mesi, tra settembre e novembre 1903, dà all’Alcyone equilibrio ed ordine, lavorando principalmente sull’ultima parte del libro, quella compresa tra il Ditirambo III e IV, risolve l’impaccio tra

Ditirambo II e III, ed avvia il discorso verso un finale più lineare ed elimina alcuni titoli presenti

nell’annuncio di Treves perché avrebbero dato stonature alla linearità della storia. Fa in modo che la chiusura del libro coincidesse con la malinconia per la fine dell’estate e l’angoscia per la definitiva perdita della dimensione mitica dopo la caduta di Icaro e compone, accanto a testi già esistenti da tempo, nuovi testi funzionali al discorso e crea Undulna e Il commiato per sigillare il libro in sostituzione del Ditirambo V. Risale proprio a questi giorni un settimo progetto (ms. 396 e ms. 410) che ci mostra come via via D’Annunzio sta risolvendo questa situazione.

46

Lettera a Georges Hérelle del 18 aprile 1903.

47

Altre lettere cit., p. 715.

48

(21)

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In questi mesi, però, D’Annunzio non si dedica solo al lavoro, ma anche alla vita mondana stimolato dall’interesse per una nuova donna, Alessandra Carlotti di Rudinì con cui andò, il 15 settembre 1903, in visita a Roma, al museo Ludovisi e alle Terme di Diocleziano. Da questa visita nasceranno Le terme e Lacus

iuturnae che faranno parte della sezione Sogni di terre lontane. In questo periodo nascono anche gli altri

componimenti di questa sezione e molti componimenti della Corona di Glauco. Tra settembre e ottobre D’Annunzio rimane a Roma impegnato a corteggiare Alessandra. È qui che compone, il 13 ottobre 1903, il

Ditirambo IV. Risalgono a questo periodo anche alcuni Madrigali dell’Estate e altre liriche che non

sarebbero altrimenti databili come L’arca romana, L’alloro oceanico, Il prigioniero, La Vittoria navale, Il

peplo rupestre, Il vulture del Sole, L’ala sul mare e Altius egit iter.

Molto probabilmente l’organizzazione finale del libro viene fatta a Settignano tra ottobre e novembre 1903, ed è sempre qui che il 4 novembre D’Annunzio termina anche Undulna. Intanto, già dall’ottobre, Casa Treves inizia una forte campagna pubblicitaria per la prossima uscita del secondo volume delle Laudi. Il primo annuncio viene fatto l’11 ottobre 1903 su <<L’Illustrazione Italiana>> e gli annunci successivi vengono fatti a cadenza settimanale. Nella prima metà di novembre D’Annunzio scrive il componimento di chiusura dell’Alcyone, Il commiato che,il 15 novembre 1903, viene pubblicato su <<Il Marzocco>> di Firenze. Il 1 novembre sulla <<Nuova Antologia>> vengono pubblicati un ultimo gruppo di componimenti che fanno parte delle Città del silenzio e La tregua.

Dal 15 novembre in poi D’Annunzio farà spesso avanti e indietro tra Milano e Settignano, la motivazione ufficiale era quella di seguire le ultime fasi per la pubblicazione del secondo volume, ma in verità non era il suo unico intento, era occupato a sedurre Alessandra. Infatti, la correzione delle ultime bozze non deve averlo occupato molto, perché gran parte del materiale era gia stato impaginato, per cui e la stampa del testo deve essere stata celere perché per gran parte il materiale era già stato immaginato.

Il 13 dicembre 1903 <<L’Illustrazione Italiana>> annuncia per quella settimana l’uscita del secondo volume delle Laudi. L’Alcyone è pubblicato assieme ad Elettra intorno al 20 dicembre 1903, ma avrà come data editoriale il 1904.

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