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1. Tecnologia dell’incollaggio

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Academic year: 2021

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-1. Tecnologia dell’incollaggio

1.1 Introduzione

Gli adesivi, nonostante siano conosciuti da lunghissimo tempo (già i Babilonesi facevano uso di cementi bituminosi intorno al 4000 a.C. [1]), hanno iniziato a giocare un ruolo importante solo con lo sviluppo della moderna tecnologia. Essi vengono utilizzati estensivamente in campi quali, ad esempio, l’industria aeronautica, aerospaziale, meccanica e delle telecomunicazioni, svolgendo funzioni che vanno al di là del semplice collegamento di elementi, capaci, magari, di garantire la tenuta contro la fuoriuscita di liquidi e diventando un’importante mezzo di collegamento per impieghi strutturali [2,3].

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-1.2 Composizione degli adesivi

Normalmente il nome di un adesivo deriva dal suo costituente base. Tuttavia, le proprietà di un adesivo non dipendono soltanto dalle proprietà del componente di base, ma anche da tutti gli altri additivi utilizzati nella formula.

In generale, i principali ingredienti di un adesivo sono:

¾ costituente base; ¾ additivi;

¾ riempitivi/addensanti.

Il costituente base può essere una singola sostanza chimica, una miscela di diverse sostanze o modifiche chimiche di alcuni costituenti.

Gli additivi sono sostanze che modificano le caratteristiche fisiche e chimiche del monomero, dell’oligomero o del polimero di base dell’adesivo prima e dopo la sua polimerizzazione. Tra gli additivi più comuni ricordiamo i coloranti, gli antiossidanti, gli iniziatori, gli stabilizzanti, i plastificanti e gli agenti adesivanti.

I riempitivi e gli addensanti sono in generale sostanze impiegate per modificare la reologia dell’adesivo prima della polimerizzazione e/o le caratteristiche meccaniche dell’adesivo polimerizzato, benché sia anche possibile ricorrere a riempitivi inerti per ridurre i costi del prodotto finale.

1.3 Classificazione degli adesivi

Un gran numero di adesivi è attualmente in uso e non esiste un sistema univoco di classificazione.

L'industria degli adesivi nel corso del tempo ha in genere utilizzato delle classificazioni basate sull'utilizzo a cui essi erano stati destinati; a questo scopo si faceva una distinzione tra adesivi metallo-metallo, adesivi per il legno, per uso generale, per la carta e l'imballaggio, e così via. Oltre che in base all'utilizzo finale, un adesivo può essere classificato in base alle caratteristiche fisiche, alla composizione

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5 -chimica, al metodo di applicazione, alle modalità di polimerizzazione, all’adattabilità a particolari condizioni di lavoro. Le più comuni di queste classificazioni sono di seguito riportate.

Gli adesivi possono venire classificati in base al metodo di applicazione dell'adesivo stesso. Abbiamo pertanto gli adesivi sensibili alla pressione, quelli modellabili a caldo, altri attivati chimicamente, e così via.

Se la temperatura richiesta dall’adesivo per stabilire un legame è considerata una caratteristica fondamentale, è in base ad essa che gli adesivi possono essere classificati. Avremo una attivazione a freddo per temperature al di sotto dei 20°C, a temperatura ambiente tra i 20 e i 30°C, a temperatura intermedia tra i 30 e i 100°C e a caldo per temperature al di sopra dei 100°C ;

Infine, una classificazione che può rivestire grande importanza è quella che separa gli adesivi strutturali da quelli non strutturali. Questa classificazione è in parte arbitraria in quanto non esiste una specifica definizione di “strutturale”. Normalmente è definito adesivo strutturale quello che viene utilizzato dove i giunti o gli assemblati sono sottoposti ad elevate sollecitazioni. Gli adesivi non strutturali non possono sopportare carichi elevati e sono essenzialmente impiegati per fissare in una posizione i componenti di un assemblaggio o per realizzare un'adesione temporanea. Un carico sull'incollaggio che comporti una tensione nominale tangenziale superiore ai 10 N/mm2 a temperatura ambiente, può essere considerato convenzionalmente come un criterio per definire un adesivo strutturale [4].

Nonostante quanto sopra riportato, è di solito molto difficile classificare gli adesivi in base ad un unico parametro, in quanto alcuni costituenti possono soddisfare le proprietà di due categorie diverse, essendo magari ottenuti tramite miscelazione di costituenti appartenenti a differenti categorie. Uno schema riassuntivo generale potrebbe essere quello riportato nella tabella 1.1 di pagina seguente [1].

In genere la classificazione più utilizzata è quella che si basa sulla divisione degli adesivi nelle tre categorie:

¾ termoindurenti; ¾ termoplastici; ¾ elastomeri.

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6 -ORIGINE CARATTERISTCHE FISICHE CARATTERISTICHE CHIMICHE

Animali Albume, colla animale, caseina

Vegetali Resine naturali

Naturali

Minerali Materiali inorganici

Gomma naturale Elastomeri

Gomme sintetiche Derivati della cellulosa

Polimeri vinilici Poliesteri saturi Poliacrilati Poliesteri Termoplastici Polisolfuri Amnioplastici Epossidici Resine fenoliche Poliesteri insaturi Poliaromatici Sintetici Termoindurenti Furani

Tabella 1.1 - Classificazione degli adesivi in base alla loro origine e alle caratteristiche chimiche e fisiche del componente principale.

Le resine termoindurenti sono sostanze organiche sintetiche che possono essere convertite con una reazione chimica nella forma di un elemento solido insolubile, praticamente non fusibile.

Queste resine sono costituite da polimeri di alto peso molecolare che reagiscono per polimerizzazione allo scopo di formare sostanze dure, di solito rigide e con notevoli proprietà di resistenza. Una volta effettuata la reazione di polimerizzazione i sistemi termoindurenti non saranno più liquefatti dall'azione termica, ma seguiranno una reazione di deterioramento o di decomposizione quando il campo di temperatura supera il loro limite, rappresentato indicativamente dai 250°C.

Dal punto di vista meccanico gli adesivi termoindurenti forniscono buona resistenza al taglio e allo scorrimento viscoso, ma bassa resistenza alla pelatura, dove un carico di pelatura (o di “peeling”) è definito come il valore medio del carico, per unità di larghezza dalla linea di incollaggio, richiesto per separare, progressivamente, un membro flessibile da uno rigido o da un altro membro flessibile [28,29].

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7 -Le proprietà ora menzionate consentono l’utilizzo delle resine termoindurenti in applicazioni strutturali coinvolgenti giunti caricati tra parti metalliche o in legno.

Per quanto riguarda le resine termoplastiche, esse sono spesso usate negli incollaggi che coinvolgono metalli oppure plastiche, non si prestano ad essere usate per resistere a grandi valori di carico, specie se ad elevate temperature, si ammorbidiscono se vengono scaldate e raramente possono andare oltre i 90°C. In compenso la resistenza alla pelatura è discreta.

Una particolarità dei termoplastici è che spesso vengono usati in combinazione con i termoindurenti per ottenere adesivi di proprietà migliori.

Gli elastomeri infine, sono usati ampiamente per la modifica dei sistemi termoindurenti. Un vero elastomero è solitamente in grado di allungarsi due volte la sua lunghezza originale, senza subire una significativa diminuzione delle sue proprietà elastiche. Sono dotati quindi di alta resistenza alla pelatura e flessibilità, ma bassa resistenza al taglio e scadente resistenza allo scorrimento viscoso, o “creep”; la massima temperatura di esercizio è tra gli 80 e 100°C, mentre le gomme siliconiche arrivano ai 200°C.

Queste proprietà permettono l'uso degli elastomeri in giunti non caricati tra materiali leggeri e in giunti flessibili. La loro buona stabilità chimica permette di usarli anche come sigillanti.

1.4 L’incollaggio a livello microscopico

Un adesivo può definirsi una sostanza applicata tra le superfici di due materiali, identici o diversi, allo scopo di ottenere un giunto resistente alla separazione e, soprattutto, allo scorrimento [1,5].

Supponendo sufficientemente resistenti i substrati da unire tramite l’adesivo, l’efficacia del collegamento dipende da due fattori principali (figura 1.2):

¾ adesione, ovvero la resistenza di incollaggio dell'adesivo sul substrato; ¾ coesione, ovvero la resistenza interna dell'adesivo.

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-Figura 1.2 - Distinzione tra adesione e coesione.

1.4.1 Teoria dell’adesione

L’adesione è definita come la resistenza di incollaggio in corrispondenza dell’interfaccia di contatto tra due materiali.

Le forze fisiche di attrazione ed assorbimento, ovvero le forze di Van der Walls, rivestono la massima importanza nei processi di incollaggio e la loro intensità dipende dall’estensione della superficie di contatto tra adesivo e substrati da incollare.

Affinché le forze di Van der Walls siano sufficienti a garantire un assemblaggio stabile, l’adesivo deve penetrare perfettamente nelle rugosità, bagnando completamente l’intera superficie (figura 1.3).

La resistenza della forza adesiva dipende quindi sia dalla superficie effettivamente bagnata (contatto intermolecolare), sia dalla capacità adesiva della stessa.

Nonostante il fenomeno dell’adesione sia stato oggetto di approfondite ricerche negli ultimi decenni, non esiste ancora una teoria unificata che spieghi il fenomeno nel suo complesso, ma soltanto diversi modelli che descrivono casi specifici. In realtà nessuno di questi modelli sarebbe in grado di spiegare a fondo il fenomeno dell'adesione ed è pertanto necessario ricorrere ad una combinazione di diverse teorie.

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-Figura 1.3 - Esempi di diverse bagnature superficiali.

Poiché sull'interfaccia substrato/adesivo si possono osservare essenzialmente fenomeni fisici e chimici, le diverse teorie possono essere classificate come di seguito indicato:

¾ fenomeni fisici:

• modello di adesione meccanica; • teoria della diffusione;

• teoria elettrica. ¾ fenomeni chimici:

• teoria dell’assorbimento termodinamico

a) Bagnatura insufficiente

b) Bagnatura parziale

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10 -Secondo il modello di adesione meccanica, l'adesione avviene quando il polimero (adesivo) si fissa ai pori della superficie e ai punti rugosi del substrato (figura 1.4). La penetrazione dell'adesivo nella rugosità superficiale del substrato fa sì che la superficie in cui i due materiali sono effettivamente a contatto sia di parecchie centinaia di volte superiore alla superficie di contatto apparente.

Figura 1.4 - Modello di adesione meccanica.

La teoria della diffusione (figura 1.5) considera l'adesione come il risultato di una diffusione tra le molecole dei piani superficiali che conduce alla creazione di un'area di transizione tra l'adesivo e l'aderendo in cui si ha la formazione di lunghe catene di polimeri mutuamente solubili.

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11 -La teoria elettrostatica (figura 1.6) paragona il sistema adesivo/substrato ad un condensatore piatto in cui le piastre sono composte da un doppio strato elettrico che si forma quando due materiali di diversa natura entrano in contatto. La presenza di un doppio strato elettrico è fondamentale per spiegare il fenomeno dell'adesione, ma non può essere considerata un modello universale e si può applicare soltanto a determinati casi specifici.

Figura 1.6 - Teoria elettrostatica.

La teoria dell'assorbimento termodinamico, o della bagnatura superficiale, permette di definire il comportamento di molti dei giunti incollati che normalmente si creano. Le forze fisiche considerate sono dello stesso tipo di quelle coinvolte nell'assorbimento dei gas sui solidi. Queste forze sono anche definite come “forze di bagnatura” in quanto, quando si crea un giunto incollato, l'adesivo subisce il processo di bagnatura passando attraverso una fase di contatto tra il liquido e il solido. Una buona bagnatura è indispensabile per ottenere una sufficiente resistenza del giunto.

Le forze che danno consistenza all’incollaggio derivano da:

¾ legami primari (figura 1.7a): • legami ionici;

• legami covalenti. ¾ legami secondari (figura 1.7b):

• forze di Van der Walls; • ponti di idrogeno.

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12 -1.4.2 Coesione

La coesione è la forza prevalente tra le molecole interne di un adesivo che tiene insieme il materiale. Queste forze comprendono:

¾ forze intermolecolari di attrazione (forze di Van der Waals); ¾ legami tra le molecole dei polimeri.

Considerando la regola secondo la quale una catena è forte quanto lo è il più debole dei suoi anelli, le forze di adesione e coesione in un giunto adesivo dovrebbero essere all'incirca uguali.

1.5 Vantaggi e svantaggi degli adesivi

E' importante notare che ogni tipo di adesivo presenta un determinato campo di applicazione, che dipende dalle sue proprietà meccaniche e chimiche sia prima sia

Figura 1.7a - Teoria dell'assorbimento (legami primari).

Figura 1.7b - Teoria dell'assorbimento (legami secondari).

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13 -dopo l'indurimento, e può quindi presentare opportuni vantaggi o svantaggi rispetto ad un differente tipo di adesivo. Ad esempio, un adesivo poliuretanico è ideale per incollare i finestrini alla carrozzeria di un veicolo. La sua resistenza adesiva è notevolmente inferiore a quella delle resine epossidiche, ma grazie alla sua elasticità l'adesivo poliuretanico è in grado adattarsi alle deformazioni a cui le strutture possono essere sottoposte. In queste condizioni, un adesivo epossidico è troppo rigido per sopportare la deformazione a cui sarà soggetto in esercizio. Un altro esempio può essere costituito dai nastri adesivi che non distruggono i substrati se vengono rimossi e che rimangono intatti per tutto il tempo desiderato. Sarebbe assurdo, in questi casi, utilizzare adesivi ad alte prestazioni che rischiano di danneggiare i substrati quando si separano i pezzi.

In generale, indipendentemente dal tipo di adesivo, tra i principali vantaggi legati all’utilizzo di giunzioni incollate, ricordiamo:

¾ possibilità di realizzare giunti sigillati, ovvero che consentono la tenuta contro le perdite;

¾ garantire una distribuzione delle sollecitazioni più uniforme rispetto a tecniche di giunzione alternative, eliminando ad esempio i punti di sollecitazione nei fori, filettati e non, e sui punti di chiodatura (figura 1.8);

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14 -¾ possibilità di utilizzare materiali meno resistenti e più leggeri grazie alla

migliore distribuzione delle sollecitazioni;

¾ assenza di deformazione dei substrati in seguito all’applicazione delle forze di serraggio;

¾ possibilità di assemblare substrati di materiali, pesi e dimensioni diversi; ¾ riduzione di peso rispetto a tecniche di giunzione alternative;

¾ garantire l’isolamento, prevenendo fenomeni quali la corrosione galvanica bimetallica, l'erosione dovuta all'attrito e la corrosione da sfregamento;

¾ riduzione del numero di componenti quali, ad esempio, viti, perni, chiodi, e conseguente riduzione delle spese di magazzino e d'inventario;

¾ miglioramento dell'estetica dei prodotti;

¾ possibilità di realizzare assiemi combinati, ovvero di realizzare giunti (detti “ibridi”) mediante la sovrapposizione dell’incollaggio e di un metodo di assemblaggio meccanico.

D’altro lato le principali limitazioni legate all’uso dell’incollaggio sono:

¾ difficoltà legate allo smontaggio del giunto;

¾ difficoltà del processo, dovuta alla necessità di una opportuna preparazione della superficie, alla preparazione e la stesura dell'adesivo e al controllo delle condizioni di temperatura e di umidità;

¾ ritardi di produzione dovuti ai tempi elevati necessari per la polimerizzazione; ¾ difficoltà di controllo della qualità tramite una tecnica non distruttiva;

¾ resistenza termica limitata, usualmente compresa tra i –55°C e i 250 ÷ 300°C; ¾ possibile deterioramento dell'adesivo a causa degli agenti atmosferici, della

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15 -Riguardo l’ultimo elemento della precedente lista, come vedremo nel seguito del capitolo, particolare importanza assume la temperatura cui il giunto incollato sarà sottoposto, essendo questa direttamente responsabile del fenomeno dello scorrimento viscoso.

1.6 Progetto di un giunto incollato

La progettazione del giunto, così come la scelta dell’adesivo, dovrà essere effettuata in modo da evitare il sovradimensionamento del giunto stesso, poiché ciò, oltre ad un aumento dei costi, raramente comporta un miglioramento delle prestazioni.

Elemento fondamentale per la progettazione di un giunto incollato è la definizione delle reali sollecitazioni a cui esso sarà sottoposto. A tal fine osserviamo che, come illustrato nelle figure 1.9 ÷ 1.12, i giunti incollati possono essere soggetti a carichi di taglio, trazione/compressione, pelatura e spaccatura.

Un carico di taglio (figura 1.9) impone un andamento delle tensioni ben distribuito sull’area del legame, fatta eccezione per i picchi presenti alle estremità. Questo comporta un buon sfruttamento dell'area di incollaggio, garantendo la realizzazione di un giunto economico e anche resistente alla rottura. Ne consegue che, quando sia possibile, i giunti dovrebbero essere realizzati in modo che la maggior parte del carico sia trasmesso come carico di taglio.

Figura 1.9 - Carico di taglio.

Nel caso di carichi di trazione/compressione (figura 1.10) la resistenza del giunto è comparabile a quella che si avrebbe se il giunto stesso fosse soggetto ad un carico di

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16 -taglio. Anche in questo caso la forza è ben distribuita sull’area del giunto, ma non è sempre possibile garantire che questa sia l’unica sollecitazione presente. Se infatti il carico applicato è distorto, i benefici della sollecitazione ben distribuita vengono persi e il giunto rischia maggiormente di rompersi. E’ anche importante che gli aderendi siano sottili e non sottoposti ad apprezzabili deflessioni sotto il carico. Se così non è la sollecitazione tende sempre più a diventare non uniforme.

Figura 1.10 - Carico di trazione.

Il carico di spaccatura (o “cleavage”) è solitamente il risultato di una forza disassata di trazione oppure di un momento. A differenza dei precedenti casi la sollecitazione non è uniformemente distribuita, ma è concentrata ad un’estremità del giunto. Un giunto di questo tipo richiede un’ampia area di incollaggio per compensare la concentrazione delle tensioni dovuta al tipo di giunzione; questo aspetto rende non economica la sua realizzazione.

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17 -Nel caso di carichi di pelatura (o “peeling”) è necessario che almeno uno dei due aderendi sia flessibile. L’effetto della pelatura è quello di introdurre un carico molto alto sulla linea di confine del giunto; anche se il giunto è ampio o il carico piccolo la rottura può avvenire comunque. Questa forma di carico dovrebbe essere evitata quando è possibile.

Figura 1.12 - Carico di pelatura.

In generale possiamo dire che il fine che un progettista deve porsi è quello di garantire una distribuzione il più uniforme possibile delle sollecitazioni. A tale scopo tre sono le linee guida che devono essere prese in considerazione:

¾ limitare il più possibile le sollecitazioni di pelatura e di spaccatura trasmettendo la maggior parte del carico sotto forma di sollecitazione di taglio;

¾ evitare geometrie che provochino forti concentrazioni delle tensioni in aree ristrette o nelle zone marginali;

¾ ampliare il più possibile l’area di incollaggio.

Inoltre, nel caso di giunti sovrapposti, sarà buona regola:

¾ evitare forze con azione eccentrica: queste causano infatti la comparsa di un momento flettente, che genera sollecitazioni di trazione principalmente in prossimità delle estremità dell’incollaggio;

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18 -¾ aumentare la larghezza del giunto: ciò non comporta variazioni della

distribuzione dello sforzo di taglio, bensì un aumento del carico di rottura; a parità di sforzo di taglio infatti il carico di rottura di giunti sovrapposti aumenta proporzionalmente all’aumentare della sua larghezza;

¾ aumentare lo spessore della linea di incollaggio: linee di incollaggio di maggiore spessore rendono il giunto più idoneo a sopportare lo sforzo di taglio, che viene distribuito su una dimensione più ampia dando luogo ad una sollecitazione unitaria minore sull’adesivo e quindi ad una minore concentrazione di sollecitazioni;

¾ ottimizzare la sovrapposizione del giunto: ciò non significa semplicemente aumentare il più possibile la sua lunghezza, perché il carico di rottura non aumenta proporzionalmente alla lunghezza del giunto o della zona incollata. Se osserviamo una generica curva relativa alla distribuzione dello sforzo di taglio in un generico giunto sovrapposto sollecitato a taglio, quale quella di seguito riportata,

Figura 1.13 - Distribuzione dello sforzo di taglio in un generico giunto sovrapposto.

τ

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19 -si nota che le estremità dell’incollaggio sopportano una sollecitazione molto maggiore rispetto alla parte centrale. Quindi, in conseguenza del fatto che il giunto inizia a cedere nel punto di massima sollecitazione, se si aumenta la lunghezza di sovrapposizione la variazione del carico di taglio potrebbe essere minima o addirittura scarsamente significativa; essa tende infatti asintoticamente in forma parabolica ad un determinato valore come di seguito illustrato [44,45]:

Figura 1.14 - Andamento del carico di rottura in funzione della lunghezza di sovrapposizione.

¾ aumentare lo spessore degli aderendi: così come già visto per una variazione della larghezza del giunto, un aumento dello spessore degli aderendi non comporta variazioni della distribuzione dello sforzo di taglio, quanto piuttosto un aumento del carico di rottura [46]:

Figura 1.15 - Variazione del carico di rottura in funzione dello spessore degli aderendi.

τ

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-1.7 Analisi delle tensioni in campo elasto-plastico

Numerose sono le teorie che nel corso degli anni sono state proposte allo scopo di predire l’andamento delle tensioni in un giunto incollato sottoposto a carichi inferiori o superiori a quello che produce lo snervamento del materiale. Tra esse ricordiamo sicuramente le teorie dovute a:

¾ Volkersen [47]

¾ M. Goland e E. Reissner [48] ¾ I.U.Ojalvo e H.L. Eidinoff [49] ¾ L.J. Hart-Smith [50÷52] ¾ R.D. Adams e W.C. Wake [3].

Tali teorie presentano tuttavia il grosso inconveniente di non essere generalmente valide, ma applicabili solo ad una determinata tipologia di provini, ovvero a provini soggetti soltanto ad un preciso tipo di carico.

Tale indeterminazione è stata superata da D.A. Bigwood e A.D. Crocombe, che hanno appunto realizzato una teoria del tutto generale, valida indipendentemente dal tipo di carico cui la giunzione incollata è soggetta [53÷56].

Per raggiungere tale obiettivo essi hanno schematizzato la regione aderendo-adesivo come un sandwich soggetto ad una sollecitazione generica, comprendente una sollecitazione di trazione, una di taglio ed un momento flettente:

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21 -La precedente schematizzazione sarà ritenuta valida sia che l’adesivo operi in campo elastico che in quello plastico.

Il sistema di riferimento prevede la coordinata x longitudinale, la y attraverso lo spessore e la z lungo la lunghezza.

Nel caso elastico generale le equazioni ottenute sono state ricavate facendo riferimento ad un elemento di lunghezza unitaria, supponendo gli aderendi in uno stato piano di sollecitazione nel piano x-z (tensioni normali attraverso lo spessore trascurabili) e assumendo infine che le deformazioni al di fuori del piano degli aderendi siano trascurabili se comparate a quelle dell’adesivo.

I risultati a cui D.A. Bigwood e A.D. Crocombe sono giunti possono essere riassunti nelle seguenti espressioni,

¾ taglio: xy xy K y dx d K dx d σ τ τ 2 1 3 3 − = − ¾ direzione trasversale: dx d K K dx d xy y y σ τ σ 4 3 4 4 = +

le cui soluzioni sono ottenibili in forma chiusa e saranno del tipo:

( )

( )

( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

1 2 6

( ) ( )

1 2 7 5 2 1 4 2 1 3 1 2 1 1 sin sinh cos sinh sin cosh cos cosh cosh C x n x n C x n x n C x n x n C x n x n C x m senh C x m C xy + + + + + + = τ

( )

( )

( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

n x n x D

( ) ( )

n x n x D x n x n D x n x n D x m senh D x m D y 2 1 6 2 1 5 2 1 4 2 1 3 1 2 1 1 sin sinh cos sinh sin cosh cos cosh cosh + + + + + = σ

Le costanti C1÷C e 7 D1÷D devono essere ricavate imponendo opportune condizioni 7 al contorno, mentre i valori di n1,n2,m1 sono ottenuti come indicato in [53].

Nel caso in cui, all’aumentare dei carichi applicati, il comportamento dell’adesivo non risulti più lineare, pur rimanendo tale quello degli aderendi, le precedenti relazioni perdono di significato.

Supponendo che i due aderendi funzionino in uno stato piano di deformazione, che si possano ritenere trascurabili le tensioni normali nella direzione della coordinata x e che, assumendo anche l’adesivo in uno stato piano di deformazione nel piano x-y, le

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22 -deformazioni dovute al taglio nella direzione z siano nulle, D.A. Bigwood e A.D. Crocombe, nel caso generale di un’analisi non lineare e facendo riferimento ad un elemento di lunghezza unitaria, sono giunti a definire il seguente sistema di 6 equazioni differenziali non lineari del primo ordine la cui risoluzione fornisce lo stato di tensione e deformazione nell’adesivo:

¾

(

)

p xy s x E dx dT µ γ + ⋅ = 1 2 1 ¾ 1

(

2

)

1 p y s x E dx dV µ ε + ⋅ = ¾

(

(

)

)

p xy s x x V h t E dx dM µ γ + ⋅ ⋅ + − = 1 4 1 1 ¾

{

(

)

(

)

}

⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ − ⋅ − − − ⋅ + + + = 1 1 2 ' 1 1 1 2 1 2 1 1 D M D h T T M x V V M M t dx dK x x x ¾

(

)

(

)

(

)

(

)

(

)

(

)

(

)(

)

⎪ ⎪ ⎭ ⎪ ⎪ ⎬ ⎫ ⎪ ⎪ ⎩ ⎪ ⎪ ⎨ ⎧ ⋅ + + − − + − ⋅ + − − + ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⋅ − ⋅ − − ⋅ + ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ + − ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ = 2 ' 1 2 1 2 2 2 1 2 2 1 2 2 2 1 1 2 1 2 2 2 2 2 1 2 2 2 1 1 2 2 1 2 2 61 61 1 1 6 1 6 1 1 h h T M M T T h x V V h E h E h M h h h E h E T t h E dx d x x xy µ µ µ µ µ γ ¾ K dx d x = ε dove: ¾

(

)

2 2 1 ' t h h h = + +

¾ tutte le altre quantità definite come in [54].

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23

-1.8 Modi di rottura di un giunto incollato

Un giunto incollato può di fatto rompersi in uno dei tre modi illustrati in figura 1.17, ovvero per:

¾ separazione della coesione: si ha rottura dell'adesivo a causa della sua scarsa resistenza interna;

¾ separazione dell'adesione interfaccia substrato/adesivo: si ha il distacco in corrispondenza della zona di contatto tra l’adesivo e il substrato a causa della scarsa resistenza di incollaggio dell’adesivo sul substrato;

¾ rottura del substrato: avviene quando, invece del giunto incollato o dell'interfaccia substrato/adesivo, si “strappa” una porzione di substrato.

Figura 1.17 - Modi di rottura di un generico giunto incollato sollecitato a distacco.

Un giunto incollato è concepito con l'intento di eliminare la possibilità di rottura dell'adesione ovvero di impedire la separazione del giunto in corrispondenza dell'interfaccia tra substrato e adesivo.

I modi di rottura degli adesivi sono comunque difficili da prevedere poiché l'intensità della resistenza di adesione dipende da svariati fattori che raramente si possono controllare in modo completo. E’ possibile tuttavia verificare le caratteristiche

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24 -meccaniche dell'adesivo e, di conseguenza, prevedere in maniera più precisa i carichi di rottura coesiva a seguito dell'applicazione di diversi tipi di forze.

Particolare menzione meritano i fenomeni legati allo scorrimento viscoso, o “creep”, cui risultano soggetti gli elementi destinati a subire per lunghi periodi di tempo l’azione di carichi esterni quasi statici [40]. Più in particolare il creep è definito “come l’elongazione, o allungamento a taglio, di un giunto incollato sottoposto a carichi di trazione costanti per un determinato periodo di tempo” [44]. Tali carichi nel corso del tempo potrebbero, infatti, andare a modificare sensibilmente le capacità di resistenza del giunto incollato.

I fattori che maggiormente influenzano sia l’intensità dello scorrimento viscoso che la velocità alla quale la deformazione si propaga sono la temperatura cui il giunto incollato è sottoposto e l’entità della sollecitazione applicata. Mentre all’aumentare di quest’ultima si ha un corrispondente aumento del creep e dei suoi effetti, una corrispondenza lineare del tipo precedente non si ha rispetto alla temperatura, come evidenziato, ad esempio, anche dagli studi svolti da D. Plausinis e J.K. Spelt [41,42], di cui riportiamo in figura 1.18 l’andamento nel tempo della cedevolezza dovuta al creep per le diverse temperature studiate,

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25 -e da J.A.M. F-err-eira -et al. [43], di cui si riportano in figura 1.19 l-e curv-e ch-e esprimono l’andamento della deformazione in funzione del tempo di creep.

Figura 1.19 - Deformazione rispetto al tempo di creep.

1.9 Giunti “ibridi”

Con l’aggettivo “ibrido”, nel contesto in esame, si intendono tutti quei giunti in cui l’unione delle parti viene realizzata tramite la sovrapposizione all’incollaggio di una tecnica di assemblaggio meccanico (solitamente saldatura per punti o rivettatura). La ragione di siffatte giunzioni è quella di rendere più uniforme la distribuzione delle tensioni e quindi più robusta la giunzione stessa.

Nel caso dell’utilizzo congiunto di incollaggio e saldatura per punti la giunzione risultante viene detta “welbonded”. La prima indagine di questo tipo di collegamento è dovuta a Schwartz [32], il quale ne evidenziò i benefici, relativamente ad applicazioni aeronautiche, rispetto a metodi di unione alternativi, tralasciando tuttavia lo sviluppo di una adeguata indagine teorica e sperimentale. Studi più recenti, quali quelli svolti da Charbonnet et al. [33] e da Darwish et al. [34÷38] solo per citarne alcuni, hanno coperto le lacune sopra menzionate.

Charbonnet et al., utilizzando tre tipi di acciai e un’unica resina epossidica, hanno dimostrato sperimentalmente che le parti saldate per punti e contemporaneamente

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26 -incollate hanno un comportamento a rottura simile a quello di un giunto soltanto incollato, e una maggiore capacità di resistere ai carichi applicati rispetto alle corrispondenti unioni saldate per punti.

Darwish et al., facendo riferimento a provini a singola sovrapposizione, hanno implementato un’analisi FEM (utilizzando il programma Calsef FE) che permettesse loro di analizzare la distribuzione delle tensioni nella zona di sovrapposizione delle lamiere da unire, sia per giunzioni soltanto incollate, sia soltanto saldate, che saldate e incollate contemporaneamente.

Indicando con x la direzione assiale del provino, essendo pari a 25 mm la lunghezza della zona di sovrapposizione e a 6mm il diametro del punto di saldatura, i risultati che Darwish et al. hanno ottenuto, ad esempio per la componente normale σx della tensione, sono di seguito riportati [36]:

Figura 1.20 - Distribuzione della tensione normale σx per unioni incollate, saldate per punti e

weldbonded.

Dalla figura precedente si può osservare come le tensioni normali in direzione dell’asse x siano concentrate alle estremità del punto di saldatura sia nel caso delle unioni saldate per punti che di quelle weldbonded. Queste ultime, sebbene presentino una concentrazione di tensioni mediamente del 480% maggiore rispetto a quella che si avrebbe nel caso di una giunzione soltanto incollata, presentano rispetto alle unioni

(25)

27 -saldate per punti una concentrazione di tensioni notevolmente inferiore, stimabile mediamente intorno al 160% rispetto alla tensione nominale.

Poiché le altre componenti della tensione, che qui per brevità non riportiamo, presentano un andamento simile a quello appena descritto e relativo alla σx, si può affermare che una giunzione weldbonded permette di ottenere una più uniforme distribuzione delle tensioni e, quindi, una maggiore capacità di resistere ai carichi applicati.

Ovviamente numerosi sono i fattori che concorrono ad apportare significative variazioni alla distribuzione delle tensioni e alla capacità di resistere di un giunto saldato per punti e incollato.

La distribuzione delle tensioni può ad esempio variare in funzione dello spessore dello strato di adesivo interposto tra le parti da saldare [38,39] o in funzione dello spessore degli elementi stessi da unire[35,37].

Un fattore molto importante che invece può causare considerevoli variazioni della capacità di resistere di un giunto è la temperatura operativa del giunto stesso. Un lavoro particolarmente interessante riguardo questo aspetto è quello svolto da A. Melander et al. [39]. Utilizzando provini del tipo H-beam soggetti a un carico di pelatura, essi hanno determinato sperimentalmente la capacità di resistenza del giunto per valori di temperatura pari a quella ambiente e in due condizioni estreme, ovvero in corrispondenza di una temperatura di -20° C (condizioni artiche) e di una temperatura di 50° C con il 90% di umidità (condizioni tropicali).

Sottoponendo i provini a carichi di fatica i risultati a cui A. Melander et al. sono arrivati possono essere così riassunti:

¾ a temperatura ambiente le unioni weldbonded mostrano una resistenza a fatica 2÷3 volte maggiore di quella di una corrispondente saldatura per punti;

¾ la resistenza a fatica dei provini testati in condizioni artiche è superiore del 50% di quella dei provini testati in condizioni tropicali, mentre i valori di resistenza relativi ai provini testati a temperatura ambiente hanno un valore intermedio tra i due precedenti.

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