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Studio conoscitivo per valutare la struttura e la qualità ecologica dell'habitat Coralligeno dell'Asinara mediante indice COARSE.

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

1.1. CORALLIGENO

1.1.1. Descrizione

Nel Mar Mediterraneo, i sistemi litorali profondi (tra i 20 – 150 m di profondità), sono generalmente colonizzati da popolamenti bentonici di fondo duro dominati da organismi calcarei. All'insieme di tali popolamenti è dato il nome di Coralligeno (Marion, 1883), un habitat endemico del Mediterraneo (UNEP., 2008), ed uno dei più importanti ambienti marino-costieri. Questo ambiente è caratterizzato da un substrato di origine biogena prodotto principalmente dall’accumulo di talli di alghe rosse corallinacee incrostanti, appartenenti all’ordine delle Corallinales che si estendono entro la zona eufotica e crescono in condizione di luce ridotta (Ballesteros, 2006). Le alghe incrostanti hanno un ruolo fondamentale di biocostruttori dell’habitat, generano bioconcrezioni permanenti calcaree e di grande estensione sulla base dei fondali rocciosi, insieme a numerosi invertebrati tra cui poriferi, anellidi, molluschi, briozoi, cnidari. Questi organismi che crescono in condizioni di luce ridotta e sono in grado di deporre carbonato di calcio, costituiscono i popolamenti coralli geni (Ballesteros, 2006).

Sistema ecologico esclusivo del Mar Mediterraneo è importante in termini di estensione, produttività, biodiversità, ruolo svolto nel ciclo del carbonio, elevata biomassa prodotta e ricchezza di specie che giovano nel riparo e nel nutrimento; complesso substrato garantito dal dinamico equilibrio tra i biocostruttori che spesso, sovrapposti gli uni agli altri, nascondono la vera natura del substrato. La competizione per lo spazio è forte, in quanto esso è completamente colonizzato da organismi, e l’epibiosi (come associazione tra gli organismi) è estremamente frequente.

1.1.2. Storia

Dalla fine del 1800 sono stati fatti numerosi studi volti ad approfondire le conoscenze su quest’habitat. La parola “Coralligeno” è stata usata per la prima volta da Marion (1883) che descrisse i fondi duri trovati dai pescatori di Marsiglia alla profondità tra 30 - 70 m, sotto il limite della prateria a Posidonia oceanica, e che essi chiamavano broundo; Marion incluse anche una lunga lista di fauna giacente su questo fondo. Coralligeno significa “produttore di corallo”, e si riferisce all’abbondanza di corallo rosso che si trova in questo tipo di fondale.

Pruvot (1894, 1895) usò la parola Coralligeno per descrivere fondali simili presenti nella regione Mediterranea dei Pirenei (Banyuls). Da allora questa terminologia fu inclusa nelle descrizioni bionomiche del Mar Mediterraneo.

Feldmann (1937) descrisse in dettaglio la componente algale della complessa struttura dell’habitat di Banyuls e identificò le alghe calcaree responsabili del concrezionamento organico; altri successivamente continuarono lo studio algale della fonte costruttrice dell’habitat (Giaccone et al., 1994).

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2 Pérès & Picard (1951) continuarono il lavoro di Marion (1883) sul fondo Coralligeno nella regione di Marsiglia, dimostrando un’alta variabilità micro-spaziale e descrivendo i fattori ambientali che permettono lo sviluppo di tale habitat.

Laborel (1960, 1961) espanse gli studi all’area est del Mediterraneo descrivendo cinque categorie di Coralligeno (di grotta, su pareti verticali, di piattaforma, alla base di muri sottomarini e sopra rocce piatte di superficie) e fornì per primo, una lista quantitativa delle specie algali e animali ottenute da campionamenti subacquei. La morfologia e la struttura dell’habitat dipendono principalmente dalla profondità, topografia e dalla natura delle alghe incrostanti.

Pérès & Picard (1964) proposero la biocenosi coralligena come climax di una serie evolutiva di popolamenti, in considerazione della stabilità dei parametri ambientali, quali salinità, temperatura e quantità di luce caratteristici di questo ambiente. Definirono la nozione di pre-Coralligeno come fascia a buon sviluppo di alghe sciafile, erette, non calcaree e con bassa copertura di invertebrati; inoltre semplificarono le categorie di Laborel in due soli tipi di Coralligeno: di piattaforma (banks), su substrato più o meno orizzontale, con uno spessore tra 0.5 a 3 - 4 m di origine sedimentaria, e di falesia (rims) presente sulla parte esterna di grotte marine e su pareti verticali rocciose, solitamente in acque limpide, con uno spessore tra i 20 cm e i 2 m che aumenta con l’aumentare della profondità.

Laubier (1966) diede un maggior contributo alla conoscenza degli invertebrati viventi nel Coralligeno; fu il primo a porre l’accento sull’alta biodiversità di questo habitat. Studiò le condizioni fisico-chimiche per lo sviluppo della comunità, studiò la fauna (in particolare policheti, copepodi ed echinodermi) e fu il primo a fare osservazioni sulle interazioni tra le specie come relazioni di epibiosi, commensalismo e parassitismo. Hong (1980, 1982), descrisse gli animali e il loro contributo al popolamento, ampliando la conoscenza sulla biodiversità di questo habitat.

1.1.3. Distribuzione

Il Coralligeno è un sistema influenzato da fattori ambientali: uno dei principali, è la quantità di luce che influenza maggiormente la distribuzione degli organismi. La comunità ha bisogno per svilupparsi di un irradiazione tra 0.05 - 3% dell’irradiazione superficiale, infatti si tratta di organismi sciafili che si estendono soprattutto nella zona circalitorale sotto il limite inferiore delle praterie di Posidonia oceanica; la presenza di questi popolamenti , anche se con minore estensione, si sviluppa anche negli anfratti, pareti e cavità della zona infralitorale. L’estendersi a profondità più elevate dipende dalla penetrazione della luce nelle acque: nelle acque più limpide la penetrazione in profondità della luce permette lo sviluppo del Coralligeno a maggiori profondità.

La crescita algale avviene in acque relativamente calme, le condizioni di temperatura e salinità sono pressoché costanti, mentre è possibile distinguere la presenza di differenti organismi sospensivori, in base alla fonte alimentare (plancton, POC, DOC) disponibile tramite le correnti: in acque oligotrofiche dominano

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3 spugne, briozoi ed esacoralli di piccole dimensioni, mentre in acque più ricche ma non eutrofiche, dominano gli cnidari, in particolare le gorgonie arborescenti (Ballesteros, 2006).

La profondità di distribuzione del Coralligeno varia a seconda delle aree Mediterranee, ma su una pendenza verticale gli intervalli vanno dai 20 m ai 120 m di profondità (Tab. 1).

Tab. 1 Intervalli di profondità per la distribuzione del Coralligeno in differenti zone Mediterranee (Ballesteros, 2006).

Banyuls 20–40 Feldmann 1937, Laubier 1966 Marseilles 20–50 Laborel 1961, Hong 1980 Medes Islands 20–55 Gili & Ros 1984

Tossa de Mar 20–60 Ballesteros 1992 Naples 45–70 Bacci 1947

Cabrera 50–100 Ballesteros et al. 1993 Corsica 60–80 Laborel 1961 Northeastern Mediterranean 70–90 Laborel 1961 Aegean Islands 90–110 Laborel 1961 Siculo-Tunisian area 90–120 Laborel 1961 Southeastern Mediterranean 100–120 Laborel 1961

1.1.4. Popolamenti del Coralligeno

1.1.4.1. Animali

La comunità animale dell’habitat è dominata da organismi sospensivori (spugne, idrozoi, antozoi, briozoi, serpulidi, molluschi e tunicati). Queste specie sono avvantaggiate dall’intensità delle correnti che mantengono la disponibilità di cibo e dipendono inoltre da fattori ambientali come luminosità e tasso di sedimentazione. Una moderata sedimentazione è importante in quanto il sedimento è incorporato nella struttura coralligena tramite la litificazione, ma un alto tasso di sedimentazione può costituire un problema, a causa della eccessiva quantità di particelle di sedimento che potrebbero coprire lo sviluppo degli organismi contrastandone il reclutamento.

Una buona eterogeneità ambientale permette lo sviluppo di microhabitats per popolamenti che coesistono in uno spazio ridotto (Ballesteros, 2006).

In accordo con Hong (1982) quattro differenti categorie di invertebrati possono essere distinti rispetto alla loro posizione e al loro significato ecologico nella struttura del Coralligeno:

- Biocostruttori: fauna che contribuisce all’accumulo di materiali e che aiuta a sviluppare e consolidare la struttura creata dalle alghe corallinacee incrostanti. I briozoi sono il gruppo animale più abbondante, seguito dai serpulidi, da cnidari e spugne; insieme questi gruppi includono il 24% del numero totale delle specie animali.

- Criptofauna: fauna che colonizza le piccole buche e cavità (molluschi, crostacei, policheti), include il 7% delle specie.

- Epifauna: fauna vivente sopra le bioconcrezioni (echinodermi) ed endofauna vagile (policheti, nematodi e crostacei) vivente all’interno di sedimenti ed interstizi, che

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4 rappresenta il gruppo con il maggior numero di specie (67%).

La Macrofauna ospita spesso specie più piccole che tendono a nascondersi sotto le loro grandi dimensioni.

- Specie erosive: ammontano solo all’1%. Feldmann (1937) descrisse gli organismi che erodono la concrezione calcarea, in particolare spugne scavatrici, bivalvi e anellidi. Un ruolo nell’azione erosiva è dato dai ricci, che con la loro abbondanza e la loro taglia, influenzano l’ammontare di carbonato di calcio presente nella struttura.

1.1.4.2. Vegetali

La componente vegetale estremamente ricca nelle comunità coralligene dipende fortemente da fattori ambientali come la luminosità e il tasso di sedimentazione. Come per gli animali, anche per i vegetali, l’alto tasso di sedimentazione è un ostacolo per il reclutamento di nuove piante e per il ricoprimento di piante adulte con la conseguente inibizione della fotosintesi.

Le alghe verdi generi Flabellia, Halimeda, Palmophyllum dominano la superficie del concrezionamento coralligeno, ma la loro abbondanza decresce con il diminuire della luminosità; mentre le alghe rosse corallinacee incrostanti, abbondanti nell’habitat e principali costruttori, (generi Peyssonnelia, Lithophyllum e Mesophyllum) tendono ad occupare le superfici fino ad alte profondità (oltre i 200 m).

Inoltre, la presenza nel Coralligeno superficiale di Macroalghe appartenenti alla classe delle feoficee, permette la presenza di altre specie più piccole che sfruttano le loro grandi dimensioni.

Le comunità coralligene, in termini di biodiversità, sono quindi paragonabili alle praterie a Posidonia oceanica. La diversità degli organismi e l’alto numero di specie possono essere facilmente osservate da osservatori subacquei, anche se sono presenti molti organismi criptici all’interno della struttura che non possono essere visti.

1.1.5. Disturbi

Gli stress che affliggono l’habitat Coralligeno sono la maggior parte di origine antropica (Piazzi et al., 2012). Il cambiamento climatico globale degli ultimi decenni, ha portato ad eventi su larga scala, evoluti in mortalità massive di organismi alle profondità minori di 40 m (Romano et al., 2000, Cerraneo et al., 2000, Perez et al., 2000, Garrabou & Cupido, 2009), imputabile ad un anomalo aumento della temperatura dell’acqua durante la stagione estiva. Queste condizioni hanno portato un grosso cambiamento nella specifica composizione e nella struttura delle comunità coralligene.

L’inquinamento dell’ambiente marino di natura antropica, come lo scarico di rifiuti in mare, ha generato gravi conseguenze inibendo la crescita delle alghe corallinacee, diminuendo la ricchezza di specie e la densità di un largo numero di individui appartenenti all’epifauna, eliminando alcuni gruppi tassonomici (e.g. echinodermi, briozoi e crostacei), aumentando l’abbondanza delle specie tolleranti (Ballesteros, 2006).

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5 La degradazione del Coralligeno dovuta all’attività di pesca, in particolare la pesca a strascico, è particolarmente distruttiva, non solo perché fisicamente distrugge la struttura, ma perché aumenta la torbidità e il tasso di sedimentazione creando effetti negativi per lo sviluppo algale e la crescita degli organismi sospensivori (Boudouresque et al., 1990). La pesca con lenze e tramagli danneggia molti organismi tipici del Coralligeno come briozoi, coralli e gorgonie (Bavestrello et al., 2007).

Le attività di immersione ricreativa possono rappresentare un'altra causa di degrado elevata e mal gestita, legata alla presenza di turisti poco pratici che causano danneggiamento degli organismi sensibili (Garrabou et al., 1998).

Infine anche le specie aliene invasive sono un’alta causa di disturbo all’habitat, in quanto il loro numero tende ad aumentare sempre di più. La componente algale invasiva (Caulerpa racemosa, Womersleyella setacea) ostacola i biocostruttori autoctoni, depositandosi all’interno del feltro algale forma tappeti di copertura sopra le alghe incrostanti, inibendo la fotosintesi e la loro crescita (Cebrian et al., 2012, Roghi et al., 2010).

Le azioni di protezione non sono solo rivolte al Coralligeno, ma a tutto l’ambiente costiero sottoposto a questi disturbi (Ballesteros, 2006). Ridurre l’impatto umano negativo e avere una comunicazione maggiore tra gli individui esperti e il pubblico è fondamentale. Conservazione, rispetto e salvaguardia dell’ambiente sono le azioni chiave.

1.1.6. Direttive

L’economia marina è in piena espansione, non esistono regioni che possono essere considerate incontaminate, ed è quindi necessario che gli usi del mare e delle sue risorse siano affrontati applicando approcci gestionali adeguati (Tunesi, 2012). In questo contesto similarmente alla Water Framework Directive (WDF 2000/60/EC) che seleziona appropriati Elementi di Qualità Biologica (EQBs), la Direttiva Quadro sulla Strategia dell’ambiente Marino (Marine Strategy Framework Directive MSFD 2008/56/EC), prevede che ogni Stato Membro sviluppi una strategia per il conseguimento o il mantenimento del Buono Stato Ambientale entro il 2020, per tutte le acque marine giurisdizionali ad esso afferenti.

La prima fase del processo della MSFD è costituita dalla “valutazione iniziale” (art. 8, D. Lgs. 190/2010). Gli aspetti principali da considerare sono:

- un’analisi degli elementi, delle caratteristiche essenziali e dello stato ambientale attuale della regione marina considerata.

- un’analisi dei principali impatti e delle pressioni.

- un’analisi degli aspetti socio-economici dell’utilizzo dell’ambiente marino e dei costi del suo degrado. In aggiunta all’interno di tale direttiva sono presenti altri aspetti di particolare valenza riguardanti la parte relativa alle “strategie per l’ambiente marino”:

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6 a) Applicano un approccio eco sistemico alla gestione delle attività umane;

b) Salvaguardano la capacità degli ecosistemi marini di reagire ai cambiamenti indotti dall’uomo;

c) Considerano gli effetti transfrontalieri sulla qualità dell’ambiente marino degli Stati terzi situati nella stessa regione o sotto-regione marina;

d) Rafforzano la conservazione della biodiversità dell’ambiente marino, attraverso ampliamento e l’integrazione della rete delle Aree Marine Protette;

e) Perseguono la progressiva eliminazione dell’inquinamento dell’ambiente marino;

f) Assicurano che le azioni di monitoraggio e la ricerca scientifica sul mare siano orientate all’acquisizione delle conoscenze necessarie per la razionale utilizzazione delle sue risorse e potenzialità.”

La seconda fase è costituita dalla “determinazione del buono stato ambientale” (art. 9), mentre la terza fase richiede la “definizione dei traguardi ambientali”, che aiuteranno a rilevare i progressi nel processo di conseguimento del buono stato ambientale.

Le valutazioni sono condotte tramite l’utilizzo di descrittori.

Il descrittore 1 “Biodiversità” è stato affrontato dall’Italia analizzando i seguenti elementi: Habitat: pelagici; bentonici (tipi di habitat predominanti sul fondo marino, Special habitats – Posidonia, Special habitats - fondi duri, Special habitats – fondi molli); specie e gruppi funzionali: popolazioni ittiche, specie bentoniche contemplate da legislazioni comunitarie e/o da accordi internazionali; uccelli marini; rettili marini; mammiferi marini.

Il Coralligeno è un tipo di “Special habitat” la cui valutazione dello stato di qualità può contribuire alla definizione dello stato ambientale delle regioni marine Mediterranee. Nelle convenzioni internazionali (e.g. Barcellona 1995) è inoltre considerato un habitat prioritario di particolare interesse scientifico per la conservazione della biodiversità Mediterranea, è incluso nelle legislazioni comunitarie (e.g. Habitat Directive 92/43/CEE) per il ruolo svolto nel ciclo del carbonio ed è un habitat che necessita di rigorosa protezione secondo il Protocollo di aree speciali (SPA/BIO, Barcellona 1995).

In questo contesto le Aree Marine Protette svolgono un ruolo essenziale nella tutela e nel monitoraggio della biodiversità marina entrando a far parte di un sistema nazionale/europeo, standardizzato, di raccolta dati per le esigenze gestionali e concepito per ottimizzazione le risorse economiche.

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1.2. GORGONACEI

1.2.1. Caratteristiche e forma

L’ordine dei gorgonacei ha un ruolo essenziale nel mantenimento della biodiversità, contribuendo alla struttura tridimensionale dell’habitat Coralligeno e permettendo lo sviluppo di altri organismi; essi sono l’elemento caratterizzante delle biocenosi coralligene in quanto raggiungono il 95% della biomassa (Gili and Garcia, 1985).

Appartenenti al phylum degli Cnidari o celenterati che significa dal greco“intestino vuoto”, classe Antozoi (dal greco, “fiori animali”), fanno parte di quel gruppo di animali che trascorre tutta la vita sotto forma di polipo, perché, come Antozoi, sono caratterizzati dalla sola fase polipoide fissa al substrato. Sono animali molto semplici, capaci di creare comunità monto complesse e diverse tra loro. Si tratta di specie esclusivamente marine.

Gli Antozoi sono suddivisi in due sottoclassi ottocoralli ed esacoralli in base al numero di tentacoli presenti nella cavità orale del singolo polipo e ai setti o mesenteri completi della cavità gastrovascolare; i gorgonacei sono ottocoralli. Con il termine generico gorgonie si indicano tutti gli ottocoralli dotati di uno scheletro corneo, con molti polipi tutti uguali, con cellule che: si organizzano in tessuti, hanno un sistema nervoso, crescono, si riproducono e formano colonie che si nutrono attivamente degli organismi che incontrano nel loro ambiente.

(Wikipedia)

Il polipo è il celenterato, simbolo di tale phylum grazie alla sua struttura morfologica: ha il corpo a forma di sacco allungato, diblastico costituito da due strati cellulari: uno esterno, detto ectoderma, e l’altro interno, noto come gastroderma. Dall’ectoderma del polipo viene secreto il carbonato di calcio da cui deriva lo scheletro assile interno (sclerasse). La mineralizzazione del carbonato di calcio disciolto nell’acqua, in alcune specie, è ottimizzata dalle alghe simbionti (zooxantelle) ospitate sui loro tessuti, come accade per Eunicella singularis.

La struttura delle gorgonie consiste in una parte centrale data dallo sclerasse, sostegno e rinforzo, ed uno strato esterno che lo riveste detto cenenchima.

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8 Il cenenchima è il tessuto che unisce i polipi. Esso comprende le spicole, l'epidermide e la mesoglea. Quest'ultima, è un tessuto costituito da una matrice polimerica e fibrille. Le spicole di consistenza calcarea ricoprono parte della superficie della colonia e proteggono i singoli polipi: sono molto varie nelle diverse specie per forma e dimensione e hanno distribuzione e densità correlate con le esigenze meccaniche e strutturali della colonia. Inoltre queste strutture forniscono la pigmentazione della gorgonia, in quanto il colore ne risiede internamente.

Lo scheletro è composto da una parte interna detta medulla e una parte esterna chiamata cortex composta da gorgonina.

La gorgonina che configura lo scheletro corneo, è un composto organico costituito da proteine, carboidrati ed alogeni (iodio e bromo) (Goldberg, 1978), ed è prodotta da cellule epiteliali dell’asse specializzate, dette assoblasti. Gli assoblasti hanno una notevole polarità cellulare e, in essi, sono riconoscibili tre regioni citoplasmatiche: una basale, una centrale e una apicale ricca di reticolo endoplasmatico, con vescicole esocitiche contenenti la matrice proteica del materiale scheletrico che poi subirà un processo di sclerotizzazione extracellulare (Tidball, 1979). Questo processo sembra seguire ritmi stagionali essendo più lento in inverno e più rapido nel periodo estivo; si può così osservare, in una sezione della parte basale dello sclerasse, una serie concentrica di anelli di colore chiaro più spessi (estivi), alternati ad altri scuri e sottili (invernali) (Grigg, 1974). Un anno quindi, è costituito da una banda chiara ed una scura, indicative rispettivamente di un periodo a veloce deposizione di gorgonina e di un periodo di deposizione lenta. Il conteggio e la visione tramite raggi X, oppure lettura allo stereoscopio o microscopio a luce polarizzata di tali cerchi di accrescimento, costituisce ancora oggi il metodo più preciso e sicuro, anche se distruttivo, per conoscere l’età di una colonia (Grigg, 1974).

Il polipo, costituito da una porzione cava, sacciforme e mobile, ha un’estremità superiore dove si trova il disco orale: un solo orifizio che funge contemporaneamente da bocca e ano, ed un unico poro di entrata ed uscita di gas per la respirazione. La bocca allungata in posizione centrale, è circondata da una corona di otto tentacoli pennatulati mobili che servono per convogliare il cibo presente nella colonna d’acqua a destinazione: i tentacoli aspettano pazientemente che i piccoli organismi e particelle in sospensione nell’acqua li tocchino per emettere il loro ctenidio e catturare l’alimento portandolo fino al disco orale ed introducendolo nella cavità gastrovascolare.

Procedendo verso l’estremità inferiore del polipo cioè il disco basale di adesione ed attacco al substrato, si trova il faringe e la cavità gastrica che contengono tubi e canali intercomunicanti che permettono lo scambio di sostanze nutritive ed informazioni attraverso una rete nervosa. Quando i polipi vivono in colonie devono trovare il modo per coordinarsi: quando un singolo polipo viene toccato, l’intera colonia reagisce contemporaneamente ritraendosi nel proprio calice. La colonia massimizza la superficie esposta per gli scambi metabolici, e i polipi connessi tra loro svolgono funzioni biologiche in maniera indipendente.

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1.2.2. Distribuzione

Le gorgonie ricoprono un importante ruolo ecologico (Coma et al., 2007, Garrabou et al., 1998) sia negli ambienti costieri che profondi, rappresentano uno dei principali anelli di trasferimento di energia dalla colonna d’acqua al benthos. Esse sono elemento caratterizzante dell’habitat Coralligeno, fissando e incorporando sedimenti, producendo carbonato di calcio, incrementano la biomassa e la biodiversità dell’habitat che occupano fornendo substrato per l’insediamento di epibionti, nursery e rifugio per altre specie, conferendo ai fondali anche un notevole valore estetico.

In maggioranza sono organismi sciafili, con l’eccezione di alcune specie con zooxantelle simbionti. Hanno la capacità di fissarsi al substrato, su rocce, dirupi e pareti molto pendenti, sono esposte ad un elevato idrodinamismo necessario per l’apporto di sostanze nutritive (zooplancton) che catturano dall’acqua grazie ai tentacoli, garantendone il ruolo di filtratori.

La colonia cresce estendendo le proprie ramificazioni a formare un ventaglio planare, distribuita sempre perpendicolare alla corrente dominante genera strutture arborescenti.

1.2.3. Riproduzione

La maggior parte delle gorgonie sono gonocoriche, hanno cioè colonie a sessi separati: se una colonia è composta unicamente da polipi maschi, un’altra solo da polipi femmina.

La riproduzione sessuale, ossia quella che richiede la partecipazione di maschi e femmine per la produzione di uova (oociti) e sperma, è da sempre considerata la modalità di riproduzione più normale degli Antozoi. Per le gorgonie le cellule riproduttive derivano dall’ endoderma e maturano all’interno delle gonadi che si sviluppano lungo le pareti dei setti mesenterici che non si fondono con il faringe, e si trovano quindi, in posizione distale sui mesenteri. Quando raggiungono la maturità sessuale uova e spermatozoi sono emessi simultaneamente e la fecondazione è esterna. Il rilascio degli spermatozoi è legato alla temperatura dell’acqua e al ciclo lunare, nella maggior parte delle specie, la femmina capta gli spermatozoi che penetrano attraverso l’apertura orale, e le uova sono incubate nella colonia femminile. Dall’uovo fecondato si sviluppa in tutti i casi una larva natante ciliata spesso rivestita di muco derivante dai polipi femminili, detta larva planula, che si allontana dalla colonia madre, si fissa al substrato che ritiene idoneo, subisce la metamorfosi e da origine ad un nuovo polipo fondatore.

La propagazione asessuale, per frammentazione delle colonie, non è molto comune tra le gorgonie, ma tuttavia presentano un’alta capacità rigenerativa.

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1.2.4. Relazioni biotiche

Le gorgonie stabiliscono una grande quantità di relazioni con altre specie generando associazioni simbionti/commensali, come Eunicella singularis che convive con le zooxantelle. Le zooxantelle sono microalghe dinoflagellate che svolgono funzioni vitali come la fotosintesi, proteggono dallo sbiancamento e dalle radiazioni ultraviolette.

Le gorgonie sono soggette anche a relazioni biotiche negative come la predazione e il parassitismo.

Predazione e parassitismo sono legate al fenomeno di epibiosi che si manifesta con l’attacco di uno o più organismi animali (epibionte), o/e vegetali (epifita), ad un qualsiasi substrato, in questo caso alla struttura portante della gorgonia.

La crescita sproporzionata di individui epibionti sulle colonie di gorgonie hanno portato a molteplici cause di morte: massive morie che hanno minacciato la sopravvivenza di tali animali. Le dimensioni e l’età dell’esemplare, sono correlate alla probabilità di subire danni e con la gravità di tali danni. Gli animali adulti sono più vulnerabili ai danni gravi, ma dimostrano anche una maggior capacità rigenerativa, mentre i giovani reagiscono in modo limitato, o addirittura non reagiscono ai danni gravi subiti (Jackson, 1979). Gli epibionti animali più comunemente presenti sono: foraminiferi, poriferi, altri cnidari come idrozoi ed antozoi, molluschi, nematodi, anellidi, echinodermi e briozoi. Gli epifiti invece sono prevalentemente rodofite e feoficee.

Alcune specie sono predatori e parassiti che divorano polipi e tessuti vivi delle gorgonie come il mollusco gasteropode Simnia spelta, predatore difficilmente identificabile ad occhio nudo in quanto ottimo mimetizzatore sulla struttura, mentre parassiti che sfruttano la struttura portante, sono altri antozoi come alcionari (esacoralli) e Gerardia savaglia (falso corallo nero).

La competizione per le gorgonie è problematica come per altre specie che occupano il substrato roccioso (altri cnidari, briozoi, spugne ed alghe incrostanti). La causa prevalente è il ridotto spazio disponibile. In alcuni esemplari i colonizzatori dello spazio, tendono ad occupare la colonia stessa, coprendola eccessivamente, e causandone la morte.

1.2.5. Minacce

Le minacce possono essere di origine naturale (e.g. la torbidità e sedimentazione portata dai fiumi) e antropica.

La minaccia, che ha portato altre conseguenze legate a sé, è il cambiamento climatico globale ripercosso sul cambiamento termico delle acque Mediterranee (Roghi et al., 2010, Garrabou et al., 2009, Perez et al., 2000, Bianchi & Morri, 2004).

In molti casi, le morie di gorgonacei sono avvenute dopo aumenti improvvisi della temperatura o dopo lunghi e anomali periodi di temperature elevate (Cerraneo et al., 2000, Coma et al., 2009, Garrabou et al.,

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11 2009).

Gli studi hanno dimostrato che, a causa delle alte temperature, le gorgonie sottoposte a questo stress, sono state danneggiate da un’ampia varietà di microorganismi, come funghi, protozoi e batteri (Cerraneo et al., 2000, Bally & Garrabou, 2007). Inoltre, l’aumento di temperatura ha condotto all’eccessivo sviluppo di alghe filamentose mucillaginose che, ricoprendo la struttura portante dell’animale, hanno portato al suo soffocamento (Mistri & Ceccherelli, 1996).

Gli eventi di maggiore importanza, collegati all’aumento di temperatura nel NW Mediterraneo, risalgono al 1999 e al 2003 (Garrabou & Cupido, 2009, Cerraneo et al., 2000). Due episodi di mortalità massiva che afflissero differenti comunità e popolazioni di sospensivori bentonici soprattutto in Francia e in Italia. Nell’estate del 1999 e del 2003, la temperatura dell’acqua dai 15m ai 40m raggiunse i 24°C, da 2 a 4°C maggiore rispetto agli anni 1992 - 1998 (ENEA Center data cited in Cerraneo et al., 2000), causando danni ai popolamenti viventi in quest’habitat (Romano et al., 2000, Cerraneo et al., 2000, Perez et al., 2000). Dal 1999 al 2003 le morie si espansero nel Mediterraneo colpendo anche le acque della Spagna (Coma et al., 2006).

Al danneggiamento di una gorgonia esiste una ben determinata sequenza di eventi osservabili: inizialmente le zone della colonia danneggiate cambiano colore, da rosso/giallo/bianco a grigio, ciò indica che è iniziata la decomposizione dei tessuti al di sopra dello scheletro assile. Si susseguono poi, una serie di lacerazioni che portano a nudo lo sclerenchima esponendolo all’attacco dei microorganismi colonizzatori; per questo motivo spesso epibiosi e necrosi sono considerate come unico evento.

Le gorgonie sono specie a vita lunga e a crescita lenta (Cupido et al., 2009). Le massive morie come quella del 1999 e del 2003, hanno portato, per le specie di gorgonie viventi al limite del termoclino stagionale, una diminuzione della densità e della crescita degli individui, e un calo del reclutamento (Cupido et al., 2009). Le minacce di origine antropica riguardano lo sradicamento di gorgonie in zone sottoposte a attività turistica subacquea eccessiva o mal gestita, l’ormeggio e l’ancoraggio di imbarcazioni nelle zone dove sono presenti delle colonie, l’utilizzo di attrezzi da pesca che possono danneggiare la colonie e quindi rendere le strutture vulnerabili all’insediamento di epibionti o addirittura sradicarle. In particolare i fili delle reti da pesca si possono avvolgere attorno ai rami e, con l’azione della corrente, provocare l’abrasione meccanica del cenenchima che difficilmente o molto lentamente riesce a rigenerarsi(Bavestrello et al., 1997).

Nonostante l’urgenza di trovare protocolli d’intervento per affrontare i numerosi eventi di moria dovute a cause naturali e/o antropiche, sono ancora poche le tecniche sperimentate per il recupero delle popolazioni colpite. Alcuni lavori hanno sperimentato nuove tecniche di recupero basate sulla manipolazione di colonie danneggiate da parziale necrosi del cenenchima, al fine di agevolare i processi di rigenerazione ed ottenere un protocollo di azione riproducibile (Previati et al., 2011). Fino ad oggi gli interventi di recupero hanno preso in considerazione la fattibilità di eventuali trapianti di colonie. Alcuni esperimenti di trapianto sono stati approntati su diverse gorgonie Mediterranee, permettendo di valutare la loro risposta agli eventi di

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12 mortalità massiva, in termini di tassi di sopravvivenza, di crescita e di mortalità (Fava et al., 2010). Tali esperimenti hanno messo in evidenza la diversa resistenza e resilienza allo stress di varie specie, dimostrando come le anomalie termiche possano influire in modi diversi sulle diverse specie di gorgonie Mediterranee (Previati et al., 2011).

Valutare e comprendere come le gorgonie rispondano a stress ambientali sempre più diffusi, rappresenta un passo importante per prevedere come potranno cambiare le comunità bentoniche di fondo duro. Nuove tecniche sperimentali consolidate come quella dei trapianti, potrebbero rappresentare validi mezzi di mitigazione degli impatti e potrebbero facilitare il processo di recupero delle popolazioni danneggiate da fenomeni di necrosi (Previati et al., 2011).

2. SCOPO DELLA TESI

L’obiettivo primario della tesi è quello di ottenere informazioni sulla struttura dei popolamenti associati all’habitat Coralligeno di parete attorno all’Isola dell’Asinara (Parco Nazionale e Area Marina Protetta AMP). In particolare è stata valutata la struttura dei popolamenti a gorgonacei.

In secondo luogo è stata valutata la qualità ecologica dei popolamenti coralligeni mediante l’utilizzo dell’indice COARSE (COralligenous Assessment by ReefScape Estimate) che di basa su metodo RVA (Rapid Visual Assessment), in linea con la vigente normativa europea (MSFD 2008/56/EC).

Lo scopo ultimo del lavoro è fornire un contributo alla messa a punto di uno strumento di monitoraggio idoneo a caratterizzare la qualità ecologica dei popolamenti coralligeni dell’Asinara, esportabile ad altre aree del Mediterraneo, evidenziando analogie e differenze con altri popolamenti presenti in siti protetti e non protetti all’interno della stessa regione mediterranea.

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3. MATERIALI E METODI

3.1. Sito di studio

(

Wikipedia

)

L’isola dell’Asinara è situata all’estremità nord-occidentale della Sardegna: ha una superficie di circa 51,230 chilometri quadrati ed una lunghezza di circa 18 chilometri; ha una forma arcuata che le conferisce l’aspetto di una virgola, con una larghezza che varia dai 287 metri di Cala di Sgombro ai 6 chilometri e mezzo nella parte più settentrionale dell’Isola. Il suo perimetro costiero misura circa 120 chilometri ed è caratterizzato da coste rocciose dove si sviluppano alte falesie o versanti particolarmente ripidi che permettono all’Isola di avere dei rilievi relativamente alti: il maggiore è quello di Punta della Scomunica con 408 metri.

Vi è una evoluzione asimmetrica delle coste che è rimarcata dall’erosione marina, la quale è particolarmente accentuata soprattutto nella costa occidentale. Questa costa, che risente dell’azione del moto ondoso di maestrale, è caratterizzata dall’assenza di spiagge. La costa orientale, che si affaccia sul Golfo dell’Asinara, pur rimanendo rocciosa, è invece generalmente bassa e talvolta sabbiosa. L’Isola presenta una decina di piccoli corsi d’acqua a carattere stagionale, che con moto torrentizio hanno inciso anche profondamente dei solchi vallivi.

L’Isola dell’Asinara geograficamente posta al centro del mediterraneo occidentale risente inevitabilmente delle caratteristiche climatiche del bacino a cui appartiene. I venti dominanti provengono principalmente dai quadranti occidentali e settentrionali e sono Levante, Ponente e Maestrale (AA.VV., 2008).

3.2. Morfologia delle coste e dei fondali

I fondali dei due versanti dell’isola dell’Asinara presentano caratteristiche profondamente differenti. Il versante occidentale, compresa anche la zona di Punta Scorno, è caratterizzato da pendii con notevole acclività che continuano nella parte sommersa e sprofondano rapidamente oltre i 50 m anche a breve distanza dalla costa, questo si verifica soprattutto nelle zone presso Punta Scorno, Punta Grabara, Punta

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14 Tumbarino e Punta Pedra Bianca. La costa profondamente marcata dall’intensa azione erosiva risulta quindi quasi totalmente inaccessibile dal mare, con falesie che in alcuni punti superano i 200 m. Il fondale più prossimo alla costa è in prevalenza roccioso e caratterizzato da una morfologia irregolare.

Piccoli bacini a sabbia fine o media sono presenti in corrispondenza di insenature quali Cala Scombro di fuori, Cala Tumbarineddu, Porto Manno della Reale, Cala Tappo e Porto Mannu. Più a largo, entro la curva batimetrica dei 50 m, si rileva un fondale roccioso-sabbioso più regolare, con prevalenza di quello sabbioso. Il mare di Fuori quindi, è un mare che precipita rapidamente a grande profondità, generando moti turbinosi, vortici nelle masse d’acqua che si infrangono sulla costa occidentale.

Il versante orientale è generalmente caratterizzato da coste basse, prevalentemente rocciose e talvolta sabbiose come nella località di Fornelli. Lungo questo versante si trovano le poche, ma in genere molto belle, spiagge dell’Isola, come quelle di Cala S. Andrea, della zona di Trabuccato, di Cala d’Arena, Cala Barche Napoletane, Cala Giordano e Cala Sabina. Tra queste le spiagge di Cala S. Andrea e Cala d’Arena sono quelle maggiormente rilevanti dal punto di vista naturalistico comprese nella zona A per interesse paesaggistico ed ecologico.

I fondali, riprendendo la morfologia della parte emersa, tendono a degradare dolcemente fino alla profondità media tipica del golfo dell’Asinara, pari a circa 50 metri. Il mare di Dentro è un mare dalle acque poco profonde, mite, ma imprevedibile, dalle tonalità di colori più tenui, acque trasparenti e iridescenti nelle innumerevoli insenature (AA.VV., 2009).

3.3. Misure di protezione

(

Parco Asinara

)

L'Isola dell'Asinara è oggi Parco Nazionale istituito nel 1997 e Area Marina Protetta (AMP) dal 2002. Congiunzione tra l’uomo e il mare, l’AMP è suddivisa in:

- zona A: protezione integrale di eccezionale interesse naturalistico dove è vietato l’accesso. - zona B: protezione generale di rilevante interesse naturalistico.

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15

3.4. CAMPIONAMENTO

Il lavoro è stato svolto nei mesi da Aprile a Luglio 2015, da due operatori subacquei tramite immersioni A.R.A. con rilevamento subacqueo in batimetrica dai 20 ai 30 metri di profondità.

I punti di lavoro, localizzati con strumento GPS, sono stati scelti in base ad un disegno di campionamento gerarchizzato: all’interno della zona B a protezione generale sono stati selezionati sette siti random tutti esposti nel versante occidentale dell’Isola, e all’interno di ognuno, sono state campionate tre repliche scelte in modo casuale.

I primi dati raccolti tramite l’utilizzo del computer subacqueo sono stati profondità, temperatura e successivamente informazioni geomorfologiche dell’area campionata; è stato effettuato il campionamento visivo per ogni replica all’interno dei siti, con ausilio fotografico.

I siti di studio sono:

sul versante sud-occidentale:

Punta Pedra Bianca (41° 0’ 8.4”, 8° 12’ 36.6” ) Scoglio di Pedra Bianca (41° 00’ 004”, 8° 12’ 33.6”) Punta Salippi (40° 59’ 42.6” , 8° 12’ 40.2” )

Punta Agnadda (41° 1’ 40.2”, 8° 12’ 58.2”) sul versante sud-centro occidentale: Punta Tumbarino (41° 2’ 27”, 8° 13’ 11.4” ) Cala Tumbarineddu (41° 2’ 38.4” , 8° 13’ 42.6” ) sul versante nord estremo:

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16

3.4.1. Campionamento visivo

Il campionamento visivo e l’ausilio fotografico, sono stati misurati su un’area pari a 4 m2 con metodo RVA (Rapid Visual Assessment) (Gatti et al., 2012). Tale metodo, viene utilizzato come approccio che integra, nella descrizione dell’eterogeneità del Coralligeno e nella valutazione della qualità ecologica, alcune informazioni:

-biologiche ovvero la presenza di tre differenti strati da considerare: strato basale (bioconcrezioni/biocostruttori), strato intermedio (organismi a moderata crescita verticale tra 1 - 10 cm) e strato elevato (struttura 3D/organismi a crescita verticale considerevole > 10 cm) (Gatti et al., 2012),

-geomorfologiche ovvero la presenza di rocce, pareti verticali, secche, detriti e sedimento,

- mesologiche (fisiche) ovvero: esposizione, inclinazione, profondità, elevazione del substrato cioè misurazione della matrice calcarea (Gatti et al., 2012).

L’esposizione è stata misurata tramite bussola da polso, l’inclinazione tramite clinometro costruito artigianalmente, e l’elevazione del substrato tramite penetrometro.

L’ausilio fotografico è avvenuto tramite l’utilizzo di macchina fotografica Fujifilm finepix 50 Fd dotata di scafandro. I sistemi fotografici, in ambienti di non facile accesso, sono un veloce metodo di acquisizione di dati, che possono essere successivamente elaborati in condizioni più confortevoli (Parravicini et al., 2009, 2010). L’ausilio fotografico è utile per redigere una lista tassonomica delle specie che possono a prima vista sfuggire all’osservatore in campo.

Durante l’immersione sono state annotate le caratteristiche dei tre differenti strati non evidenziate dalle fotografie.

Nello strato elevato, sono state prese in considerazione le gorgonie per il loro importante ruolo ecologico (Coma et al., 2007, Garrabou et al., 1998).

La gorgonia, specie target attorno all’Isola dell’Asinara, è Eunicella cavolinii: gorgonia gialla che cresce su fondali rocciosi, 10 - 150 m, la sua distribuzione è più superficiale rispetto alle altre gorgonie considerate sciafile, predilige zone d’ombra, forma colonie arborescenti di colore giallo alte sino a 40 – 50 cm, disposte in modo perpendicolare alla corrente, con ramificazioni molli e flessibili. I polipi sono di colore più chiaro rispetto alla ramificazione e sono di piccole dimensioni.

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17 I dati presi su questa specie sono i seguenti: tramite una cordella metrica, utile per misurare la distanza tra il disco basale e l’estremità distale, è stata determinata l’altezza massima, con una lavagnetta subacquea in plexiglass sono stati riportati i dati ottenuti in immersione di densità, come conta degli individui, abbondanza, epibiosi e necrosi. Questi ultimi dati espressi come percentuale di stima visiva sono stati valutati tramite tavole di riferimento per la stima visuale della copertura percentuale superficiale (De Marchi, 1983).

La stima visiva di ricoprimento percentuale è il metodo attualmente preferito dalla maggior parte dei ricercatori (Bianchi et al., 2003).

Tutti e tre gli strati considerati nella caratterizzazione bionomica: basale, intermedio ed elevato, danno come risultato finale l’indice COARSE (COralligenous Assessment by ReefScape Estimate) (Gatti et al., 2015) che, proposto con l’uso di osservazioni e misurazioni dirette in campo dell’operatore subacqueo, serve per la valutazione dello stato ecologico dell’habitat Coralligeno.

Ogni strato può essere considerato indipendente, ha tre descrittori di qualità da esaminare: da 1 (cattiva qualità) a 3 (buona qualità). Per ogni parametro misurato si affianca il punteggio di qualità per redigere infine, la qualità totale, che in accordo con la classificazione di stato ecologico della Water Framework Directive (WDF 2000/60/EC), darà una delle cinque classi di qualità (scarsa, povera, moderata, buona, ottima).

Ogni descrittore, ha un criterio di assegnazione del punteggio di qualità (Gatti et al., 2015).

Per lo strato basale con limitata crescita verticale degli organismi (< 1 cm), sono stati stimati i seguenti parametri:

-copertura percentuale dei biocostruttori (BCs): si assegna 3 con presenza di rodofite corallinacee incrostanti (ECR) per il loro valore di produttori di substrato calcareo, si assegna 2 alle alghe incrostanti non calcificate (NCEA) e agli animali incrostanti (EA) protettori del substrato, si assegna 1 sia per feltro algale (TURF) che potrebbe proteggere il substrato, ma trattiene il sedimento, sia per il sedimento (SED) perché inibisce la crescita dei biocostruttori e contribuisce all’abrasione del substrato (Gatti et al., 2015). La formula per ottenere il punteggio di qualità totale dei singoli BCs è (cover % *punteggio assegnato)/100 (Gatti et al., 2012)

-spessore e consistenza della matrice calcarea: si assegna 1 se la penetrazione è nulla (i biocostruttori sono inattivi), si assegna 2 se la penetrazione è > 1 cm, e si assegna 3 se la penetrazione è fino ad 1 cm, cioè quando il substrato biogeno prodotto dagli organismi è compatto (Gatti et al., 2015)

- presenza di organismi scavatori: si assegna 1 quando sono comuni (1 per 0.5 m2), si assegna 2 quando sono occasionali (1 per m2) e si assegna 3 quando sono assenti (Gatti et al., 2015).

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18 -ricchezza di specie (SR) come preliminare investigazione, il numero massimo di specie trovate in due minuti di tempo in un’area di 2 m2: si assegna 1 quando SR < 5, si assegna 2 quando SR tra 5 - 8, si assegna 3 quando SR > 8 (Gatti et al., 2015)

-organismi eretti calcificati (ECO), invertebrati che danno un consistente contributo alla biocostruzione (madreporari solitari o coloniali): si assegna 1 quando ECO ≤ 1, si assegna 2 quando ECO 1 - 3, si assegna 3 quando ECO > 3 (Gatti et al., 2015)

- sensibilità dei briozoi (SB): per l’importanza ecologica, per essere abbondanti biocostruttori tra gli animali, e per la loro presenza come indicatori di basso impatto antropico: si assegna 1 con presenza di Myriapora truncata, si assegna 2 quando c’è presenza Pentapora fascialis, Adeonella calveti e si assegna 3 quando c’è presenza di Smittina cervicornis, Reteporella grimaldii (Gatti et al., 2015, Harmelin & S. Capo, 2001).

Infine, dello stato elevato con considerevole crescita verticale di organismi (> 10 cm) ,in particolare le gorgonie, sono stati stimati i seguenti parametri:

- cover (%), abbondanza delle specie stimata visualmente: si assegna 1 copertura < 5%, 2 per copertura 5 - 25%, 3 copertura > 25% (Gatti et al., 2015)

- altezza massima (cm), comparata con la massima altezza disponibile in letteratura (LMH) per le specie target considerate: si assegna 1 quando MH < 0.3 LMH , 2 quando 0.3 - 0.6 LMH, e 3 quando > 0.6 LMH (Gatti et al., 2015).

Altezza massima dello strato elevato (

Sartoretto & Francour, 2012)

1

2

3

MH < 0.3 LMH

0.3 LMH ≤MH≤ 0.6 MH MH > 0.6 MH

Eunicella cavolinii

< 17 cm

17 - 33 cm

> 33 cm

- epibiosi e/o necrosi (%): si assegna 1 quando EN > 75%, 2 quando 10 - 75%, e 3 quando EN < 10% (Gatti et al., 2015).

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19

3.5. CALCOLO DELL’INDICE

Il calcolo matematico per ottenere l’indice COARSE (Gatti et al., 2012, 2015), è il seguente: per ogni strato la qualità totale è data da:

QL=(XL*YL*ZL)* k^(1-n) XL, YL, ZL, rispettivamente i descrittori all’interno di ogni strato. Oppure per ogni sito:

QL=(Qbl * Qil * Qul)* k ^(1-n),

con k valore massimo assunto dalla qualità, ed n numero dei descrittori considerati (Gatti et al., 2015). Mentre il calcolo della media armonica per ogni sito è calcolata come:

Qo=n/ (1/Qbl)+(1/Qil)+(1/Qul)

Dove n è il numero dei layer considerati, e Qbl, Qil, Qul, i punteggi di qualità dello strato basale, intermedio ed elevato.

In accordo con WDF 2000/60/EC e lo schema cromatico, QL è diviso in cinque classi di qualità: - Rosso 0 <QL≤ 0.6 SCARSA

- Arancione 0.6 <QL≤ 1.2 POVERA - Gialla 1.2 <QL≤ 1.8 MODERATA - Verde 1.8 <QL≤ 2.4 BUONA - Blu 2.4 <QL≤ 3 ALTA

Mentre il calcolo della media armonica (Qo) viene considerato solo appartenente a tre classi: Qo ≤ 1 CATTIVA, Qo ≤ 2 MODERATA, Qo ≤ 3 BUONA (Gatti et al. 2015).

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20

4. RISULTATI

La geomorfologia dei siti campionati, presenta pareti con variabile inclinazione ed esposizione. La tabella 2 (Tab. 2) mostra i risultati ottenuti.

Tab. 2: caratteristiche geomorfologiche e mesologiche dei siti.

geomorfologia inclinazione esposizione

PUNTA PEDRA BIANCA parete 85° 210° SCOGLIO di PEDRA BIANCA parete 95° 210° SALIPPI parete 95° 20° TUMBARINO parete 95° 60° CALA TUMBARINEDDU parete 85° 100° AGNADDA parete 95° 160° SCORNO parete 100° 120°

I popolamenti dominanti osservati sono appartenenti al fitobenthos e allo zoobenthos tipico dell’habitat Coralligeno. Nella componente algale spiccano alghe rosse corallinacee incrostanti genere Peyssonnelia e Mesophyllum, alghe brune genere Cystoseira e Dictyotales, alghe verdi come Flabellia petiolata, Halimeda tuna e Palmophyllum crassum. Nella componente animale predominano le spugne incrostanti e massive, i briozoi Myriapora truncata, Pentapora fascialis e Smittina cervicornis, gli cnidari Aglaophenia, Leptopsammia pruvoti, Caryofillya, Parazoanthus axinellae, Eunicella cavolinii, anellidi tra cui un’abbondante presenza di policheti tubicoli (Trainito, 2014).

Nella zona all’estremo nord dell’Isola, Punta Scorno, è stata osservata predominanza di alghe brune che ricoprono la superficie delle rocce e gli organismi sopra esse, in particolare, la presenza di grandi quantità genere Sargassum e Cystoseyra (Trainito, 2014).

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21

4.1. STRUTTURA DEI POPOLAMENTI: DESCRIZIONE E GRAFICI

Le informazioni biologiche dedotte sui differenti strati dell’habitat (Tab. 4) riguardano: per lo strato basale, in alcuni siti presenza occasionale di organismi perforatori del substrato calcareo appartenenti principalmente alla specie Cliona viridis in grado di creare forme massive, e nei rimanenti siti l’assenza di perforatori.

La penetrometria in tutti i siti è variabile entro ed oltre il centimetro.

Il feltro/sedimento (TURF/SED) (Tab. 3) è presente in tutti i siti di studio ad eccezione di Punta Scorno, la percentuale di suddetto parametro varia dal 10 al 40%.

L’insieme di animali incrostanti (EA) e alghe incrostanti non corallinacee (NCEA) (Tab. 3), presenta una copertura percentuale discreta ovunque, variabile tra il 35 - 75%.

Le alghe rosse corallinacee incrostanti (ECR) (Tab. 3) appartenenti al genere Peyssonnelia e Mesophyllum, sono presenti in tutti i siti di studio con un’abbondanza discreta variante dal 25 - 50%.

Tab. 3: copertura percentuale dei biocostruttori dello strato basale per sito di studio.

%cover:

Pedra

bianca Agnadda Tumbarino Salippi Cala Tumarineddu Scorno Scoglio di P.b.

TURF/SED 15% 25% 15% 40% 10% 0% 10%

NCEA/EA 50% 35% 35% 35% 40% 75% 50%

ECR 35% 40% 50% 25% 50% 25% 40%

Nello strato intermedio, la ricchezza di specie varia tra 5 - 12 specie sulla superficie di 4 m2 di ogni replica. Una porzione di substrato duro dove c’è estrema competizione per lo spazio, gli organismi eretti calcificati (ECO) sono principalmente due specie di madreporari solitari Leptopsammia pruvoti e Caryofillya, e i briozoi sono Myriapora truncata, Pentapora fascialis e Smittina cervicornis (Trainito, 2014).

Nello strato elevato, la gorgonia Eunicella cavolinii, presenta una abbondanza percentuale tra il 2 - 5% in tutti i siti, ad eccezione di Punta Scorno che presenza un’abbondanza maggiore del 25% e Cala Tumbarineddu dove l’abbondanza supera il 5% (Grafico 1). In tutti i siti l’altezza massima media è tra i 17 - 30 cm (Grafico 2), e la percentuale di Epibiosi-Necrosi tra lo 0 - 28% (Grafico 3). La Necrosi presente soprattutto nei siti di studio a sud, è presente sulle parti apicali dei rami, oppure sulla maggior parte dello scheletro portante, stressato da tempo, ed epibiontato da altri organismi. L’Epibiosi è data maggiormente da epifiti come alghe brune filamentose e alghe rosse corallinacee, ed epibionti come idrozoi, briozoi ed anellidi.

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Grafico 1: abbondanza media e deviazione standard dei siti di studio.

Grafico 2: altezza media massima e deviazione standard dei siti di studio.

Grafico 3: Epibiosi/Necrosi media percentuale e deviazione standard dei siti di studio.

0 10 20 30 40 50 60 Abbondanza (%) 0 5 10 15 20 25 30 35 Altezza max (cm) 0 10 20 30 40 50 60 Epib/Necrosi (%)

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23

Tab. 3: punteggi di qualità per ogni descrittore all’interno di ogni strato, per ogni sito di studio.

UPPER PEDRA BIANCA SCOGLIO DI P.B. SALIPPI AGNADDA TUMBARINO C.TUMBARINEDDU SCORNO

COVER 2 1 1 1 1 2 3 MAX HEIGHT 2 2 2 2 2 2 2 EPIB-NECR 2 2 3 3 3 3 2 INTERMEDIATE SR 3 3 2 3 2 3 3 ECO 1 1 2 2 2 1 2 BRIOZOI 3 2 3 3 2 3 3 BASAL COVER 2.2 2.3 1.85 2.15 2.35 2.4 2.25 PENETROM. 2 2 3 2 2 3 3 BORERS 2 2 2 3 3 3 2

4.2. VALORI DELL’INDICE

Per il calcolo dell’Indice il grafico seguente (Grafico 4) riporta i Punteggi di qualità totale di ogni layer per ogni sito di studio, colorati in base allo schema cromatico della WDF 2000/60/CE.

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Grafico 4: punteggi di qualità totale di ogni strato, per ogni sito di studio.

I risultati ottenuti indicano il punteggio maggiore per lo strato elevato in Cala Tumbarineddu, per lo strato intermedio Agnadda e Scorno, e per lo strato basale Cala Tumbarineddu e Scorno. La qualità per i tre strati è in decadenza dal versante centrale all’estremo sud. Il presente grafico permette di ottenere informazioni separate sui tre strati, a seconda dell’obbiettivo oggetto di studio.

Il Grafico 5 riporta i valori di qualità totale dell’indice COARSE e media armonica (Qo) per ogni sito di studio. 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.6 2.8 3.0

Punteggi di qualità divisi per strati nei siti di studio

1 strato basale 2 strato intermedio 3 strato elevato

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Grafico 5: media armonica e qualità totale per ogni sito di studio.

Secondo la suddivisione delle classi di qualità per la media armonica, il grafico mostra una qualità moderata nei punti Agnadda, Cala Tumbarineddu e Scorno, mentre gli altri siti sono caratterizzati da una cattiva qualità. 0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00 1.20 1.40 1.60 1.80

(26)

26

5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Determinare l’indice COARSE tramite approccio RVA (Gatti et al. 2012, 2015), ha permesso di effettuare uno studio conoscitivo sull’habitat Coralligeno dell’Asinara attraverso metodiche non distruttive.

L’uso di un approccio non distruttivo è fondamentale in quest’habitat particolarmente vulnerabile (Roghi et al., 2010), non solo, è l’unico metodo applicabile nelle Aree Marine Protette e in linea con la recente Marine Strategy Framework Directive.

Inoltre, l’indice COARSE rappresenta un metodo veloce di acquisizione dati, permettendo l’ottenimento di molte informazioni in tempi relativamente brevi.

Tuttavia il campionamento visivo utilizzato ha una serie di vantaggi e svantaggi:

-vantaggi come basso costo, immediatezza dei risultati, vasta area di campionamento, impatto nullo sull’ecosistema, fedeltà di ciò che personalmente osservi

-svantaggi come soggettività, lentezza di lavoro sott’acqua dovuto alle restrizioni subacquee,

per cui, per avere informazioni complete sull’habitat, è consigliabile comparare l’utilizzo di differenti approcci, campionamento visivo e fotografico (Parravicini et al., 2009), e determinare almeno due indici sul Coralligeno (e.g. indice ESCA (Ecological Status of Assemblages), Piazzi et al., 2014), confrontarli, e valutare così lo stato ecologico e la conservazione dell’habitat.

L’indice COARSE valuta il valore ecologico del Coralligeno in termini di biocostruzione, strutturazione, valore estetico, ma non è detto che questo sia relazionato alla qualità ambientale (l’indice non è mai stato ancora testato per la qualità ambientale, al contrario dell’indice ESCA (Piazzi et al., 2014). Anche fattori naturali (e.g. sedimentazione) possono variare la struttura dell’habitat ed influenzare i valori del COARSE. Un importante aspetto dell’utilizzo dell’indice è l’acquisizione di caratteristiche ambientali che possono avere un ruolo determinante sulla composizione e struttura dei popolamenti associati al Coralligeno, come l’inclinazione e l’esposizione delle pareti (Gatti et al., 2015).

Nei siti di studio dell’Asinara, l’inclinazione è variabile, ma pressoché perpendicolare, esposta in modo ottimale al passaggio delle correnti.

L’Asinara, per la sua morfologia di coste e fondali, non ha permesso ulteriori siti di studio sul versante orientale dell’Isola.

Per quanto riguarda la composizione dei popolamenti, lo strato basale è risultato ben sviluppato con una copertura sempre pari al 100%. Il feltro algale ha mostrato valori mediamente bassi ad eccezione del sito di Punta Salippi, situato nella porzione meridionale dell’Isola. Una bassa abbondanza di feltro evidenzia una situazione ecologica buona compatibile con un’area poco antropizzata come quella dell’Asinara (Gatti et al., 2012, 2015). Non si hanno al momento dati che possono spiegare l’alta percentuale di feltro riscontrata a Punta Salippi; ulteriori informazioni sulla qualità dell’acqua e sui tassi di sedimentazione sono necessarie per formulare una possibile spiegazione.

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27 Nello strato intermedio la ricchezza di specie è abbondante e molti briozoi sono presenti ovunque. La presenza di briozoi, in particolar modo di specie sensibili (Harmelin & S. Capo, 2001), è considerata un’indicazione di buona qualità ambientale (Gatti et al., 2012, 2015). Lo stesso vale per le alghe brune del genere Cystoseira, abbondanti in certi siti: anche queste specie sono considerate buoni indicatori ambientali.

L’Asinara ha popolamenti di gorgonie poco sviluppati con Eunicella cavolinii predominante. Questo dato rappresenta un pattern comune in Sardegna, dove, ad eccezione di aree limitate, lo strato elevato del Coralligeno è poco sviluppato (L. Piazzi, dati non pubblicati), quantomeno nella fascia più superficiale. Lo sviluppo dei gorgonacei è variabile e in molti casi difficilmente ricollegabile a condizioni ambientali particolari.

La copertura più elevata di gorgonie all’Asinara è stata riscontrata all’estremo nord dell’Isola, dove l’esposizione alle correnti è maggiore, ed è favorito lo sviluppo di organismi filtratori.

La bassa abbondanza potrebbe essere dovuto a differenze ambientali anche poco evidenti rispetto ad altri siti, oppure semplicemente legata ad un basso reclutamento per mancanza di rifornimento di larve da aree circostanti (Lewin, 1986a).

Nonostante i bassi valori di abbondanza, le gorgonie hanno mostrato una buona vitalità dimostrata dalle basse percentuali di necrosi riscontrate.

In generale l’Asinara ha mostrato una maggior abbondanza di componente algale nell’habitat, e specie animali di dimensioni medio-piccole: una biocostruzione compatta data dalla presenza ovunque di alghe rosse corallinacee incrostanti.

Nell’insieme i popolamenti coralligeni dell’Asinara sono simili a popolamenti di altre aree poco impattate del Mediterraneo occidentale (Gatti et al., 2015).

Il Coralligeno è un habitat eterogeneo che crea microhabitat al suo interno (Ballesteros, 2006).

La competizione interspecifica per lo spazio è considerata uno dei processi determinanti il pattern di distribuzione degli organismi. Gli organismi incrostanti competono intensamente per il substrato perché sono limitati nell’utilizzo dello spazio in sole due dimensioni (Balata et al., 2005).

Il numero di repliche è un’importante fattore per l’habitat Coralligeno: è necessario un appropriato numero di repliche per separare il pattern di variabilità naturale dalla variabilità causata da fattori eterni (Piazzi et al., 2014). L’utilizzo di tre repliche in questo studio è probabilmente insufficiente per descrivere la variabilità del sistema.

L’Asinara è un’Isola sottoposta a minima pressione antropica data da occasionale attività di pesca di frodo e attività di turismo stagionale. I siti di studio sono tutti appartenenti alla zona B, per questo motivo l’applicazione dell’indice COARSE sensibile alla pressione antropogenica (Gatti et al., 2015), su tale Isola, non è servito per valutare differenti livelli di pressione sull’habitat.

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28 I bassi valori dell’indice COARSE, non sono quindi da ritenere legati alla qualità ambientale, ma ad una bassa strutturazione dell’habitat.

Infatti l’indice COARSE non utilizza il Coralligeno come indicatore ambientale, ma valuta la qualità intrinseca dell’habitat. Quindi bassi valori dell’indice indicano una bassa strutturazione dell’habitat indipendentemente dalle pressioni antropiche.

Inoltre, il valore basso calcolato dell’indice è dato: dalla profondità di studio considerata (alla batimetrica tra i 20 – 30 metri in Mediterraneo inizia la formazione coralligena), e dalla mancanza di sviluppo dello strato elevato di gorgonie.

L’indice, fornisce quindi, un’informazione sulla capacità di sviluppo dell’habitat e sulla sua strutturazione, che dovrà essere poi associata ad ulteriori studi per comprendere le cause dei pattern osservati.

In Conclusione, è importante continuare lo studio del Coralligeno dell’Asinara in modo da poter valutare nel tempo eventuali variazioni nella struttura di un habitat particolarmente sensibile.

Continuare il monitoraggio è fondamentale per mantenerne la conservazione futura e avere conoscenze approfondite di quest’habitat: ampliare la quantità di dati su altre aree del Mediterraneo in modo da poter ottenere una visione più completa possibile di tale habitat a livello di bacino e poter così comprendere meglio anche i pattern locali. La messa a punto di uno strumento di monitoraggio idoneo che serve poi ad evidenziare analogie e differenze dei popolamenti presenti all’Asinara con altre zone mediterranee.

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