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La necropoli della Bufolareccia a Cerveteri: topografia, monumenti funerari e corredi dall'età orientalizzante all'età ellenistica.

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(1)
(2)

i

Introduzione

p. iii

I. Storia delle indagini archeologiche nella necropoli

p. 1

II. Le tombe 179, 999, 170, 43, 90, 171, 52, 54, 111

II.1. Catalogo

p. 19

II.2. Tipologia dei materiali

II.2.1. Ceramica d’impasto

p. 197

II.2.2. Bucchero

p. 221

II.2.3. Ceramica subgeometrica

p. 241

II.2.4. Ceramica corinzia

p. 250

II.2.5. Ceramica attica

II.2.5.1 Ceramica attica a figure nere

p. 258

II.2.5.2 Ceramica attica a figure rosse

p. 264

II.2.5.3 Ceramica attica a fondo bianco

p. 280

II.2.5.4 Ceramica attica a vernice nera

p. 282

II.2.6. Ceramica laconica

p. 291

II.2.7. Ceramica greco-orientale

p. 299

II.2.8. Anfore da trasporto

p. 322

II.2.9. Ceramica etrusco corinzia

p. 324

II.2.10. Ceramica etrusca a figure nere

p. 326

II.2.11. Ceramica etrusca interamente o parzialmente verniciata

p. 331

II.2.12. Ceramica acroma

p. 346

II.2.13. Ceramica etrusca a figure rosse

p. 357

II.2.14. Ceramica etrusca sovradipinta

p. 372

II.2.15. Ceramica a vernice nera

p. 381

II.2.16. Ceramica a vernice rossa

p. 396

II.2.17. Ceramica comune punica

p. 398

II.2.18. Unguentari

p. 400

II.2.19. Lucerne

p. 404

II.2.20. Sculture in terracotta

p. 405

II. 3. Considerazioni sui contesti

II.3.1. La tipologia tombale

p. 441

II.3.2. I corredi, le deposizioni e il rituale

p. 457

III. Topografia storica della necropoli

p. 507

Bibliografia

p. 521

(3)

La necropoli della Bufolareccia, settore periferico della monumentale Banditaccia,

insieme alla contigua area del Laghetto I, fu indagata nei primi anni Sessanta del

Novecento per iniziativa della Soprintendenza Archeologica dell’Etruria meridionale in

collaborazione con la Fondazione Lerici di Milano con una serie di rapide e successive

campagne di scavo, accompagnate da scarsissima documentazione di lavoro. Furono

indagate 140 tombe, alcune delle quali già in parte saccheggiate e con materiali in

cattive condizioni di conservazione. Successivamente, in seguito all’assegnazione del

premio di rinvenimento allo scavatore (la Fondazione Lerici) e al proprietario del

terreno (la contessa Giacinta Emo Capodilista Ruspoli) la Soprintendenza trattenne un

lotto di corredi, tuttora conservati nei Depositi della Soprintendenza presso la necropoli

della Banditaccia a Cerveteri e nel Museo Nazionale Cerite. Fra questi le tombe 43, 52,

54, 86, 90, 92, 170, 171, 179, 111, 999. I corredi consegnati alla Fondazione Lerici

vennero invece successivamente donati alle Civiche Raccolte Archeologiche e

Numismatiche di Milano, così come alcuni materiali ceduti alla contessa Giacinta

Ruspoli vennero da lei donati ai Civici Musei di Padova. Alcuni contributi complessivi

o puntuali sui corredi mantenuti dallo Stato italiano, o loro parti, sono comparsi negli

anni in letteratura; i corredi milanesi sono stati oggetto di più approfondite indagini.

Resta comunque complessivamente inedita buona parte dei corredi di proprietà dello

Stato e l’intera necropoli dal punto di vista topografico.

Questo lavoro si concentra attorno ai corredi mantenuti dallo Stato italiano e non ancora

integralmente pubblicati (tombe 43, 52, 54, 90, 111, 171, 179, 999 - non è stato

possibile reperire la tomba 102 che risulta anch’essa in possesso dello Stato) e,

prendendo avvio dall’analisi dei contesti e dalle poche notazioni di architettura funeraria

ricavabili dai dati d’archivio disponibili, tenta di inserire i contesti nel quadro

topografico della necropoli, ricostruito con metodologia topografica grazie a

ricognizioni sul terreno, alla fotointerpretazione, alla lettura di dati Lidar, alla

realizzazione di un GIS dedicato e all’assegnazione di una datazione a tutti i complessi.

L’obiettivo è quindi tentare di cogliere, prendendo avvio dallo studio degli otto contesti

menzionati, lo sviluppo storico e la dinamica di occupazione della necropoli della

Bufolareccia.

Il lavoro si articola quindi in un capitolo I dedicato soprattutto alla storia e alla

metodologia delle indagini nella necropoli; un capitolo II articolato in catalogo dei

contesti, analisi tipologica dei materiali di corredo e considerazioni sui contesti

(4)

iv

(architettura tombale e corredi); un capitolo III concentrato sulla topografia della

necropoli. Il testo è corredato da disegni e fotografie dei materiali, planimetria della

necropoli e sue elaborazioni GIS, schizzi planimetrici delle tombe in esame, fotografie

delle aperture di alcune tombe.

Il lavoro, nato come tesi laurea nell’a.a. 1996-1997, è stato autorizzato dalla ex

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria meridionale, ora Soprintendenza

Archeologia del Lazio e dell’Etruria, che ha messo a disposizione anche un lotto di

fotografie di singoli pezzi (cat. nn. 179.1-7, 12-14; 999.1-63; 170.1-38; 43.1-12, 18-22,

25-43, 46, 48-56, 61-96; 90.8-19, 21-22, 26-27; 171.2-3, 11-15, 17, 52; 52.2; 54.5-10,

39, 44) e delle aperture delle tombe 54 e 170 (figg. 19, 21 nel testo); le restanti

fotografie e tutti i disegni dei materiali sono stati realizzati direttamente dalla scrivente.

E. Acampa, P. di Paolo, M. Zaccaria hanno realizzato i lucidi, mentre Mirco Zaccaria ha

realizzato il montaggio delle fotografie e di gran parte dei lucidi.

E. Iacopini ha invece curato la georeferenziazione della cartografia e delle fotografie

aeree, l’elaborazione dei dati Lidar riguardo alle necropoli ceretane, l’interfaccia grafico

della fotointerpretazione e le elaborazioni delle tavole cronologiche nel GIS dedicato.

Doveroso, ma soprattutto gradito è per me, giunta a questo punto, rivolgere un sentito

ringraziamento alle molte persone e Istituzioni che hanno permesso di condurre e

portare a termine questo lavoro, prima fra tutti, con grandissimo affetto, la prof.ssa

Maria Antonietta Rizzo, mia maestra da più di un ventennio, che mi propose questa

ricerca e mi ha sostenuto scientificamente e umanamente durante tutto il suo percorso, a

volte involontariamente tortuoso.

Vanno i miei più sentiti ringraziamenti anche alla professoressa Marisa Bonamici, in

questa occasione mio tutor di tesi, per avermi messo a disposizione con la consueta

generosità gli strumenti scientifici per giungere agli obiettivi della ricerca e mi ha

accolto nel Dipartimento pisano.

Desidero altresì ringraziare la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria

Meridionale nelle persone del Soprintendente Archeologo per l’Etruria Meridionale,

dott.ssa A. Russo; della dott.ssa R. Cosentino, funzionaria responsabile per Cerveteri;

della dott.ssa M.A. De Lucia, responsabile per gli Archivi; della dott.ssa M.L. Falsini,

responsabile per l’Archivio Fotografico, per aver reso possibile questa ricerca, mettendo

generosamente a disposizione i materiali e la documentazione grafica e fotografica

conservata negli Archivi di Villa Giulia. Un sentito ringraziamento devo anche al

personale della Soprintendenza che con pazienza e disponibilità ha agevolato in ogni

(5)

modo le mie indagini, sia a Villa Giulia sia soprattutto nei lunghi e ripetuti soggiorni a

Cerveteri presso il Museo Nazionale Cerite e la necropoli della Banditaccia. Un

particolare grazie va all’incomparabile Assistente Alessandro Dello Russo, assieme a

tutto il personale dell’Ufficio Scavi di Cerveteri.

Ringrazio anche la prof.ssa G. Bagnasco per aver acconsentito che visionassi a scopo di

confronto i corredi milanesi della Bufolareccia inediti, nonché il Conservatore dei

Musei Civici di Milano, dott.ssa Anna Provenzali, e il direttore dei Civici Musei

Archeologici, dott.ssa Donatella Caporusso, per avermi permesso di consultare le

schede di catalogo inedite relative ai corredi conservate presso i Musei civici di Milano;

un particolare ringraziamento anche al personale del Castello Sforzesco, fra cui in

particolare la sig. Emilia Lattanzio, per aver agevolato in ogni modo la ricerca.

Un ringraziamento devo pure all’Aerofototeca Nazionale dell’ICCD per aver fornito le

fotografie aeree oggetto di analisi, che ci si augura di poter presto pubblicare, così come

l’Archivio di Stato di Roma che ha permesso di consultare in originale i fogli relativi a

Cerveteri del Catasto Gregoriano dell’Agro romano del 1818.

Ringrazio anche il prof. G. Fornaciari, Direttore della Divisione di Paleopatologia

dell’Università di Pisa, per aver acconsentito a condurre l’analisi paleoantropologica del

defunto incinerato contenuto all’interno della tomba 43, e la dott.ssa Simona Minozzi,

antropologa fisica, per aver eseguito l’analisi.

La mia più sincera gratitudine va a tutti gli amici che hanno supportato tecnicamente

questo lavoro e in particolare la dott.ssa Eleonora Iacopini per il GIS, le dott.sse Elena

Acampa, Paola di Paolo per i lucidi e, in particolare per lucidi, impaginazioni e

consulenza grafica, il preziosissimo amico Mirco Zaccaria.

Per la grande disponibilità al colloquio e al proficuo scambio di idee la mia più sincera

gratitudine va anche ai docenti, colleghi e amici prof. e dott. F. Gilotta, M. Micozzi, A.

Naso, V. Bellelli, E. Benelli, V. Baldoni, S. Finocchi, L. Rosselli. Un particolare grazie

anche alla dott.ssa P. Santoro, già direttore Iscima/CNR, per aver sostenuto la necessità

della pubblicazione del lavoro sulla necropoli della Bufolareccia fra quelli patrocinati

dall’Istituto.

Questo lavoro è nato, cresciuto e si è concluso all’interno della Soprintendenza per i

Beni Archeologici dell’Etruria meridionale e di quella delle Marche, di cui sono ormai

entrata a fare parte; non posso quindi non ricordare e ringraziare, dopo quelli della

Soprintendenza di Villa Giulia, anche tutti i colleghi e amici marchigiani che in vario

modo mi hanno accompagnata e sostenuta durante questo percorso, aiutandomi a non

perdere di vista i miei doveri istituzionali. Un commosso ricordo e un particolare

(6)

vi

ringraziamento, non potendo menzionare i tanti a cui va il mio affetto, dedico allo

scomparso e mai dimenticato Soprintendente dott. Giuliano de Marinis.

Un ultimo ringraziamento va infine a Luca Brendolini per le preziose informazioni sulla

topografia di Caere, oltre che per la piacevole ospitalità durante i lunghi mesi di

permanenza a Cerveteri.

Infine, ma non ultimo, un grazie del tutto speciale ad Andrea Raggi, studioso e

compagno della mia vita, che con affetto e infinita non comune pazienza ha fatto sì che

questo lavoro giungesse al termine. A lui dedico questa ricerca.

La conclusione di questo lavoro è per me un debito che da anni attendeva di essere

saldato con l’archeologia ceretana che mi ha formato sul campo.

(7)

CAPITOLO I

STORIA DELLE INDAGINI ARCHEOLOGICHE

NELLA NECROPOLI

(8)
(9)

Localizzazione della necropoli della Bufolareccia

La località Bufolareccia (fig. 1) è topograficamente compresa all’interno della più nota

area della Banditaccia

1

a Cerveteri ed è ubicata a N-NO del Recinto, che si trova su un

pianoro tufaceo a NO dell’abitato antico

2

; tale continuità topografica con il settore della

necropoli monumentale, certamente più accentuata in antico, faceva sì che la

Bufolareccia costituisse in realtà la propaggine settentrionale della necropoli della

Banditaccia

3

.

L’area delle sepolture (fig. 2) è compresa fra la via sterrata della Bufolareccia, in uscita

dalla porta omonima, sul lato W, e la via degli Inferi-via di Ponte Vivo, anch’essa in

uscita dalla porta omonima, sul lato E

4

. Quest’ultimo tracciato separa fisicamente la

necropoli dalla contigua area del Laghetto

5

, ubicata anch’essa a O-NO del Recinto della

Banditaccia. La necropoli fronteggia quindi direttamente la città sul lato

nordoccidentale del pianoro urbano e ne è separata tramite il lungo fossato artificiale

che corre nel tratto fra le porte di via degli Inferi e di via della Bufolareccia

6

.

Le tombe

7

(fig. 3) si dispongono su una pendice collinare digradante in direzione SE,

caratterizzata da un poggio orientale con due rilievi a NW e SW (elevati rispettivamente

m 117 e m 115 slm) e da un settore occidentale in lieve pendio, separati fra loro da una

profonda incassatura a pareti scoscese, con ogni probabilità relitto di una cava.

1 Vasta è la letteratura sulla necropoli monumentale della Banditaccia e sul suo rapporto con la città;

senza pretesa di esaustività, quindi, per una sintesi della topografia e dei monumenti si vedanoPROIETTI 1986;CRISTOFANI 1988 b, pp. 75-84, con ampia bibliografia e, più di recente, DRAGO TROCCOLI 2006, pp. 98-127; per il rapporto politico necropoli / città v. RENDELI 1993, pp. 289-293, 310-312; per l’architettura tombale v. PRAYON 1975; NASO 1996 a; NASO 1996 b; BROCATO 1995 (1996); NASO 2104; sintesi in DRAGO TROCCOLI 2006, pp. 38-62; Roma 2014, pp. 95-98 (A. NASO) e 179-184 (R. COSENTINO). Per i contesti v. VIGHI -RICCI -MORETTI 1955; successive acquisizioni e messe a punto in CAVAGNARO VANONI 1969; RIZZO 1989 (a); RIZZO 1990, pp. 49-86; CRISTOFANI -RIZZO 1985(1987); ALBERICI 1997; SARTORI 2002; REUSSER 2002, in partic. pp. 55-65, 164-166; MORETTI SGUBINI -RICCIARDI 2004;TEN KORTENAAR 2011,pp. 179-18; COSENTINO -QUARANTA -RUSSO -MARTELLI 2014;

Roma 2014, pp. 300-303 (R.COSENTINO).

2

Sull’abitato sintesi in CRISTOFANI 1988 c, pp. 85-95, con ampia letteratura precedente; COSENTINO 2008; RIZZO 2008; Roma 2014, pp. 142-144 (V. BELLELLI), 154-155 (B.BELELLI MARCHESINI). Più in particolare, per gli scavi alla Vigna Parrocchiale v. Caere 3.1; Caere 3.2 Caere 4; per il santuario di

Hercle in loc. Sant’Antonio v. MAGGIANI -RIZZO 2005, RIZZO 2010,MAGGIANI 2010; per il tempio del Manganello v. BELLELLI 2014; Roma 2014, p. 288 con letter. prec. (M.D. GENTILI); per il santuario della Vignaccia v. NAGY 1988; per gli scavi presso la Vigna Marini - Vitalini v. TORELLI -FIORINI 2010, COLIVICCHI -LANZA -SCALICI 2014; Roma 2014, pp. 282-283 con letter. prec. (L.FIORINI).

3 N

ASO 1991, p. 12.

4

Per la topografia della necropoli della Bufolareccia v. preliminarmente NASO 1991, pp. 7-12; DRAGO TROCCOLI 2006, pp. 129-131; NASO 2014,p.466. Sulla viabilità dell’area v. NARDI 1985, p. 159; NARDI 1989, pp. 518-519; da ultimo CIUCCARELLI 2014, pp. 153, 155-156.

5 Per la necropoli del Laghetto v. più diffusamente infra. 6 C

IUCCARELLI 2014, pp. 150-151, 154.

7

(10)

4

Le indagini archeologiche nelle necropoli ceretane

Dopo una fase iniziale di rinvenimenti occasionali e di esplorazioni a fini collezionistici

nei primi anni dell’Ottocento

8

, l’indagine nelle necropoli ceretane in generale e nella

necropoli della Banditaccia in particolare prese avvio più sistematicamente negli anni

Trenta del secolo per opera di notabili del luogo e grandi proprietari terrieri quali i

principi Ruspoli e Torlonia e Paolo Calabresi. Nel 1834, in particolare, presso la

necropoli della Banditaccia vennero scoperte 53 tombe, fra cui quelle ben presto famose

degli Scudi e Sedie e degli Animali Dipinti, per gran parte reinterrate senza essere

documentate. Le indagini si estesero quindi anche alle altre necropoli della città e del

territorio (Monte Abatone: tombe Torlonia e Sedia Torlonia, 1835; Sorbo: tomba

Regolini - Galassi, 1836; tumulo di Zambra, 1830-1842) e alla città (Vigna Calabresi e

Vigna Parrocchiale, a partire dal 1840), dove si erano già verificati i primi rinvenimenti

(Vignali, 1826).

A partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento le necropoli ceretane, inclusa la

Banditaccia, furono quindi oggetto di esplorazione massiccia, in particolare da parte del

marchese Giampietro Campana fra il 1845 e il 1856; gli scavi riportarono in luce nuove

tombe di notevole interesse, come il gruppo delle tombe dell’Alcova, dei Sarcofagi,

delle Iscrizioni e del Triclinio presso l’area delle Tombe del Comune (1845-1846) e la

tomba dei Rilievi (1846-1847). Dopo gli anni Cinquanta e la bancarotta del marchese

Campana le ricerche continuarono ancora ad opera di privati concessionari con il

consenso del governo pontificio; il nome dei fratelli Castellani, in particolare, si lega

alla scoperta della tomba delle Cinque Sedie.

Con l’avvento dello Stato unitario, a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento, gli scavi

proseguirono sempre ad opera di concessionari privati, come i fratelli Boccanera

(scoperta del Sarcofago degli Sposi, 1881), e grandi latifondisti, come i Calabresi e i

Ruspoli, senza grande controllo da parte della nuova amministrazione regia.

Soltanto a partire dal 1908

9

, con la nomina di Raniero Mengarelli a direttore

dell’Ufficio Scavi di Cerveteri per il Mandamento di Civitavecchia e Tolfa, si giunse a

un’esplorazione sistematica e regolamentata della Banditaccia: Mengarelli, infatti,

concentrò la sua attenzione soprattutto in questa necropoli nell’ampio settore noto come

Vecchio Recinto (Tumuli I e II, tomba dei Capitelli eolici, etc.), conducendo dal 1908 al

8 Sulla storia della riscoperta di Cerveteri nel XIX secolo v. C

RISTOFANI 1988 a, pp. 31-33 con ulter. letter. e, da ultimo, Roma 2014, pp. 24-28 con lett. prec.

9

(11)

1933 e, in maniera più discontinua, anche successivamente, scavi regolari, ripulendo

tombe già in luce e procedendo in contemporanea alle opere di restauro dei tumuli, allo

scopo di realizzare per la prima volta un percorso di visita dotato anche di biglietteria

10

.

Nel medesimo torno di tempo Mengarelli intervenne anche nella necropoli del Sorbo

(1911-1916) e presso la Cava della Pozzolana (1910-1934; 1936; 1943), in entrambi i

casi riportando in luce un sepolcreto di età villanoviana e tardo villanoviana.

Fra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento le indagini archeologiche proseguirono

sia sul pianoro della Banditaccia sia su quello di Monte Abatone a cura della Scuola

Nazionale di Archeologia dell’Università di Roma, sotto la direzione di Massimo

Pallottino (Banditaccia, 1951)

11

, e soprattutto della Fondazione Lerici di Milano, con il

coordinamento di Maurilio Lerici (Monte Abatone, Laghetto I e II, Bufolareccia, a

partire dal 1957)

12

.

Negli stessi anni la Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria Meridionale riprese

l’esplorazione della Banditaccia, soprattutto sotto la direzione di Mario Moretti che

proseguì l’opera di scavo, restauro e valorizzazione della necropoli aprendo al pubblico

nel 1977 il settore noto come Nuovo Recinto (Tumuli Mengarelli, del Colonnello,

Maroi, vie ortogonali etc.). La Soprintendenza intervenne anche con un nuovo scavo

presso la necropoli villanoviana e orientalizzante di Cava della Pozzolana (1959), con la

rimessa in luce di un gruppo di tombe ellenistiche presso il settore della Tegola Dipinta

della Banditaccia (1968)

13

, con un ampliamento delle indagini nella necropoli del Sorbo

(1969), con nuove esplorazioni nel settore delle Tombe del Comune (1972-1982)

14

e

infine con la rimessa in luce del complesso funerario ellenistico di Greppe Sant’Angelo

(1972-1984)

15

. Con la collaborazione del Gruppo Archeologico Romano vennero

effettuati interventi di ripulitura e documentazione nell’area di via degli Inferi, già

indagata dal Mengarelli nel 1927, e fra 1968 e 1969 presso la Bufolareccia vennero

scoperte quattro tombe a camera fra cui la tomba dei Denti di Lupo

16

. Venne infine

scoperta, in località Monte dell’Oro, una tomba a camera di età orientalizzante con

soffitto a volta ogivale e ricco corredo parzialmente conservato

17

.

10 I contesti del Vecchio Recinto scavati dal Mengarelli sono presentati in V

IGHI -RICCI -MORETTI 1955, in partic. cc. 201-1048.

11 Resoconto in Caere 1955. 12

Per le indagini della Fondazione Lerici v. più diffusamente infra.

13 C

AVAGNARO VANONI 1969.

14 Per l’ipogeo monumentale dei Tamsnie in partic. v. P

ROIETTI 1983.

15 P

ROIETTI 1982; PROIETTI 1986, pp. 220-227; Roma 2014, pp. 298-299 (L. HAUMESSER).

16 Sulla quale v. N

ASO 1991.

17

(12)

6

Dal secondo dopoguerra ad oggi, dunque, la conoscenza delle necropoli ceretane si è

continuamente accresciuta; fra le scoperte più significative dell’ultimo venticinquennio

vanno menzionate in particolare la rimessa in luce, sotto la direzione di Maria

Antonietta Rizzo, del complesso delle tombe orientalizzanti di San Paolo nella piana

antistante la città

18

e, più di recente (2012), sotto la direzione di Rita Cosentino, della

tomba dei Cippi Iscritti presso il tumulo della Tegola Dipinta alla Banditaccia

19

.

Storia delle scoperte nella necropoli della Bufolareccia

Contrariamente a quanto noto per la necropoli della Banditaccia, per il settore della

Bufolareccia non si dispone di notizie riferibili con precisione alla fase della scoperta

20

.

Tuttavia, grazie all’analisi e al riscontro di numerosi elementi ricavabili dalla

documentazione d’archivio

21

e dalla letteratura del XIX secolo, è possibile tentare di

ricostruire la cronologia dell’individuazione della necropoli e la sua fortuna prima e

dopo lo scavo Lerici che la rimise (parzialmente) in luce.

Il toponimo Bufolareccia non compare nel Catasto Gregoriano dell’Agro Romano del

1818

22

e non è noto ai topografi e viaggiatori dell’Ottocento

23

. È citato per la prima

volta in letteratura soltanto nel 1890 nell’opera dello studioso locale Francesco Rosati

24

e successivamente non è mai più impiegato con riferimento all’area fino agli anni dello

scavo Lerici, quando inizia ad essere utilizzato come denominazione ufficiale della

necropoli. Fra i rapporti di sorveglianza dell’Archivio SBAEM fra 1910 e 1960, infatti,

la zona, qualora menzionata, viene definita come la Macchietta, ad indicare un bosco,

tuttora esistente, sia pure solo parzialmente, nel settore della necropoli prossimo alla

città

25

.

18 Su cui R

IZZO 2005 b, con ulteriore bibliografia.

19

Su cui COSENTINO -QUARANTA -RUSSO -MARTELLI 2014.

20 Cfr. N

ASO 1991, p. 10.

21 L’indagine è stata condotta presso l’Archivio corrente e storico, fotografico e disegni della

Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale a Roma (SBAEM); presso l’Archivio di Stato di Roma; presso l’Aerofototeca Nazionale dell’ICCU; presso la sede romana della Fondazione Lerici del Politecnico di Milano.

22 Archivio di Stato di Roma, Fondo Presidenza generale del Censo, Catasto Gregoriano dell’Agro

Romano anno 1818, Mappe, Provincia Civitavecchia, Territorio di Cerveteri, Foglio 26.

23G

ELL 1834, pp

.

19-28; NIBBY 1837, pp. 345-361 e tavola allegata; CANINA 1838, tav. II; CANINA 1846, tav. XLII; DENNIS 1883, p. 235.

24R

OSATI 1890, pp. 102, 161

.

25 Cfr. ad es. il “Rapporto di vigilanza del 26-27 febbraio 1918” a firma del Custode Antonio Collina,

Archivio storico SBAEM, IX, “Lettere in arrivo del custode Antonio Collina dal luglio 1913 al giugno 1914. Scavi, p. 3, prot. n. 1 del 1 marzo 1918”.

(13)

Il Rosati

26

informa però che nel 1582, tramite un bando, il duca Orsini aveva concesso

in affitto alla comunità ceretana a scopo di pascolo due bandite, quella poi detta della

Banditaccia e quella contigua delli bovi, che potrebbe essere in effetti la Bufolareccia. È

quindi probabile che, almeno fino alla fine dell’Ottocento, l’area della Bufolareccia non

fosse distinta dalla Banditaccia (Bufolareccia = Bandita delli bovi) e per questo non

possedesse una denominazione autonoma.

Se ne deduce quindi che, anche se il toponimo non emerge nella bibliografia

ottocentesca, in quegli stessi decenni la necropoli poteva essere non del tutto ignota; la

storia della scoperta della Bufolareccia potrebbe quindi essersi intrecciata e mescolata -

forse addirittura confusa - con quella degli scavi presso la Banditaccia.

In effetti nel foglio 26 del Catasto Gregoriano del 1818 (fig. 4) l’area della Bufolareccia

non risulta indicata, ma neppure la Banditaccia appare distinta sul terreno; nella pianta

di William Gell, datata 1827

27

, la Banditaccia non è segnalata topograficamente.

Nella prima pianta del Canina, pubblicata nel 1838 dopo i primi scavi iniziati intorno al

1829

28

, la Banditaccia risulta invece chiaramente indicata (fig. 5). La sua propaggine

orientale, caratterizzata da due file di tumuli allineati con andamento curvo in direzione

della città, in tutta verosimiglianza va identificata con via degli Inferi, fiancheggiata da

tombe; queste, sul lato E del tracciato, segnano in realtà il margine occidentale della

necropoli della Bufolareccia, che si affaccia proprio sulla via degli Inferi. Appare quindi

non del tutto peregrino ipotizzare che, almeno nel suo settore più occidentale in

relazione con via degli Inferi, l’area di necropoli della Bufolareccia fosse stata già

individuata.

Nella medesima pianta del Canina sono anche visibili, ad E del tracciato della via degli

Inferi, due segmenti uniti ad angolo retto in cui, per l’identità di sagoma con la viabilità

indicata nel foglio 26 del Catasto Gregoriano (presente anche in alcune fotografie aeree

che saranno esaminate nel capitolo dedicato alla topografia della necropoli), va

riconosciuto senza dubbio un tracciato viario interpoderale, la via della Bufolareccia,

che lambisce ad E la necropoli omonima. La via, come si vedrà meglio nel capitolo

relativo alla topografia della necropoli, si diparte dal pianoro della città, ne esce

attraverso la porta della Bufolareccia; dopo un tratto in direzione NE e un’ampia curva,

punta verso Ponte Vivo in direzione NW e si raccorda con la tagliata di via degli Inferi

26 R OSATI 1890, p. 94. 27 Allegata a N IBBY 1837. 28

(14)

8

dirigendosi verso l’opera idraulica etrusca del Ponte Vivo. Il tratto extraurbano è quindi

costituito da due spezzate piuttosto rettilinee che formano un angolo retto

29

.

Curiosamente, nella pianta edita nella pubblicazione successiva

30

, il Canina (fig. 6), pur

indicando questa volta esplicitamente come viabilità la via degli Inferi e il tracciato

relativo alla necropoli della Bufolareccia più ad E, rinuncia a segnalare la presenza di

tombe ai lati di via degli Inferi e all’interno dell’area necropolare oggetto di questo

lavoro.

Sulla base di tale documentazione si può forse avanzare l’ipotesi che via degli Inferi e le

prime propaggini occidentali della necropoli siano state individuate (e forse in parte

scavate) entro i primi anni delle indagini ceretane alla Banditaccia, fra gli anni Venti del

secolo XIX e la scoperta della Regolini Galassi nel 1836, o poco dopo, agli albori degli

scavi Campana.

Purtroppo i resoconti degli scavi condotti presso la Banditaccia fra la fine degli anni

Venti e gli anni Trenta dell’Ottocento

31

e le prime opere di carattere topografico relative

a Cerveteri

32

, al di là della puntuale descrizione delle più famose tombe allora scoperte

(dei Rilievi, del Comune), si soffermano scarsamente sui restanti scavi nella necropoli e

sulle circa cinquanta tombe appena portate in luce, lasciando indefiniti i diversi settori

di indagine.

Non vi è alcuna prova concreta che la necropoli sia stata scoperta

33

nella seconda metà

dell’Ottocento: il Rosati, infatti, ancora nel 1890 afferma di riconoscere nell’area della

Bufolareccia qualche orma antica (…) in alcuni avanzi informi, ma le interpreta come

spazio di un antico circo o anfiteatro, dimostrando di non essere a conoscenza

dell’esistenza di tombe nella zona

34

. L’autore, invece, descrive con precisione la porta

della città che fronteggia l’area della Bufolareccia, tagliata nella viva roccia e da lui

considerata punto di partenza della via Caere - Pyrgi

35

.

Successivamente, negli anni in cui Raniero Mengarelli fu Direttore degli Scavi a

Cerveteri (1908-1933), l’area non risulta ancora riconosciuta come necropoli; tuttavia,

la viabilità in uscita da porta della Bufolareccia già segnalata dal Canina appare

perfettamente nota al Mengarelli, come documenta (fig. 7) uno schizzo a matita

conservato nell’Archivio storico della Soprintendenza per i Beni Archeologici

29 Da ultimo C

IUCCARELLI 2014, p. 153 con rifer.

30

CANINA 1846, tav. XLII.

31 K

RAMER 1834;PALETTI 1835;BRAUN 1836.

32 G ELL 1834, pp. 19-28; NIBBY 1837, pp. 345-361. 33 N ASO 1991,p. 10. 34 R OSATI 1890, p. 161. 35 CIUCCARELLI 2014, p. 153.

(15)

dell’Etruria Meridionale, vergato a mano dallo stesso Direttore degli Scavi in data 14

febbraio 1931

36

.

L’unica menzione documentaria dell’esistenza di tombe presso la Bufolareccia riguarda

in questi anni proprio il settore boscoso prossimo all’incrocio con la via degli Inferi, già

noto all’epoca come Macchietta.

Il custode Collina, nel rapporto di vigilanza datato 27 febbraio 1918

37

, riferisce infatti di

aver percorso la via degli Inferi, appena scavata o in corso di scavo, e segnala

l’esistenza di una gran quantità di tombe visibili e tracce di vie traversali proprio nella

Macchietta.

Nei decenni successivi, fino agli anni Cinquanta del Novecento, però, la necropoli

appare ormai nota ed esposta a rischio di scavi clandestini; lo testimonia la regolarità

con cui la Macchietta viene ispezionata dalle ronde di sorveglianza della

Soprintendenza nei primi anni Cinquanta

38

e la decisione assunta dalla stessa

Soprintendenza di condurre, con la collaborazione della Fondazione Lerici, fra il 1960 e

il 1962, campagne di prospezione e scavo preventivo a seguito di ripetuti episodi di

violazione di tombe (confermati dall’evidenza del saccheggio dei corredi recuperati nei

singoli complessi). Lo scavo Lerici, più approfonditamente descritto nelle pagine

successive, si svolse fra il 1960 e il 1962; le tombe rinvenute vennero richiuse

39

solo in

parte nel corso degli anni successivi, tanto da indurre glli agricoltori dell’area a ricoprire

le tombe a proprie spese a causa dell’evidente pericolo

40

.

Fin dagli anni immediatamente successivi agli scavi Lerici la necropoli è stata oggetto

di ripetuti scavi clandestini

41

, numerosi e frequenti in particolare fra 1969 e 1975, fra

1980 e 1995, intorno agli anni 2000-2002

42

. L’attività di contrasto di questa realtà

delinquenziale condusse la Soprintendenza a recuperare, sia pur parzialmente, vari

corredi funerari e a scavare in regime d’urgenza molti complessi tombali, alcuni dei

36

Archivio storico SBAEM, Cerveteri 1910-1911, 1931. “Lettere in partenza dal luglio 1930 al 30 giugno 1931”, prot. n. 3097 del 14 febbraio 1931.

37 Archivio storico SBAEM, IX, “Lettere in arrivo del custode Antonio Collina dal luglio 1913 al giugno

1914”. Scavi, p. 3, prot. n. 1 del 1 marzo 1918. “Rapporto di vigilanza del 26-27 febbraio 1918” a firma del Custode Antonio Collina.

38 Cfr. ad esempio Archivio storico SBAEM, II, 6, Servizio di vigilanza della zona archeologica di

Cerveteri per il mese di marzo 1954.

39

NASO 1991, p. 10.

40 Cfr. Archivio SBAEM, 1974, prot. n. 5635/3 Cerveteri. Attualmente l’area, non accessibile, si presenta

coperta da vegetazione anche di alto fusto; alcune tombe restano parzialmente non ricoperte.

41 Già nel 1963-1964 si registravano scavi clandestini in aree già indagate dalla Fondazione: cfr. ad es.

Archivio SBAEM, IV, Cerveteri 1-2, segnalazioni del 4 dicembre 1963 e dell’11 aprile 1964.

42

(16)

10

quali particolarmente significativi come quello della tomba 2041, a cui appartiene

l’iscrizione recentemente presentata da G. Colonna

43

.

Gli scavi Lerici nella necropoli della Bufolareccia

Già nel 1954 la Fondazione Lerici

44

era intervenuta a Cerveteri conducendo prospezioni

geofisiche sperimentali all’interno della necropoli della Banditaccia per l’identificazione

rapida e sicura delle tombe ancora sepolte, sollecitata dalla necessità della

Soprintendenza Archeologica di fronteggiare la crescente ondata di scavi clandestini

concentrati soprattutto nelle zone periferiche di difficile sorveglianza. Fra il 1956 e il

1961 si svolse presso Monte Abatone

45

, in proprietà Martini Marescotti, la prima

campagna sistematica di prospezione geofisica e recupero dei corredi condotta dalla

Fondazione nelle necropoli ceretane: furono identificate ben 641 tombe. Due brevi

campagne nel 1957 e 1958 furono condotte anche presso la necropoli della Banditaccia

sulla base di tracce rilevate in foto aerea, con l’identificazione di 54 tombe

46

.

La stessa modalità di intervento utilizzata per Monte Abatone venne quindi applicata in

contemporanea, fra il 1960 e il 1962, alle necropoli ubicate in località Bufolareccia e

Laghetto I della Banditaccia in proprietà G. Emo Capodilista Ruspoli. Le tombe

complessivamente identificate furono 184. Fra il 1962 e il 1970, infine, la Fondazione

Lerici e la Soprintendenza Archeologica individuarono e scavarono, questa volta

sistematicamente, oltre 500 tombe nella contigua necropoli convenzionalmente

denominata Laghetto II

47

.

43

COLONNA 2007 (2009).

44 Per le indagini della Fondazione Lerici in generale, e a Cerveteri in particolare, v. L

ERICI 1960 a; LERICI 1960 b; LERICI 1961; LININGTON 1961; LERICI 1962; Milano 1980, pp. 13-20 (L. CAVAGNARO VANONI )e p. 111, nota 1, con letter. prec. (R.E. LININGTON).

45

Per la presentazione di alcuni corredi rinvenuti negli scavi Lerici, assegnati come quota parte alla Fondazione Lerici e successivamente donati ai Musei Civici di Milano, v. Milano 1980, pp. 177-231;

Milano 1986 a;OLIVOTTO 1994; RIDI 2003. La quota parte mantenuta dallo Stato italiano è in corso di studio da parte di un’équipe composta da F. Gilotta, M. Micozzi e A. Coen e collaboratori: si veda preliminarmente COEN -GILOTTA -MICOZZI 2014; la necropoli ha restituito complessi funerari di livello principesco quali la tomba 4, per cui v. RIZZO 1990, pp. 49-54 e RIZZO 2007 con letter. prec. Per una sintetica messa a punto della cronologia di alcuni contesti v. anche TEN KORTENAAR 2011, pp. 199-204.

46

Milano 1980, pp. 107-108 (R.E. LININGTON).

47 Milano 1980, p. 119 (R.E. L

ININGTON). Sullo scavo della necropoli del Laghetto, oggetto di successivi interventi anche negli anni Ottanta e Novanta del Novecento, v. LININGTON 1980. Per i corredi finora pubblicati v. MAV, V, pp. 85-225; Milano 1980, pp. 119-175 e pp. 251-261; ALBERICI VARINI 1999; BAGNASCO GIANNI 2002, pp. 47-290; successive puntualizzazioni in RIZZO 2004-2005, in partic. pp. 333-353; RIZZO 2008-2009; TEN KORTENAAR 2011, pp. 188-196.

(17)

A Monte Abatone, alla Bufolareccia e al Laghetto I la Fondazione

48

procedette con

preliminari prospezioni geoelettriche e, nel caso del settore della Bufolareccia occupato

dalle tombe ipogee nn. 98-136, per la prima volta anche con prospezioni geomagnetiche

allo scopo di localizzare ingressi e camere delle tombe. Individuata una tomba, tramite

una perforatrice elettrica portatile, una sonda fotografica e un periscopio calati

attraverso il foro realizzato la Fondazione poteva documentarne gli elementi strutturali e

decorativi interni; i dati così ottenuti venivano comunicati in tempo reale alla

Soprintendenza che, già sul posto nella figura dell’assistente Cesare Zapicchi,

procedeva allo scavo e al recupero dei corredi con l’aiuto della mano d’opera messa a

disposizione dalla Fondazione.

L’assistente Zapicchi redigeva di volta in volta sul campo uno schizzo planimetrico

delle tombe scavate, di solito privo di particolari architettonici interni, curando solo in

rarissimi casi anche il posizionamento dei materiali rinvenuti e la distinzione per letti o

per banchine (ad esempio nel caso della tomba Bufolareccia 43, intatta) o uno

schematico giornale di scavo (ad esempio nel caso della tomba 52); Zapicchi stilava

invece con precisione l’elenco analitico e descrittivo dei materiali recuperati, relativi

spesso a tombe già violate (poi sistematizzato dalla Soprintendenza stessa per la stima

del premio di rinvenimento). D’altro canto la Fondazione Lerici si occupava del

rilevamento topografico delle tombe, la cui apertura veniva in alcuni casi documentata

pure fotograficamente.

Sfortunatamente, anche a causa dell’estrema speditezza delle operazioni di scavo, alla

Bufolareccia come anche al Laghetto I non fu redatto alcun giornale di scavo né la

Fondazione Lerici produsse alcuna relazione al termine delle campagne di indagine,

contrariamente a quanto accadde in seguito per il Laghetto II, e non si dispone dunque

di alcun dato scritto riguardo alla scoperta delle tombe, alla disposizione dei corredi, al

numero delle deposizioni etc., a parte rarissime e occasionali informazioni contenute nei

taccuini Zapicchi.

L’analisi di alcune fotografie aeree zenitali della necropoli, fra cui una risalente al 1962

(epoca della chiusura dell’indagine) custodita presso l’Aerofototeca Nazionale,

documenta chiaramente il metodo applicato dagli scavatori per individuare camere e

dromoi delle tombe. Nel caso dei tumuli ben visibili sul terreno venivano praticati

quattro saggi rettangolari diametralmente opposti intorno alla circonferenza, per

48 Per la metodologia delle indagini archeologiche della Fondazione Lerici in collaborazione con la

Soprintendenza, v. Milano 1980, p. 107 (R.E. LININGTON). Sulle indagini a Monte Abatone v. anche COEN -GILOTTA -MICOZZI 2014, pp. 532-533.

(18)

12

accertarsi della effettiva circolarità del tamburo e di eventuali aperture nella crepidine; a

seguire veniva aperto un saggio centrale alla sommità del circolo individuato, per

scendere direttamente nella camera. Nel caso delle tombe ipogee affiancate l’una

all’altra, dalla sovrapposizione della fotografia aerea con la planimetria della necropoli

si evince invece che non era uso penetrare dall’alto nelle tombe (che evidentemente

erano ancora architettonicamente intatte); venivano invece praticati saggi obliqui

paralleli davanti ai corti dromoi d’accesso delle tombe, partendo dall’ipogeo più esterno

per individuare in infilata tutti gli accessi e l’intera via sepolcrale, allo scopo di

penetrare nella tomba dalla porta d’ingresso, come ben evidente dalla scarsa

documentazione fotografica relativa alle aperture.

Dal punto di vista della cronologia degli interventi, lo scavo in località Bufolareccia

49

si

intreccia strettamente con quello in località Laghetto, creando non poca confusione sulla

numerazione delle tombe: poiché i due interventi furono condotti nel medesimo arco di

tempo in successione su terreni contigui, fu utilizzata una numerazione progressiva

unica per indicare le tombe delle due necropoli.

Grazie al riscontro incrociato dei dati noti in letteratura

50

e della documentazione

d’archivio conservata presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria

Meridionale

51

, è stato possibile stabilire che l’indagine presso la Bufolareccia prese

avvio nel 1960 con lo scavo delle tombe numerate da 1 a 47; dopo un’interruzione,

l’indagine riprese nei mesi di marzo - maggio 1961 con la rimessa in luce delle tombe

da 48 a 62 (eccetto la tomba 57, scavata presso il Laghetto I).

Interrotta per passare allo scavo delle tombe Laghetto I, l’indagine riprese nuovamente

fra agosto e verosimilmente la fine dell’anno 1961 con lo scavo delle tombe 81-137;

ancora una volta interrotta per lo scavo delle tombe Laghetto I, riprese fra aprile e

maggio 1962 per continuare fino a giugno dello stesso anno con lo scavo delle tombe da

169 a 184. Immediatamente a seguire, nel 1962, dopo sondaggi eseguiti a partire dal

giugno stesso, prendeva avvio l’indagine presso la necropoli del Laghetto II

52

, il cui

49

Per le indagini della Fondazione Lerici nella necropoli della Bufolareccia v. LERICI 1960 a, pp. 17 ss., fig. a p. 20; LERICI 1960 b, pp. 213 ss. in ptc. fig. a p. 214; LERICI 1961, p. 12, fig. 2; LININGTON 1962, pp. 53-64, figg. 13-15; LERICI 1962, p. 21, fig. a p. 109; MAV, V, p. 9; Milano 1980, pp. 109 e fig. VI.4 a p. 113; NASO 1991, p. 10.

50 MAV, V, p. 9; Milano 1980, pp. 232, 236, 241, 244; B

AGNASCO GIANNI 2002, pp. 320, 340, 369, 389, 409; MICOZZI 1993, p. 2.

51 Archivio Fotografico SBAEM: documentazione delle aperture delle tombe 54 e 170; Taccuini

Zapicchi: Book 1, scavo delle tombe 50-52; Archivio storico SBAEM: elenchi dei materiali e indice delle tombe stilati sulla base dei Taccuini Zapicchi 1-5 per il calcolo del premio di rinvenimento.

52 Archivio storico SBAEM, 6, I, 21, Fondazione Lerici, Relazione scavi 1963. Si rileva che la tomba 255

(19)

primo lotto di tombe scavate venne inizialmente numerato ancora una volta a partire da

1, ma subito agganciato all’ultima tomba Bufolareccia, con il numero 185. Un ultimo

intervento non sistematico nella necropoli della Bufolareccia, da collocarsi entro il

1966, portò alla luce le tombe 993-999.

Ne consegue quindi che le tombe realmente appartenenti alla necropoli della

Bufolareccia sono le nn. 1-56, 58-62, 81-137, 169-184, 991-993, 995-996, 998-999, per

un totale di 140 tombe identificate e scavate, come risulta anche dalla planimetria

completa della necropoli, redatta dopo lo scavo e conservata presso la sede romana della

Fondazione Lerici (fig. 8). Fra di esse, la tomba 43 fu scavata nel 1960; la tomba 48 fu

scavata fra marzo e aprile del 196; le tombe 50-52 furono scavate fra il 10 e il 14 aprile

1961, mentre la 54 fu scavata nel maggio 1961, la 56 precisamente il 2 maggio 1961 e

le tombe 60-61 furono scavate rispettivamente il 16 e il 18 maggio 1961; la tomba 83 fu

scavata l’11 agosto 1961; la tomba 92 fu scavata nel settembre 1961 e con ogni

probabilità anche la contigua 90 fu scavata negli stessi giorni; la tomba 111 fu scavata

probabilmente intorno alla metà dell’ottobre 1961, dal momento che le tombe 114, 116

e 118 furono scavate rispettivamente fra l’11 e il 14 ottobre, il 17 ottobre 1961 e il 18

ottobre 1961; la tomba 108, invece, probabilmente individuata nei primi giorni di

ottobre, fu scavata il 17-18 novembre 1961; la tomba 170 fu scavata nell’aprile 1962 e

la 171 presumibilmente a ridosso della 170, dal momento che la tomba 172 fu scavata

precisamente fra 18 e 24 maggio 1962, anche se con tutta probabilità fu individuata

poco dopo la 170, dal momento che la tomba 178 fu individuata il 9 maggio 1962; la

tomba 179 fu certamente individuata nei giorni immediatamente successivi alla 178 e

scavata entro il giugno del 1962.

Solo per le tombe 50-52 è pervenuto un eccezionalmente scarno giornale di scavo

53

che

testimonia che fra il 10 e il 14 aprile 1961 furono scavate tre tombe, di cui due a dado e

una a fossa già precedentemente riconosciute. Si procedette allora con saggi per

individuarne l’apertura e la caditoia, rinvenendo nello sterro non stratigrafico dell’area

antistante resti di vasellame di bronzo di cui si è persa traccia; nel caso della tomba 52

gli scavatori accedettero al dromos proprio dalla caditoia, trovando la porta priva di uno

dei blocchi di chiusura. Entrati nella tomba invasa da acqua e fango, gli scavatori

raccolsero letteralmente dalla fanghiglia i materiali per due giorni, “spillando” gli ultimi

alla fine del secondo giorno di lavoro.

necropoli Laghetto II secondo tutti gli elenchi SBAEM e coerente con essa per numerazione, non appare nella planimetria generale della necropoli in possesso della Soprintendenza stessa.

53

(20)

14

La scansione cronologica degli interventi di scavo e la loro trasposizione sulla

planimetria della necropoli mostrano chiaramente l’approccio utilizzato dalla

Fondazione Lerici nella conduzione delle ricerche presso la Bufolareccia: salvo casi

eccezionali che richiedevano due-tre giorni di lavoro (si veda ad esempio la tomba 52,

di notevoli dimensioni e dotata di un corredo molto cospicuo), le tombe venivano

scavate sostanzialmente ad un ritmo di una ogni giorno/ogni due giorni, con l’ovvia

conseguenza che lo scavo consisteva sostanzialmente, come si evince anche dalle rare

fotografie delle aperture, in un recupero del vasellame senza il tempo necessario per

redigere una accurata e moderna documentazione di scavo.

La numerazione delle tombe associata alle date della loro apertura mostra inoltre che

soltanto all’inizio della prima campagna e alla fine dell’ultima (con l’intervento

programmato nel settore campione indagato tramite sondaggi geomagnetici) si

procedette esplorando con sistematicità i vari settori, poiché nel corso di ogni campagna

era frequente fare ritorno in aree già indagate, anche per scavare una sola tomba,

probabilmente a causa della necessità di combattere i frequentissimi scavi clandestini

nell’area.

È comunque evidente che l’indagine archeologica iniziò dal rilievo SW della collina

orientale della necropoli, laddove di fatto quest’ultima aveva preso origine intorno

all’inizio del VII sec. a.C. per estendersi subito dopo al rilievo NW e procedere verso W

in direzione di via degli Inferi.

Dall’analisi della planimetria della necropoli interpolata con gli schizzi Zapicchi e gli

elenchi dei materiali SBAEM risulta evidente che per un gruppo di tombe non fu

possibile definire la planimetria tramite lo scavo; la maggior parte di esse (escluse le

tombe 11, 26, 36, 39, 42, 56) appare anche priva di materiali. È assai probabile che si

tratti di tombe particolarmente devastate, con la volta completamente crollata e/o già

saccheggiate; il fatto che in alcune di esse si siano rinvenuti materiali rafforza questa

ipotesi.

In virtù dell’assegnazione del premio di rinvenimento i corredi rinvenuti dalla

Fondazione Lerici durante le campagne di scavo vennero suddivisi fra lo Stato italiano,

la Fondazione Lerici stessa e la contessa Giacinta Emo Capodilista Ruspoli, proprietaria

del terreno, rispettivamente in ragione del cinquanta, venticinque e venticinque per

cento del valore

54

.

54

(21)

La quota mantenuta dallo Stato italiano, a cui appartengono con certezza 12 corredi (tt.

43, 52, 54, 86, 90, 92, 102, 111, 170, 171, 179, 999) è in parte esposta presso il Museo

Nazionale Cerite “Claudia Ruspoli” e in parte conservata presso i Depositi dell’ex

Ufficio Scavi alla necropoli della Banditaccia a Cerveteri

55

. La tomba 102 è al momento

irreperibile. Per un ulteriore lotto di 25 tombe non presenti a Cerveteri è in corso il

riscontro. La quota assegnata alla Fondazione Lerici è stata successivamente donata alle

Raccolte Archeologiche e Numismatiche del Civico Museo Archeologico di Milano ed

è in corso di pubblicazione

56

; alcuni materiali di proprietà della contessa Giacinta

Ruspoli (materiali sporadici provenienti genericamente dalla necropoli) sono stati

invece donati ai Musei Civici di Padova

57

.

55 Per la tomba 43 v. L

ERICI 1960a,pp. 48-51. Presentazioni sintetiche e preliminari dei materiali: per la tomba 43 v. NASO 1996, pp. 57-58; per la tomba 54 v. CRISTOFANI 1987 d, p. 320, n. 157; per la tomba 86 v. COEN 1991, pp. 7-30 (= RASMUSSEN 1979, pp. 15-16); per la tomba 92 v. MICOZZI 1993; per la tomba 170 preliminare presentazione in Milano 1985 a, pp. 195-199 (M.A.RIZZO) e da ultimo Roma

2014, pp. 190-191 (L.HAUMESSER); per la tomba 179 v. COLONNA 1970, p. 658, nota 1; per la tomba 999 v. RIZZO 1990, pp. 71-79 (= RASMUSSEN 1979, pp. 49-52); per la discussione di singoli elementi di alcuni corredi (tombe 43, 54, 90, 170, 999) si vedano MORETTI 1967; GUZZO 1972, p. 45; STIBBE 1972, p. 288; DEL CHIARO 1974, pp. 79-80; DEL CHIARO 1978 a, p. 33; MARTELLI 1978, pp. 157, 172, 182, 188, 202, 205; PIANU 1978, pp. 176 e 179; HARARI 1980, p. 111; AGOSTINIANI 1982, n. 154; COLONNA 1982 (1984); JOLIVET 1982, pp. 39-40,44-45, 49-50; Oro Etruschi, p. 55; DEL CHIARO 1984, p. 251; POMPILI 1986, p. 101; PIPILI 1987, pp. 68-69; STIBBE 1989, pp. 99-100; STIBBE 2000, pp. 123 e 156; STIBBE 1994, pp. 73 e 189; BAGNASCO GIANNI 1996, p. 59; MARCHESINI 1997, p. 38;PIERACCINI 2003, pp. 61 e 87; MORANDI TARABELLA 2004, p. 580; CIUCCARELLI 2006 (2007), p. 121; CIUCCARELLI 2007-2008 (2010), pp. 163-164; SERRA RIDGWAY 2010, p. 67; AMBROSINI 2013, p. 23; AMBROSINI 2014.

Per altri contesti topograficamente afferenti alla necropoli ma non inclusi negli scavi Lerici v. NASO 1991; COLONNA 2007 (2009).

56 Per i corredi milanesi finora pubblicati, MAV, V, pp. 11-39, tavv. I-XXXVII; Milano 1980, pp.

241-243; BAGNASCO GIANNI 2002, pp. 291-426; messa a punto della cronologia di alcuni contesti in TEN KORTENAAR 2011, pp. 196-199.

57

(22)

CAPITOLO II

(23)
(24)

II.1 CATALOGO

TOMBA 179

(Tavv. I-II, XXXIV-XXXV)

La tomba (fig. 9)

1

, ubicata nel quadrante nordoccidentale della necropoli e orientata a

W, è con ogni probabilità racchiusa in un tumulo, visibile in foto aerea

2

. È costituita da

una camera a pianta subrettangolare con le pareti laterali curvilinee (m 3,56 min-3,60

max x m 1,55 min-1,65 max) preceduta da un corto dromos rettangolare (larghezza m

1,18).

La tomba fu scoperta e indagata nei giorni immediatamente successivi al 9 maggio

1962.

1. O

LLA IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67584

In grossi frammenti, in parte ricostruibile.

Orlo estroflesso con quattro solcature all’interno, corpo ovoidale decorato con motivi a ferro a ferro di cavallo multipli bugnati alternati a bugne.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

2. C

ALICE IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67587

H cm 8,9; Ø cm 11,1.

Lacune sulla base d’appoggio del piede.

Alto labbro verticale leggermente concavo, carena poco prominente, vasca troncoconica leggermente convessa, alto piede a tromba. Decorato con due solcature orizzontali e parallele sul labbro.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

3. C

ALICE IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67588

H cm 9,2; Ø cm 14,4.

Lacune sul labbro e sul piede.

Alto labbro verticale leggermente concavo, carena, vasca troncoconica leggermente convessa, alto piede a tromba. Decorato con due solcature orizzontali e parallele sul labbro.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

4. K

YATHOS IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67585

H cm 7,1; h all’ansa 12,3; Ø cm 12,2.

Integro.

1 Cfr. Archivio SBAEM, Taccuini Zapicchi, Book 2, schizzo planimetrico.

2 Sulla fotointerpretazione dell’area della necropoli e sui suoi risultati v. più dettagliatamente infra, cap.

(25)

Orlo verticale leggermente concavo, carena prominente fra orlo e vasca, vasca troncoconica con ombelicatura sul fondo all’interno, apodo, ansa a nastro sormontante bifora, insellata con orecchie. Baccellatura a impressione sulla carena e serie di solchi orizzontali e paralleli incisi all’attacco interno dell’ansa.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

5. K

YATHOS MINIATURISTICO IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67586

H cm 4,2; Ø cm 6,7.

Manca dell’ansa.

Orlo verticale, carena prominente tra labbro e vasca, vasca troncoconica con ombelicatura sul fondo all’interno, apoda. Decorato con tratti obliqui continui incisi sulla carena.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

6. C

OPPETTA SU PIEDE IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67589

H cm 11,2; Ø cm 10,2.

Ricomposta da frammenti.

Labbro a tesa, vasca emisferica, alto piede a tromba.

Alla base del collo del piede è graffita l’iscrizione etrusca. Si legge iqunas mi.

CAVAGNARO VANONI 1963, p. 206, n. 1; Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1; AGOSTINIANI 1982, n. 154; BAGNASCO GIANNI 1996, p. 59, n. 16; MARCHESINI 1997, p. 38, n. 48; MORANDI TARABELLA 2004, p. 580.

7. C

OPPETTA SU PIEDE IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67590

H cm 10,4; Ø cm 10,8.

Lacune su orlo e piede.

Orlo a tesa, vasca emisferica, alto piede a tromba. È identica alla precedente. Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

8. S

OSTEGNO IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67583

In grossi frammenti ricomponibili.

Corpo a campana con pareti convesse, su cui si aprono alti trafori rettangolari su due semicerchi affiancati. Base d’appoggio del sostegno a tromba con orlo arrotondato, percorsa da una cordonatura poco rilevata.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

9. A

NFORA IN CERAMICA SUB

-

GEOMETRICA

. Inv. 67591

Ø ricostr. cm 17,2.

In frammenti parzialmente ricomponibili.

Labbro estroflesso e orizzontale largo e spesso, collo cilindrico, corpo ovoide, alto piede a tromba, frammento di ansa a nastro con relativo attacco alla spalla. Decorata in vernice rossa con banda sul labbro, sia all’interno che all’esterno; con zig-zag sul collo; con archetti intrecciati terminanti a ciuffo,

(26)

entro due bande orizzontali sulla spalla. Sul corpo, fortemente lacunoso, è raffigurata una teoria di cavalli, di cui alcuni rivolti a sinistra e alcuni a destra, realizzati a contorno. Si conservano la parte inferiore del corpo con zampe dotate di zoccoli, due musi allungati e rivolti verso il basso, parti di schiene e criniere campite con reticolo irregolare, forse di garretti. Sopra la schiena dei cavalli stella a otto punte e pesce rivolto a sinistra dal corpo puntinato. Nella porzione inferiore del corpo archetti intrecciati entro fasce e linee simili a quelli posti sulla spalla. Sul piede fasce orizzontali verniciate.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

10. A

NFORA IN CERAMICA SUB

-

GEOMETRICA

. Inv. 67591 b

Ø ricostr. cm. 17,2.

Frammentaria.

Due frammenti appartenenti rispettivamente a porzione di orlo e collo e a piede di un esemplare.

Labbro estroflesso e orizzontale largo e spesso, collo cilindrico, alto piede a tromba. Decorata in vernice rossa con banda sul labbro, sia all’interno che all’esterno, dove il colore giunge oltre l’attacco del collo; con zig-zag sul collo; con fasce orizzontali sul piede.

Inedita.

11. C

OPPA SU PIEDE IN CERAMICA SUB

-

GEOMETRICA

. Inv. 67592

H cm 10,4; Ø cm 10,8.

In frammenti parzialmente ricomponibili.

Labbro estroflesso orizzontale, vasca emisferica, alto piede a tromba. Decorata con triangoli campiti con linee oblique sull’orlo, inferiormente verniciato in rosso; aironi sul corpo e linee orizzontali al di sotto di essi e sul piede. All’interno fasce verniciate concentriche sulla vasca.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

12. C

OPPA A BUGNE IN CERAMICA SUB

-

GEOMETRICA

. Inv. 67593

H cm 6,8; Ø cm 16,8.

Ricomposta da frammenti.

Labbro a listello leggermente aggettante, corto collo cilindrico, spalla leggermente bombata e dotata di una serie continua di bugne coniche aggettanti disposte radialmente, vasca troncoconica, basso piede a disco. Decorata in vernice rossa con banda sul labbro, fasce orizzontali e parallele sul collo; gruppi di linee orizzontali e triangoli campiti con linee oblique e rivolti verso l’alto sulla vasca.

Cit. COLONNA 1970, p. 658, nota 1.

13. C

OPPA A BUGNE IN CERAMICA SUB

-

GEOMETRICA

. Inv. 67594

H cm 7,2; Ø cm 16,6.

Ricomposta da frammenti.

Labbro a listello leggermente aggettante, corto collo cilindrico, spalla leggermente bombata e dotata di una serie continua di bugne coniche aggettanti disposte radialmente, vasca troncoconica, basso piede a disco. Decorata in vernice rossa con banda sul labbro, quattro fasce orizzontali e parallele sul collo; gruppi di linee orizzontali e triangoli campiti con linee oblique e rivolti verso l’alto sulla vasca.

(27)

14. C

OPPA A BUGNE IN CERAMICA SUB

-

GEOMETRICA

. Inv. 67595

H cm 7,7; Ø cm 16,6.

Ricomposta da frammenti.

Labbro a listello leggermente aggettante, corto collo cilindrico, spalla leggermente bombata e dotata di una serie continua di bugne coniche aggettanti disposte radialmente, vasca troncoconica, basso piede a disco. Decorata in vernice rossa con banda sul labbro, quattro fasce orizzontali e parallele sul collo; gruppi di linee orizzontali e triangoli campiti con linee oblique e rivolti verso l’alto sulla vasca.

(28)

TOMBA 999

(Tavv. XXXVI-XLIV)

La tomba (fig. 10), orientata a NE, è ubicata nel quadrante nordoccidentale della

necropoli. L’analisi delle fotografie aree restituisce la presenza di un grande tumulo in

sovrapposizione con la tomba e la tipologia della copertura del dromos, che si confronta

strettamente con quella della tomba dell’Argilla nella zona della Tegola Dipinta presso

la Banditaccia all’interno del Tumulo degli Scudi e Sedie

3

, sembra confermare l’ipotesi

che la tomba sia racchiusa, probabilmente insieme ad altre più antiche, entro un grande

tumulo circolare e non entro un dado singolo

4

.

La tomba 999

5

, ad atrio trasversale e due celle sulla parete di fondo, presenta dromos

trapezoidale con copertura progressivamente aggettante, che conduce all’atrio tramite

due gradini di raccordo.

L’atrio, rettangolare, si presenta sviluppato nel senso della larghezza ed è coperto con

tetto displuviato con columen normale all’asse. Vi sono collocati quattro letti scavati nel

tufo, di cui due di maggiori dimensioni si dispongono lungo i lati corti e due più piccoli

sono posti immediatamente a destra e a sinistra della porta d’accesso. Su ciascun lato, ai

piedi dei due letti, corre una bassa e stretta banchina continua.

I letti del lato sinistro presentano bordo longitudinale rilevato e cuscino semicircolare

centinato (kline tipo 3, o meglio 4, Prayon - tipo 6 Steingräber

6

); sul lato destro il letto

lungo il lato corto è del tipo “Sarkophagbett”

7

, mentre quello minore è ancora una kline

tipo 3 o 4 Prayon - tipo 6 Steingräber).

Dall’atrio si accede a due celle affiancate a pianta quadrata, coperte da soffitto

displuviato con columen assiale e provviste entrambe di due letti disposti assialmente al

columen, tra i quali corre una banchina lungo la parete di fondo. Le porte di accesso alle

celle, di tipo dorico, poste lungo la parete di fondo dell’atrio, sono rastremate, con stipiti

3M

ORETTI 1955, cc. 1071-1072, fig. 7.

4

A Cerveteri, infatti, numerose tombe con simile planimetria presentano ormai una architettura esterna a dado, come la tomba 121 Vecchio Recinto presso la Banditaccia, su cui RICCI 1955, cc. 558-560, tav. VII, e BROCATO 1995 (1996), pp. 85-86 e fig. 5 a p. 87, entro dado singolo; le tombe 2304-2305 presso l’area del Comune, su cui COLONNA 2006, p. 428, fig. 6 a p. 455, entro dado doppio. Per ulteriori esempi cfr. PRAYON 1975, p. 27 con rifer.

5 Cfr. R

IZZO 1990, p. 71; SBAEM, Ufficio Tecnico, Archivio Disegni, pianta senza scala.

6 Cfr. rispettivamente P

RAYON 1975, p. 42 per i tipi 3 e 4; STEINGRÄBER 1979, p. 20, databile fra il VII e l’inizio del V sec. a.C. ma usata principalmente nella seconda metà del VI. Non essendo disponibile la sezione del lato sinistro dell’atrio non è possibile precisare ulteriormente se le klinai fossero provviste di piedi; se non lo fossero rientrerebbero nel tipo 4 Prayon; se li possedessero, potrebbe trattarsi di klinai tipo 3, omogenee per cronologia al tipo architettonico E e in alcuni casi caratterizzate da mancanza di richiamo del terminale del piede presso i bordi del ripiano del letto; per quanto riguarda la classificazione Steingräber, invece, se le klinai fossero provviste di piedi potrebbero rientrare nel tipo 3a, frequente nelle tombe Prayon tipo E e databili fra il secondo quarto e la fine del VI sec. a.C., cfr. STEINGRÄBER 1979,pp. 13-14.

7P

(29)

e architravi scolpiti e bordati da cornice. Fra le porte sulla parete sono collocate due

finestrelle anch’esse di tipo dorico, rastremate e incorniciate.

Nella cella di sinistra il letto di sinistra è identico al letto di sinistra lungo il lato corto

dell’atrio, probabilmente a fiancata liscia, mentre il letto di destra è del tipo

“Sarkophagbett”; entrambi i letti della cella di destra presentano fiancata liscia, bordo

rilevato e cuscino semicircolare semplice (klinai tipo 4 Prayon - tipo 6 Steingräber).

La tomba fu scoperta e indagata con ogni probabilità nel 1966.

1. P

ITHOS IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67616

H cm 75; Ø cm 40.

Integro.

Orlo estroflesso, collo troncoconico, spalla arrotondata, corpo ovoidale rastremato verso il basso, apode. Decorato con solcature parallele sull’orlo, cordone ondulato in rilievo entro due cordoni orizzontali in rilievo sulla spalla, due fasce stampigliate sovrapposte sulla massima espansione, costolatura verticale sul corpo, fascia rilevata e stampigliata nel terzo inferiore del corpo, cordone ondulato in rilievo sotto la fascia stampigliata. Le due fasce sovrapposte presentano un fregio zoomorfo identico: sequenza ricorrente, da sinistra a destra, di cinghiale pascente con lunghe zampe sottili, rivolto verso destra, fiore di loto aperto, leone alato con fauci aperte e lingua pendula, zampa sollevata in atto di aggredire, rivolto verso destra, cervide pascente con lungo collo rivolto verso destra, leone rampante con fauci aperte e coda arricciata rivolto a sinistra. I fregi sono inquadrati da cornice a triglifi. La fascia sul corpo presenta anch’essa un fregio zoomorfo identico ai superiori.

RASMUSSEN 1979,p. 51, n. 34.Cit. in NARDI 1993 (b), p. 358, n. M 3.35; RIZZO 1990, p. 78, n. 57; SERRA RIDGWAY 2010, p. 67, BB4.2.

2. P

ITHOS IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67617

H cm 75; Ø cm 40.

Integro.

Orlo estroflesso, collo troncoconico, spalla arrotondata, corpo ovoidale rastremato verso il basso, apode. Decorato con solcature parallele sull’orlo, cordone ondulato in rilievo entro due cordoni orizzontali in rilievo sulla spalla, due fasce stampigliate sovrapposte sulla massima espansione, costolatura verticale sul corpo, fascia rilevata e stampigliata nel terzo inferiore del corpo, cordone ondulato in rilievo sotto la fascia stampigliata. Le due fasce sovrapposte, così come la fascia sul corpo, presentano un fregio zoomorfo, identico a quelli dell’esemplare precedente.

RASMUSSEN 1979,p. 51, n. 34;NARDI 1993 (b), p. 356, n. M 3.21; RIZZO 1990, p. 78, n. 56, fig. 120; SERRA RIDGWAY 2010, p. 67, BB4.3.

3. O

LLA IN CERAMICA D

IMPASTO

. Inv. 67618

H cm 35; Ø cm 30.

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