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Un sistema informativo archeologico: l'applicazione del Syslat a Fratte di Salerno

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UN SISTEMA INFORMATIVO ARCHEOLOGICO: L’APPLICAZIONE DEL SYSLAT A FRATTE DI SALERNO*

1. PREMESSA

Da alcuni anni la Cattedra di Archeologia dell’Università degli Studi di Salerno ha avviato, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica e l’Amministrazione Provinciale, un intervento sistematico di indagini nell’abi-tato antico di Fratte. L’insediamento è ubicato sulla collina di Scigliato, nella zona nord-orientale di Salerno corrispondente al rione di Fratte che gravita sul fiume Irno, in un punto in cui confluiscono i torrenti Pastorano e Granca-no. Del centro antico sono note parti dell’abitato, di aree sacre e delle necro-poli, che testimoniano la sua vitalità in un periodo compreso tra il VI sec. a.C. e la metà del III sec. a.C. (Tav. I).

Dalla fine del VI sec. a.C. l’insediamento etrusco svolse un importante ruolo di collegamento tra gli Etruschi della Campania settentrionale e le città greche della costa tirrenica, in particolare Poseidonia. Dopo un periodo di stasi riacquistò importanza nella seconda metà del IV secolo durante l’occupazio-ne sannita, fino alla fondaziol’occupazio-ne della colonia latina di Salernum l’occupazio-nel 194 a.C. L’area archeologica è stata oggetto, a partire dal 1985, di nuovi inter-venti sistematici finalizzati alla definizione di cronologie e dell’impianto ur-banistico ed alla comprensione dei vari monumenti e delle loro funzioni: i primi risultati delle indagini, unitamente allo studio dei materiali editi e ine-diti dei vecchi scavi e delle necropoli esplorate sin dall’Ottocento e mai pre-sentate unitariamente, furono pubblicati nel 1990 nel volume Fratte. Un

in-sediamento etrusco-campano (GRECO, PONTRANDOLFO 1990).

Grazie ai punti di riferimento scientifici acquisiti, dal 1995 l’indagine sistematica, tutt’ora in corso, si è posta sostanzialmente due obiettivi: il pri-mo, più strettamente scientifico, volto ad acquisire e gestire il più ampio volume di informazioni possibili, al fine di ricostruire le dinamiche geomor-fologiche ed antropiche che hanno interessato l’intero contesto territoriale di appartenenza dell’insediamento antico; il secondo, teso alla valorizzazione del parco archeologico concepito quale elemento centrale e attivo per la pia-nificazione e la riqualificazione degli spazi urbani limitrofi (PONTRANDOLFO et al. 1998).

* Questo contributo è frutto di approfondite riflessioni degli autori e dell’équipe che opera a Fratte. Lo sviluppo teorico e l’impostazione generale del Syslat presentato in questa sede è dovuta ad Alfonso Santoriello; l’analisi sull’applicazione del sistema alle necropoli e la configurazione della nuova scheda C14 con AMS è di Francesco Scelza.

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Poiché le informazioni in nostro possesso si presentavano disomogenee per criteri scientifici adottati negli interventi e qualità di documentazione prodotta dagli inizi del secolo ad oggi, è stato necessario sviluppare strategie capaci sia di assicurare una continuità negli interventi sul terreno, sia di ga-rantire una documentazione coerente e in grado di gestire e far interagire l’insieme dei dati esistenti e quelli prodotti dalla ricerca in progress.

Si è reso necessario, allora, valutare attentamente i termini dell’inter-vento archeologico, poiché, fin dal principio, il Laboratorio di Archeologia “Mario Napoli” dell’Università di Salerno ha inteso sviluppare un program-ma di ricerca che consentisse il ripristino della piena fruibilità dell’area ar-cheologica di Fratte attraverso la comprensione dell’organizzazione antica dell’insediamento, disturbata non poco dalle indagini passate, condotte non con criteri stratigrafici e secondo un paradigma interpretativo storico-archeo-logico del sito che ipotizzava una lettura organica della sua struttura, delle sue funzioni e delle sue linee di evoluzione.

In questo quadro fortemente condizionato da uno sguardo “idealistico”, la ricerca e la lettura degli oggetti e dei dati venivano sacrificate all’esigenza di coerenza dell’ipotesi interpretativa, mentre si rendeva fruibile il “bel giardino” in cui i manufatti più significativi venivano selezionati in maniera arbitraria per essere offerti alla lettura nella loro astratta e fredda individualità: la comples-sità della ricostruzione archeologica si sacrificava alla semplificazione del-l’ipotesi di lettura perdendo, di fatto, la comprensione dello spazio antico.

Nella migliore delle ipotesi operava un paradigma interpretativo che privava di valore le parti “incoerenti”, almeno fino a quando la loro consi-stenza, per numero e importanza, non si imponeva rendendo indispensabile una ridefinizione dell’ipotesi interpretativa che orientava il lavoro di scavo. Ma, invero, ben difficilmente questo accadeva, se si pensa che i tempi della ricerca sul campo, oltre che i suoi metodi, erano orientati dall’esigenza di verificare ipotesi ricostruttive “forti”. Più facilmente, una massa di indizi era trascurata e una gran parte degli oggetti e dei reperti emersi non venivano considerati. Non assumevano né significato né valore: non dicevano e non erano, quasi in una riedizione negativa del detto eleatico.

In base a questi presupposti, è emersa forte la necessità di dotarsi di un supporto elettronico e di un sistema informativo per la raccolta dei dati, che doveva garantire il superamento dei problemi imposti dalla documentazione cartacea. La massa voluminosa delle schede e dei fogli, infatti, produce sem-pre impaccio nelle operazioni di controllo e di recupero delle informazioni. Ora si dava la possibilità di ridurla all’interno di una “scatola” che risiedeva in un personal computer.

In più, il sistema di informazione doveva rispondere alla necessità di adeguare le procedure di archiviazione agli interventi di scavo condotti il più delle volte da differenti équipes di ricercatori. Il controllo di singole

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opera-zioni, quali l’assegnazione dei numeri alle Unità Stratigrafiche o la compila-zione simultanea degli inventari di scavo, deve consentire ad ogni gruppo di lavoro di procedere in maniera indipendente secondo una propria strategia e specifici obiettivi, senza compromettere l’uniformità della documentazione. Si è presa in considerazione, quale requisito del sistema, la possibilità di gestire contemporaneamente le attività e le informazioni raccolte in più siti. La costituzione di un sistema informativo archeologico si pone, in questo caso, quale presupposto conoscitivo della ricerca, partendo dallo studio dei singoli siti fino alle dinamiche più complesse di tipo territoriale. Altro ele-mento preso in esame è stato l’esigenza di uniformare e normalizzare le pro-cedure di descrizione dei dati, formalizzando il lessico attraverso dizionari via via aggiornabili.

Infine grande importanza è stata affidata alla possibilità da parte del sistema di organizzare i dati raccolti in vista della pubblicazione. La capacità di poter disporre di una documentazione non soltanto accessibile agli addetti ai lavori ma capace di essere facilmente diffusa, attendeva in pieno ai presup-posti della ricerca che si stava e si sta effettuando a Fratte. Tutti gli aspetti considerati hanno partecipato alla definizione di una metodologia, intesa quale scelta degli strumenti e loro applicazione allo svolgimento di un programma di ricerca.

2. IL SYSLAT: IMOTIVIDIUNASCELTA

Dopo accurata riflessione si è individuato nel sistema SYSLAT, destina-to espressamente alla registrazione dei dati archeologici, uno strumendestina-to che potesse garantire non solo l’uniformità dei criteri di documentazione, delle procedure di descrizione e interazione di tutti i dati (Unità Stratigrafiche, apparati cartografici, fotografici, schede reperti, etc.) ma anche la gestione e il trattamento, a più livelli, della globalità delle informazioni prodotte dalla ricerca, integrate dall’uso di procedure di calcolo statistico-quantitative. Inoltre la possibilità di collegare più banche-dati relative a diversi siti permette di proiettare il patrimonio informativo di ciascun dossier su più ampia scala, ad un livello di tipo “regionale”.

Il sistema, ideato e sperimentato dal 1984 per il sito protostorico di Lattes (Herault, Francia) da un gruppo di ricercatori del CNRS (BATS et al.

1986; POUPET et al. 1986; POUPET 1987; AA.VV. 1991; LATTARA 4; LATTARA 6;

LATTARA 10), è stato adottato dal Laboratorio di Archeologia fin dalle prime

versioni con l’obiettivo di testarne la validità e ottimizzare i risultati. Rifles-sioni e confronti costanti con l’équipe francese, il Centro “Jean Bérard” e l’Istituto Universitario Orientale di Napoli hanno consentito di personalizza-re l’applicazione adeguando sia l’organizzazione teorica che il funzionamen-to alle specifiche esigenze della ricerca archeologica a Fratte.

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Fin dall’inizio si è imposto un adattamento del sistema Syslat alle speci-fiche condizioni di scavo e alle finalità del progetto di intervento. In seguito, nel corso del lavoro, sono state approfondite le potenzialità del sistema che hanno consentito una riconsiderazione dei termini di organizzazione di uno scavo archeologico, di acquisizione e di elaborazione dei dati. Questa dispo-nibilità a sperimentare un’integrazione degli strumenti e dei linguaggi infor-mativi ha portato, da una parte, a innovare il sistema adottato e, dall’altro, a imporre una riconsiderazione del metodo di individuazione ed analisi del-l’“oggetto”, ai fini di una prima elaborazione delle ipotesi di lettura e di interpretazione del contesto direttamente sul terreno.

La nostra applicazione del sistema Syslat ha potuto verificare le poten-zialità di un metodo che non indietreggia di fronte alla gestione di grandi masse di dati, immessi in un quadro di riferimento che consente di verificare

in progress più ipotesi di lettura del contesto, lontano dalla fissità

dell’osses-sione della coerenza garantita a priori, così come dall’accumulo esponenziale di dati privi di valore che rinviano all’infinito la lettura del loro significato.

Abbiamo così tentato di elaborare una nuova metodologia di interven-to e di definire nuovi strumenti in grado di ordinare la documentazione risa-lente ad altre fasi storiche di ricerca e di integrarla con il lavoro sul campo, coordinandone le diverse specificità. Questa fase sperimentale ha convissuto con l’esigenza di contribuire ad una riflessione intorno alla gestione e all’ana-lisi delle informazioni archeologiche.

In tal senso le caratteristiche principali dell’esperienza di applicazione del Syslat a Fratte s’inseriscono all’interno di una riflessione riguardo alla natura dell’analisi archeologica e delle strategie da adottare per una raccolta, la più oggettiva possibile, delle informazioni prodotte dal terreno, che posso-no essere condizionate, sensibilmente, dall’adozione di specifiche metodolo-gie. Il contributo della tecnologia informatica consente una messa a punto delle moderne tecniche di intervento. La riflessione sugli strumenti conosciti-vi più idonei ed il loro sconosciti-viluppo anche in relazione a particolari esigenze di studio, è stata mirata alla scelta di un sistema coerente con i principi teorici sviluppati. La sintonia tra presupposti metodologici e definizione del sistema è senza dubbio un punto di merito del progetto Syslat.

In primo luogo si è posto il problema di specificare delle Unità di

Regi-strazione. Con questo termine si intendono gli insiemi destinati a raccogliere

i dati relativi a ciascun contesto di scavo. Si è affacciata, così, l’opportunità di dover determinare concetti di registrazione validi per realtà archeologiche molto differenti tra loro. Inoltre, l’esigenza di ordinare la documentazione prodotta in altre epoche di scavo ha condizionato l’ideazione dei principi di registrazione. Infatti, pur dando per scontato la scrupolosità della cataloga-zione dei dati nei vecchi sistemi quanto dei loro metodi di relacataloga-zione, si misu-ra tuttavia una difficoltà genemisu-rale e, per così dire, “teorica”. Se è sempre vero

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che l’assunzione di un complesso di dati riferiti ad un oggetto costituisce l’oggetto stesso all’interno di un sistema, ne consegue che il trasferimento di questa articolazione complessa del dato in un altro contesto e in un sistema informatico può condizionarne configurazione e valore.

Così i principi di registrazione devono corrispondere a diverse richieste: costituire una base per la registrazione delle informazioni risultanti dagli inter-venti stratigrafici; fornire un quadro di riferimento per l’interpretazione delle “azioni” riscontrate sul terreno; integrare, all’interno di uno stesso sistema di informazione, i dati relativi ad una varietà ampia di contesti archeologici.

Prendendo in considerazione questi fattori, ci è parso opportuno defi-nire, relativamente alla nostra esperienza, un concetto di sito che non si iden-tificasse esclusivamente con l’area di scavo e che non coincidesse con i limiti dello spazio in cui si effettua l’intervento archeologico. Il sito deve corri-spondere ad ogni realtà in cui si concretizzano determinati processi antropi-ci. In altre parole, esso è determinato, prima ancora che da motivi pratici legati alla delimitazione di un’indagine stratigrafica, dalla individuazione di un’attività svolta in un dato periodo di tempo. Da questo punto di vista, esso può corrispondere tanto a un contesto urbano o a una necropoli, quanto a un isolato o a un nucleo di sepolture.

L’analisi comparata di differenti realtà archeologiche è possibile a con-dizione di stabilire medesime procedure di creazione dei dati, se non si vuole ritenere assunte per immodificabili le sintesi esposte dai curatori dei prece-denti interventi.

Occorre distinguere, a tal proposito, due differenti livelli che regolano quello che possiamo definire il percorso della “creazione del dato archeolo-gico”. Il primo è rappresentato da diversi e successivi stadi di sviluppo che si concretizzano nelle operazioni di scavo, di registrazione, di archiviazione e di descrizione. L’esistenza stessa del dato è legata prima di tutto alla sua indi-viduazione sul terreno, in seguito al suo immagazzinamento all’interno di una base documentaria, quindi all’identificazione della sua natura e dei suoi composti e, infine, alla sua collocazione specifica in un insieme coerente di altri dati. L’introduzione della tecnologia informatica, quale strumento di supporto per la costituzione di una base di dati integra la sequenza di questi processi e li unifica fino a giungere alla realizzazione di sistemi informativi.

È qui che si attua il secondo livello della creazione del dato. Esso ri-guarda la capacità di rendere coerenti le singole tappe dello sviluppo della metodologia archeologica, di garantire un’uniformità nella costituzione di una base documentaria. Questo processo caratterizza l’evoluzione dell’archeologia degli ultimi anni, e la sua comprensione ci ha fatto orientare verso l’acquisizione di un sistema informatico di registrazione e di gestione dei dati.

A questo scopo sono stati definiti principi e parametri di scelta. Innanzi tutto abbiamo ipotizzato l’adozione di un sistema di informazione in grado di

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integrare insiemi di dati di natura differente. Tutta la documentazione pro-dotta nel corso di uno scavo doveva esser resa disponibile all’interno di una stessa banca di dati, dalle informazioni riguardanti la stratigrafia e la localiz-zazione topografica a quelle relative ai singoli oggetti reperiti, dalle piante ai disegni e alle fotografie. Si trattava in pratica di fare comunicare e interagire gruppi di dati tipologicamente eterogenei: formalizzazioni di realtà diverse che, dal punto di vista informatico, impongono un trattamento differenziato. Come è evidente, le informazioni testuali richiedono procedure di immissio-ne e di gestioimmissio-ne diverse da quelle adottate per le informazioni grafiche.

Lo stadio di sviluppo del sistema consente, infatti, di affermare che l’insieme dei momenti in cui si snoda il ragionamento archeologico, ossia gli aspetti riguardanti lo scavo, la registrazione, la descrizione, l’analisi e la pub-blicazione, è integrato in un medesimo processo di gestione del dato.

Questo ci ha permesso di considerare lo stretto legame esistente tra l’impiego di una metodologia coadiuvata dal supporto informatico e la defi-nizione di uno spazio interessato da fenomeni antropici, riuscendo a reimpo-stare i termini e la qualità del nostro intervento. È necessario andare oltre lo sfruttamento delle potenzialità, per così dire, quantitative di un sistema in-formativo (capacità di memoria, velocità, gestione integrata di una stermina-ta massa di dati) affinché contribuisca a disegnare una nuova immagine dello spazio investito dall’intervento sul terreno. Questa possibilità non è un’im-mediata e semplice conseguenza dell’uso di una nuova tecnologia e, meno che mai, una facoltà in dote ad un qualche programma di gestione informati-ca o sistema informativo.

Tale possibilità dipende unicamente dalla nostra capacità di definire un metodo di lavoro che assuma con piena consapevolezza critica i nuovi stru-menti e le nuove tecnologie all’interno dei propri protocolli di ricerca e del proprio paradigma interpretativo. Crediamo anche che il superamento del-l’ingenua fiducia nelle “meravigliose sorti e progressive” della tecnica e dei suoi strumenti non deve tradursi in un rifiuto del loro impiego o in una diffi-denza pregiudiziale delle loro potenzialità nel contribuire alla ricerca.

Non possiamo nemmeno credere che esista una misura puramente quan-titativa che ci permetta di cogliere, machiavellicamente, un “giusto medio” tra il rifiuto dell’uso delle tecniche informatiche e il troppo fiducioso affidar-si ad esse, quaaffidar-si che la capacità ricostruttiva di un evento attraverso masse di dati dipenda unicamente dalla loro quantità e/o dalla versatilità dei loro siste-mi di gestione. Non ci salva da rischi né un uso “siste-minimo” dei sistesiste-mi infor-matizzati ridotti a semplici supporti di catalogazione, né un uso “massimo” che, invece, assegna ad essi capacità interpretative.

Occorre tener ben presente, come problema, il dato di fatto che meto-dologia e finalità della ricerca si integrano indissolubilmente e che l’utilizzo di tecnologie avanzate modifica, inevitabilmente, il modo di fare

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archeolo-gia, imponendo rigide procedure di analisi, documentazione e controllo dei dati.

In attesa che si definisca ciò che possiamo considerare una sorta di “critica della ragione strumentale”, dobbiamo operare con estrema accortez-za nell’impiego di nuove tecnologie e dei suoi strumenti. Non si può non tener conto di due principi fondamentali: le tecniche, perché siano dominate e sottomesse ai fini della ricerca, devono essere considerate e conosciute nei propri principi; le argomentazioni scientifiche, soprattutto in archeologia, non possono non essere consapevoli dei propri limiti, e dei limiti di operati-vità dei propri strumenti.

Partendo da queste considerazioni, in base alla nostra concreta espe-rienza sul terreno, abbiamo potuto valutare la produttività di un orientamen-to che ha teso a mantenere e non ridurre la complessità del daorientamen-to archeologico che un sistema informativo consente, per utilizzarlo ai fini di una piena com-prensione dei fenomeni che lo hanno determinato.

La “riduzione a semplice”, implicita in ogni operazione di lettura inter-pretativa, procede attraverso la marginalizzazione, o addirittura la soppres-sione di quantità più o meno numerose di dati riferibili all’oggetto, conside-rati ininfluenti o incoerenti. La nostra esperienza ci ha mostrato che è possi-bile mantenere tutti gli elementi reperiti, e farli partecipare a diversi livelli di lettura, pur in presenza di ipotesi interpretative che ne operano una selezione di “valore”. In questo modo il “circolo ermeneutico” per cui, nel processo interpretativo, ciò che si deve comprendere risulta già, in qualche maniera, preliminarmente compreso, non si chiude, ma si dispone continuamente in “ascolto” del dato.

Già queste prime considerazioni riflettono l’esigenza avvertita che si operi una critica del metodo archeologico conseguente alla creazione di mez-zi e tecniche di elaboramez-zione informatizzata. Senza proporsi di mettere in discussione strumenti di analisi efficaci e accettati da tutti, quali quelli del-l’indagine stratigrafica, è necessario, però, che essi operino attivamente nel processo di individuazione delle caratteristiche specifiche di un dato, nella sua complessa relazione con il “luogo” archeologico.

All’interno della proporzione stabilita tra complessità della lettura del dato, dello spazio in cui esso si materializza e delle tecniche di indagine stra-tigrafiche, l’utilizzo di un sistema di informazione automatizzato non si pone come uno strumento aggiunto che tende a semplificare la raccolta dei dati, ma propone l’integrazione tra i momenti di reperimento delle informazioni e la loro trasmissione, seguendo il criterio che abbiamo definito “processo di creazione del dato”.

L’attuazione di tale percorso, dall’individuazione del dato fino alla sua interpretazione, mantiene intatta l’articolazione dell’informazione solo se gestito con coerenza. L’uso di un sistema informativo deve operare prima di

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tutto in relazione a tali ipotesi di funzionamento: assicurare le procedure di gestione e trattamento dei dati più idonee all’intervento sistematico sul terre-no. Tuttavia, se è sempre vero che ogni forma di espressione seleziona e con-diziona il modo di rappresentare gli oggetti reali, anche l’uso del linguaggio informatico opera una riduzione della realtà ai suoi dati funzionali. Si tratta di essere consapevoli di questo limite per evitare che l’assunzione “ingenua” di una tecnologia nuova e moderna possa stravolgere gli schemi ricostruttivi di un’indagine archeologica.

Crediamo che tempi e tecniche della ricerca debbano essere ripensati anche in funzione della loro compatibilità e della loro integrabilità in sistemi di gestione, ma soprattutto di elaborazione informatizzata dei dati. L’infor-matica ha messo a disposizione sistemi applicativi, di organizzazione e di gestione dei dati, che possono interagire con gli stessi metodi di scavo. Risul-ta evidente l’esigenza di una stretRisul-ta collaborazione tra l’archeologo e l’infor-matico, e la piena capacità da parte del primo di adoperare, ai fini di una corretta e completa organizzazione dei processi di scavo, le conoscenze mate-matiche e la tecnica informatica.

Questa nuova frontiera, che si presenta come un terreno d’incontro tra discipline diverse tra loro, fino a qualche tempo fa distanti, e che definisce l’archeologia come campo privilegiato delle discipline umanistiche nell’inte-grazione con le tradizionali scienze esatte, impone di rielaborare i termini delle strategie di intervento in relazione ad una rinnovata capacità e modalità da parte dell’archeologia di incidere nella definizione storiografica delle atti-vità umane.

La nozione di sistema di informazione riferita al Syslat esplica bene il tipo di impatto appena delineato: «Il Syslat è un sistema di informazione e non semplicemente un metodo di scavo od una base di dati informatica» (LATTARA 10, 17).

Potremmo aggiungere che la sua creazione è dipesa dalla volontà di pensare la complessità dell’approccio dell’archeologia nel trasformare le in-formazioni raccolte dal terreno in documento storico. La complessità del dato contribuisce a restituirci la “singolarità” dell’evento e del fatto archeo-logico, all’interno di uno spazio fisico definito come luogo di relazione ed espressione della molteplice articolazione del dato stesso.

Da qui derivano le potenzialità informative del sistema, in altre parole la capacità di definire gli strumenti conoscitivi in grado di individuare ed analizzare il dato, adeguandoli agli scopi della ricerca, alle caratteristiche del sito ed ai mezzi materiali e scientifici disponibili.

In tal senso, l’adozione del sistema di informazione Syslat si è caratte-rizzata come una scelta che intesa a definire complessivamente i presupposti teorici ed organizzativi del lavoro sul terreno e in laboratorio: dalla raccolta sul campo, dall’immagazzinamento in una base documentaria fino all’analisi

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interpretativa ed alla pubblicazione dei dati. Presupposti fondamentali, que-sti, per restituire in pieno il senso della fruizione di una realtà archeologica evitando che le sue molteplici potenzialità vengano ridotte.

3. L’APPLICAZIONEDELSISTEMA

La base informatica di dati è costituita dalla totalità delle informazioni relative al sito di Fratte e ha preso nome di SysFra (Système Fratte), secondo la prassi standard di denominazione delle banche dati in Syslat (Système

Lattes). I dati sono riuniti in diverse cartelle o pile a seconda della loro

varie-tà tipologica. L’insieme delle pile definisce un dossier di sito (SysFra) caratte-rizzato appunto da un codice di identità costituito in genere da una sigla di tre o più lettere (Fig. 1). Ogni cartella di dati ha un nome formato da una

radice che indica la natura della pila in questione e da un suffisso

corrispon-dente al codice di personalizzazione (ad esempio la pila delle informazioni ceramiche del sito di Fratte è caratterizzata dal nome Cerfra dove Cer speci-fica céramique).

Dal punto di vista tecnico il sistema Syslat sfrutta le capacità del pro-gramma Hypercard, una interfaccia di collegamento che fornisce diverse pos-sibilità: rendere omogenei i formati degli schedari sotto forma di cartelle; consentire l’interazione delle utilità di gestione, di ricerca e di documentazio-ne con gli schedari, e la comunicaziodocumentazio-ne delle cartelle dei dati tra loro. Hypercard si presta per stabilire un legame tra dati interni e programmi esterni quali word processor, fotoritocco, fogli elettronici, etc. con i quali trattare i dati in formato testuale, grafico e fotografico.

Se è evidente che il programma informatico costituisce un utile stru-mento di archiviazione e di gestione dei dati di scavo, permettendone la veri-fica e il controllo in sede di immissione e garantendone un rapido reperimen-to, è pur vero che esso non rappresenta che una parte delle potenzialità del sistema di informazione Syslat, in cui sono trattati tutti gli aspetti che riguar-dano un’indagine sul terreno.

Qui non proporremo un’articolata e completa presentazione tecnica del sistema, per la quale rimandiamo alla bibliografia già citata, ma trattere-mo principalmente dell’aspetto relativo all’organizzazione dei dati archeolo-gici dell’area di Fratte di Salerno attraverso un’applicazione e una rielabora-zione del Syslat.

L’insediamento di Fratte, come già detto, ha subito notevoli danni a causa della moderna espansione urbana della città di Salerno e di interventi di scavo condotti con metodi non stratigrafici. Pertanto la comprensione del-la sua evoluzione storica non può prescindere da un corretto e meticoloso lavoro organizzativo, in grado di recuperare i risultati dei passati interventi facendoli interagire con le attuali strategie. In tal senso, dato che le recenti

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campagne di scavo hanno indagato un’area compromessa, è stato necessario individuare i settori e le modalità degli interventi trascorsi, e distinguerli da

Zone ancora intatte.

L’adozione del Syslat ha permesso di sistemare i dati secondo un palin-sesto stratigrafico: è stata costruita una sequenza di strati e di strutture che ha offerto la possibilità di valutare le singole tappe del processo di occupazione del sito. Una divisione funzionale dello spazio entro cui inserire i dati ha favorito il raggiungimento di tale scopo. Sono state individuate sul terreno

Zone e Settori che oltre a rappresentare degli “ambiti” di lavoro,

costituisco-no anche delle cellule in cui si materializza l’organizzazione del sito, divisioni spaziali che rispecchiano le principali componenti della sua struttura.

In effetti «più una Zona corrisponde a qualche cosa di identificabile e di unitario, più l’uso di questa nozione è semplice sia dal punto di vista mate-riale che intellettuale» (LATTARA 10, 26). In generale, all’interno di un’area di

scavo, la definizione di ambiti che siano regolati da una qualche coerenza produrrà un quadro per l’interpretazione e la sequenza delle Unità

Stratigra-fiche, fondamento base della registrazione ed elemento pilota di tutto il

siste-ma inforsiste-matico, necessariamente attribuite a questi ambiti topografici ben delimitati. È evidente che il metodo di scavo basato su tali principi concretiz-zerà i suoi interventi all’interno delle unità spaziali così definite.

Talvolta, però, le dimensioni ampie di una Zona non consentono di indagarla per intero in un’unica campagna. Per questo motivo si applica un’ul-teriore divisione dell’area di scavo che prende il nome di Settore. La

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zione di quest’ultimo può essere totalmente arbitraria, e la sua estensione può dipendere dall’individuazione all’interno di una Zona di un sottoinsieme di coerenza interna e/o funzionale, come dall’apertura di differenti sondaggi di approfondimento stratigrafico. La differenza principale tra la Zona ed il

Settore consiste nel fatto che quest’ultimo non interviene nella definizione

del numero di Unità Stratigrafica. Difatti tutte le Unità Stratigrafiche, quale che sia la loro natura (positiva, negativa o di costruzione), sono inventariate secondo uno stesso sistema di numerazione. Questo prevede l’adozione di una sigla formata dal numero di Zona alla quale appartiene, seguito da tre cifre. Per numerare ad esempio la prima US della Zona 1 si scriverà 1001. Nondimeno è obbligatorio che l’indicazione della sigla del settore compaia nella scheda dello strato. In altri termini in una stessa Zona le US si ripartiscono in maniera non continua in ciascuno dei settori esplorati. Infatti una singola

US fa sempre parte di una sola Zona, ma può appartenere a più Settori. Ogni Zona può contenere un massimo di 999 US (ad esempio da 1001 a 1999).

Nel caso in cui ci si accorgesse, in corso di scavo, che una US appartie-ne ad una Zona differente da quella a cui è stata assegnata, ad esempio a causa di un errore di valutazione della stessa, si può operare il transfert. Que-sta procedura, facilitata senz’altro dallo sviluppo informatico del sistema di gestione, permette il passaggio di una US da una Zona ad un’altra, senza doverne mutare il numero. In pratica l’operazione di trasferimento non in-terviene sulla denominazione ma istituisce un nuovo collegamento tra l’US trasferita e la sua rinnovata Zona di appartenenza. Ciò presenta il vantaggio di non rivedere tutta la documentazione allegata all’US per cambiarne il rife-rimento stratigrafico.

In un primo tempo, dal punto di vista di una delimitazione “orizzontale”, l’intera area archeologica di Fratte è stata divisa in Zone secondo una distinzione che rifletteva l’organizzazione spaziale relativa all’ultima fase di occupazione del sito. Tuttavia, in virtù della sua non intatta realtà, è stato necessario distin-guere numerose Zone che raccogliessero e organizzassero i dati relativi agli interventi moderni, sia di scavo che di occupazione recente. In tal modo è stato possibile isolare anche verticalmente gruppi di dati che non potevano offrire risultati interpretativi coerenti. Inoltre questi contesti, che possiamo definire di documentazione eterogenea e inaffidabile, sono stati assegnati a Zone contras-segnate dal prefisso “uno” per renderli immediatamente riconoscibili.

La possibilità di articolare l’area, a priori, nel senso della sincronia e della diacronia, si è dimostrata utile non soltanto per definire delle superfici di intervento su cui calare specifiche strategie di scavo, ma anche per valutare l’entità delle operazioni passate e la capacità di ricostruire le complesse dina-miche insediative.

Attualmente a Fratte è stata disegnata una complessa stratigrafia di Zone che includono i dati relativi a ciascuna delle singole fasi spazio-temporali in

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cui si snoda la realtà insediamentale, definendo per fase ogni variazione oc-corsa nella sua storia materiale: l’analisi complessiva delle relazioni tra le

Zone ha offerto una lettura della sua evoluzione di carattere macroscopico.

Dal punto di vista dell’ubicazione spaziale dei dati, l’intera superficie di Fratte è stata inglobata all’interno di una rete topografica georeferenziata. Qualunque tipo di documentazione grafica è effettuato secondo metodi che prevedono l’utilizzo sia di strumentazioni tradizionali sia di tecnologie inno-vative, seppure queste ultime in maniera ancora sperimentale. I punti di ori-gine del rilievo, digitalizzato direttamente in cantiere, vengono relazionati, per mezzo di un programma informatico di microtopografia (Topo) alla rete topografica generale. In questo modo, “agganciando” ogni singolo rilievo di dettaglio realizzato da professionisti come da studenti alle prime esperienze, si ottiene l’aggiornamento della carta generale, al fine di avere a disposizione le nuove acquisizioni di scavo in tempo reale sul campo. Il risultato di queste operazioni ha condotto alla definizione di una pianta generale dell’area che offre la possibilità di selezionare ed evidenziare le singole fasi di vita dell’in-sediamento e nello stesso tempo lo stato di progressione del lavoro svolto, con la conseguenza di poter disporre di un valido strumento di analisi, di interpretazione dei dati archeologici e di un efficace tramite di verifica delle strategie di intervento da adottare in sede di pianificazione della ricerca.

La totalità dei rilievi di dettaglio è inserita all’interno della banca dati

SysFra a cui è possibile accedere direttamente dal computer attivando i

mo-duli di visualizzazione presenti nel sistema (ad esempio, dalla scheda elettro-nica dell’Unità Stratigrafica).

Tornando alla definizione delle Zone, in esse si sviluppano le sequenze delle US riferite a ciascun momento dell’articolazione della vita dell’insediamen-to. In questo senso il concetto di Zona offre la possibilità di strutturare l’US nella sua duplice funzione di fondamento base della registrazione e di risultato di un’azio-ne antropica o naturale, la più piccola parte della realtà analizzata. Essa definisce il principale quadro di registrazione dei dati e funziona da unità di raggruppa-mento del materiale archeologico (il termine inglese context utilizzato per defini-re l’US mira a compdefini-rendedefini-re anche questo aspetto). Ogni apparato schedografico, al di là della tipologia di dati che esso raccoglie, è costituito da singole schede che fanno costante riferimento al numero di US. Vale a dire che in Syslat non può esistere alcun dato se non immagazzinato prima come US. In tal modo a Fratte è stato necessario riassegnare i numeri di US alla documentazione che le precedenti esperienze di ricerca avevano creato senza l’utilizzo del metodo

Syslat, secondo il sistema di numerazione descritto in precedenza (Fig. 2).

In particolare, è stato necessario variare il funzionamento, almeno a livello teorico, di alcuni dei principi di registrazione del Syslat, nel momento in cui abbiamo dovuto predisporre il sistema ad accogliere all’interno della stessa banca dati SysFra la documentazione relativa alle necropoli.

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4. ILCASOSPECIFICO DELLE NECROPOLI

È noto come il sistema di informazione Syslat non sia ancora adeguato per la gestione dei dati di scavo di una necropoli, essendo stato realizzato sulla base di una esperienza relativa soprattutto agli scavi di abitato. Nel no-stro caso, abbiamo voluto caratterizzare una base documentaria informatica capace di integrare i dati di un contesto urbano con quelli di aree funerarie. Occorre precisare che il sistema è stato impostato per operare una risistema-zione di dati di scavo, e non per gestire, momento per momento, le singole fasi di un intervento archeologico. In tal senso l’applicazione del Syslat ha come fine la riorganizzazione, secondo i principi della stratigrafia, di una documentazione prodotta in passato. Questo significa che si è in grado di far confluire in un’omogenea base di dati un’ampia documentazione che riferi-sce in modo discontinuo e frammentario della sedimentazione archeologica. Il lavoro di risistemazione può permettere di assegnare i numeri di US e di

Fatto alle tombe e agli altri strati che interessano l’area della necropoli. Nel

far questo abbiamo operato profonde variazioni dei principi di registrazione sui quali è basato il Syslat.

Nel Syslat esistono diversi livelli di raggruppamento delle US. Dal pun-to di vista stratigrafico le US possono comporre un Fatpun-to: insieme che aggre-ga tutto ciò che concerne una struttura identificata (Fig. 3). La costituzione di un Fatto è il primo stadio di chiarimento delle relazioni stratigrafiche.

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Fig. 3 – Schema di Fatto.

Nondimeno, si può utilizzare questo raggruppamento in sede di realizzazio-ne del diagramma, evitando di adoperare per lo stesso scopo un numero molto elevato di US. I Fatti sono nominati e numerati tenendo conto della loro natura e degli strati che li compongono. Il loro titolo prenderà la forma di una sigla formata da due lettere che ne specificano l’identità, e dal numero dell’US più caratteristica (ad esempio il termine SP8001 indica una sepoltura il cui piano di deposizione è costituito dalla US 8001).

Il raggruppamento successivo prende nome di Insieme o Struttura (Fig. 4). Esso comprende, in un tutto coerente, i Fatti: una sintesi basata su criteri cronologici, spaziali e funzionali. Il prefisso che contrassegna un Insieme è composto da tre lettere, mentre la determinazione del suo numero segue le regole già viste per i Fatti.

Una tomba, in quanto struttura composita, è realizzata attraverso più azioni. Allo stesso tempo è un contesto chiuso, un’unità di azioni coerenti nel tempo, nello spazio e nella funzione. In assenza di una descrizione particola-reggiata delle sepolture e della stratigrafia, e in presenza di strutture che rap-presentano insiemi di registrazione coerenti, abbiamo previsto l’assegnazio-ne a ciascuna tomba di un’unica US che l’assegnazio-ne riassuma le caratteristiche. In tal senso l’US risponde maggiormente alla esigenza di registrazione e di ricostru-zione che non a quella di scomposiricostru-zione della realtà nelle sue più piccole cellule costitutive. Si tratta di un processo di semplificazione dei principi stratigrafici messo a punto per facilitare l’acquisizione dei dati o, se

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voglia-mo, un’assimilazione delle US ai Fatti, i quali ad un livello ulteriore sono destinati a raggruppare più US di una stessa struttura.

La differenza principale tra i due concetti è stata qui utilizzata per espri-mere con maggiore precisione, nelle schede US, le caratteristiche tecniche delle tombe, le relazioni fisiche che corrono tra le sepolture e tra queste e le altre US di diversa natura. Nella scheda di Fatto vengono indicati, in aggiunta alla descrizione proveniente da quella di US, i rapporti tra i Fatti. Si tratta, in questo caso, di rapporti di tipo particolare perché non interessati esclusiva-mente da un legame fisico e quindi stratigrafico ma considerati in base ai principi che regolano lo sfruttamento di uno spazio funerario.

In questa fase i dati sono sistemati a due diversi livelli. Il primo è rap-presentato dalla descrizione e dall’archiviazione degli elementi costitutivi delle

US e dei Fatti. Il secondo dalla creazione di una cellula di sintesi e di analisi

alla quale è stata data la veste di un Insieme. A differenza dell’utilizzo dello stesso principio in Syslat che collega un certo numero di Fatti funzionanti in uno stesso periodo storico, l’Insieme qui si materializza come un’unità che raccoglie uno spaccato della necropoli sia in senso verticale che orizzontale e comprende una sequenza verticale di tombe che si addensano in uno spazio limitato. Questa variazione offre la possibilità di attuare una lettura allo stes-so tempo diacronica e sincronica di un gruppo di tombe.

La costituzione e l’analisi dell’Insieme consentono di definire un’ipote-si di ricostruzione stratigrafica: la sequenza delle sepolture e degli strati

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denzia il processo evolutivo dello sfruttamento dello spazio del sepolcreto. L’analogia tra i principi di US e Fatto ci porta a considerare proprio il

Fatto come elemento pilota del sistema, anche più dell’US, ciò che non

acca-de nell’applicazione in tempo normale acca-del Syslat. Questo non significa che abbiamo riprogrammato dal punto di vista informatico il sistema, ma che lo abbiamo adeguato tramite alcune variazioni alla gestione dei dati di una ne-cropoli. È divenuto così possibile creare una base documentaria che offre un medesimo livello di gestione e si apre ad una molteplicità di analisi. Nondi-meno sarà possibile individuare in seguito altri Insiemi partendo da una stes-sa struttura dei dati. Una volta costituiti i Fatti, questi potranno essere distes-sag- disag-gregati con grande libertà e allo stesso tempo assunti in numerosi Insiemi. 5. GESTIONEETRATTAMENTODEIREPERTI ARCHEOLOGICI

Fin qui abbiamo preso in esame la gestione dei dati stratigrafici. Occu-piamoci ora dell’elaborazione del materiale archeologico. Il sistema di infor-mazione Syslat è predisposto all’archiviazione, al conteggio, e all’analisi dei documenti raccolti in ciascuno strato. Esso offre la possibilità di gestire a differenti livelli i dati acquisiti. A Fratte sono state impiegate tutte le disponi-bilità offerte dal sistema, alcune delle quali sono state variate o sono in corso di approfondimento. È necessario infatti rilevare che le specificità del sito di Fratte, in relazione allo studio ed alla classificazione dei reperti mobili, sono notevolmente differenti da quelle dell’antica Lattes sulla quale in primo luo-go è stato predisposto il sistema.

In particolare, in fase di archiviazione del materiale archeologico, fase in cui i vari reperti sono conteggiati e divisi in grandi categorie di apparte-nenza – ceramica, vetro, fauna etc. – è stato possibile creare un glossario personalizzato che facilitasse l’immissione automatica dei dati. In tal modo la compilazione delle schede di inventariazione del materiale, denominate Mobi, è direttamente assistita dalla presenza del dizionario aggiornabile – Dicomobi – che comprende i termini impiegati per descrivere i tipi di oggetti riscontrati in ogni categoria. La scheda Mobi è destinata a fornire una visione globale del materiale ripartito tra le US. Essa si limita a dare le indicazioni della presenza e del numero di occorrenza dei singoli oggetti reperiti (Fig. 5).

Un livello più analitico di documentazione è raggiunto dagli schedari “ti-pologici”, vale a dire dai dossier che accolgono separatamente le differenti tipo-logie dei materiali: dalla ceramica ai piccoli oggetti, dalle monete alla fauna. L’inventario e il conteggio dei vasi o degli elementi dei vasi, ripartiti in categorie e tipi, sono gestiti dall’archivio chiamato Cer (Fig. 6). Occorre pre-cisare che il metodo di conteggio utilizza alcune nozioni complementari. Sono calcolati il numero di frammenti, che corrisponde al numero complessivo dei frammenti in cui i vasi di ogni categoria si trovano frantumati, ed il numero

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minimo di individui. Come è noto il termine “individuo” definisce un ogget-to specifico con caratteristiche proprie e costituisce all’interno di un contesogget-to archeologico un’unità di misura. Mentre il numero dei frammenti non ri-specchia il reale numero dei vasi usati in un contesto spazio-temporale, quel-lo degli individui corrisponde alla stima della quantità effettiva degli oggetti ceramici. In generale vi sono molti modi impiegati per calcolare il numero di individui: a partire dal numero dei bordi o dallo stabilire un peso medio per ogni forma; o ancora, dalla superficie dei frammenti 1.

Nel Syslat il numero minimo di individui è determinato dalla quantità maggiore degli elementi rappresentativi di un vaso, e corrisponde al numero dei bordi o dei fondi, a seconda che vi siano più bordi o più fondi. Se una classe ceramica è rappresentata esclusivamente da frammenti di parete si con-teggia un solo individuo, in modo da indicarne la presenza piuttosto che la effettiva occorrenza. Non si prendono in considerazione gli altri elementi di forma o parti caratteristiche del vaso, quali anse, colli, prese, etc (PONTRAN -1 Il dibattito circa il calcolo del numero degli individui, e più in generale sulla

quantificazione della ceramica ha proposto finora numerosi e spesso contrastanti metodi di conteggio. Su questo argomento preferiamo limitarci a fornire le indicazioni di una bibliografia minima, non potendo trattarlo con la dovuta completezza in questa sede: SOLHEIM 1960, 325-326; ORTON 1973, 41-73; HUELTEN 1974, 1-5; ORTON 1980; ARCELIN, ARCELIN 1981, 189-192; CONTRERAS CORTES 1984, 327-385; BATS et al. 1986; FLETCHER -HEYWORTH 1987, 35-46; in ultimo si veda: BIBRACTE 2.

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Fig. 6 – Scheda di inventario del materiale ceramico.

DOLFO et al. 1997, 20). L’elemento rappresentativo di un vaso è quello che

apporta un’informazione oggettiva sulla morfologia di ciascun vaso.

Il materiale ceramico, prima di essere conteggiato, è diviso in catego-rie. Queste sono definite quali «insiemi di raggruppamento di tipi su criteri tecnici o funzionali» (LATTARA 10, 134). Cinque le categorie principali

indivi-duate: Ceramica Tornita Fine, Ceramica Comune Tornita, Ceramica non Tor-nita, Anfore, Dolia. A queste bisogna aggiungere quella denominata “vasella-me” che comprende le prime tre e raccoglie in realtà tutto il materiale desti-nato alla mensa ed alla preparazione culinaria. Essa è stata definita con lo scopo di fornire un appropriato totale di riferimento all’analisi statistica di ogni tipo. Si suppone, infatti, che la quantità complessiva del vasellame costi-tuisca un volume costante nelle diverse epoche di un sito: importata o fabbri-cata sul posto, è stata comunque necessaria alla popolazione.

Tutti i calcoli eseguiti manualmente per ciascun tipo ceramico sono riportati nella scheda Cer. Per tipo si intendono ceramiche raggruppate se-condo criteri di provenienza, tecnici e cronologici. Il programma informatico permette di inserire i termini impiegati per designare ciascun tipo con l’aiuto di un menu a discesa in cui sono listati i nomi dei vari tipi individuati. Una “utilità” riguardante il livello di analisi dei dati è costituita dal modulo di creazione di istogrammi o curve diacroniche. Il modulo è pensato in modo da consentire piena libertà nella formulazione della richiesta. È possibile in-fatti scegliere: la variabile da studiare (tipo o categoria ceramica), il totale in

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rapporto al quale sarà calcolata la percentuale della variabile, il tipo di con-teggio da effettuare (se in base ai frammenti o agli individui), ed infine se condurre il calcolo su tutti gli strati o su una selezione di US. Il risultato di questa operazione prenderà la forma di un grafico che evidenzierà l’evolu-zione nel tempo della occorrenza della variabile selezionata. L’analisi statisti-ca può anche essere effettuata cumulando le curve diacroniche. In questo caso lo studio dei dati grafici può consentire l’elaborazione di ipotesi riguar-danti la storia economica del sito, attraverso l’evidenza di manifestazioni le-gate al commercio, alle strutture e ai rapporti interni ed esterni alle diverse comunità.

La prassi di classificazione dei reperti ceramici si conclude con la classi-ficazione tipologica. Anche in questo caso sono in corso modifiche e appro-fondimenti. In effetti, la creazione di una tipologia di riferimento per l’analisi archeologica del sito di Fratte non può basarsi sul dizionario delle forme ceramiche – Dicocer – presente nel Syslat, ed utilizzato come modulo di rela-zione per la compilarela-zione delle schede tipologiche del materiale ceramico. Sono evidenti le differenze di attestazioni degli oggetti che si producono e circolano nei due distinti siti di Lattes e di Fratte.

Attualmente si va costruendo una nuova matrice di riferimento tipolo-gico sulla base degli elementi che si stanno acquisendo dallo scavo e di quelli già esistenti, in modo da definire strumenti maggiormente efficaci per lo stu-dio e la comprensione sia delle dinamiche insediative di Fratte che di altri insediamenti nel golfo di Salerno (Poseidonia, Pontecagnano ecc.), dove l’in-trecciarsi della cultura greca, etrusca ed indigena hanno determinato vere e proprie comunità miste. In corso di elaborazione sono, dunque, le classifi-cazioni tipologiche riguardanti le ceramiche di uso comune e quelle tornite fine (Figg. 7-8).

Oltre agli oggetti ceramici lo scavo porta alla luce altre varietà di reperti mobili. Nel Syslat due archivi, attivati anche nella banca dati SysFra e denomi-nati Obj e Mon raccolgono i dati relativi rispettivamente ai piccoli oggetti ed alle monete (Figg. 9-10). Trattandosi di banche dati specialistiche, presuppon-gono competenze specifiche riguardo le categorie di questi oggetti. In effetti, queste pile fanno parte delle utilità di analisi e sono in genere utilizzate dopo lo scavo. La fase di inventariazione si attua, come abbiamo visto, compilando la scheda Mobi. La finalità assegnata ad entrambi gli schedari è duplice: for-nire una descrizione analitica degli oggetti considerati, disporre la prepara-zione del catalogo in vista della pubblicaprepara-zione. Seguendo la definiprepara-zione di questi principi, i dati sono classificati all’interno di schede, reperiti per mez-zo di utilità di ricerca, analizzati e confrontati con procedure di conteggio statistico, infine ordinati, numerati ed impaginati in maniera specifica.

Un’altra applicazione innovativa del Syslat che si va attuando a Fratte di Salerno riguarda le analisi del terreno e delle sue componenti

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sedimento-Fig. 7 – Scheda del dizionario tipologico in corso di elaborazione a Fratte.

Fig. 8 – Scheda di catalogazione tipologica.

logiche. Il sistema di informazione è predisposto alla gestione dei reperti faunistici ed ambientali allo scopo di creare una base documentaria quanto più possibile esaustiva dei dati raccolti nel corso dello scavo. Esso dispone di uno schedario destinato alla registrazione dei prelevamenti e di due altri archivi, finalizzati alla raccolta ed alla analisi delle informazioni

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concernen-Fig. 9 – Scheda per piccoli oggetti.

Fig. 10 – Scheda di catalogo delle monete.

ti i resti archeozoologici Fauna e Os. In relazione ai prelevamenti è stata configurata una nuova scheda che intende raccogliere i risultati della data-zione al C14 con AMS (Acceleratore Multi Spettrale). Questo nuovo trac-ciato verrà predisposto in modo da essere compatibile con il sistema

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infor-matico, così da aggiungere un ulteriore livello di approfondimento alla banca dati SysFra.

Quest’ultima esperienza rientra bene nel progetto di ricerca che si va attuando a Fratte. Difatti i risultati dell’analisi radio-carbonica verranno utilizzati per affinare degli studi già in corso, come quelli relativi alla tipo-logia ceramica, e per caratterizzare in maniera più forte Fratte quale spazio della sperimentazione, metodologica e teorica. In questo senso può essere specificato il senso innovativo di applicazione del Syslat. Si è voluto acqui-sire ed in parte adeguare uno strumento di coordinamento del lavoro di scavo e delle tappe della ricerca, assumendo fino in fondo il presupposto di definire il lavoro archeologico un intervento pronto a misurarsi con la dif-ficoltà di tradurre la complessità del dato in documento non puramente speculativo. Complessità che moltiplica le attuali specifiche discipline che intervengono nel campo dell’archeologia e che un archeologo non può non dominare.

ALFONSO SANTORIELLO, FRANCESCO SCELZA

Dipartimento di Analisi

delle Componenti Culturali del Territorio Università degli Studi di Salerno

RINGRAZIAMENTI

Un ringraziamento particolare va alla prof.ssa Angela Pontrandolfo, responsabile della ricerca a Fratte, per averci indirizzato a sperimentare ed adottare nuove soluzioni nel campo della registrazione, gestione e trattamento dei dati di scavo. Si ringrazia, inoltre, il prof. Michel Bats, direttore del Centro “Jean Bérard” di Napoli, per la disponibilità dimostrataci nelle diver-se fasi di elaborazione del sistema Syslat. Infine un ringraziamento va al prof. Michel Py, idea-tore del sistema Syslat, per averci consentito di partecipare e di collaborare alla realizzazione della versione finale del Syslat. La classificazione tipologica riguardante la ceramica di uso comune e quella tornita fine, che prevede l’impegno di studenti e laureati, è in corso di elabo-razione da parte dell’amica e collega Luigina Tomay. La configuelabo-razione della scheda per la datazione dei reperti archeologici mediante il dosaggio del tenore C14 e la sua adozione nella banca dati SysFra rientrano in un più ampio progetto di ricerca, condotto in collaborazione con il Dipartimento di Fisica teorica e sue metodologie per le scienze applicate dell’Università di Salerno, sull’utilizzazione della spettrometria di massa con acceleratore (AMS).

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ABSTRACT

Some years ago the chair of Archaeology of the University of Salerno, in coopera-tion with the Soprintendenza Archeologica and the Amministrazione Provinciale, began a methodical research program on the ancient settlement of Fratte. This settlement is situ-ated on the hill of Scigliato, in the north-eastern part of Salerno, on the Irno River, at the confluence of the Pastorano and Grancano streams. Since 1985 the archaeological area – partly rediscovered in the 50’s and immediately expropriated, enclosed and set aside as a park – has been the subject of a new systematic research project aimed at defining the chronology and the town-plan and understanding the monuments and their functions. Thanks to new scientific knowledge, since 1995 the research project, which is still in progress, has defined two principal aims. Firstly, strictly scientific, to acquire and organ-ise as much information as possible in order to reconstruct the geo-morphological dy-namics and human activity involving the entire territorial context of the ancient settle-ment. Secondly, to exploit the archaeological park, which is considered a key element for the improvement of the neighbouring urban areas.

Since our information about the scientific methods and documentary records from the beginning of this century until now was not homogeneous, we had to plan a new strategy for the management and systematic organisation of all the records that would guarantee consistent documentation. For this purpose we are proposing the Syslat, which

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was created specifically for the recording of archaeological data, as the most reliable system for guaranteeing a standard of consistent documentation, description and global analysis of all records (e.g. US, map-making, photos, reports, etc.), as well as for the organisation and handling of all information which emerges during research projects using statistic and quantitative reckoning. Moreover, the possibility of connecting indi-vidual data-bases for different sites will make it possible to project each dossier on the largest scale, i.e., on a “regional” level. This information system, which has been tested since 1983 at the proto-historic site of Lattes (Herault, France) by an équipe of research-ers from CNRS (M. Py, M. Bats, J.L. Fiches) was adopted by the Laboratorio di Archeologia using the earliest versions in order to test its effectiveness and to optimise the results. Continuous exchange of ideas and comparison of results with the French équipe, the “Centre J. Bérard” and the Istituto Orientale of Naples have allowed us to elaborate a “personal” application, which is specifically suited to the theoretical organisation and to the specific and complex requirements of archaeological research in Fratte.

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