INTRODUZIONE
La tesi si propone di analizzare temi, spunti, iconografie e punti oscuri del ciclo di affreschi, a soggetto classico-mitologico, realizzato dalla bottega dossesca nell’Andito del Magno Palazzo, nuova residenza trentina del cardinale Bernardo Cles, edificata come ampliamento moderno del Castello del Buonconsiglio. La struttura dell’elaborato prevede una prima parte nella quale si tenterà di dare un sintetico profilo del carattere del committente, il cardinale Bernardo Cles, e del suo modus di committente e mecenate, contestualizzandone gli interessi nell’ambito della sua movimentata carriera politica e itinerante presenza. Il personaggio, infatti, proprio a causa della posizione diplomatica e politica assunta, a cavallo tra gli anni venti e trenta del XVI secolo, in ambito italiano e tedesco, sarà costretto ad un continuo dividersi tra le due realtà geopolitiche, conferendo, così, particolari disposizioni e sfumature alla propria impresa artistica e mecenatistica nell’ambiente trentino e al proprio rapporto con gli artisti impiegati.
Farà seguito una seconda sezione dell’elaborato, costruita facendo ampio uso di materiale epistolare edito e di nuovi regesti documentari di recente redazione e pubblicazione, dedicata all’analisi della figura dell’artista di punta del cantiere decorativo pittorico trentino: Dosso Dossi. La sua descrizione si concentrerà in primis nell’esposizione degli aspetti documentari relativi alla sua assunzione all’interno dell’impresa clesiana. In aggiunta si cercherà di mettere in luce l’importanza del ruolo ottenuto all’interno dell’impresa, tentando, in ogni caso, di non tralasciare le ambiguità, le incomprensioni e le difficoltà delle quali si andò venando il rapporto tra l’artista ferrarese e il Cles. In conclusione della sezione una contestualizzazione storica e stilistica della carriera pittorica del Luteri nel panorama cortigiano di provenienza, atta anche ad inquadrare le condizioni esterne che avrebbero influenzato la collaborazione col Cles e le motivazioni della scelta di questo singolare artista da parte del committente trentino.
Verranno presi in considerazione, nella parte centrale della tesi, tutti gli aspetti relativi alla realizzazione, nel cantiere decorativo del Magno Palazzo, dell’ambiente di accesso alla nuova residenza: l’Andito o Antetempio. Si illustreranno i particolari del corredo decorativo di quest’ultimo esponendone stato, restauri e documentazione relativa all’esecuzione delle varie parti. Una parte corposa sarà riservata alle singole schede di ricostruzione iconografica delle immagini contenute in ogni lunetta: saranno esaminati
eventuali spunti e modelli utilizzati nell’invenzione iconografica della serie di divinità olimpiche. Si esporranno brevemente le problematicità relative al riconoscimento delle mani degli esecutori, ricorrendo, in particolare all’esposizione della letteratura che si è espressa in merito. Ciò che preme mettere in evidenza, in merito a questo ambiente, è sicuramente l'importanza, spesso sottovalutata, del ruolo svolto da questo spazio che, nella sua posizione “incipitaria”, assumeva, sicuramente più di quanto oggi sia evidente, una funzione ideale e simbolica molto importante. Nella logica che regolava il percorso del visitatore che avesse fatto ingresso nella nuova e poliedrica residenza del cardinal Cles, questo piccolo vano aveva una posizione fortemente enunciante: il suo apparato decorativo, oggi molto danneggiato e, sicuramente sottotono rispetto all'effetto originario, appare evidentemente progettato per accogliere, con una magnificenza degna del committente, il visitatore attraverso un maestoso e ricco impatto visivo. Non sta solo, tuttavia, nella ricchezza della decorazione la natura della magnificenza clesiana ma anche nella stessa unione concettuale tra le scelte iconografiche fatte per la decorazione di questo ambiente e la sua stessa collocazione: la scelta del committente mise, infatti, un clamoroso accento sull'inizio del cosmo semantico, così complesso, del Magno Palazzo. L'andito, ridotto a semplice antetempio da un preoccupato cortigiano come il Mattioli, era, se così si può dire, invece, un vero e proprio exordium in termini retorici: quella parte della costruzione di significato che orienta, dispone e cattura le benevolenza dei giudici- spettatori. Si tenterà di evidenziare, quindi, attraverso l'esame approfondito dei vari aspetti della decorazione di questo ambiente, come esso possa dare una chiave di lettura all'intero progettualità clesiana per la nuova residenza e come sia custode, con l'esperienza visiva proposta al visitatore, di topoi emozionali ed ideologici in grado di influenzare, se vogliamo, la disposizione del pubblico ospite.
A questo proposito sarà la parte conclusiva ad avanzare una lettura generale del complesso pittorico dell'Andito, tenendo in considerazione uno dei suoi aspetti fondamentali come l'evidente ambivalenza e bipolarità creata dalla convivenza tra una tecnica pittorica peculiare nei suoi tratti compendiari e la tradizione classica cui si affidò il portato ideologico. La parte finale sarà riservata alla trattazione, infatti, dell’argomento relativo a significato, opportunità e valore simbolico sottesi alla scelta del soggetto “olimpico” del ciclo dell’Andito. Viste queste ultime si sosterrà la tesi di una scelta mirata da parte del committente, al fine di esaltare il portato dimostrativo e di significato di questo ambiente-diaframma della nuova residenza, illustrando anche alcuni confronti, recentemente proposti, con quelle che potevano essere considerate le soluzioni più affini provenienti
dall’ambiente romano. Ribadendo come questa accoglienza clesiana, come ogni esordio volesse rappresentare una finestra su panorami e sviluppi futuri cari al committente.