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Studio di fattibilita' per la realizzazione di un sistema di visione per applicazioni intravascolari

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Facoltà di Ingegneria

Tesi di Laurea Specialistica

in

Ingegneria Biomedica

Studio di fattibilità per la realizzazione di un sistema di visione

per applicazioni intravascolari

Relatori: Candidata:

Federica Mangione

Prof.ssa Arianna Menciassi

Prof. Paolo Dario

Dott.ssa Monica Vatteroni

Dott.ssa Carmela Cavallotti

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1

Sommario

Introduzione ... 3

Capitolo 1 ... 5

Stato dell’arte delle metodiche di imaging endovascolare ... 5

1. Introduzione ... 5

2. Metodologie extra-vascolari ... 6

3. Metodologie intravascolari ... 8

4. Proprietà ottiche del sangue ... 11

4.1. Assorbimento del sangue ... 12

4.2. Scattering del sangue ... 15

5. Angioscopia NIR ... 21

5.1. Angioscopia NIR nella prima finestra (0.850 µm) ... 22

5.2. Angioscopia NIR nella terza finestra (1.500 µm – 2.400 µm) ... 23

6. Conclusioni ... 27

Capitolo 2 ... 29

Caratterizzazione di telecamere miniaturizzate commerciali CMOS nel vicino infrarosso (NIR) ... 29

1. Introduzione ... 29

2. Protocollo sperimentale – Prima prova ... 30

2.1. Set up sperimentali ... 30

2.2. Risultati ... 31

2.3. Conclusioni ... 36

3. Protocollo sperimentale – Seconda prova ... 37

3.1. Primo esperimento ... 37

3.2. Secondo esperimento ... 47

4. Risultati e conclusioni ... 51

Capitolo 3 ... 54

Confronto fra tecnologia all’Arseniuro di Gallio e Indio (InGaAs) e tecnologia al Silicio (Si) nel vicino infrarosso (NIR)... 54

1. Introduzione ... 54

2. Sistemi di illuminazione ... 60

3. Esperimenti ... 66

3.1. Studio delle caratteristiche geometriche dei campioni di fluido ... 67

3.2. Set up sperimentali ... 69

3.3. Risultati ... 71

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2

Capitolo 4 ... 85

Caratterizzazione della telecamera Vector1 nel vicino infrarosso (NIR) ... 85

1. Introduzione ... 85

2. Esperimento ... 86

2.1. Set up sperimentale ... 86

2.2. Elaborazione delle immagini ... 89

3. Risultati ... 92 4. Conclusioni ... 108 Conclusioni ... 109 Appendice A ... 111 Appendice B... 114 Appendice C ... 117 Appendice D ... 122 Appendice E ... 124 Appendice F ... 127 Appendice G ... 128 Bibliografia... 130

(4)

3

Introduzione

Nuove frontiere della ricerca nel campo del ‘real-time imaging’ per procedure di chirurgia endovascolare minimamente invasiva, stanno focalizzando l’attenzione sullo studio di nuovi sistemi di imaging per la visione diretta del volume interno dei vasi, che possono rappresentare anche un ausilio per la guida del catetere. Questo lavoro di tesi rientra nell’ambito del Progetto di Ricerca Europeo SCATh1, il cui obiettivo primario è quello di creare una piattaforma in grado di

rendere queste manovre intravascolari più affidabili e precise, colmando il vuoto esistente tra la realtà interna al vaso e il modo in cui questa viene presentata all’operatore. Scopo del lavoro della candidata è stato quello di studiare le proprietà ottiche del sangue al fine di sviluppare un sistema completo di visione, in grado di vedere direttamente attraverso il sangue.

Sono numerose le metodiche di imaging endovascolare utilizzate durante gli interventi di cateterismo, che si possono menzionare. Le avanzate tecniche di angiografia basate su fluoroscopia ai raggi X o tomografia computerizzata, e le metodiche basate sull’utilizzo di onde ultrasoniche, sono soltanto alcuni esempi di sistemi per l’imaging del volume interno dei vasi, in grado di generare immagini anche ad elevatissima risoluzione. Tuttavia, allo stato dell’arte non è stato trovato alcun dispositivo commerciale per la visione diretta attraverso il sangue. Esistono soltanto due brevetti che trattano di un sistema di visione in tecnologia all’Arseniuro di Gallio e Indio (InGaAs) e luce con lunghezze d’onde superiori a 1.500 µm. La maturità tecnologica, unitamente agli altissimi livelli di integrazione ottenibili con la tecnologia al Silicio, hanno spinto ad approfondire l’analisi delle prestazioni di questo tipo di sensori di visione nell’ambito delle applicazioni di cateterismo intravascolare. L’importanza di tali sistemi di visione per cateterismo risiede nel vantaggio apportato, rispetto alle più tradizionali metodiche di imaging, nel fare uso di radiazione non ionizzante e nel non necessitare di occlusione totale del vaso o di rimozione temporanea del sangue (opaco alla luce visibile) dal campo di vista del sistema di visione.

Nel Capitolo 1, partendo dalla descrizione dell’attuale stato dell’arte delle metodiche di imaging endovascolare e analizzando le proprietà ottiche del sangue che influenzano la qualità delle immagini acquisite, si vuole evidenziare il motivo del sempre crescente interesse degli studiosi nei confronti di tecniche di angioscopia NIR. E’ stato poi riportato lo stato dell’arte degli attuali sistemi di visione attraverso il sangue.

(5)

4 Nel Capitolo 2, vengono descritti gli esperimenti condotti su due telecamere in tecnologia

Complementary Metal-Oxide Semiconductor (CMOS) con illuminazione nel range del vicino

infrarosso, al fine di validare il protocollo sperimentale più adatto alla valutazione delle prestazioni delle telecamere, nell’ambito di applicazioni di imaging di target, attraverso il sangue. I test sono condotti su due spy-cam (Misumi Electronics Corporation, Taiwan).

Nel Capitolo 3, viene svolto il confronto della resa delle due tecnologie InGaAs e Si, intesa come qualità delle immagini acquisite, nell’ambito della visione attraverso il sangue. Il test eseguito è basato su parte del protocollo di cui al Capitolo 2. Viene presentata un’approfondita analisi sia del set up sperimentale progettato e realizzato, sia dell’elaborazione delle immagini, sviluppata in ambiente Matlab. Il set up comprende le strutture di supporto per le telecamere e il sistema di illuminazione, realizzato attraverso il programma Computer-Aided Design (CAD) Eagle. Il protocollo seguito per l’esperimento ha previsto l’esecuzione di una procedura di dimensionamento del campione di fluido utilizzato per il test, oltre che un’adeguata elaborazione delle immagini, per il miglioramento della loro qualità.

Il Capitolo 4 infine è dedicato ad una più precisa caratterizzazione della telecamera custom in tecnologia al Si, per applicazioni con luce NIR. Il protocollo sperimentale seguito per quest’analisi, si basa ancora una volta su quello di cui al Capitolo 2. Viene valutata con precisione, la resa delle lunghezze d’onda che meglio si prestano alla visualizzazione di target, immersi in specifici spessori di sangue. Le immagini acquisite dalla telecamera CMOS sono state elaborate attraverso il programma ImageJ.

Vengono quindi tratte le conclusioni relative allo studio di fattibilità condotto, sulla possibilità di creare dei sistemi di visione NIR in tecnologia al silicio, per applicazioni intravascolari.

1

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5

Capitolo 1

Stato dell’arte delle metodiche di imaging endovascolare

1.

Introduzione

Le malattie cardiovascolari (CVD) sono la maggiore causa di mortalità nel mondo. Questo tipo di patologie può manifestarsi sotto diverse forme: ipertensione, patologie delle arterie coronarie o del miocardio, patologie cerebrovascolari, patologie valvolari. Le placche aterosclerotiche sono la primaria causa di insorgenza di simili patologie, insieme a difetti congeniti, anormalità nei muscoli del miocardio, difetti nel sistema di conduzione degli impulsi elettrofisiologici che regolano il battito cardiaco. Nel 2005, le morti causate da CVD si stimavano intorno ai 17.5 milioni, pari a circa il 30% delle morti a livello mondiale 0.

Figura 1 Cardiovascular diseases, World Hearth Organization (WHO) 2005

Nel febbraio 2008, la ‘European cardiovascular disease statistics’ ha stimato che le morti causate da patologie cardiovascolari ammontavano a circa 1.9 milioni soltanto nell’Unione Europea (UE) [2]. Queste patologie hanno subito nel corso degli anni un notevole incremento soprattutto nei paesi in via di sviluppo, determinando un importante impatto socio-economico. Solo nel 2006, questa triste tendenza si traduceva in un costo di circa €192 bilioni, di cui €110 bilioni dovuti a spese sanitarie.

La chirurgia minimamente invasiva (MIS) e le procedure cliniche basate su cateterismo rappresentano le metodologie più utilizzate per il trattamento delle patologie cardiovascolari. Infatti, la riduzione delle incisioni cutaneo-muscolari nella zona toracica ha determinato una significativa diminuzione dei rischi intra-operatori e post-operatori, per via della diminuzione del traumatismo di organi non interessati dalla patologia, del minor sanguinamento, della più rapida

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6 ripresa delle normali attività del paziente. La grande complessità di queste procedure di chirurgia mini-invasiva risiede nella perdita dell’accesso diretto da parte dell’operatore sanitario alla zona interna alle pareti del vaso. Ciò rende questa pratica clinica ancora troppo rischiosa e fa capire la notevole importanza degli studi volti al miglioramento del ‘real-time sensing’ di simili metodiche.

In questo capitolo, vengono illustrate le attuali tecnologie di imaging per manovre di cateterismo intravascolare, per giungere infine all’analisi del contributo apportato da questo studio a tali metodiche di chirurgia mini-invasiva.

2.

Metodologie extra-vascolari

Alcune delle tecnologie di imaging per la visione del volume interno dei vasi, durante interventi di chirurgia mini-invasiva, si basano sull’utilizzo di metodiche non invasive.

L’angiografia è la tradizionale metodica di imaging di vasi sanguigni o linfatici del corpo umano, basata sulla generazione real-time di immagini mediche tramite metodiche quali:

fluoroscopia ai raggi X. Questa metodica di imaging prevede l’infusione di un agente di

contrasto idrosolubile all’interno dei vasi e l’irraggiamento con raggi X, consentendo lo studio dell’endotelio e delle componenti superficiali della placca aterosclerotica. Sebbene la tecnica permetta di cogliere in modo adeguato le componenti morfologiche che si associano alle sindromi coronariche acute, non permette di studiare le componenti della placca aterosclerotica sottostante l’endotelio, offrendo solamente un’analisi qualitativa. Un ulteriore svantaggio è rappresentato dal fatto che, nonostante si cerchi di usare dosi ridotte di radiazioni ionizzanti, tutti gli interventi basati su metodiche fluoroscopiche costituiscono un potenziale rischio per il paziente e per il personale sanitario, e dunque necessitano dell’utilizzo da parte di tutti i soggetti coinvolti nella procedura clinica di schermi protettivi.

Figura 2 Immagine ottenuta da angiografia basata sulla metodica di fluoroscopia ai raggi X. E' evidenziato l'albero delle arterie centrali che presenta ostruzioni nei punti (1,2).

(8)

7

tomografia computerizzata (CT). Questa metodica si basa sull’uso di raggi X e algoritmi

per la ricostruzione delle immagini mediche. Combinata con l’uso di agenti di contrasto intravenosi, permette una ricostruzione tridimensionale dell’albero circolatorio. Per la sua eccellente risoluzione spaziale, rappresenta un’ottima metodica per la guida real-time del catetere intravascolare durante gli interventi. Il principale svantaggio è rappresentato dalla dose di radiazione ionizzante assorbita dal paziente e dagli operatori sanitari.

Figura 3 Immagine ottenuta da angiografia basata su CT [http://www.gehealthcare.com/itit/index.html]

risonanza magnetica (MR). Con l’avvento di nuove e più veloci tecnologie, questa

metodica di imaging ha consentito applicazioni real-time per la guida di cateteri, eliminando i rischi dovuti all’uso di radiazioni ionizzanti. Inoltre, permette di ottenere la visualizzazione di lesioni in alta risoluzione e immagini ad alto contrasto anche per i tessuti molli. Tuttavia questa metodica presenta numerosi svantaggi. In particolare, tutti gli strumenti utilizzati durante questo tipo di procedura clinica devono essere compatibili con il campo magnetico generato, non dando luogo a distorsione delle immagini. Si potrebbe inoltre incorrere in un surriscaldamento locale dei tessuti, dovuto al campo magnetico generato. Infine, questa procedura clinica non è applicabile a quei pazienti che hanno subito l’impianto di pacemaker, defibrillatori, particolari tipi di protesi, e che sono la maggioranza dei pazienti per cui è necessario una procedura clinica di questo tipo.

Figura 4 Immagine ottenuta da angiografia basata sulla metodica di MR. Viene mostrata un'aorta sana tramite uso di un agente di contrasto.

(9)

8 Le tre tecniche di imaging sopra descritte presentano uno svantaggio comune, per via delle grandi dimensioni delle apparecchiature coinvolte e per via della necessità di strutture architettoniche appropriate all’accoglimento di simili dispositivi.

3.

Metodologie intravascolari

Come tecniche di visione del volume interno dei vasi, durante procedure interventistiche basate su cateterismo, trovano largo impiego anche metodologie di imaging intravascolare. Attualmente, le tecnologie che trovano il più ampio campo di applicazione nel trattamento di CVD possono essere suddivise in tre gruppi:

1. metodiche basate sull’utilizzo di onde ultrasoniche (Intravenous Ultra-Sound [IVUS]); 2. metodiche basate sull’utilizzo della MR (intravascular MRI [IV-MRI]);

3. metodiche basate su un approccio di tipo ottico.

Le metodiche di Intravenous Ultra-Sound (IVUS) producono immagini tomografiche in scala di grigi tramite l’emissione di sequenze di impulsi ultrasonici e il rilevamento delle stesse onde riflesse dai tessuti. La tecnica richiede l’introduzione di sonde intracoronariche ad emissione di ultrasuoni, aventi un diametro inferiore ai 2 mm. I trasduttori ultrasonici emettono gli impulsi a diverse angolazioni (solitamente sono emesse 256 sequenze per ciascuna immagine tomografica). La risoluzione delle immagini e la profondità di penetrazione delle onde ultrasoniche sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche geometriche e frequenziali del trasduttore. In particolare, l’aumento della frequenza dell’onda emessa comporta una migliore risoluzione spaziale dell’immagine ma diminuisce la profondità di penetrazione dell’onda attraverso i tessuti. Ad oggi, questa tecnologia è in grado di fornire immagini con risoluzione fino a 70µm. Dunque, nelle applicazioni di cateterismo intracoronarico per lo studio delle placche aterosclerotiche, questa metodica consente di distinguere la composizione della lesione.

Figura 5 Immagini dell’arteria coronaria acquisite tramite IVUS ad alta frequenza: (A) 30MHz, (B) 40MHz, (C) 50MHz. All’aumentare della frequenza centrale dell’onda US, aumenta la risoluzione radiale dell’immagine (70µm per le acquisizioni a 50MHz) [3].

(10)

9 Le metodiche di imaging basate su MR permettono di ottenere un più alto contrasto per i tessuti molli rispetto alle altre tecniche. Lo svantaggio di questa metodica è rappresentato dalla notevole diminuzione del rapporto segnale rumore (SNR) proporzionalmente alla profondità di penetrazione, quando la bobina che genera il campo magnetico è posizionata all’esterno del corpo. Il movimento del miocardio comporta inoltre una notevole diminuzione della risoluzione delle immagini. La metodica di intravascular MRI (IV-MRI) rappresenta una soluzione ai suddetti problemi. Infatti, il catetere utilizzato per questa tecnica di imaging è costituito da una bobina che, combinata con un MRI scanner esterno, consente non soltanto di ottenere immagini delle strutture interne al vaso ma anche di localizzare in real-time il catetere.

Figura 6 Confronto fra l'immagine istologica (a sinistra) e quella acquisita tramite MRI di due differenti tipologie di placca aterosclerotica [3].

Per quanto riguarda le tecnologie di imaging del volume interno dei vasi basate su un approccio di tipo ottico, le più utilizzate sono:

Optical Coherence Tomography (OCT):questa metodica consente la generazione real-time di immagini tomografiche, sulla base della riflessione da parte delle strutture

anatomiche interne al vaso della radiazione infrarossa. La risoluzione di immagini di questo tipo è nettamente superiore rispetto a quella delle immagini ottenute tramite metodiche basate sull’uso delle onde ultrasoniche (10-15µm di risoluzione assiale; 20-25µm di risoluzione laterale). Tuttavia, l’OCT presenta svantaggi sia legati alla diminuzione della profondità di penetrazione attraverso sangue e tessuti rispetto ad altre metodiche di imaging (1-3mm) sia legati alla necessità di ripulire dal sangue l’area antistante la punta del catetere. Una soluzione a quest’ultimo problema è rappresentata dalla Fourier-domain OCT. Questa tecnica consente infatti di ridurre al minimo la durata del periodo ischemico rispetto alla più tradizionale time-domain OCT, per la più elevata velocità di acquisizione delle immagini (rispettivamente 80-110 fps contro 4-20 fps).

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10

Intravascular Spectroscopy: consente di risalire alla composizione chimica delle

sostanze di cui la placca aterosclerotica è composta, basandosi su un’analisi spettrale indotta dall’interazione della radiazione elettromagnetica con i tessuti in esame. A seconda del principio fisico su cui questa caratterizzazione tissutale si basa, si hanno diversi tipi di spettroscopia (NIR spectroscopy, Raman spectroscopy, fluorescence

spectroscopy).

Angioscopia: è una tecnica endoscopica che consente la visualizzazione diretta delle

pareti interne del vaso, di placche aterosclerotiche, di trombi o stent, tramite emissione di luce bianca ad elevata intensità e condotta attraverso un sistema di fibre ottiche di diverse migliaia di pixels [Figura 7]. Questa tecnica fa uso di sensori di immagine miniaturizzati per applicazioni con luce visibile. I più moderni sistemi per angioscopia sono caratterizzati da sistemi di illuminazione formati da 6000 fibre ottiche, da un diametro esterno di 0.75mm e sistemi di microlenti che consentono di ottenere un campo di vista di 70° e una lunghezza focale variabile tra 1 e 5mm. Il modulo di visione, posizionato sulla punta del catetere, necessita di un sistema per liberare temporaneamente il campo di vista dal sangue, opaco alle lunghezze d’onda del visibile [4]. Un modo per ottenere questo obiettivo è iniettare ad alta pressione della soluzione fisiologica in corrispondenza del sensore di immagine oppure gonfiare un palloncino posizionato sulla punta del catetere, davanti al sistema ottico dello strumento, che blocchi temporaneamente il flusso di sangue. Gli svantaggi di queste due tecniche sono rappresentati da un lato dalla totale ostruzione del vaso e dall’altro dall’elevata pressione esercitata sulle pareti dello stesso.

Figura 7 Immagine di uno stent ottenuta tramite tecnica angioscopica [3].

Per questo, si stanno diffondendo nuove metodiche di imaging intravascolare, basate sull’utilizzo di radiazioni luminose con lunghezze d’onda diverse da quelle tipiche della luce visibile e per le quali il sangue risulta sufficientemente trasparente.

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11

4.

Proprietà ottiche del sangue

Il sangue è un tessuto composto per il 55% da una sostanza liquida detta plasma e per il restante 45% da tre specie di elementi cellulari:

1. globuli rossi; 2. globuli bianchi; 3. piastrine.

Il plasma è una sostanza liquida semi-trasparente composta da acqua (91%), proteine (7%), lipidi (1%) e metalli inorganici (1%). Dunque il maggior costituente di questo fluido è l’acqua. I globuli rossi consistono principalmente di emoglobina e costituiscono il 35% dell’intero volume del sangue. Il sangue può essere quindi considerato come un mezzo con particelle in sospensione in cui il plasma rappresenta il mezzo e i globuli rossi rappresentano le particelle.

In Figura 8, è riportato l’intero spettro elettromagnetico con in evidenza le regioni del visibile e dell’infrarosso. Lo spettro del visibile si estende nell’intervallo di lunghezze d’onda di estremi 0.3 µm - 0.7 µm, mentre lo spettro dell’infrarosso viene suddiviso generalmente nelle tre sottoregioni dette Near-Infrared (NIR) di estremi 0.78 µm - 3 µm, Mid-Infrared di estremi 3 µm – 50 µm e Far-Infrared di estremi 50 µm - 1000 µm [5]. A seconda dell’applicazione, tuttavia, gli estremi delle tre sottoregioni suddette possono variare rispetto a quelli considerati per questo lavoro di tesi. Le proprietà ottiche che influiscono sulla visibilità della radiazione che attraversa un mezzo con particelle in sospensione ad una specifica lunghezza d’onda sono l’assorbimento e lo scattering. Entrambe determinano una decrescita esponenziale dell’intensità del segnale trasmesso nel mezzo e sono dipendenti dalla lunghezza d’onda, secondo la relazione matematica seguente:

l e on

Transmissi = [−α+σ]* (1)

in cui l (cm) rappresenta la distanza della target dal mezzo, mentre α e σ rappresentano rispettivamente il coefficiente di estinzione dovuto ad assorbimento e quello dovuto a

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12

Figura 8 Spettro elettromagnetico.

Alla base dell’ottenimento di buone immagini di target immersi in fluidi con particelle in sospensione, come il sangue, c’è la comprensione delle caratteristiche delle due proprietà ottiche di assorbimento e scattering del mezzo. Infatti, è necessario irradiare il mezzo con luce appartenente alle regioni di lunghezze d’onda per le quali questi due effetti risultano maggiormente attenuati. Solo in questo modo, il segnale trasmesso attraverso il mezzo e relativo al target, ha più elevata irradianza, aumentando il rapporto segnale rumore del sensore di visione e dunque migliorando la qualità delle immagini acquisite.

4.1.Assorbimento del sangue

Quando la radiazione luminosa incide sulla materia, le cariche elettriche discrete che la compongono sono indotte ad oscillare alla stessa frequenza della radiazione incidente. In particolare, l’intervallo delle frequenze tipiche della radiazione infrarossa (IR) è comparabile con la frequenza naturale di oscillazione di atomi e molecole in assenza di campi esterni applicati. Per questo motivo, la radiazione IR determina fenomeni di risonanza che comportano trasferimento di energia dal campo incidente al sistema irradiato e un aumento dell’ampiezza della vibrazione delle particelle che compongono la materia. L’energia accumulata viene persa in breve tempo (10-12

s) tramite collisione reciproca delle particelle, sottoforma di calore all’interno del mezzo. Questo processo fisico è conosciuto come assorbimento. L’effetto principale è la riduzione esponenziale dell’intensità della radiazione incidente, in funzione della distanza percorsa dall’onda. In soluzioni contenenti più composti che determinano assorbimento, come nel caso del sangue, l’assorbimento totale è dato dalla somma dell’assorbimento legato a ciascuno dei componenti. Dunque, considerando il sangue come il mezzo di propagazione dell’onda, l’irradianza della radiazione IR trasmessa attraverso il mezzo assume la seguente forma:

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13 l water hemo e on transmissi Infrared_ = −[0.35α +0.65α +σ]* (2)

dove l rappresenta la distanza percorsa dall’onda attraverso il mezzo e i coefficienti α,σ rappresentano rispettivamente il coefficiente di estinzione dovuto ad assorbimento (detto coefficiente di assorbimento) e quello dovuto a scattering. Il coefficiente di assorbimento si può intendere come la probabilità che ha un fotone incidente di essere assorbito dal mezzo, per unità di lunghezza [mm-1]. La luce visibile non è in grado di penetrare attraverso il sangue, a causa dell’elevato coefficiente di assorbimento da parte dell’acqua e dell’emoglobina nello spettro del visibile [Figura 9].

Figura 9 Grafico del coefficiente di assorbimento dell'acqua e dell'emoglobina in funzione delle lunghezze d'onda comprese fra l'ultravioletto e l'infrarosso.

In alcune lunghezze d’onda appartenenti alla regione dello spettro dei NIR [0.78 µm - 3 µm], il coefficiente di assorbimento delle due principali componenti del sangue presenta diversi minimi e massimi. Per quanto riguarda l’emoglobina, in [6] è riportato il confronto dei risultati ottenuti da studi relativi all’emoglobina pura e quelli invece condotti su emoglobina estratta da sangue totalmente emolizzato. Questo studio ha permesso di quantificare il contributo di questo ed altre componenti del sangue nell’assorbimento della radiazione incidente.

1

Il coefficiente di estinzione è correlato alla proprietà ottica del materiale detta ‘optical density’ (OD) e viene espresso in unità di misura [cm-1 mM-1]. OD rappresenta una misura della capacità delle particelle in sospensione nel mezzo di trattenere l’energia della radiazione incidente sottoforma di energia vibrazionale elettronica, prima di riemetterla in forma di radiazione elettromagnetica.

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Figura 10 Spettro di assorbimento di HbO2 e HbCO nella regione del visibile.

Figura 11 Spettro di assorbimento di HbO2 e HbCO nella regione dell’infrarosso. Le curve I e Ia rappresentano rispettivamente HbO2 in sangue umano emolizzato ed emoglobina pura. Le curve II e IIa rappresentano HbCO in sangue umano emolizzato ed emoglobina pura, rispettivamente.

Dunque, nella regione del visibile non esistono apprezzabili differenze tra il coefficiente di assorbimento del sangue umano emolizzato e quello dell’emoglobina pura, mentre nella regione dell’infrarosso, il sangue mostra un coefficiente di assorbimento largamente maggiore di quello dell’emoglobina pura [Figura 10 - Figura 11]. Questa differenza può essere attribuita all’assorbimento della radiazione da parte di altre componenti del sangue e all’intervento di altri fenomeni quali ad esempio lo scattering della luce, che coinvolgono materiali in sospensione come lipidi e frammenti cellulari.

Ad oggi non sono noti effetti dannosi della radiazione infrarossa sul corpo umano. Infatti, l’energia fotonica della suddetta radiazione (ε ≥ 1 eV) è insufficiente a rompere i legami atomici dei tessuti, dunque a produrre trasformazioni fotochimiche. L’unico effetto biologico noto derivante dal fenomeno dell’assorbimento è l’effetto termico, che determina un aumento della temperatura dei tessuti. Anche questo effetto dipende dall’intensità della radiazione luminosa incidente: si sa che soltanto radiazioni con intensità dell’ordine delle decine di W/cm2 provocano ingenti danni tissutali. Si ritiene tuttavia che esposizioni anche prolungate a radiazioni infrarosse di intensità inferiori a 10 W/cm2 siano abbastanza innocue. Le intensità utilizzate nelle metodiche

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15 di angioscopia NIR appartengono proprio a questo intervallo, dunque questo rappresenta un importante punto a favore dell’utilizzo delle suddette tecniche, nell’ambito dell’imaging biomedico. Di contro, le basse intensità della radiazione luminosa in gioco, per via del fenomeno dell’assorbimento, rappresentano un problema di non poco conto per la qualità delle immagini acquisite. Dunque, dal punto di vista dell’assorbimento, è necessario scegliere il tipo di radiazione infrarossa da utilizzare in applicazioni intravascolari sulla base del compromesso tra effetto termico sul sangue e contenuto informativo dell’immagine acquisita.

4.2.Scattering del sangue

Lo scattering può essere pensato come un re-indirizzamento della luce che avviene quando un’onda elettromagnetica incide su un mezzo o incontra una non-omogeneità (nel caso del sangue, gli elementi cellulari in sospensione). Il risultato di questa interazione è l’induzione sulle particelle che compongono il mezzo di un movimento oscillatorio alla stessa frequenza dell’onda incidente. Questa perturbazione del sistema risulta in una separazione periodica delle particelle cariche all’interno delle molecole che a sua volta induce un momento di dipolo. L’oscillazione periodica di questo momento rappresenta la sorgente di una nuova radiazione elettromagnetica che è l’onda ‘scatterata’ [Figura 12].

Figura 12 Schematizzazione del processo alla base dello scattering: induzione di un momento di dipolo da parte di un’onda elettromagnetica incidente sulla particella.

Lo scattering si dice elastico quando la radiazione riemessa assume la medesima lunghezza d’onda di quella incidente. Dunque, questo processo fisico è il frutto di una complessa interazione che avviene a più livelli all’interno del mezzo. Questo fenomeno interviene per frequenze che non sono quelle tipiche di risonanza delle particelle del mezzo investito dalla radiazione. Il risultato più importante è la diminuzione della velocità della radiazione all’interno della materia rispetto a quella tipica del vuoto. Nel caso di mezzi omogenei (nei quali cioè la distanza tra le molecole è molto minore della lunghezza d’onda della radiazione incidente), ciascuna molecola del mezzo determina una riflessione dell’onda in tutte le direzioni, con una

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16 differenza di fase dipendente dalla frequenza dell’onda incidente. Lo scattering è dipendente oltre che dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, anche dalla dimensione delle particelle coinvolte nel processo e dal rapporto tra gli indici di rifrazione delle particelle stesse e del mezzo in cui sono sospese. L’indice di rifrazione è dato da:

  

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dove c è la velocità della luce nel vuoto e v la velocità della luce nel mezzo. Questa quantità dipende dal numero di molecole per unità di volume del mezzo e dalla loro polarizzabilità. Lo

scattering può essere suddiviso in tre diverse tipologie, a seconda del rapporto tra il raggio delle

particelle (a) e la lunghezza d’onda della radiazione (λ):

1. a/ λ<<1 scattering di Raleigh

2. a/ λ>>1 scattering riflessivo

3. a/ λ≈1 scattering di Mie.

Lo scattering può essere quantificato tramite il fattore scattering cross-section (Q), determinato per un gruppo di particelle normali rispetto al fascio incidente. Questo rappresenta la misura dell’ombra di scattering ([cm2]) e può essere maggiore o minore dell’area geometrica della particella, a seconda dell’indice rifrattivo relativo. Il rapporto tra Q e l’area geometrica di una particella di raggio a, fornisce un’indicazione sullo scattering effettivo riferito alle dimensioni fisiche della particella, detto normalized scattering cross section (Qnorm):

 

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Quando Qnorm aumenta, l’area percepita delle particelle risulta molto maggiore di quella fisica risultando in un netto peggioramento della visibilità attraverso il mezzo. Le articolate formule matematiche che descrivono il complesso profilo di riflessioni e deviazioni dell’onda luminosa incidente, dovuto allo scattering, possono essere risolte analiticamente soltanto per semplici forme geometriche delle particelle coinvolte. La teoria di Mie è quella utilizzata per predire il profilo di scattering nella regione in cui a/ λ≈1. In questa regione, lo scattering è una complessa funzione di λ ma spesso può essere approssimato all’inverso del quadrato della lunghezza d’onda, come di seguito dimostrato [7]. La teoria di Mie fornisce la soluzione analitica per i casi di particelle sferiche e cilindriche separate l’una dall’altra da una distanza molto maggiore della lunghezza d’onda della radiazione incidente e il cui indice rifrattivo è solo marginalmente più alto di quello del mezzo in cui sono sospese. Queste condizioni si avvicinano alle proprietà

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17 ottiche presentate dal fluido sanguigno in risposta ad esposizione alla radiazione infrarossa. Infatti:

• l’indice rifrattivo dei globuli rossi relativo al mezzo in cui sono sospesi è pari a 0.064;

• i globuli rossi sono delle cellule bio-concave di circa 7.7µm di diametro e di spessore variabile tra il centro e la parte più esterna della cellula (rispettivamente tra 1.4µm e 2.5 µm) [Figura 13]. Misure ottiche della geometria dei globuli rossi hanno mostrato che la sfericità di queste cellule è pari a 0.77 (la sfera è caratterizzata da una sfericità di 1.00). Dunque, i globuli rossi possono essere approssimati a particelle di forma sferica tra gli estremi d=7.7µm, a=3.85µm e d=1.4, a=0.70µm, corrispondenti rispettivamente agli assi maggiore e minore. Queste cellule si comportano quindi come delle sfere di raggio compreso nell’intervallo 0.70-3.85µm.

Figura 13 Figura di un globulo rosso con dimensioni principali in evidenza.

Per quantificare il contributo dell’indice rifrattivo del mezzo sullo scattering, si considera il seguente fattore:

  

 (4)

dove n rappresenta l’indice rifrattivo del mezzo. In [12], è stata ricavata l’espressione di Qnorm in funzione dell’indice rifrattivo relativo del mezzo:

  2   sin     1  cos  (5) dove:   2 (6)   !"#$%&''!()&**+ )&**+ (7)

(19)

18 Risolvendo l’equazione (5) per calcolare il valore massimo di Qnorm, si vede che questo si ottiene in corrispondenza di ρ=4, quindi per:

 

, (8)

Nel caso del sangue, l’indice rifrattivo del mezzo corrisponde a quello del plasma ed è calcolato come la media pesata degli indice rifrattivi di ciascuno dei suoi componenti (acqua, proteine [7%, n=1.4], ceneri inorganiche [0.95%, n=1.5], lipidi [0.80%, n=1.4]):

-. /  1.35

 0.064

1.35  0.0474

Dunque, il massimo dello scattering nel sangue si ha in corrispondenza del valore:

  2

0.0474 42.19

Ricollegandosi all’espressione di q (4), si ottiene che il valore della lunghezza d’onda in corrispondenza della quale si ha il massimo dello scattering nel sangue:

8 29:

  0.57μ<

considerando i globuli rossi come delle sfere di raggio medio pari a 3.85µm. Dunque, per lunghezze d’onda confrontabili con il raggio dei globuli rossi (q≈1), Qnorm è pari a 0.32, per poi diminuire al valore di 0.035 per lunghezze d’onda pari a tre volte il raggio stesso. Per ρ<<1, si può sviluppare in serie di Taylor l’espressione di Qnorm:

=>< ρ

2

2  0.0047q

2

oppure, considerando l’espressione di q (4):

=><  0.32 a λ2

Dunque, dai calcoli risulta quanto affermato dalla teoria di Mie cioè che per piccoli valori del rapporto a/λ, lo scattering di particelle sferiche di raggio a decresce rapidamente con λ2 [Figura 14].

(20)

19

Figura 14 Grafico di Qnorm(nmezzo,δ) in funzione di q per il sangue.

Sebbene la teoria di Mie si presti abbastanza bene ai fini della predizione degli effetti dello

scattering nel sangue nell’infrarosso, rappresenta un’eccessiva semplificazione del problema,

trascurando fenomeni di scattering multiplo. La funzione rappresentativa dello scattering di una singola cellula non può essere assunta valida per l’intero fluido sanguigno. Infatti, nel sangue con ematocrito a livelli fisiologici intervengono altri complessi fenomeni causati dalle interferenze con le cellule adiacenti delle onde luminose derivate dallo scattering dell’onda incidente [8][9]. Questo fenomeno è dovuto al fatto che le particelle non sono in realtà distanziate le une dalle altre di una distanza molto maggiore della lunghezza d’onda, come vorrebbe l’ipotesi della teoria di Mie.

Dunque quando una radiazione luminosa colpisce il globulo rosso viene diffratta in maniera non omogenea all’interno del fluido sanguigno, a seconda dell’angolo di incidenza. Infatti, la superficie della suddetta cellula è solo approssimabile ad una superficie sferica, ma non è regolare. Il risultato è dunque che la presenza dei globuli rossi rende il sangue, da un punto di vista fisico, una sospensione non una soluzione e la diffrazione disomogenea rende la sospensione opaca, in corrispondenza delle lunghezze d’onda di incidenza per le quali il valore del coefficiente di scattering è elevato. L’effetto di questo processo fisico sulla qualità delle immagini acquisite è legato principalmente alla perdita di contrasto, proporzionale alla distanza del target dal sensore di visione. Si può considerare il flusso della radiazione incidente sull’elemento sensibile di un generico dispositivo per l’acquisizione di immagini, come il risultato della somma della componente che deriva dalla riflessione da parte del target (l’eventuale placca aterosclerotica) e di quella derivante dal fenomeno di scattering a livello degli elementi cellulari in sospensione nel fluido sanguigno. La prima componente della

(21)

20 radiazione incidente sul sensore è quella contenente informazione utile, mentre la seconda rappresenta il rumore aggiunto al segnale dell’immagine. L’assunzione iniziale (1) per la quale lo scattering determina un effetto di attenuazione sulla radiazione che attraversa il mezzo, comporta che la radiazione riflessa da target viene a sua volta attenuata, anche se non c’è effettiva perdita di risoluzione spaziale. Una significativa frazione della luce diffusa dalle particelle in sospensione non raggiunge il sensore per via delle sue proprietà angolari e della ristrettezza dell’obiettivo del sensore di immagine.

Figura 15 Schematizzazione della diffusione della radiazione generata da scattering di Mie.

Infatti, secondo le assunzioni geometriche adottate, la dispersione di particelle sferiche di raggio confrontabile con la lunghezza d’onda della radiazione incidente produce un effetto definibile ‘a lobo di antenna’, con una porzione di tale lobo marcata nel verso della radiazione incidente [Figura 15]. Il risultato di questo processo è che al sensore arriva un flusso di radiazione soggetto ad effetti random che si traduce a livello dell’immagine in un effetto di blurring [10]. In letteratura, non sono disponibili modelli matematici relativi a questo fenomeno aleatorio, ma è possibile quantificare l’intensità del flusso ‘scatterato’ che è comunque soggetto a fluttuazioni aleatorie non prevedibili (esistono diversi studi condotti sulla propagazione della radiazione luminosa attraverso l’atmosfera, che è un problema del tutto analogo a quello della propagazione della luce attraverso il sangue) [11]. Questi effetti sono causati dalla combinazione di diversi fattori, che includono:

• variazione della densità degli elementi cellulari in sospensione lungo il percorso della radiazione e che generano scattering,

• variazione locale delle caratteristiche delle stesse particelle e moti turbolenti locali, che si traducono in variazioni dello scattering cross section.

Queste fluttuazioni casuali assumono una notevole importanza considerando processi di miglioramento del contrasto dell’immagine, perché a volte l’irradianza del flusso ‘scatterato’

(22)

21 assume valori maggiori di quelli del flusso riflesso dal target e che rappresenta l’informazione desiderata [12]. Dunque, ad oggi, non è ancora del tutto nota l’influenza della relazione esistente tra plasma e globuli rossi sulla trasmissione della radiazione infrarossa attraverso il sangue. Questo fa si che per conoscere con esattezza le distanze attraverso cui è possibile visualizzare

target immersi nel sangue sia necessario verificarle sperimentalmente.

Da test in vivo, è risultato che lo scattering decresce all’aumentare della lunghezza d’onda mentre l’assorbimento da parte dell’emoglobina aumenta [Figura 16].

Figura 16 Proprietà ottiche di assorbimento e scattering del sangue in funzione della lunghezza d’onda.

Esistono sostanzialmente tre finestre di lunghezze d’onda all’interno delle quali il sangue risulta sufficientemente trasparente, per via dei ridotti effetti dello scattering e dell’assorbimento (0.650 µm – 0.950 µm, 1.000 µm – 1.350 µm, 1.500 µm – 2.400 µm). Dunque, è possibile generare delle immagini di migliore qualità, sfruttando radiazioni con lunghezze d’onda appartenenti alle suddette ‘finestre di trasparenza’ [13].

5.

Angioscopia NIR

Alla luce dell’analisi delle proprietà ottiche del sangue, di cui al paragrafo precedente, risulta evidente che l’uso della radiazione NIR compresa nelle tre ‘finestre di trasparenza’ del sangue è preferibile in applicazioni di imaging intravascolare per la visione del volume interno dei vasi. Dunque, si fanno sempre più numerosi i gruppi di ricerca che investono nello studio di nuove tecniche da utilizzare nell’ambito dell’angioscopia IR.

A seconda della lunghezza d’onda di lavoro, è necessario scegliere un sensore di immagine con la sensitività opportuna. In particolare, per le lunghezze d’onda comprese tra 0.650 µm e 0.950 µm, si possono usare sensori di immagine basati su tecnologia al silicio come Complementary

Metal-Oxide semiconductor (CMOS) e Charge-Coupled Device (CCD). Poiché il silicio non è

(23)

22 appartenente alla seconda e terza ‘finestra di trasparenza’ della radiazione NIR (1.000 µm - 2.400 µm), si usano sensori basati su tecnologia in mercurio cadmio tellurio (HgCdTe) o in arseniuro di gallio e indio (InGaAs) [13].

Figura 17 (In alto) grafico del coefficiente di attenuazione (in scala logaritmica) in funzione della lunghezza d’onda per sangue ossigenato e deossigenato, pelle e tessuto adiposo; (in basso) grafico della sensitività in funzione della lunghezza d’onda delle telecamere in tecnologia al silicio (Si), arseniuro di gallio e indio (InGaAs) e mercurio cadmio tellurio (HgCdTe).

5.1.Angioscopia NIR nella prima finestra (0.850 µm)

[14] mette a confronto le prestazioni di una telecamera per applicazioni con luce visibile (VLC) e di una telecamera per applicazioni con luce NIR, sensibile alla lunghezza d’onda di 0.85µm (NIRC), nella visualizzazione di una scena con un punto di sanguinamento generato in vitro. L’obiettivo dello studio è quello di testare quale dei due sensori di visione si presta meglio per l’imaging in interventi di cateterismo intraventricolare, in presenza di punti emorragici. Gli esperimenti sono stati condotti all’interno di un contenitore di soluzione fisiologica in quantità pari a 250 cm3, in cui è immerso un sistema che ricrea un flusso costante (a velocità 300 cm3/h) di sangue con ematocrito pari a 40%. Dalle prove, è risultato che la differenza di luminosità fra il punto di sanguinamento e lo sfondo è:

• maggiore nelle immagini acquisite da VLC nella prima parte dell’esperimento (10% della durata totale),

• non più percepibile all’occhio umano dopo il 20% della durata dell’esperimento per VLC,

• non più percepibile all’occhio umano dopo il 90% della durata stessa per NIRC [Figura 18].

(24)

23

Figura 18 Grafico della differenza (%) mediata su 40 esperimenti di luminosità nelle immagini acquisite da VLC e NIRC in funzione della durata dell’esperimento. Con la linea tratteggiata è evidenziato il valore 12% al di sotto del quale la differenza di luminosità non è più percepibile dall’occhio umano.

Figura 19 Istantanee delle immagini acquisite da VLC e NIRC ogni 10% della durata dell’esperimento.

I risultati mostrano che la tecnologia NIRC è di gran lunga migliore rispetto a quella VLC nell’ambito dell’imaging attraverso il sangue, per applicazioni di cateterismo intraventricolare. Tuttavia, l’implementazione di tale tipo di sistemi di visione è ad oggi limitata da problemi legati principalmente alle telecamere in sé, alle sorgenti luminose ed ai sistemi di fibre ottiche necessari per l’illuminazione.

5.2.Angioscopia NIR nella terza finestra (1.500 µm – 2.400 µm)

Sono stati sviluppati ad oggi due sistemi in grado di fornire una guida per il catetere aggiuntiva a quella fluoroscopica, durante interventi di chirurgia mini-invasiva:

1. Cardioptics system [15],

(25)

24

Cardioptics system è composto da una telecamera IR in tecnologia InGaAs con area fotosensibile da 320x256 pixel e un sistema per il trasporto della radiazione luminosa formato da 2900 fibre [Figura 20, Figura 21]. Le lunghezze d’onda di illuminazione di lavoro dello strumento sono comprese nell’intervallo 1,560 µ m - 1,640 µm e sono erogate da serie di diodi laser. Esperimenti condotti su animali hanno dimostrato che questo sistema è in grado di vedere attraverso il sangue fino a distanze comprese fra 1 cm - 2 cm con un campo di vista di circa 50° [Figura 22].

Figura 20 Cardioptics imaging system.

Figura 21 Diagramma a blocchi del Cardioptics imaging system.

(26)

25 In [17], è riportato uno studio comparativo condotto sui cani della qualità delle immagini ottenute da un sistema di imaging IR e da un sistema di imaging fluoroscopico.

Figura 23 Immagine della diramazione del seno coronarico acquisita da un sistema di imaging IR e da uno fluoroscopico.

Con l’innovativo sistema IR, a differenza di quello fluoroscopico, è possibile apprezzare il cambiamento temporale di forma e posizione dell’ostio coronarico, in procedure di lunga durata. Sebbene la composizione del sangue e l’ematocrito dei cani siano molto simili a quelli umani, esistono delle differenze nella densità ottica degli eritrociti. Per questo motivo, potrebbe rivelarsi molto utile disporre di sistemi multi-cromatici di illuminazione a diodi laser. Un’applicazione di questo tipo di approccio è stata realizzata progettando una configurazione di stack 3x3 di diodi laser [17]. Questa soluzione garantisce, tramite la generazione di un gradiente termico, un’illuminazione multi-cromatica di potenza luminosa sufficiente alla visione attraverso profondità di sangue dell’ordine del cm (10W) e di lunghezza d’onda compresa in intorni di 1.300µm, 1.500µm e 1.800µm [Figura 24]. La qualità delle immagini acquisite risulta notevolmente migliorata, dal momento che la lunghezza d’onda di 1.300µm consente di acquisire informazioni relative a profondità molto elevate (il coefficiente di assorbimento a 1.300µm è 0.1cm-1 invece a 1.550µm e 1.800µm è rispettivamente 5cm-1 and 4cm-1), mentre le lunghezze d’onda di 1.500µm e 1.800µm producono immagini IR ad elevata risoluzione, in quanto si trovano in regioni a minor scattering.

(27)

26

Figura 24 (In alto) grafico dell’intensità luminosa in funzione della lunghezza d’onda per un singolo diodo laser; (al centro) stesso grafico per un array 3x3 di diodi laser sistemati in stack che garantiscono dissipazione di calore e un gradiente termico lungo tutto l’array; (in basso) stesso grafico relativo ad un array 3x3 di diodi laser emittenti a tre diverse lunghezze (1300nm,150nm,1800nm).

Angiocam System sviluppato da Angiocam Infrared Region Vision System Gmbh, combina una

telecamera IR con un sistema di illuminazione con lunghezze d’onda comprese in intorni di 1,7µm, 2.1µm e 2.2µm. Si prevede che i test clinici saranno svolti tra qualche anno. Questo sistema di imaging permetterà di ottenere un notevole miglioramento della qualità delle immagini, dovuto all’assenza di trasmissione del segnale luminoso attraverso fibra ottica. Infatti, il sistema di visione, comprensivo di telecamera e sistema di illuminazione, è posizionato sulla punta del catetere. Questa innovativa tecnologia sarà in grado di generare immagini con risoluzione fino a 20000 pixels con un campo di vista di almeno 25° e una profondità di penetrazione che varia tra 5 mm e 12 mm. La velocità di acquisizione di tale sistema di visione sarà pari a 15 fps.

(28)

27 Questo sistema rappresenterà un ausilio durante manovre di cateterismo intravascolare per interventi di chirurgia mini-invasiva, per il trattamento di CVD.

6.

Conclusioni

L’aumento dell’incidenza di CVD a livello mondiale e l’importante impatto socio-economico comportato, hanno reso indispensabile gli studi volti al miglioramento delle tecniche chirurgiche MIS, scelte per il trattamento di simili patologie per la notevole riduzione che comportano dei rischi intra-operatori e post-operatori. Uno dei più importanti problemi da affrontare per rendere queste manovre intravascolari affidabili, è garantire un sistema di acquisizione real time per l’imaging del volume interno al vaso in cui il catetere utilizzato per gli interventi si muove. Questo permetterebbe sia di identificare l’eventuale presenza di ostruzioni del vaso sia di fornire un ausilio alle tecniche di guida del catetere stesso. Infatti, la perdita dell’accesso diretto all’area di intervento da parte dell’operatore rende queste procedure chirurgiche altamente complesse. Ad oggi, sono disponibili numerose metodiche di imaging intravascolare, che si possono suddividere in due gruppi, a seconda che il sistema di acquisizione delle immagini si trovi esternamente o internamente al corpo. Le tecniche di imaging basate su un approccio di tipo ottico sono quelle su cui ad oggi la ricerca sta puntando maggiormente, in quanto, per il tipo di radiazione elettromagnetica di cui fanno uso, permettono di ridurre al minimo i rischi per il paziente e gli operatori sanitari. Studi condotti sulle proprietà ottiche del sangue hanno mostrato che gli effetti di assorbimento e scattering si attenuano sensibilmente in tre specifiche regioni frequenziali dell’infrarosso (0.650 µm – 0.950 µ m, 1.000 µm – 1.350 µ m, 1.500 µm – 2.400 µm), rendendo il sangue trasparente alla radiazione con queste lunghezze d’onda. Dunque, è risultato conveniente indirizzare la ricerca di innovative tecniche per l’imaging intravascolare, verso metodiche di angioscopia IR. Queste tecniche eliminano completamente i rischi per il paziente derivanti dall’utilizzo di radiazione ionizzante, dall’ostruzione totale del vaso e dalla pressione esercitata dalla soluzione fisiologica iniettata per liberare temporaneamente il campo di vista del sensore dal sangue, necessari per gli approcci di angioscopia classica. Ad oggi, è possibile trovare applicazioni nell’ambito dell’angioscopia NIR, all’interno della terza ‘finestra di trasparenza’ del sangue (Cardioptics System, Angiocam Sysem). Altri studi hanno dimostrato che anche per lunghezze d’onda più basse (0.650 µm – 0.950 µm), si riescono ad ottenere immagini del volume interno dei vasi di buona qualità.

Sulla base di questo incoraggiante risultato, questo lavoro di tesi si prepone di investigare la resa di sistemi di visione con luce di lunghezze d’onda appartenenti alla prima ‘finestra di trasparenza’ del sangue, nell’ambito dell’imaging intravascolare. Nonostante dal punto di vista

(29)

28 della generazione delle immagini, le proprietà ottiche del sangue risultino maggiormente favorevoli nelle seconda e terza ‘finestre di trasparenza’, obiettivo di questo studio è stato quello di dimostrare che si possono ottenere delle immagini nella prima finestra confrontabili con quelle ottenute nelle due successive. La motivazione di un simile scopo risiede nell’esigenza di utilizzare sensori di immagine a specifiche tecnologie, a seconda delle lunghezze d’onda di illuminazione. Per applicazioni nel range del NIR (0.650 µm – 0.950 µm), si può optare per le tecnologie tipiche di applicazioni con luce visibile che sono altamente diffuse e consolidate. Questo risulterebbe allo stesso tempo in una notevole diminuzione dei costi dei sistemi di visione per angioscopia e in un significativo vantaggio dal punto di vista del livello tecnologico raggiunto da tali sistemi.

(30)

29

Capitolo 2

Caratterizzazione di telecamere miniaturizzate commerciali

CMOS nel vicino infrarosso (NIR)

1.

Introduzione

In questo capitolo, vengono descritti gli esperimenti condotti su due sensori di immagine in tecnologia Complementary Metal-Oxide Semiconductor (CMOS) con illuminazione nel range del vicino infrarosso, al fine di testarne le prestazioni nell’ambito di applicazioni di imaging endovascolare. I test sono stati condotti su due spy-cam (Misumi Electronics Corporation,

Taiwan) disponibili sul mercato:

• Ultra Mini CMOS B/W Camera con sistema di illuminazione integrato a quattro leds che emettono nelle lunghezze d’onda di 0.850µm (modello MO-T8706LSW);

• Ultra Mini CMOS B/W Camera con sistema di illuminazione integrato a sei leds che emettono nelle lunghezze d’onda di 0.940µm (modello MO-T9706LSW) [Figura 26].

Nello specifico, questi test sono stati condotti utilizzando sia sangue umano sia succo di pomodoro. Questo fluido infatti, consistendo principalmente in una sospensione di cellule della pianta di pomodoro, presenta caratteristiche simili a quelle del sangue. Le cellule biologiche hanno tutte approssimativamente un diametro di 10µm e differiscono soltanto per l’indice rifrattivo, dipendentemente dal loro contenuto proteico, e per la loro concentrazione. Per questo motivo, risultati di esperimenti condotti in letteratura hanno mostrato che a parità di lunghezza d’onda, è possibile visualizzare strutture attraverso il sangue per distanze due volte inferiori a quelle raggiungibili nel succo di pomodoro [19]. Questo risultato non cade in contrapposizione con il dato fisico per cui la concentrazione di cellule biologiche nel sangue è pari al doppio di quella che si trova nel succo di pomodoro.

(31)

30 L’obiettivo di queste prove è stato il confronto delle prestazioni delle due telecamere CMOS alle due diverse lunghezze d’onda di illuminazione; inoltre sono state utili per definire e validare un protocollo sperimentale che poi è stato utilizzato anche per la caratterizzazione del sensore CMOS custom, Vector1.

2.

Protocollo sperimentale – Prima prova

Attraverso l’elaborazione in ambiente Matlab di un’unica immagine acquisita dal sensore ad una specifica lunghezza d’onda di illuminazione, il protocollo consente di risalire ad un’approssimazione dello spessore di fluido attraverso cui il sensore è in grado di visualizzare un

target. Infatti, il parametro quantitativo assunto per il confronto dei due dispositivi è la distanza

attraverso cui ciascuno di essi è in grado di visualizzare target immersi in fluidi con particelle in sospensione, come il sangue. In applicazioni di imaging per cateterismo intravascolare, saranno utili sensori di visione e lunghezze d’onda di illuminazione tali da consentire la visualizzazione di un target attraverso il mezzo alla maggiore distanza possibile.

La prima prova del protocollo sperimentale ha riguardato la ricostruzione del profilo di spessore della goccia di sangue umano interposta fra target e telecamera. Infatti, soltanto a partire dalla conoscenza dell’altezza della goccia di fluido in ogni suo punto, sarebbe possibile risalire all’altezza della stessa goccia nel punto dell’immagine in cui è possibile la visualizzazione del

target retrostante. Si è dunque cercato di risalire alla relazione matematica esistente tra l’altezza

della goccia e i punti del piano su cui è stata deposta. In un primo tentativo, si ci è basati sull’ipotesi secondo cui esiste una relazione fra l’intensità dei pixel nell’area dell’immagine occupata dal campione di sangue e l’altezza del campione stesso in quel punto.

2.1.Set up sperimentali

Per questa sessione di prove, è stata prevista la deposizione di una piccola quantità di sangue umano direttamente sull’obiettivo dei sensori, protetto precedentemente da uno strato di pellicola alimentare in polietilene. Questo materiale risulta essere del tutto trasparente sia alla luce visibile sia alle lunghezze d’onda di lavoro (0.850µm e 0.940µm). Il sangue, prelevato da donatore umano è stato utilizzato privo di eparina. Questo ha fatto si che immagini acquisite immediatamente dopo il prelievo del campione siano molto diverse da quelle invece acquisite a distanza di qualche minuto, a causa del repentino cambiamento delle proprietà fisiche e ottiche del sangue dovuto alla coagulazione. Il target a scacchiera di colore bianco e nero scelto è stato posto a una distanza dalle telecamere di 5cm, a cui corrisponde il fuoco della lente del

(32)

31 dispositivo. Le immagini sono state acquisite tramite un fram grabber (Cinergy XS., Terratec) utilizzando il software in dotazione [‘Terratec Home Cinema’ (versione 6)].

2.2.Risultati

Le immagini in scala di grigi formato bitmap (640x480) sono state elaborate in ambiente di lavoro Matlab. L’algoritmo di analisi ha previsto l’aumento del contrasto e la suddivisione delle immagini in regioni a isodensità. I risultati hanno messo in maggiore evidenza la discontinuità presente nei valori dei pixel dell’area dell’immagine occupata dal campione di sangue. Ciò ha confermato l’ipotesi iniziale secondo cui il sensore dà risposte diverse alla radiazione incidente a seconda della profondità di fluido attraverso cui essa viene trasmessa.

Figura 27 Confronto: applicazione della procedura di suddivisione in regioni a isodensità all’immagine originale e a quella equalizzata acquisita da telecamera con illuminazione a 0.850µm.

Figura 28 Confronto: applicazione della procedura di suddivisione in regioni a isodensità all’immagine originale e a quella equalizzata acquisita da telecamera con illuminazione a 0.940µm.

Il passo successivo dell’algoritmo di analisi delle immagini è stato la ricostruzione del profilo di spessore della goccia deposta sulla lente. Per rendere lo studio più preciso, si è scelto di lavorare sull’immagine originale, estraendo da essa più righe di pixel parallele selezionate in modo da comprendere tutte le altezze della goccia di fluido e valutate preliminarmente tramite analisi visiva delle immagini. L’analisi dell’andamento del valore dei pixel nelle righe estratte ha mostrato la presenza di due regioni a differente andamento, di cui:

(33)

32 2. la seconda relativa al target a scacchiera bianco e nero retrostante il fluido.

Figura 29 (A sinistra) immagine originale acquisita da telecamera con illuminazione a 0.850µm con evidenziata la posizione delle tre righe di pixel estratte; (a destra) grafico dell’andamento del valore dei pixel delle righe estratte.

Figura 30 (A sinistra) immagine originale acquisita da telecamera con illuminazione a 0.940µm con evidenziata la posizione delle tre righe di pixel estratte; (a destra) grafico dell’andamento del valore dei pixel delle righe estratte.

Il fatto che il valore dei pixel non oscilli tra un massimo (colore bianco del target) e un minimo (colore nero del target) fissi nella seconda regione del grafico lascia spazio all’ipotesi per cui nelle immagini siano presenti errori di misura da imputare principalmente all’aberrazione ottica. Infatti, le aberrazioni possono dare, in maniera più accentuata nella periferia dell’immagine, scarsa nitidezza, deformazioni dell'immagine, differenze tra le immagini corrispondenti ai diversi colori, non uniformità della luminosità. Per stimare questo rumore è stato necessario acquisire l’immagine di un target monocromatico in condizioni identiche a quelle utilizzate per il campione di sangue. L’analisi visiva della suddetta immagine ha mostrato in modo più evidente l’effetto dell’aberrazione ottica che si traduce principalmente in variazioni del valore dei pixel non legate a variazioni reali di colore del target, specie nella zona periferica del campo di vista [Figura 31, Figura 32]. Il rumore è stato dunque calcolato come la differenza tra il valore acquisito del pixel e il valore medio dei pixel più centrali dell’immagine, assunto come valore corrispondente al colore reale del target. In questo modo, è stato possibile stimare il rumore di misura in base alla localizzazione del pixel all’interno della matrice dell’immagine. La ‘matrice rumore’ così ottenuta è stata quindi sottratta a quella dell’immagine originale, ottenendo il valore ideale dei pixel su cui compiere l’analisi del profilo di spessore [Figura 33, Figura 34].

(34)

33

Figura 31 (A sinistra) immagine originale del target monocromatico acquisita da telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 850nm. (A destra) stessa immagine dopo l’applicazione della procedura di eliminazione della distorsione introdotta dalla lente.

Figura 32 (A sinistra) immagine originale del target monocromatico acquisita da telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 940nm. (A destra) stessa immagine dopo l’applicazione della procedura di eliminazione della distorsione introdotta dalla lente.

Figura 33 (A sinistra) immagine senza distorsione della lente acquisita da telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 850nm. E’ stata evidenziata la posizione delle tre righe di pixel estratte per l’elaborazione. (A destra) grafico dell’andamento del valore dei pixel delle righe estratte.

Figura 34 (A sinistra) immagine senza distorsione della lente acquisita da telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 940nm. E’ stata evidenziata la posizione delle tre righe di pixel estratte per l’elaborazione. (A destra) grafico dell’andamento del valore dei pixel delle righe estratte.

(35)

34 Per procedere con il fitting del valore dei pixel appartenenti alla prima regione del grafico di tutte le righe estratte dall’immagine, è stato necessario stabilire un criterio per la scelta del pixel di confine tra le due regioni. Già da una prima analisi visiva delle immagini, risulta evidente che non esiste una divisione netta tra la prima e la seconda regione. Come criterio di scelta del pixel di confine tra le due regioni, si è adottata la ricerca del pixel a valore minimo all’interno della zona del grafico che a occhio presenta oscillazioni non marcate e che quindi con più alta probabilità rappresenta la prima regione [Figura 35, Figura 36]. Questo pixel rappresenta il punto dell’immagine in corrispondenza del quale è possibile la visualizzazione del target retrostante e per questo è di cruciale importanza per l’intera analisi.

Figura 35 Andamento del valore dei pixel appartenenti alla prima regione del grafico, per la telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 850nm.

Figura 36 Andamento del valore dei pixel appartenenti alla prima regione del grafico, per la telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 940nm.

A questo punto, è stato necessario trovare una corrispondenza tra:

1. il valore del pixel e l’altezza del fluido;

2. il numero dei pixel e l’estensione in mm del raggio della goccia rappresentato dalla riga di pixel estratta dall’immagine.

Per quanto riguarda il primo punto, si è fatto riferimento a dati presenti in letteratura relativamente all’altezza media delle gocce di fluido. Il valore del pixel più chiaro della riga estratta, corrispondente al punto di massima altezza della goccia, si è ipotizzato essere corrispondente ad un’altezza del fluido pari a 1.2mm. E’ stato possibile considerare questa

(36)

35 approssimazione, dal momento che sono state condotte delle misurazioni sull’altezza di diverse gocce dello stesso volume di sangue, depositate sul medesimo tipo di substrato. Da una media di tali misure è risultato il valore sopra riportato e assunto come altezza massima tipica della goccia in esame. Per quanto riguarda il secondo punto, è stato necessario acquisire l’immagine di un

target di dimensioni note per risalire alle caratteristiche dimensionali delle acquisizioni delle due

telecamere testate [Figura 37]. In questo modo, nella funzione matematica che meglio fitta i dati sperimentali, la variabile indipendente è rappresentata dalla distanza [mm] dal punto della goccia a massima altezza, mentre la variabile dipendente dall’altezza della goccia in un punto preciso dell’immagine. Dall’analisi dell’immagine del target di dimensioni note sviluppata tramite

software GIMP, è stato possibile risalire alla relazione esistente tra la rappresentazione

dell’oggetto ripreso da telecamera nelle medesime condizioni della goccia di sangue, e le sue dimensioni reali. In particolare, è risultato che 1 pixel dell’immagine corrisponde a 6 µm.

Figura 37 Immagine di un target quadrato di dimensioni 2mmx2mm.

Si è proceduto quindi con il fitting vero e proprio dei dati attraverso l’uso del ‘Curve Fitting

Tool’ di Matlab [Figura 38, Figura 39].

Figura 38 Profilo di spessore della goccia ricavato dalle immagini acquisite da telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 850nm.

(37)

36

Figura 39 Profilo di spessore della goccia ricavato dalle immagini acquisite da telecamera Misumi con sistema di illuminazione integrato emittente a 940nm.

Tutta la procedura è riportata in Appendice A.

2.3.Conclusioni

Dall’analisi dei risultati ottenuti, si è visto che la strategia adottata e le ipotesi di lavoro assunte non si sono prestate ad una corretta caratterizzazione del profilo di altezze della goccia di sangue. Uno degli aspetti negativi più evidente è l’ottenimento di un valore al disotto dello zero per l’altezza della goccia in corrispondenza della quale è possibile visualizzare il target retrostante, nel caso della telecamera con sistema di illuminazione emittente a 0.940µm [Figura 39]. Gli aspetti a cui può essere attribuita la forte dipendenza dei risultati dall’immagine elaborata sono di seguito riportati:

1. la scelta delle righe da estrarre dall’immagine non è standardizzata, ma anzi si basa su considerazioni definite tramite analisi visiva delle immagini. Non si ha dunque la certezza di considerare effettivamente righe che attraversano tutte le altezze del campione di sangue, a partire esattamente dal punto corrispondente all’altezza massima della goccia;

2. il criterio utilizzato per l’individuazione del pixel di confine tra la regione della riga appartenente al campione di sangue e quella appartenente al target retrostante è molto debole. La non ottima qualità delle immagini acquisite e le lunghezze d’onda di lavoro (non siamo nell’intervallo di lunghezze d’onda del visibile, quindi non è possibile visualizzare i contorni reali della goccia), non consentono di avere una buona approssimazione delle coordinate del punto dell’immagine in corrispondenza del quale è possibile visualizzare il target retrostante;

3. la standardizzazione dell’altezza massima della goccia di sangue, assunta essere in media pari a 1.2 mm, rappresenta un’approssimazione troppo forte delle caratteristiche della goccia. Non si tiene conto della variabilità della forma della goccia e si trascurano eventuali differenze tra i set up sperimentali allestiti per i due differenti sensori testati;

Figura

Figura 9 Grafico del coefficiente di assorbimento dell'acqua e dell'emoglobina in funzione delle lunghezze d'onda  comprese fra l'ultravioletto e l'infrarosso
Figura 13 Figura di un globulo rosso con dimensioni principali in evidenza.
Figura 16 Proprietà ottiche di assorbimento e scattering del sangue in funzione della lunghezza d’onda
Figura 44 Intero set up sperimentale.
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