RIFIUTO AL
La scelta di una donna sessantenne con un piede in cancrena «Preferisco la morte all’amputazione»
Milano, i medici si rivolgono alla Procura: «Come possiamo salvarla?».
I pm: «Senza consenso non si può obbligarla»
MILANO - Maria si spegnerà tra pochi giorni. Secondo i medici ha poco da vivere. Maria potrebbe salvarsi.Se accettasse l’amputazione del piede destro potrebbe allungare di molti anni la sua vita. Il suo male è una cancrena. Si può operare. Ma Maria non vuole. Ha deciso di morire. E nessuno, né i medici né la magistratura, può farci nulla. Maria - questo nome è
inventato per non violare la riservatezza della donna - ha una sessantina di anni e vive nel Milanese. Tempo fa viene ricoverata nell’ospedale San Paolo di Milano. Il suo piede destro è in condizioni disastrose per l’accanirsi di un male violento.
Con il passare del tempo il piede va in cancrena, una «gangrena umida» certifica la cartella clinica. È uno stato che prelude alla setticemia, l’infezione in grado di condurre alla morte in pochissimo tempo.
Quando i medici del San Paolo si rendono conto della situazione, l’unica cosa che ormai resta da fare è amputare il piede. E bisogna farlo presto. Molto presto.
Presa la decisone di dare corso all’intervento chirurgico, i sanitari si rivolgono a Maria chiedendole di dare il suo consenso all’operazione. Ma Maria il consenso non vuole darlo. Un problema non da poco per i sanitari i quali ritengono che la donna non abbia più di qualche giorno di vita. Corriere della Sera 31/01/04
«Preferisco la morte all’amputazione»
Come superare l’ostacolo rappresentato dalla pervicace volontà di Maria? Quel «No» può essere aggirato solo se viene accertato che la paziente non è in grado di badare a se stessa. Al San Paolo si decide, come da prassi, di sottoporre Maria ad un esame psichiatrico. Il risultato dell’accertamento deve lasciare l’équipe medica di sasso: la paziente non è matta, probabilmente ha «una concezione parafilosofica della vita» non condivisibile, forse
l’ambiente familiare nel quale vive può denotare qualche tratto di originalità, ma la donna è perfettamente in grado di intendere e volere. Sa quello che fa. Tutto questo si traduce solo in un modo: il suo «No» deve essere rispettato.
Alla ricerca di una via di uscita da questa situazione di stallo, i medici si rivolgono ad un
parente della signora, sperando che sia lui a convincerla a farsi salvare la vita. E anche questa strada non porta da nessuna parte perché il familiare dice di voler rispettare la decisione della donna.
Si decide di rivolgersi alla Procura della Repubblica. Che siano i magistrati ad aiutare i medici a trovare una scappatoia in grado di risolvere dubbi e perplessità etiche e magari prevenire anche il rischio di future ripercussioni giudiziarie.
La pratica urgentissima arriva giovedì scorso sulla scrivania del sostituto procuratore di turno. Il magistrato sa di non essere obbligato ad occuparsi della questione perché intervenire non rientra tra i compiti dell’ufficio inquirente. Decide di fare qualcosa comunque.
Il magistrato consulta anche l’archivio della Corte di Cassazione. Ciò che scova è solo
un’ulteriore barriera. È la sentenza numero 26444 dell’ 11 luglio 2002. Dice che un medico risponde di violenza privata se opera un paziente che, consapevole di ciò a cui va incontro, non concede il consenso.
E mentre tutti alzano le mani sconfitti, Maria aspetta di morire.
DONNA RIFIUTA AMPUTAZIONE. SIRCHIA: “ RISPETTO LA SUA
VOLONTA’ ”
MILANO - Rispetto della volonta' della persona ma nello stesso tempo aiuto psicologico e supporto materiale per le eventuali necessita' che questa potrebbe avere. Sono queste,
secondo il ministro della salute Girolamo Sirchia due facce della stessa medaglia in merito alla vicenda della donna che ha rifiutato l'amputazione di un piede.
''Dobbiamo rispettare le decisioni dei pazienti quando rifiutano le cure (in questo caso l'amputazione) - afferma Sirchia - anche se e' giusto che i medici facciano cio' che stanno facendo: forse quella della paziente - aggiunge il ministro - e' una scelta sbagliata, ma se la donna e' capace di intendere e di volere, non c'e' possibilita' neanche per il trattamento sanitario obbligatorio''.
Quello descritto, spiega Sirchia '' e' un fenomeno che capita spesso nella pratica medica e io stesso ne ho visti nella mia esperienza clinica''. Tuttavia per Sirchia vicende del genere
''possono nascondere altri problemi come la paura del futuro, ma anche questo va
considerato nell'ambito della libera scelta dell'uomo che va rispettata. I medici hanno fatto molto bene - ha sottolineato il ministro - ma la parte piu' delicata della vicenda e' l'aspetto psicologico e l'aiuto materiale nel caso specifico: magari nell'essere disponibili ad assicurare una eventuale protesi, l'aiuto e l'assistenza in casa se la persona e' sola; ma certo tutto questo va fatto seguendo il percorso di rispetto della volonta' della persona e del supporto: sono due facce della stessa medaglia''.
Tiziana Maiolo: si' al trattamento obbligatorio. Formigoni: non forzare ma convincere
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI
DI GEOVA
DI GEOVA
1 - PAZIENTE MINORE (RIFIUTO DEI GENITORI)
1 - PAZIENTE MINORE (RIFIUTO DEI GENITORI)
1.1 - TRASFUSIONI NECESSARIE MA NON URGENTI
TRIBUNALE PER I MINORENNI (ricorso dei parenti o del PM) Art. 330 cc Decadenza della potestà sui figli
(se il genitore viola i doveri ad essa inerenti con grave pregiudizio del figlio)
Art. 333 cc Condotta del genitore pregiudizievole ai figli
(se la condotta non è tale da dar luogo alla pronuncia di cui all’Art. 330 cc, ma è comunque pregudizievole al figli, il Giudice, secondo le circostanze, può
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI
DI GEOVA
DI GEOVA
1 - PAZIENTE MINORE (RIFIUTO DEI GENITORI)
1 - PAZIENTE MINORE (RIFIUTO DEI GENITORI)
1.2 - TRASFUSIONI NECESSARIE E URGENZA ASSOLUTA
DECISIONE DEL MEDICO
Art. 54 cp Stato di necessità
• Attualità del pericolo • Gravità del pericolo
• Proporzionalità tra fatto e pericolo • Impraticabilità di soluzioni alternative
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI
DI GEOVA
DI GEOVA
2 - PAZIENTE DI MAGGIORE ETA’
2 - PAZIENTE DI MAGGIORE ETA’
2.1 - TRASFUSIONI NECESSARIE MA NON URGENTI
Informazione
Accertamento che la volontà sia liberamente espressa Rifiuto registrato in cartella
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI DI
RIFIUTO AL TRATTAMENTO: TESTIMONI DI
GEOVA
GEOVA
2 - PAZIENTE DI MAGGIORE ETA’
2 - PAZIENTE DI MAGGIORE ETA’
2.2 - TRASFUSIONI NECESSARIE E URGENZA ASSOLUTA
PAZIENTE INCOSCIENTE• Attualità del consenso
TRASFUSIONE
• Desideri precedentemente espressi (Oviedo, art 9) NON TRASFUSIONE
PAZIENTE COSCIENTE
• Autonomia del paziente (art. 32 Cost, art 33 L 833/78)
NON TRASFUSIONE
• Dovere di curare (art 54 cp, art 593 cp, art 328 cp)• Indisponibilità del bene vita
Qualora, al momento dell’intervento, il paziente non sia in
grado di esprimere la propria volontà, saranno prese in
considerazione le volontà espresse precedentemente, in
relazione all’intervento stesso.
CONVENZIONE DI OVIEDO
COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA
DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO
18 dicembre 2003
SOMMARIO
1. Premessa
2. Testi di riferimento
3. Le dichiarazioni anticipate alla luce dell’art. 9 della Convenzione sui
diritti umani e la biomedicina
4. Astrattezza e ambiguità delle dichiarazioni anticipate
5. Il fiduciario
6. I contenuti delle dichiarazioni anticipate
7. Affidabilità delle dichiarazioni anticipate
8. Vincolatività delle dichiarazioni anticipate
9. Come implementare le dichiarazioni anticipate
10. Raccomandazioni bioetiche conclusive
TRIBUNALE di MILANO
Alle 18:10 veniva disposto
Trattamento Sanitario Obbligatorio
per poter
effettuare la terapia trasfusionale, che veniva attuata alle 18:40 su decisione dei
sanitari e col ribadito rifiuto del paziente, giudicato “ancora cosciente” e in
grado di fornire “risposte orientate e corrette”.
Il paziente, apparentemente lucido e presente a se stesso, cercando di alzarsi dal
letto rifiutava fermamente la terapia invocando “Geova” … Personale medico e
infermieri trattenevano a letto il paziente che continuava a rifiutare con
“violenza” la terapia.
Intorno alle 19:40 si dava inizio all’emotrasfusione … contenendo il paziente …
Pochi minuti dopo (19:45) il paziente era “agitatissimo e incontattabile, in preda
ad uno stato di agitazione psicomotoria grave”. I sanitari decidevano di
proseguire il trattamento emotrasfusionale. Il decesso interveniva alle 20:30.
PM CHIEDE ARCHIVIAZIONE
GIP DISPONE ARCHIVIAZIONE
TRIBUNALE di MESSINA
UFFICIO GIP - 26/7/95
Fatto
Il paziente, emofilico, viene ricoverato alle 8.20 al PS in stato di
shock per emorragia interna. Trasferito in UO Rianimazione di
altro ospedale alle 15 per “gravissimo stato di shock da
emoperitoneo, coma ed insufficienza respiratoria”. Alle 17 si
prospetta la necessità di un intervento chirurgico. La moglie si
oppone, in quanto il paziente, come lei TdG, non può ricevere
trasfusioni. Il medico di turno fa sottoscrivere alla moglie una
dichiarazione con la quale ella si “assume ogni reponsabilità”
[sic] per il rifiuto al trattamento. Alle 20.30 il paziente muore.
Non risulta sia stata eseguita autopsia.
Medici e moglie del de cuius sono rinviati a giudizio per
concorso in omicidio doloso
TRIBUNALE di MESSINA
UFFICIO GIP - 26/7/95
Sentenza
A parte la
non dimostrabilità del nesso di causalità tra morte
non dimostrabilità del nesso di causalità
del paziente e omissione di un intervento chirurgico in astratto
necessario, ma non eseguito per l’opposizione del paziente alle
emotrasfusioni necessarie per garantire l’esito dell’intervento
stesso,
non è condivisibile l’assunto secondo cui il trattamento
non è condivisibile l’assunto secondo cui il trattamento
medico-chirurgico possa prescindere dal consenso del paziente
medico-chirurgico possa prescindere dal consenso del paziente
o, in caso di incapacità di consentire di questi, dei suoi
familiari [sic], specie nei casi in cui questo si presenti ad alto
specie nei casi in cui questo si presenti ad alto
rischio e dal verosimile esito infausto
rischio e dal verosimile esito infausto.
TRIBUNALE di MESSINA
UFFICIO GIP - 26/7/95
Sentenza
… Si dispone la trasmissione degli atti al PM per verificare
l’ipotesi di
omicidio colposo a carico dei sanitari del primo
omicidio colposo
ospedale che avrebbero omesso di considerare l’indicazione
chirurgica all’atto del ricovero presso il PS quando
l’intervento sarebbe stato ancora praticabile con ottime
probabilità di successo.
PRETURA CIRCONDARIALE DI ROMA
3/04/97
Fatto
Il paziente, TdG, riporta in seguito ad incidente della strada
lesioni interne di moderata entità, ma rifiuta la trasfusione e
decede per anemia acuta metaemorragica. (I medici avevano
richiesto via fax al PM l’autorizzazione a trasfondere, senza
ottenere risposta). Viene eseguita l’autopsia e il CT del PM
conclude che un immediato intervento chirurgico avrebbe con
“sostanziale certezza” evitato la morte.
PRETURA CIRCONDARIALE DI ROMA
3/04/97
Deve escludersi che il medico, a fronte di un rifiuto
consapevole del paziente a sottoporsi a trasfusioni di sangue,
abbia l’obbligo giuridico di trasfondere coattivamente il
paziente, con la conseguenza che l’evento morte, determinato
dalla omissione di detta terapia, non può ritenersi
giuridicamente attribuibile alla condotta del medico in
osservanza a quanto stabilito dall’art 40, II comma, cp
*
; gli
imputati devono essere assolti dalla imputazione di omicidio,
perché il fatto non sussiste.
* Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo