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DISPENSA DI CUCINA PER V SALA

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Academic year: 2021

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DISPENSA DI CUCINA PER LA V SALA

LA CUCINA NELL’800 E NEL ‘ 900

Nell’ottocento si completa la diffusione, delle buone maniere a tavola, con l’affermarsi definitivo delle forchette , del piatto piano e di posate e bicchieri individuali.

I cereali occupano un ruolo preponderante , si assiste sia a un enorme incremento della produzione agricola, sia al netto miglioramento delle tecniche di conservazione sia a un deciso sviluppo dei sistemi di trasporto, fenomeni tutti che hanno

determinato una grande abbondanza di cibo e la possibilità di consumo di alimenti prodotti in luoghi lontanissimi, con un superamento della stagionalità

L’ALIMENTAZIONE NELL’800

Presso i contadini di quasi tutta la penisola l’alimentazione era quasi esclusivamente A base di pane, focacce e polenta ottenuti con i cereali inferiori e granoturco, alimenti che predisponevano alla pellagra, malattia divenuta in breve tempo il segno distintivo delle poche possibilità economiche delle famiglie contadine dell’epoca. A questi farinacei si affiancavano i legumi, perlopiù fagioli e fave e verdure soprattutto verza e cavolo .

La carne, rappresenta soprattutto da animali da cortile e dal maiale di cui si arricchiva la tavola assai di rado , e solo in occasioni festive o in caso di malattia.

Anche latte, formaggi e uova, non erano spesso nella dieta dei contadini, ma destinati alla famiglia del proprietario terriero.

Il consumo della pasta era ancora limitato ai centri cittadini più grandi, dove c’era di massima un tenore di vita più alto.

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Il riso era consumato solo nelle zone di coltivazione, contribuiva però alla diffusione dello scorbuto.

Le patate, alimento molto nutriente, in Italia non erano molto considerate e se il mais ebbe subito una grande diffusione le patate suscitarono nei contadini molta

diffidenza, che unita ai pessimi raccolti di quei primi anni , determinarono l’esclusione quasi completa dalla dieta dei nostri contadini.

Il vino era accessibile a pochi.

I contadini ne bevevano poco e di qualità scadente, ottenuto dalle vinacce , poiché quello di qualità era destinato alla vendita nelle città o all’estero .

In città il vino era presente quasi quotidianamente sulle tavole, mentre nelle campagne se si voleva bere vino di qualità , bisognava andare nelle osterie. Questi luoghi avevano l’importante funzione di essere i punti di ritrovo e

rappresentavano l’unico vero svago della moltitudine di contadini che le frequentava assiduamente.

Le aspirazioni di benessere del popolo si concretizzano in poter mangiare tutti quegli alimenti che gli sono preclusi .

La maggior parte della popolazione, combatte giornalmente la dura battaglia contro la fame, il pasto giornaliero dei nuclei familiari del ceto borghese cominciava al

mattino con pane bianco, burro , latte e caffe.

A pranzo di solito c’era una minestra in brodo e un piatto di carne accompagnato sempre da pane bianco, a cena altro piatto di carne, seguito da pane verdura di stagione e formaggio .

La frutta e i dolci costituivano l’ultima porta del pranzo , ben diverso era il regime alimentare dei restanti gruppi sociali .

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Nelle famiglie con più possibilità, la minestra unica veniva sostituita da un piatto di spaghetti con cacio e pepe o dalla palliata e dai piatti tipici della cucina regionale nel resto d’Italia a questo piatto seguiva anche se non tutti i giorni, un piatto di carne o di pesce .

La cena consentiva generalmente in pane e formaggio o salame, oppure frittata e insalata, ma nelle famiglie con meno possibilità non era raro che la cena fosse costituita da una zuppa fatta con pane, latte e caffe .

I dolci erano totalmente assente assenti, mentre la frutta compariva anche se non spesso sulle tavole di tutti.

Agli inizi dell’ottocento, grazie all’industrializzazione, si assiste alla diffusione del cioccolato su larga scala, anche presso le classi meno abbienti.

Ciò fu possibile quando il cioccolato, preparato industrialmente sotto forma di tavolette, non si poteva solo bere ma anche mangiare .

L’industrializzazione permette di introdurre sul mercato differenti varianti di

cioccolato, nel 1828 si inizia a produrre il cacao in polvere nell’esposizione di Londra del 1851 vennero presentati per la prima volta bonbon, creme al cioccolato canditi o caramelle rivestite da cacao.

Nel 1876 Daniel Peter di Vevey sul lago di Ginevra reinventa il cioccolato al latte e nel 1879 Rodolphe Lindt inventò il cioccolato che si scoglie in bocca.

Riassumendo quattro sono stati i fattori che hanno favorito a diffusione del cioccolato nel mondo, l’introduzione del cioccolato in polvere nel 1828, la riduzione delle tasse e dei dazi , il miglioramento dei trasporti l’avevano del cioccolato in tavolette e in altre forme facilmente edibili.

Nel XIXsec. Si assiste a una vera e propria rivoluzione industriale della birra. Il processo di birrificazione e di conseguenza , la diffusione del consumo della bevanda stessa, viene agevolato da una serie id conquiste tecniche ; avvento di

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termometri più affidabili, macchine a vapore, nuovi dispositivi per la tostatura e il raffreddamento del malto sviluppo delle tecniche di imbottigliamento in recipienti di vetro.

Nell’Ottocento cambiano anche i processi di fermentazione Louis Pasteur dimostrò che la fermentazione degli zuccheri non è soltanto un processo chimico autonomo, ma determinato dall’attività di microrganismi viventi, che battezzò fermenti.

Nel 1857 codificò i seguenti postulati: tutte le fermentazioni sono provocate da un microrganismo fermento o enzima, ogni particolare fermento è responsabile di una particolare fermentazione; alcuni fermenti possiedono una forma resistente detta spora.

Con l’applicazione nel campo della birra di questi principi si iniziò a controllare maggiormente i processi di fermentazione dello zucchero in alcool, ma soprattutto si iniziò a regolare le fermentazioni dannose e assicurate al prodotto una maggiore stabilità e durata nel tempo.

Verso la metà dell’Ottocento anche in Italia scorsero le prime fabbriche della birra, la prima fu a Nizza Marittima nel 1840 venne fondato un birrificio industriale a

Chiavenna.

Cinquanta anni più tardi nel Bel Paese si conteranno circa centoquaranta fabbriche, gestite anche da stranieri.

L’ARTE DELLA PRESENTAZIONE DEL CIBO

La presentazione del cibo è una forma d’arte, ma un cibo attraente stimola realmente l’appetito e influisce sulle aspettative relative al gusto. La prossima volta che decidete di preparare un bel pasto, mettete a punto un menu invitante e cucinate ingredienti straordinari con passione, ma poi dedicate un po’ di tempo a collocare il cibo sui piatti. Invece di portarlo frettolosamente in tavola, dove gli ospiti sono in attesa, fate

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uno sforzo per i tocchi finali, eliminando tutto ciò che non risulta attraente,

calibrando la densità della salsa ed eliminando tutta l’umidità in eccesso rimasta dopo la cottura. A quel punto, potrete servire un esempio di arte culinaria.

Ci vogliono solo pochi attimi per dare un aspetto professionale ai piatti, e gli ospiti saranno più inclini ad apprezzare una pietanza che risulti invitante all’occhio e riveli cura e attenzione.

I consigli seguenti sulla presentazione possono essere utilizzati quando si cucina per amici e parenti, con la certezza di un risultato eccellente di cui essere orgogliosi Stoviglie Preparate la tavola con un servizio semplice in porcellana, in colori piacevoli, semplici, come bianco o crema. Evitate decorazioni complesse che distolgono l’attenzione dal cibo.

Equilibrio Verificate di scegliere cibi e guarnizioni che creino varietà e contrasto in tavola, evitando combinazioni stridenti. La varietà dei colori risulta sempre attraente all’occhio.

Porzioni La dimensione delle porzioni è sempre un elemento cruciale nella

presentazione del cibo. Non si deve mai sovraccaricare un piatto, ma ricordate che porzioni piccole su un piatto grande hanno un aspetto misero. Un buon equilibrio di tutti questi elementi garantirà la migliore impressione.

Il cibo sul piatto Quando si dispone il cibo sul piatto destinato a un commensale, si deve cercare di ottenere il giusto equilibrio nella quantità. Il cibo, nella realtà, è tridimensionale, per cui mettete in risalto l’altezza di una pietanza sovrapponendo i vari componenti. Si può aggiungere un rametto di erbe fresche per catturare l’occhio, inoltre non si deve mai servire il cibo appiattendolo. Subito prima di servire,

verificate che il piatto sia pulito, eliminando eventuali gocce con una spugna o con carta assorbente da cucina pulite e umide.

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Decorazione Il vostro capolavoro culinario è esposto su un vassoio. Gli ospiti

apprezzeranno la bellezza di ciotole e piatti di varie forme e colori. Servite le porzioni disponendole in modo invitante sui piatti. Il cibo può raffreddarsi mentre si decorano i piatti, per cui si deve valutare se guarnire il piatto prima di aggiungere la pietanza calda.

Temperatura Controllate sempre la temperatura del cibo prima di servirlo. La bellezza della presentazione perde il suo effetto se il cibo è freddo.

Combinare forme, colori e consistenze La natura ci offre bei cibi in una miscela deliziosa di forme, colori e consistenze. Si deve fare lo stesso sul piatto, per

impressionare favorevolmente l’ospite.

La tavola da pranzo Un’esperienza piacevole a tavola richiede anche comodità e relax. Verificate che la tavola sia bene organizzata prima dell’arrivo degli ospiti. Mantenetela semplice ed elegante, collocando ogni cosa al posto giusto

L'ABBINAMENTO CIBO-VINO

Negli abbinamenti meglio riusciti il gusto e il profumo del vino si armonizzano con il sapore e l’aroma della pietanza. È giusto però sottolineare che un piatto mediocre non diventa superlativo grazie a un abbinamento azzeccato con un vino ottimo, ma

sicuramente ne è valorizzato. Quanto detto vale anche per il vino: se non è buono di per sé, non sarà certo un piatto a farlo diventare eccellente. Per contro un

abbinamento adeguato potrebbe mascherare qualche disequilibrio, per esempio ne potrebbe smorzare l’eccessiva acidità.

Nell’accostare il cibo al vino sono necessarie due premesse: innanzitutto bisogna evitare disequilibri nell’abbinamento tra cibo e vino, e secondariamente è importante che entrambi i piaceri vengano esaltati.

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Al di là delle regole base che sono entrate oramai nella consuetudine, non bisogna dimenticare che negli abbinamenti cibo-vino il gusto personale è in definitiva l’obiettivo principe da soddisfare. Quindi non è il caso di privarsi del piacere di accompagnare il vino preferito con il piatto preferito, anche se magari l’abbinamento non segue propriamente i canoni più corretti di accostamento cibo-vino.

L’abbinamento può essere studiato partendo indifferentemente dal piatto o dal vino. Se per esempio una sera siamo desiderosi di gustare un risotto allo zafferano,

sceglieremo un vino capace di sposarsi perfettamente con la nota speziata dello zafferano e che sia capace di non sovrastare la delicatezza del suo gusto. Se desideriamo invece consumare un piatto di carne con una salsa saporita,

selezioneremo un vino rosso di gran consistenza capace di competere con la carne per intensità e persistenza di sapore. Quando il piatto è la discriminante si parla di

abbinamento cibo-vino.

Quando si seleziona la pietanza in base al vino che desideriamo bere si usa parlare di abbinamento vino-cibo.

Va ancora considerato che la scelta dell’abbinamento dipende anche dall’atmosfera che evoca una particolare situazione. Una cenetta a lume di candela a base di

crostacei sarà abbinata al meglio se verrà servito uno Champagne. Per contro a una tavolata di amici, il vino ideale è un bianco profumato e fresco, meglio se non troppo costoso.

Anche l’ambiente condiziona la scelta del vino. Un locale con servizio curato, luminosità adeguata, con bicchieri, posate, tovaglie e piatti di qualità, spinge alla scelta di vini più raffinati e spesso più dispendiosi. Le scelte vengono inoltre condizionate dalla stato d’animo e da quello delle persone che sono a tavola .

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TRE REGOLE PER LA SCELTA DEL VINO

La prima regola da seguire è l’equivalenza tra l’intensità, la persistenza e la struttura del gusto e dell’aroma del piatto con quelli del vino e viceversa. È importante che ci sia armonia nella consistenza e nell’equilibrio dei sapori. Un piatto molto strutturato, dal sapore intenso e persistente, necessita dunque di un vino altrettanto complesso. Con un sapore deciso, ci vuole sostanzialmente un vino ricco e potente, con profumo e gusto concentrati. Piatti invece poco consistenti, delicati, con sapori lievi, vogliono vini altrettanto delicati, non troppo profumati o intensi e poco strutturati, in modo da non essere schiacciati e soverchiati. Più aumenta la consistenza del piatto, maggiore sarà la struttura del vino, e viceversa. In definitiva ci deve essere assoluta armonia tra l’intensità del sapore della pietanza e l’intensità del sapore del vino. Per quanto

riguarda l’equilibrio, si può scegliere la strada del contrasto in grado di smussare i disequilibri del cibo o del vino, oppure della concordanza capace di enfatizzarne le caratteristiche.

La seconda regola è quella di rispettare la progressione graduale di consistenza e intensità di sapore nelle pietanze e nei vini. Mai cominciare dalla pietanza e dal vino più forte: le portate e i vini successivi potrebbero essere sminuiti vista la forza del sapore della prima portata. L’ideale è procedere con un crescendo di intensità gustative. Si può così cominciare da un aperitivo lieve ma profumato abbinato a delicati antipasti, quindi passare a un bianco più ricco per un primo piatto con le verdure, per poi giungere a un rosso con il secondo piatto più complesso, e infine al vino da dessert con i dolci. Difficile riuscire a godere un bianco aromatico e delicato dopo un rosso possente e di grande corpo, così come qualsiasi vino rosso, dopo un vino dolce morbido e profumato, risulterà essere fastidiosamente tannico e amaro.

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territorio in abbinamento con le preparazioni gastronomiche dello stesso luogo di origine. Spesso, ma non sempre, la gastronomia di un territorio è in grado di esaltare i gusti e gli aromi delle specialità enologiche presenti in quella zona, e viceversa. Diventa interessante allora conoscere, ed eventualmente replicare, gli abbinamenti tipici del luogo di provenienza del vino o del cibo.

LE CERTIFICAZIONI DEL SETTORE ALIMENTARE E VINICOLO: I MARCHI DI QUALITA’.

LA QUALITA’ DEI PRODOTTI ALIMENTARI

Un tempo la ristorazione era strettamente legata al territorio e alla stagione della produzione locale. Oggi, l’ampia disponibilità di merci rende necessaria

un’approfondita conoscenza dei prodotti che consenta di valutare il rapporto qualità/prezzo al momento dell’acquisto.

I mercati, i pubblici esercizi e i punti vendita della grande distribuzione organizzata offrono una notevole varietà di alimenti, da quelli contrassegnati con la dicitura “primo prezzo” a quelli di marche più o meno conosciute.

In un prodotto si ricercano la salubrità, cioè l’assenza di alterazioni e di germi patogeni e contaminazioni, e la genuinità, intesa, più che in senso proprio, come il suo essere in regola con i requisiti di legge.

“Un alimento non è più genuino se è stato adulterato o sofisticato (per esempio, con l’aggiunta di sostanze estranee come polvere di marmo nello zucchero, acqua nel latte o nel vino, additivi non consentiti), falsificato (sostituzione di un prodotto con un altro di minor pregio) o contraffatto (commerciato con denominazioni non proprie, per esempio formaggi con marchi tipici non autorizzati).”

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La qualità certificata

Al fine di qualificare l’offerta gastronomica, sempre più spesso le aziende di ristorazione acquistano prodotti di qualità certificata. Vari tipi di marchi e denominazioni codificano l’origine e il metodo di produzione di un alimento tutelando da imitazioni, falsi e concorrenze sleali.

Solitamente, gruppi di produttori si associano allo scopo di tutelare un prodotto e richiederne poi la registrazione della denominazione; la domanda, inoltrata al

Ministero per le Politiche agricole, viene poi trasmessa alla Commissione Europea. I prodotti tipici italiani registrati con marchio europeo sono oltre 100 e numerose sono le richieste di riconoscimento per altri prodotti. A livello comunitario sono previsti tre marchi di qualità:

 DOP, Denominazione di Origine Controllata  IGP, Indicazione Geografica Protetta

 STG-AS, Specialità Tradizionale Garantita-Attestazione di Specificità

DOP riconosce i prodotti realizzati in un’area geografica delimitata, conformemente a una disciplinare di produzione prestabilito. Tutte le fasi di produzione,

trasformazione, elaborazione del prodotto devono svolgersi nell’area geografica indicata. In questo modo, si esaltano i fattori umani e naturali del luogo garantendo l’unicità del prodotto.

IGP è assegnata al prodotto la cui qualità è legata all’origine geografica. In questo caso, è sufficiente che una delle fasi di produzione, trasformazione o elaborazione sia effettuata nella zona.

STG-AS riconosce i caratteri di specificità di un prodotto che, per le sue

caratteristiche, si distingue da altri simili, senza riferimenti di provenienza o area geografica.

Nel settore vinicolo esistono altri tre tipi di certificazioni: 1) DOCG, Denominazione di Origine Controllata

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3) IGT, Indicazione Geografica Tipica

D.O.C.G. (Denominazione d’Origine Controllata e garantita): sono i vini più pregiati, il marchio garantisce l’origine, la qualità e consente la numerazione delle bottiglie prodotte. La legge impone che sulle etichette ci siano le seguenti informazioni: nome della regione da cui provengono i vini, nome o ragione sociale dell’imbottigliatore unitamente alla menzione del Comune e dello Stato membro in cui l’imbottigliatore ha la propria sede principale, volume nominale in litri, centilitri o millilitri, titolo alcolometrico effettivo e lotto di produzione che identifichi il vino prodotto o confezionato in condizioni identiche.

- D.O.C. (Denominazione d’Origine controllata): sono vini di qualità, originari di zone limitate, il cui ciclo produttivo deve essere conforme al disciplinare di

produzione. Prima di essere commercializzati vengono controllati qualitativamente dalle Commissioni di degustazione che li sottopone ad analisi chimico fisiche e organolettiche per verificare la corrispondenza ai requisiti di legge.

- I.G.T. (Indicazione geografica tipica): sono 118 i vini in commercio con questo marchio, che rappresenta un riconoscimento di qualità attribuito ai vini da tavola che non hanno un disciplinare particolarmente restrittivo e le aree di produzioni sono abbastanza ampie. I vini I.G.T. dopo cinque anni possono aspirare a diventare D.O.C.

I nuovi prodotti alimentari

Questi alimenti trovano impiego nelle varie forme di ristorazione. Una corretta alimentazione rende superfluo l’uso di prodotti come quelli integrati, perché vitamine, Sali ecc. sono già presenti in natura, per esempio nel latte, nelle uova o nella frutta secca. Dovrebbe esser compito degli chefs assicurare al cliente una cucina sana e dietetica.

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Gli alimenti dietetici

Pensati per particolari regimi alimentari, sono ottenuti attraverso l’aggiunta di

sostanze che conferiscono loro speciali proprietà dietetiche. Esempi di alimenti sono i preparati per l’infanzia, per diabetici, quelli iposodici, ecc. La commercializzazione di questo tipo di alimenti è soggetta ad autorizzazione del Ministero della Sanità Gli alimenti funzionali

Sono prodotti arricchiti con ingredienti di origine naturale con funzioni protettive o preventive. Poco diffusi in Italia, trovano il mercato più ampio in Giappone. Negli ultimi anni in Italia sono venduti yogurt probiotici, utili per il ripristino della flora intestinale e latte e uova arricchiti con omega 3, un acido grasso che svolge funzione protettiva nei casi di disturbi cardiovascolari.

Gli alimenti alleggeriti

Sono i cibi light, preparati, cioè, riducendo il contenuto dei loro nutrienti; i più comuni in commercio sono gli alimenti a basso tenore calorico o dal ridotto contenuto di grassi. Esempi di alimenti alleggeriti sono birra e bevande dal basso contenuto di alcool o di zucchero; formaggi, maionese e condimenti per insalate dal ridotto contenuto di grassi; confetture, caramelle, prodotti da forno dal basso

contenuto di zucchero. Gli alimenti manipolati

Sono realizzati attraverso lavorazioni industriali che combinano materie prime dalle differenti origini; molti alimenti di questo tipo sono in fase di studio. In generale, si possono suddividere in:

 Alimenti simulati o derivati, come latte, mozzarelle e carne di soia

 Alimenti di sintesi, per esempio succhi di frutta sintetici, vanillina, prodotti con ingredienti non naturali

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 Alimenti di imitazione, cioè prodotti che sostituiscono un particolare alimento pur non avendo caratteristiche diverse;

Gli alimenti geneticamente modificati (OGM)

La ricerca scientifica ha sviluppato due tecniche di laboratorio che mettono in allarme gli stessi ricercatori: la riproduzione per clonazione e le tecniche transgeniche.

Particolarmente sviluppata, la manipolazione transgenica si basa sulla modificazione del materiale genetico previsto dalla natura attraverso l’innesto nel genoma di piante. La tecnica degli OGM si applica al campo della medicina, della zootecnia e del

settore agroalimentare; in quest’ultimo caso, ha lo scopo di aumentare la redditività di un prodotto o di renderlo più resistente ai parassiti.

Tra le sperimentazioni in atto, ricordiamo quelle sulla cicoria, sul pomodoro, sul caffè, su pesci d’allevamento come le trote, il salmone ed i molluschi.

La diffusione degli OGM è in continuo aumento, in particolare negli Stati Uniti, in Canada ed in Cina; in USA dagli anni Novanta si trovano in commercio vegetali transgenici. Anche se al momento sono commercializzati in Italia solo mais e soia transgenici, numerosi OGM possono essere presenti nei vari alimenti, dato che

sostanze utilizzate per produrre gelati, cioccolata, birre, lievito, pane ecc. contengono materie prime come olio di semi di mais o di soia o derivati che possono provenire da colture OGM. Inoltre, nei raccolti, si tende a mescolare la soia OGM con quella naturale prima di inviarla alla trasformazione, rendendo difficile ripercorrere la filiera del prodotto. Si calcola che il 60% dei prodotti venduti nei supermercati nel mondo può contenere elementi di origine transgenica.

Etichettatura dei prodotti transgenici

Le etichette di prodotti che contengono organismi geneticamente modificati devono riportare:

1. Il nome del prodotto e i nomi degli organismi geneticamente modificati che contiene

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2. Il nome del produttore o del distributore e il suo indirizzo nella Comunità Europea

3. La specificità del prodotto, le esatte condizioni d’uso, compreso il tipo di ambiente o la zona geografica della Comunità europea per il quale è adatto 4. Le misure di emergenza in caso di uso improprio del prodotto

5. Le istruzioni per l’uso e l’immagazzinamento Gli alimenti biologici

Fino ad alcuni decenni fa, l’attività agricola seguiva metodi esclusivamente naturali. Poi in seguito all’uso di concimi chimici, fertilizzanti e antiparassitari la produzione è aumentata assumendo caratteri tipicamente industriali. I timori dei consumatori hanno spinto alla riscoperta delle produzioni biologiche.

Lotta integrata: In commercio, sono reperibili prodotti biologici e prodotti coltivati con il metodo della lotta integrata. La produzione integrata si basa su tecniche che riducono al minimo l’uso di sostanze chimiche, dannose per l’ambiente e la salute umana, per contrastare parassiti e malattie delle piante

Metodo di produzione biologico: Il metodo di produzione biologico non prevede l’uso di anticrittogamici, pesticidi , diserbanti o altre sostanze chimiche che vengono sostituite, per proteggere le coltivazioni, da sostanze minerali e vegetali o utilizzando insetti utili. L’azienda biologica sottoscrive una dichiarazione con la quale si impegna a utilizzare solo metodi biologici. A tutela del consumatore, il processo produttivo viene controllato in ogni fase da organismi riconosciuti che ne certificano la

provenienza biologica. I prodotti biologici, devono essere forniti in confezioni con etichettatura “da agricoltura biologica”

Varietà dell’offerta: Questi prodotti si rivolgono a un consumatore attento al rispetto dell’ambiente e alla qualità e sono disponibili in una sempre più ampia varietà; il mercato, in grande espansione, offre frutta, verdure, legumi, cereali, carni e prodotti derivati, succhi di frutta, marmellate, conserve, latticini, prodotti da forno, paste, riso ecc. Nella ristorazione, è opportuno segnalare sui menù i prodotti biologici usati per qualificare la propria offerta, anche se il prezzo più alto delle merci, la difficoltà di

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reperire i prodotti in modo costante e la più rapida deperibilità inducono ad una diffusione del biologico piuttosto lenta.

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