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Strategie di Branding e marketing digitale nel settore turistico alberghiero: come gestire la brand reputation attraverso il web.

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Academic year: 2021

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U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D I P I S A

F O N D A Z I O N E C A M P U S

Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici Mediterranei

Strategie di branding e marketing digitale nel settore turistico

Candidato

Roberto Ortu

ANNO ACCADEMICO 1

U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D I P I S A

F O N D A Z I O N E C A M P U S

Corso di Laurea Magistrale in

Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici Mediterranei

TESI DI LAUREA

Strategie di branding e marketing digitale nel settore turistico alberghiero

Chiar.ma Prof.ssa Laura Gavinelli

ANNO ACCADEMICO 2014-2015

U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D I P I S A

Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici Mediterranei

Strategie di branding e marketing digitale nel settore turistico

Relatore

ssa Laura Gavinelli

(2)
(3)

3

INDICE

Introduzione

6

1. Brand e strategie di branding

9

1.1. Il valore del brand

9

1.2. La gestione della marca (branding)

25

1.3. Il processo di brand management

28

1.4. La segmentazione del mercato

35

1.5. Strategie di co-branding

39

1.6. Dal brand al brand turistico

43

2. La comunicazione di marketing digitale

49

2.1. L’impresa come sistema complesso

49

2.2. Le dinamiche evolutive dell’ambiente competitivo

54

2.3. La comunicazione d’impresa

60

2.4. Il mix comunicazionale

65

2.5. La comunicazione di marketing

69

2.6. La comunicazione di marketing digitale

84

3. Internet e turismo

89

3.1. L’importanza di internet nel settore turistico

89

3.2. ICT e New Economy

95

3.3. Da internet al cloud computing, passando per il web 2.0

97

3.4. Il processo di acquisto del turista on-line

100

4. Web Marketing

105

(4)

4

4.2. Che cos’è il web marketing?

108

4.3. Pianificazione di una internet strategy

112

4.4. Strumenti e tecniche di web marketing

115

4.4.1. Il sito web

115

4.4.2. I portali

117

4.4.3. Posizionamento nei motori di ricerca

118

4.4.4. SEO/SEM

119

4.4.5. Pay per Click

120

4.4.6. E-mail marketing e newsletter aziendale

121

4.4.7. Blog e blogger outreach

124

4.4.8. Social network

125

4.4.9. Le web analytics

133

5. Case history: Il Forte Village Resort

135

5.1. Cenni sulla storia del Resort

136

5.2. Destinazione nella destinazione

139

5.3. Strategie di marketing

148

5.3.1. Social media marketing

148

5.3.2. Il sito aziendale

155

5.3.3. Strategie di Co-marketing

158

5.4. La web analytics del Forte Village Resort

166

Conclusioni

172

Bibliografia

175

Sitografia

178

(5)
(6)

6

INTRODUZIONE

La comunicazione, le strategie di branding e il marketing rappresentano alcuni elementi estremamente importanti nella gestione e nel governo delle organizzazioni. In una fase storica caratterizzata da un’ampia diffusione di nuovi e più complessi strumenti di comunicazione, è necessario che tutti gli elementi caratterizzanti una struttura imprenditoriale siano allineati in modo da creare sinergie in grado di confrontarsi con un ambiente in continua evoluzione e caratterizzato da una complessità sempre più crescente. Il presente trattato dunque si prefigge l’obiettivo di analizzare i principali fabbisogni comunicativi delle organizzazioni, soffermandosi particolarmente sulle relative risposte in termini di strategie a disposizione per la gestione della comunicazione stessa. Comunicazione che acquisisce quindi il ruolo di colonna portante all’interno delle tecniche di gestione della brand reputation. Inoltre, la stessa, verrà esaminata attentamente in modo specifico per ciò che concerne gli aspetti legati al marketing digitale.

Nelle prossime pagine analizzeremo anche dettagliatamente l’importanza del brand a livello manageriale, soffermandoci in particolare sulle tecniche che stanno alla base della gestione dei brand e di come applicare parte di queste nozioni a livello turistico. Tratteremo inoltre del cambiamento subito dal marketing attraverso l’utilizzo sempre più diffuso del web, con l’avvento delle Information and Communication Technology (ICT) e della New Economy. Si parlerà del Web Marketing, di cosa è e quali sono gli aspetti evolutivi di un’adeguata strategia di marketing legata all’uso della rete rispetto a una strategia di marketing tradizionale, senza assolutamente tralasciare i principali strumenti a disposizione di un management di marketing per l’implementazione degli strumenti legati a questa particolare branchia. Ancora, affronteremo il tema web associato al turismo attraverso le varie fasi della vacation sequence, il modo in cui le imprese devono affrontare il mercato turistico in un'era caratterizzata dall’uso diffuso e incontrastato di internet e in generale delle nuove forme di comunicazione digitale.

L’obiettivo di fondo legato a questo elaborato è la comprensione di quanto ciò che viene teorizzato a livello di strategie di marketing, in particolar modo

(7)

7

nella realizzazione di strategie digitali, venga effettivamente applicato nella realtà.

* * * * *

Riguardo all’obiettivo di fondo della tesi verrà affrontato il case history legato ad una delle strutture turistiche italiane più longeve e importanti nel panorama europeo e mondiale: il Forte Village Resort. In quest’ultima sezione, avremo modo di capire che tipo di struttura è il Forte Village: com’è stato in grado di evolversi storicamente ma soprattutto di come il Management di questo straordinario specialista della ricettività è in grado di applicare nella pratica le principali nozioni di web marketing per la gestione del brand, attraverso la comunicazione digitale e mediante pratiche di co-marketing.

In conclusione, al fine di valutare la validità delle strategie di social media marketing definite dal Forte Village, analizzeremo concretamente i risultati ottenuti dalla struttura, in termini di visibilità, attraverso l’utilizzo delle web analytics.

(8)
(9)

9

1. Brand e strategie di branding

Il brand in tutte le sue accezioni, rappresenta quella componente che l’impresa non è sempre in grado di gestire proficuamente in quanto racchiude tutta una serie di elementi che, trovando fondamento nella mente del consumatore, sfuggono alla totale comprensione del management imprenditoriale.

Obiettivo di questo capitolo è analizzare attentamente tutte le sfumature riguardanti la gestione della marca e del suo valore, soffermandoci particolarmente sugli elementi che influenzano la percezione del cliente e che dunque, se correttamente previsti e sfruttati dall’impresa, possono incrementare la brand equity. Tra tutti questi elementi, in particolare analizzeremo nello specifico una branchia importante del branding: il co-branding. Come vedremo in seguito, il co-branding sfrutta la realizzazione di partnership con imprese dotate di un forte brand, per aumentare la percezione della qualità del marchio.

1.1 Il valore del Brand

Philip Kotler definisce la marca un <<nome, termine, segno, simbolo o disegno, o una combinazione di questi, che mira a identificare i beni o servizi di un venditore o gruppo di venditori e a differenziarli da quelli dei concorrenti1>>. Secondo la definizione dell’American Marketing Association “la marca è un nome, un termine, un segno, un simbolo o qualunque altra caratteristica che ha lo scopo di far identificare i beni o i servizi di un venditore e di distinguerli da quelli degli altri venditori”2.

Aaker (1991) sostiene che un brand “è un set di attività (o passività) collegate ad un segno distintivo (marchio, nome, logo) che si aggiungono (o si sottraggono) al valore generato da un prodotto o servizio”.

1

Ph. Kotler, Marketing Management, 5.a ed., Prentice Hall, 1984, p. 482

2

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10

Come possiamo notare, l’elemento distintivo rappresenta il fattore comune a tutte le definizioni di brand o marca dateci dai alcuni dei più grandi esperti in materia.

Oggi però la marca ha raggiunto un valore ben più complesso rispetto al semplice concetto di differenziazione del prodotto. I consumatori nel descrivere un prodotto di marca non utilizzano parole, segni o disegni bensì aggettivi, che descrivono le caratteristiche della marca. Nella mente dei consumatori, dunque, si alimentano dei sentimenti nei confronti di quella marca, che faranno della stessa una sorta di “pre-giudizio”, che come tale, apparirà ingiusto a chi si trova dalla parte opposta , ossia i concorrenti.

Le società che possiedono grandi marche possono contare su punti di forza quali avviamento, fedeltà o preferenza che permettono di ricavare profitti per anni cavalcando l’onda della notorietà. Nel linguaggio del brand marketing si parla di “capitale”.

Pratesi e Mattia (2006) affermano che “il brand ha una propria manifestazione espressiva; è quindi un insieme di segni e simboli, tangibili e intangibili, che ne connotano fisionomia e personalità, come accade per un individuo”.

Secondo Fiocca, Marino e (Testori, 2007) “La marca rappresenta per imprese e consumatori un momento di attrazione e di congiunzione tra ciò che l’impresa è in grado di offrire e ciò che i consumatori percepiscono e desiderano”.

Pratesi e Mattia (2006) affermano che la capacità espressiva della marca si possa ricondurre ai seguenti elementi:

 all’identità (brand identity);  all’immagine (brand image);

(11)

11

L’insieme degli elementi espressivi utilizzati dall’azienda per diffondere gli aspetti essenziali di una marca3, rappresenta la brand identity, mentre ciò che i consumatori percepiscono della marca determina la brand image. “Previous studies argue that brand identity and brand image are critical ingredients for a successful brand. The confusion exists as to the difference between the two concepts. One of the significant points of differentiation is that they are generated based on two different perspectives; the sender’s and the receiver’s. In short, identity is created by the sender whereas image is perceived by the receiver”4.

Il brand positioning, invece, rappresenta quel processo con il quale vengono valorizzati gli elementi distintivi della marca agli occhi dei potenziali acquirenti5.

La costruzione da parte dell’organizzazione della brand identity rappresenta il primo passo verso la realizzazione del proprio brand; in fase di progettazione è fondamentale dunque sviluppare un sistema di significati coerenti con l’identità dell’impresa che si traducano in promesse per il consumatore.

Il “sistema della brand identity” richiede l’analisi e l’elaborazione di diversi aspetti importanti per la strutturazione della stessa identità. A questo proposito, disponiamo di un modello di pianificazione della brand identity, proposto da Aaker e Joachimsthaler (Figura 1.1) che si districa nei seguenti passaggi fondamentali6:

3

Van Gelder S. (2003), opera citata in Pratesi e Mattia (2006).

4

Cai, 2002; Florek, Insch, & Gnoth, 2006; Nandan, 2005; Florek et al., 2006, Kapferer, 1997.

5

Un brand può essere posizionato in base: - agli attributi;

- ai benefici;

- al value for money; - al problem solving; - all’occasione d’uso.

Mentre Pratesi e Mattia (2006, pp. 29-34) sostengono che “il posizionamento serve a delimitare il perimetro in cui la marca si muoverà, sposando l’impostazione di Pastore e Vernuccio (2006, p. 111) si afferma che il brand positioning consiste in un processo per posizionare la marca nella mente dei consumatori rispetto ai competitors.

6

“L’identità di marca è un insieme di connotazioni della marca che chi ha il compito di curare la strategia cerca di costruire o di conservare. Implicitamente, in queste connotazioni è una promessa ai clienti da parte di tutti i componenti dell’organizzazione.” (Aaker, Joachimsthaler).

(12)

12

A. Le dimensioni dell’identità della marca:

1. L’essenza di marca (brand essence): è la promessa di fondo che viene implicitamente comunicata dall’impresa nei confronti del mercato e dei consumatori ed esprime ciò che la marca vuole rappresentare nel proprio contesto competitivo7. Relativamente a questo aspetto l’impresa deve definire l’essenza su cui si focalizzerà il brand.

2. L’identità centrale (core identity): la promessa principale deve essere coadiuvata da tutta quella serie di valori che rispecchiano la mission dell’impresa. Proprio per questa vicinanza alla mission, la core identity dovrebbe restare immutata nel tempo a prescindere dai diversi approcci al mercato che la marca potrà adottare nel corso della vita d’impresa.

3. L’identità allargata (extended identity): rientrano in questa categoria i valori non appartenenti alla core identity ma che comunque rappresentano una componente considerevole per il brand.

B. I concetti connessi all’identità di marca:

1. La marca come prodotto (attributi, rapporto qualità/valore, esperienze d’uso, gamma);

2. La marca come organizzazione (connotati istituzionali); 3. La marca come persona (personalità della marca);

4. La marca come simbolo (metafora, iconografia della marca).

C. La proposta o affermazione di valore: normalmente, progettando e realizzando un determinato prodotto/servizio, le imprese vogliono soddisfare uno specifico bisogno del consumatore, sia esso

7

Keller (1999) definisce il “mantra del brand”: una breve frase che cattura l’essenza dei valori della marca (si pensi per esempio al famoso slogan della Apple: “Think different”). Lo scopo principale del mantra è far comprendere ai dipendenti dell’impresa e ai partner esterni quale sia il reale significato della marca che dovrebbe essere percepito dai clienti finali.

(13)

13

manifestato o inconscio. Attraverso l’affermazione di valore l’organizzazione garantisce definiti benefici funzionali (quando portano alla soluzione di problemi o bisogni pratici), esperienziali o simbolici (connessi a bisogni di autorealizzazione) congiunti al brand stesso8.

D. Il “relationship construct”: attraverso adeguate strategie nella realizzazione di una brand identity, l’impresa vuole innescare tra brand e cliente una relazione di tipo personale, in cui risaltino i connotati normalmente riscontrabili in un rapporto di tale portata (amicizia, intimità, fiducia, ecc.)9.

Fig. 1.1 Il sistema di identità di marca di Aaker, Joachimsthaler

Fonte: Adattamento Pastore, Vernuccio

8

Park, Jaworski, MacInnis 1986.

9 Fournier 1998. Extended Identity Core Identity Brand Essence

- Marca come prodotto

- Marca come organizzazione

- Marca come persona

- Marca come simbolo

AFFERMAZIONE DI VALORE

(14)

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Dunque, secondo l’autorevole parere di Aaker, la creazione di una corretta brand identity rappresenta la premessa per lo sviluppo e il mantenimento di una relazione proficua tra cliente e marca.

Attraverso una corretta applicazione delle strategie di brand identity l’impresa cerca di ottenere la cosiddetta brand awarness, o consapevolezza di marca; di conseguenza stabilisce il suo posizionamento che può essere definito come la parte del brand identity che interagisce attivamente con il potenziale utente al fine di realizzare un’immagine differenziante10: la brand image. Al pari della brand identity anche la brand image rappresenta un’ulteriore componente cognitiva della marca. L’immagine di un brand è quel concetto psico sociale, quella percezione soggettiva del brand che si definisce nella mente del consumatore. Ciò che influenza la percezione della brand image non sono gli aspetti tecnico-funzionali del prodotto o servizio stesso ma la campagna comunicativa di marketing che viene sviluppata in base al target da raggiungere.

Fondamentale quindi che la marca abbia dei connotati tali da rendere la stessa individuabile, riconoscibile e identificabile e questo può avvenire attraverso le seguenti parti:

 Il nome (o brand name)11;

 il simbolo-logo (o brand mark)12;  il pay-off13;

Per quello che riguarda le principali funzioni che una marca deve assolvere, Achenbaum14 (1993) sostiene che “ciò che distingue un prodotto di marca dai prodotti non di marca e gli conferisce valore è la percezione complessiva

10

Aaker, Joachimsthaler, 2000.

11

Il nome (Valli, 2003) deve possedere una serie di caratteristiche determinanti quali: riconoscibilità; memorabilità; distinguibilità; gradevolezza; emotività; creatività; difendibilità legale.

12

Il logo, definito da Pastore e Vernuccio (2006, p. 152) “come il complesso di elementi tipografici, figurativi e plastici”, costituisce la principale componente della marca iconica.

13

Il pay-off o motto o slogan è la frase conclusiva di un annuncio o di un comunicato pubblicitario ed è posta solitamente dopo il marchio (es. Nokia “Connecting people”).

14

(15)

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sviluppata dai consumatori in merito alle sue caratteristiche, al nome che lo identifica e al suo significato, nonché all’azienda associata a quella marca”. Diventa importante analizzare anche quanto la marca possa svolgere funzioni diversificate tenendo conto del soggetto di riferimento, che può essere alternativamente il cliente finale o il produttore:

Per ciò che riguarda il cliente finale B2C, la marca svolge le seguenti funzioni: • identificazione; • garanzia; • orientamento; • personalizzazione; • simbolismo; • ludicità; • praticità; • relazione.

Per il venditore B2C, invece, la marca ha le funzioni di:

• protezione dalle imitazioni; • posizionamento competitivo; • arricchimento del prodotto;

• rafforzamento del potere di mercato; • capitalizzazione;

• influenza nelle relazioni interne (dipendenti); • influenza nelle relazioni esterne (stakeholder).

Il ruolo del brand, però, non può essere riassunto in un semplice elenco di funzioni, siano esse riferite al cliente o al produttore, poiché la natura relazionale posseduta dalla marca viene esercitata verso diverse direzioni:

• verso l’impresa e i suoi prodotti; • verso i consumatori;

(16)

16

• tra consumatori e consumatori, inserendosi nelle relazioni che si stabiliscono tra gli individui;

• verso le altre marche operanti sul mercato; • verso l’immaginario "sociale”.

Le aziende che non dispongono di un forte brand sono consapevoli del fatto che oggi non è sufficiente offrire il giusto prodotto al momento giusto e al prezzo giusto per conquistare la fedeltà di un consumatore. Il processo che porta alla fedeltà del consumatore è lungo, complesso e pieno di insidie; richiede dunque che quel prodotto sia collegato ad una marca che venga percepita dai clienti come sinonimo di qualità, garanzia ed eccellenza.

L’attivazione di un’adeguata strategia di branding non può che dipendere dai principi fondamentali del marketing: il marketing è il processo di gestione responsabile di creare e fornire la soddisfazione del cliente che di conseguenza dovrebbe portare al raggiungimento della fedeltà e dunque alla reiterazione dell’acquisto.

Per consentire al processo decisionale di restituire decisioni valide, concrete ed efficaci è necessario avere una chiara visione di quelli che sono i vantaggi richiesti dai clienti e quali sono invece quelli forniti dal prodotto e dunque dalla marca. Proprio in relazione a quest’ultima affermazione bisogna tenere conto di quattro elementi fondamentali:

1. I clienti non vedono mai un prodotto come lo vede la società che lo vende: l’azienda è a conoscenza dei vari elementi costitutivi il prodotto mentre il cliente, al contrario, ha una visione più superficiale del prodotto stesso. È quindi necessario focalizzarsi sulla visione del cliente per poter dire di essere concretamente orientati al mercato.

(17)

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Fig. 1.2 La catena del marketing

2. I clienti percepiscono un prodotto dalla propria angolazione: data la limitata conoscenza del prodotto, i clienti rilevano una caratteristica fondamentale, normalmente la più evidente, su cui basare la propria percezione. Tom Peters, esperto di pratiche di gestione aziendale, riporta un’affermazione del Presidente della People’s Express, compagnia aerea americana: << Le macchie di caffè sui tavolini pieghevoli fanno pensare [ai passeggeri] che non venga effettuata un’accurata manutenzione del motore>>15. Quest’ affermazione deriva dal fatto che il passeggero abbia il tavolino sotto gli occhi dal momento in cui sale sull’aereo sino a destinazione; ciò rappresenta un elemento fondamentale nella valutazione complessiva del servizio offerto dalla compagnia. Si desume pertanto che per il cliente sia una caratteristica

15

T. Peters, A passion for Excellence, cit. V anche T. Peters e N.Austin, Una passione per l’eccellenza, Sperling & Kupfer, Milano, 1986, p. 119

Bisogni e desideri del cliente Soddisfazione del cliente Fedeltà del cliente Ripetizione dell’acquisto Redditività a lungo termine

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saliente ciò che per il fornitore rappresenta un aspetto marginale: la compagnia aerea infatti ha presumibilmente più a cuore la condizione dei motori che quella dei tavolini ma, essendo essi stessi lontani dalla vista del fruitore, non sono essenziali per la creazione della percezione: lontano dagli occhi, lontano dalla mente. Analogo processo si verifica quando si giudica una bottiglia di vino dall’etichetta piuttosto che dal gusto. Inoltre, non esiste una percezione univoca del prodotto/servizio in quanto ogni soggetto ha una propria sensazione, che nel caso del cliente spesso non riguarda la caratteristica fondamentale del prodotto.

3. La percezione del cliente s’incentrerà sui vantaggi, che spesso sono immateriali. Una delle valutazioni più complicate che l’azienda fornitrice affronta riguarda l’irrazionalità con cui spesso il cliente costruisce la propria percezione. Il fatto che il vantaggio sia irrazionale non preclude che questo sia comunque un vantaggio concreto e reale. Per esempio, i consumatori che affermano di voler acquistare esclusivamente macchine prodotte nel proprio paese, sono alla ricerca di un vantaggio immateriale.

4. La percezione del cliente non sempre è a livello consapevole. Non sempre il cliente è in grado di motivare l’acquisto di un prodotto in maniera razionale: si tratta di condizioni emotive complesse. Ecco perché diventano importanti sistemi d’indagine del subconscio per capire quali fattori incidono sulla decisione.

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La marca, perciò, può essere considerata come uno strumento di comunicazione che l’impresa ha a sua disposizione per “prendere contatto” e “interagire” con il cliente: rappresenta il punto di incontro tra domanda ed offerta. Attraverso la marca, quando questa è forte, si può comunicare il prodotto/servizio, la sua capacità distintiva, le sue innovazioni senza bisogno di un’attività di informazione da parte degli intermediari (distributori); in gergo si può dire che il brand “prevende” i prodotti.

Affinché la marca possa essere considerata un efficace strumento di connessione e interazione con il consumatore è necessario che si verifichino due condizioni fondamentali (Fonte Zara 1997):

 la marca deve essere in grado di alimentare l’azienda e di autoalimentarsi attraverso l’innovazione;

 la marca deve diventare una piattaforma di sviluppo per l’azienda. Le aziende, passando a una strategia di marketing relazionale, investono su tutti quegli elementi che sono in grado di comunicare i valori di competenza, qualità, eccellenza e fiducia di cui il brand rappresenta solo l’aspetto esteriore.

La marca come già precedentemente accennato, rappresenta il principale strumento di fiducia che connette l’azienda con il consumatore finale e consente di rendere questa relazione duratura e dunque fidelizzata.

La fedeltà, la fiducia e dunque la reiterazione dell’acquisto ovviamente dipendono dal valore che la marca ha e quanto questi valori incidano sul cliente:

Nella figura 1.3 vengono individuati gli elementi su cui concentrare le attenzioni, economiche e strategiche per mantenere o accrescere il valore del brand:

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Fig. 1.3 Il valore della marca

 Fedeltà: una clientela fedele garantisce vendite potenziali e

costituisce le fondamenta del valore della marca perché permette di stimare quelli che potrebbero essere i profitti futuri derivanti dalle vendite. Maggiore è la fidelizzazione, maggiori sono le vendite e la quota di mercato. La fedeltà è strettamen

d'uso fatta dal consumat rigorosamente

collegare alla stessa altri associazioni) a prescindere

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Il valore della marca.

una clientela fedele garantisce vendite potenziali e

costituisce le fondamenta del valore della marca perché permette di stimare quelli che potrebbero essere i profitti futuri derivanti dalle vendite. Maggiore è la fidelizzazione, maggiori sono le vendite e la quota di mercato. La fedeltà è strettamente correlata all'esperienza d'uso fatta dal consumatore, giacché la fedeltà ad una marca

connessa con la prova del prodotto. Altresì è

collegare alla stessa altri aspetti (notorietà, qualità percepita, a prescindere dall’utilizzazione dei relativi prodotti.

una clientela fedele garantisce vendite potenziali e questo costituisce le fondamenta del valore della marca perché permette di stimare quelli che potrebbero essere i profitti futuri derivanti dalle vendite. Maggiore è la fidelizzazione, maggiori sono le vendite e la te correlata all'esperienza la fedeltà ad una marca è del prodotto. Altresì è possibile (notorietà, qualità percepita,

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 Notorietà: rappresenta la capacità insita di un compratore potenziale di riconoscere, identificare o ricordare che la marca è presente in una determinata tipologia di prodotto o servizio. Notorietà vuol dire familiarità, cioè la capacità di riconoscere la marca perché c’è già stato un contatto con la stessa. La notorietà può diventare un valore aggiunto per il brand in quanto la popolarità di un marchio si traduce in facilità di associazione. L’associazione più proficua per un’azienda è quando il cliente percepisce i prodotti di quella marca come sinonimo di prodotti di qualità. Il raggiungimento di un’elevata notorietà è il frutto di un’appropriata strategia di comunicazione che sia in grado di forgiare un’identità e metterla in relazione con la tipologia di prodotto o servizio utilizzando strumenti mnemonici quali l'associazione ad un simbolo, uno slogan o ad una pubblicità.

Un marchio noto può essere forte o debole, ma mentre il processo verso l'alto comporta uno sforzo non indifferente dal punto di vista economico, organizzativo e strategico, il passaggio verso il basso può essere alquanto rapido. Per un'azienda giovane, piuttosto che creare "dal nulla" un proprio marchio, può essere più conveniente acquisirne uno "decaduto" che si adegui alle esigenze dell’azienda stessa (ad es. Telefunken, era una nota azienda elettronica tedesca - ad essa è dovuto il sistema PAL - fino alla fine degli anni '60; poi il marchio è decaduto ed è utilizzato da tv economici di produzione turca).

 Qualità percepita: è la convinzione che viene elaborata dal consumatore relativamente alla superiorità del prodotto o del servizio fornito rispetto a quelli che vengono erogati agli eventuali concorrenti. Come sappiamo la qualità percepita può essere differente da consumatore a consumatore. La qualità percepita non riflette né la soddisfazione né la qualità reale in quanto l'utente può essere soddisfatto perché le sue aspettative sono relativamente basse e dunque, se ha un rapporto qualità prezzo conveniente, può dare una

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valutazione positiva rispetto ad un prodotto con un’intrinseca qualità superiore. I prodotti che vengono percepiti da qualità elevata (anche sulla base degli elementi riportati nel riquadro) suscitano l'interesse della distribuzione che cerca di sfruttare la buona immagine della marca associandola alla propria (vendo prodotti di qualità). Ovviamente per inculcare nel consumatore una percezione positiva è necessario che la qualità reale del prodotto sia apprezzabile, perché non è possibile mantenere un'immagine di qualità con un’esperienza negativa dei consumatori.

 Associazioni: rappresentano tutti quegli elementi che l’azienda vuole collegare al brand e che vengano poi identificati nella mente del consumatore: simboli, nomi, categorie di consumatori (professionisti, hobbysti, raffinati, sportivi, ecc.), sensazioni. Al crescere delle esperienze e delle comunicazioni verso il consumatore, cresce il legame con la marca e l'insieme delle associazioni definisce sempre più l'immagine della marca. Il posizionamento, ossia il modo in cui l’azienda intende farsi percepire dai consumatori, è strettamente connesso con le associazioni. Le associazioni veicolano valore perché:

 sintetizzano una serie di elementi che sarebbe dispendioso da

comunicare per l'azienda;

 aiutano nel posizionare efficacemente la marca in modo da rendere più difficile per la concorrenza spostare l'avversario da una posizione consolidata;

 riguardano caratteristiche di prodotto che sono alla base di motivazioni di acquisto, aumentando credibilità e fiducia;

 può fornire motivazione d'acquisto per l'estensione di marca.

 altri elementi: la titolarità di brevetti e marchi rafforza l'immagine d’innovazione e potenza commerciale.

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Come in precedenza accennato, la marca per trasmettere la qualità superiore percepita, non solo deve essere una marca forte, ma deve essere in grado di affrontare tutti quei fattori che contribuiscono a formare la percezione del cliente e quindi la sua domanda. La qualità è una percezione del cliente e non una caratteristica fisica intrinseca del prodotto/servizio. Al fine di ottenere un brand di successo e dunque di qualità, bisogna tenere conto dei seguenti criteri:

1. Al livello del prodotto, deve fornire dei vantaggi funzionali che rispondano al bisogno del mercato in maniera quantomeno equivalente a quelli dei concorrenti. Il concetto di brand non può essere riassunto in maniera estremamente semplicistica come attività pubblicitaria: nessun prodotto o servizio potrà essere considerato remunerativo nel lungo periodo se il cliente non ne rileva una buona performance. Un elevato budget pubblicitario da solo non è sufficiente per creare una marca competitiva.

2. Una marca offrirà dei vantaggi immateriali al di là e al di sopra del prodotto. La fedeltà è un attributo che viene stimolato da valori intangibili creati dal brand. Il piacere che si ha nell’assistere ad un match di tennis tra Nadal e Federer va oltre il semplice osservare la potenza, la varietà, il ritmo e l’angolatura dei colpi: lo scontro dei caratteri, la personalità dei giocatori, il modo di approcciare un punto, rappresentano gli elementi fondamentali che esaltano la folla. Lo stesso discorso vale per i prodotti: un jeans Levi’s è una garanzia per quanto riguarda la vita attiva e l’informalità, mentre dei jeans Gucci offrono stile e un’immagine cosmopolita. Nonostante entrambi siano dei pantaloni denim, offrono valori totalmente contrastanti. Questo contrasto di valori, immagini e personalità rappresenta l’essenza dell’attività di branding.

3. Gli svariati vantaggi di una marca devono essere coerenti e presentare un carattere o personalità unificati. La percezione che il

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24

consumatore ha nei confronti del brand molto spesso non è frutto di un’accurata analisi: nella maggior parte dei casi il cliente acquista un prodotto o servizio in maniera rapida e superficiale. Dunque l’offerta proposta non deve essere troppo complessa perché si rischia che il consumatore non la prenda nemmeno in considerazione. Questo non implica la stupidità del cliente o l’assenza di competenze/conoscenze per elaborare l’offerta dell’azienda, ma sta a significare che molto spesso il consumatore vuole acquistare il prodotto senza penare per capire “cosa” viene loro offerto. Nell’esempio tennistico di Nadal e Federer la personalità dei giocatori è garantita nel breve periodo; stessa cosa deve accadere per quanto riguarda le marche inanimate che devono essere in grado di gestire attivamente la personalità del brand al fine di renderla uniforme e chiara nel tempo.

4. I valori offerti devono essere quelli desiderati e voluti dal consumatore. Tutto ciò che è stato menzionato nei punti precedenti, dalla personalità alla complessità dell’offerta, perde di valore e di utilità se il brand non risponde alle esigenze del consumatore. Se la marca offre un qualcosa che il consumatore considera superiore rispetto ai concorrenti allora si hanno le fondamenta per costruire un rapporto duraturo nel tempo. Ma i desideri, i bisogni, le esigenze cambiano nel tempo e ci sono dei fattori che oggi bisogna considerare che trenta anni fa non avrebbero aggiunto nessun valore al prodotto.

Dunque una marca deve rappresentare il giusto mix di valor fisici, razionali ed emotivi complementari che deve poi tradursi in una chiara e uniforme personalità che offra al cliente un vantaggio superiore rispetto ai concorrenti.

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1.2 La gestione della marca (branding)

In funzione della rilevanza del brand, della sua fragilità16 e del contesto socio-economico attuale, appare imprescindibile porsi l’obiettivo di gestire correttamente la marca, per coglierne appieno e valorizzarne le potenzialità. Le aziende gestiscono le proprie marche adottando delle politiche di branding mirate in funzione dell’offerta proposta, del mercato di riferimento e dell’immagine che si auspicano di diffondere.

Con il termine branding si fa riferimento al “processo che serve a caricare la marca di significati, trasformandola in un’entità “viva” con una propria capacità espressiva (…) attraverso il quale si pianifica e si realizza un complesso coordinato di azioni nel rispetto di un unico intento strategico: favorire la crescita durevole del business grazie al consolidamento della reputazione e della distintività del brand17”.

Le attività di branding possono essere sintetizzate come segue:  ideazione e progettazione;

 creazione, diffusione e gestione;

 tutela della proprietà e difesa giuridica della marca;  “alimentazione” - sostegno economico e/o di attività;  monitoraggio e controllo.

L’attività di pianificazione e formalizzazione del processo di origine e consolidamento del brand, porta alla distinzione tra brand deliberati18 e brand emergenti: i primi sono frutto di un processo consapevole e formalizzato, volto a indurre nella mente di tutti gli stakeholders del territorio una precisa percezione associata a uno o più simboli cognitivi prescelti19. I brand emergenti rappresentano l’esito del processo cognitivo spontaneo che si

16

Pratesi e Mattia (2006, p. 13) sostengono che la fragilità della marca sia dovuta sia alla sua difficoltà di auto sostentamento sia alla necessità di continui interventi volti ad evitare perdite di valore e di credibilità da parte dei consumatori.

17 Pratesi e Mattia (2006, pp. 36-37) 18 Pastore e Bonetti (2006, pp. 83-84). 19 Pastore e Bonetti (2006, pp. 83-84).

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26

attiva nella mente di tutti gli stakeholders del territorio, tramite la percezione sintetica e omogenea dello stesso.

Possiamo quindi asserire che l’esperienza maturata all’interno delle imprese insegna che una qualsiasi organizzazione deve decidere quante e quali marche utilizzare, definendo così l’architettura del brand o il sistema di brand20.

Sostanzialmente, si tratta di definire se utilizzare la marca dell’impresa anche per contrassegnare la gamma, le diverse linee e i prodotti (per alcune tipologie o indistintamente per tutti i prodotti offerti),21 oppure se creare marche diverse che contraddistinguano le diverse attività (portafoglio di brand).

Le diverse tipologie di brand che costituiscono il sistema di brand sono:  il corporate brand o marca aziendale: il quale rappresenta e identifica

l’azienda nel suo complesso (sintesi della sua storia, dei suoi valori e della sua cultura);

 il brand gamma: tale brand, di solito alternativo al corporate brand, viene utilizzato dall’impresa per commercializzare prodotti appartenenti a diverse categorie merceologiche;

 il brand linea: il quale, utilizzato congiuntamente al corporate brand, viene apposto sui prodotti dell’impresa che presentano un certo grado di complementarietà nella percezione dei consumatori;

 il brand prodotto: tale brand, infine, è volto all’identificazione delle specificità di ciascuna tipologia di prodotto offerto dall’impresa.

20

Secondo alcuni autori [Kotler, Phoertsch (2006, pp. 73-75, 178-181); Pastore, Vernuccio (2006, pp. 154-155); Pratesi, Mattia (2006, pp. 40-43)] l’espressione brand architecture riassume il rapporto gerarchico quali-quantitativo esistente fra due o più marche di un’impresa, indipendentemente dall’appartenenza o meno alla stessa categoria di beni. Altri autori [Corti (2005, p. 181) e Keller, Busacca, Ostillio (2005, pp. 299-300)] preferiscono invece parlare di “gerarchie di marca”.

21

Sull’argomento si vedano inoltre Fiocca, Marino, Testori (2007, pp. 25-33); Kotler, Pfoertsch (2006, pp. 79-91); Pastore, Vernuccio (2006, pp. 154-155); Pratesi, Mattia (2006, pp. 38-50); Collesei, Ravà (2004, pp. 15-19); Cozzi, Ferrero (2004, pp. 354-356).

(27)

27

Nella definizione dell’architettura del brand occorre considerare che, data l’evidenza empirica delle esperienze maturate nelle pratiche aziendali, i livelli di brand percepibili, associabili e memorizzabili dalle persone sono al massimo tre22: corporate o gamma – linea - prodotto.

22

(28)

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1.3 Il processo di brand management

Le società, tradizionalmente, sono caratterizzate da una organizzazione per funzioni: R&S, vendite, produzione e contabilità. Se da un lato il brand è il frutto del lavoro di tutti i reparti di una società, dall’altro rappresenta un’entità unica, ed è la percezione del cliente e non dell’organizzazione. Il brand management, essendo una questione di equilibrio tra mercato esterno e le capacità interne della società, il punto di collegamento tra cliente e società, deve essere supportato da un processo decisionale che tenga conto delle diverse dinamiche legate all’ambiente interno (società) e a quello esterno (consumatori).

Il brand management è l'applicazione delle tecniche di marketing a uno specifico prodotto, linea di prodotto o marca (brand). Lo scopo è aumentare il valore percepito da un consumatore rispetto a un prodotto, aumentando di riflesso la brand equity (valore del marchio o patrimonio di marca). Gli operatori del marketing vedono nella marca la "promessa" implicita di qualità che il cliente si aspetta dal prodotto, determinandone così l'acquisto nel futuro.

Nella maggior parte delle società di brand marketing la struttura organizzativa è composta da un solo manager, chiamato brand manager o product manager, che ha la responsabilità generale di una data marca. Questa persona ha il compito di vegliare sulla marca evitando che le vicissitudini societarie siano d’intralcio allo svolgimento di questo compito importante. Il brand manager non deve necessariamente essere esperto di una determinata area ma deve essere in grado di coniugare gli input societari con la proposizione di una marca che può essere immessa nel mercato e avere un valore per il consumatore. Questo compito risulta estremamente arduo per il brand manager, perché deve trovare il giusto equilibro tra il complesso processo di produzione con il quale le società realizzano un bene o un servizio e l’apparente semplicità con cui i consumatori scelgono una marca.

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Il processo decisionale legato alla attività di brand management è frutto di una sequenza di decisioni di marketing. Il processo di brand management deve partire al contesto di background di una marca: per implementare un efficiente sistema decisionale, che produca decisioni valide e concrete, è necessario che le stesse decisioni non siano isolate e contraddistinte, ma che siano frutto di un processo articolato e interconnesso.

Dunque il processo di brand management è definito come un processo incrementale. La differenza tra una buona strategia di brand marketing e una inadeguata dipende dalle modalità di sviluppo della decisone finale: una decisione, frutto di un’accurata analisi delle scelte passate e di come la scelta possa influire sulle dinamiche future, distingue un processo decisionale valido ed efficace da uno sconnesso e inefficace. Si prenda per esempio la mera attività pubblicitaria: affinché questa sia efficace, è necessario prima di tutto conoscere i destinatari (consumatori target), e successivamente avere una chiara idea di cosa pensano gli stessi della marca e dei suoi prodotti. Senza questa sequenza di informazioni non è possibile implementare un’adeguata strategia pubblicitaria e anzi, si rischia di compromettere quella che è la percezione della marca.

Come precedentemente affermato, il processo di brand management (Figura 1.4) è un processo incrementale frutto di una sequenza di decisioni di marketing:

 Fase 1: l’analisi del mercato

Il punto di partenza con cui intraprendere un’adeguata strategia di brand management è sicuramente lo studio del terreno di scontro: il mercato. Nel 1989, la pubblicazione del saggio Gary Hamel e C. K. Prahadal <<L’intento strategico>>, ha amplificato l’approvazione di un processo di pianificazione che nasce da una valutazione completa, obiettiva ed esaustiva del mercato esterno. Nel saggio gli autori descrivono i cosiddetti “angoli morti” ossia quelle zone del mercato che sono rifiutate ma che se sfruttate adeguatamente possono rappresentare una perfetta rampa di lancio per il raggiungimento di una posizione forte:

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La ricerca degli ‘angoli morti’ parte da un’attenta analisi del modo di pensare convenzionale dei concorrenti. In che modo definisce la società il mercato che <<serve>>? ... L’obiettivo non è di trovare un angolo nell’industria (o una nicchia) in cui i concorrenti raramente s’avventurano, ma di costruire una base d’attacco appena al di fuori di quella zona del mercato attualmente occupata dai leader del settore … Per esempio quando la Honda partì all’attacco dei leader dell’industria motociclistica cominciò con prodotti che erano leggermente al di fuori della definizione convenzionale dei domini di mercato di quelli dei leader … I progressi dell’Honda nell’acquisire competenza nel campo dei motori avrebbe dovuto mettere in guardia i concorrenti sul fatto che essa sarebbe potuta entrare in settori apparentemente non collegati - le auto, le falciatrici, i motori marini, i generatori … - Cambiare le modalità stesse dello scontro – rifiutarsi d’accettare la definizione dell’industria e dei segmenti data dal chi è in prima posizione – altro non è che innovazione competitiva … L’innovazione competitiva opera sulla premessa che un concorrente di successo sarà probabilmente costretto a seguire una <<ricetta>> per il successo. Ecco perché l’arma più efficace di cui dispongono i nuovi concorrenti è probabilmente un foglio di carta bianco. Ed ecco perché il maggior punto debole di chi ha una posizione di predominio è la sua convinzione della bontà delle prassi correnti23.

Tutte le società, dal leader del settore a chi ambisce ad esserlo, devono attivare la loro brand planning da un’analisi dettagliata e accurata del mercato che deve essere costantemente aggiornata. È chiaro che senza una mappatura del mercato non sarà possibile conoscere tutte le dinamiche dello stesso né i soggetti che partecipano alle sue vicende: di conseguenza sarà estremamente complicato individuare il target market e i competitors.

 Fase 2: l’analisi della situazione della marca

In questa fase il management deve espandere la propria analisi al di fuori dei semplicistici dati quantitativi elaborati nella prima fase ed analizzare quelli

23

G. Hamel e C. K. Prahalad, <<Strategic Intent>>, Harvard Business Review, mag./giu. 1989.

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che risultano essere i punti di forza e di debolezza del proprio posizionamento.

Fig. 1.4 Il processo di brand management

Durante questa fase del processo incrementale vanno valutate quali decisioni di brand management stanno portando a quali effetti. Sarà fondamentale in questa fase recepire informazioni a tutti livelli aziendali al fine di creare dei legami tra cause ed effetti, tra le prassi della società e tra le caratteristiche della marca e la posizione della marca nel mercato. L’attenzione del management però non dovrà concentrarsi esclusivamente sul brand della società ma dovrà estendere tutte le sue analisi al mercato, cercando di carpire tutte le informazioni relative alle marche concorrenti che

1. ANALISI DEL MERCATO • Definizione del mercato

• Posizionamento della concorrenza • Tendenze

2. ANALISI DELLA SITUAZIONE DELLA MARCA • Personalità della marca

• Caratteristiche individuali

3. TARGETING DELLE POSIZIONI FUTURE • Sviluppi futuri

• Strategia della marca

4. TESTING DELLE NUOVE OFFERTE • Elementi individuali del mix

• Test di mercato (offerta totale)

5. PROGRAMMAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE • Livello di spesa

• Tipo di attività di supporto • Misurazione rispetto agli obiettivi

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compaiono nei giudizi comparativi dei consumatori in quella categoria di prodotto o servizio.

Alcuni dei brand più famosi del mondo, sono tali perché il management è stato capace di rivitalizzare la marca: riesaminando costantemente le caratteristiche e la personalità della propria marca è possibile equilibrare l’esigenza di continuità con la malleabilità con cui il brand stesso deve adattarsi ai mutevoli desideri e bisogni del mercato.

L’analisi della situazione della marca si concretizza attraverso delle specifiche ricerche di mercato che consentiranno al management di capire i valori essenziali della marca, la sua personalità generale e le sue caratteristiche specifiche.

Ciò che in questa fase può influenzare negativamente la percezione della marca, e dunque i risultati della società, è una troppa fiducia in se stessi da parte del management: molto spesso, conoscere la propria industria in tutte le sue componenti non implica una conoscenza totale del mercato e non presuppone un’adeguata comprensione dei pensieri del consumatore rispetto al prodotto o servizio offerto. Allo stesso tempo, nemmeno una conoscenza estesa del mercato presume una comprensione profonda delle percezioni dei consumatori: questo perché molto spesso la relazione che si instaura tra consumatore e marchio è in parte fondata su elementi intangibili del subconscio.

Alcune società, attraverso idonei strumenti di ricerca, hanno riscontrato che i brand non sono totalmente sotto il loro controllo: la percezione del consumatore è influenzata da fattori cosiddetti “casuali” come la percezione comparativa (ossia la percezione che i consumatori hanno delle altre marche), la moda, i valori sociali e addirittura standard che vengono importati da altre categorie di prodotto/servizio.

 Fase 3: il targeting delle posizioni future.

Grazie alle precedenti due fasi, il brand manager si trova in una posizione tale da poter definire il proprio target per il futuro. Qualunque brand strategy deve necessariamente metabolizzare in maniera ottimale tutte le nozioni

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elaborate nella fase 1 e 2 per poter avere una chiara visone dell’evoluzione del mercato e saper rispondere tempestivamente con la strategia più adeguata.

 Fase 4: il testing delle nuove offerte

La fase più complicata di questo processo incrementale, o per meglio dire quella che causa il maggior numero di insuccessi, è sicuramente quella che riguarda l’implementazione della strategia. Le società più potenti dispongono indubbiamente di processi efficaci per ciò che riguarda la definizione e l’elaborazione delle strategie; il problema è che frequentemente queste stesse società non sono altrettanto efficaci nel tradurre le strategie in azioni concrete.

In realtà, l’inefficienza più comune per le società non riguarda tanto la capacità di implementazione ma quanto il non avere una visione chiara delle posizioni target future del brand. Proprio per questa difficoltà nell’avere una panoramica futura del marchio, le società evitano di compiere ingenti investimenti e di prendere decisioni strategiche senza aver testato in precedenza gli elementi che compongono la decisione stessa. Dunque in questa fase assolve il ruolo di caratteristica fondamentale la capacità di reazione della società alle dinamiche del mercato.

I metodi di testing a disposizione delle società sono fondamentalmente due:  test degli elementi del marketing mix;

 test dell’intera offerta.

Nel primo caso i singoli elementi del mix vengono testati isolatamente: in genere i messaggi pubblicitari prima di essere lanciati vengono pre-testati, cosi come accade per il prezzo e il packaging. Nel test è importante capire non solo se i singoli elementi possono piacere ai consumatori, ma anche se possono concretamente contribuire alla strategia generale.

Non di secondaria rilevanza è la prassi con cui si testa l’intera offerta in un’area limitata prima di rivolgere l’offerta all’intero mercato. Affinché il test restituisca risultati affidabili, è necessario simulare le condizioni di mercato finali e applicare tutte le fasi previste dalla strategia di marketing, dalla

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distribuzione alla campagne promozionale e cosi via. Questo tipo di strategia è importante non solo nel lancio di un nuovo brand, ma anche nel caso in cui si voglia operare su un brand esistente apportando modifiche tali da influenzare posizionamento.

Ovviamente, lo svolgimento dei test, siano essi effettuati con il controllo isolato degli elementi del mix o attraverso la verifica dell’intera offerta, non esclude dei successivi miglioramenti, che anzi sono richiesti al fine di rendere sempre più competitiva l’offerta.

 Fase 5: programmazione e valutazione della performance.

Essendo al termine del processo incrementale, il livello di difficoltà e dunque anche la capacità di rendimento della quinta e ultima fase dipende dall’efficacia con il quale si è giunti a questo anello della brand strategy. Se il processo si è svolto in modo logico e unitario, avremo una chiara visione degli obiettivi da raggiungere; obiettivi che non saranno semplici risultati quantitativi da conseguire ma che faranno riferimento alle motivazioni dei consumatori prima della decisione dell’acquisto: consapevolezza, conoscenza dei vantaggi della marca, la disponibilità, ecc..

Gli obiettivi che vengono a delinearsi, però, rappresentano solamente parte del puzzle in quanto senza i cosiddetti meccanismi di valutazione sono inutili. Le nuove tecniche di ricerca di mercato consentono di monitorare regolarmente i comportamenti, gli atteggiamenti e le motivazioni dei consumatori. Oggi è dunque possibile ottenere un ampia gamma di informazioni che consentiranno alla società di prevedere l’impatto di ogni importante attività di marketing sul mercato e sul consumatore.

In definitiva, è facilmente intuibile che il processo di brand management, più che rappresentare un percorso o una retta con un punto di partenza e con un traguardo, rappresenta un cerchio completo. Più il processo decisionale sarà legato e coeso con il contesto per il quale la decisione è stata presa, più la società sarà capace di percorrere questo cerchio senza uscire di strada. In caso contrario i risultati indesiderati saranno proprio dietro l’angolo.

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1.4 La segmentazione del mercato

L’attività di segmentazione rappresenta una delle fasi più importanti per l’implementazione di adeguate strategie di marketing. Può essere definita come << il processo di individuazione e di selezione di gruppi di utenti che l’organizzazione desidera servire profilando il proprio sistema di offerta in funzione dei loro specifici bisogni e specializzando le proprie strategie di marketing >>. Come abbiamo potuto evidenziare nel paragrafo precedente, il punto di partenza di un piano di brand management è l’analisi del mercato. Lo scopo dell’analisi è di determinare, conoscere e comprendere il gruppo di consumatori cui verrà indirizzata la nostra offerta: il target. Ancora una volta entra in gioco il fattore “percezione”: infatti, il raggiungimento di questo obiettivo risulta assai difficile in quanto, come abbiamo potuto evidenziare più volte, la percezione dei clienti è il più delle volte irrazionale e quindi di conseguenza difficilmente sono individuabili le motivazioni che spingono all’acquisto il cliente. Allo stesso modo, sinché sussisteranno queste differenze, ogni azienda affronterà il target market in maniera eterogenea e dunque per ognuna di esse ci sarà potenzialmente la possibilità di ottenere un vantaggio competitivo grazie alle modalità di indirizzo delle proprie marche, determinate dall’interpretazione dei dati di mercato.

Un’attività di ricerca e analisi del mercato opportunamente gestita e implementata non presume una conseguente conoscenza e comprensione del segmento di mercato. Anche accettando tale ipotesi, se la segmentazione è così auto evidente, allora si perderebbe la potenzialità di acquisire un vantaggio competitivo in quanto tutte le aziende sarebbero in grado di percepire gli stessi target e di approcciarli allo stesso modo.

Più verosimilmente, la segmentazione, per sua natura, lascia ampio spazio di gestione e manovra, dando libero sfogo alla creatività e fantasia. Per quanto statico possa essere il mercato, le motivazioni e i bisogni racchiusi in ogni consumatore sono estremamente mutevoli nel tempo. L’azienda che riesce a tramutare queste motivazioni, in un nuovo desiderio, o determinare un modo nuovo di soddisfare un bisogno già esistente allora avrà raggiunto il tanto agognato vantaggio competitivo.

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La difficoltà nel portare alla luce ciò che si trova racchiuso nei meandri più profondi della mente dei consumatori è ancora una volta riconducibile alle dinamiche della percezione degli stessi. Nonostante il più delle volte essi non siano consapevoli di ciò che desiderano, questo non implica che il desiderio non esista. Il raggiungimento di questo step segna la netta differenza tra un buon marketing manager e uno eccellente, tra una buona azienda e una eccellente, tra un ricercatore creativo e fantasioso e uno statico e rigido. La fase di segmentazione dunque , non deriva dalla mera ricerca creativa di un bisogno inconscio o meno del consumatore, ma anche dalla capacità degli operatori del marketing di tramutare quel bisogno in un offerta e di individuare il momento giusto per proporla.

In situazioni di questo tipo, il segmento deve essere:

 diverso dagli altri,

 sufficientemente omogeneo come gruppo;

 abbastanza grande da sostenere finanziariamente l’offerta di marca proposta.

La segmentazione dunque è quel mero processo di suddivisione del mercato in sottogruppi che siano omogenei al loro interno e eterogenei con gli altri gruppi. Le strategie che le aziende possono adottare per affrontare il mercato sono fondamentalmente quattro:

 strategia di marketing indifferenziato: il mercato viene considerato omogeneo e unitario; si ha un approccio caratterizzato da un unico sistema di offerta e marketing mix;

 strategia di marketing concentrato: avviene la scomposizione del mercato in segmenti e si concentrano le risorse e le attività di marketing in uno solo di questi segmenti che verrà di conseguenza definito “target principale”;

 strategia di marketing differenziato attraverso il quale ci si rivolte a tutti i segmenti di mercato presenti, approcciandoli in maniera differente l’uno dall’altro;

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 strategia di marketing di nicchia24: vengono individuato alcuni sottosegmenti che sono considerati dal top management strategici e ci si rivolgerà ad essi attraverso un’offerta estremamente differenziata.

Fig. 1.5 Il processo di segmentazione, targeting, posizionamento.

Fonte: Kotler, 1993.

24

Nicchia: sono porzioni di mercato di dimensioni limitate, numericamente molto meno consistenti di un segmento, che si caratterizzano per essere costituite da persone con bisogni specifici e ben individuabili, con notevole frequenza di acquisto e forte fedeltà nei confronti dell’azienda. 1. Identificazione delle basi di segmentazioni 2. Definizione dei profili dei segmenti determinanti 3. Definizione indici di attrattività dei segmenti 4. Selezione dei target 5. Definizione del posizionamento e del marketing-mix per ogni target

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Questo processo può essere idealmente suddiviso in tre fasi:

1. Fase analitica: riguarda la scelta dei criteri di suddivisione del mercato e la definizione e descrizione dei gruppi che compongono il mercato (segmentazione);

2. Fase strategica: riguarda l’individuazione, la valutazione e la scelta dei segmenti che diventeranno i target primari e secondari (targeting);

3. Definizione del posizionamento scelto per ogni target e l’individuazione delle politiche di marketing mix più appropriate (posizionamento).

I concetti chiave della segmentazione come fondamenta delle strategie di marketing di target hanno creato un vortice di innovazione nell’approccio ai segmenti di mercato per trovare delle proficue e redditizie possibilità di posizionamento. È chiaro che il raggiungimento di un vantaggioso posizionamento è legato ad una esaustiva conoscenza dei segmenti.

In precedenza abbiamo definito i segmenti come raggruppamenti di consumatori che sono accomunati da un bisogno/desiderio comune. Pertanto la segmentazione è una caratteristica implicita del mercato, e in quanto tale va debitamente separata dalla risposta che l’azienda da alla stessa, che per chiarezza è meglio definire “differenziazione”.

L’errore che viene maggiormente compiuto dalle aziende, anche in quelle che si definiscono o vengono definite “brand-oriented”, è di presumere che i segmenti siano contrassegnati da persone con alcune caratteristiche demografiche in comune come età o status familiare. Mentre in passato la ripartizione per fasce d’età poteva essere considerata sufficiente nella distinzione dei gruppi di consumatori, oggi non può essere valutato come un parametro distintivo e discriminante dei desideri del potenziale fruitore. Infatti, oggi diventa più proficuo per le aziende tenere conto di parametri più complessi legati al tipo di personalità.

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La segmentazione è un tipico esempio della correlazione negativa intrinseca nella gestione dell’informazione e nell’analisi del mercato. In via del tutto teorica, sarebbe possibile ottenere una panoramica realistica di cosa costituisce i desideri e i bisogni dei consumatori. Nella pratica è una vetta insormontabile, perché si tratta di elementi totalmente radicati nella personalità del consumatore; arrivarci anche solo vicino comporterà spese consistenti di risorse e prima di quanto si possa prevedere i rendimenti ottenuti avranno sempre più un andamento decrescente. È quindi necessario che la brand company decida quanto è disposta a spingersi oltre per conoscere e comprendere le motivazioni del consumatore.

1.5 Strategie di co-branding

Una strategia che sta assumendo sempre più spessore negli ultimi anni, al fine di aumentare il valore del brand e la sua relativa visibilità è ciò che concerne lo sviluppo di attività di co-branding. Il termine co-branding sta a indicare la combinazione di due o più brand noti (che possono assumere il ruolo di “marca ospitante” e marca “invitata”) attraverso forme più o meno intense di co-marketing, in grado di creare un complesso di valori funzionali, simbolici o esperenziali, di cui il cliente finale percepisca la novità e il valore incrementale25. L’obiettivo è di ottenere un beneficio condiviso per tutte le marche coinvolte, che possono anche appartenere alla stessa impresa.

Il co-branding dunque è una particolare sezione del co-marketing che rappresenta più particolarmente “il processo mediante il quale due o più operatori, siano essi privati o pubblici, realizzano una partnership con il quale rendono operative una serie di iniziative di marketing (organizzate, programmate, controllate) al fine di raggiungere obiettivi di marketing (comuni o autonomi ma comunque compatibili), attraverso la soddisfazione dei consumatori finali”26.

25

Pastore, Vernuccio.

26

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Tenuto conto dell’estrema variabilità del campo marketing tradizionalmente considerato, le attività di co-branding possono attuarsi attraverso forme collaborative prettamente o totalmente comunicative, oppure concretizzarsi operativamente sfruttando leve quali il prodotto e la distribuzione.

Tutta la gestione e l’implementazione delle tecniche di co-branding si basano sulla combinazione tra due o più brand; questa combinazione, sia essa prevalentemente comunicativa o no, può assumere una diversa intensità di strategicità27:

 Co-branding strategico: in questo ramo del co-marketing la visione del management è a medio - lungo termine e coinvolge in maniera diretta l’identità delle marche partecipanti alla partnership. Nel co-branding strategico si può dare vita ad una nuova identità di marca definita “marca ibrida”, che ovviamente richiederà in sede di progettazione, un impegno cospicuo in termini di innovazione e collaborazione tra i brand coinvolti;

 Co-branding tattico: la differenza sostanziale che si percepisce tra questo modello di partnership e il precedente è la ridotta commistione tra le identità di marca dei brand partecipanti alla collaborazione e inoltre la minore portata temporale delle attività, in quanto gli obiettivi da raggiungere sono più relativi al breve periodo. In questo senso l’attività organizzativa sarà caratterizzata da un coinvolgimento ridotto e da un numero modesto di decisioni da prendere in comune.

Tenuto conto delle due differenti leve precedentemente citate (grado di strategicità e dimensione comunicativa), si possono determinare alcune categorie fondamentali del co-branding. Di conseguenza possiamo individuare:

27

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 Co-branding communication-based28; questa ramificazione del co-branding si realizza esclusivamente mediante attività di comunicazione congiunta. Attività che assumono una valenza tattica qualora si circoscrivano a promozioni temporanee che vedano affiancate le due marche con lo scopo di aumentare le vendite (joint promotion). Inoltre azioni comunicative di tale portata possono anche essere implementate per richiamare meramente il brand name della marca invitata all’interno di un messaggio pubblicitario (è indifferente il mezzo utilizzato), creando una sponsorship temporanea. L’adozione di un grado di strategicità più elevato invece porta a un’interazione più accentuata tra le identità di marca dei partner: qui la proposizione del messaggio avrà l’obiettivo di mettere in risalto la connessione tra i valori delle due diverse marche è quindi vantare una sinergia scaturente dalla collaborazione.

 Co-branding distribution-based29; come facilmente si può intuire dal nome, questa sezione del co-branding focalizza l’attenzione sulla leva distributiva attraverso campagne di comunicazione organizzate e progettate appositamente. Il co-branding prettamente distributivo porta a un’alleanza orizzontale qualora riguardi soggetti appartenenti allo stesso livello della filiera, alleanze laterali qualora i partner operino allo stesso livello della filiera ma in settori differenti, e infine ad una alleanza verticale nel caso in cui non ci sia uniformità nel livello della filiera. Anche in questa situazione possiamo distinguere una co-branding distribution-based di tipo tattico e di tipo strategico: nel primo caso la progettazione si sbilancia verso la componente comunicativa traducendosi in attività temporanee di merchandising in store (o corner brandizzato) o promozioni above-the-line congiunte (un esempio può

28

Un esempio di communication-based è l’attività di co-branding promozionale che periodicamente attua la Kinder Ferrero con brand quali The Simpson, Barbie, ecc. (Pastore, Vernuccio).

29

Un esempio in questo senso lo rappresentano i distributori di benzina a insegna come “Auchan-Agip”. (Pastore, Vernuccio).

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