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Kirchner and Murnau: Iconic, Thematic and Semantic Recurrences from the Figurative Arts to Cinema

Sabrina Crivelli Sabrina.Crivelli@unicatt.it

German Expressionism is characterised by a multidisciplinary nature that has strongly influenced filmmakers of the following decade. For example in Nosferatu, by Friedrich Wilhelm Murnau, it is possible to detect several formal features that have characterised the production of expressionist Ernst Ludwig Kirchner, as well as cross-references to some of his works, including The Red Tower in Halle, Two Women in the Street and Five Women in the Street. The reproduction in the frames of specific works of art, the image distortion, even the make-up of actors resume then aesthetic elements first developed by Murnau and are intended to convey a sense of anxiety in the face of contemporary society and city life.

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Kirchner e Murnau: ricorrenze iconiche, tematiche e

semantiche dalle arti figurative al cinema

di Sabrina Crivelli sabrinafcrivelli@gmail.com

German Expressionism has had from the beginning a multidisciplinary character and the works of the painters, pertaining to that current, have strongly influenced the filmmakers of the subsequent decade. More specifically, it is possible to find in some sequences of Nosferatu by Friedrich Wilhelm Murnau several formal features that have characterized the production of expressionist Ernst Ludwig Kirchner, as well as the direct quotation of some works of him, including The Red

Tower in Halle, Two Women in the Street and Five Women in the Street.

The reproduction in the frames of specific works of art, the image distortion, even the make-up of actors resume then aesthetic elements first developed by Murnau and are intended to convey to the viewer a sense of anxiety compared to the reality, to the contemporary society, to the city life, even manifesting an inner struggle, that has united Kirchner and Murnau itself.

1. L’espressionismo tedesco tra arte, cinema e teatro

Nelle pellicole di Friedrich Wilhelm Murnau, nella fattispecie in quelle risalenti al periodo espressionista, il riferimento alla produzione pittorica coeva, come a quella precedente, è inseribile in un complesso processo di influenze iconiche e culturali, attraverso cui il suddetto regista e i suoi contemporanei trassero i fondamenti del proprio immaginario visivo. Nella Repubblica di Weimar1, dove l’industria cinematografica si sviluppò in ritardo rispetto ad altri Paesi (ad esempio Francia, Italia, Stati Uniti), le avanguardie diffusesi nel decennio precedente in diversi settori artistici fornirono le basi per costituire un originale e coerente linguaggio filmico. In particolare,

1 Dal 1871 al 1918, ossia l’unificazione dello Stato prussiano, esso era configurato

co-me Impero Germanico; dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale variò la forma di governo e fu creata la Repubblica di Weimar, perciò mentre la prima parte dell’espressionismo pittorico nacque sotto un potere assoluto, diverso è per l’espressionismo cinematografico.

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l’utilizzo del lessico pittorico espressionista, sia con la menzione diretta di lavori specifici che con l’impiego della distorsione iconica estesa all’intero fotogramma, si configura come strumento per estrinsecare in un difficile periodo storico il vissuto travagliato di una generazione di cineasti, affine a quello degli artisti selezionati come fonte.

Difatti, come constatato da Wolf-Dieter2, la nascita del vocabolario espressionista nel primo Novecento si inquadrava nel comune desiderio di sovversione da parte delle nuova intellighenzia nei confronti della tradizione culturale precedente, della società borghese, dell’impostazione economica di matrice capitalista e della configurazione politica di tipo imperiale. Ne risultò così un moto di innovazione formale che interessò le arti figurative, plastiche, applicate e l’architettura, ma anche la sfera letteraria, musicale, teatrale. Nella drammaturgia veniva allora abbracciata una forma aperta3, nella messa in scena e nella recitazione si aspirava alla stilizzazione e all’antinaturalismo, nella composizione era intrapresa la via atonale4, mentre nella produzione figurativa alla mimèsi del mondo sensibile era sostituita una lettura della realtà altamente soggettiva e fortemente distorta.

In un fenomeno di reciproche influenze, riferibile a una forma mentis condivisa, venivano dunque forgiati linguaggi affini, trasmessi successivamente all’ambito filmico, fornendo le basi a livello iconografico, recitativo e registico. Infatti, la settima arte, che al principio del Novecento era ancora in fase di sviluppo e definizione dei propri mezzi espressivi, non aveva il vincolo di una lunga consuetudine alle spalle, ma risentiva per la carenza di una struttura pregressa in

2 Cfr. W.D. Dube, “Introduzione”, in S. Barron, W.D. Dube (a cura di), Espressionismo

tedesco. Arte e società, Catalogo della mostra tenutasi a Venezia nel 1997-1998,

Bom-piani, Milano 1997.

3 Viene intrapreso in ambito teatrale il “dramma a stazioni”, che ha il proprio modello

nello strindberghiano Verso Damasco del 1898 e che si impone con Bettler di Sorge (1912), cfr. P. Chiarini, L’espressionismo tedesco. Storia e struttura, Silvy edizioni, Scurelle 2011.

4 Si vedano a titolo esemplificativo opere come Erwartung (1908) e Die Glückliche

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maniera più accentuata dell’influenza di altre discipline. Fu tuttavia proprio grazie a tali presupposti che dall’intrattenimento e dalla forma documentaristica i cineasti tedeschi si orientarono alla sperimentazione del linguaggio, rendendo possibile l’ideazione di un vocabolario estetico del tutto innovativo rispetto alle cinematografie nazionali coeve. In primo luogo lo sviluppo stesso del settore cinematografico nello stato weimariano fu direttamente connesso alla realtà teatrale: fino ai primi anni dieci non esisteva un sistema organizzato5, ma la situazione variò sensibilmente con l’intervento di un gruppo di personalità attive nell’ambito drammatico, tra i quali spiccavano Asta Nielsen e Max Reinhardt, coadiuvati dal produttore Paul Davidson, come rilevato da Siegfried Krakauer6. Il processo venne portato a compimento con la fondazione nel 1913 della casa di produzione Autorenfilm, con cui si intendeva nobilitare l’intero settore, costruendo così le basi tecniche essenziali per le successive ricerche. Fu determinante quindi l’ascendente dell’ambiente drammatico, da cui iniziarono a provenire i soggetti e gli interpreti, indirizzando in questo modo il nuovo mezzo ad un uso più raffinato. Sebbene inoltre in origine l’imitazione e la traslazione dei codici sviluppati in sede scenica limitassero in parte lo sfruttamento delle specifiche possibilità espressive cinematografiche, la loro graduale assimilazione e rielaborazione ha dato vita col tempo a un linguaggio indipendente e consapevole, di cui è esemplificativo Das Cabinet des Dr. Caligari (1920) di Robert Wiene.

Anche per quanto riguarda la definizione del vocabolario prettamente visivo, è stato certo essenziale l’apporto delle

5 Sebbene il cinema tedesco abbia avuto principio con l’arrivo nel 1895 di uno

spetta-colo dei fratelli Sladanovsky, i film presentati al pubblico tra fine ’800 e primi del ’900 erano prodotti in Francia, Italia e Stati Uniti; fu solo a partire dal 1910 che le élite culturali tedesche iniziarono a interessarsi a una propria produzione cinematografi-ca, quando, seguendo l’esempio della francese Film d’Art, si cominciarono a tradurre su pellicola grandi capolavori letterari e teatrali.

6 Cfr. S. Kracauer, Da Caligari a Hitler. Una storia psicologica del cinema tedesco

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sperimentazioni registiche in ambito teatrale, nella fattispecie di quelle sviluppate nella regia reinhardtiana, ma si unì anche l’indispensabile modello fornito dalle arti figurative. Da una parte gli effetti luministici sviluppati sul palcoscenico furono una premessa indispensabile per la fotografia e l’ideazione del peculiare contrasto tra luci e ombre dei film espressionisti, come osservato da Lotte Eisner in The Haunted Screen:

When the cinema became an art-form, it quite naturally take advantage of Reinhardt’s discoveries, using the chiaroscuro, the pools of light falling from a hight window into a dark interior, witch people used to seeing every evening at the Deutches Theater.7

Dall’altra, l’immaginario sinistro e minaccioso, sviluppato in campo pittorico, è stato imprescindibile sia come base diretta per l’iconografia filmica, sia quale strumento finalizzato all’estrinsecazione del substrato inconscio di angosce e irrequietudini, scaturite in risposta a un momento di instabilità, di povertà e di crisi sociale e politica, affine peraltro in certi aspetti a quello in cui si era generato il suo modello.

Dapprima, infatti, l’avanguardia pittorica si manifestò come moto di ribellione sostenuta da alcuni giovani nel periodo antecedente alla Prima Guerra Mondiale, indirizzato contro i dettami accademici e le forme tardo-impressioniste in voga tra le classi abbienti. Inoltre, coloro che presero parte a Die Brücke (caratterizzato in senso decisamente ideologico al contrario del secondo gruppo espressionista del tempo, Der Blaue Reiter), sin dalla sua fondazione nel 1905, promossero una riforma sociale profonda con la creazione di un nuovo lessico, abbandonando la prospettiva mimetica per una lettura in chiave simbolica ed emotiva della realtà circostante. Le scelte stilistiche e tematiche esularono allora dalla mera riflessione artistica, celando ulteriori implicazioni: nel prendere le distanze dalla vita moderna, percepita come alienante, i membri del movimento di Dresda optarono per un’estetica e dei soggetti di matrice primitivista di ispirazione

7 Cfr. L. Eisner, The Haunted Screen (1952), University of California Press,

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gauguiniana, già presenti tuttavia anche nell’autoctono Jugendstil, come evidenziato da Jill Lloyd8. Infine, soprattutto dopo il trasferimento a Berlino dei suoi affiliati, attraverso la distorsione cromatica e grafica (anch’essa avente radici nell’iniziale interesse per le culture non occidentali) questi svilupparono una descrizione urbana capace di evocare le frustrazioni, le problematiche e i tormenti dell’intera società coeva. D’altro canto, anche il successivo sviluppo della controparte cinematografica presuppose un’affine inquietudine legata a una profonda crisi valoriale e sociale: con la tragica disfatta dell’esercito tedesco e la disastrosa situazione economica e politica conseguente si generò nella collettività un sentimento di sfiducia. La nascente avanguardia filmica fu perciò in grado di tradurre le paure del popolo germanico con il preesistente vocabolario artistico all’interno di nuovo mezzo di comunicazione, capace di raggiungere il grande pubblico.

Se, dunque, come affermato da Paolo Bertetto, risultano insufficienti «l’estetica, le poetiche e le strutture essenziali dell’arte espressionista come fondamento chiave di verifica metodologica e storiografica del cinema espressionista»9, è altresì indubbio che esse abbiano fortemente influito a configurare un universo condiviso, sulla base del quale descrivere un comune senso di angoscia che pervase la cultura tedesca primonovecentesca. Nondimeno, i suddetti non furono gli unici antefatti a rendere possibile lo sviluppo del linguaggio filmico espressionista, ma il bacino da cui esso desunse le sue fondamenta fu certo di maggiore ampiezza e di notevole varietà. Oltre alle fonti letterarie di stampo romantico, da cui fu ricavata la dimensione fantastica, si aggiunsero sia le pellicole dei cineasti stranieri, americani, francesi e italiani, che fornirono uno schema operativo,

8 Cfr. J. Lloyd, German Expressionism. Primitivism and Modernity, Yale University

Press, New Avedon-London 1991.

9 P. Bertetto, “Il cinema espressionista e la forma dell’immaginario”, in P. Bertetto, S.

Toffetti (a cura di), Incontro ai Fantasmi. Il cinema Espressionista, Centro Sperimen-tale di Cinematografia, Roma 2008, p. 7.

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tematico e linguistico, sia quelle nordiche, che furono ulteriore fonte del gioco chiaroscurale e della rappresentazione del mondo naturale10, dando vita così un prodotto del tutto nuovo e basato su eterogenei modelli culturali ed estetici.

2. L’iconografia cittadina kirchneriana nel Nosferatu di Mur-nau

Data quindi la forte affinità tra la produzione filmica degli anni venti e quella delle arti visive del decennio precedente, risultano di particolare rilievo le sperimentazioni linguistiche di Ernst Ludwig Kirchner e dei membri di Die Brücke: la citazione diretta e indiretta di un modello formale precedente nelle pellicole di Murnau e negli altri registi afferenti al filone espressionista fu essenziale per la costituzione di un universo simbolico e iconico. Nella fattispecie, la trasposizione in immagini dello scheletro narrativo è mirata alla trasmissione al pubblico ad una preminente percezione angosciosa tipica del romanzo gotico di origine romantica, che in Nosferatu, eine Symphonie des Grauens (1922), come in molte altre opere legate alla stessa intemperie culturale, costituisce un’importante traccia tematica. La propensione alla distorsione del reale, desunta dalla matrice letteraria e pittorica, è estesa a molteplici codici strettamente cinematografici e tesa alla creazione di un impianto fortemente antinaturalistico. In tal senso, il riferimento diretto o indiretto alle arti figurative, in particolare ai quadri kirchneriani, diviene un prototipo per la costruzione dello spazio filmico, un mezzo per costituire un’ambientazione distorsiva, allucinata, che mirava a restituire il vissuto problematico dei loro artefici.

Nondimeno il modello preesistente era utilizzato da parte di Murnau in maniera completamente differente rispetto alla

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maggioranza dei registi coevi, pur persistendo un’affinità di fondo. La peculiarità nella messa in scena implica in questo caso un’immediata diversità nella qualità dell’immagine, che ha portato numerosi critici a escludere le pellicole del suddetto cineasta da quelle appartenenti al movimento11. Essenziale risulta pertanto il confronto con Das Cabinet des Dr. Caligari di Robert Wiene, riconosciuto come capostipite dell’espressionismo filmico: mentre il primo ricostituisce la composizione all’interno dell’inquadratura, nel secondo l’apparato scenografico stesso riprende l’originale, riproducendolo direttamente all’interno di fondali dipinti che eliminano ogni profondità e naturalismo. Come riscontrato da Paolo Bertetto, esso si presenta come:

un mondo segnato dalla stilizzazione deformante, dal configurarsi irregolare e anomalo della scenografia, delle linee e delle figure. Si tratta di una stilizzazione antinaturalistica e antigeometrica, legata ai modelli pittorici dell’espressionismo e in particolare al movimento Die Brücke.12

Per Wiene la stilizzazione grafica non concerne però solo aspetti prettamente formali, ma si inserisce in un più complesso iter di significazione, nel quale la conformazione spaziale risponde alla necessità di ricreare una morfologia interiore, una visione ambigua, disturbata e soggettiva, quella del protagonista, Francis, in cui la raffigurazione di Holstenwall «risente delle configurazioni visive della vita metropolitana elaborate in particolare da Ernst Ludwig Kirchner»13. È difatti fonte palese per la costruzione dell’iconografia cittadina il ciclo berlinese relativo alle scene di strada, sviluppato dal suddetto artista durante la residenza nella città tra il 1911 e il 1914. In esso, il pittore conseguì uno stile peculiare, nel quale la frenesia della capitale veniva catturata attraverso un tratto più immediato e il

11 Cfr. P Bertetto, Il cinema espressionista e la forma dell’immaginario, in P. Bertetto,

S. Toffetti, Incontro ai Fantasmi, cit., p. 8.

12 P. Bertetto, C. Monti, Robert Wiene. Il Gabinetto del Dottor Caligari, Lindau,

Tori-no 1999, p. 94.

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ricorso a numerosi bozzetti, come sostenuto da Deborah Wye14. Ancor più rilevante, in questo periodo si assiste anche ad una maggiore alterazione prospettica, i contorni divengono più acuti, le pennellate più nervose nel tentativo di trasporre il dinamismo e il carattere violento di Berlino in un bipolare rapporto di attrazione e repulsione che, come affermato da Magdalena M. Meller, risentiva dalla ricerca futurista15. La distorsione dell’immagine urbana traduce allora l’alienazione portata dall’avvento della modernità e le paure generate nell’individuo dall’ambiente ostile, collegandosi alle teorie worringeriane relative all’astrattismo. Infatti, come osservato da Lloyd:

Worringer has also elaborated on Simmel’s ideas in Abstraction und

Einfülung, proposing the psychology of fear and alienation, such as

‘primitive’ man experienced in face of a hostile, unknown environment was expressed through abstract, geometrical pictorial from which attempted to freeze and control the unknown.16

Le strade oscure celavano una terribile minaccia che incombeva sulla vita del singolo, immediatamente trasmessa dagli scenari fatti di stranianti linee oblique e calcate ombreggiature. La fisionomia della metropoli, sviluppata in opere kirchneriane quali Zwei Frauen auf der Straße o Strassenzene Berlin, forniva dunque le basi per strutturare l’atmosfera angosciosa di Das Cabinet des Dr. Caligari, essendo capace di rendere a livello ottico affini inquietudini, dovute ad un simile periodo di crisi.

In Nosferatu, al contrario, non vengono mai utilizzati déco bidimensionali, ma sono ripresi all’interno del fotogramma i caratteri del dipinto, organizzando così l’inquadratura in modo tale da richiamare a livello grafico, chiaroscurale e compositivo le qualità dell’originale. Secondo Andrea Minuz si tratta quindi «di una trasfigurazione del reale, di una restituzione sulfurea dell’atto di

14 Cfr. D. Wye, Kirchner and the Berlin Street, Catalogo della mostra tenutasi a New

York nel 2008, Museum of Modern Art, New York 2008.

15 Cfr. M.M. Moeller, Roland Scotti, Ernst Ludwig Kirchner, Catalogo della mostra

tenutasi a Milano nel 2002, Mazzotta, Milano 2002.

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visione e dell’evocazione di una dimensione impalpabile e intima delle forme configurate nella messa in scena»17. Indubbiamente l’ascendente della produzione kirchneriana risulta secondario rispetto alla tradizione figurativa romantica relativa alla natura18 (è immediato il riferimento ai paesaggi di Caspar David Friedrich), ma è comunque presente, in minor parte, nella descrizione della dimensione cittadina. A livello di definizione estetica generale esso è riscontrabile soprattutto nell’uso del luminismo fortemente contrastato che contraddistingue la fotografia. La netta contrapposizione tra luci e ombre, che secondo Lotte Eisner19 è legata alla regia teatrale espressionista, è senza dubbio anche connessa alla rappresentazione di Berlino in Kirchner. La visione onirica, di incubo, che vige in alcuni esterni, in particolare nel ritrarre il porto di notte, riprende i medesimi caratteri cromatici della raffigurazione delle strade della capitale: lo straniante effetto ottico prodotto dall’illuminazione artificiale emanata dai lampioni, che produce una netta antitesi tra dettagli colpiti da un fascio di luce e la diffusa tenebra, richiama alla mente opere come Nollendorfplatz (1912). Il quadro costituisce il perfetto schema formale per rendere il clima vigente nella suddetta scena: infatti, come affermato da Rudy Chiappini, è contenuta in esso «una straordinaria carica espressiva accentuata dal forte contrasto cromatico tra il giallo e il nero», il quale si unisce alla deformazione grafica che «traspira movimento e vitalismo, tutto costituito sulle diagonali, su linee aguzze e spigolose»20.

Nondimeno, la menzione del prototipo urbano sviluppato in Kirchner non si limita a influire sulla qualità generale dell’immagine, ma concerne anche la menzione diretta nella sequenza di apertura di Nosferatu di un dipinto del suddetto autore, Der rote Turm in Halle

17 A. Minuz, Friedrich Wilhelm Murnau. L’arte di evocare fantasmi, Edizioni

fonda-zione ente dello spettacolo, Roma 2010, pp. 43-44.

18 Cfr. H.H. Pinzler, Friedrich Wilhelm Murnau. Ein Melancholiker des Films,

Cata-logo della retrospettiva in concomitanza della Mostra del Cinema di Berlino nel 2003, Bertz, Berlino 2003.

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(1915), subito riconoscibile come fonte per la descrizione della piazza della cittadina nordica di Wisborg, come nota Angela delle Vacche20. Lo stagliarsi in primo piano della torre gotica, peraltro tagliando di netto l’edificio in una ripresa dall’alto, sembra sovrastare minaccioso sull’abitato sottostante e, come constatato da Leonardo Quaresima, contiene molteplici possibili livelli interpretativi ed esula il solo piano esteriore:

Oltre l’immediato sigillo iconografico, che sancisce il legame con un retroterra figurativo colto e individua nella ricerca espressionista uno dei riferimenti principali del programma del film, il piano introduce un forte effetto destabilizzante: per via della prospettiva dall’alto che porta la torre a incombere minacciosamente sulla piazza; per via dell’insolito risalto, al centro dell’immagine, di un elemento architettonico (la sagoma mozza del campanile) il cui valore oltrepassa quello di semplice complemento di una cornice urbana.21

Lungi, dunque, come affermato dal sopracitato autore, dall’ottemperare la sola funzione di un mero inquadramento spaziale o di riferimento dotto, l’inquadratura ha un ulteriore valore simbolico, extradiegetico. Il luogo, presentato una sola volta all’interno del film, diviene proiezione del contrasto tra ostile realtà esterna, tratteggiata riprendendo il prototipo espressionista, e il rassicurante ambiente domestico, che segue lo stile Biedermeier22. Il riferimento a una determinata fonte diviene il mezzo per configurare lo scontro tra due realtà, ossia il prorompere di forze oscure nel tranquillo nucleo familiare. Viene in questo modo tradotta l’angoscia legata all’avvento della modernità e alla cupa situazione socioeconomica del primo dopoguerra, implicando un immediato punto di contatto con il modello prescelto. Un analogo

20 Cfr. A. Delle Vacche, Art and Cinema. How Art Is Used in Film, University of

Tex-as Press, Austin 1996.

21 L. Quaresima, “Nosferatu, eine Symphonie des Grauens”, in P. Bertetto, S. Toffetti

(a cura di), Incontro ai Fantasmi. Il cinema Espressionista, cit., p. 73.

22 Cfr. ibidem.

23 Nel quadro risalente al periodo di arruolamento come riserva nel 75° Reggimento

di artiglieria di stanza ad Halle, è avvertibile infatti a pieno la grave crisi psicotica dell’artista, che portò in pochi mesi all’esonero dal servizio militare e all’internamento in un ospedale psichiatrico a Königstein im Taunus il 15 dicembre 1915. Cfr. M.M. Moeller, R. Scotti, Ernst Ludwig Kirchner, cit.

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travaglio interiore è infatti alla base della configurazione marcatamente interiorizzata del mondo esterno in Der rote Turm in Halle, che porta ad esacerbare ulteriormente l’alterazione dei profili e dei colori, già presente nel ciclo dedicato alle strade di Berlino23. Nel quadro, dipinto da Kirchner durante il periodo di leva ad Halle nel 1914, poco prima dell’internamento in una clinica psichiatrica, è immediatamente percepibile il profondo tormento dovuto allo sconvolgimento davanti all’orrore della guerra. La citazione della fonte pittorica si inserisce dunque in un più articolato iter di significazione, nel quale la ripresa di un definito universo iconico è finalizzata alla trasmissione su diversi piani di un insieme di istanze individuali e collettive. La veste formale prescelta è allora ascrivibile a una dinamica più complessa, in cui l’affinità esteriore tra l’emisfero pittorico e quello filmico è indice di una più profonda comunanza d’intenti espressivi, generati dalla reazione a fasi particolarmente problematiche della storia del popolo tedesco. Si giunge così alla condivisione non solo di una affine estetica di fondo, ma anche dei presupposti che hanno condotto a una simile rappresentazione del reale.

3. La stilizzazione della figura: la presenza fantasmatica tra l’estetica della maschera e l’ombra demoniaca

La dominante inquietudine non si evince altresì solo dalla sfera prettamente visiva (la messa in scena e la fotografia), ma anche da quella attoriale. La stilizzazione in Murnau non si limita ai luoghi fisici, ma è estesa al fattore umano: il trucco fortemente accentuato è accompagnato da una recitazione antinaturalistica, desunta dal tetro reinhardtiano, concorrendo alla distorsione totale del fotogramma. Nella fattispecie, è esempio emblematico la trasposizione cinematografica dello stokeriano Conte Dracula; la gestualità innaturale e la mimica facciale eccessivamente calcata di Max Schreck

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(Conte Orlok) sono ulteriormente evidenziate dal maquillage artificioso, concorrendo a configurare una entità mostruosa. Il volto dell’attore diviene così maschera in un processo di astrazione fisionomica affine a quella a cui erano sottoposte le figure femminili nei quadri prodotti da Kirchner durante la residenza a Berlino. In ambito pittorico, le donne di strada vengono completamente disumanizzate in un processo di oggettificazione del corpo; come nota Hatje Cantz, in tele quali Die Straße (1912):

The painting The Street […] captures this abstraction of a woman turned into a commodity: a gentlemen clad in an elegant coat and bowler hat is shown peering into a window display, while behind him two prostitutes stalk by. The first contact- visible to the viewer- is made through the man’s walking stick, which forges an ambiguous link between him and the prostitutes. what is not visible to the viewer is the reflection of the women in the window, which doubtless allowed to size up the two prostitutes side by side with all the others good on sale.24

In questo caso il ricorso ad un’estetica non occidentale non avviene per delineare un idilliaco stato di natura, come nella produzione precedente25, ma l’alterazione dei tratti somatici discende dalla perdita di umanità del soggetto nella società dei consumi, per divenire un oggetto del desiderio tra i tanti fruibili. Inoltre, in tale contesto la deformazione del viso in chiave primitivista acquisisce un ulteriore valore semantico: le presenze anonime, come osserva Deborah Wye, sono connotate con un vestiario appariscente e pose aggressive, conferendo in tal modo alle prostitute una parvenza latamente minacciosa, di predatrici notturne26. In opere quali Zwei Frauen auf der Straße (1912) il riferimento alla maschera allude anche al soccombere delle cocotte agli istinti ferini, alla disumanizzazione dovuta alla professione svolta. Infine, queste ultime, presentate attraverso siluette scure e isolate rispetto al fondo architettonico (si

24 H. Cantz, Kirchner, Catalogo della mostra tenuta Francoforte sul Meno nel 2010,

Städel Museum, Francoforte 2010, p. 102.

25 Si vedano a tale riguardo le tele prodotte i reiterati periodi di residenza a

Moritz-burg tra il 1909 e il 1911.

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veda Postdammerplatz, 1914), sono assimilabili a ombre, presenze spettrali, che evocano un profondo senso di solitudine e di oblio, rappresentando in maniera emblematica, sempre secondo la suddetta autrice, la condizione dell’uomo moderno.

D’altro canto, un’identica stilizzazione, la ferinizzazione della figura umana è ripresa dalle pellicole espressioniste, ma non è più raffigurazione di una brutale femminilità o allegoria di un ambiente ostile, ma del male in assoluto, il quale, oltre che sovraumano è anche parte dell’individuo stesso. Nello specifico, Nosferatu non si limita a essere mostruosa creatura ultraterrena, personificazione delle forze oscure che minacciano la tranquilla esistenza del nucleo familiare, di Ellen e Hutter, ma è anche intrinseco a loro. Dalla carica fortemente metaforica è quindi la complessa rete di rimandi che connota il rapporto di attrazione e repulsione tra i due novelli sposi e il Conte Orlock, resa a attraverso molteplici strumenti tecnici. Da una parte, con un montaggio che annette realtà geografiche tra loro molto distanti27 viene evocato il legame psicologico tra Nosferatu ed Ellen, fisicamente lontani. Come constata Minuz descrivendo la sequenza in cui Hutter cade vittima del vampiro:

Attraverso un uso del tutto anomalo dei raccordi e la sovrapposizione tra i due spazi, il collegamento psichico tra Nosferatu ed Ellen non viene soltanto evocato con l’alternanza dell’azione, quanto iscritto nel tessuto della scena e della sua architettura formale disegnata dal montaggio.28

Dall’altra è istituita una interscambiabilità tra i due protagonisti maschili, uniti ambedue dal desiderio per quello femminile, scaturito nel Conte dalla visione della fotografia della donna in un ciondolo. In tal maniera, Nosferatu, già alter ego inumano di Orlock, diviene anche doppio di Hutter29. L’altro, il freudiano Unheimliche30, è dunque

27 Cfr. T. Elsaesser, Weimar Cinema and After. German’s Historical Imaginary,

Routledge, Londra-New York 2000, p. 232.

28 A. Minuz, Friedrich Wilhelm Murnau, cit., p. 133.

29 Cfr. L. Quaresima, “Il cinema espressionista e la forma dell’immaginario”, in P.

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materializzato nel fotogramma come ombra del vampiro, come predatore sovraumano dai lineamenti deformati in una maschera, ma anche proiezione di un aspetto psichico represso dell’eroe positivo, dei suoi desideri inconsci verso la moglie. Il demoniaco, introdottosi nel quotidiano come entità fantasmatica, si rivela allora allusivamente parte dell’identità che il singolo cela a se stesso.

Se quindi la distorsione dell’immagine precedentemente sviluppata in ambito pittorico racchiudeva il tentativo di tradurre il malessere interiore e la decadenza morale, derivanti dell’alienazione dovuta all’avvento della modernità, nella sua declinazione cinematografica si aggiunge un’ulteriore istanza. La minacciosa iconografia urbana, l’incombenza di una realtà ostile, tradotta in Kirchner da un’estetica deformata, cessano di essere solo proiezione di un ego disturbato. In Nosferatu, attraverso il riuso del modello antecedente, il male esterno è anche introiettato nel soggetto; Murnau e i suoi contemporanei, in una filmica premonizione del futuro terribile regime hitleriano, danno vita ad un insieme di opere che Kracauer inserisce nel filone da lui definito «parata dei tiranni», in cui la rivelazione del male non sembra limitarsi all’esterno, ma diviene intrinseco negli individui, nel popolo tedesco, benché inconsciamente31. Vengono così iconicamente resi non solo il vissuto altamente angoscioso, il difficile periodo storico dell’immediato dopoguerra con la disfatta dello stato prussiano, ma anche i primi sentori della futura terribile ascesa del nazismo.

30 Cfr. S. Freud, Das Unheimliche, in Imago, Vienna 1919, vol. V.

31 Cfr. S. Kracauer, Da Caligari a Hitler. Una storia psicologica del cinema tedesco,

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