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Il quaderno di vita: un ponte casa-scuola: uno strumento pedagogico atto a favorire il distacco dal genitore e promuovere un sereno inserimento alla scuola dell’infanzia

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Academic year: 2021

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TESI DI BACHELOR DI

ALYSON PEDRAITA

BACHELOR OF ARTS IN INSEGNAMENTO PER IL LIVELLO

PRESCOLASTICO

ANNO ACCADEMICO 2019/2020

IL QUADERNO DI VITA: UN PONTE CASA-SCUOLA

“UNO STRUMENTO PEDAGOGICO ATTO A FAVORIRE IL DISTACCO

DAL GENITORE E PROMUOVERE UN SERENO INSERIMENTO ALLA

SCUOLA DELL’INFANZIA”

RELATRICE

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Alyson Pedraita

Bachelor of Arts in Insegnamento per il livello prescolastico

Il quaderno di vita: un ponte casa-scuola

Uno strumento pedagogico atto a favorire il distacco dal genitore e promuovere un sereno inserimento alla scuola dell’infanzia.

Veronica Simona Benhamza

Il primo ingresso alla scuola dell’infanzia è un passaggio molto importante nella vita di un bambino, che per la prima volta si separa dalle figure genitoriali ed entra a far parte di un contesto nuovo e ricco di elementi sconosciuti. Con questa ricerca qualitativa si vuole indagare l’efficacia dell’introduzione di uno strumento pedagogico che si ispira ad alcuni principi teorici relativi all’oggetto transizionale: il «quaderno di vita», nato per sostenere i bambini con difficoltà di distacco accompagnandoli nel processo di separazione-individuazione. Con un approccio alla complessità che fa capo alla pedagogia attiva, lo strumento ha potuto sostenere un’allieva di tre anni che ha manifestato dei disagi nel separarsi dal genitore, nell’instaurare rapporti con i pari, nell’esplorare gli spazi della sezione e nella partecipazione attiva. I risultati a fine progetto evidenziano un sostanziale aumento di indicatori di benessere nella bambina, nonché un’integrazione totale nel sistema classe che si manifesta attraverso un facile distacco dal genitore, rapporti positivi con i compagni, relazioni profonde, partecipazione attiva alle proposte, esplorazione/gioco nei vari angoli della sezione, migliore alimentazione e costanti manifestazioni di felicità e benessere.

Parole-chiave: transizione, separazione, distacco, attaccamento, individuazione, valorizzazione, inserimento, accoglienza, relazioni, benessere

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Ringrazio con tutto il cuore le persone che sono salite con me su questo treno e che – che sia per poche fermate o per tutto il viaggio – mi hanno affiancata e sostenuta.

Ai miei allievi, piccoli universi che mi hanno arricchito di affetto, di scoperte, di entusiasmo, di divertimento e di insegnamenti profondi attraverso il loro modo di vivere, quello della purezza.

A Luisa, maestra guru che mi ha insegnato a “vedere le finezze” e a lavorare con passione, amore, flessibilità e dedizione, che mi ha affiancato in questo viaggio con la sua splendida personalità.

Ai formatori del DFA, in particolare Veronica e Luca, che mi hanno accompagnato personalmente in questa ultima e importante tratta con grande professionalità, gentilezza e contagiosa solarità.

Ai miei amici e alle mie amiche, che mi hanno scelta, decidendo di salire sul mio treno, sostenendomi nei momenti più turbolenti e gioendo con me nelle conquiste.

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Sommario

1. Introduzione ... 1

2. La scelta del tema in base al contesto educativo ... 2

3. Quadro teorico... 3

3.1. La teoria dell’attaccamento ... 3

3.1.1. Relazione primordiale come schema comportamentale ... 3

3.1.2. Funzioni dell’attaccamento ... 3

3.1.3. Gli stili di attaccamento ... 4

3.1.4. I sistemi comportamentali ... 5

3.2. Il bambino in una rete complessa: l’approccio sistemico ... 5

3.3. L’oggetto transizionale ... 6

3.4. La teoria del quaderno di vita ... 7

3.4.1. Un ponte tra due realtà ... 7

3.4.2. Raccontarsi e legarsi ... 8

3.4.2. Un progetto che si esaurisce con naturalezza ... 9

4. Parte applicativa ... 10

4.1. Quadro metodologico ... 10

4.1.1. Caratteristiche della ricerca ... 10

4.1.2. L’allieva di riferimento ... 10

4.1.3. Strumenti di ricerca ... 11

4.2. La domanda di ricerca ... 12

4.2.1. Interrogativo di ricerca ... 12

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5. Il quaderno di vita: un ponte casa-scuola ... 13

5.1. Premesse per l’attivazione del progetto ... 13

5.2. Fasi del progetto ... 14

5.2.1. La co-costruzione del quaderno ... 14

5.2.2. Il quaderno è pronto: il primo giorno ... 14

5.2.3. La redazione: a scuola, a casa ... 16

5.2.4. Da cosa nasce cosa ... 18

5.2.5. Conclusione del quaderno ... 22

6. Presentazione dei dati... 24

6.1. Analisi tematica del diario di bordo ... 24

6.1. Evoluzione del benessere tramite tabella osservativa ... 25

6.3. Triangolazione dei dati dei questionari somministrati ... 26

7. Analisi dei dati ... 28

8. Discussione ... 30

8.1. Risposta alla domanda di ricerca ... 30

8.2. Limiti e possibili sviluppi ... 32

8.3. Bilancio personale ... 33

9. Bibliografia ... 35

9. Allegati ... 37

9.1. Allegato 1: i sistemi comportamentali di N. ... 37

9.2. Allegato 2: i legami amicali di N. ... 38

9.3. Allegato 3: comunicazione a distanza con la famiglia ... 39

9.4. Allegato 4: analisi tematica del diario di bordo e parole emergenti ... 40

9.5. Allegato 5: temi emergenti dal diario di bordo ... 41

9.6. Allegato 6: tabella osservativa dei comportamenti di benessere ... 42

9.7. Allegato 7: tabella dei dati relativi al benessere ... 44

9.8. Allegato 8: profilo pedagogico di N. ... 45

9.9. Allegato 9: trascrizione intervista all’allieva ... 47

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Sommario figure e tabelle

Figure 5. 1: I bambini mentre preparano il quaderno e incollano la copertina. ... 14

Figura 5. 2: La presentazione del quaderno. ... 15

Figure 5. 3: La prima pagina del quaderno è pronta! Un gran sorriso e un applauso ... 15

Figura 5. 4: La prima uscita con il quaderno. Una sorpresa per la mamma! ... 16

Figura 5. 5: Anche il mio nuovo amico N. ha una “nonna Anna”! Ora la disegna anche lui. ... 16

Figure 5. 6: È importante scrivere il nome di chi ha aiutato a realizzare la pagina. ... 17

Figura 5. 7: Una conversazione sui fratellini tra N. e S. ... 17

Figure 5. 8: Rappresentazione di alcuni aspetti della vita di N. ... 18

Figura 5. 9: Anche a me piace il mare! Ma tu in quale mare vai? ... 18

Figura 5. 10: Presentazione del quaderno di vita alle panchine ... 19

Figure 5. 11: Il pranzo dell’avvento e un pranzo con gli amici. ... 19

Figure 5. 12: Attività sul quaderno in autonomia, con l’aiuto dei compagni. ... 20

Figure 5. 13: Coccolata alle panchine e supportata nel laboratorio dei colori ... 21

Figura 5. 14: Alcuni momenti con una nuova amicizia ... 21

Figura 5. 15: Giochi di corsa e creazione di pozioni magiche in giardino. ... 22

Figura 5. 16: Un pomeriggio festoso al Carnevale ... 22

Figura 5. 17: Mamma e figlia (e quaderno). ... 23

Figura 6. 18: Grafico dell’evoluzione della manifestazione dei comportamenti di benessere ... 25

Tabella 9. 19: Tabella riassuntiva dei sistemi comportamentali di N. ... 37

Tabella 9. 20: Tabella riassuntiva dei legami amicali creati con il progetto ... 38

Tabella 9. 21: Tabella riassuntiva della comunicazione a distanza ... 39

Tabella 9. 22: Tabella di analisi tematica del diario di bordo e relative parole emergenti. ... 40

Tabella 9. 23: Tabella riassuntiva dei temi emergenti dal diario di bordo in entrata ed in uscita ... 41

Tabella 9. 24: Tabella osservativa dei comportamenti osservabili usata per la raccolta dati ... 42

Tabella 9. 25: Tabella dei dati relativi alla presenza dei comportamenti indicatori di benessere. .... 44

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1. Introduzione

Nei cieli di Indra, si dice che esiste un reticolo di perle disposte in modo tale che se si guarda una di esse, si riesce a percepire tutte le altre che si riflettono in lei. Allo stesso modo ogni oggetto del mondo non è solo sé stesso, ma comprende gli altri oggetti ed è tutti gli altri oggetti. Questa metafora (Linsen, 1982), utilizzata da Simona Benhamza nelle lezioni al DFA (2016), si è rivelata un veicolo efficace e immediato per favorire l’apertura verso una visione sistemica; grazie ad una trasposizione semantica nel mondo della scuola è così riuscita a far evocare le immagini sensate di un concetto complesso, ossia il i principio sistemico dove tutto è connesso. Questo, assieme alla ricerca della perla in ogni bambino, sono state tra le più importanti evoluzioni sul piano dell’atteggiamento docente, sia dal punto di vista più ampio del sistema classe, sia nell’ambito dell’accoglienza del singolo allievo.

Tale ampliamento di visione mi dà conferma dell’importanza e della bellezza di questo mestiere. Mi viene in mente un saggio personaggio dei libri della mia infanzia, che disse: “presto, tutti quanti ci troviamo faccia a faccia con la scelta tra fare quello che è più giusto o quello che è più facile fare” (Rowling, 1998). Può essere una bella sfida quella di trovare la bellezza e l’unicità – la perla, per l’appunto – dentro ogni allievo, anche dove non è immediato coglierla. Questo, in effetti, non sempre è facile, ma è giusto. Ogni bambino ha il diritto di sentirsi parte integrante della rete in cui si trova, di brillare e di far brillare gli altri, ed è il nostro dovere di docenti costruire le condizioni, con il singolo e attraverso il sistema, per fare tutto il possibile perché questo accada.

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2. La scelta del tema in base al contesto educativo

Nelle scorse pratiche, purtroppo, ho visto tante volte perdurare la difficoltà di alcuni allievi a superare il distacco dal genitore o, in altri casi, in relazione all’arrivo di un fratello; ho assistito a lunghi pianti, digiuni, malinconie dolorose e atteggiamenti insoliti messi in atto da questi bambini toccati dall’ansia da separazione. Io stessa, quando nel 1997 iniziai a frequentare la scuola, manifestai notevoli difficoltà di distacco, la cui ansia, ancora oggi, ricordo bene. Oggi chiedo come sarebbe andata se qualcuno avesse proposto all’allieva Alyson il “quaderno di vita”, uno strumento ideato per sostenere gli allievi con difficoltà relative al processo di separazione-individuazione.

La scuola può e deve aiutare i bambini a vivere e superare questi normali passaggi della vita, donando loro attenzioni, strumenti e strategie che permettano di costruire progressivamente la propria identità, favorendo legami e connessioni con i pari al fine di integrarsi e sentirsi parte del gruppo (Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, 2015, p. 57). È quindi importante che i bambini, futuri cittadini, abbiano accesso a esperienze utili per costruire gli strumenti necessari per stare al mondo: conoscersi, indagare, ragionare, costruire l’autonomia, vivere la propria emotività e convivere con altre persone, riconoscendo i propri e altrui bisogni, interessi, capacità e valori (Fumat, 2005). Sulla base di questi ragionamenti ho trovato interessante – e talvolta sottovalutata o poco conosciuta – l’idea di un quaderno di vita; il bambino può infatti essere aiutato tramite l’uso di un oggetto transizionale costruito con il sistema classe, un libro vuoto, che viene riempito letteralmente e affettivamente. Esso può costituire gradualmente un ponte casa-scuola, il quale permette il passaggio da un luogo all’altro e, in parallelo, favorisce lo scambio relazionale tra pari, aumentando così gli intrecci e le connessioni, nonché la relazione e l’integrazione nel sistema classe.

Oltre ad avere una sensibilità particolare per i temi in questione, trovo interessante, in ottica formativa, poter attivare, monitorare e verificare personalmente l’uso e l’efficacia di questa pratica, che ha catturato la mia attenzione già nel 2017 durante una settimana blocco dedicata alla differenziazione. L’approfondimento mi aiuterà a sviluppare una conoscenza maggiore di tutti gli aspetti pratici e teorici, mentre l’attivazione concreta del percorso mi darà modo testarne i benefici e di abilitarmi nel suo uso, per integrare tale strumento di accoglienza nel mio stile educativo. Per questi motivi desidero vivere il progetto proponendolo ad un’allieva di tre anni che, dopo aver iniziato la scuola dell’infanzia, ha manifestato difficoltà di distacco e inserimento nel gruppo classe, nonché costante disagio. La bambina è in attesa del fratellino, per cui l’intervento è pensato anche in ottica preventiva rispetto alle turbolenze emotive che questo può, in alcuni casi, comportare.

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3. Quadro teorico

3.1. La teoria dell’attaccamento

3.1.1. Relazione primordiale come schema comportamentale

Il quaderno di vita è stato concepito per intervenire sulle difficoltà che hanno origine dal sistema di attaccamento. La sua teoria cerca di comprendere e spiegare lo sviluppo socioaffettivo del bambino, il quale cresce in un ambiente ricco di relazioni e connessioni sociali (Mendoça, Cossette, Lapointe, Strayer, 2008, p. 257), interazioni che costituiscono progressivamente gli schemi del presente ma anche quelli del futuro, ossia i “modelli operativi interni” (Bowlby, 1988). La teoria, infatti, spiega come in tale periodo si creino gli schemi mentali, affettivi e cognitivi che poi gli adulti mettono in atto nelle relazioni affettive che instaurano. Questi schemi riguardano una serie di aspettative “sugli eventi futuri” (Attili, 2007, p. 109) e idee: di sé, delle relazioni e di sé in relazione con l’altro (Attili, 2001). È infatti la qualità dei legami costruiti da piccoli a condizionare quelli che saranno i successivi rapporti e la sicurezza che si ha nella vita (Attili, 2018), proprio perché la parte inconscia della mente utilizza i modelli interni per leggere il mondo, interpretarlo e reagire; se il mondo interiore è solido, in seguito a adeguate cure infantili, meno sono le possibilità di costruire filtri interpretativi che distorcono la percezione della realtà (Attili, 2007). Significa quindi che vengono interiorizzate le idee che si è degni di amore, di affetto e di stima, facilitando lo sviluppo emotivo e sociale. Questo, come spiega Bombèr (2016), non implica che il genitore debba essere perfetto: si parla infatti, collegandosi a Winnicott, di “cure sufficientemente buone” (p. 28). Gli schemi tenderanno a operare sempre negli stessi modi, anche se, con impegno e tempo, quelli più disfunzionali possono essere ristrutturati (Attili, 2018). Oltre alla figura primaria della madre, vi sono altre persone significative (sistema famiglia) a costituire il quadro completo. Lo stile di attaccamento risulta dunque l’insieme dei modelli relazionali costruiti con le figure importanti della propria infanzia, dove lo sviluppo cognitivo e del linguaggio permette al bambino di co-costruire tali schemi e modellarli attraverso i contesti ed i ruoli in cui fa esperienze di tipo sociali (Mendoça et al., 2008, p. 258-259).

3.1.2. Funzioni dell’attaccamento

Secondo quanto emerge dalle teorizzazioni di Bowlby (1988), l’attaccamento è un comportamento insito nella natura umana e animale. Nei casi di emergenza si attiva anche in età adulta, anche se

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naturalmente è più evidente nella prima infanzia. Questo sistema ha delle funzioni basilari per garantire lo sviluppo della persona (Bowlby, 1988):

1) da un punto di vista adattativo vi è la preservazione della specie. Si ricerca e si mantiene una certa vicinanza con la figura ritenuta in grado di offrire protezione in caso di pericolo, paura o dolore, al fine di avere maggiori possibilità di sopravvivere. Ciò si palesa con comportamenti che attirano la madre, quali il sorriso, il pianto, la lallazione, la ricerca del seno materno e della vicinanza fisica (Mendoça et al., 2008, p. 257);

2) dal punto di vista biologico, l’attaccamento funge da rifugio, sostegno e rassicurazione;

3) a livello comportamentale, ha la funzione di base sicura; questo serve al bambino per avere un luogo certo in cui tornare a seguito dell’esplorazione dell’ambiente. Il ruolo di base sicura è di attesa passiva, di disponibilità, che si attiva in caso di bisogno.

3.1.3. Gli stili di attaccamento

Ci sono vari fattori da osservare nella reazione alla separazione-riunione di un bambino con le figure genitoriali di riferimento – per esempio, attraverso la “Strange Situation” di Ainsworth – che permettono poi di definire quale (o quali) sia lo stile d’attaccamento emergente (Bowlby, 1988). ▪ Attaccamento sicuro (B): il modello relazionale è basato sull’amore, sull’attenzione e sul sostegno;

vi è la certezza che, se necessario, vi sarà una risposta in termini di comprensione, aiuto e disponibilità a “ristabilire un contatto” (Attili, 2001, p. 16-18). L’esplorazione dell’ambiente è alta. ▪ Attaccamento insicuro-evitante (A): non c’è una totale fiducia nella risposta d’aiuto e nella disponibilità del genitore. Il bambino sembra indifferente sia alla presenza che in situazione di assenza della madre, che ha tendenzialmente un comportamento distaccato oppure ricco di aspettative e pretese, chiamato da Attili (2012) “mamma tigre” (p. 125).

▪ Attaccamento insicuro-ambivalente (C): il bambino non è propriamente sicuro della risposta del genitore, perché egli è, a volte, incostante, discontinuo e/o imprevedibile nelle risposte. Vi è una costante ansia di separazione, una ricerca di prossimità, e, nel distacco, sconforto. Vi sono difficoltà nell’esplorazione. Alla riunione egli richiede consolazione ma poi vi è sovente un rifiuto verso la risposta materna (es. rabbia).

▪ Attaccamento disorganizzato (D): si manifesta con un comportamento disorganizzato rispetto ai tre stili elencati sopra, dati da figure genitoriali abusanti, maltrattanti, trascuranti o con problemi psicologici (forme maniaco-depressive, lutti non superati, abusi non elaborati, ecc.).

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3.1.4. I sistemi comportamentali

Riprendendo Bowlby come teoria di riferimento, Attili (2001) spiega che il sistema di attaccamento è in stretto contatto con altri sistemi comportamentali, che guidano l’agire:

▪ Sistema esplorativo: si attiva quando l’attaccamento è percepito come sicuro, permettendo al bambino di esplorare ciò che lo circonda. Al contrario, se l’attaccamento è disfunzionale e/o intralciato, lo sarà anche il sistema esplorativo, in quanto vi è per il bambino la percezione di assumere un rischio a lasciare la base.

▪ Sistema di gestione della paura: si attiva in situazioni di pericolo – o recepite come tali – come per esempio trovarsi al buio, trovarsi con estranei o trovarsi da soli, condizioni che, all’origine, erano effettivamente sentite in maniera innata come un rischio.

▪ Sistema affiliativo: come approfondito da Giusti e Corte (2009), si tratta di una componente dello spettro emotivo e coinvolge le sensazioni di appagamento in seguito alla risposta positiva ai propri bisogni, che si attiva quando “l’ambiente viene percepito come sicuro” (p. 40-41).

3.2. Il bambino in una rete complessa: l’approccio sistemico

Il bambino è da considerarsi come una persona che vive all’interno di un sistema complesso con cui è connesso (Mendoça et al., 2008, p. 260). L’approccio sistemico tiene conto di questo paradigma della complessità, ossia dell’ambiente e della sua ricchezza di interazioni e situazioni. Ciò ha permesso, negli ultimi anni, un cambiamento delle metodologie scolastiche e dei suoi obiettivi, favorendo la considerazione degli aspetti di socializzazione, individuazione e convivenza (Cisotto, 2005). Oltre all’attaccamento ci sarebbero dunque altre variabili che contribuiscono allo sviluppo sociale del bambino, considerando la pluralità delle esperienze e delle relazioni che egli instaura in contesti differenti – ossia a casa e a scuola – dove riesce a vivere, interiorizzare e integrare nuove forme sociali comportamentali (Bronfenbrenner, 1993).

Castorri (1998) disse che “è una caratteristica peculiare dell’uomo essere immerso in un universo simbolico i cui significati sono continuamente negoziati nei processi interattivi”: questo implica l’impossibilità di separare la nostra esistenza da quella degli altri individui. Infatti, richiamando Morin (citato da Anselmo, 2006), “il tutto è più della somma delle parti”; le connessioni e gli scambi che si formano tra i vari individui arricchiscono notevolmente il sistema.

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3.3. L’oggetto transizionale

Il neonato – che deve ancora costruire il suo apparato psichico – non concepisce ancora la realtà esterna come oggettiva. Egli vive infatti in una realtà interna totalmente soggettiva, nell’illusione che essa risponda creando immediatamente le condizioni di cui lui ha bisogno; gradualmente il bambino scoprirà invece il mondo come qualcosa di oggettivo, indipendente, che è al di fuori del suo controllo. Nel corso del tempo verrà costruita tale comprensione attraverso esperienze – basti pensare al famoso gioco del rocchetto descritto da Freud (1977), in cui l’infante sperimenta la simbologia della madre che ripetutamente si allontana e torna – e transizioni, che gradualmente permettono al neonato di instaurare dei rapporti con il mondo esterno, il “non-me (Winnicott, 2004), ed uscire dall’innata onnipotenza che lo caratterizza. Questa progressiva evoluzione di visione e percezione è facilitata dall’uso dell’oggetto transizionale, il quale assume con il tempo una particolare e profonda importanza per il bambino, aiutandolo a spostarsi dal principio di piacere al principio di realtà. Come spiega Winnicott (2004), oltre alla realtà esterna e alla realtà interna, è da considerare fondamentale lo spazio che li collega, ossia una dimensione intermedia di esperienze a cui fanno capo entrambe le due aree. Nel bambino tale spazio “grigio” assume una connotazione di illusione, a cui è concesso molto più spazio rispetto ad un adulto, il quale è invece confrontato con una realtà che gli permette ben poco di assecondare uno stato mentale di illusione se non per poche e condivise convenzioni sociali (religione, arte, immaginari comuni e altre credenze).

Winnicott (2004) definisce “oggetto/fenomeno transizionale” un elemento che il bambino usa e che non è parte del proprio corpo (come ad esempio lo è la mano in bocca) ma che ancora non può essere percepito da lui totalmente al di fuori, il quale assume una connotazione di transizione da una realtà all’altra. Questo oggetto può essere un gioco, un peluche, una copertina, un pezzo di stoffa, oppure una parola, una melodia. È dunque un qualcosa che il bambino ritrova ripetutamente e che, con la sua costante presenza, lo rassicura, lo protegge, gli fornisce conforto. Esso diventa nel tempo un mediatore delle angosce, qualcosa di conosciuto, sicuro e vissuto, sul quale viene riversato un valore esperienziale sempre più ricco, che tendenzialmente i genitori comprendono e rispettano; è infatti comune trovare questi oggetti transizionali sporchi e maleodoranti, perché letteralmente vissuti, ma ricchi di un valore costruito nel tempo e attraverso le esperienze.

L’oggetto è dunque usato come mediatore per quello che può essere il compito che la madre ha: quello di disilludere, quindi favorire lentamente l’accettazione della realtà, che integra appunto dei momenti di frustrazione. Lo scopo è dunque quello di passare, attraverso una fase di separazione, da una condizione di dipendenza totale ad uno stato di individuazione sempre maggiore, che comprende il riconoscimento di sé e di tutto ciò che invece non è sé. Citando Winnicott (2004) si dice infatti che

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“l’oggetto rappresenta la transizione di un bambino da uno stato di essere fuso con la madre ad uno stato di essere in rapporto con la madre come qualcosa di esterno e separato” (p. 73). Il quaderno di vita è ricollegabile a questa teoria, in quanto esso diventa un ponte solido e costante che lega progressivamente, attraverso la mediazione dell’esperienza, l’ambiente casa con l’ambiente scuola e viceversa, in favore del processo di separazione-individuazione. Tale oggetto, come spiega Winnicott (2004), una volta che ha portato a termine il suo compito transitorio, è poi destinato ad essere “disinvestito di cariche” (p. 63), perdendo la sua funzione. Il bambino può dunque orientare la sua visione verso altri campi esperienziali relativi al “non me” (es. la creatività, il gioco simbolico, ecc.).

3.4. La teoria del quaderno di vita

3.4.1. Un ponte tra due realtà

Secondo Augeard (2005), il bambino molto piccolo necessita generalmente di un sostegno maggiore, in quanto, sul piano cognitivo e affettivo, si trova ancora in uno stato di fusione con la madre e la sua costruzione dell’identità individuale è ad uno stadio iniziale. Uno degli scopi della docente è infatti quello di diventare per i propri allievi un mediatore culturale, aiutandoli a rafforzare identità, sicurezza e autonomia, elementi indispensabili per costruire, nel tempo, un positivo sentimento di competenza sia come persone singole sia all’interno del gruppo, promuovendo quella che può essere una preparazione a “essere cittadino” (Fumat, 2005, p. 193) all’interno di un’istituzione.

Il quaderno di vita è uno strumento di accoglienza privilegiato che viene introdotto quando vi sono delle difficoltà di inserimento (o che emergono successivamente) in relazione all’attaccamento, quindi al distacco dalle figure genitoriali o a eventi che destabilizzano emotivamente il bambino in tale sistema. Talvolta, come spiega Augeard (2005), anche i genitori possono faticare nel distacco dal proprio figlio, rendendo il processo ulteriormente difficile.

Naturalmente, prima di attivare un progetto “quaderno di vita”, è necessario un periodo di osservazione volto a comprendere se le difficoltà del bambino siano legate nel profondo a problemi di distacco o se queste siano solo momentanee, dovute ai primi ingressi nella scolarizzazione; un certo periodo di assestamento è infatti normale e funzionale, e prevede poi una progressiva integrazione e partecipazione. Come suggeriscono anche Mantovani, Saitta e Bove (2003), l’inserimento richiede “tempo, gradualitàà e cure regolari, stabili e continue” (p. 55). Alcuni allievi, però, possono manifestare un disagio eccessivo e prolungato, nonostante gli aiuti predisposti, il che può indicare una difficoltà legata al sistema di attaccamento. È compito del docente distinguere quindi

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le difficoltà transitorie da quelle più durature, che necessitano ulteriori interventi (Fumat, 2005). Questo, come anticipato, può emergere anche nei bambini che si trovano in situazioni particolari dove il sistema di attaccamento viene toccato: la nascita di un fratello, il decesso di un genitore, una malattia inaspettata e/o debilitante, l’assenza prolungata di un genitore, ecc.

Se dopo un certo periodo di normale inserimento si manifestano ancora delle difficoltà di separazione e dei segnali di disagio durante la permanenza a scuola (disorientamento, assenza del gioco e di attività, assenza di relazioni, pianti, assenza di parola, necessità di vicinanza dell’adulto, non accettazione dei rituali, delle regole, ecc.), allora è necessario attivare un quaderno, che coinvolge direttamente anche la famiglia e la rende partecipe “connettendola affettivamente” (Augeard, 2005) al progetto e al relativo processo di separazione-individuazione.

Con un quaderno di vita, che fa da spola casa-scuola, il bambino ritrova, quando è in sezione, un punto di appoggio per elaborare il distacco. Il quaderno si costruisce tramite la rappresentazione di aspetti quali esperienze, vissuti, caratteristiche del bambino, tratti della personalità, famiglia, amicizie, cultura… e si concretizza attraverso l’organizzazione di scritture, disegni, fotografie, immagini e tutto ciò che il bambino ritiene importante e rappresentativo (Leleu-Galland, 2002). Tutto ciò può poi generare ricche occasioni di scambio significative tra le parti, facilitando il passaggio da una all’altra: il bambino, a casa, può raccontare le esperienze scolastiche, mentre con le docenti ed i compagni può condividere vissuti famigliari, interessi, passioni, ecc. Tale promozione degli scambi favorisce i nessi tra i vari bambini e riconosce le peculiarità di ogni singolo allievo anche in relazione al gruppo classe, permettendo così lo sviluppo dell’identità individuale e collettiva. Come spiega Leleu-Galland (2002), essendo che il bambino realizza il quaderno in prima persona e ne è al contempo destinatario, esso si carica di senso e affettività. Secondo Augeard (2005) il quaderno di vita può essere d’aiuto anche per la famiglia, che, soprattutto quando ci sono ostacoli linguistici, ha uno “spazio di mediazione” (Leleu-Galland, 2002, p. 7/12) concreto per comunicare alla scuola e raccontare del bambino.

3.4.2. Raccontarsi e legarsi

Come spiega Demetrio (1996), raccontare di sé è un’attività introspettiva terapeutica ricca di benefici, che permette di esplorare la propria memoria, rielaborarla e fissarla, favorendo una trasformazione. Foucault (1984) disse che la cultura di sé è “(…) assumere sé stessi come oggetto di conoscenza e campo d’azione, allo scopo di trasformarsi, correggersi, purificarsi, edificare la propria salvezza” (citato da Demetrio, 1996, p. 44). Come spiega Leleu-Galland (2002), il quaderno rappresenta la vita del bambino ed è, prima di tutto, uno “spazio simbolico” (p. 2/12), che trova le sue radici nella

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pedagogia attiva – che vede in origine Freinet come portavoce – la quale fa capo al vissuto esperienziale.

Il quaderno, proprio perché viene condiviso e costruito con l’aiuto del sistema classe, tende ad inglobare in maniera naturale il bambino nel reticolo, rendendolo parte del gruppo: nascono connessioni con i compagni (esperienze, passioni, attività in comune), nascono dei legami di supporto e aiuto reciproco, nascono amicizie, nascono le identità competenti. Tutto questo, di conseguenza, aiuta il bambino a sentirsi sicuro, accolto, capace, psicologicamente visto e riconosciuto dalle persone che lo circondano, elementi fondamentali per sentirsi bene con sé stessi e con gli altri.

3.4.2. Un progetto che si esaurisce con naturalezza

Si considera il progetto terminato al momento in cui il bambino non ne mostra più il bisogno. Questo si manifesta in vari modi: dimenticandolo, preferendo altre attività, non mostrandolo più, ecc. Mentre esso viene accantonato in maniera naturale e progressiva, si avverte che, d’altro canto, il bambino vive in maniera sempre più sicura e serena il distacco e la permanenza a scuola. Si possono notare anche delle ricadute (es. nascita di fratelli/sorelle o eventi traumatici) che riattivano il sistema di attaccamento del bambino, il quale può sentire l’esigenza di riprendere il proprio quaderno come mediatore delle sue ansie. La conclusione effettiva è segnata fisicamente creando il frontespizio con i genitori ed i compagni, predisponendo un momento a scuola.

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4. Parte applicativa

4.1. Quadro metodologico

4.1.1. Caratteristiche della ricerca

Questa ricerca è di tipo qualitativa; vista la complessità della situazione, la teoria che si va a costruire non potrà per forza essere generalizzabile in tutti i contesti. Può però risultare trasferibile laddove il esso risulti simile nei bisogni e nelle caratteristiche, ossia se vi sono presupposti e condizioni analoghe. Trattandosi dell’analisi di unità ristrette – in questo caso un singolo soggetto – di cui si raccolgono informazioni ricche di dettagli e che tengono traccia del vissuto, questa ricerca si può considerare uno studio di caso. Vi è una raccolta di dati su più fonti, in modo da raccogliere varie informazioni, descrivere gli effetti dell’intervento pedagogico e verificare l’efficacia dello strumento utilizzato. La raccolta è longitudinale, perché la rilevazione viene effettuata in maniera ripetuta e sull’arco di più tempo (Trinchero, 2002).

4.1.2. L’allieva di riferimento

Il progetto è mirato per intervenire sui bisogni di un’allieva in particolare, ma coinvolge indirettamente tutta la classe, la quale collabora per co-costruire lo strumento didattico e ne è coinvolta nei fenomeni che si creano in seguito alla sua attivazione. Tale strumento è quindi sia individuale che generale: sebbene sia pensato per favorire il distacco e l’inserimento di una determinata allieva, la chiave sta nel processo che si attiva in tutto il gruppo.

N. è la primogenita di una giovane coppia in attesa del secondo figlio, previsto per marzo 2020. La famiglia è svizzero-italiana. A settembre sembrava che l’inserimento stesse procedendo bene, ma poi sono emerse le prime difficoltà. N. risulta spesso disorientata: si guarda attorno con espressione seria, fatica a esplorare l’ambiente e ad attivarsi. A volte, l’ansia è più alta, tant’è che il distacco avviene con più difficoltà: si rannicchia tra le gambe della madre, si copre il viso, le sussurra di non andare. Il silenzioso sconforto permane poi per tutta la mattinata. Quando N. entra in sezione tende a rimanere

in silenzio. Dopo essersi cambiata e aver fatto l’abbraccio con la madre1, la bambina riesce a svolgere

1 È prassi, nella nostra sezione, che vi sia l’abbraccio come forma di accoglienza per facilitare la separazione dopo

l’entrata al mattino. I bambini, appena entrano, mettono la molletta con il proprio nome sul tipo di abbraccio che desiderano. Il genitore, poi, cerca la molletta e svolge l’abbraccio con suo figlio, per poi salutarlo e andare.

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da sola dei giochi simbolici (casetta e mercato), ma solo in prossimità della madre che la osserva e le parla. Ha poi bisogno della docente che la invita e la incoraggia ad iniziare un’attività a tavolino per affrontare il distacco. Poi non necessita per forza la prossimità continua della docente; è però a suo agio quando ha le attenzioni e la vicinanza dell’adulto. Parla volentieri con le maestre, meno con i pari; quando un bambino prova a relazionarsi, N. risponde a fatica. Se ha del tempo a disposizione, N. chiede “cosa posso fare?” oppure risponde “non lo so” quando le si chiede “a cosa vorresti giocare?” o “cosa ne pensi?”. Successivamente, segue le attività strutturate in maniera passiva. Dopo

un periodo di osservazione e di aiuti2, anche in considerazione del fatto che vi sia un fratellino in

arrivo, si è concordata l’attivazione di un progetto “quaderno di vita” per provare ad aiutarla nel distacco e nell’inserimento.

4.1.3. Strumenti di ricerca

I mezzi con i quali terrò traccia dell’evoluzione del progetto sono tre.

La tabella osservativa (allegato 6 a p. 42) si basa su una serie di comportamenti ben definiti che si possono manifestare lungo la giornata, i quali sono indicatori di una presenza di benessere. Essi sono posti in ordine cronologico, seguendo la struttura del giorno. Per ogni comportamento viene indicato se si manifesta, quindi inserendo “sì” oppure “no”. Viene redatta giornalmente.

Il diario viene scritto anch’esso ogni giorno e racconta in maniera discorsiva ciò che succede, raccogliendo il vissuto dell’allieva, ciò che fa, le relazioni, ecc. Vengono trascritte le vicende ed i comportamenti di N., che possono essere raccontati in maniera più approfondita e dettagliata.

Con i questionari3 semi-strutturati (allegato 10 a p. 48), invece, raccoglierò i punti di vista dei genitori,

della docente titolare e della bambina stessa rispetto all’efficacia di questo intervento pedagogico. Per la raccolta delle impressioni della bambina mi affiderò alla madre, alla quale consegnerò una serie di domande da porre a sua figlia come una sorta di intervista registrata, per cui vorrei capire il valore che ha il quaderno per lei in termini affettivi e se viene riconosciuto come un elemento di aiuto e di supporto.

2 Come evidenziato anche nel questionario della docente titolare, per gli allievi nuovi abbiamo predisposto degli aiuti per

favorire l’inserimento: la mamma che si ferma un po’ di più al mattino, poter tenere con sé oggetti portati da casa, predisposizione di materiali e pitture per il gioco libero, creazione con la madre di una scatola per i giochi…

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4.2. La domanda di ricerca

4.2.1. Interrogativo di ricerca

L’utilizzo dello strumento “quaderno di vita” come ponte casa-scuola – premesso che vi sia un accordo e quindi la partecipazione della famiglia a casa – può favorire il benessere dell’allieva aiutandola gradualmente nel distacco con i genitori e con l’inserimento positivo nella scuola dell’infanzia in termini di relazioni con i compagni, esplorazione degli ambienti, gioco attivo, partecipazione alle attività proposte e autonomia nelle pratiche di vita quotidiana?

4.2.2. Ipotesi

La mia ipotesi è che lo strumento possa essere accolto da N. con entusiasmo: le attività grafico-pittoriche sono un suo punto di forza e d’interesse. Posso inoltre ipotizzare che il rituale ricorrente e lo spazio sicuro e privilegiato dato dal quaderno di vita possano aiutare N. a superare il distacco. Oltre a ciò, ipotizzo che possa favorire le connessioni con altri allievi, aiutando N. a sentirsi accolta e a instaurare dei rapporti con i pari, che piano piano impareranno a conoscerla e a supportarla, apprezzandola e donandole maggiore sicurezza in sé stessa. A detta della famiglia, infatti, N. è insicura, timida e diffidente: necessita che gli altri facciano il primo passo. Deduco dunque che le attuali difficoltà ad esprimersi, relazionarsi e prendere decisioni possano man mano migliorare, rendendo N. sempre più attiva e a suo agio con l’instaurarsi di legami e senso di autoefficacia. Ipotizzo anche che il quaderno possa essere d’aiuto, in ottica preventiva, a integrare la bambina nella classe con una stabilità tale per cui l’arrivo del fratello possa essere affrontato con maggiore serenità.

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5. Il quaderno di vita: un ponte casa-scuola

5.1. Premesse per l’attivazione del progetto

Il tutto è iniziato con una costante osservazione dell’allieva, che, fin dalle prime comparse delle difficoltà, è stata monitorata. Nonostante gli aiuti predisposti per gli allievi nuovi, è emersa gradualmente un’ansia da separazione. Grazie a queste osservazioni si è potuto decidere se e quando attivare concretamente il quaderno. Le difficoltà comportamentali osservate (allegato 1 a p. 37) mi hanno portato a decidere, in un determinato giorno, per l’attivazione del progetto.

Come anticipato nella parte teorica, l’attivazione del quaderno di vita prevede una stretta cooperazione con le famiglie, che sono un pilastro fondamentale. Dopo aver riscontrato e condiviso con i genitori la situazione, è stato necessario stabilire una collaborazione, la quale si basa sull’obiettivo comune del bene della bambina. Sono diversi gli elementi del progetto su cui si è dovuto discutere assieme ai genitori; non è infatti immediato capirne l’origine, la sua finalità, la struttura e le modalità d’uso. Dopo il chiarimento di tutti gli aspetti peculiari, ho avuto la conferma da parte loro della volontà di cooperare. È stato importante sottolineare l’importanza della regolarità nella compilazione giornaliera di una pagina: senza ciò, il quaderno avrebbe perso il suo scopo transitorio.

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5.2. Fasi del progetto

5.2.1. La co-costruzione del quaderno

Il progetto è stato attivato nella mattinata di giovedì 28 novembre. Dopo aver constatato un forte disorientamento della bambina, così come degli atteggiamenti di disagio e rabbia, si è rilanciato alla classe il quesito. Ho perciò raccolto i bambini e spiegato la situazione di N., chiedendo loro cosa si potesse fare per aiutarla. Gli allievi conoscono il quaderno di vita e così hanno subito proposto l’idea di realizzarne uno per N. Sono stata fortunata a ritrovarmi in una sezione che già pratica e conosce lo strumento; in una situazione diversa, trovo importante fin da subito avere un atteggiamento di accoglienza e favorire nei propri bimbi tale sentimento di empatia e disponibilità reciproca. Gli allievi si sono dunque mobilitati per creare il quaderno per N., che li osservava sorridendo: alcuni bambini con la colla, altri con i fogli, altri osservavano.

Figure 5. 1: I bambini mentre preparano il quaderno e incollano la copertina.

5.2.2. Il quaderno è pronto: il primo giorno

Dopo aver costruito il quaderno grazie all’aiuto di alcuni compagni, N. era entusiasta di mostrarlo a tutti. Essendo però lei in difficoltà nell’esprimersi a grande gruppo, è stata una seconda bambina, E., ad aiutarla a parlare, presentando per lei. Questo scambio ha permesso di creare i primi legami: alcuni compagni, che si sono sentiti valorizzati e soddisfatti, hanno poi continuato a mettersi a disposizione per aiutare la bambina a svolgere le pagine del quaderno, mentre N. ha manifestato le prime soddisfazioni attraverso sorrisi, battiti di mani e vocalizzi felici.

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15 Figura 5. 2: La presentazione del quaderno.

In seguito alla presentazione, ho passato del tempo privilegiato con N., per realizzare la prima pagina

del suo quaderno. Abbiamo perciò deciso di preparare una sorpresa per la mamma4, disegnando sé

stessa e scrivendo “un abbraccio per la mia mamma”. L’entusiasmo nel farlo è stato altissimo e ha attirato naturalmente lo sguardo dei compagni, che regolarmente si fermavano ad osservare.

Figure 5. 3: La prima pagina del quaderno è pronta! Un gran sorriso e un applauso.

All’uscita, N. non vedeva l’ora di mostrare alla mamma la sua sorpresa. È stato infatti molto bello assistere a questo momento, in cui la bambina, circondata da alcuni compagni, ha chiesto alla madre di chiudere gli occhi: poi ha aperto il suo quaderno rosa mostrando con orgoglio la sua prima creazione, sorridendo e battendo le mani. Altri bambini sono stati attirati dall’evento e quindi si sono

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fermati ad osservare e interagire. La mamma si è dimostrata comprensiva e collaborativa, accogliendo il quaderno con altrettanto entusiasmo e valorizzando la bambina per il suo impegno e per la preziosità del lavoro svolto.

Figura 5. 4: La prima uscita con il quaderno. Una sorpresa per la mamma!

5.2.3. La redazione: a scuola, a casa

La bambina ha subito preso a cuore il suo quaderno, al quale ha dedicato un bel sacchetto prezioso per il trasporto. Le pagine, ogni giorno, sono poi state riempite con elementi esperienziali legati alla sua vita, alla sua famiglia, ai suoi interessi, alla sua cultura, alle sue esperienze di vita. N. ha sempre deciso cosa rappresentare sulla base delle sue esperienze quotidiane e del suo vissuto, sia alla scuola dell’infanzia, sia a casa.

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Figure 5. 6: È importante scrivere il nome di chi ha aiutato a realizzare la pagina.

La modalità di rappresentazione è stata fatta attraverso la combinazione di immagini, forme, disegni, pitture, tecniche grafico-pittoriche, collage, fotografie, dettati all’adulto, ma anche di oggetti e altri elementi che N. ha ritenuto importanti e rappresentativi dell’esperienza. Abbiamo infatti svolto lavori di vario genere: collage di immagini e foto da riviste o scattate a scuola, disegni, creazione di personaggi con stoffe e vario materiale di bricolage, pitture, acquerelli, pastelli, uso di piccoli oggetti da appendere (foglie, bustine di lievito, bollini, materiale di riciclo, brochure, biglietti del cinema e di altri eventi, ecc.). Vi è stata anche, per ogni pagina, la narrazione e la trascrizione di eventi, di conversazioni, della struttura famigliare, di esperienze, di legami e di cose che piacciono.

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Lo stesso è stato svolto a casa, ogni giorno. I genitori hanno infatti compreso bene il senso e l’efficacia dello strumento, lavorando con costanza e dedizione per cogliere da N. degli importanti elementi che ne raccontano la storia. Durante la mattinata, N. poteva quindi sfogliare il suo quaderno con i compagni e raccontare cosa aveva fatto la sera prima (es: ginnastica infantile, cinema, fare i biscotti) oppure qualcosa che le piace, che l’appassiona o che fa parte della sua vita, come la sua cameretta, la sua famiglia, i suoi cibi o giochi preferiti, ecc.

Figure 5. 8: Rappresentazione di alcuni aspetti della vita di N.

5.2.4. Da cosa nasce cosa

Grazie a questo denso scambio di informazioni e al continuo e progressivo arricchimento della biografia di N., la bambina ha instaurato sempre più legami con i compagni, che venivano a osservare il quaderno, a fare domande, a confrontarsi e ad aiutarla a realizzare una nuova pagina.

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Vi sono state anche altre opportunità per raccontare di sé: quando lo desiderava, N. poteva naturalmente sfruttare il momento alle panchine per mostrare il quaderno e presentare delle pagine. Se all’inizio faticava a esprimersi, con il tempo e con l’accrescimento di fiducia in sé e negli altri la bambina ha più volte presentato e narrato le sue esperienze.

Figura 5. 10: Presentazione del quaderno di vita alle panchine.

Durante il mese di dicembre sono dunque nate le prime relazioni, di cui abbiamo naturalmente tenuto conto anche per le attività come il calendario dell’avvento e durante i pranzi, ai quali la bambina ha cominciato a partecipare.

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Oltre a questo, è gradualmente aumentata l’autonomia della bambina; se nel primo periodo vi era un momento privilegiato docente-allieva, nel corso del tempo ho potuto poi cedere il posto ai compagni per il supporto nelle scelte e per la realizzazione operativa della pagina. D’altro canto, anche l’allieva ha maturato una progressiva autonomia, accettando sempre di più la mia assenza e accogliendo con crescente simpatia e apertura i pari.

Figure 5. 12: Attività sul quaderno in autonomia, con l’aiuto dei compagni.

I bambini che l’hanno aiutata e sostenuta, e con cui ha costruito dei legami profondi, sono essenzialmente tre: S., E., e N., tutti bambini del primo anno obbligatorio (allegato 2 a p. 38). Gli allievi hanno iniziato a contendersi il posto accanto a N. alle panchine e a pranzo, motivo per cui sono sorti anche dei “litigi” e per cui abbiamo dovuto pianificare dei turni. L’esplorazione degli spazi, in questa fase, è avvenuta prevalentemente grazie ai compagni con cui ha legato.

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Figure 5. 13: Coccolata alle panchine e supportata nel laboratorio dei colori.

Poche settimane prima della chiusura delle scuole, poi, N. ha iniziato a creare dei legami anche con altri bambini, in particolar modo con T. (OB2) e J. (AF).

Figura 5. 14: Alcuni momenti con una nuova amicizia. Una lettura prima di pranzo e gioco in casetta.

Anche il gioco in giardino (e in salone), in concomitanza con l’esplorazione degli spazi interni, ha subito un cambiamento; N. ha iniziato a prendere parte alle attività in maniera sempre più partecipe, assieme ai suoi compagni di riferimento.

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Figura 5. 15: Giochi di corsa e creazione di pozioni magiche in giardino.

5.2.5. Conclusione del quaderno

Il progetto è stato terminato il 21 gennaio, dopo quasi 8 settimane, quando N., per la prima volta, non ne ha sentito l’esigenza: ha preferito infatti giocare con i suoi amici. All’uscita se n’è ricordata (“ah il librone!”), decidendo poi di lasciarlo nell’angolo identitario. Nei giorni successivi non è stato più considerato e N. non ha infatti avuto più difficoltà nel distacco o nell’affrontare le giornate alla scuola dell’infanzia. Purtroppo, a causa della sua malattia e alla successiva chiusura delle scuole, non ho potuto accogliere N. al rientro dalle vacanze di Carnevale. Avrei voluto osservarla nella situazione scolastica dopo la nascita del fratellino. Per questi motivi, il quaderno di vita è concluso ma il frontespizio è ancora vuoto.

Figura 5. 16: Un pomeriggio festoso al Carnevale.

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23 Figura 5. 17: Mamma e figlia (e quaderno).

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6. Presentazione dei dati

6.1. Analisi tematica del diario di bordo

Scrivere un diario giornaliero mi ha permesso, in fase finale, di tracciare un’analisi tematica degli argomenti emergenti lungo tutto il periodo di osservazione. Ho così deciso di dividere il diario in III parti in funzione dei momenti significativi:

▪ I: prima del progetto (07.11.2019 - 28.11.2019) ▪ II: progetto avviato (28.11.2019 - 13.01.2020) ▪ III: periodo conclusivo (14.01.2019 - 20.02.2020)

Per analizzare il diario e capire quali fossero le tematiche emergenti, ho stilato una lista di elementi da considerare, che fanno riferimento al tema del distacco e dell’inserimento a scuola che ho potuto approfondire nel quadro teorico nell’ambito dei sistemi comportamentali. Per ogni argomento ho poi cercato le parole più frequenti all’interno del testo, collocando il conteggio totale e la presenza nei tre periodi. Questo mi ha permesso di delineare gli argomenti più presenti in tutto il diario e di suddividerne la presenza nelle fasi del progetto. Qui di seguito, riporto un esempio:

Tematica e/o relative parole conteggiate Conteggio totale I° periodo II° periodo III° periodo

Attività individuale: “svolge, gioca, lavora,

partecipa, attiva, casetta, giardino, gioco” 31 2 6 23

Ho svolto questo con tutti gli altri temi (allegato 4 a p. 40). L’analisi dei temi ricorrenti e delle parole che ne fanno parte mi ha permesso di osservare gli argomenti più presenti in entrata ed in uscita (I° periodo e III° periodo) (allegato 5 a p. 41).

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6.1. Evoluzione del benessere tramite tabella osservativa

Con la tabella osservativa specifica (vedi allegato 6 a p. 42), ho potuto tenere traccia in maniera più puntuale dei comportamenti indicatori di benessere messi in atto dalla bambina, puntualizzando, per ognuno di questi, se fosse presente o non presente. Per ogni giorno ho potuto quindi conteggiare quanti “SÌ” e quanti “NO” ci fossero, attribuendo a questi campi i rispettivi colori verde e rosso. Ho poi potuto elaborare tutti i dati (vedi allegato 7 a p. 44) e creare un grafico, permettendomi di costruire un andamento della presenza di comportamenti indicatori di benessere, ossia quelli verdi.

Non tutti gli aspetti sono stati osservati ogni giorno: può capitare che in alcuni casi non si svolga la ginnastica, o che si salti il giardino. Essendo le giornate dinamiche, ho dovuto lavorare in termini di percentuale (percentuale di risposte “SÌ” rispetto al totale di risposte). Ne risulta il grafico seguente:

Figura 6. 18: Grafico dell’evoluzione della manifestazione dei comportamenti osservabili che indicano benessere (%)

Nel grafico ho segnalato i momenti importanti: l’inizio del progetto, la fine, e altri due momenti in cui il quaderno è stato “in sospeso” perché non svolto la sera prima o dimenticato a casa (si è fermata per la prima volta di mercoledì e pensavano non si facesse).

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6.3. Triangolazione dei dati dei questionari somministrati

Per quello che concerne le interviste rivolte agli adulti coinvolti nel processo pedagogico (allegato 10 a p. 48) vi sono vari punti chiave che emergono.

Elementi di inizio anno:

▪ genitori contenti, fieri ed emozionati per questo passaggio: la vedevano pronta; ▪ descritta come una bambina timida e riservata;

▪ preoccupazione dei genitori rispetto al cibo;

▪ presa di contatto (maggio): gioco, esplorazione, amicizia con A. e verbalizzazione “mi piace qui”; ▪ Secondo incontro (agosto): gioco, esplorazione, desiderio di relazionarsi e dirigere il gioco.

Difficoltà riscontrate:

▪ bisogna darle tempo per aprirsi, ha un carattere timido e di poca confidenza; ▪ deve imparare a lasciarsi andare piano piano nelle cose nuove, come sempre;

▪ all’inizio sembrava aver trovato un suo posto alla SI, ma poi sono emerse le difficoltà; ▪ faticava a distaccarsi dalla madre: “vorrei che la mamma rimanesse qui all’asilo con me”; ▪ faticava a svolgere dei giochi e a esplorare la sezione, gli angoli… si consolava con la docente. Attuazione del progetto:

▪ si ricordava sempre di portare il quaderno perché voleva mostrarlo a tutti; ▪ ha creato un legame affettivo con il suo librone, conservandolo con cura; ▪ era entusiasta di svolgere le attività a tavolino, è il suo punto forte;

▪ arrivava felice e mostrava spontaneamente il quaderno ai gruppetti di bambini; ▪ a scuola era lei che voleva creare una pagina da mostrare alla mamma.

Relazioni:

▪ si è aperta, ha preso sicurezza di sé, si è integrata, si sente parte del gruppo; ▪ ha socializzato progressivamente con i compagni e instaurato amicizie; ▪ nuovi compagni si sono avvicinati condividendo passioni/eventi comuni.

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Altre osservazioni:

▪ ha iniziato ad accettare tutto il cibo, anche a casa; ▪ sorride quando viene a scuola;

▪ manifesta piacere nel raccontarsi e ascoltare; ▪ ha trovato nuovi amici e li nomina spesso.

Osservando invece le risposte fornite dalla bambina (allegato 9 a p. 47), non sembra esserci una connessione metacognitiva tra il quaderno e il miglioramento della sua generale condizione alla SI. Nomina però i suoi amici più stretti come gli allievi che più l’hanno aiutata a farlo. Oltre a ciò, si evidenzia un legame affettivo con il progetto (felice di averlo e di fare le pagine, felice di presentarlo ai compagni, continuazione del quaderno anche a casa durante la quarantena).

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7. Analisi dei dati

Considerando i vari risultati delle presentazioni dei dati e facendo un confronto tra quanto emerso prima del progetto e quanto invece evidenziato al termine, risulta chiaro che nell’allieva si è attivato un cambiamento del benessere globale. N., nel corso del periodo di osservazione, ha manifestato dei comportamenti di benessere che sono notevolmente aumentati, passando da meno di 20% ad una totalità del 100%. Ci sono stati inoltre, osservando il grafico, dei momenti di calo più evidenti, che si sono presentati in corrispondenza dei due giorni in cui vi è stata l’assenza del quaderno.

Al di là degli aspetti di distacco e inserimento, l’aumento del benessere si è manifestato anche in cose meno evidenti: progressivamente N. ha iniziato a salutare spontaneamente le docenti e i compagni, a mangiare di più (e ad assaggiare tutto) e ad andare in bagno per fare la pipì senza difficoltà, cosa che prima le risultava difficile.

Rispetto ai dati emersi con il diario, in termini di tematiche, quelle più presenti prima del progetto riguardavano prevalentemente manifestazioni di disagio e di difficoltà legate ai sistemi comportamentali: spaesamento, incapacità di esplorare l’ambiente e di svolgere giochi, silenzio e mancanza di interazioni, sentimenti negativi. Al termine del progetto, invece, le tematiche sono decisamente migliorate: si è così potuta osservare un’allieva loquace, che interagisce positivamente, esplora lo spazio, saluta tranquillamente la madre, manifesta sentimenti positivi e svolge dei giochi in tutto lo spazio disponibile.

Vi è stato un esponenziale sviluppo delle sue componenti relazionali; verso la fine del percorso, più volte, è successo che io abbia dovuto addirittura richiamarla alle panchine perché chiacchierava troppo. Infatti, oltre alle mie osservazioni, anche la famiglia e la docente titolare hanno notato un’integrazione dell’allieva all’interno della rete classe. Considerando le osservazioni e i monitoraggi iniziali, il fatto di sentire N. che a pranzo propone ai compagni di discutere sul tema “organizziamo un pigiama party” è, a mio parere, una grande conquista.

Nell’ultimo periodo, inoltre, sono nate nuove amicizie, con T. (OB2) e J. (AF), non prettamente legate al quaderno come le prime, che sono invece nate all’origine del progetto. L’allieva, al capolinea del percorso, è quindi riuscita a creare delle interazioni e dei legami anche senza il mediatore quaderno. I dati evidenziano dunque un netto miglioramento delle dinamiche socioaffettive e di autostima/ sicurezza di sé, come anche osservato nella globalità del periodo. In generale, riprendendo le competenze trasversali del Piano di studio, le maggiori evoluzioni dell’allieva sono avvenute in termini di sviluppo personale (consapevolezza e fiducia di sé), collaborazione (condivisione scopi, co-elaborazione, autostima) e comunicazione (atteggiamento comunicativo).

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Per quanto riguarda invece il periodo di quarantena, lo scambio telefonico con i genitori (allegato 3 a p. 39) mi ha permesso di capire il vissuto di N. L’arrivo del fratellino a fine marzo – che, come emerso dai questionari, non era motivo di particolare preoccupazione per i genitori a settembre – è stato vissuto dall’allieva con gioia e amore. Nonostante il periodo particolarmente ricco di cambiamenti, N. ha saputo gestirsi con elasticità, riuscendo a vivere in maniera piuttosto serena la clausura e accogliendo il piccolo con responsabilità e dolcezza, come affermano i genitori. È difficile dire quanto sia effettivamente imputabile al progetto, perché ci sono molte variabili in gioco; personalmente, vedendo la globalità di questo percorso e i risultati che sono emersi, penso che la serena integrazione che vi è stata a livello scolastico possa aver influito positivamente sulla gestione emotiva in questo periodo difficile. In ogni caso, a casa l’allieva ha svolto giornalmente attività a tavolino, inserendo anche il fratellino nel quaderno, che è stato quindi riattivato un’ultima volta. N. esprime il desiderio di tornare a scuola e verbalizza la sua malinconia. Lo stesso avviene in altri allievi, che esprimono la mancanza di N. Questo, assieme ai dati raccolti, evidenzia l’importanza e la potenzialità di svolgere un intervento pedagogico di questo tipo.

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8. Discussione

8.1. Risposta alla domanda di ricerca

Concluso il progetto e analizzato i risultati della raccolta dei dati, posso in fine riprendere la domanda che mi ero posta all’inizio:

L’utilizzo dello strumento “quaderno di vita” come ponte casa-scuola – premesso che vi sia un accordo e quindi la partecipazione della famiglia a casa – può favorire il benessere dell’allieva aiutandola gradualmente nel distacco con i genitori e con l’inserimento positivo nella scuola dell’infanzia in termini di relazioni con i compagni, esplorazione degli ambienti, gioco attivo, partecipazione alle attività proposte e autonomia nelle pratiche di vita quotidiana?

Il quadro teorico fa riferimento a delle teorie pedagogiche e psicologiche che evidenziano l’importanza dei rapporti affettivi vissuti nella prima infanzia e la progressiva transizione verso l’individuazione in una realtà oggettiva e ricca di situazioni, persone, relazioni ed esperienze. Mettere in pratica uno strumento che nasce da questi presupposti teorici mi ha permesso di testarlo personalmente, vederne gli effetti e valutare la sua efficacia; il risultato converge con quanto indicato nella teoria, rendendo lo strumento, in questo caso, efficace.

In seguito all’analisi dei dati emersi e all’evoluzione del profilo dell’allieva (allegato 8 a p. 45), si può giungere alla conclusione con una risposta infatti positiva; è chiaro che, essendo una ricerca qualitativa, non si può imputare il miglioramento totalmente all’intervento, perché esistono altre variabili, come ad esempio il naturale sviluppo personale dell’allieva e le esperienze extra-scolastiche. Nonostante ciò, posso comunque affermare con certezza che l’attivazione del progetto ha permesso a innumerevoli fattori positivi di emergere nel corso di poco tempo, aumentando nella bambina i fattori positivi e aiutandola a instaurare rapporti, inserendosi nella rete.

Il quadro teorico fa riferimento ai sistemi comportamentali, in particolar modo alla complementarietà dei sistemi di attaccamento e di esplorazione; questo fattore è stato evidente nell’allieva, in quanto i due sistemi si sono interscambiati: se prima era attivo quello di attaccamento, con il progetto N. ha progressivamente implementato l’aspetto esplorativo, non dovendo più attivare quello legato all’attaccamento e alla paura. Man mano che ella stabiliva legami e aumentava l’esplorazione, si dilatava il tempo tra il distacco la richiesta di svolgere il quaderno: 5 minuti, 10 minuti, 1 ora, tutta la mattina, sino a dimenticarlo completamente. Inoltre, non vi sono state più evidenti crisi di ansia nel salutare la madre al mattino.

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Oltre a ciò, si evidenzia l’importanza dell’aspetto transizionale, anch’esso in riferimento alle teorie di Winnicott (2004): il progetto ha funzionato proprio quando lo scambio era attivo tra scuola e casa. In quei due giorni in cui la transizione è mancata, N. ha infatti manifestato delle difficoltà maggiori. Quando invece vi era la linearità e la costanza transizionale, la progressione lo era allo stesso modo, in positivo. Inoltre, il quaderno è stato lentamente disinvestito, proprio come un oggetto transizionale. Riferendosi al sistema comportamentale affiliativo, fin da subito ho visto in N. un grande entusiasmo rispetto al suo quaderno. Essendo il lavoro grafico-pittorico uno dei suoi punti forti, l’allieva ha subito apprezzato la modalità del quaderno, svolgendolo con passione e dedizione. Ogni mattina arrivava in sezione, diretta ai tavoli in cui lo appoggiava, lo apriva e lo sfogliava sempre da cima a fondo, raccontandone con gioia i contenuti. Il momento poteva durare anche diversi minuti; era evidente il legame affettivo e l’importanza che avesse per lei poter rivedere ogni esperienza assieme ai compagni, i quali si radunavano curiosi per osservare e ascoltare, oltre che intervenire per connettersi. Si è notato un miglioramento nell’esprimere i propri sentimenti e adottare un atteggiamento empatico nei confronti dei pari. Riprendendo gli elementi emersi dal diario, l’allieva ha infatti progressivamente abbandonato le sue modalità di interazione passiva ed insicura rivelando un lato molto loquace, dolce ed empatico, che si è palesato quando, durante un litigio tra allievi per stare vicino a lei a pranzo, N. è intervenuta consolando l’amica con dolcezza ed empatia. Al contrario del primo periodo, ha poi saputo anche verbalizzare meglio le sue emozioni, comunicandomi per esempio “un pochino adesso mi manca la mamma, mi vengono un po’ le lacrime sai”.

Infine, a livello di sistema, la teoria si rapporta con complementarietà alla realtà. Al di là dell’efficacia che ha avuto sul singolo, il progetto ha messo in moto diverse dinamiche di gruppo, smuovendo e modificando, come teorizzato all’inizio, l’intero sistema classe. I bambini hanno infatti cambiato il loro modo di rapportarsi con N., mettendosi a disposizione e adottando un atteggiamento caratterizzato da disponibilità, comprensione e gentilezza. Si sono modificati anche i rapporti amicali, cambiando quindi l’assetto relazionale di gruppo.

Purtroppo, date le circostanze, manca la realizzazione del frontespizio, il quale segna concettualmente la chiusura effettiva e fisica del percorso. Siccome la famiglia ha optato per la permanenza a casa predisporrò delle alternative, come per esempio concordare un breve momento di ritrovo a scuola dopo la chiusura oppure svolgere una videochiamata con i compagni in classe e con N., per organizzare i materiali da portarle poi a casa per decorare il frontespizio insieme ai genitori.

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8.2. Limiti e possibili sviluppi

Il progetto “quaderno di vita”, proprio perché funge da oggetto transizionale, è funzionale solo se tutte le parti sono in sintonia e riescono a cooperare per la buona riuscita del lavoro, rendendo effettivamente solida la funzione transizionale, ossia il ponte casa-scuola; è per questo che è fondamentale che vi sia una buona collaborazione con la famiglia, che si prende a carico un impegno non indifferente. È dunque possibile che questo aspetto possa risultare un limite, in quanto possono esserci famiglie che, con un lavoro simile, potrebbero trovarsi in difficoltà. Possono esserci motivi socioeconomici e culturali che ostacolano la continuità, così come impegni di lavoro e genitori in conflitto. Se penso invece ad allievi che si trovano in situazioni estreme, con uno stile di attaccamento disorganizzato, l’inclusione della famiglia potrebbe risultare invece controproducente, perché la loro caratteristica negligente e/o abusante (o sintomatica di aspetti depressivi, di lutto, ecc.) non permetterebbe al progetto di funzionare, ma anzi, lo rifiuterebbe, causando sconforto all’allievo. Se penso inoltre alla modalità di lavoro che il progetto offre, un limite potrebbe essere dato proprio dal fatto di essere una raccolta autobiografica che si esplica attraverso attività a tavolino: questo, per alcuni allievi, potrebbe non funzionare. Si potrebbe dunque pensare ad altre forme, dove il concetto rimane lo stesso ma viene formulato in una modalità di strutturazione e realizzazione che mobiliti l’entusiasmo e i punti d’interesse/di forza dell’allievo in questione: per esempio, se un bambino è appassionato di treni, si può pensare di costruire con lui un treno di cartone su cui appendere i vari elementi autobiografici; se è appassionato di pirati, si può creare uno scrigno contenitore, e così via. Un altro aspetto che trovo possa essere critico è quello della gestione operativa. Un progetto simile prevede inizialmente di dedicare costantemente dei momenti privilegiati all’allievo, stando con lui e supportandolo nella realizzazione del quaderno. Questo implica che si abbia il resto della classe libero o che lavora in autonomia, cosa che può essere difficile quando ci si trova da sole senza appoggio. Il fatto che il quaderno sia volto a favorire il distacco permette però di lavorarci subito, sfruttando il momento dell’entrata e del gioco libero, fascia temporale che meglio si presta per dedicarsi al singolo. La presenza a tempo parziale può anch’essa risultare una difficoltà in più. Ho avuto la fortuna di poter seguire il progetto dall’inizio con una presenza totale, perché gli orari delle lezioni mi permettevano di andare ogni giorno in sezione almeno per l’accoglienza e per svolgere il quaderno con N. Dopodiché vi è stata la conduzione piena. Se si è impiegati però a metà tempo, è necessario trovare un equilibro con la collega, che, nel caso non utilizzasse questo strumento, andrebbe informata, richiedendole l’approvazione e istruendola sulla procedura.

Pensando in termini di sviluppo, quest’anno ho imparato molto sul tema dell’accoglienza, di cui fa parte questo strumento. È dunque interessante approfondire il discorso in termini di identità collettiva

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e individuale, costruendo poi con gli allievi l’angolo identitario e la mappa sezione degli interessi; porterò con me nel mio futuro agire gli insegnamenti di quest’anno, dato che ho vissuto in prima persona l’efficacia di un lavoro globale basato totalmente sugli allievi.

Trovo inoltre interessante, in generale, il concetto del libro. Anche in relazione ad altri libri che i bambini hanno costruito (libricino delle esperienze personali e Canzoniere della programmazione annuale) ho notato un certo legame affettivo, che reputo un punto importante da ritenere. Per questo penso che possa essere interessante applicare questo concetto anche ad altre tipologie di narrazioni di sé volte a favorire la conoscenza e l’evoluzione delle rappresentazioni di sé, come ad esempio un portfolio delle competenze o un libro d’identità, elementi che vorrei mettere in pratica in futuro.

8.3. Bilancio personale

Questi anni di formazione sono stati decisamente rilevanti nella mia vita, sia perché mi hanno resa una figura professionale nell’ambito lavorativo in cui ho sempre desiderato operare, sia perché hanno messo in moto delle dinamiche che mi hanno dato modo di crescere davvero come persona. Per me diventare una docente non rappresenta solamente un ruolo; è qualcosa che va oltre e che ingloba anche gli aspetti più profondi e personali della mia esistenza. Per poter svolgere questa professione ho dovuto evolvere dentro, e per evolvere dentro ho scelto (inconsciamente?) questo ambito professionale. Grazie agli ostacoli, le difficoltà e le paure emerse mi sono scontrata con delle parti radicate molto in fondo, scoprendo una Alyson che, guarda caso, faticava a procedere con il suo stesso processo di separazione e individuazione. Questa formazione è stata dunque rilevante, permettendomi di mettermi in discussione, lavorare su me stessa ed evolvere su più fronti. Ad oggi sono realmente contenta di questo percorso, perché ogni cosa che è successa, ogni situazione, ogni persona incontrata, ogni pratica e ogni dinamica mi ha permesso di trarre degli insegnamenti importanti.

Grazie a questo anno, poi, ho potuto veramente imparare moltissimo. “Ti aiuterò a vedere le finezze”, mi diceva la docente titolare ad agosto, quando ci siamo conosciute. Grazie al suo supporto e grazie ai bambini, da cui ho imparato moltissimo, sono potuta crescere come professionista, imparando a guardare con gli occhi del cuore; ho infatti visto e sperimentato quanto professionalità e passione si accostino. Se si mette amore in ciò che si fa, se non si ha paura di dimostrarlo agli allievi e si è sereni, l’energia positiva non può che insediarsi nel reticolo di perle quale è la propria classe.

Attuare un progetto di tesi su questo tema è stato per me molto significativo, sia dal punto di vista personale rispetto allo stile educativo che sto costruendo – molto attento al tema dell’accoglienza e sensibile nell’ambito della separazione e costruzione della propria identità – sia dal punto di vista

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