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Un antico insediamento agricolo nei pressi di Portoferraio (Isola d'Elba, Livorno): Archeoboranica e Storia

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(1)

1,

Etrurianatura

una finestra sul territorio

Periodico dell 'Accademia dei Fisiocritici, Siena Anno Xlii - 2019

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-~n antico ins~diament? agricolo nei pressi

dr

Portoferraio (Isola d Elba, Livorno):

Archeobotanica e Storia

Claudio Milanesi

Università di Siena, Dipartimento di Scienze della Vita, Laboratorio Archeobotanico Via PA Maru·oli 4 • 3100

daudio.milanesi@unisi.it ' • 3 • iena.

EElba, la più grande isola dell'Arcipelago Toscano, è conosciuta non solo per le sue bellezze naturali ma

anche per i suoi importanti giacimenti minerari sfruttati fin dall'epoca etrusca. Anche durante il dominw

romano l'estrazione di minerali di ferro e la loro lavorazione hanno consentito opportunil,à di sviluppo e

di ricchezza per l'isola; da rilevare, comunque, che accanto all'industria siderurgica andava sempre più ad

affermarsi l'agricoltura attraverso la nascita di vere e proprie fattorie ( analogamente a

quant,o

verificatosi

lungo

/,a

fasci.a costiera di Populoni.a). Il contenuto botanico dei depositi sedimentari di questi siti archeologici

viene oggi. intensamente studiato perché rappresenta un buon indicatore per la ricostruzione dell'ambiente

c01uernente le antiche attività umane. Aly Hassan, curatore del Museo Egizio del Cairo, così si esprime

in

merito: "L'uomo moderno può imparare dagli errori dei suoi antenati. Analizzando

in

che modo i

popoli antichi affi-ontavano problemi quali: l'inquinamento, la sovrappopolazione, la scanrltà di risorse,

l'assistenza, sarà più facile trattare le versioni contemporanee di questi mali".

La Paleobotanica

è

la disciplina che si occupa

dello studio degli organismi vegetali, di origine

ma-rina e continentale, presenti nelle rocce

(riguardan-do resti fossili, essa costituisce W1a branca della

Pa-leontologia). L'Archeobotanica, invece,

è

la

disci-plina che studia i resti vegetali recuperati in contesti

archeologici attraverso sottodiscipline come

l'antra-cologia (riguarda i legni e i carboni), la carpologia

(riguarda i semi), la palinologia (riguarda i pollini

e le spore), ecc.

Lo stretto legame tra quest'ultima

e l'Archeologia (si interessa delle culture umane e

delle loro relazioni con l'ambiente del passato

me-diante la raccolta e l'analisi delle tracce materiali

che hanno lasciato) ne rileva l'importanza per

lari-costruzione della storia dell'Uomo e, in particolare,

per risolvere alcuni temi fondamentali nel rapporto

uomo-ambiente.

Compito dell'articolo

è

quello di applicare

me-todologie archeobotaniche all'area di San

Giovan-ni,

nei pressi

di Portoferraio (Fig. 1 ), dove

è

stata

trovata la documentazione archeologica di Wl

inse-diamento agricolo sorto

in

età

romano-repubblica-na. Fra l'altro, da tali applicazioni

è

possibile

aspet-tarsi Wl'integrazione alle scarse notizie storiche,

riguardante la realtà vegetazionale del periodo.

Indagini archeologiche

Nel 2012 sono iniziati a San Giovanni

gli

scavi

(Fig. 2) finalizzati a portare alla luce forni per la

lavorazione del ferro di epoca etrusca e romana,

viste le numerosissime scorie

di ferro e di argilla

concotta sparse ovunque. Dal sottosuolo

è

invece

emerso Wl imponente muro, realizzato con blocchi

regolari

di pietra legata da malta cementizia, che

doveva appartenere ad Wl edificio di tipo agricolo

(Fig. 3).

La consultazione delle fonti storiche

(Al-derighi

et al., 2013) e il recupero di alcuni bolli su

opus doli.are, hanno permesso di scoprire che i

(3)

Fig. I • Ubicazione del s~o archeologico d1 San Giovanni. nei pressi di Portofenra10. Nel riquadro è ev1denz1ata la pos1z1one dell'antica fattoria

romana

prietari di questa struttura rustica sono stati i

Valerii,

potente famiglia aristocratica romana con grandi interessi economici sia sull'Isola d'Elba che in conti-nente. A costruirla sembra sia stato il supremo magi-strato romano Marco Valerio Messalla Cmvino (64 aC. - 8 d.C.) nella seconda metà del primo secolo aC.; dopo essere stata ereditata dal figlio adottivo Aurelio Cotta Massimo Messalina, essa fu con pro-babilità abbandonata a causa di un incendio (primo secolo d.C).

Campionatura e tecniche di laboratorio

A differenza di altri resti organici, quelli botani-ci si recuperano nei sedimenti prevalentemente in

Fig. 2 -Vista dall'a~o dell'area d1 scavo 1n località San Giovonn1.

modeste quantità per cui è necessano

dis

tecniche di campagna e di laboraton· Porre di

o non

dis

tive. I campioni prelevati, uno per

O . llut.

dim . . gnì sequenz.a

se entaria, sono stati conservati lt SO OVUoto . buste di plastica sterili e a temperatura arn . lll

p . alin rfì b1en1e

er s~p~e I p . omo dalla Parte lllineraJe : cam~10m ~on~ stati ~o~posti a trattamenti chimi~ mediante nnp1ego di acido cloridrico, acido flu . drico e idrossido di sodio (Girard & Renault-Mison. vsky, 1969). Una migliore concentrazione di po~ e spore è stata ottenuta attraverso la floltazj one ei d residui co~ ioduri ~uidi (Go~~ & Beaulieu, 19ig)_

I preparati ottenuti sono stati infine inclusi in glice-rina e montati su vetrini da microscopia ottica. L'i-dentificazione dei palinomorfì al microscopio è stata favorita dal confronto dei preparati con quelli delle collezioni del laboratorio archeobotanico. Per quanto concerne i carboni, si rileva che es--sono stati raccolti dal collaboratore Ariano Buracc e successivamente analizzati al microscopio ottico luce riflessa nelle loro sezioni trasversali, tangenzi, e radiali per evidenziarne i caratteri (tipi di rag midollari, canali, tracheidi e vasi) che contraddisti. guano i vari taxa Il numero minimo di carboni e considerare per ciascun campione è fissato in moè empirico dalle curve tassonomiche, le quali indie no il numero di taxa comparsi con l'aumento d numero dei campioni osservati (Castelletti et a:

2002);

per questo lavoro sono state esaminate da ' a

127

unità di carboni per taxon. I carboni sono sL infine pesati e contati per calcolarne le percentua!

Fig. 3 -I resti dell ed 1fi c10 d1 tipo Jgr1colo

32

UN ANTICO INSEDIAMENTO AGR oTANICA E STORIA

(4)

Fig. 4 -Anfore recuperate dopo la rimozione dello strato sedimenta-rio ch e copriva il manufatto.

Fig. 5 -Semi di melo recuperati nel s,to.

Risultati

PALINOLOGIA

Le analisi hanno riscontrato abbondanza di ascospore e clamidospore fungine, di spore filici-ne

(Asplenium)

e algali

(Zygnemataceae),

nonché di pollini di angiosperme acquatiche

(Hydroclwris) .

Tali palinomorfi sono tipici di suoli acidi e poveri di ossigeno (Quamar, 2014) soggetti a ristagno di umidità e a processi di decomposizione. Sono stati rilevati anche numerosi pollini sia di

Urtica,

pianta erbacea legata alle attività colturali e alla frequenta-zione antropica, sia di

Querrus ilr1x.

ANfRACOLOGIA

Nonostante che circa il 10"/o dei carboni si sia presentato corroso e irriconoscibile, la parte re-stante è risultata riferibile a canne palustri e ad essenze arboree di tipo mediterraneo quali

Casta.-nea, Quercus cerris,

Q.

ilex,

Q.

pubescens

e

Ostrya.

La stima delle curvature degli anelli di crescita ha attestato nei carboni di

Castanea

e

Q.

pubescens

tronchi di circa 3040 cm di diametro, in quelli di

Q.

cerris,

Q.

ilex

e

Ostrya

rami di piccola e media pezzatura. La presenza di ife fungine carbonizzate in qualche frammento d'alburno di

Q. ilex

testimo-nia una raccolta a terra dopo stagionatura. L'ab-bondanza di micro carboni al suolo è indicativa di una combustione dovuta a un incendio (Castelletti

et al.,

2002). CARPOLOGIA

Durante lo scavo sono venute alla luce 3 anfore romane (Fig. 4) contenenti 10 frutti orbicolari di

Medicago tubercolata

(pianta erbacea nota come "erba medica") e circa 500 semi (Fig. 5). Le analisi hanno suggerito per questi ultimi corrispondenze morlologiche con

Malus sylvestris

(L.) Mili., una varietà di melo selvatico, e ciò nonostante la nota difficoltà di reperirli nei siti archeologici a causa della sottigliezza del tegumento (8-10 µm) che av-volge e protegge l'embrione. Con ogni probabilità, la buona conservazione dei semi è da legarsi alle condizioni anaerobiche dei depositi compatti, sia inorganici (argilla sabbiosa) che organici (residui alimentari e fibre vegetali), all'interno dei quali sono stati rinvenuti (Quamar, 2014). Da rilevare an-cora che, a differenza della caratteristica spigolosità del tegumento esterno nei semi contemporanei di

M. sylvestris

(originata dal mesocarpo che durante la maturazione del frutto contiene 10 semi racchiu-si a due a due in cinque carpelli compresracchiu-si), quelli riesumati hanno mostrato arrotondamenti della su-perficie esterna (Fig. 6). Per togliere ogni dubbio circa la loro attribuzione al melo selvatico, semi contemporanei sono stati sottoposti a fennentazio-ne in vitro; fennentazio-ne è risultata una morfologia estema del tutto comparabile con quelli della fattmia romana (Fig. 7).

(5)

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l

I I I I

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I

I

I

Fig. 6 -Semi d, melo contemporanei, provenienti dalla collezione car-pologica di confronto.

Fig. 7 . Semi di melo contemporanei, prima e dopo la fermentazione

1n vitro.

Conclusioni

L'abbondanza di spore e carb • ( . oru Illicro ero), wlita alla scarsità di pollini confi e 111a.

' , enna che

I secolo d.C. 1 ambiente della fatto . nel na romana

variamente antropizzato e che ess era

enze arbor dall'ottimo valore calorico, quali leccio carn· ee

b bilm ' -t'mo e

cerro, erano pro a ente impiegate

come legn da ardere. Fra l'altro, la buona conservazione d . a

ti b tani . dis .. d 1

e1re-s o c1 persi e a egarsi verosirnilm·

. . ente alla

lenta combustione dei numerosi elementi c 0Slruttivj della struttura crollati in seguito ad un incendi L' O, e-dificio_, che doveva presentare mUri interni ad opus

gratzczum (

carmicci ancorati con chiodi a travature in castagno e roverella e poi intonacati), era proba-bilmente adibito a dispensa di bevande dato che le anfore erano in genere utilizzate per I'inunagaz. zinamento e il trasporto di vino. Il ritrovamento al

loro interno di una così elevata quantità di semi d melo è del tutto raro; esso potrebbe quindi sugge rire una propagazione della pianta sull'isola implt mentata dalla deforestazione per attività siderurgiG· La morfologìa arrotondata dei semi potrebbe infìn . essere stata origìnata da fenomerù d'idratazione e e fermentazione; ciò avvalora l'ipotesi che nelle an fore fosse stoccato sidro (in latino sTcera ), bevand, leggermente alcolica e dissetante documentata

su

dal X secolo a. C. in Egìtto e in Asia Minore.

Ringrazio il Prof. Franco Cambi, DireUore dello scavo, per il supporto logistico, il Dott. Lucas Dugerdil dell'Ecole Nomial de Lyon per le analisi palinologiche e il Dou. Paolo Castagnini del Dipartimento di Scienze della Vita per l'aiuto nel ricono5,

mento di alcuni reperti carpologici.

Testi citati

AJdeiighi L., Benvenuti M., Cambi F., Chiarantini L., Caterina-Chiesa X.H., Corretti A., Dini A., Firmati M ., Pagliantini L., Principe C ., Q uaglia L. & Zito L. (201 3)

-Ricerche e scavi all'Isola d'Elba, Produzimw sùleru1gica

e ten ·itorio insulare nell'antichità. Aithale, Annali della

Scuola Normale Superiore di Pisa, sen e 5, 5(2: I G9-I 86. Castelletti L., Cattani L., Wilkens B., Tagliacozzo A. , Salvadei L., Bietti-Sestieli A.M , & Molinan M.C. (2002) .

R icerca are/teologica .. Lo studio dei rej1erti.

<hUp:ff,vww.treccani.if/enciclopediafricerca-archeoloi,>ica-lo-stu-di0-0ei-reperti_%281l-Mond0-0ell%27 Archeologia%29/>.

Girard M . & Renault-Miskovsky

J.

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Boucltes du Rhone). Bulletin de ssocrn

pour l'Etude du Quaternaire, 275-28'1. / /

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Goeury C . & Beaulieuj.L. (19 " · · 110 .

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tio11.1. Historical Biology, 27 (8): 1-9.

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EOBOTANICA e sr o RlA

Figura

Fig.  I  • Ubicazione  del s~o  archeologico  d1 San  Giovanni. nei  pressi di  Portofenra10
Fig.  4 - Anfore recuperate dopo  la  rimozione dello  strato sedimenta- sedimenta-rio ch e copriva il  manufatto
Fig.  6  - Semi  d,  melo  contemporanei,  provenienti  dalla collezione car- car-pologica di  confronto

Riferimenti

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