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I modenesi nel Trecento. Il "Liber magnae masse populi civitatis Mutine". Introduzione

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Academic year: 2021

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Introduzione

In ogni tempo e in ogni luogo la città si presenta come l’insieme di due realtà distinte: l’aspetto topografico-urbanistico, definito dagli storici la città di pietra, e l’aspetto demico-politico-culturale, la città vivente1. Certo per città non si può intendere né l’uno né l’altro degli aspetti presi singolarmente, ma è necessario cercare di cogliere ciò che li caratterizza nella loro interazione: non solo un numero più o meno consistente di case e di abitanti, ma tutto ciò che concorre a connotare la città come centro di attrazione e di coordinamento, “insomma la città come centro del potere (o dei suoi organi decentrati), di servizi, validi non solo per il centro urbano, ma per un’ampia zona di utenza (contadi, diocesi, province), di coagulo e di promozione culturale… la città come un fatto di relazioni, di intensi rapporti sociali, di coscienza civica, di orgoglio municipale, che è qualcosa di più del semplice ‘amore del luogo natio’ e qualcosa di diverso, ma certo di più intenso e di lunga durata, del patriottismo nazionale”2.

Anche di recente è stato sottolineato che la storiografia relativa al medioevo modenese ha privilegiato, fino a questi ultimissimi anni, gli studi sulla città di pietra, rispetto a quelli sulla città vivente. Riflessioni relative alla storiografia cittadina, condotte da Anna Laura Trombetti Budriesi e da Antonio Ivan Pini3, hanno messo in luce che i saggi sulla società e le istituzioni modenesi in età comunale e signorile, ai quali si fa ancora riferimento, risalgono agli anni tra i Venti e i Quaranta del Novecento4, e sono stati ampiamente utilizzati nei contributi che costituiscono il primo volume della Storia illustrata di Modena, pubblicato nel 19905. Questi studi risentono senza alcun dubbio di una consolidata tradizione “estense”, che da Ludovico Antonio Muratori, nella prima metà del Settecento, fino alle monografie e ai saggi di Emilio Paolo Vicini, di Giovanni de Vergottini e di Luigi Simeoni, nella prima metà del Novecento, hanno considerato la storia del comune modenese come premessa inevitabile dei suoi esiti signorili, studiando questo periodo con operazioni sostanzialmente di recupero e procedendo a ritroso e non, come sarebbe più logico aspettarsi, procedendo in ordine cronologico, cioè dalla genesi e dall’evoluzione del comune per giungere all’affermarsi della prima signoria estense6.

In questa ottica tre sono le date che segnano i passaggi istituzionali fondamentali per la storia della città tra la fine del XIII secolo e la prima metà del XIV: il conferimento della signoria

1 Cfr. PINI 1986, alle pp. 13-55, con ricca bibliografia. 2

PINI 1986, p. 14.

3 Il più recente esame relativo alla storiografia sul medioevo modenese si deve a TROMBETTI BUDRIESI 2003, che ne ha ripercorso i temi e l’evoluzione con l’obiettivo di inquadrare sinteticamente i primi statuti dei beccai di Modena (1337) e il fenomeno corporativo nell’ambito delle dinamiche politico-istituzionali cittadine, dall’affermarsi del comune alla sua crisi, sfociata nel conferimento della signoria sulla città a Obizzo II d’Este nel 1289. Per un panorama relativo alle fonti documentarie modenesi per l’età comunale si veda inoltre PINI 2002.

4 DE VERGOTTINI 1977 (ed. orig. 1943); SIMEONI 1919; SIMEONI 1949; VICINI 1912; VICINI 1913; VICINI 1923; VICINI 1927; VICINI 1928; RM I-II; VICINI 1935; VICINI 1936; VICINI 1937; VICINI 1937a; VICINI 1937b; VICINI 1937c; VICINI 1938; VICINI 1939; VICINI 1939-1941; VICINI 1942; VICINI 1942a; VICINI 1943; VICINI C. 1922.

5 Storia illustrata di Modena 1990, con saggi di A. Cardarelli, P. Golinelli, A. Biondi, G. Muzzioli, M. Desittere, F. Rebecchi, M. Calzolari, F. Violi, G. Tabacco, B. Andreolli, V. Fumagalli, G. Trovabene, P. Brezzi, G. Montecchi, C. Frison, G. Biondi, P. Biondi, R. Rinaldi.

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sulla città a Obizzo II d’Este nel gennaio 1289; la cacciata degli Este in seguito all’insurrezione cittadina del gennaio 1306; il ristabilimento della signoria estense nel 1336.

È indiscutibile che l’instaurazione della signoria di Obizzo abbia costituito un passaggio istituzionale di grande rilevanza, che segnò, anche se con alcune interruzioni, oltre cinque secoli di storia cittadina; la storiografia, ben avvertita di questo fatto, a partire dai cronisti modenesi e non del XIV secolo, non ha mancato di analizzare il complesso di contingenze interne ed esterne alla città che determinarono questo passaggio istituzionale, secondo differenti punti prospettici.

L’attenzione per la città di pietra ha determinato una significativa ripresa dell’interesse storiografico per la realtà medievale modenese in concomitanza con le celebrazioni per l’ottavo centenario della consacrazione del Duomo (1184), che hanno dato vita a due volumi miscellanei, in cui si ravvisa una certa attenzione per la società e le istituzioni modenesi tra alto medioevo e prima età comunale7. Lo stesso interesse per l’urbanistica di Modena medievale ha dato origine a un convegno di studi e all’elaborazione di due carte tematiche, realizzate a cura di Enrico Guidoni e di Angelica Zolla in questi ultimissimi anni, che rivelano un certo interesse anche per l’organizzazione demica cittadina, rilevata però sulla base dei saggi e delle edizioni documentarie pubblicate tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento8.

Agli stessi anni Ottanta e Novanta del Novecento risale il rinnovato interesse per la città vivente, che si è concretizzato nei primi lavori di Roland Rölker sulle corporazioni e l’approvvigionamento alimentare a Modena, sfociati nell’ampio contributo su nobiltà e comune del 1994, tradotto nel 19979. Temi che sono stati ripresi in questi ultimissimi anni, sia con saggi tematici, sia con edizioni di fonti, da Bruno Andreolli10, Pierpaolo Bonacini11, Alessandra Greco12, Giulia Lorenzoni13, Silvia Pincella14, Giulia Serrazanetti15 e da chi scrive16. Pubblicato, infine, nel 2003 è l’inventario dei manoscritti dell’Archivio Capitolare di Modena, presso il quale sono stati rinvenuti sette registri prodotti del comune di Modena dal 1318 al 1349, ancora da studiare17, così come per gran parte ignorata è la cospicua documentazione conservata presso l’Archivio Storico del Comune18 – non ancora completamente inventariata – e presso l’Archivio di Stato di Modena19.

7 Lanfranco e Wiligelmo 1985; Wiligelmo e Lanfranco 1989.

8 GUIDONI – MAZZERI 2001; GUIDONI - ZOLLA 1999; GUIDONI – ZOLLA 2003. 9

RÖLKER 1987; RÖLKER 1990; RÖLKER 1994 (trad. it. 1997).

10 ANDREOLLI 1991; ANDREOLLI 1994; ANDREOLLI 1995; ANDREOLLI 1997; ANDREOLLI – CALZOLARI 2003.

11 BONACINI 1997; BONACINI 1999; BONACINI 2001; BONACINI 2001a; BONACINI 2001b; BONACINI 2001c; BONACINI 2002a; BONACINI 2002b; BONACINI 2003.

12 GRECO 1997; GRECO 1999; GRECO 2001; GRECO 2002. 13 LORENZONI 2002.

14 PINCELLA 1999. 15

SERRAZANETTI 2000; SERRAZANETTI 2003. 16 BRAIDI 2001; BRAIDI 2002; BRAIDI 2003.

17 VIGARANI 2003, pp. 101-105: si tratta di un liber memorialium del 1318 e di sei libri condempnationum redatti rispettivamente nel 1336-1337, 1338-1341, 1342, 1343, 1346-47, 1348-49.

18

LUCCHI 1963; per quando riguarda gli statuti comunali modenesi, si veda inoltre DOTTI MESSORI 1998, pp. 101-114. Per le riformagioni modenesi, cfr. LIOTTI – ROMAGNOLI 1987; per le scritture contabili e finanziarie della comunità modenese in antico regime, cfr. BARELLI – GHIZZONI – PULINI 1997.

19 Ricordo solo i 440 registri del Memoriale Antico, depositati presso l’Archivio di Stato, datati dal 1271 al 1588, oltre ai registri di acta extraordinaria dei secoli XV-XVI, che costituiscono una vera miniera per la storia della città vivente modenese nel Duecento, in quanto registrano, seguendo in parte l’esempio bolognese, gli estremi essenziali

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Le analisi su tematiche economico-sociali hanno certamente sofferto, a Modena, della carenza di testimonianze, conseguente, in primo luogo, alla distruzione dei documenti pubblici seguita alla cacciata degli Estensi dalla città (1306) e concomitante con la restaurazione degli organismi comunali; ma soprattutto gli studi sul medioevo modenese hanno risentito di una certa moderna disaffezione, da parte di storici e paleografi, nell’offrire edizioni della documentazione pubblica e privata, che, come s’è detto, non manca e costituisce l’imprescindibile punto di partenza per ulteriori indagini storiografiche20. Dunque la carenza di fonti documentarie spesso lamentata per Modena per l’età comunale e la prima età signorile è rilevante, ma non va sovradimensionata; si impone invece la necessità di continuare l’attività di ricerca di base, che deve concretizzarsi in primo luogo nella redazione di inventari analitici, nella regestazione dei fondi archivistici e nella edizione delle fonti documentarie superstiti.

Va in questa direzione la pregevole edizione, per la cura di Pierpaolo Bonacini, del

Registrum Comunis Mutine, denominazione con cui la tradizione archivistica locale ha indicato un

registro cartaceo contenente le annotazioni redatte da Pietro de Donorio, notaio del podestà Guglielmo da Camposampiero, giudice padovano, e del visconte estense Francesco da Arezzo,

legum doctor, nel secondo semestre del 129921. Esso riunisce alcuni quaderni che recano diversi tipi di scritture legate all’amministrazione corrente, riguardanti una miriade di questioni amministrative organizzate intorno a sei nuclei tematici principali: questioni di materia successoria relativa all’eredità di due defunti senza eredi diretti; garanzie e fideiussioni prestate da alcuni erbivendoli e rivenditori di biade; fideiussioni prestate da tutti i capitani delle ville del distretto modenese e dai capitani delle cinquantine urbane; l’elenco dei 26 nunzi del comune; un’inchiesta relativa a un furto di biade a Montale e di un paio di buoi a Casinalbo, località del contado modenese; la denuncia contro tre beccai rei di avere esportato carne nel bolognese; copie di documenti relativi alle trattative diplomatiche in corso a Firenze per porre fine alla guerra tra il comune di Bologna e il marchese d’Este, in corso dal 1296. L’edizione di questo registro, che costituisce un unicum nella documentazione duecentesca modenese, ha permesso di chiarire molti dei meccanismi che presiedevano al funzionamento delle principali magistrature comunali e di delimitarne i rispettivi ambiti giurisdizionali22.

Intende andare in questa direzione anche questo volume, in cui si pubblica una fonte di primaria importanza per lo studio della società modenese dei primi decenni del Trecento, il codice tradizionalmente denominato Liber magne masse populi civitatis Mutine. Come è noto, è dei vari atti notarili redatti in città e nel distretto, l’oggetto dei quali fosse almeno pari a dieci lire modenesi. Cfr. MARCHETTI 1912, p. 15; TAMBA 1998, p. 192 ss., in particolare a p. 251.

20

TROMBETTI BUDRIESI 2003, p. 21. Sulla distruzione dell’archivio comunale e sulle scritture pubbliche modenesi nel Duecento, cfr. BONACINI 2002b, pp. 15-47.

21 BONACINI 2002b.

22 PINI 2002, p. 11, rileva inoltre che il Registrum Comunis Mutine del 1299 “è certamente fonte di grandissimo interesse per la sua rarità non solo nel panorama documentario locale, ma in quello storico generale, quale singolare e paradigmatico esempio di scrittura corrente di un comune precocemente “amministrativo”. Da esso si possono ricavare tante informazioni di diversa importanza e spessore storico, anche se nessuna può essere, a rigore, assunta a dato pienamente generalizzabile, registrando la fonte l’attività amministrativa non di un’intera annata, ma solo quella del secondo semestre, ignorando dunque certe “scadenze”, e pertanto certi problemi, che potevano essere peculiari della prima parte dell’annata. Malgrado ciò, ripetiamo, la fonte è rara e significativa…”.

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estremamente difficile reperire documenti che forniscano dati relativi alla popolazione di un comune medievale nella sua interezza. Sono ampiamente diffusi nei comuni dell’Italia centro-settentrionale gli elenchi degli iscritti alle corporazioni cittadine, le matricole, legate però a categorie professionali ben definite o a determinati settori della popolazione23. Per Modena esistono gli elenchi completi di tutti i cittadini maschi modenesi atti alle armi nel 1306, nobili e popolani. Richiamandomi alla puntuale classificazione proposta da Pini per le fonti utilizzabili dalla demografia medievale italiana, definirei il Liber magne masse populi una fonte primaria di tipo civile, di ambito militare, un’ottima fonte da utilizzare sia per il suo scopo non fiscale, sia perché registra di fatto non solo i veri e propri atti alle armi, ma la totalità della popolazione maschile tra i 14 e i 70 anni24.

Motivazioni contingenti, legate alle lacerazioni interne e alle lotte politiche, che tormentarono la città soprattutto nella seconda metà del Duecento, portarono alla redazione di questi elenchi, che forniscono uno spaccato completo della popolazione modenese ai primi del Trecento. Nomi, cognomi, professioni, quartiere e cinquantina di residenza di ogni capofamiglia, furono registrati dai notai cittadini sulla pergamena, su mandato del comune modenese.

Un documento dunque preziosissimo, conservato per secoli nell’Archivio Storico del Comune di Modena, noto finora solo a pochi studiosi, perché ben poco scandagliato, scarsamente citato e mai pubblicato nella sua interezza: questo codice – oltre sessant’anni dopo la pubblicazione di una sua piccola parte, per la cura di Emilio Paolo Vicini25 –, viene ora messo a disposizione di tutti coloro che vorranno compiere un affascinante viaggio nel tempo, per conoscere i Modenesi del Trecento.

Nel licenziare questo lavoro, che mi è particolarmente caro, perché riguarda la città dove sono nata e in cui vivo, la mia città, desidero ringraziare Anna Laura Trombetti Budriesi, che da anni segue con pazienza e generosità i miei studi. Questo volume è dedicato a Lei.

Grande è la mia gratitudine nei confronti di Aldo Borsari, che ha accolto questo lavoro nella collana dei Quaderni dell’Archivio Storico da lui diretta e che ha sempre sostenuto e incoraggiato la ricerca, e di Pierpaolo Bonacini, per i suoi precisi e puntuali suggerimenti. Ringrazio vivamente il Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di Bologna e la Banca Popolare dell’Emilia Romagna per il sostegno finanziario assicurato a questo volume. Ringrazio altresì Paolo Cammarosano, Guido Castelnuovo, Giorgio Chittolini, Giorgio Tamba, Massimo Vallerani e Gianmaria Varanini, che nell’ambito del XVI seminario del Centro di Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo di S. Miniato (16-21 settembre 2002), in cui ho avuto occasione di anticipare i primi risultati di questa ricerca, mi hanno dato preziosi consigli e indicazioni per la stesura definitiva del testo.

23

Per il caso della matricola popolare cremonese, il Liber Societatis Populi Cremone, si veda MONTORSI 1961 con ampia introduzione critica.

24 PINI 1985. Su elenchi di questo tipo sono incentrati i lavori di PINI – GRECI 1976; PANERO 1984, che fa riferimento a un elenco di atti alle armi del 1277. Imprescindibile per gli studi di demografia medievale è inoltre COMBA – NASO 1994.

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