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EPIDEMIOLOGIA DELL'INFEZIONE DA Klebsiella pneumoniae produttrice di KPC PRESSO L'OSPEDALE "F.LOTTI" DI PONTEDERA NEL BIENNIO 2011-2012

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FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA INTERNA

EPIDEMIOLOGIA DELL’INFEZIONE DA Klebsiella pneumoniae produttrice di KPC PRESSO L’OSPEDALE “F.LOTTI” DI PONTEDERA NEL BIENNIO 2011-2012

RELATORE CANDIDATO

Dott. F. Menichetti Dott.ssa B.Longo

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2 INDICE

Riassunto………..pag. 3 Introduzione………pag. 4 Obiettivi dello studio……….pag. 6 Pazienti e dati……….pag. 7 Risultati………..pag. 9 Discussione………..pag. 17 Risvolti pratici dell’indagine………..pag. 21 Bibliografia………pag. 24

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3 Riassunto

Introduzione: nel corso degli ultimi anni si è assistito al rapido diffondersi, anche in Europa, di ceppi di K.pneumoniae produttori di carbapemenasi tipo KPC. Dal 2008 le infezioni provocate da questo microorganismo sono state descritte ovunque in Italia con un numero crescente di casi. K.pneumoniae produttrice di KPC (KpKPC) in genere risulta sensibile solo a pochi antibiotici e le infezioni da essa determinate sono gravate da un alto tasso di mortalità.

Obiettivi: valutare l’andamento delle colonizzazioni/infezioni da KpKPC nell’Ospedale “F. Lotti” di Pontedera nel periodo 2011-2013 ed identificare le caratteristiche demografiche dei pazienti, la sede dell’infezione, lo spettro di multi-farmaco-resistenza dei ceppi isolati, la terapia antibiotica e l’esito del paziente.

Risultati: dal 2011 al terzo trimestre del 2012 si è assistito ad un numero progressivamente crescente di pazienti con isolamento di KpKPC; poi l’andamento ha subito un brusco calo. Nel 66% de casi si è trattato di infezione e nel 34% di semplice colonizzazione. La maggiore parte dei pazienti infetti (64%) era ricoverata, almeno inizialmente, presso il Reparto di Medicina. Una percentuale molto elevata dei ceppi isolati (oltre l’80%) presentava uno spettro di multiantibiotica-resistenza nei confronti dei farmaci utilizzati. Il tasso di fallimento terapeutico è stato elevato, soprattutto nei casi di sepsi (72,7%), mentre la totalità dei pazienti con infezione delle vie urinarie è clinicamente guarito.

Conclusioni: L’epidemia di KpKPC che l’Ospedale “F.Lotti” ha affrontato si è dimostrata una utile occasione per il Comitato Infezioni Ospedaliere e per il laboratorio di microbiologia di misurarsi con le esigenza cliniche qoutidiane ed ha imposto la necessaria riflessione sull’utilizzo appropriato degli antibiotici. Per fronteggiare tali situazioni lo Specialista in Medicina Interna deve conoscere l’epidemiologia locale delle infezioni da germi multiresistenti e deve interfacciarsi necessariamente con l’esperto di terapia antimicrobica (infettivologo) e con il microbiologo per offrire al paziente la migliore terapia.

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4 Introduzione

Descritta per la prima volta in North Carolina nel 1996, diffusasi successivamente in Israele e Grecia, la Klebsiella pneumoniae produttrice di carbapemenasi tipo KPC è un batterio Gram negativo caratterizzato dalla presenza di una β-lattamasi prodotta anche da altri enterobatteri, P. aeruginosa ed A. baumannii. [1 -3] Queste carbapemenasi sono in grado di idrolizzare in modo efficiente le penicilline, tutte le cefalosporine, i monobattami, i carbapenemi ed anche gli inibitori della β-lattamasi. [4] Le carbapemenasi, in base alla classificazione di Ambler, sono suddivise in classe A (carbapemenasi a serina, alla quale appartiene la KPC), classe B (metallo-carbapemenasi, alla quale appartengono la VIM-1 e la NDM) e classe D (OXA-carbapemenasi, alla quale appartiente la OXA-48). I geni che codificano per le carbapemenasi sono presenti in plasmidi che possono passare in specie batteriche differenti anche all’interno dello stesso paziente. [5]

Il sospetto di essere in presenza di una K.pneumoniae produttrice di KPC (KpKPC) nasce dal riscontro all’antibiogramma di un fenotipo con MIC elevata ai carbapenemici e resistenza a tutte le altre molecole tranne colistina, gentamicina e tigeciclina. La fosfomicina talvolta risulta sensibile. Tale sospetto deve poi essere confermato mediante test molecolari.

Dal momento della loro prima descrizione, gli enzimi KPC si sono diffusi in vari paesi e continenti, sebbene l’esatta epidemiologia della loro espansione vari a seconda dell’area geografica. I batteri produttori di questi enzimi in genere sono sensibili solo a pochi antibiotici e le infezioni da essi determinate sono gravate da un alto tasso di mortalità. In Europa, i dati tratti dal database EARS-Net mostrano come nel 2010, i tassi di K.pneumoniae-resistente ai carbapenemi varino dallo 0,2% in Germania al 59,5% in Grecia. I tassi più elevati appartengono alle nazioni dell’Europa del sud; l’Italia si colloca al terzo posto con un tasso del 15,8% (Figura 1) [6].

(5)

5

Figura 1. Situazione Europea nota al gennaio 2012 riguardo alle Enterobacteriaceae produttrici di carbapemenasi (European Network on Carbapenemases) [ref. 6].

In Italia la prima KpKPC è stata isolata nel 2008 da un paziente ricoverato per una infezione intraddominale complicata a Firenze. [7] Una seconda segnalazione riportava due casi di K. pneumoniae KPC-2 isolati a Roma nel 2009. [8] Tra il 2009 ed il 2011 è stato approntato un sistema di sorveglianza presso due Ospedali di Padova nel corso del quale sono stati identificati almeno 200 casi. [9] Nello stesso periodo a Verona, in una terapia intensiva, sono stati isolati sette ceppi di K.pneumoniae KPC-3 ST258 provenienti da cloni similari [10]. Nel 2011 a Palermo è stata descritta la trasmissione orizzontale di un ceppo di K. pneumoniae KPC-3 resistente alla colistina avvenuta tra pazienti ricoverati in diversi reparti dell’ospedale. [11]

Da allora KpKPC si è diffusa rapidamente ed ampiamente in Italia con un rapido incremento della resistenza ai carbapenemi negli isolamenti da sangue dall’1-2% nel 2006-2009 al 30% nel 2011, come riportato dal sistema di sorveglianza EARS-Net. [12]

(6)

6

Una recente indagine trasversale (15 maggio-30 giugno 2011) condotta in 23 città Italiane ha riscontrato che il 16,3% e il 2,4% dei ceppi di K.pneumoniae isolate rispettivamente da pazienti ospedalizzati ed ambulatoriali era resistente carbapenemi. L’enzima responsabile della resistenza ai carbapenemi era in tutti i casi la KPC. [13]

Obiettivi dello studio

L’obiettivo principale dello studio è stato quello di valutare l’andamento delle colonizzazioni/infezioni da KpKPC nell’Ospedale “F. Lotti” di Pontedera nel periodo 2011-2013.

Obiettivi secondari sono stati quelli di identificare le caratteristiche demografiche dei pazienti, la sede dell’infezione, i fattori di rischio di infezione, la terapia antibiotica eseguita e l’esito del paziente (guarigione clinica, guarigione clinica e microbiologica, decesso e relativo tasso di mortalità crudo).

Per quanto riguarda gli aspetti microbiologici, è stato analizzato lo spettro di multi-farmaco-resistenza dei ceppi isolati, con particolare riguardo ai valori delle concentrazioni minime inibenti (MIC)

(7)

7 Pazienti e dati:

Setting: Ospedale “F.Lotti” di Pontedera con circa 300 posti letto e circa 12000 ricoveri all’anno.

Disegno dello studio: studio di coorte retrospettivo osservazionale.

Fonte dei dati: dal database del laboratorio della Microbiologia sono stati estratti tutti gli isolamenti di Klebsiella pneumoniae su qualsiasi materiale con profilo di resistenza ai carbapenemici e non. Mediante il nome, cognome e data di nascita del paziente e la data di isolamento della Klebsiella sono state individuate e richieste le cartelle cliniche relative al ricovero interessato.

Ogni paziente aveva preventivamente firmato un consenso scritto in cartella al momento del ricovero con autorizzazione al trattamento dei dati personali a scopo di ricerca.

I dati estratti dall’analisi della cartelle clinica sono stati suddivisi in tre campi: dati anagrafici e clinico-laboratoristici; dati microbiologici e dati terapeutici.

Tali dati sono stati inseriti su un database formato ACCESS creato appositamente per lo studio e successivamente analizzati con il programma Excell (Figura 2).

L’identificazione microbiologica e la sensibilità agli antibiotici sono state eseguite mediante il sistema automatizzato Vitek 2 (bioMérieux, Marcy l’Etoile, France). Le concentrazioni minime inibenti (MIC) sono state classificate in base ai breakpoint stabiliti dall’EUCAST.

K.pneumoniae è stata suddivisa in ceppi KPC-produttori e non sulla base della resistenza ai carbapebemi. Tuttavia, molti dei ceppi inizialmente individuati nel 2011 erano stati inviati presso il laboratorio di Microbiologia dell’Università di Siena ed identificati geneticamente come produttori di carbapemenasi tipo KPC.

(8)

8

(9)

9 Risultati

Nel periodo 2011-primi tre trimestri del 2013 sono stati individuati 62 pazienti ricoverati presso l’Ospedale “F.Lotti” con infezione o colonizzazione da KpKPC e 111 pazienti con infezione o colonizzazione da K.pneumoniae non KPC. In Figura 3 è rappresentato l’andamento trimestrale dei casi di infezione/colonizzazione degli ultimi 3 anni. In termini di numero assoluto, i pazienti con isolamento di KpKPC è andato costantemente aumentando nel corso del 2011, fino a raggiungere il picco di 14 casi nel III trimestre del 2012; successivamete si è assistito ad un brusco calo degli isolamenti che si è stabilizzato attorno ai 2-4 casi a trimestre. La percentuale di soggetti con isolamento di KpKPC sul totale dei pazienti con isolamento di K.pneumoniae in generale, è passata dal 38,5% nel 2011 al 44,8% nel 2012. Nei primi 9 mesi del 2013 tale percentuale è scesa a 17,6%.

Figura 3: andamento trimestrale dei pazienti con infezione/colonizzazione da K.pneumoniae KPC sul totale dei pazienti con K.pneumoniae nel periodo 2011-2013, Ospedale di Pontedera.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

I 2011 II 2011 III 2011 IV 2011 I 2012 II 2012 III 2012 IV 2012 I 2013 II 2013 III 2013

totali KPC

(10)

10

Per quanto riguarda i pazienti con infezione/colonizzazione da KpKPC ed isolamento avvenuto nel biennio 2011-2012, sono state analizzate le cartelle cliniche di 44 pazienti. Le caratteristiche demografiche dei pazienti con infezione da KpKPC certa/probabile sono riportate in Tabella 1. I pazienti avevano un età mediana di 76 anni, nel 52% erano di sesso maschile e nel 64% dei casi erano ricoverati, almeno inizialmente, presso il Reparto di Medicina. Il 25% dei soggetti (n°11) ha presentato un episodio di batteriemia (emocolture o punta di CVC positiva), il 23% (n°10) ha presentato una infezione delle vie urinarie, il 7% (n° 3) una polmonite associata alla ventilazione, il 4% (n°2) una infezione della cute/tessuti molli, il 7% (n°3) una infezione addominale complicata e il 34% (n°15) una semplice colonizzazione (isolamento da tampone rettale o da urinocoltura in assenza di sintomatologia e dati laboratoristici compatibili con infezione in atto). Nel 73% dei casi i pazienti sono stati dimessi, nel 27% sono deceduti nel corso del ricovero.

Il tasso di incidenza, nel biennio 2011-2012 per 100.000 giorni di degenza è stato di 87,6 in terapia intensiva, di 10,5 nelle chirurgie e di 9 nelle medicine.

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Tabella 1. Caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti con infezione da K.pneumoniae KPC

Variabile

Età (anni) 76 (65-84) mediana (range IQ) Sesso 23 (52%) M; 21 (48%) F Reparto di ricovero 28 (64%) Medicina

9 (20%) Rianimazione 4 (9%) Chirurgia 3 (7%) altro Sito principale di infezione sepsi (25%)

infezione vie urinarie (23%) VAP (7%) infezione addominale (7%) infez.cute/tessuti molli (4%) colonizzazione (34%) Esito Vivo 32 (73%) Deceduto 12 (27%)

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Dei pazienti con infezione da KpKPC sono stati indagati i fattori di rischio (Tabella 2).

Tabella 2. Fattori di rischio per i pazienti con infezione da K.pneumoniae KPC, per tipo di infezione (44 pazienti)

Su 10 pazienti con infezione delle vie urinarie, 5 erano portatori di catetere vescicale (di questi uno preveniva dalla rianimazione di Pisa ed è stato identificato come probabile caso indice di Pontedera e tre avevano avuto un recente ricovero nel nostro Ospedale). Gli altri 5 soggetti con infezione delle vie urinarie presentavano i seguenti fattori di rischio: due provenivano da una residenza sanitaria assistenziale (RSA), uno era stato recentemente dimesso dalla struttura “Auxilium Vitae” di Volterra, uno proveniva dalla

N° di pazienti

(%)

Infezione delle vie urinarie (10 pazienti)

Presenza di catetere vescicale

5 (50%)

Proveniente da RSA/altra struttura

4 (40%)

Ricovero nei 3 mesi precedenti

1 (10%)

Sepsi (11 pazienti)

Presenza di CVC

9 (82%)

Ricovero nei 3 mesi precedenti

1 (9%)

Recente intervento chirurgico

1 (9%)

Infezione addominale (3 pazienti)

Recente intervento chirurgico

3 (100%)

Polmonite associata a ventilazione (3 pazienti)

Proveniente da Rianimazione Area Vasta

2 (66%)

Proveniente da Medicina Area Vasta

1 (34%)

Infezione cute/tessuti molli (2 pazienti)

Proveniente da Medicina Area Vasta

1 (50%)

(13)

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Rianimazione di Massa e l’ultimo era diabetico con tumore solido, recentemente dimesso dallo stesso Reparto.

Tra i pazienti con infezione addominale, tutti erano stati recentemente sottoposti ad intervento di chirurgia maggiore per tumore solido ed erano portatori di drenaggio addominale.

Dei tre pazienti con VAP, il primo proveniva dalla rianimazione di Pisa (ove peraltro era già stata documentata l’infezione), il secondo era stato dimesso due giorni prima da una Medicina di Pisa ed il terzo era stato dimesso mesi addietro dalla Rianimazione di Pisa (con colonizzazione al livello del tampone rettale) e poi trasferito ad una RSA.

Uno dei due pazienti con infezione della cute/tessuti molli proveniva da una Medicina di Pisa e prima ancora dalla struttura “Auxilium Vitae” di Volterra, mentre l’altro, con linfoadenite suppurata, aveva una patologia oncoematologica ed era stato recentemente ricoverato presso il nostro Ospedale per diabete scompensato.

Dei paziente con sepsi infine, tutti, tranne 2 avevano come fattore di rischio la presenza di un CVC. Tre inoltre erano stati recentemente sottoposti ad intervento di chirurgia maggiore, uno era stato ricoverato e trattato con poliantibiotico terapia più volte nei mesi precedenti per infezione recidivante delle vie urinarie, uno è arrivato al nostro Ospedale proveniente dall’ “Auxilium Vitae” di Volterra già colonizzato ed è stato sottoposto ad intervento chirurgico in urgenza per perforazione intestinale e l’ultimo era un paziente dializzato, pluricolonizzato.

Se invece vengono presi in considerazione tutti i pazienti (anche quelli con semplice colonizzazione), emerge come il 27,3% (n°12) dei pazienti provenisse da una Rianimazione dell’area Vasta o dall’ “Auxilium Vitae” e il 16% (n°7) fosse stato recentemente sottoposto ad un intervento chirurgico. Inoltre il 36,4% (n°16) dei pazienti era stato dimesso nei tre mesi precedenti dall’Ospedale di Pontedera o era residente presso una RSA. Tra i pazienti senza un apparente fattore di rischio, uno seguiva presso il nostro Ospedale dialisi trisettimanale e gli altri hanno con tutta probabilità acquisito l’infezione in Ospedale (Tabella 3).

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14

Tabella 3. Fattori di rischio di infezione/colonizzazione da K.pneumoniae KPC (44 pazienti).

Per quanto concerne i dati microbiologici, oltre il 98% degli antibiogrammi delle KpKPC analizzati ha mostrato un profilo di resistenza/sensibilità intermedia ai carbapenemici, in generale con MIC>16 (Tabella 4). La maggior parte dei ceppi isolati (74,6%) presentava, nei confronti della gentamicina, una MIC di 4 (sensibilità intermedia) e il 14% era resistente. I 45 campioni testati anche per fosfomicina sono risultati tutti resistenti nei confronti di questo antibiotico. Su 50 campioni testati per la tigeciclina, il 96% è risultato resistente o con sensibilità intermedia. Infine, per quanto riguarda la sensibilità alla colistina, solo il 9,9% degli isolamenti testati è risultato essere sensibile a questo antibiotico.

Tabella 4. MIC verso i principali antibiotici efficaci nel trattamento delle infezioni da KpKPC (71 antibiogrammi esaminati).

Antibiotico

S (n° dei pazienti)

I (n° dei pazienti)

R (n° dei pazienti)

% di resistenza

Imipenem

≤1 (1)

4 (1), 8 (3)

≥16 (64)

92,7

Meropenem

-

-

≥16 (71)

100

Ertapenem

-

-

≥8 (49)

100

Colistina

<0,5 (7)

-

8 (1); ≥16 (63)

90,1

Tigeciclina

1 (2)

2 (19)

4 (23); ≥8 (6)

58

Gentamicina

≤1 (3); 2 (5)

4 (53)

8 (3); ≥16 (7)

14

Fosfomicina

-

-

64 (18); 128 (21);

≥256 (16)

100

Fattore di rischio

N (%)

Proveniente da Reparto di Area

Vasta o Auxilium Vitae di Volterra

12 (27,3%)

Recentemente

sottoposti

ad

intervento chirurgico

7 (16%)

Ricovero nei 3 mesi precedenti o

residenza in RSA

16 (36,4%)

Pazienti in dialisi

1 (2,3%)

Pazienti senza apparenti fattori di

rischio

(15)

15

Degli 11 pazienti con sepsi sono stati analizzati gli schemi di terapia antibiotica utilizzati nel trattamento (Tabella 5). Sulla base del risultato dell’antibiogramma, 6 hanno ricevuto una terapia antibiotica inappropriata e 5 hanno ricevuto una terapia appropriata. Dei 6 pazienti che hanno ricevuto una terapia inappropriata, 5 sono deceduti nel corso dello stesso ricovero, dei 5 pazienti che hanno ricevuto una terapia appropriata, 3 sono deceduti nel corso del ricovero ed uno poco dopo la dimissione, con un tasso di mortalità grezzo rispettivamente dell’83% e dell’80%.

Dei 3 pazienti con VAP, due sono stati trattati con terapia antibiotica inappropriata (uno è deceduto e l’altro è guarito), mentre il terzo, trattato con uno schema giudicabile appropriato, è deceduto per peggioramento del quadro polmonare e shock settico meno di un mese dopo la dimissione.

Due pazienti su tre con infezione addominale hanno ricevuto una terapia antibiotica appropriata (uno è deceduto per motivi non correlati all’infezione).

Tutti e 10 i pazienti con infezione delle vie urinarie (febbre e/o dolore lombare con leucocitosi neutrofila e/o aumento degli indici di flogosi in assenza di altre cause evidenti di infezione) sono stati trattati con terapia antibiotica giudicata inappropriata e tutti e 10 sono sopravvissuti (di due è stato possibile documentare anche l’eradicazione microbiologica dopo terapia con gentamicina 80 mg x 2/die) (Tabella 6).

Entrambi i pazienti con infezione della cute/tessuti molli sono stati trattati con terapia antibiotica inappropriata ed entrambi sono sopravvissuti.

(16)

16

Tabella 5. Schemi di terapia antibiotica utilizzati per trattare le infezioni da KpKPC

Schema

N

Tipo di infezione

Carbapenemico+gentamicina+colistina+eventuale

IV-V antibiotico

2

Sepsi

Carbapenemico+gentamicina+colistina

3

Sepsi

Carbapenemico+colistina+tigeciclina

1

Sepsi

Carbapenemico+gentamicina+tigeciclina

1

Inf.addominale

Tigeciclina+gentamicina

1

Inf.addominale

Carbapenemico+gentamicina

1

VAP

Nessuna terapia o terapia inappropriata

20

Totale dei pazienti trattati

29

Tabella 6. Fallimento terapeutico (decesso): monoterapia vs terapia di associazione

Monoterapia

(%)

Terapia di

associazione

(%)

Tutti i

trattati

(%)

p

Fallimento

terapeutico

globale

5/20 (25)

5/8 (62,5)

10/28 (35)

0,09

Tipo di infezione

Sepsi

4/5 (80)

4/6 (66,6)

8/11 (72,7)

NS

Urinaria

0/10 (0)

0/0 (0)

0/10 (0)

NC

Altro

1/5 (20)

1/2 (50)

2/7 (28,6)

NS

NS: non significativo

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17 Discussione

Nell’Ospedale “F.Lotti” di Pontedera si è assistito, nel biennio 2011-2012, ad un rapido e progressivo incremento dei pazienti ricoverati con infezione o colonizzazione da KpKPC, microorganismo totalmente assente negli anni precedenti all’interno dello stesso nosocomio. A partire dal settembre 2012 tuttavia è evidente come tale andamento non solo si sia bruscamente arrestato, ma abbia subito una inversione di tendenza con un numero decrescente di pazienti con isolamento di KpKPC che sembra essersi stabilizzato attorno ai 3 pazienti per trimestre. Il motivo di tale riduzione non è chiaro. Non ci risulta infatti che nell’ultimo anno siano state messe in atto misure di contenimento diverse da quelle adottate in precedenza, che prevedono sostanzialmente lo screening periodico mediante tampone rettale dei soggetti ricoverati in Rianimazione e l’isolamento strutturale o funzionale dei pazienti con infezione o colonizzazione accertata da KpKPC. Tale riduzione è stata pertanto attribuita al brusco calo di interventi di chirurgia maggiore osservati nell’Ospedale dal settembre 2012 e alla riduzione dei trasferimenti nella nostra Rianimazione di soggetti provenienti da altre Rianimazioni dell’Area Vasta (ndr).

La percentuale di soggetti con isolamento di KpKPC sul totale dei pazienti con infezione/colonizzazione da K.pneumoniae è risultata maggiore rispetto ai dati Europei riportati dall’EARS-net, che per il 2011 indica in Italia una percentuale del 26% circa contro il nostro 38%.

Un dato degno di menzione è il fatto che la maggior parte degli isolamenti (64%) sono stati eseguiti mentre i pazienti erano ricoverati in un Reparto di Medicina Interna. Questo dato non è sorprendente, soprattutto all’interno di un Ospedale ove l’unica degenza, al di fuori di quella in ambiente intensivo e chirurgico, resta quella internistica ed è in accordo con quanto recentemente riscontrato anche da uno studio italiano condotto nel Nord Italia, dove nel periodo 2009-2012 l’incidenza globale degli isolamenti di KpKPC era del 24% nelle Medicine, contro il 18 ed il 14% rispettivamente della Terapia Intensiva e della Chirurgia [13]. La maggior parte degli isolamenti, fatta eccezione dei tamponi rettali, è avvenuta su urina. In alcuni casi si è trattato di una localizzazione responsabile di infezione, nella maggior parte di una semplice colonizzazione. Questo dato è in accordo con quanto riscontrato nel recente studio italiano, precedentemente citato, ove

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18

la maggior parte degli isolamenti di KpKPC è stata ottenuta da campione su urina [14]. Si trattava soprattutto di soggetti anziani, trasferiti poi presso RSA o da esse provenienti. Questo continuo transitare di soggetti spesso non più autosufficienti tra l’ambiente ospedaliero e quello delle RSA contribuisce ad alimentare una epidemia esterna alle mura dell’Ospedale ma che in esse poi trova la sua manifestazione clinica evidente.

Tra i fattori di rischio di infezione/colonizzazione da KpKPC risultano i precedenti ricoveri in ambiente ospedaliero e/o struttura di lungodegenza, la presenza di dispositivi quali cateteri vescicali e cateteri venosi centrali e un precedente intervento chirurgico.

L’analisi dei profili di resistenza agli antibiotici così come forniti dal sistema automatizzato presente nell’Ospedale evidenzia come tali prodotti risultino strumenti di scarsa utilità per il clinico che si trova a dover trattare l’infezione. Infatti, praticamente la totalità degli antibiogrammi esaminati presentava una resistenza elevata ai carbapenemici, il 90% era resistente alla colistina, l’89% era resistente o intermedio alla gentamicina, il 96% era resistente o intermedio alla tigeciclina e la totalità dei ceppi testati era resistente alla fosfomicina.

Riguardo agli schemi terapeutici adottati per trattare l’infezione da KpKPC, nella maggior parte dei casi si sono rivelati inappropriati, soprattutto in caso di infezione delle vie urinarie, di polmonite associata alla ventilazione e di infezione della cute e dei tessuti molli. Tuttavia è da sottolineare come nella maggior parte dei casi di infezione delle vie urinarie (o giudicata tale), anche terapie non propriamente canoniche abbiano sortito una guarigione clinica del paziente, associata in 2 casi anche alla eradicazione microbiologica (negli altri casi non sono state ripetute urinocolture di controllo). Quattro soggetti (di cui i due con documentata eradicazione) sono stati sottoposti a trattamento con gentamicina 80 mg ogni 12 ore/die, uno con gentamicina 160 mg/die, uno con colistina 1 MU/die ed uno con meropenem 1 g ogni 8 ore/die. Altri 3 pazienti non hanno ricevuto alcuna terapia oppure sono stati trattati con antibiotici non attivi contro la KpKPC. Il motivo di tale successo terapeutico potrebbe dipendere dalla contemporanea rimozione del

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19

catetere vescicale (per quelli che ne erano portatori) o dall’effetto comunque terapeutico di uno schema di monoterapia con gentamicina, di per se’ evidentemente sufficiente.

Molti dei pazienti con sepsi (5/11) hanno ricevuto una associazione con colistina e gentamicina, associazione che può esporre il paziente ad un concreto rischio di danno renale.

Altro dato da sottolineare nell’approccio terapeutico, è la totale assenza della rifampicina, la quale ha dimostrato ormai di avere un effetto sinergico con la colistina in tutti i ceppi di KpKPC saggiati in vitro con studi di sinergismo. [15]

In realtà, quale sia il trattamento antibiotico appropriato per le infezioni da KpKPC non è ancora chiaro. Quello che è certo è che si tratta di un germe resistente a molte classi di antibiotici, che comprendono tutti i β-lattamici, i fluorochinoloni e gli aminoglicosidi [16] e che le infezioni da esso provocate vanno frequentemente incontro a fallimento terapeutico con tassi di mortalità di almeno il 50% [17-18]. In considerazione dello scarso armamentario terapeutico attualmente disponibile e della mancanza di trial clinici randomizzati, al momento gli schemi terapeutici in uso si basano sull’evidenza di serie di casi o addirittura di case-report. Recentemente è stata pubblicata una revisione sistematica basata su questi singoli studi con lo scopo di verificare l’esito clinico dei soggetti trattati con monoterapia versus quelli tratti con associazioni di 2-3 farmaci.[19] Il tasso di successo terapeutico globale dei pazienti con infezione da KpKPC (n=92) è stato del 62%. Il tasso di fallimento terapeutico è stato significativamente più elevato nei casi trattati con monoterapia versus quelli trattati con terapia di associazione (40% vs. 25%) con differenze non significative per i vari tipi di associazione presi in esame (polimixina+aminoglicoside; polimixina+tigeciclina e polimixina+carbapenemico). Il più elevato tasso di successo terapeutico lo hanno ottenuto i pazienti con infezione delle vie urinarie (81%), dato simile a quello trovato da uno studio di coorte retrospettivo condotto su 21 pazienti con infezione delle vie urinarie. [20]

Nella revisione sistematica la maggior parte dei pazienti con infezione delle vie urinarie è stata trattata con monoterapia con un tasso di insuccesso di solo il 12%. Le infezioni polmonari trattate con monoterapia sono state quelle gravate da un maggior tasso di insuccesso terapeutico (67% vs 29% dei soggetti trattati

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20

con terapia di associazione). La maggior parte dei pazienti ha tratto beneficio dall’associazione di tigeciclina+colistina, seguita dall’associazione di colistina+ aminoglicoside.

Nella nostra casistica, tutti i pazienti con sepsi trattati in modo appropriato hanno ricevuto uno schema comprendente un carbapenemico. Secondo quanto recentemente dimostrato da Tumbarello et al, i pazienti ricoverati in terapia intensiva con shock settico da KpKPC e trattati con uno schema terapeutico comprensivo di un carbapenemico hanno presentato una risposta clinica migliore di quelli trattati con uno schema senza carbapenemico [21]. Per contro, un altro studio pisano condotto su pazienti ricoverati in terapia intensiva, di cui la maggior parte con infezioni diverse dalla sepsi, ha dimostrato come un regime antibiotico privo di carbapenemico ma comprendente la tigeciclina associata a gentamicina o colistina, si sia dimostrato efficace nel trattare il 92% degli episodi infettivi studiati [22]

Tutte le precedenti evidenze supportano l’indicazione ad una terapia di associazione, per lo meno finchè non saranno disponibili studi clinici randomizzati che dimostrino diversamente.

(21)

21 Risvolti pratici dell’indagine

L’epidemia di KpKPC che l’Ospedale “F.Lotti” di Pontedera ha affrontato si è dimostrata una utile occasione per il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) e per il laboratorio di microbiologia di misurarsi con le esigenze cliniche quotidiane ed ha imposto la necessaria riflessione sull’utilizzo appropriato degli antibiotici.

Il CIO, composto da microbiologi, igienisti, internisti, intensivisti, chirurghi, farmacisti ed infettivologo, da tempo si impegna nella stesura ed attuazione di un programma interno di antimicrobial stewardship. Il laboratorio di Microbiologia fornisce in tempo reale i dati sull’isolamento di “germi sentinella”, tra cui KpKPC e le infermiere del CIO segnalano prontamente i pazienti dimessi con infezione/ colonizzazione da germi multifarmaco resistesti, mediante lettera al medico curante (Fig. 4). Le infezioni relate a “procedura invasiva” (quale inserzione di catetere vescicale, catetere venoso centrale) sono segnalate da parte dell’infermiere di Reparto referente per le infezioni ospedaliere (RIO), mediante apposito modulo (Fig. 5). In caso di isolamento di germe “difficile da trattare”, i medici delle chirurgie e delle medicine richiedono consulenza dell’Infettivologo che lavora presso la Medicina I, il quale espleta la consulenza nel giro di poche ore. I pazienti ricoverati in Terapia Intensiva vengono invece interamente gestiti dai rianimatori.

L’analisi dei risultati degli antibiogrammi così come fornita dal sistema automatizzato in uso presso il nostro Laboratorio di Microbiologia ha fatto nascere l’esigenza di redigere un protocollo condiviso con la Rianimazione e la Microbiologia. Tale protocollo (in corso di approvazione) prevede la pronta esecuzione da parte del laboratorio di antibiogramma mediante E-test e/o microdiluizione in brodo con sistema Sensititre® su ceppo di KpKPC isolato da sito nobile (sangue, punta di catetere venoso centrale o altro campione laddove indicato in richiesta).

Per fronteggiare situazioni come quella descritta lo Specialista in Medicina Interna deve conoscere l’epidemiologia locale delle infezioni da germi multiresistenti e deve interfacciarsi necessariamente con l’esperto di terapia antimicrobica (infettivologo) e con il microbiologo per offrire al paziente la migliore terapia.

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22

U.O. DIREZIONE DEI PRESIDI OSPEDALIERI Via Roma 147 56025 PONTEDERA Tel 0587/273232 Fax 0587/292579 l.nardi@usl5.toscana.it

Azienda Usl5 di Pisa Sede legale Via Cocchi, 7-9 56127 Pisa

CF/P.iva 01311020505 www.usl5.toscana.it Figura 4: scheda di segnalazione per microorganismi resistenti da inviare al

medico di famiglia

Pontedera .

Prot :

Oggetto : segnalazione microrganismi resistenti

Al Dr. .

La presente per informare che la sorveglianza sui microrganismi sentinella effettuata dal laboratorio di Microbiologia, rileva che il microrganismo isolato è :::::::.., importante per la particolare resistenza agli antibiotici.

Il paziente :::::::.. risulta seguito da lei.

Distinti Saluti

Il Presidente Comitato Infezioni Ospedaliere Dr. Luca Nardi

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24 BIBLIOGRAFIA

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