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studio e sviluppo di un sistema impiantabile di monitoraggio pressorio con trasferimento wireless dei dati

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

I sistemi di assistenza cardiaca

1.1 Il cuore artificiale

I dispositivi di assistenza cardiaca si pongono come obiettivo quello di rimpiazzare o assistere un ventricolo non fisiologicamente sano. Se usato come totale rimpiazzo del muscolo cardiaco, il dispositivo è chiamato Total Artificial Heart (TAH); se lo scopo è invece quello di aumentare il funzionamento, compromesso in intensità, durata o qualità, di un ventricolo si parla allora di Ventricular Assistive Device (VAD). Generalmente questi dispositivi sono visti come dei ponti impiantati in pazienti in attesa di un trapianto, anche se, ultimamente, la tendenza è di mettere a punto prototipi di assistenza permanente (data la scarsa presenza di donatori e le complicazioni connesse ai trapianti). In ogni caso, la funzione auspicata, è quella di pompare sangue a una velocità che sia compatibile con le richieste del sistema circolatorio del soggetto senza danneggiare la parte figurata del sangue (globuli rossi, leucociti e piastrine) o altri organi.

1.2 TAH

Il Total Artificial Heart (fig.1.1) consiste di due pompe: una prende la funzione del ventricolo sinistro nel perfondere la circolazione sistemica, l’altra invece, si fa carico, come il ventricolo destro, di perfondere i polmoni per l’ossigenazione del sangue

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Figura 1: Total Artificial Heart

I principali vantaggi connessi nell’uso di un TAH consistono nel permettere una simultanea assistenza di entrambi i ventricoli e l’adeguatezza per pazienti con patologie quali, aritmie ventricolari, insufficienza aortica, eventi trombotici al ventricolo sinistro, aneurismi calcificati al ventricolo sinistro, menomazioni biventricolari. Ma ancora, il TAH si rivela utile in pazienti non considerati candidabili per trapianti a causa di patologie sistemiche quali tumori cardiaci, amiloidosi, rigetti di passati trapianti, ed altre gravi forme. Attualmente [1] esistono due TAH in uso: Cardiowest ( Syncardia Systems, Inc) e Abiocor (Abiomed,Inc).

1.2.1 Cardiowest

Consiste in un paio di ventricoli in poliuretano a guida pneumatica. Ciascun ventricolo presenta un sacco per il sangue e uno per l’aria mentre tra questi è presente un diaframma a quattro strati in poliuretano; quando l’aria entra nell’air sac, il diaframma, si espande ed esercita una forza contro il blood sac simulando la sistole, mentre quando l’aria fuoriesce, il rilassamento del diaframma permette il riempimento del blood sac simulando così la diastole. L’aria compressa è fornita da una console esterna per mezzo di due porte intratoraciche, una per ciascun ventricolo; la stessa console, consente di regolare la velocità, la durata sistolica e la pressione assicurando un’uscita cardiaca massima di 9 l/min. Sono disponibili anche drivers portatili.

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1.2.2 Abiocor:

Al pari di Cardiowest, anche Abiocor (fig.2) è un dispositivo pulsatile. La principale differenza, riguarda il sistema di attuazione che in questo caso non è pneumatico ma elettroidraulico: un sistema fluidico controllato elettronicamente permette il trasferimento di un fluido in avanti e indietro per guidare un albero contro i ventricoli, favorendo così riempimento e svuotamento ciclico degli stessi. L’uscita cardiaca può raggiungere gli 8 l/min con uno stroke volume (quantità di sangue espulsa dal ventricolo in un battito) di 60 ml. La sorgente di energia, consiste in un sistema di trasmissione transcutanea basato su un avvolgimento primario inserito sotto pelle, ed uno secondario esterno. Quest’ultimo riceve energia da una console esterna o da una batteria nella versione portatile del dispositivo.

Figura 2: Cardiowest (a sinistra), Abiocor (a destra)

1.3 VAD

Come detto in precedenza, dove non sia necessaria l’assistenza o il rimpiazzo di entrambi i ventricoli, è previsto il ricorso a dispositivi di assistenza di singoli ventricoli definiti VADs. Tra questi, si deve fare una distinzione tra RVAD (rigth VAD) e LVAD (left VAD) a seconda che ad essere assistito sia il ventricolo destro o sinistro. Attualmente, circa trenta differenti VADs sono in uso o in fase preclinica e la maggior parte di questi consiste in dispositivi per attesa di ricovero o trapianto [1]; esempi in questo senso sono dati da: Abiomed (supporto breve termine), Thoratec nella versione intracorporea e paracorporea, Novacor LVAD, Heartmate LVAD (fig.3).

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Figura 3: Heartmate LVAD

Lo scopo rimane quello di pompare sangue a velocità compatibili con le richieste fisiologiche del soggetto senza però sostituire completamente il ventricolo che richiede assistenza. Considerando le alte pressioni in gioco nel ventricolo sinistro, è intuitivo pensare che la grande maggioranza di sistemi di assistenza ventricolare venga, di fatto, a coincidere con LVADs. Questi ultimi possono configurarsi come apico-aortici o atrio-aortici a seconda che si interpongano tra la fine dell’atrio e l’aorta o tra questa e l’apice del ventricolo. Di seguito (fig.4) è mostrato lo schema idraulico [2] in cui si inserisce un generico LVAD.

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Figura 4: schema idraulico VAD

1.4 Le pompe rotanti

Le pompe ad attuazione pneumatica o idraulica descritte sopra, e implementate nei primi dispositivi di assistenza cardiaca, presentano una serie di aspetti negativi tra cui: l’ingombro, la necessità di energia pneumatica e console di controllo esterna e la formazione per fatica di cricche sulla parete del diaframma con conseguente nascita di siti ad hoc per formazione di capsule fibrose e trombi. Tutte queste evidenze sperimentali, che rendono l’uso di questi dispositivi limitato nel tempo e poco affidabile, hanno portato allo sviluppo di pompe rotanti sia centrifughe, che a flusso assiale. Le centrifughe, si articolano in un corpo costituito da bocca di aspirazione, girante, scudo di chiusura della parte idraulica, cassa di chiusura rispetto all’esterno, e sistema di sostentamento a cuscinetti dell’albero motorizzato. Nelle pompe assiali, il movimento del fluido è assicurato da un’elica intubata che lo spinge proprio come fanno quelle marine; sono di solito configurate poi come delle curve per permettere il passaggio dell’albero. I vantaggi tecnici principali associati alle pompe rotanti per applicazioni cardiache sono:

 Basso consumo energetico

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 Progettazione tale da assicurare traiettorie per il sangue che non siano fonte di danneggiamento o ristagno

 Controllo del flusso tale da garantire pressioni e flussi compatibili con i livelli di attività fisiologica dell’organismo

 Impiego di materiali ad alto grado di emocompatibilità al fine di evitare formazione di trombi o capsule fibrose

Sulla base dell’elenco appena sopra esposto, risulta evidente che il modo più ovvio ed intuitivo di sostenere l’albero dell’impeller (ventola) nelle pompe rotanti (fig.5), non soddisfa le aspettative. Infatti, l’uso di cuscinetti per il sostentamento dell’albero motorizzato, richiede che gli stessi siano lubrificati per ridurre la frizione e quindi isolati dal contatto con il sangue (per il quale il lubrificante sarebbe velenoso) oppure, nel caso in cui si decida di non lubrificarli e isolarli, saranno loro a subire danno meccanico per l’ambiente aggressivo, con conseguenti aspetti nefasti.

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7 Un’alternativa a questo inconveniente, consiste nel supportare la ventola in un campo magnetico sfruttando cuscinetti magnetici. Attraverso la levitazione magnetica, questi cuscinetti permettono il sostentamento ed il movimento dell’albero in assenza completa di contatto meccanico; la difficoltà, spesso associata all’assemblaggio di magneti permanenti in questi cuscinetti, costringe al loro uso in modalità attiva (active magnetic bearing); gli elementi base, che definiscono il sistema nel complesso, sono un assemblaggio di elettromagneti, un set di amplificatori con il ruolo di fornire corrente agli elettromagneti, un’unità di controllo e un sistema di sensori di posizione del rotore (coincidente con l’impeller) collegati all’unità di controllo (fig. 6).

Figura 6: schema concettuale dell’impeller a levitazione magnetica

Il controllore, per mezzo dei power amplifiers, fa sì che ad elettromagneti opposti arrivino correnti uguali e questo impone, per induzione magnetica, la formazione sugli stessi di uguali polarità, con conseguente generazione di un campo di forze sul rotore tale da tenerlo in posizione centrale. I sensori di posizione informano in tempo reale l’unità di controllo circa la posizione del rotore; nel caso quest’ultimo risulti allontanato dal centro, il riallineamento è permesso inviando agli elettromagneti opposti opportune correnti non identiche. In conformità a questo scenario dunque, al fine di permettere all’impeller di mantenersi in posizione centrale, è possibile [2] mettere a punto opportuni array di elettromagneti (alimentati da correnti preprogrammate) che evitino traslazione radiale, assiale e momenti intorno agli assi x e y; affinché invece, la ventola ruoti solo intorno

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8 all’asse di rivoluzione (asse z) (fig.7) è sufficiente l’introduzione di un motore. Quest’ultimo può consistere in un array di magneti permanenti inseriti nella faccia dell’impeller che sta sulle z negative e uno statore trifase implementato in un piano adiacente a questo nel casing della pompa.

Figura 7: impeller con assi coordinati

1.5 Sensori e controllo

In un cuore sano, a seconda dell’attività compiuta dal soggetto e quindi, del livello di ossigenazione di cui i tessuti necessitano, un complesso sistema di regolazione imposta l’opportuno volume di sangue che deve essere eiettato in un battito e lo specifico flow rate. Se per esempio il soggetto è impegnato in una faticoso esercizio fisico, che richiede un alto tasso di scambio di ossigeno si verificherà un aumento dei battiti per minuto, un incremento del volume eiettato in un battito grazie all’aumento della forza di contrazione ventricolare (in accordo alla legge di Frank-Starling), e una seguente diminuzione della resistenza arterovenosa per accomodare l’innalzamento. In base a queste evidenze fisiologiche, affinché un sistema di assistenza cardiaca artificiale, sia effettivamente utile è indispensabile che lo stesso non si limiti a pompare sangue in modo efficiente e non distruttivo, ma sia anche in grado di impostare un opportuno flow rate secondo le richieste del paziente. Nell’ambito del controllo fisiologico che un VAD o un TAH deve implementare è implicitamente indispensabile che siano garantiti dei criteri [3] tra cui:

1. Normale flusso

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9 3. Evitare congestione polmonare

4. Evitare suzione ventricolo sinistro

Il punto tre implica che la pressione dell’atrio sinistro rimanga sotto un valore limite, mentre il quattro richiede che la pressione di fine diastole del ventricolo sinistro resti sopra una soglia precisa. Oltre a questi criteri d’importanza fondamentale, ve ne sono altri tra cui: mantenimento di flusso positivo della pompa evitando così rigurgito del sangue (se non entro limiti accettabili), robustezza a lungo termine dell’intero sistema.

Nel controllo fisiologico [3] (assicurare un flusso conforme alle richieste) dei VADs, si può ricorrere all’uso di due grandi famiglie di sensori: i sensori fisiologici e quelli ingegnerizzati.

1.5.1 Sensori fisiologici impiantabili

I sensori fisiologici impiantabili, sono strumenti di misura inseriti all’interno del corpo per la rilevazione diretta di variabili cardiovascolari e non solo; le grandezze misurate, risultano essere necessarie in ambiti che possono spaziare da quello diagnostico-preventivo al controllo di dispositivi tra cui VADs. Proprio per quest’ultima applicazione, i sensori di maggiore importanza sono quelli di pressione, di fltow rate, di saturazione di ossigeno e di attività elettrica cardiaca. Molti algoritmi di controllo dell’output della pompa, soprattutto per LVADs, si basano sul monitoraggio della pressione ventricolare sinistra o atriale destra (fig.8) realizzato mediante l’inserzione di sensori pressori.

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10 Questi ultimi consistono solitamente in cateteri, opportunamente rivestiti, con in punta zone sensibili attive, generalmente piezoresistive (fig.9) ma non solo.

Figura9: Mikro-Tip® Pressure Transducer Catheter

Tra i sensori di flusso invece, quelli di fatto implementati in VADs consistono nei flowmeter ultrasonici; di fatto preferiti per via dell’assenza di contatto con il sangue (vengono, infatti, montati sulla cannula di uscita del VAD). Il principio di funzionamento, prevede che onde ultrasoniche siano emesse tramite cristalli piezoelettrici da una parete della cannula verso la parete opposta da cui vengono in parte riflesse. Se c’è un fluido in movimento, questo costringerà l’onda riflessa a seguire un percorso differente rispetto all’andata per tornare al ricevitore; il tempo di percorrenza registrato è connesso alla velocità del fluido (fig.10).

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11 I sensori a saturazione di ossigeno invece, misurano, come detto in dettaglio nell’esempio tre a seguire, il livello di ossigeno nel ventricolo destro risalendo poi con opportuni algoritmi alla stima dell’output cardiaco. Da un punto di vista fisico, consistono in cateteri con montati in zona distale LEDs e fotodetectors. I sensori infine, per il rilevamento dell’ECG cardiaco sono più propriamente definiti ILR (Implantable Loop Recorder); questi ultimi, utilizzati largamente in ambito diagnostico per il monitoraggio delle aritmie, si dimostrano molto più performanti dei convenzionali sistemi di rilevazione elettrica (Holter, ECG etc..) grazie all’uso di elettrodi interni che assicurano una qualità, in termini di risoluzione spazio-temporale, del segnale superiore. Reveal (Medtronic, Minneapolis, Mn) (fig.11) è un tipico ILR in grado di sentire e registrare sequenziali complessi QRS e, processando le serie derivate degli intervalli R-R, identificare irregolarità nel ritmo cardiaco.

Figura 11: Reveal DX (Medtronic, Minneapolis)

Nel momento in cui si verifica un episodio di aritmia, avvertito dal paziente, lo stesso va a deporre sopra la zona di impianto del dispositivo un attivatore, schiacciando il quale, si attiva la fase di registrazione. Oltre a questa tipologia di ILR, ad attivazione manuale, esistono versioni a registrazione automatica: rappresentativo in questo senso è l’SJM Confirm™ (St. Jude Medical) ad attivazione sia automatica che manuale. Entrambi questi due modelli, di piccole dimensioni, vengono inseriti per mezzo di incisioni a livello del petto evitando, grazie ad elettrodi sottocutanei, la necessità di sistemi di cateterismo transvenosi. I primi modelli di ILR apparsi sul mercato presentando bassa robustezza verso episodi di interferenza, tra cui quella elettromiografia, nonché bassa sensitività per le onde R , si rendevano spesso inclini all’undersensing di normali QRS o all’oversensing di larghe onde T con il risultato di falsi positivi rilevati; le versioni di ultima generazione invece, di cui Reveal e SJM Confirm™ fanno parte, forti di miglioramenti sia in

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12 nuovi criteri di sensing (usando R-wave thresholds adattive) che in tecniche di reiezione del disturbo hanno permesso una riduzione di detenzioni inappropriate del 85% [8].

Di seguito si riportano alcuni esempi che si pongono come esperienze applicative di alcuni dei sensori fisiologici di cui si è parlato.

Esempio 1

Dispositivo [4] consistente in un IHM-0 (implantable hemodynamic monitor, modello 10343 Medtronic, INc.) associato ad un catetere trans venoso per il ventricolo destro (modello 6231 Medtronic, Inc.). Il catetere presenta una zona di sensing combinata per la valutazione della saturazione venosa di ossigeno e della pressione nel ventricolo destro (fig.12).

Figura12: struttura dell’RV catetere usato nell’IHM-0

Il dispositivo è, nella sua interezza, anche in grado di stimare la frequenza cardiaca dalla rilevazione dell’attività elettrica ventricolare. L’IHM (sia in questo caso che in prototipi successivi sviluppati dalla stessa casa) contiene una random access memory per il salvataggio continuo dei dati emodinamici. Una versione alternativa proposta dalla stessa Medtronic prevede l’uso di un’IHM-1 (modello 10440) connesso ad un catetere RV (modello 4328) per il sensing pressorio assoluto e ad un catetere (modello 4327A) sempre RV, con sensore per misure di saturazione di ossigeno. Quest’ultimo dispositivo richiede anche la presenza di un elemento esterno per la rilevazione della

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13 pressione atmosferica in modo da consentire, con il processing dei dati, la correzione delle misure interne (fig.13).

Figura13: immagine del dispositivo IHM-1

Esempio 2

Un ulteriore [5] caso riguarda un dispositivo impiantabile permanentemente per la rilevazione diretta della pressione atriale sinistra (cui spesso si arriva tramite misure di RVP o PAP essendo questi ambienti ad alto flow più indulgenti per l’incapsulazione fibrosa del catetere). La parte sensoria dell’assetto consiste in un catetere, terminante a livello distale in un modulo ermeticamente sigillato per la rilevazione pressoria integrato ad una circuiteria di condizionamento del segnale. Anche in questo caso, la LAP ( left ventricular pressure), viene valutata sottraendo l’informazione assoluta sentita dal sensore impiantato, dalla pressione atmosferica valutata esternamente. Il catetere, tramite un’entrata dalla vena femorale, viene posto in situ passando attraverso il setto atriale cui è ancorato tramite agganci realizzati in nitinol (fig.14).

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Figura 14: vista d’insieme (sinistra), ingrandimento parte distale del catetere (destra)

Esempio 3

L’ultimo esempio [6], riguarda invece l’implementazione di un IHM (Medtronic, Inc.) per la registrazione dell’output cardiaco tramite l’uso di sensori di saturazione d’ossigeno. Il sistema viene a coincidere con un catetere che, in zona distale, presenta due LEDs ed un fotodiodo; l’ampiezza dunque della luce riflessa e percepita dal fotodiodo, viene convertita in intervalli di tempo che sono inversamente proporzionali alla concentrazione di ossiemoglobina. Il catetere è opportunamente collegato ad un modulo di memorizzazione dati posto sotto la clavicola. Le misure acquisite, insieme alla registrazione del livello d’ossigenazione del sangue arterioso (tramite piccola cateterizzazione femorale o brachiale), vengono inviate via link telemetrico ad una card esterna; questa infine, insieme alla stima di assimilazione di ossigeno valutata respiro dopo respiro con opportuni dispositivi , determina l’uscita cardiaca applicando la legge di Fick. Quest’ultima, si basa sul presupposto che la quantità di una data sostanza sottratta al sangue nell’unità di tempo da un organo o l’intero corpo, sia uguale alla differenza di concentrazione artero venosa della stessa moltiplicata per la gittata cardiaca (fig.15).

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Fig15: espressione analitica della legge di Fick

Tutti i sensori di cui si è parlato, nonostante restituiscano, come già detto, in modo diretto, variabili fondamentali in quasi tutti gli algoritmi di controllo, non vengono quasi mai impiegati perché complicati e scarsamente robusti in applicazioni lungo termine. Il principale fattore limitante va riscontrato nel loro diretto contatto con il sangue, che di conseguenza pone il problema del packaging. Con il termine [7] packaging si intende il montaggio del sensore (quasi sempre consistente in strutture microfabbricate in silicio) in uno specifico housing, il design dell’housing, la connessione dei cablaggi elettrici, e la protezione contro le influenze esterne. Le principali specifiche funzionali relative al packaging possono essere riassunte in:

 Sigillamento

 Resistenza alla corrosione (elevata nel distretto circolatorio)

 Bio ed emocompatibilità dei materiali

 Shape (le forme non devono presentare spigolature che causerebbero danneggiamento delle parti corpuscolate del sangue)

 Dimensioni

I primi tre punti sono strettamente relazionati alla scelta dei materiali; quelli solitamente più usati, sono le ceramiche, il vetro e molti polimeri impermeabili tra l’altro, ai vapori d’acqua che sono i

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16 principali responsabili di corrosione o influenza con parti elettriche. Quest’ultime poi è fondamentale che siano opportunamente isolate considerando che anche una corrente di appena 50µA a 50Hz è capace di indurre fibrillazioni nel muscolo cardiaco. I materiali scelti infine, devono anche essere antitrombogenici ossia, devono evitare depositi di fibrina o piastrine sul sensore ed essere facilmente lavorabili in forme dimensionalmente scalabili.

1.5.2 I sensori ingegnerizzati

La difficoltà di ottenere, con i materiali oggi in uso, quanto appena esposto nel precedente paragrafo ha portato allo sforzo di ottenere informazioni sulle variabili vascolari sfruttando le variabili elettriche della pompa. Il raggiungimento di ciò, è possibile, attraverso sensori affidabili che non sono in contatto con il sangue e, l’applicazione di specifiche relazioni statiche e/o dinamiche che permettono di recuperare da misure di corrente, velocità, o potenza della pompa le caratteristiche idrauliche della stessa, tra cui pressione di entrata e flusso. Le forme analitiche delle relazioni che legano i parametri elettrici a quelli idraulici sono note e i coefficienti vengono tarati tramite prove sperimentali. È fondamentale che, affinché queste relazioni siano stabili e veritiere, si tenga conto di parametri, come la viscosità o la frizione, al variare dei quali le grandezze idrauliche della pompa variano. Un esempio pratico di applicazione dei sensori ingegnerizzati si può costruire sfruttando l’impeller descritto nei precedenti paragrafi; la presenza di una certa pressione (grandezza ricercata per il controllo) all’entrata della pompa causerà una deviazione della stessa dalla posizione centrale in cui è mantenuta dagli specifici array di elettromagneti. Valutando dunque la corrente necessaria per il centraggio è possibile risalire alla misura della pressione. Se invece la variabile di interesse per il controllo, fosse il flow rate, sarebbe sufficiente, noto il volume eiettato ad ogni giro, misurare la velocità di rotazione dell’impeller; a questo fine vengono in aiuto vari metodi tra cui l’uso di sensori a effetto hall o anche il conteggio delle attivazioni di una fase del motore nell’unità di tempo. Anche con l’uso di sensori ingegnerizzati, l’algoritmo di controllo che si decide di implementare rimane lo stesso. Ciò che muta, di fatto, rispetto al caso dei fisiologici, è l’hardware che va a coincidere con una fusione tra sensori e attuatori (fig.16).

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Figura16: l’architettura del feedback con sensori fisiologici (alto) ed ingegnerizzati (basso)

1.6 Algoritmi di controllo per LVADs

I principali algoritmi di controllo fisiologico di pompe rotanti per assistenza ventricolare sinistra possono, di fatto, essere raggruppati in tre principali famiglie: single objective control, multi-objective control, e hierarchy type control. La prima tipologia impone che si regoli la velocità di rotazione della pompa (e quindi l’opportuna corrente da inviare al motore) in modo da soddisfare un solo task. Questo potrebbe consistere nel restituire un flusso direttamente proporzionale alla pressione misurata all’entrata della pompa (assicurando i criteri fisiologici fondamentali) oppure nel solo evitare lo stato di suzione. In quest’ ultimo caso la pompa sarebbe guidata alla massima velocità che non causa suzione monitorabile ricorrendo alla misura di varie variabili (suction limit control). Il multi-objective control invece è un algoritmo di controllo basato sul minimizzare simultaneamente una funzione contenente più variabili; proprio il poter gestire più grandezze settando l’uscita lo rende più performante rispetto al single-objective. Il paradigma di controllo gerarchico prevede infine la presenza di più livelli di controllo dove quelli a più alta priorità (single o multi-objective) mandano opportune direttive a quelli a più bassa priorità.

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Riferimenti

[1] Norman A. Gray, Jr, Md, and Craig H. Selzman, Md Chapel Hill, Nc, ‘Current status of the

total artificial heart’

[2]Eric H. Maslen, Gill B. Bearnson, Paul E. Allaire, Ronald D. Flack, Michael Baloh, Edgar Hilton, Myounggyu D. Noh, Don B. Olsen, Pratap S. Khanwilkar, and James D. Long, ‘Feedback

control application in artificial heart’

[3] Wu Yi, Department of Mechanical Engineering, Pennsylvania State University Erie, the Behrend College, Erie, PA 16563, U.S.A, ‘Physiological Control of Rotary Left Ventricular

Assist Device’

[4] Tom Bennt, *Barbro Kjellstrom, * Robert Taepke, * and Lars Ryden, † for the Implantable Hemodynamic Monitors Investigators

From the Heart failure research, Medtronic, Inc., Minneapolis, Minnesota, and †Karolinska Hospital, Stockolm, Sweden, ‘Development of implantable device for continuous ambulatory

monitoring of central hemodynamic values in heart failure patiens’

[5] Jay Ritzema, BM, MRCP; Iain C. Melton, MBChB; A. Mark Richards, MD, DSc; Ian G. Crozier, MBChB, MD; Chris Frampton, PhD; Robert N. Doughty, MBBS, MD; James Whiting, PhD; Saibal Kar, MD; Neal Eigler, MD; Henry Krum, MBBS, PhD; William T. Abraham, MD; Richard W. Troughton, MBChB, PhD, ‘Direct Left Atrial Pressure Monitoring in Ambulatory

Heart Failure Patients Initial Experience With a New Permanent Implantable Device’

[6] A. Ohlsson, T. Bennett, F. Ottenhoff, C. Bitkover, B. Kjellstrom, R. Nordlander,

H. Astrom and L. Ryden, ‘Long-term recording of cardiac output via animplantable haemodynamic monitoring device’

[7] J M L Engels and M H Kuypers, Honeywell and Philips Medical Electronics BV, IBCweg 1, 5683PK Best, The Netherlands, ‘Medical applications of silicon sensors’

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[8]Peter van Dam,a Chris van Groeningen,b Richard P.M. Houben,b David R. Hampton, PhD⁎,b

aDonders Institute for Brain, Cognition and Behaviour, Radboud University Medical Center, Nijmegen, The Netherlandsb Medtronic Bakken Research Center, Maastricht, The Netherlands, ‘Improving sensing and detection performance in subcutaneous monitors’

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