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Integrabilita del problema dei tre corpi circolare ristretto in un intorno delle collisioni

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Academic year: 2021

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(1)

Universit`

a di Pisa

Dipartimento di Matematica

Tesi di Laurea Magistrale in Matematica

Integrabilit`

a del problema dei tre corpi circolare ristretto

vicino alle collisioni

Relatore:

Prof. Giovanni F. Gronchi Correlatore:

Prof. Giacomo Tommei

Candidato: Luca Liverotti

(2)

Indice

Introduzione i

Capitolo I - Il problema dei tre corpi circolare ristretto piano 1

1.1 Hamiltoniana in coordinate sinodiche e planetocentriche . . . 1

1.2 Regolarizzazione di Levi-Civita . . . 4

1.3 Integrabilità vicino alle collisioni . . . 8

Capitolo II - Il problema dei tre corpi circolare ristretto spaziale 13 2.1 Regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel . . . 13

2.2 Integrabilità vicino alle collisioni . . . 26

2.2.1 Hamiltoniana KS rivisitata . . . 29

2.2.2 Una particolare famiglia di trasformazioni lineari su R4 31 2.2.3 Integrabilità locale della hamiltoniana KS vicino alle collisioni . . . 32

2.3 Integrali primi cartesiani globali . . . 48

2.3.1 Un atlante di integrali primi cartesiani locali . . . 48

2.3.2 Dal locale al globale . . . 54

Capitolo III - Conclusioni 58

A Teorema di Cauchy-Kowalevski 60

(3)

Introduzione

Il problema dei tre corpi circolare ristretto (CR3BP) è definito dal moto di un corpo P , detto asteroide, avente massa trascurabile rispetto agli altri due corpi P1, P2, chiamati primario e secondario, i quali, a causa della mutua interazione gravitazionale, descrivono orbite circolari intorno al loro centro di massa. Il problema viene chiamato piano se l’asteroide è vincolato a muoversi sul piano della binaria e spaziale nel caso generale in cui il terzo corpo non è soggetto a questo vincolo.

Al termine del diciannovesimo secolo, Henri Poincaré [8] dimostrò la non integrabilità di questo problema: precisamente egli discusse la non esistenza di integrali primi analitici, in domini che, se rappresentati nelle variabili di azione e angolo di Delaunay, hanno la forma

D × T3,

dove D è un aperto di R3. Questo teorema di non-integrabilità non vieta però l’esistenza di un insieme completo di integrali primi, definiti in domini non invarianti sotto la traslazione delle variabili angolari. Un esempio di questi particolari domini è dato da un intorno dell’insieme collisionale

Cj = {(px, py, pz, x, y, z) : (x, y, z) = (xj, 0, 0)},

dove (xj, 0, 0), j = 1, 2 è rispettivamente il vettore delle coordinate del

primario e del secondario in un riferimento solidale con la binaria.

Per l’appunto, nel 1906 Tullio Levi-Civita [7] riuscì a integrare il problema dei tre corpi circolare ristretto piano in questi specifici domini. Nel suo lavoro, Levi-Civita ha regolarizzato la hamiltoniana

h(px, py, x, y) = p2x+ p2y 2 + pxy − pyx − 1 − µ r1 − µ r2 , impiegando la trasformazione Q =  x − xj y  =  u21− u2 2 2u1u2  = A(u)u, A(u) =  u1 −u2 u2 u1  ,

(4)

detta trasformazione di Levi-Civita, introducendo un tempo fittizio s = s(t) tale che

˙s(t) = 1 rj

,

dove rj è la distanza tra l’asteroide e il corpo che è oggetto della

regolarizza-zione, e considerando i moti sul livello K = 0 della hamiltoniana regolarizzata K(U , u; E) = 1 8 U1+ 2|u| 2u 2 2 +1 8 U2− 2|u| 2u 1 2 −1 2|u| 6− µ+ − (1 − µ)|u|2 1 p1 + 2(u2 1− u22) + |u|4 − 1 + u21− u22 ! − |u|2Eµ.

Nella seconda parte dell’articolo, lo scienziato italiano ha dimostrato l’in-tegrabilità del sistema hamiltoniano regolarizzato così ottenuto, provando l’esistenza di un integrale completo, definito in un intorno di Cj,

dell’equa-zione di Hamilton-Jacobi associata a K. Per far ciò, Levi-Civita ha co-struito una classe di trasformazioni canoniche φα e ha applicato il teorema

di Cauchy-Kowalevski all’equazione di Hamilton-Jacobi per le hamiltoniane Kα = K ◦ φ−1α .

Diversi decenni dopo, nel 1965, Paul Kustaanheimo e Eduard Stiefel [6] hanno regolarizzato il problema spaziale generalizzando la trasformazione di Levi-Civita alla seguente mappa, detta trasformazione KS:

π : R4→ R3, π(u) = Q, dove  Q 0  =     x − xj y z 0     = A(u)u, A(u) =     u1 −u2 −u3 u4 u2 u1 −u4 −u3 u3 u4 u1 u2 u4 −u3 u2 −u1     .

Il motivo per cui occorre passare ad uno spazio 4-dimensionale per genera-lizzare la trasformazione di Levi-Civita sta nella proprietà

A(u)AT(u) = |u|2I

che la matrice A(u) deve soddisfare: infatti un famoso risultato di A. Hurwitz [5], afferma che tali matrici esistono solo per dimensione n = 1, 2, 4, 8. Ad ogni modo, la hamiltoniana regolarizzata nel caso spaziale,

(5)

detta hamiltoniana KS, è data da K(U , u; E) = 1 8|U − be3(u)| 21 2|u| 2|e 3∧ π(u)|2− µ+ − (1 − µ)|u|2  1 |π(u) + e1| − 1 + π(u) · e1  − |u|2E µ, dove

bω(u) = 2AT(u)ΛωA(u)u, Λω=

    0 −ω3 ω2 0 ω3 0 −ω1 0 −ω2 ω1 0 0 0 0 0 0     ,

con ω = e3, ei i-esimo elemento della base canonica di R3, e

Eµ= E + (1 − µ) +

(1 − µ)2

2 .

La necessità di introdurre una mappa da uno spazio di variabili ridondanti (u1, u2, u3, u4) allo spazio delle variabili planetocentriche (Q1, Q2, Q3), rende

le cose più complicate rispetto al caso trattato da Levi-Civita. Infatti, la presenza di variabili ridondanti comporta che non tutti i moti sul livello K = 0 della hamiltoniana regolarizzata si proiettano sui moti del problema dei tre corpi circolare ristretto. Più precisamente, condizione necessaria e sufficiente affinché i moti menzionati nelle variabili fittizie si proiettino sui moti fisici, è che tali moti si svolgano sulla superficie di livello zero della forma bilineare l, definita da

l(u, U ) = u4U1− u3U2+ u2U3− u1U4.

Recentemente, Franco Cardin e Massimiliano Guzzo sono riusciti a ge-neralizzare al caso spaziale l’idea di Levi-Civita. Nella prima parte di [2] si trova un’analisi geometrica del problema del tutto originale, che consiste nel rappresentare le rotazioni di R3 con matrici ortogonali di ordine 4, sotto la cui azione la forma bilineare è invariante: gli autori hanno ottenuto che tale sottogruppo di SO(4), può essere parametrizzato da quattro parametri ν1, ν2, ν3, ν4 vincolati alla sfera unitaria S3. Una volta dimostrato ciò, la

parte analitica consiste in un riadattamento al contesto spaziale dell’idea di Levi-Civita. Il risultato principale di questo lavoro è il seguente

(6)

Teorema Siano E? > 0 e µ? > 0 valori arbitrari fissati. Allora esiste un integrale completo locale analitico

W : Bd× Da

dell’equazione di Hamilton-Jacobi per la hamiltoniana KS, con Da= {ν : 1 − a < |ν| < 1 + a},

e

eν = µ(|ν|2− 1).

I coefficienti dell’espansione in serie di Taylor di W rispetto alle variabili u possono essere calcolati esplicitamente in maniera iterativa; in particolare

W (u, ν) =p8µ

4

X

j=1

νjuj+ O3(u).

Inoltre, la funzione W si annulla in corrispondenza dell’iperpiano u · ν = 0. La trasformazione canonica

χ : (U , u) → (ν, n) = ˆν(U , u), ˆn(U , u),

indotta da W (u, ν), e definita implicitamente dal sistema di equazioni      U = ∂W ∂u(u, ν), n = ∂W ∂ν (u, ν), coniuga la hamiltoniana KS alla hamiltoniana

ˆ

K(ν, n) = eν = µ(|ν|2− 1). Dalla dinamica banale nelle variabili (ν, n)

(ν(s), n(s)) = (ν(0), n(0) + 2µν(0)s), si ottiene la relazione

ˆ

(7)

che, invertita rispetto alle variabili fittizie (U , u), fornisce le soluzioni del pro-blema degli incontri ravvicinati nel propro-blema dei tre corpi circolare ristretto spaziale.

In questa tesi, sono stati riportati sia il lavoro di Levi-Civita [2], sia quello di Cardin e Guzzo [7]. Inoltre, utilizzando il software Maple, è stato elaborato un programma originale che, dato in input un intero m, restituisce tutti i coefficienti fino all’ordine m della funzione fW . Mediante questo programma si costruisce l’integrale completo

W (u, α, κ) = fW (RTαu, α, κ), con Rα =  cos α − sin α sin α cos α  , nel caso piano, e

W (u, ν) = fW (|ν|−2SνTu, ν), con Sν =     ν1 −ν2 −ν3 −ν4 ν2 ν1 −ν4 ν3 ν3 ν4 ν1 −ν2 ν4 −ν3 ν2 ν1     ,

nel caso spaziale.

La tesi è strutturata come segue. Nel Cap. I si discute il problema dei tre corpi circolare ristretto piano, trattando la regolarizzazione di Levi-Civita e rivisitando il risultato di integrabilità locale. Nel Cap. II, analogamente, si studia nel dettaglio la regolarizzazione KS, per poi fornire la dimostrazione dell’integrabilità del problema spaziale vicino alle collisioni. In Appendice sono riportate l’enunciato del Teorema di Cauchy-Kowalevski adattato al caso particolare trattato e alcune tabelle contenenti i coefficienti di fW fino a un certo ordine. Il materiale è stato ampiamente riorganizzato e integrato con numerosi dettagli e dimostrazioni.

(8)

Capitolo I - Il problema dei tre

corpi circolare ristretto piano

Il problema dei tre corpi circolare ristretto piano è definito dal moto di un corpo P avente massa trascurabile rispetto a due corpi massivi P1 e P2, che,

non influenzati dal campo gravitazionale di P , si muovono di moto circolare uniforme rispetto al loro centro di massa; il terzo corpo è vincolato a muoversi sul piano del moto della binaria.

1.1

Hamiltoniana in coordinate sinodiche e

plane-tocentriche

Consideriamo il sistema di riferimento sinodico Σ, avente origine nel centro di massa della binaria e solidale con essa. Scegliamo poi le usuali unità di misura tali che P1 e P2 abbiano posizioni in tale sistema (x1, 0) = (−µ, 0),

(x2, 0) = (1 − µ, 0), masse 1 − µ, µ (µ < 1/2) e moto medio pari a 1.

Per prima cosa, ricaviamo l’espressione della hamiltoniana nel sistema di riferimento sinodico.

Proposizione 1.1.1. Siano (x, y) le coordinate dell’asteroide P nel sistema sinodico. Allora, in tali coordinate, la hamiltoniana del problema dei tre corpi circolare ristretto piano è data da

h(px, py, x, y) = p2x+ p2y 2 + pxy − pyx − 1 − µ r1 − µ r2 , (1.1.1)

dove r1 =p(x + µ)2+ y2 e r2 =p(x − 1 + µ)2+ y2 denotano le distanze

tra l’asteroide e i corpi della binaria.

Dimostrazione. Iniziamo osservando che, per il principio di sovrapposizione, l’espressione del potenziale cui è soggetto P è data da

Ω(x, y) = 1 − µ r1

+ µ r2

(9)

D’altra parte, per il teorema di Coriolis, l’accelerazione assoluta dell’asteroi-de è dell’asteroi-definita dal vettore

a = (¨x − 2 ˙y − x, ¨y + 2 ˙x − y),

per cui le equazioni di Newton hanno la seguente espressione        ¨ x − 2 ˙y − x = ∂Ω ∂x, ¨ y + 2 ˙x − y = ∂Ω ∂y. (1.1.2)

Vogliamo dimostrare che esiste una funzione h(px, py, x, y) tale che il sistema

(1.1.2) possa esser scritto come un sistema hamiltoniano con funzione di Hamilton h ( ˙px, ˙py) = − ∂h ∂(x, y), ( ˙x, ˙y) = ∂h ∂(px, py) . (1.1.3)

A questo scopo definiamo i momenti (px, py) in modo che

( ˙x, ˙y) = (px+ y, py− x). Dunque, sostituendo ¨ x − 2 ˙y − x = ˙px− ˙y − x = ˙px− py, ¨ y + 2 ˙x − y = ˙py+ ˙x − y = ˙py+ px,

in (1.1.2), abbiamo che le equazioni del moto si riducono a ˙ px = py+ ∂Ω ∂x = ∂ ∂x(pyx + Ω) = = ∂ ∂x(−pxy + pyx + Ω) = − ∂ ∂x(pxy − pyx − Ω) , ˙ py = −px+ ∂Ω ∂y = ∂ ∂y(−pxy + Ω) = = ∂ ∂y(−pxy + pyx + Ω) = − ∂ ∂y(pxy − pyx − Ω) ,

da cui, confrontando queste ultime con le equazioni per i momenti in (1.1.3), si deduce che la candidata funzione di Hamilton è

(10)

Infine, dalle equazioni per le coordinate in (1.1.3)        px+ y = ∂h ∂px , py− x = ∂h ∂py , integrando, segue che

       h = p 2 x 2 + ypx, h = p 2 y 2 − xpy. (1.1.5)

Possiamo allora concludere, osservando che le espressioni (1.1.4), (1.1.5) per la funzione h sono entrambe compatibili con le equazioni di Hamilton (1.1.3), per cui la candidata hamiltoniana è data da

h(px, py, x, y) = p2x+ p2y 2 + pxy − pyx − Ω = p2x+ p2y 2 + pxy − pyx − 1 − µ r1 −µ r2 .

Consideriamo ora il sistema Σ0 avente origine nella posizione del corpo secondario P2≡ (1 − µ, 0), con gli assi paralleli a quelli del sistema sinodicoΣ e solidale con la binaria, detto sistema di riferimento planetocentrico.1 Per-tanto, le coordinate planetocentriche X, Y dell’asteroide sono definite dalla traslazione

x = X + (1 − µ),

y = Y. (1.1.6)

Proposizione 1.1.2. Nelle coordinate planetocentriche la hamiltoniana del problema dei tre corpi circolare ristretto piano ha la seguente espressione

H(PX, PY, X, Y ) = PX2 + PY2 2 + PXY − PYX − µ R2 + − (1 − µ)  1 R1 − 1 + X  − (1 − µ) − (1 − µ) 2 2 , (1.1.7) dove R1 = p(X + 1)2+ Y2 e R2 = √

X2+ Y2 denotano le distanze tra

l’asteroide e i corpi della binaria.

1

La trattazione può esser fatta analogamente in un intorno del primario invece che del secondario.

(11)

Dimostrazione. L’espressione in coordinate planetocentriche (1.1.7) si ottie-ne effettuando la traslazioottie-ne dello spazio delle fasi 2

Q =  X Y  =  x − (1 − µ) y  , P =  PX PY  =  px py − (1 − µ) 

e sviluppando i seguenti conti

p2y = PY2 + (1 − µ)2+ 2PY(1 − µ), pyx = PYX + PY(1 − µ) + (1 − µ)X + (1 − µ)2, p (x + µ)2+ y2 =p (X + 1)2+ Y2, p (x − 1 + µ)2+ y2 =pX2+ Y2.

1.2

Regolarizzazione di Levi-Civita

Consideriamo la legge di trasformazione (u1, u2) → (X, Y ), dove 3

Q =  u21− u2 2 2u1u2  = A(u)u, u =  u1 u2  , A(u) =  u1 −u2 u2 u1  . (1.2.1) La matrice A(u) ha un ruolo centrale nella regolarizzazione del problema dei tre corpi circolare ristretto e soddisfa AT(u)A(u) = A(u)AT(u) = |u|2I.

Proposizione 1.2.1. Le equazioni (1.2.1) possono essere estese a una trasformazione canonica ψ−1: R2× R2\ {(0, 0)} → R2× R2\ {(0, 0)},

ψ−1(U , u) = (P , Q) = 

1

2|u|2A(u) U , A(u)u

 = = U1u1− U2u2 2|u|2 , U1u2+ U2u1 2|u|2 , u 2 1− u22, 2u1u2  . (1.2.2) 2

Si introduce anche la traslazione del momento py per ottenere la cancellazione del

termine lineare PY(1 − µ). 3

In letteratura questa trasformazione è chiamata trasformazione di Levi-Civita e classicamente è definita sul piano complesso in questo modo: X + iY = (u1+ iu2)2.

(12)

Tale trasformazione coniuga H (1.1.7) alla hamiltoniana K(U , u) = 1 8|u|2 U1+ 2|u| 2u 2 2 + 1 8|u|2 U2− 2|u| 2u 1 2 −1 2|u| 4 µ |u|2+ − (1 − µ) 1 p1 + 2(u2 1− u22) + |u|4 − 1 + u21− u22 ! − (1 − µ) − (1 − µ) 2 2 . (1.2.3) Dimostrazione. Costruiamo un’estensione canonica di (1.2.1) utilizzando una funzione generatrice S, la cui espressione

S(u, P ) = PTA(u)u si ricava integrando le equazioni

Q = ∂S

∂P (1.2.4)

e sostituendovi Q = A(u)u. Segue che la legge di trasformazione per i nuovi momenti U si ottiene invertendo l’equazione

U = ∂S ∂u = 2A T(u)P , (1.2.5) rispetto a P : P = 1 2[A −1 (u)]TU = 1 2  AT(u) |u|2 T U = 1 2|u|2A(u) U .

Il calcolo dell’espressione della nuova hamiltoniana K = H ◦ ψ−1segue infine dall’espressione di H (1.1.7) e da (1.2.2) sviluppando i seguenti calcoli

PX2 + PY2 2 + PXY − PYX = = U 2 1u21+ U22u22+ U12u22+ U22u21 8|u|4 + 4u2|u|2U1− 4u1|u|2U2 8|u|2 = = U 2 1 + U22+ 4u2|u|2U1− 4u1|u|2U2 8|u|2 = = U 2 1 + 4u2|u|2U1+ 4u22|u|4 8|u|2 + U22− 4u1|u|2U2+ 4u21|u|4 8|u|2 + −4u 2 1|u|4+ 4u22|u|4 8|u|2 ,

dove l’ultima uguaglianza si ottiene aggiungendo e sottraendo al numeratore le quantità 4u2

(13)

Resta ora da regolarizzare il sistema hamiltoniano associato a K, rimuo-vendo la singolarità4 in corrispondenza di u = 0. Procediamo introducendo un tempo fittizio s(t), tale che

˙s(t) = 1 R2(t) = 1 |Q(t)| = 1 |u(t)|2.

Così facendo, le soluzioni (U (t), u(t)) del sistema hamiltoniano singolare in u = 0, sono coniugate mediante la trasformazione temporale t = t(s) alle soluzioni

ˆ

U (s), ˆu(s) = U (t(s)), u(t(s)) del sistema non hamiltoniano5

ˆ u0(s) = |ˆu(s)|2∂K ∂U ( ˆU (s), ˆu(s)) , ˆU0(s) = −|ˆu(s)|2∂K ∂u ( ˆU (s), ˆu(s)) , (1.2.6)

regolare in u = 0. Si definisce allora la funzione K(U , u; E) = |u|2(K(U , u) − E), che soddisfa le seguenti proprietà:

i) K è regolare in u = 0,

ii) le soluzioni, corrispondenti al livello K = E, del sistema non hamil-toniano (1.2.6), sono anche soluzioni, sul livello K = 0, del sistema hamiltoniano definito da K.

Dunque, i moti, corrispondenti al livello K = E della hamiltoniana singolare K, sono coniugati, mediate la trasformazione temporale t = t(s), ai moti, sul livello K = 0, della hamiltoniana regolare K. Formalizziamo questa tecnica, chiamata trucco di Poincaré, nella seguente

Proposizione 1.2.2. Sia E un valore fissato. Se (U (t), u(t)) è una soluzione del sistema hamiltoniano associato a K

˙ u(t) = ∂K ∂U (U (t),u(t)) , ˙U (t) = −∂K ∂u (U (t),u(t))

, u(0) 6= 0, K(U (0), u(0)) = E, (1.2.7)

4

Dal momento che il sistema di riferimento considerato è quello planetocentrico e che |u|2

= |(X, Y )|, la singolarità analitica in u = 0 corrisponde alla collisione dell’asteroide con il secondario.

5Nel seguito, con il simbolo0

(14)

allora ( ˆU (s), ˆu(s)) = U (t(s)), u(t(s)) è soluzione delle equazioni di Hamilton per K ˆ u0(s) = ∂K ∂U ( ˆU (s), ˆu(s)) , ˆU0(s) = −∂K ∂u ( ˆU (s), ˆu(s)) , ˆu(0) 6= 0, K( ˆU (0), ˆu(0)) = 0, (1.2.8) dove K(U , u; E) = 1 8 U1+ 2|u| 2u 2 2 +1 8 U2− 2|u| 2u 1 2 −1 2|u| 6− µ+ − (1 − µ)|u|2 1 p1 + 2(u2 1− u22) + |u|4 − 1 + u21− u22 ! − |u|2Eµ, (1.2.9) e Eµ= E + (1 − µ) + (1 − µ)2 2 .

Dimostrazione. Consideriamo una soluzione (U (t), u(t)) delle equazioni di Hamilton per K (1.2.7). Posto ( ˆU (s), ˆu(s)) = U (t(s)), u(t(s)), osserviamo che valgono le seguenti identità

ˆ

u0(s) = |ˆu(s)|2u(t(s)),˙ Uˆ0(s) = |ˆu(s)|2U (t(s))˙ (1.2.10)

∂K ∂U = |u|

2∂K

∂U,

∂K

∂u = 2|u|(K(U , u) − E) + |u|

2∂K

∂u = |u|

2∂K

∂u, (1.2.11) dove l’ultima uguaglianza segue dal fatto che K è costante lungo le soluzioni di tale sistema e K = E all’istante iniziale.

A questo punto, sostituendo in (1.2.7) le espressioni per ˙ u(t(s)), U (t(s)),˙ ∂K ∂u ( ˆU (s), ˆu(s)) , ∂K ∂U ( ˆU (s), ˆu(s)) ricavate da (1.2.10), (1.2.11), si ottengono ˆ u0(s) |ˆu(s)|2 = 1 |ˆu(s)|2 ∂K ∂U ( ˆU (s), ˆu(s)) , Uˆ 0(s) |ˆu(s)|2 = − 1 |ˆu(s)|2 ∂K ∂u ( ˆU (s), ˆu(s)) ,

ovvero le equazioni di Hamilton di K. Infine, valendo l’uguaglianza

(15)

si deduce che anche le condizioni iniziali in (1.2.8) sono soddisfatte, e quindi ( ˆU (s), ˆu(s)) è soluzione del problema ai valori iniziali (1.2.8).

Possiamo allora dimostrare il seguente

Teorema 1.2.3. Sia E un valore fissato. Se ( ˆU (s), ˆu(s)) è una soluzione delle equazioni regolarizzate (1.2.8), allora (P (t), Q(t)), con

P (t) = 1

2| ˆu(s(t))|2A( ˆu(s(t))) ˆU (s(t)), Q(t) = A( ˆu(s(t))) ˆu(s(t))

e s(t) = Z t 0 1 |u(τ )|2dτ

è una soluzione del problema dei tre corpi circolare ristretto piano (1.1.7) che soddisfa

Q(0) 6= 0, H(P (0), Q(0)) = E.

Dimostrazione. La tesi segue immediatamente dalle Proposizioni 1.2.2, 1.2.1 e dal fatto che

H(P (0), Q(0)) = K ψ P (0), Q(0) = K(U (0), u(0)) = E.

La hamiltoniana regolarizzata (1.2.9) del problema dei tre corpi circola-re ristcircola-retto piano pcircola-rende il nome di hamiltoniana di Levi-Civita, in bcircola-reve hamiltoniana LC.

1.3

Integrabilità vicino alle collisioni

Dopo aver regolarizzato le equazioni del moto, con l’intento di risolve-re il problema degli incontri ravvicinati piani, consideriamo l’equazione di Hamilton-Jacobi per la funzione caratteristica associata alla hamiltoniana regolarizzata K ∂W ∂u, u; E, µ  = e(α, κ), (1.3.1) con e(α, κ) = κ.

Teorema 1.3.1. Siano E > 0 e µ > 0 valori fissati per l’energia e per la costante gravitazionale del secondario. Allora esistono due costanti a, b dipendenti solo da E, µ ed un integrale completo locale analitico

(16)

dell’equazione di Hamilton-Jacobi (1.3.1), definito sull’insieme Bb× Da= {u ∈ R2 : |u| < b} × {α, κ : α ∈ S1, |k| < a}.

I coefficienti dell’espansione in serie di Taylor di W rispetto alle variabili u possono essere calcolati esplicitamente in maniera iterativa; in particolare

W (u, α, κ; E, µ) =p8(µ + κ)ue1+ √ 2Eµ √ µ + κ  e u31 3 +ue1eu 2 2  + O4(u1, u2), dove e

u1= u1cos α + u2sin α, ue2= u2cos α − u1sin α. (1.3.2) Dimostrazione. Consideriamo, al variare di α ∈ S1, la classe di trasforma-zioni canoniche φα(U , u) = ( eU ,u) tali chee

φ−1α ( eU ,u) = (U , u) = (Re αU , Re αu),e Rα =  cos α − sin α sin α cos α  .

Per calcolare esplicitamente la nuova hamiltoniana eK = K ◦ φ−1α , basta osservare che u21− u2

2 = (eu

2 1−ue

2

2) cos 2α e che il termine

U1+ 2|u|2u2

2

+ U2− 2|u|2u1

2

è invariante per rotazione, per cui si ha

e K( eU ,u; α, E, µ) =e 1 8  e U1+ 2|u|e 2u 2 2 + 1 8  e U2− 2|u|e 2 e u1 2 −1 2|u|e 6− µ+ − (1 − µ)|u|e 2 1 p1 + 2(ue2 1−eu 2 2) cos 2α + |u|e 4 − 1 + (ue 2 1−eu 2 2) cos 2α ! + − |u|e2  E + (1 − µ) +(1 − µ) 2 2  .

Procediamo ora cercando le soluzioni dell’equazione di Hamilton-Jacobi associata a eK e K ∂ fW ∂ue,u; α, E, µe ! = κ (1.3.3) che soddisfano f W (0,eu2; α, κ) = ϕ(eu2) ≡ 0, (1.3.4)

(17)

per ogniue2 ∈ I ⊂ R intorno di 0. A tal proposito osserviamo che la forma

normale dell’equazione (1.3.3) ha la seguente espressione ∂ fW ∂eu1 = F eu1,ue2, ∂ fW ∂ue2 ; α, κ ! , (1.3.5) dove F (q1, q2, p1; α, κ) = p G(q1, q2, p1; α, κ) − 2|q|2q2, G(q1, q2, p1; α, κ) = 8  κ −1 8 p1− 2|q| 2q 1 2 +1 2|q| 6+ µ+ + (1 − µ)|q|2  1 p1 + 2(q2 1 − q22) cos 2α + |q|4 − 1 + (q21− q22) cos 2α  + |q|2  E + (1 − µ) + (1 − µ) 2 2   ,

e che esistono tre costanti a, b, c, dipendenti solo da E, µ, tali che, per ogni coppia di parametri (α, κ) ∈ Da, F è analitica in un intorno

{(q, p1) : |q| < b, |p1| < c}

di (q, p1) = (0, 0). Dunque, per il Teorema di Cauchy-Kowalevski, il pro-blema differenziale definito dalle equazioni (1.3.5), (1.3.4) ammette un’unica soluzione fWα,κ(u) analitica in un intorno ee Bb = {u : |e u| < b} die u = 0.e Inoltre, la serie di Taylor di fWα,κ

f Wα,κ(u) =e X i1,i2∈N f Wi1,i2(α, κ)uei1 1 eu i2 2

ha coefficienti periodici in α che, utilizzando la (1.3.5), possono essere cal-colati iterativamente fino a ordine arbitrario e che, per la condizione iniziale (1.3.4) imposta, godono della seguente proprietà

∀i2 ∈ N fWi1,i2(α, κ) = 0. In particolare, posto Eµ= E + (1 − µ) + (1−µ) 2 2 , abbiamo f Wα,κ(u) =e p 8(µ + κ)ue1+ √ 2Eµ √ µ + κ  e u1ue 2 2+ e u31 3  + O4(ue1,ue2). (1.3.6)

(18)

Usando il Software Maple abbiamo sviluppato un programma originale che, dato in input un intero m, restituisce i coefficienti di tale espansione fino all’ordine m; ad esempio, i coefficienti di ordine 4 non nulli sono i seguenti

f

W1,3(α, κ) = −2, fW3,1(α, κ) = − 2 3.

Per una lista completa dei coefficienti non nulli fino al sesto ordine si veda la Tabella 1 in appendice.

Dal momento che i coefficienti dell’espansione in serie delle soluzioni lo-cali sono funzioni dei parametri globalmente definite in Da, resta definita la

funzione

f

W : Bb× Da, W (f u, α, κ) = fe Wα,κ(u),e

analitica anche rispetto ai parametri. Per dimostrare quest’ultima afferma-zione si applica una seconda volta il Teorema di Cauchy-Kowalevski consi-derando come variabili anche i parametri, e si sfrutta la proprietà di unicità delle soluzioni trovate. Per i dettagli, si veda la discussione del caso spaziale (Sottosezione 2.2.3).

Concludiamo la dimostrazione provando che W (u, α, κ) = fW (RTαu, α, κ) = =p8(µ + κ)ue1+ √ 2Eµ 3√µ + κ 3eu1ue 2 2+eu 3 1 + O4(u1, u2)

è l’integrale completo cercato, doveue1,ue2 sono definiti in (1.3.2). L’identità ∂ fW ∂ue (R T αu) = RTα ∂W ∂u(u), insieme ai seguenti fatti

i) fW soddisfa (1.3.3),

ii) K(U , u) = ( eK ◦ φα)(U , u) = eK(RTαU , RTαu),

iii) eK ∂ fW ∂ue (u),e u; α, E, µe ! = eK ∂ fW ∂ue (RTαu), RTαu; α, E, µ ! = = eK  RTα∂W ∂u(u), R T αu; α, E, µ  = K ∂W ∂u(u), u; E, µ  ,

(19)

implica che la funzione W (u, α, κ) costituisce una famiglia a due parametri (α, κ) di soluzioni dell’equazione di Hamilton-Jacobi (1.3.1). D’altra parte, dall’identità det ∂W ∂u∂(α, κ) (0,α,κ) ! = −p8(µ + κ) sin α 4 8(µ+κ)cos α p8(µ + κ) cos α 4 8(µ+κ)sin α = −4

e dalla continuità della funzione determinante, segue che, per ogni scelta di α, κ, la condizione di non degenerazione è verificata in un intorno di u = 0, e questo prova la tesi.

In quanto integrale completo, la funzione W (u, α, κ) genera una trasfor-mazione canonica

χ : (U , u) → (α, κ, β, K) = χ(U , u), definita implicitamente dal sistema di equazioni

             U = ∂W ∂u(u, α, κ) β = ∂W ∂α(u, α, κ) K = ∂W ∂κ (u, α, κ), (1.3.7)

che fornisce nuove coordinate in cui la dinamica è banale. Infatti le equazioni del moto in tali coordinate sono

(α0, κ0) = −∂ e(α, κ)

∂(β, K) = (0, 0), (β

0, K0) = ∂ e(α, κ)

∂(α, κ) = (0, 1), da cui, integrando, si ottiene che

(α(s), κ(s), β(s), K(s)) = (α(0), κ(0), β(0), K(0) + s). (1.3.8) Concludiamo allora il capitolo con la seguente

Osservazione 1.3.2. Dal momento che K è una hamiltoniana "nulla", le so-luzioni ( ˆU (s), ˆu(s)) = U (t(s)), u(t(s)) delle equazioni regolarizzate (1.2.8) sono coniugate ai moti (1.3.8) della hamiltoniana

ˆ

K = e(α, κ) = κ

soltanto per κ = 0. Pertanto, fissando il valore κ = 0, le equazioni (1.3.7), che definiscono la trasformazione χ, forniscono la soluzione al problema degli incontri ravvicinati piani.

(20)

Capitolo II - Il problema dei tre

corpi circolare ristretto spaziale

Consideriamo il problema dei tre corpi circolare ristretto nel caso generale, ovvero nel caso in cui l’asteroide P non è vincolato a muoversi lungo un piano. Nel sistema di riferimento sinodico Σ, i corpi della binaria P1, P2e l’asteroide

P hanno quindi coordinate (−µ, 0, 0), (1 − µ, 0, 0), (x, y, z). Premesso ciò, si può dimostrare, utilizzando le stesse argomentazioni impiegate nel caso piano (Prop. 1.1.1), che la hamiltoniana di questo problema in coordinate sinodiche ha la seguente espressione

h(px, py, pz, x, y, z) = p2x+ p2y+ p2z 2 + pxy − pyx − 1 − µ r1 − µ r2 , dove r1=p(x + µ)2+ y2+ z2 e r2 =p(x − 1 + µ)2+ y2+ z2 denotano le

usuali distanze tra l’asteroide e i corpi della binaria.

2.1

Regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel

La regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel del problema dei tre corpi circo-lare ristretto spaziale è la naturale generalizzazione della regolarizzazione di Levi-Civita del problema piano. Dal momento che non è possibile costruire un analogo della trasformazione di Levi-Civita in R3 (vedi Introduzione), per estendere al caso spaziale tale risultato, occorre costruire la mappa di proiezione π : R4\ {0} → R3\ {0}, π(u) = Q, (2.1.1) dove  Q 0  =     X Y Z 0     = A(u)u, A(u) =     u1 −u2 −u3 u4 u2 u1 −u4 −u3 u3 u4 u1 u2 u4 −u3 u2 −u1     ,

(21)

con Q = [X, Y, Z]T vettore delle usuali coordinate planetocentriche X = x − (1 − µ),

Y = y, Z = z,

e u = [u1, u2, u3, u4]T vettore delle nuove variabili spaziali. In letteratura tale

trasformazione e le variabili u sono chiamate rispettivamente trasformazione KS e variabili KS.

Procediamo nella regolarizzazione adottando il formalismo lagrangiano. Per prima cosa ricaviamo, a partire dalla Lagrangiana del problema dei tre corpi circolare ristretto in coordinate sinodiche

1 2 x˙ 2+ ˙y2+ ˙z2 + ˙yx − ˙xy +1 2 x 2+ y2 + 1 − µ r1 + µ r2 , la sua espressione in coordinate planetocentriche

L(X, Y, Z, ˙X, ˙Y , ˙Z) = 1 2 ˙ X2+ ˙Y2+ ˙Z2 + ˙Y (X + (1 − µ)) − ˙XY + +1 2 X 2+ 2X(1 − µ) + (1 − µ)2+ Y2+ + 1 − µ p(X + 1)2+ Y2+ Z2 + µ √ X2+ Y2+ Z2, (2.1.2)

che è equivalente alla Lagrangiana6 L0(X, Y, Z, ˙X, ˙Y , ˙Z) = 1 2 ˙ X2+ ˙Y2+ ˙Z2 + ˙Y X − ˙XY + 1 2 X 2+ Y2+ + X(1 − µ) + 1 − µ p(X + 1)2+ Y2+ Z2 + µ √ X2+ Y2+ Z2.

Possiamo scrivere L0 in forma più compatta come segue L0(Q, ˙Q) = 1 2| ˙Q| 2+ ˙Q ∧ e 3· Q + 1 2|e3∧ Q| 2+ + (1 − µ)  1 |Q + e1|+ Q · e1  + µ |Q|, (2.1.3) dove ei indica l’i-esimo elemento della base canonica di R3.

Il primo passo della regolarizzazione consiste nella rilettura delle equa-zioni del moto del nostro problema nelle variabili KS, da cui la seguente

6

L’equivalenza deriva dal fatto che sia i termini indipendenti dalle coordinate genera-lizzate X, Y, Z che quelli lineari nelle velocità generagenera-lizzate ˙X, ˙Y , ˙Z non contribuiscono alle equazioni di Lagrange.

(22)

Proposizione 2.1.1. Se u(t), tale che u(0) 6= 0, è una soluzione delle equazioni di Lagrange di

L (u, ˙u) = 2|u|2| ˙u|2− 2l2(u, ˙u) + b

e3(u) · ˙u + 1 2|e3∧ π(u)| 2+ + (1 − µ)  1 |π(u) + e1| + π(u) · e1  + µ |u|2, (2.1.4) dove l(u, ˙u) = u4u˙1− u3u˙2+ u2u˙3− u1u˙4 e

bω(u) = 2AT(u)ΛωA(u)u, Λω =

    0 −ω3 ω2 0 ω3 0 −ω1 0 −ω2 ω1 0 0 0 0 0 0     , (2.1.5)

con ω = [ω1, ω2, ω3]T, allora Q(t) = π(u(t)) è una soluzione del problema

dei tre corpi circolare ristretto.

Dimostrazione. Definiamo la funzione L (u, ˙u) = L0(Q, ˙Q) Q=π(u) = L0  π(u),∂π ∂u(u) ˙u 

e, col proposito di scriverla in forma più esplicita, osserviamo preliminar-mente i seguenti fatti

i)  Q 0  = A(u)u,

ii) A(u) ˙u − A( ˙u)u =     0 0 0 2(u4u˙1− u3u˙2+ u2u˙3− u1u˙4)     =     0 0 0 2l(u, ˙u)     , iii) ∀x ∈ R3 si ha ω ∧ x = ˜Λωx, con ˜Λω =   0 −ω3 ω2 ω3 0 −ω1 −ω2 ω1 0  . (2.1.6)

(23)

Dunque, per i) e ii), si ha che  ˙ Q 0  = d d t  Q 0  = d d t A(u)u =

= A( ˙u)u + A(u) ˙u = 2A(u) ˙u − 2[0, 0, 0, l(u, ˙u)]T e quindi che | ˙Q|2 = d d t A(u)u  2 =

= 4 ˙uTAT(u) − [0, 0, 0, l(u, ˙u)]

A(u) ˙u − [0, 0, 0, l(u, ˙u)]T = = 4 ˙uT|u|2u + l˙ 2(u, ˙u) − 2[0, 0, 0, l(u, ˙u)]A(u) ˙u =

= 4 ˙uT|u|2u + l˙ 2(u, ˙u) − 2l2(u, ˙u) = 4 |u|2| ˙u|2− l2(u, ˙u).

Questo, insieme a i) e iii), implica poi che ˙ Q ∧ e3· Q = e3∧ Q · ˙Q = ( ˜Λe3Q) · ˙Q = ˙Q TΛ˜ e3Q =  ˙ Q 0 T Λe3  Q 0  = = 2 ˙uTAT(u) − 2[0, 0, 0, l(u, ˙u)]Λe3A(u)u = 2 ˙u

TAT(u)Λ

e3A(u)u =

= 2AT(u)Λe3A(u)u · ˙u = be3(u) · ˙u,

dove be3 è stato definito in (2.1.5). Infine, osservando che vale l’uguaglianza

|Q| = |A(u)u| = q

uTAT(u)A(u)u = |u|2,

si ottiene l’espressione (2.1.4) della Lagrangiana del problema dei tre corpi circolare ristretto riletta nelle nuove variabili u1, u2, u3, u4.

Sia ora u(t) una soluzione delle equazioni di Lagrange associate aL tale che u(0) 6= 0. Dal momento che per ogni u 6= 0 il nucleo della matrice

 ∂π ∂u(u) T = 2     u1 u2 u3 −u2 u1 u4 −u3 −u4 u1 u4 −u3 u2     ,

è banale, la tesi segue semplicemente dalla scrittura delle equazioni di Lagrange perL  ∂π ∂u(u(t)) T  d d t ∂L0 ∂ ˙Q − ∂L0 ∂Q  (π(u(t)), ∂π

∂u(u(t)) ˙u(t))

(24)

Notiamo che la trasformazione di Legendre associata a L U = ∂L ∂ ˙u = ∂ ∂ ˙u 2|u| 2| ˙u|2− 2l2(u, ˙u) + b e3(u) · ˙u =

= 4|u|2u − 4l(u, ˙˙ u)[u4, −u3, u2, −u1]T + be3(u),

non è invertibile poiché7 det ∂ 2L ∂ ˙u2  = det  ∂ ∂ ˙u 4|u| 2u − 4l(u, ˙˙ u)[u

4, −u3, u2, −u1]T + be3(u)

  = = det     0 −u3u4 u2u4 −u1u4 −u3u4 0 −u3u2 u1u3 u2u4 −u3u2 0 −u1u2 −u1u4 u1u3 −u1u2 0     = det M (u) ≡ 0.

Procediamo allora definendo la nuova Lagrangiana L(u, ˙u) =L (u, ˙u) + 2l2(u, ˙u)

non contenente la forma quadratica 2|u|2| ˙u|2 − 2l2(u, ˙u), causa della

degenerazione, e avente trasformazione di Legendre8 U = ∂L

∂ ˙u = 4|u|

2u + b˙

e3(u) (2.1.7)

invertibile per ogni u 6= 0.

Prima di indagare il legame tra le soluzioni delle equazioni di Lagrange di L e quelle di L , studiamo una particolare simmetria della Lagrangiana L, da cui la seguente

Osservazione 2.1.2. Consideriamo il gruppo di rotazioni ad un parametro dato da u → Sαu, dove Sα =     cos α 0 0 − sin α 0 cos α sin α 0 0 − sin α cos α 0 sin α 0 0 cos α     , (2.1.8) 7

L’ultima uguaglianza segue dal fatto che per ogni u ∈ R4la matrice M (u) ha almeno un autovalore nullo. Infatti esiste un vettore x ∈ R4, ad esempio un elemento qualunque della base canonica di R4, tale che per ogni u ∈ R4

xTM (u) x = 0.

8Il simbolo U denota il vettore [U

(25)

ed esploriamo il comportamento di A(u) sotto l’azione della matrice Sα.

Facendo qualche conto si può dimostrare la seguente uguaglianza

A(Sαu) = A(u)SαT, (2.1.9)

da cui è possibile dedurre le relazioni i) π(Sαu) = π(u), ii) be3(u) · ˙u (Sαu,Sα ˙u) = = 2 ˙uTAT(u)Λe3A(u)u (Sαu,Sα ˙u)

= 2A(u) ˙uTΛe3A(u)u

(Sαu,Sα ˙u)

= = 2A(u) ˙uTΛe3A(u)u = be3(u) · ˙u,

e quindi l’invarianza di

L(u, ˙u) = 2|u|2| ˙u|2+ be3(u) · ˙u+

+1 2|e3∧ π(u)| 2+ (1 − µ)  1 |π(u) + e1| + π(u) · e1  + µ |u|2, (2.1.10)

sotto l’azione di Sα. Per il teorema di Noether, si ha allora che la funzione J (u, ˙u) = d d α Sαu  α=0 ·∂L ∂ ˙u = [−u4, u3, −u2, u1] T · 4|u|2u + b˙ e3(u) =

= 4|u|2l(u, ˙u) + [−u4, u3, −u2, u1]T · be3(u) = 4|u|

2l(u, ˙u) (2.1.11)

è un integrale primo delle equazioni di Lagrange di L.9

Proposizione 2.1.3. Se u(t) è una soluzione delle equazioni di Lagrange associate a L (2.1.10), che soddisfa u(0) 6= 0 e l(u(0), ˙u(0)) = 0, allora essa, fin quando non si annulla, è anche una soluzione delle equazioni di Lagrange di L (2.1.4).

9

L’ultima uguaglianza segue dal fatto che

[−u4, u3, −u2, u1]T· be3(u) = 2 [−u4, u3, −u2, u1]T· AT(u)Λe3A(u)u =

= 2[−u4, u3, −u2, u1]AT(u)Λe3A(u)u = 2 [0, 0, 0, −|u|

2 ]  ˜ Λe3 0 0T 0  A(u)u = = 2 0TA(u)u = 0.

(26)

Dimostrazione. Si consideri una soluzione u(t) delle equazioni di Lagrange di L avente condizioni iniziali u(0) 6= 0, l(u(0), ˙u(0)) = 0, e si osservi che, essendo |u|2l(u, ˙u) costante lungo tale soluzione, dall’ipotesi segue che

l(u(t), ˙u(t)) ≡ 0 (2.1.12)

fin quando u(t) 6= 0. Affermiamo ora che u(t) soddisfa le equazioni di Lagrange diL = L − 2 l2. Per provare ciò, calcoliamo l’espressione

d d t ∂L ∂ ˙u − ∂L ∂u = d d t ∂L ∂ ˙u − ∂L ∂u− 4  d l d t ∂ l ∂ ˙u+ l d d t ∂ l ∂ ˙u − l ∂ l ∂u  (2.1.13) lungo la candidata soluzione. Dunque, restringendosi all’insieme massimale su cui u(t) 6= 0, per la (2.1.12) e l’identità

0 = d d t |u| 2l(u, ˙u) (u(t), ˙u(t)) =

= 2 u(t) · ˙u(t) l(u(t), ˙u(t)) + |u(t)|2 d

d tl(u(t), ˙u(t)) = = |u(t)|2 d

d tl(u(t), ˙u(t)), dalla (2.1.13) otteniamo la tesi.

Invertendo rispetto a ˙u l’equazione (2.1.7) per la trasformazione di Legendre associata a L, si ha che

˙

u = U − be3(u)

4|u|2

e quindi il sistema lagrangiano definito da L (2.1.10) è coniugato al sistema hamiltoniano associato alla funzione10

K(U , u) = U · ˙u − L(u, ˙u) = 1 8|u|2|U − be3(u)| 21 2|e3∧ π(u)| 2+ − (1 − µ)  1 |π(u) + e1| + π(u) · e1  − µ |u|2. (2.1.14) 10

Con semplici conti si ottiene che U · ˙u − 2|u|2| ˙u|2− be3(u) · ˙u = 1 4|u|2|U − be3(u)| 2 1 8|u|2|U − be3(u)| 2 .

(27)

Per rileggere nelle variabili canoniche l’equazione l(u, ˙u) = 0 osserviamo che la forma bilineare l può essere rappresentata come segue

l(u, U ) = −UTΩ u, con Ω =     0 0 0 −1 0 0 1 0 0 −1 0 0 1 0 0 0     , (2.1.15) per cui si ha11 l u, be3(u) = −b T e3(u)[−u4, u3, −u2, u1] T =

= −[−u4, u3, −u2, u1]T · be3(u) = 0,

e quindi l’identità

l(u, ˙u) = 1

4|u|2l u, U − be3(u) =

1

4|u|2l u, U ),

da cui si deduce l’equivalenza tra le condizioni l(u, ˙u) = 0, l(u, U ) = 0.

Resta ora da regolarizzare la hamiltoniana K(U , u) singolare per u = 0. Si procede, come nel caso piano (Sezione 1.2), introducendo un tempo fittizio s(t) tale che ˙s(t) = 1 r2(t) = 1 |Q(t)| = 1 |u(t)|2 (2.1.16)

ed effettuando una riduzione isoenergetica con l’introduzione della nuova hamiltoniana K(U , u; E) = |u|2  K(U , u) − E −(1 − µ) 2 2  = = 1 8|U − be3(u)| 21 2|u| 2|e 3∧ π(u)|2− µ+ − (1 − µ)|u|2  1 |π(u) + e1|− 1 + π(u) · e1  − |u|2Eµ, (2.1.17) dove Eµ= E + (1 − µ) + (1−µ) 2 2 ed E è un valore fissato. 11

Per una motivazione dell’ultima uguaglianza nella formula che segue si veda la nota 9 a piè di pagina.

(28)

Proposizione 2.1.4. Se ( ˆU (s), ˆu(s)) è una soluzione del sistema hamilto-niano associato a (2.1.17) ˆ u0(s) = ∂K ∂U ( ˆU (s), ˆu(s)) , ˆU0(s) = −∂K ∂u ( ˆU (s), ˆu(s)) , (2.1.18) che soddisfa ˆ

u(0) 6= 0, l(ˆu(0), ˆU (0)) = 0, K( ˆU (0), ˆu(0); E) = 0, (2.1.19) allora (U (t), u(t)) = U (s(t)), ˆˆ u(s(t)) è una soluzione delle equazioni di Hamilton di (2.1.14) ˙ u(t) = ∂K ∂U (U (t),u(t)) , ˙U (t) = −∂K ∂u (U (t),u(t)) ,

avente condizioni iniziali

u(0) 6= 0, l(u(0), U (0)) = 0, K(U (0), u(0)) = E +(1 − µ)

2

2 .

(2.1.20) Dimostrazione. Consideriamo una soluzione ( ˆU (s), ˆu(s)) del problema ai valori iniziali (2.1.18), (2.1.19) e, posto (U (t), u(t)) = U (s(t)), ˆˆ u(s(t)), osserviamo i seguenti fatti

˙ u(t) = ˆu0(s(t)) ˙s(t) = uˆ 0(s(t)) |u(t)|2 , U (t) =˙ ˆ U0(s(t)) |u(t)|2 , (2.1.21) ∂K ∂U = 1 |u|2 ∂K ∂U, (2.1.22) ∂K ∂u = 1 |u|2  ∂K ∂u − 2u  K(U , u) − E −(1 − µ) 2 2  = = 1 |u|2  ∂K ∂u − 2 u |u|2 K(U , u)  . (2.1.23)

Poiché è stato fissato, tra le condizioni iniziali, il valore di K ed essendo tale funzione costante lungo le soluzioni del sistema (2.1.18), si ha che la regione accessibile al moto è un sottoinsieme di K−1(0), per cui le equazioni (2.1.22),

(29)

(2.1.23), calcolate in (U , u) = ( ˆU (s(t)), ˆu(s(t))) = (U (t), u(t)), si riducono a ∂K ∂U (U (t),u(t)) = 1 |u|2 ∂K ∂U (U (t),u(t)) , ∂K ∂u (U (t),u(t)) = 1 |u|2 ∂K ∂u (U (t),u(t)) . (2.1.24) A questo punto, moltiplicando entrambi i membri della (2.1.18), riletta in s = s(t), per |u(t)|1 2 e sfruttando le identità (2.1.21), (2.1.24), otteniamo che

(U (t), u(t)) è soluzione delle equazioni di Hamilton per K. Infine, valendo l’uguaglianza

(U (0), u(0)) = U (s(0)), ˆˆ u(s(0)) = ( ˆU (0), ˆu(0)),

si deduce che (U (t), u(t)) soddisfa anche le condizioni iniziali (2.1.20), e questo conclude la dimostrazione.

Ricaviamo ora la proiezione π∗ dello spazio delle fasi12 nelle variabili KS

T∗R4o = {(U , u) ∈ T∗R4 : u 6= 0, l(u, U ) = 0}

sullo spazio delle fasi nelle variabili fisiche

T∗R3o = {(P , Q) ∈ T∗R3 : Q 6= 0}.

L’espressione di tale mappa si ottiene a partire dalla trasformazione di Legendre associata a L0 P = ∂L 0 ∂ ˙Q = ˙Q + e3∧ Q, e da ˙ u = U − be3(u) 4|u|2 , osservando che  P 0  =  ˙ Q 0  +  e3∧ Q 0 

e che, valendo su T∗R4o la relazione l(u, U ) = 0,  ˙

Q 0



= 2A(u) ˙u − 2[0, 0, 0, l(u, ˙u)]T = 2A(u) ˙u =

= 1

2|u|2 A(u)U − A(u)be3(u) =

1 2|u|2A(u)U −  e3∧ Q 0  , 12

In generale, dato un sistema meccanico ad n gradi di libertà, avente come spazio delle configurazioni una n-varietà M , lo spazio degli stati e lo spazio delle fasi restano definiti rispettivamente come i fibrati, tangente T M e cotangente T∗M , di M .

(30)

L0(Q, ˙Q) −−−−−−−−→KS : Q=π(u) L (u, ˙u) −−−−−−→L=L +2l2 L(u, ˙u)    y P =∂L 0 ∂ ˙Q    y U =∂L ∂ ˙u H0(P , Q) −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−→(P ,Q)=π∗(U ,u) K(U , u)    y t = t(s) K(U , u) Figura 1: Regolarizzazione KS.

dove l’ultima uguaglianza segue dall’identità A(u)be3(u) = 2A(u)A

T(u)Λ e3A(u)u = 2|u| 2Λ e3Q = 2|u| 2  e3∧ Q 0  . Definiamo allora la mappa di proiezione dello spazio delle fasi

π∗: T∗R4o → T ∗ R3o, π∗(U , u) = (P , Q), (2.1.25) dove  P 0  = 1 2|u|2A(u)U ,  Q 0  = A(u)u, (2.1.26)

ed enunciamo il teorema conclusivo riguardante la regolarizzazione KS. Teorema 2.1.5. Sia E un valore fissato. Se ( ˆU (s), ˆu(s)) è una soluzio-ne delle equazioni regolarizzate (2.1.18), avente condizioni iniziali (2.1.19), allora (P (t), Q(t)) = π∗ U (s(t)), ˆˆ u(s(t)), con s(t) = Z t 0 1 |u(τ )|2dτ,

(31)

è una soluzione delle equazioni di Hamilton del problema dei tre corpi circolare ristretto spaziale in coordinate planetocentriche13

H(PX, PY, PZ, X, Y, Z) = PX2 + PY2 + PZ2 2 + PXY − PYX − µ R2 + − (1 − µ)  1 R1 − 1 + X  − (1 − µ) −(1 − µ) 2 2 , (2.1.27) con condizioni iniziali

Q(0) 6= 0, H(P (0), Q(0)) = E. Dimostrazione. Denotiamo con

E(u, ˙u), E (u, ˙u) = E(u, ˙u) − 2l2(u, ˙u), E0(Q, ˙Q)

l’energia meccanica del sistema lagrangiano descritto rispettivamente da L(u, ˙u), L (u, ˙u) = L(u, ˙u) − 2l2(u, ˙u), L0(Q, ˙Q).

La tesi segue dalle Proposizioni (2.1.4), (2.1.3), (2.1.1), dall’equivalenza logica delle seguenti relazioni

K( ˆU (0), ˆu(0)) = 0,

K(U (0), u(0)) = K( ˆU (0), ˆu(0)) = E +(1 − µ)

2

2 ,

E(u(0), ˙u(0)) = E +(1 − µ)

2

2 ,

E (u(0), ˙u(0)) = E(u(0), ˙u(0)) − 2l2(u(0), ˙u(0)) = E +(1 − µ)2

2 ,

E0(Q(0), ˙Q(0)) = E +(1 − µ)

2

2 ,

e dal fatto che, detta H0(P , Q) la hamiltoniana associata a L0(Q, ˙Q), H(P (0), Q(0)) +(1 − µ)

2

2 = H

0(P (0), Q(0)) = E0(Q(0), ˙Q(0)).

13

In tali coordinate, le distanze tra l’asteroide e i corpi della binaria sono date da R1=p(X + 1)2+ Y2+ Z2 e R2=

(32)

La hamiltoniana regolarizzata K(U , u; E) = 1 8|U − be3(u)| 21 2|u| 2|e 3∧ π(u)|2− µ+ − (1 − µ)|u|2  1 |π(u) + e1|− 1 + π(u) · e1  − |u|2Eµ,

del problema dei tre corpi circolare ristretto spaziale prende il nome di hamiltoniana di Kustaanheimo-Stiefel, in breve hamiltoniana KS.

Sottolineiamo un importante differenza tra la regolarizzazione del pro-blema piano e di quello spaziale. In quest’ultimo caso, condizione necessaria e sufficiente, affinché le soluzioni del sistema regolarizzato U (s), ˆˆ u(s) si proiettino mediante la mappa π∗ sui moti del nostro problema, è che valga

il seguente vincolo sulle condizioni iniziali del "sistema KS": l( ˆu(0), ˆU (0)) = 0.

Concludiamo la sezione con un osservazione riguardante l’esistenza di un integrale primo per il sistema regolarizzato, dovuto a una particolare simmetria della hamiltoniana di K.

Osservazione 2.1.6. Consideriamo la famiglia a un parametro di trasfor-mazioni ortogonali data da

(U , u) −→ ϕα(U , u) = 

SαU Sαu



e notiamo che, valendo per la relazione (2.1.9) il seguente risultato di invarianza

|U − be3(u)|

(U ,u)=(SαU , Sαu)

=

= |SαU − 2AT(Sαu)ΛωA(Sαu)Sαu| = |SαU − 2SαAT(u)ΛωA(u)u| =

= |U − 2AT(u)ΛωA(u)u| = |U − be3(u)|,

ϕα è un gruppo di simmetria a un parametro per la hamiltoniana K:

(K ◦ ϕα)(U , u) = K(SαU , Sαu) = K(U , u) per ogni α ∈ R.

Con l’intento di utilizzare il Teorema di Noether per trovare un integrale del moto f (U , u) di K, cerchiamo un campo vettoriale hamiltoniano Xf che

genera il gruppo di simmetria ϕα, ovvero tale che ΦαX

f(U , u) = ϕ

(33)

Supponiamo valida la relazione sopra citata e poniamo x = (U , u) ∈ T∗R4o. Essendo ΦαX

f(x) soluzione del sistema hamiltoniano descritto da f , per ogni

α ∈ R si ha che

d d αϕ

α(x) = X

f(ΦαXf(x)),

e quindi, ponendo α = 0, che   d Sα d α U d Sα d αu   α=0 = d d αϕ α(x) α=0 = Xf(x) =   −∂u∂f(x) ∂f ∂U(x)  , dove d Sα d α α=0 =     0 0 0 −1 0 0 1 0 0 −1 0 0 1 0 0 0     = Ω.

Abbiamo finalmente ottenuto una PDE per la funzione incognita f (U , u) Ω U = −∂f

∂u(U , u), avente soluzione

f (U , u) = −(Ω U ) · u = UTΩ u.

Possiamo allora concludere, per l’identità (2.1.15), che la forma bilineare l(u, U ) = u4U1− u3U2+ u2U3− u1U4,

è un integrale primo del sistema regolarizzato (2.1.18).

2.2

Integrabilità vicino alle collisioni

Lo scopo di questa sezione, nonchè quello dell’intero elaborato, è dimostrare l’esistenza di un integrale completo W (u, ν),14 definito e analitico in un intorno di u = 0, dell’equazione di Hamilton-Jacobi associata alla hamilto-niana regolarizzata K ∂W ∂u, u  = eν. 14

Il simbolo ν denota il vettore [ν1, ν2, ν3, ν4]T dei quattro parametri liberi ν1, ν2, ν3, ν4,

(34)

Procedere seguendo la stessa strategia impiegata da Levi-Civita nel caso piano, ovvero costruendo la classe di trasformazioni canoniche

φν : (U , u) → U ,e u,e determinate da matrici Sν ∈ SO(4),15 tali che

φ−1ν : U ,e u → (U , u) = Se νU , Se νu,e (2.2.1) non è la via corretta da intraprendere. Si manifesta, a differenza del caso piano, una condizione che le matrici ortogonali Sν devono necessariamen-te soddisfare: tali matrici devono lasciare invariannecessariamen-te la forma bilineare l. Questo vincolo deriva dal fatto che la regolarizzazione del problema spaziale coinvolge variabili ridondanti, per cui, affinché le soluzioni delle equazioni regolarizzate si proiettino sulle soluzioni del CR3BP, occorre restringersi alla curva di livello zero della forma bilineare l(u, U ).

Infatti, qualunque trasformazione canonica ϕ si scelga per trasformare la hamiltoniana KS in una nuova hamiltoniana eK, affinché le soluzioni delle equazioni di Hamilton nelle nuove variabili U ,e ue



si proiettino sui moti del CR3BP, rappresentati in opportune nuove coordinate eQ, occorre che l u, ee U = 0. Da ciò deduciamo la necessaria invarianza di l rispetto a una qualunque trasformazione canonica univalente ϕ

l(u, ee U ) = 0 = l(u, U ) = (l ◦ ϕ

−1

)(u, ee U ), (2.2.2) che si traduce, trasformando ortogonalmente le variabili canoniche come in (2.2.1), nella condizione necessaria di invarianza di l sotto l’azione di Sν

l(u, ee U ) = l(Sνu, Se νU ).e

Tuttavia, la forma bilineare l(u, U ), non è invariante sotto generiche trasfor-mazioni ortogonali.

Si cerca allora una famiglia di trasformazioni lineari {Sν}ν con cui

costruire le trasformazioni canoniche φ−1ν K(U , u) (U ,u)=(S

−T ν U , Se νu)e

−−−−−−−−−−−−−→ K( ee U ,u)e

l(u(0), U (0)) = 0 l(u(0), ee U (0)) = 0 . A tal proposito, si torna al punto di partenza della regolarizzazione KS, ovvero alla Lagrangiana L0 del problema dei tre corpi circolare ristretto in coordinate planetocentriche Q. Di qui:

15Il pedice ν sta a indicare che le matrici S

(35)

L0(Q, ˙Q)−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−→ LQ=λR eQ 0λR( eQ,Q)e˙ E0(Q, ˙Q) = E + (1 − µ)2/2 E0λR( eQ,Q) = E + (1 − µ)˙e 2/2    y KS : Q = π(u)    y KS : eQ = π(eu)

L(u, ˙u), l(u, ˙u) = 0 LλR(u, ˙e u), l(e u, ˙e u) = 0e E(u, ˙u) = E + (1 − µ)2/2 EλR(u, ˙e u) = E + (1 − µ)e 2/2    y U =∂L ∂ ˙u    y e U =∂LλR ∂ ˙ue

K(U , u), l(u, U ) = 0 KλR( eU ,u), l(e u, ee U ) = 0 K(U , u) = E + (1 − µ)2/2 KλR( eU ,u) = E + (1 − µ)e 2/2    y t = t(s)    y t = t(s)

K(U , u), l(u, U ) = 0 (U ,u)=(S

−T ν U , Se νu)e

9999999999999999K KλR( eU ,u), l(e u, ee U ) = 0

K(U , u) = 0 KλR( eU ,u) = 0e

Figura 2: Per ogni ν ∈ S3, λ, S

ν, R in (2.2.8), il diagramma commuta.

i) si effettua un riscalamento (λ ∈ R) e una rotazione (R ∈ SO(3)) di tali coordinate;

ii) si regolarizzano le equazioni del moto del CR3BP, nelle nuove variabili riscalate e ruotate, con le stesse tecniche impiegate nella regolarizza-zione KS, ottenendo la hamiltoniana regolarizzata KλR;

iii) si impone la commutazione del diagramma risultante, ottenendo un vincolo che le matrici Sν devono soddisfare; da questo vincolo è

pos-sibile ricavare la struttura delle matrici impiegate per costruire la trasformazione canonica desiderata.

La classe di trasformazioni lineari ottenuta in questo modo è il punto di partenza per la dimostrazione dell’esistenza locale dell’integrale completo cercato.

A questo punto è possibile utilizzare la stessa strategia impiegata da Levi-Civita nel caso piano, che può essere illustrata come segue:

(36)

i) provare l’esistenza di una famiglia di soluzioni particolari locali fWν(u)e dell’equazione di Hamilton-Jacobi associata a KλR

KλR ∂ fW ∂ue ,ue

!

=eeν, (2.2.3)

con λ e R che dipendono dal vettore di parametri ν;

ii) dimostrare che questa famiglia di soluzioni particolari, riletta nelle vec-chie variabili,

W (u, ν) = fWν(SνTu)

costituisce un integrale completo dell’equazione di Hamilton-Jacobi per la hamiltoniana KS.

2.2.1 Hamiltoniana KS rivisitata

Come accennato sopra, in questa Sottosezione si regolarizzeranno le equazio-ni del moto del CR3BP, scritte nelle coordinate planetocentriche Q riscalate e ruotate come segue

Q = λR eQ,

dove il fattore di scala λ è un qualunque numero reale positivo e la matrice R è una matrice arbitraria in SO(3). Si impiegheranno le stesse tecniche uti-lizzate nella regolarizzazione KS (Sezione 2.1), per cui ne verranno ripercorsi i vari step senza ripetere le dimostrazioni.

Introduciamo la mappa di proiezione eQ = π(u), la Lagrangiana dele problema dei tre corpi circolare ristretto nelle coordinate eQ

L0λR( eQ,Q) =e˙ 1 2λ 2|˙ e Q|2+ λ2Q ∧ ω · ee˙ Q + 1 2λ 2|ω ∧ eQ|2+ + (1 − µ) 1 |λ eQ + e| + λ eQ · e ! + µ λ | eQ|, con ω = RTe3, e = RTe1, e la Lagrangiana LλR(u, ˙e u) =e LλR(u, ˙e u) + 2λe 2l2( e u, ˙u),e dove LλR(u, ˙e u) = Le 0 λR( eQ, ˙ e Q) e Q=π(u)e . Il primo step della regolarizzazione è dato dalla seguente

(37)

Proposizione 2.2.1. Se u(t) è una soluzione delle equazioni di Lagrangee di LλR che soddisfa u(0) 6= 0 e l(e u(0), ˙e u(0)) = 0, allora ee Q(t) = π(u(t)), fine quando non si annulla, è una soluzione delle equazioni di Lagrange di L0λR. A questo punto, definita la trasformazione di Legendre associata a LλR16

e

U = ∂LλR ∂ ˙ue

,

si ha che tale trasformata coniuga il sistema lagrangiano in questione al sistema hamiltoniano definito dalla funzione

KλR( eU ,u) = ee U · ˙u − Le λR(u, ˙e u) =e 1 8λ2| e u|2| eU − λ 2b ω(u)|e 2+ −1 2λ 2|ω ∧ π( e u)|2− (1 − µ)  1 |λπ(u) + e|e + λπ(u) · ee  − µ λ|u|e2,

dove la rilettura della condizione iniziale l(u(0), ˙e u(0)) = 0 nelle variabilie canoniche è data da l(u(0), ee U (0)) = 0, in quanto

l(u, ˙e u) =e 1 4λ2|

e

u|2l u, ee U ). Effettuando poi una riduzione isoenergetica

KλR( eU ,u; E) = |e u|e 2  KλR( eU ,u) − E −e (1 − µ)2 2  = = 1 8λ2| eU − λ 2b ω(u)|e 21 2λ 2| e u|2|ω ∧ π(u)|e 2−µ λ+ − (1 − µ)|u|e2  1 |λπ(u) + e|e − 1 + λπ(u) · ee  − |u|e2Eµ, (2.2.4)

si ottiene che le soluzioni U (s), ˆˆe u(s) del sistema hamiltoniano associato ae KλR, con condizioni iniziali

ˆ e u(0) 6= 0, l ˆu(0),e U (0) = 0,ˆe KλR ˆ e U (0), ˆu(0); E = 0, (2.2.5)e 16

Invertendo tale relazione rispetto a ˙u si ottiene la sua espressione in funzione die u ee dei momenti eU ˙ e u = U − λe 2b ω(u)e 4λ2| e u|2 ;

(38)

sono coniugate mediante la trasformazione temporale t(s) = R0s|ˆu(σ)|e 2dσ alle soluzioni

e

U (t),u(t) =e U (s(t)), ˆˆe u(s(t))e 

delle equazioni di Hamilton di KλR( eU ,u), aventi condizioni inizialie

e

u(0) 6= 0, l(u(0), ee U (0)) = 0, KλR( eU (0),u(0)) = E +e

(1 − µ)2

2 .

Infine, procedendo come nell’Osservazione 2.1.6, si può dimostrare l’inva-rianza di KλR rispetto al gruppo di trasformazioni ortogonali definito da Sα,

da cui si deduce che la forma bilineare l è un integrale primo del sistema regolarizzato.

2.2.2 Una particolare famiglia di trasformazioni lineari su R4

In questa Sottosezione, costruiremo la classe di trasformazioni lineari {Sν}ν cercata. Esploriamo pertanto la condizione che le matrici Sν, R = Π(Sν) ∈

SO(3) devono soddisfare affinché il diagramma in Fig. 2 commuti. Poiché devono valere le relazioni

Q = π(u) = π(Sνu),e (2.2.6)

Q = λ Π(Sν) eQ = λ Π(Sν) π(u),e (2.2.7) se scegliamo λ, Sν, Π(Sν) che verificano

π(Sνu) = λ Π(Se ν) π(u),e (2.2.8) abbiamo che la catena di uguaglianze data da (2.2.6) e (2.2.7) è soddisfatta, per cui vale la desiderata proprietà di commutazione del diagramma in Fig. 2.

Si può dimostrare che le matrici

Sν =     ν1 −ν2 −ν3 −ν4 ν2 ν1 −ν4 ν3 ν3 ν4 ν1 −ν2 ν4 −ν3 ν2 ν1     , (2.2.9) al variare di ν ∈ R4\ {0}, soddisfano SνSνT = |ν|2I (2.2.10)

(39)

e definiscono una classe di trasformazioni lineari su R4che vengono proiettate da π sullo spazio delle trasformazioni lineari su R3 come segue

π(Sνu) = Re νπ(u),e (2.2.11) dove Rν =   ν12− ν2 2 − ν32+ ν42 −2(ν1ν2+ ν3ν4) −2(ν1ν3− ν2ν4) 2(ν1ν2− ν3ν4) ν12− ν22+ ν32− ν42 −2(ν2ν3+ ν1ν4) 2(ν1ν3+ ν2ν4) −2(ν2ν3− ν1ν4) ν12+ ν22− ν32− ν42  , (2.2.12) è una matrice per cui vale l’identità

RνRT

ν = |ν|4I. (2.2.13)

Dunque, una possibile scelta per λ, Sν, Π(Sν) che garantisce la commutazione

del diagramma in Fig. 2 è data da

λ = |ν|2, Sν =     ν1 −ν2 −ν3 −ν4 ν2 ν1 −ν4 ν3 ν3 ν4 ν1 −ν2 ν4 −ν3 ν2 ν1     , Π(Sν) = Rν |ν|2. (2.2.14)

A questo punto, dopo aver fissato la struttura di Sν e quindi determinato

la trasformazione φν(U , u) = ( eU ,u) con cui sono costruite le nuove variabilie canoniche ( eU ,u), abbiamo che la necessaria condizione di invarianza di le (2.2.2) rispetto a

φ−1ν ( eU ,u) = (U , u) = (Se

−T

ν U , Se νu),e

è soddisfatta: infatti, commutando il diagramma in Fig. 2, le nuove variabili canoniche verificano la relazione l(u, ee U ) = 0 (vedi Sezione 2.2). Osserviamo infine che, valendo Sν−T = |ν|−2Sν ed essendo l bilineare, tale condizione di

invarianza (2.2.2) si riduce all’invarianza a meno di una costante moltiplica-tiva di l sotto l’azione di Sν

l(Sνu, Se νU ) = |ν|e

2l(

e u, eU ).

2.2.3 Integrabilità locale della hamiltoniana KS vicino alle

collisioni

Detta S ⊂ GL(4) la classe di matrici Sν determinate nella precedente

Sot-tosezione

S = [

ν∈R4\{0}

(40)

definiamo la mappa

Π : S → SO(3), Π(Sν) =

1 |ν|2Rν.

Equazione di Hamilton-Jacobi per la hamiltoniana KS rivisitata: una famiglia di soluzioni locali particolari

Consideriamo l’equazione di Hamilton-Jacobi associata alla hamiltoniana KS rivisitata K|ν|2Π(S ν) ∂ fW ∂ue ,ue ! = eν |ν|2, (2.2.15) scegliendo λ, Sν, Π(Sν)

come in formula (2.2.14), in modo che sia garantita la commutazione del diagramma in Fig. 2. Il seguente risultato fornisce l’esistenza di una famiglia di soluzioni particolari di tale equazione.

Proposizione 2.2.2. Siano E? > 0 e µ?> 0 valori arbitrari fissati. Allora esiste una famiglia di soluzioni particolari

 f Wν,E,µ

(ν,E,µ)∈Da,b,c

dell’equazione di Hamilton-Jacobi (2.2.15), definite, al variare dei parametri (ν, E, µ) nell’insieme Da,b,c= {(ν, E, µ) : 1 − a < |ν| < 1 + a, |E − E?| < b, |µ − µ?| < c}, in un intorno diu = 0e Bd= {u ∈ Ce 4 : | e u| < d},

con a, b, c, d dipendenti solo da E? e µ?. I coefficienti dell’espansione in se-rie di Taylor di fWν,E,µ possono essere calcolati esplicitamente in maniera

iterativa; in particolare f Wν,E,µ(u) =e p 8(µ + eν)|ν|2eu1+ √ 2Eµ|ν|3 √ µ + eν  e u31 3 +ue1ue 2 2+ue1eu 2 3+ue1eu 2 4  + + O4(ue1,eu2). (2.2.16) Inoltre, la funzione f

W : Bd× Da,b,c, W (f u, ν, E, µ) = fe Wν,E,µ(u),e che descrive tale famiglia di soluzioni particolari, è analitica.

(41)

Dimostrazione. Col proposito di trovare soluzioni particolari di (2.2.15), scegliamo la seguente condizione iniziale

f

W (0,ue2,ue3,ue4; ν, E, µ) = φ(ue2,eu3,eu4) ≡ 0 (2.2.17) e riscriviamo tale PDE in forma normale

∂ fW ∂eu1 = F u,e ∂ fW ∂ue2 ,∂ fW ∂ue3 ,∂ fW ∂ue4 ; ν, E, µ ! , (2.2.18) dove17 F (q, p1, p2, p3; ν, E, µ) = |ν|4bω,1(q) + p G(q, p1, p2, p3; ν, E, µ), G(q, p1, p2, p3) = 8|ν|2 " µ + eν + 1 2|ν| 6|q|2|ω ∧ π(q)|2+ |ν|2|q|2E µ+ + (1 − µ)|ν|2|q|2 1 |ν|2π(q) + e − 1 + |ν|2π(q) · e ! + − 1 8|ν|2 4 X j=2 pj−1− |ν|4bω,j(q) 2 # .

Si può dimostrare che, per qualunque valore fissato E?, µ?, esistono delle costanti a, b, c, d, e, dipendenti solo da questi valori, tali che, per ogni terna di parametri (ν, E, µ) ∈ Da,b,c, F è analitica nell’insieme

{(q, p) : |q| < d, q

p21+ p22+ p23 < e}.

Dunque, per il Teorema di Cauchy-Kowalevski, fissata una qualunque ter-na di parametri (ν, E, µ) ∈ Da,b,c,18 esiste un’unica soluzione fWν,E,µ del

problema differenziale definito da (2.2.18), (2.2.17), analitica nell’intorno Bd= {u ∈ Ce

4 : |

e u| < d}

di u = 0. In altre parole, detta HJe ν,E,µ la PDE che si ottiene

dall’equa-zione di Hamilton-Jacobi (2.2.15) fissando una terna di parametri (ν, E, µ),

17

Nelle due formule che seguono la notazione bω,j(q) indica la j-esima componente del

vettore bω(q). 18

Si osservi che, fissata una terna di parametri, (2.2.18) non descrive una classe di PDE, bensì un’unica equazione differenziale.

(42)

abbiamo che fWν,E,µ è una soluzione particolare di HJν,E,µ. Ad ogni modo,

i coefficienti della serie di Taylor di fWν,E,µ

f Wν,E,µ(u) =e X i1,i2,i3,i4 f Wi1,i2,i3,i4(ν, E, µ)eu i1 1 eu i2 2ue i3 3eu i4 4

possono essere calcolati iterativamente fino ad un ordine arbitrario: in par-ticolare f Wν,E,µ(u) =e p 8(µ + eν)|ν|2ue1+ √ 2Eµ|ν|3 √ µ + eν  e u31 3 +ue1eu 2 2+ue1ue 2 3+ue1ue 2 4  + + O4(ue1,ue2).

Usando il Software Maple abbiamo sviluppato un programma originale che, dato in input un intero m, restituisce i coefficienti di tale espansione fino all’ordine m; ad esempio, alcuni coefficienti di ordine 4 non nulli sono i seguenti f W1,0,1,2(ν, E, µ) = −4|ν| 2 1ν4− ν2ν3), f W1,0,2,1(ν, E, µ) = −8|ν|2(ν1ν3+ ν2ν4).

Per una lista completa dei coefficienti non nulli fino al quinto ordine si guardino le Tabelle 2-3 in Appendice.

Essendo i coefficienti di tali soluzioni particolari funzioni globalmente definite in Da,b,c, osserviamo che resta definita la mappa

f

W : Bd× Da,b,c, W (f u, ν, E, µ) = fe Wν,E,µ(u).e

Per provare la regolarità di tale funzione, occorre applicare una seconda volta il teorema di Cauchy-Kowalevski all’equazione di Hamilton-Jacobi, considerando anche i parametri come variabili indipendenti. Così facendo, otteniamo che la PDE (2.2.18),19 con condizione al contorno

f

W (0,eu2,ue3,ue4, ν, E, µ) ≡ 0 per ogni (ue2,eu3,ue4, ν, E, µ) in un intorno di (0, 0, 0, ν

?, E?, µ?), ammette

un’unica soluzione

f

W1(u, ν, E, µ)e

analitica in un intorno di (u, ν, E, µ) = (0, νe ?, E?, µ?), con ν? ∈ S3, E? >

0, µ? > 0. Dal fatto che, per ogni terna fissata (ν, E, µ) ∈ Da,b,c, fW1 e

19

In questo caso, considerando come variabili indipendenti anche i parametri, si ha che (2.2.18) rappresenta una sola equazione differenziale anziché una classe di PDE.

(43)

f

W sono due soluzioni del problema differenziale (2.2.18), (2.2.17) e dalla proprietà di unicità locale, deduciamo che, al variare di (ν, E, µ) ∈ Da,b,c,

f

W (u, ν, E, µ) ≡e Bd fW1(u, ν, E, µ),e

e dunque l’analiticità di fW .

Equazione di Hamilton-Jacobi per la hamiltoniana KS: un integrale completo locale

Il seguente risultato consiste in un’identità di importanza cruciale, in quan-to permette di ricavare, a partire dalle soluzioni particolari fW (u, ν, E, µ)e dell’equazione di Hamilton-Jacobi associata a K|ν|2Π(S

ν) (2.2.15), soluzioni

particolari dell’equazione di Hamilton-Jacobi associata alla hamiltoniana KS K ∂W

∂u, u 

= eν. (2.2.19)

Prima di procedere bisogna fare alcune puntualizzazioni. Per prima cosa osserviamo che non tutti i valori dei parametri ν garantiscono la commu-tazione del diagramma in Fig. 2: infatti, dal momento che stiamo cercan-do soluzioni dell’equazione di Hamilton-Jacobi (2.2.19) sulla curva di livel-lo zero della hamiltoniana KS, i valivel-lori di tali parametri ν sono vincolati dall’equazione

eν = 0,

che chiameremo vincolo di energia nulla. Ora, fin quando eν = 0, il diagram-ma commuta e quindi il sistediagram-ma hamiltoniano associato a K è coniugato a quello descritto da K|ν|2Π(S

ν) mediante

φ−1ν U ,e u = (U , u) = Se ν−TU , Se νu,e

per cui, dalla teoria delle trasformazioni canoniche, segue l’identità K ◦ φ−1ν 

e

U ,u = Ke |ν|2Π(Sν) U ,e u.e (2.2.20) Occorre però sottolineare che, anche se il nostro scopo è dimostrare l’esisten-za di soluzioni particolari dell’equazione di Hamilton-Jacobi (2.2.19) sulla curva di livello zero della hamiltoniana KS, se ci limitassimo a fare soltanto questo, essendo il vincolo di energia nulla una condizione chiusa, otterrem-mo un integrale completo W (u, ν) definito nelle variabili ν su un chiuso.

(44)

Dunque, l’idea è quella di costruire soluzioni particolari dell’equazione di Hamilton-Jacobi (2.2.19), definite nelle variabili ν in un intorno dell’insieme

{ν : eν = 0}.

Tuttavia, quando i parametri ν non rispettano il vincolo eν = 0, la

com-mutazione del diagramma non è più garantita e quindi la proprietà (2.2.20), che permette di mettere in relazione le soluzioni fW (u, ν, E, µ) dell’equazio-e ne di Hamilton-Jacobi associata a K|ν|2Π(Sν) con soluzioni dell’equazione di

Hamilton-Jacobi per K, non è valida. Per questo motivo, occorre generaliz-zare la (2.2.20) al caso in cui il vettore dei parametri ν non soddisfi il vincolo ad energia nulla, da cui la seguente

Proposizione 2.2.3. Per ogni matrice Sν ∈ S vale l’identità K ◦ φ−1ν  e U ,u = K Se −T ν U , Se νu = |ν|e 2K|ν|2Π(S ν) U ,e u.e

Dimostrazione. Per prima cosa calcoliamo l’espressione della hamiltoniana KS nelle nuove variabili canoniche20

K Sν−TU , Sνu = 1 8|S −T ν U − be3(Sνu)| 21 2|Sνu| 2|e 3∧ π(Sνu)|2− µ+ − (1 − µ)|Sνu|2  1 |π(Sνu) + e1| − 1 + π(Sνu) · e1  − |Sνu|2Eµ

ed osserviamo i seguenti fatti: i) da (2.2.10) segue che

|Sνu|2 = uTSνTSνu = |ν|2|u|2;

ii) per la "proprietà di proiezione" di Sν (2.2.11) e per l’uguaglianza Rν = |ν|2Π(S

ν) abbiamo che

π(Sνu) = Rνπ(u) = |ν|2Π(Sν)π(u);

20

Per non appesantire la notazione, ai fini di questa dimostrazione, indicheremo le nuove variabili canoniche eU ,u senza il simboloe e .

(45)

iii) da ii) e dall’identità di Lagrange,21 si ottiene che |e3∧ π(Sνu)|2 = |ν|4|e3∧ Π(Sν)π(u)|2 = = |ν|4|e3|2|Π(S ν)π(u)|2− e3· Π(Sν)π(u) 2 = = |ν|4  |π(u)|2− ΠT(Sν)e3· π(u) 2 = = |ν|4|ΠT(S ν)e3|2|π(u)|2− ΠT(Sν)e3· π(u) 2 = = |ν|4|ΠT(Sν)e3 ∧ π(u)|2 = |ν|4|ω ∧ π(u)|2, dove ω = ΠT(Sν)e3;

iv) per ii) e per l’ortogonalità di Π(Sν) abbiamo |π(Sνu) + e1| = |ν|2Π(Sν)π(u) + e1 = |ν|2π(u) + ΠT(Sν)e1 = = |ν|2π(u) + e , dove e = ΠT(S ν)e1;

v) per ii) si ha che

π(Sνu) · e1 = |ν|2Π(Sν)π(u) · e1 = |ν|2πT(u)ΠT(Sν)e1 =

= |ν|2π(u) · ΠT(Sν)e1 = |ν|2π(u) · e.

Inoltre, dalla definizione del vettore potenziale bω (2.1.5) e dalle identità22

Sν−T = |ν|−2Sν,

A(Sνu)Sνu = ˆRνA(u)u, Rˆν =

 Rν 0 0T |ν|2  , 21

Per ogni x, y ∈ R3 si ha che

|x ∧ y|2= |x|2|y|2− (x · y)2.

22

La seconda è implicata dal fatto che per ogni u0

A(u0)u0=  π(u0) 0  .

(46)

deduciamo S −T ν U − be3(Sνu) 2 = S −T

ν U − 2AT(Sνu)Λe3A(Sνu)Sνu

2 = = S −T ν 

U − 2SνTAT(Sνu)Λe3A(Sνu)Sνu

 2 = = 1 |ν|2 U − 2S T

νAT(Sνu)Λe3A(Sνu)Sνu

2 = = 1 |ν|2 U − 2A T(u) ˆRT νΛe3RˆνA(u)u 2 = = 1 |ν|2 U − 2|ν|4AT(u)Rˆ T ν |ν|2Λe3 ˆ Rν |ν|2A(u)u 2 = = 1 |ν|2 U − |ν| 4b ω(u) 2 , dove l’ultima uguaglianza segue da

ˆ RT ν |ν|2Λe3 ˆ Rν |ν|2 =  ΠT(Sν)eΛe3Π(Sν) 0 0T 0  = =  e ΛΠT(Sν)e 3 0 0T 0  =  e Λω 0 0T 0  = Λω,

che a sua volta deriva dalle relazioni:

per ogni x, y ∈ R3, R ∈ SO(3) R(x ∧ y) = Rx ∧ Ry, per ogni x ∈ R3 ΠT(Sν)eΛe3Π(Sν)x = Π

T(S

ν) e3∧ Π(Sν)x =

= ΠT(Sν)e3 ∧ x =ΛeΠT(S ν)e3x.

Possiamo allora concludere osservando che 1 |ν|2K S −T ν U , Sνu = = 1 8|ν|4 U − |ν|4bω(u) 2 −1 2|u| 2|ν|4|ω ∧ π(u)|2+ − µ |ν|2 − (1 − µ)|u| 2 1 |ν|2π(u) + e − 1 + |ν|2π(u) · e ! − |u|2Eµ= = KλR U ,e u,e con λ = |ν|2, R = Π(Sν).

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