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Metodi di valutazione: come valutare?

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Academic year: 2021

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ISBN volume 978-88-6760-338-1

2015 © Pensa MultiMedia Editore s.r.l. 73100 Lecce • Via Arturo Maria Caprioli, 8 • Tel. 0832.230435

25038 Rovato (BS) • Via Cesare Cantù, 25 • Tel. 030.5310994 www.pensamultimedia.it • info@pensamultimedia.it

Il progetto EDUEVAL - Evaluation for the Professional Development of Adult

Education Staff (n. 538743-LLP-1-2013-1-IT-GRUNDTVIG-GMP) è finanziato

con il sostegno della Commissione europea. L’autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.

This work is under a

“Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International” License

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Indice

Introduzione 5

Elisabetta Biffi (Università degli Studi di Milano-Bicocca, Italia) 1. Verso la definizione del profilo professionale

del valutatore degli staff che operano nel campo

dell’educazione degli adulti 7

Loredana Perla, Viviana Vinci

(Università Aldo Moro di Bari, Italia)

1.1 Una premessa: oltre la “funzione” valutativa,

verso un nuovo profilo professionale 7

1.1.1 Le molteplici competenze del valutatore: un’unica professione o un mix di

professionalità diverse? 9

2. Il modello triangolato di valutazione EDUEVAL 19

Viviana Vinci (Università Aldo Moro di Bari, Italia)

3. La valutazione degli staff in educazione degli adulti 23 3.1 Framework teorico: teorie e modelli di valutazione 24

Loredana Perla, Viviana Vinci

(Università Aldo Moro di Bari, Italia)

3.1.1 L’approccio positivista-sperimentale 25

3.1.2 L’approccio pragmatista della qualità 26

3.1.3 L’approccio costruttivista 26

3.1.4 Certificazione e valutazione delle competenze nel campo dell’educazione degli adulti 27 3.2 Obiettivi della valutazione: perché valutare? 29

Kleio Koutra, George Kritsotakis, Lina Pelekidou, Nikoleta Ratsika

(Technological Educational Institute of Crete, Grecia)

3.3 Metodi di valutazione: come valutare? 33

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3.3.1 Livelli 35

3.3.2 Strumenti 41

3.3.2.1 La rubrica valutativa 42

3.3.2.2 L’audit 43

3.3.2.3 Il portfolio 45

3.4 Indicatori nel processo valutativo 46

Pilar Escuder-Mollon, Roger Esteller-Curto

(Universitat Jaume I, Spagna)

3.4.1 Indicatori per la valutazione

degli educatori degli adulti 48

Velta Lubkina, Gilberto Marzano, Tamara Pigozne, Svetlana Usca

(Rezekne Academy of Technologies, Lettonia) 3.4.1.1 Competenze nella valutazione

egli educatori degli adulti 50

3.4.1.2 Validpack 53

3.4.1.3 Un portfolio progettato per la valutazione degli staff in educazione degli adulti:

indicatori e criteri 56

3.4.1.3.1 Il portfolio digitale 57

3.4.1.4 Checklist di indicatori per la valutazione degli staff

in educazione degli adulti 58

3.4.1.5 Conclusioni 60

4. L’impatto della valutazione in educazione degli adulti:

una prospettiva Europea 63

Miroslaw Grewinski, Joanna Lizut, Stefania Szczurkowska

(WSP - Janusz Korczak Pedagogical University in Warsaw, Polonia)

Conclusioni 71

Cristina Palmieri (Università degli Studi di Milano-Bicocca, Italia)

(5)

– confrontare/negoziare i valori degli attori del lavoro edu-cativo, attivando negli staff una riflessione aperta al cam-biamento e all’introduzione di nuovi processi professionali e di nuove dinamiche interne;

– favorire la mediazione, spesso difficile, con altre istituzioni; – comprendere gli effetti desiderati o indesiderati di un

in-tervento, i suoi ostacoli e le possibili strategie di migliora-mento.

3.3 Metodi di valutazione: come valutare?

Loredana Perla, Viviana Vinci12

Università Aldo Moro di Bari, Italia

La complessità della valutazione del lavoro degli staff nei con-testi di educazione degli adulti comporta, come si è esplicitato nei paragrafi precedenti, l’importanza di utilizzare uno sguardo “triangolato”, capace di comprendere una realtà ca-ratterizzata da molteplici dimensioni – quale il lavoro educa-tivo – attraverso differenti prospettive di analisi e punti di vista. Il superamento di “un unico modello” di valutazione del lavoro educativo, a favore della triangolazione di prospettive teoriche differenti e complementari, si riflette anche sul piano metodologico.

Come valutare il lavoro educativo degli staff nei contesti di educazione degli adulti? Attraverso quali metodi, livelli, cri-teri, strumenti della valutazione?

Facendo eco all’impianto teorico basato sulla triangola-zione, anche da un punto di vista metodologico è opportuno superare un impianto costruito nettamente o sul qualitativo

12 Loredana Perla è autrice del sottopragrafo 3.3., Viviana Vinci è autrice dei sottoparagrafi 3.3.1, 3.3.2, 3.3.2.1, 3.3.2.2 e 3.3.2.3.

(6)

o sul quantitativo, a favore della prospettiva della mixed methods

evaluation (Bamberger, 2012; Bledsoe & Graham 2005;

Greene, Benjamin & Goodyear 2001; Mertens, 2010), basata sull’utilizzo misto di dati e metodi di valutazione qualitativi e quantitativi. Si tratta di una prospettiva capace di valorizzare la diversità dei punti di vista, la partecipazione di diversi attori sociali (valutatore ed evaluando, ma anche stakeholders), di rendere la ricerca valutativa dotata di una maggiore utilità so-ciale, validità, credibilità e completezza (Bryman, 2006). L’uti-lizzo di una prospettiva di mixed methods design (Hesse-Biber & Johnson 2015; Tashakkori & Teddie, 2003; Creswell 2003; Creswell & Plano Clark, 2011) comporta la possibilità di at-tingere da tecniche, strumenti e fonti diverse, al fine di dare maggiore validità ai risultati ottenuti e non utilizzare prospet-tive valutaprospet-tive ridutprospet-tive o limitanti, soprattutto in contesti so-ciali complessi.

Parlare di mixed methods nella valutazione significa, ad esempio, poter integrare in maniera flessibile, e rigorosa, me-todi propri della ricerca qualitativa – come quelli utilizzati nell’indagine etnografica o nella ricerca azione (osservazione, case study, ricerca fenomenologica, interviste, colloqui, focus group) – con questionari, griglie e matrici che offrono al va-lutatore un dato quantitativo, numerico; così come il poter analizzare, attraverso software di analisi computazione, dati te-stuali qualitativi.

Ma non solo. Significa anche poter integrare metodi e li-velli di valutazione differenti, pensati in maniera sinergica e complementare. Questo è quanto avvenuto nel modello di valutazione EDUEVAL, basato proprio sulla triangolazione della dimensione soggettiva, oggettiva e intersoggettiva della va-lutazione, che si traduce, metodologicamente, nei livelli del-l’autovalutazione, della valutazione esterna e della valutazione di

contesto. Vediamoli specificatamente.

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3.3.1 Livelli

Il modello di valutazione EDUEVAL, come si è detto, è stato costruito a partire dalla triangolazione dell’autovalutazione, della valutazione esterna e della valutazione di contesto, inten-dendo con queste tre forme della valutazione precisi e diffe-renti significati, che sintetizziamo di seguito.

La valutazione esterna è intesa come livello della valutazione progettata e messa in atto da un valutatore o team di esperti valutatori, non appartenenti all’organizzazione responsabile dell’intervento o servizio valutato. Solitamente tale livello completa il processo di autovalutazione, che l’istituzione mette già in atto, e può essere di supporto nel garantire vali-dità e imparzialità dei risultati, proprio in virtù di uno sguardo

esterno. Esso è di grande aiuto all’organizzazione nello stabilire

il merito, il valore, l’efficacia, l’impatto e la conformità (ri-spetto a standards prefissati, obiettivi dichiarati dall’organiz-zazione, procedure previste da regole e norme esterne e interne ad un servizio) di un programma/ azione/ procedura.

Attraverso la valutazione esterna, per un verso, è possibile attribuire una maggiore imparzialità, indipendenza di giudizio e credibilità, riducendo l’autoreferenzialità dell’organizza-zione. Per altro verso, però, è opportuno arginare alcuni rischi legati sia alla sovrapposizione del valutato con il committente della valutazione (che ha interesse a conservare la credibilità del servizio e può opporre implicitamente delle resistenze al processo valutativo, che richiede invece disposizione ai cam-biamenti), sia alla poca familiarità che il valutatore esterno ha con il contesto e le dinamiche organizzative interne, che de-terminano un accesso mediato e non diretto del valutatore alle fonti di informazione.

Il processo di valutazione esterna si differenzia, pur condi-videndo sostanziali analogie, dalla certificazione e

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dall’accre-ditamento. La certificazione “basa l’attestazione di aderenza sugli standard di processo, mentre la valutazione cerca di am-pliare il panorama del suo giudizio riferendosi anche ad obiet-tivi (della politica/ programma/ intervento) e ai bisogni/ necessità (dei destinatari). L’accreditamento è anch’esso una at-testazione di conformità (di requisiti strutturali, tecnologici, organizzativi), ma rilasciata da un organismo nazionale (es. Re-gione, Servizio Sanitario Nazionale) che autorizza le strutture a esercitare sul territorio. Nella certificazione, ha un ruolo la

conformità dei servizi (o di parti di essi) alle norme prestabilite.

La certificazione può essere rilasciata attestando anche una o più non conformità del servizio valutato ai requisiti” (Bezzi, 2012, p. 26).

Lo strumento principale attraverso il quale avviene la valu-tazione esterna è l’Audit (vedi approfondimento successivo).

L’autovalutazione è intesa come livello della valutazione che

mira ad identificare i punti di forza e le aree suscettibili di miglioramento, all’interno di un’organizzazione, attraverso un’auto-analisi del proprio lavoro, da parte degli operatori che lavorano nel contesto. Definita come “una rassegna com-pleta, sistematica e regolare delle attività e dei risultati di un’organizzazione di riferimento, condotta dalla stessa orga-nizzazione” (ESS Quality Glossary 2010, Unit B1 “Quality; Classifications”, EUROSTAT, 2011), l’autovalutazione è un processo sistematico di auto-riflessione a partire dai dati. Essa supporta il miglioramento della performance organizzativa e risulta particolarmente appropriata con l’introduzione di una nuova politica o procedura, o quando i risultati raggiunti dall’organizzazione non sono sufficientemente documentati o, ancora, quanto occorre affrontare un problema o una te-matica specifica, come quella di implementare le indicazioni contenute nelle valutazioni esterne e nel processo di audit.

La funzione principale dell’autovalutazione è di tipo for-– 36 for-–

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mativo, cioè di contribuire a produrre conoscenza, riflessione e consapevolezza negli operatori, che intervengono in prima persona nella progettazione e gestione degli interventi for-mativi e possono, grazie all’auto-analisi del proprio operato, trasformare le conoscenze acquisite in cambiamenti e strate-gie di miglioramento. Questa peculiare funzione formativa rende l’autovalutazione un livello particolarmente utile nella valutazione dello staff EDA, quasi un punto di partenza su cui poter innestare, successivamente, anche la valutazione esterna e/o la valutazione del contesto. Per tale motivo, essa sarà suc-cessivamente approfondita, in relazione ad alcuni strumenti (portfolio, e-portfolio, ad esempio) su cui è possibile confron-tare il modello EDUEVAL anche con precedenti progetti ed esperienze europee, quali ad esempio Validpack (si veda il pa-ragrafo ad esso dedicato).

Un’altra funzione dell’autovalutazione, oltre a quella for-mativa, è quella “rendicontativa”, in quanto permette di far conoscere all’esterno gli output conseguiti e il valore di un progetto/intervento agito.

Spesso l’autovalutazione precede la valutazione esterna, con cui è in continuità e circolarità: l’autovalutazione supporta la documentazione dei processi lavorativi e l’assunzione di con-sapevolezza negli attori protagonisti dell’intervento, quindi è funzionale anche al cambiamento migliorativo e alla comuni-cazione dei processi interni ai portatori di interesse. La valuta-zione esterna, che spesso è successiva al processo di autovalutazione, aiuta ad arginare – grazie ad un rigorosa me-todologia di ricerca valutativa – il rischio dell’ autoreferenzialità dei risultati prodotti.

La valutazione del contesto è intesa come livello della valu-tazione che ha come fine l’interprevalu-tazione di un contesto educativo, nella sua complessità, a partire dall’analisi intersog-gettiva dei processi, dell’ambiente, delle attività e dei fattori

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anche più intangibili e difficilmente quantificabili, come gli affetti, le culture, le dimensioni strutturali, simboliche e qua-litative che lo caratterizzano. Definita come un insieme di “procedure di attribuzione di giudizio riferito ad entità astratte, oggetti che non sono singoli individui, ma piuttosto fenomeni educativi complessi o diverse sfaccettature di sog-getti istituzionali collocati a diversi livelli sistemici tra loro in-teragenti” (Bondioli & Ferrari, 2000, p. 27), la valutazione del contesto educativo è una competenza professionale che va costruita tenendo conto sia delle finalità formative del con-testo sia della natura dell’atto di apprezzamento, dei suoi mo-delli e le due pratiche, dei suoi strumenti e delle sue tecniche peculiari, caratterizzate da orientamenti di fondo che vanno esplicitati.

Si tratta di un’analisi intersoggettiva, che tiene conto delle percezioni degli attori che fanno parte del contesto, e che permette di promuovere la professionalità di tutte le figure che operano nei servizi di educazione degli adulti, innescando processi di crescita interni al servizio. Essa coinvolge gli utenti interni in processi di autoanalisi, di confronto con altri attori sociali, di progettazione di un piano di miglioramento da ri-vedere sistematicamente. Attraverso la valutazione del conte-sto è possibile identificare non soltanto esiti e prodotti delle attività di un servizio educativo, ma anche descrivere e com-prendere i contesti in cui tali esperienze avvengono e le mo-dalità in cui tali processi si articolano, nella consapevolezza delle variabili ecologiche in gioco: uomo e ambiente non possono essere concepiti come separati (Bronfenbrenner, 1994). Il contesto educativo comprende un insieme eteroge-neo di elementi, cioè l’insieme delle risorse materiali, umane e simboliche che una organizzazione mette in atto allo scopo di produrre una ricaduta formativa sui destinatari dell’azione educativa: l’ambiente fisico, relazionale, sociale, le azioni, gli interventi, le strategie educative, l’organizzazione del lavoro

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tra operatori, i rapporti con le famiglie degli utenti, le attività professionali degli operatori, i rapporti con altre agenzie edu-cative, il rapporto col territorio.

Quali potrebbero essere gli indicatori del contesto educa-tivo da descrivere e valutare?

Il contesto, innanzitutto, si valuta nella misura in cui essa determina e/o condiziona l’agire dell’educatore per adulti e va descritto innanzitutto prestando attenzione ad alcuni aspetti, che attengono alla tipologia del servizio (breve storia del contesto territoriale e sociale in cui esso opera, principali servizi erogati), alle principali partnership stabilite e ai prin-cipali stakeholder (interni ed esterni) di riferimento, all’orga-nigramma, alla mission (politiche e mandato istituzionale), alla

vision (gli obiettivi strategici del servizio/contesto), alle

stra-tegie e alle risorse del contesto organizzativo (sia come strut-ture sia come professionalità).

Ma non solo: il contesto può essere valutato anche guar-dando alle competenze (degli operatori) attuate in un conte-sto, ai processi educativi e alle interazioni che intervengono nel contesto educativo fra educatore-educando, tra pari (edu-candi, utenti del servizio) e tra colleghi, all’ambiente, allo spa-zio fisico e simbolico dell’intervento – che comprende gli arredi, i materiali, gli orari –, alle attività educative, alle azioni, alle routine, ai gesti professionali, alle credenze implicite (Perla, 2010).

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Questi tre livelli della valutazione, secondo il modello EDUEVAL, non possono essere pensati in ordine gerarchico o in modo nettamente separato, ma si intersecano, sono in-trecciati, a volte si sovrappongono.

Basti pensare al loro intreccio all’interno di un servizio educativo degli adulti, in cui, ad esempio, è possibile che un valutatore esterno verifichi la conformità delle procedure at-traverso una visita di audit (valutazione esterna), o che ogni educatore (o lo staff) auto-valuti il proprio lavoro attraverso un portfolio (autovalutazione) o che, ancora, il coordinatore – o un operatore che fa comunque parte del contesto – debba effettuare una valutazione del proprio contesto. Essa è una valutazione intersoggettiva, che tiene conto di più variabili e delle percezioni di tutti coloro che operano all’interno del contesto (valutazione del contesto).

Nessuna di queste tre forme della valutazione, da sola, è sufficiente a garantire l’avvio di un processo valutativo vera-mente utile al miglioramento di un servizio e della cultura organizzativa in un contesto di educazione degli adulti. Come

!

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si evince dalle casistiche esemplificative e dall’immagine ri-portata, valutazione esterna, autovalutazione e valutazione del contesto sono parte di uno stesso processo, pensati in conti-nuità e in modo flessibile. La valutazione esterna, ad esempio, può basarsi su materiali derivanti da un processo di autovalu-tazione. Allo stesso modo, gli strumenti non devono essere as-sociati univocamente ad una forma di valutazione ma possono essere utilizzati differentemente, a seconda degli obiettivi della valutazione. Ad esempio il portfolio è uno stru-mento che può essere utilizzato sia nel processo di autovalu-tazione ma, anche, come strumento di valuautovalu-tazione del contesto o come audit portfolio, che include la documenta-zione selezionata dall’istitudocumenta-zione per la visita di audit. La ru-brica può essere utilizzata come strumento di autovalutazione o di valutazione esterna del contesto.

In conclusione, è opportuno che i livelli di valutazione del modello triangolato EDUEVAL siano pensati in maniera fles-sibile e circolare, con un adattamento degli strumenti e delle metodologie alle specificità e unicità dei contesti educativi in cui il valutatore (o, meglio, il team di valutatori) si troverà ad operare.

3.3.2 Strumenti

Gli strumenti per valutare il lavoro degli staff di educazione degli adulti sono molteplici: proprio in virtù dell’approccio triangolato basato sui mixed methods, è possibile pensare ad un’ampia rassegna di strumenti derivanti dai metodi osserva-tivi e narraosserva-tivi, utilizzati più in generale anche nella ricerca sociale (Corbetta, 1999), come le griglie di osservazione, il diario di bordo e altre forme di scrittura professionale, le in-terviste e i focus group, l’analisi della documentazione del ser-vizio, i portfoli, le rubriche, i questionari, l’audit ecc.

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Ben consapevoli dell’esigenza che gli strumenti utilizzati per valutare il lavoro educativo siano selezionati, di volta in volta, sulla base delle esigenze della valutazione (del target, della natura del servizio, dei numero di utenti, delle proble-matiche emerse, di precedenti esperienze di autovalutazione dello staff), grazie all’expertise del valutatore, si è scelto di fo-calizzare in particolare tre strumenti. Essi non rappresentano gli unici strumenti possibili per valutare il lavoro educativo, ma sono ritenuti maggiormente rappresentativi del modello EDUEVAL, basato sulla valutazione del contesto, sull’auto-valutazione e sulla sull’auto-valutazione esterna: si tratta della rubrica valutativa, del portfolio, dell’audit.

3.3.2.1 La rubrica valutativa

La rubrica consiste in uno strumento impiegato per valutare la qualità dei prodotti e delle prestazioni (McTighe & Ferrara, 1996), soprattutto in ambito scolastico, dove si è diffuso per la valutazione della competenza degli studenti, attraverso una de-finizione delle dimensioni che la compongono, dei livelli di padronanza attesi e delle “prove” riferite a situazioni reali (Ca-stoldi, 2012). Consiste in una scala di punteggi prefissati e in una lista di criteri che descrivono le caratteristiche di ogni punteggio della scala (Castoldi, 2006) e si presenta come una tabella a doppia entrata. Essa “si costruisce scomponendo un compito complesso in elementi essenziali, individuando per ciascuno di essi una serie di descrittori delle azioni richieste, con i valori ordinali o numerici con cui tradurre il giudizio in un punteggio grezzo o in un voto” (Baldassarre, 2015, p. 232; cfr. Arter, 1994). I criteri di valutazione di una prestazione complessa, di una competenza o di un prodotto, vengono de-clinati in livelli di qualità chiaramente definiti ed esprimibili attraverso comportamenti osservabili, misurabili e concreti

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(non attraverso concetti generici). La prestazione oggetto di valutazione viene analizzata attraverso alcuni tratti fondamen-tali, che costituiscono le componenti di una rubrica:

– le dimensioni, caratteri specifici che contraddistinguono la prestazione (rispondono alla domanda: quali aspetti considero

nel valutare una certa prestazione?);

– i criteri, i traguardi formativi, le condizioni che ogni pre-stazione o competenza deve soddisfare per essere adeguata e di successo (rispondono alla domanda: in base a che cosa

posso apprezzare la prestazione?);

– gli indicatori, che forniscono un feedback concreto sul rag-giungimento del traguardo e sulla soddisfazione del crite-rio, individuando cosa guardare per giudicare (rispondono alla domanda: quali evidenze osservabili mi consentono di

rile-vare il grado di presenza del criterio di giudizio prescelto?);

– le àncore: esempi concreti di prestazione che guidano nel tradurre un criterio o l’indicatore (rispondono alla do-manda: in rapporto all’indicatore individuato, qual è un esempio

concreto di prestazione in cui riconoscere la presenza del criterio considerato?);

– i livelli, infine, precisano i gradi di raggiungimento dei cri-teri, considerati sulla base di una scala ordinale disposta dal livello più elevato a quello meno elevato.

3.3.2.2 L’audit

L’audit consiste in una visita ispettiva documentata, sistematica e indipendente, finalizzata ad evidenziare la non conformità, rispetto a criteri prestabiliti, di prodotti, processi, sistemi e pro-grammi all’interno di una organizzazione (Storti, 2006). Essa avviene tramite la raccolta di evidenze oggettive, ossia informa-zioni verificabili e riconducibili a situainforma-zioni concrete, ed è per

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questo anche utile per fornire dati significativi ai vertici del-l’organizzazione, per la presa di decisione futura. Le informa-zioni verificabili attraverso visita ispettiva in loco possono essere raccolte attraverso diversi metodi, comprendenti le in-terviste al personale, l’osservazione delle attività e dell’ambiente di lavoro, l’analisi e il riesame della documentazione dell’orga-nizzazione, le statistiche, le informazioni da soggetti esterni al-l’organizzazione. Le fasi per la conduzione di un processo di audit sono piuttosto standardizzate e comprendono:

– una fase di programmazione dell’audit, in cui vengono de-finiti i suoi obiettivi, il campo e i criteri;

– una fase di riesame della documentazione del servizio da valutare;

– una fase di preparazione dei documenti di lavoro e dei moduli per registrare informazioni/dati;

– una fase di pianificazione del programma di audit; – una riunione di apertura, in cui presentare il metodo di

conduzione dell’audit e i criteri;

– una fase di audit sul campo, in cui raccogliere le evidenze; – una fase di preparazione del rapporto di audit, in cui

scri-vere le non conformità e le raccomandazioni per il mi-glioramento;

– una riunione di chiusura, in cui presentare il rapporto di audit (ibidem, p. 23).

Utilizzato come strumento d’elezione dal Sistema di Ge-stione della Qualità conforme ai requisiti della norma UNI EN ISO 9001: 2000 e come forma di valutazione esterna finalizzata al sistema di accreditamento – con definizione e verifica del pos-sesso dei requisiti minimi di un’organizzazione che richiede l’at-testato di accreditamento, ad esempio quello richiesto affinché un Ente possa erogare corsi di formazione accreditati dalle au-torità locali – l’audit consente non solo di evidenziare le non conformità, le inefficienze e le discrepanze, ma permette anche

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di descrivere alcune raccomandazioni per il miglioramento dell’organizzazione e di rilevare conformità e buone pratiche. 3.3.2.3 Il portfolio

Il portfolio è inteso come una documentazione ragionata di un percorso formativo o professionale, curata dalla singola persona o da un gruppo di lavoro. Viene costruito selezio-nando una serie di materiali ritenuti significativi (fotografie, documenti, prodotti, filmati, elaborati, testi, articoli, case stu-dies, materiali di corsi, strumenti di valutazione, test, attestati di membership o partecipazione a gruppi, appunti, valutazioni della performance), ma non si esaurisce nella semplice raccolta di materiali documentali. Affinché si possa parlare di Portfolio, infatti, è necessario che tali materiali vengano analizzati cri-ticamente, attraverso l’individuazione di pregi e limiti, e col-locati all’interno dell’esperienza educativa, interpretando il senso complessivo dell’esperienza.

Mutuato dall’ambito scolastico e della formazione, è rite-nuto un valido strumento anche per valutare l’agire educativo (Paulson & Meyer, 1991) in quanto, oltre ad essere un pro-dotto finale e un inventario di documenti, rappresenta anche una documentazione di processo, una pratica narrativa finalizzata alla riflessione, all’autovalutazione della propria esperienza professionale, formativa e personale. Il portfolio permette di rintracciare i saperi maturati nell’esperienza e di acquisire consapevolezza delle competenze acquisite, favorisce una cre-scita di consapevolezza del soggetto e una costruzione più matura dell’identità, permette al soggetto di prendere consa-pevolezza del proprio apprendere, dei propri limiti, delle pro-prie potenzialità (Castoldi, 2012). Il portfolio costituisce così una autovalutazione attraverso i caratteri della significatività, autenticità, processualità, responsabilità, promozionalità, ricor-sività, dinamicità, globalità e metacognizione.

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Tale strumento sarà approfondito successivamente, nel pa-ragrafo a cura di Velta Lubkina, Gilberto Marzano, Tamara Pi-gozne e Svetlana Usca, in cui si presenta una esemplificazione possibile di portfolio per l’auto-valutazione del lavoro edu-cativo dello staff in educazione degli adulti.

3.4 Indicatori nel processo valutativo

Pilar Escuder-Mollon, Roger Esteller-Curto

University Jaume I, Spagna

La definizione degli indicatori all’interno di un processo valu-tativo è di supporto agli staff e ai rensponsabili e coordinatori dei servizi, poiché aiuta nel definire al dettaglio ciò che è im-portante per il successo delle attività educative da esse promosse. Una volta che gli indicatori sono stati definiti, è possibile com-prendere quali dati raccogliere e cosa è importante monitorare nell’implementazione dell’attività ai fini della sua efficacia. È, pertanto, fondamentale includere gli indicatori nella costruzione del processo valutativo, meglio ancora sarebbe definirli formal-mente. Al tempo stesso, però, non bisogna dimenticare che vi sono indicatori che non possono essere formalmente stabiliti ma che vengono creati a partire dall’esperienza e dall’expertice dei professionisti stessi coinvolti nel processo.

Nell’identificare gli indicatori della valutazione, è neces-sario in primo luogo comprendere il loro scopo e giustificare il bisogno cui sono connessi, stabilendo di conseguenza in che modo gli stessi – così come quanto da essi ne risulterà – verrà utilizzato. In secondo luogo, gli indicatori dovranno es-sere integrati nel processo di valutazione, vale a dire dovranno essere collegati alla metodologia adottata per la valutazione e, in definitiva, dovranno essere a loro volta usati per valutare. A tal fine, gli indicatori stessi devono avere alcune specifiche caratteristiche, che si andranno ora argomentando.

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