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PROGETTAZIONE E SINTESI DI NUOVI DERIVATI BIFENILICI QUALI POTENZIALI ANTAGONISTI PER IL RECETTORE CANNABINOIDE CB1

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in

Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

Tesi di Laurea

:

PROGETTAZIONE E SINTESI DI NUOVI DERIVATI

BIFENILICI QUALI POTENZIALI ANTAGONISTI PER IL

RECETTORE CANNABINOIDE CB1

Relatore:

Dott. Simone Bertini

Candidata:

Giulia Sbrana (MATRICOLA 454783)

(2)

“Stay Hungry, Stay Foolish” Steve Jobs

(3)
(4)
(5)

INTRODUZIONE GENERALE

1

LA CANNABIS: ASPETTI BOTANICI E TASSONOMIA

2

I CANNABINOIDI

5

I RECETTORI CANNABINOIDI

6

LIGANDI ENDOGENI DEI RECETTORI CANNABINOIDI

10

BIOSINTESI E CATABOLISMO DEGLI

ENDOCANNABINOIDI

11

MECCANISMI DI TRASDUZIONE DEL SEGNALE

13

IL STEMA ENDOCANNABINOIDE, L’APPETITO E LA

GRATIFICAZIONE DATA DAL CIBO

15

Premessa

15

Influenza della dieta sui livelli di endocannabinoidi

17

Alimenti caratterizzati da attività cannabinoide

19

La gratificazione data dal cibo: concetti chiave e neurofisiologia

20

ENDOCANNABINOIDI, CONTROLLO DELL’APPETITO E

PALATABILITÀ

23

Gratificazione data dal cibo e palatabilità

23

Studi su animali riguardo al ruolo degli endocannabinoidi nel

controllo dell’appetito e nella palatabilità

24

Studi condotti su soggetti umani: il fenomeno “munchies” e gli

studi di laboratorio

28

DISREGOLAZIONE DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE

31

Disordini alimentari

31

Modulazione terapeutica del Sistema Endocannabinoide

nell’anoressia e nella perdita involontaria di peso

(6)

Sistema Endocannabinoide e obesità

33

Ruolo dei recettori CB1 nell’obesità

34

Targets terapeutici per il trattamento dell’obesità

37

CB1-antagonisti: problemi di selettività

40

Azione centrale e periferica dei CB1-antagonisti

41

SVILUPPO DI NUOVI CB1-ANTAGONISTI

43

Derivati diarilpirazolici

43

Derivati diarilpirrolici

49

Derivati diarilimidazolici

50

Derivati diariltriazolici

51

Derivati diarilpirazolinici

51

Derivati diarilpiridinici

52

Derivati diarilpirazinici

52

Derivati diarilpiperidinici

53

Derivati diaril 1,4,5,6-tetraidropiridazinici

54

Derivati diarilpirrolopiridinonici

54

Derivati diarilpurinici

55

Derivati recanti anelli fusi ad un nucleo diarilpiridinico

55

Derivati diarilici aciclici

56

Derivati diaril(tio)idantoinici

57

Derivati benzidrilpiperazinici

57

(7)

Derivati indolici

58

Derivati benzofuranici

60

Derivati cumarinici

60

Derivati dibenzotiazepinici

61

Derivati pirrolo[1,2-a]chinossalinici

62

INTRODUZIONE ALLA PARTE SPERIMENTALE

63

BACKGROUND

64

NUOVI DERIVATI BIFENILICI QUALI POTENZIALI

CB1-ANTAGONISTI

66

PARTE SPERIMENTALE

76

(8)

I

NTRODUZIONE

(9)

LA CANNABIS: ASPETTI BOTANICI E TASSONOMIA

La Cannabis è una pianta dioica (esistono esemplari con fiori maschili ed altri con fiori femminili, ma in ambienti ostili possono verificarsi anche eccezioni di ermafroditismo), annuale, con radice a fittone e fusto ruvido con altezza che può variare da 80 cm fino ad un massimo di 3 m (Figura 1).

Figura 1. Illustrazione della Cannabis sativa L. (Franz Eugen Köhler).1

In caso di crescita isolata presenta fitte ramificazioni che possono arrivare ad essere lunghe come lo stelo centrale, se invece si tratta di crescita in masse fitte, si avrà al contrario uno sviluppo di pochi rami corti con internodi lontani.

(10)

ma dopo lo sviluppo divengono alternate, palmate e picciolate. Sono formate all’inizio da un’unica fogliolina, poi da tre, cinque, sette fino ad un massimo di tredici, a seconda della quantità di luce quotidiana che riceve.

I fiori femminili sono composti da un calice (contenente un ovulo pendulo) e da uno o due pistilli, nel quale si trova la più alta concentrazione di resina e dove, in caso di fertilizzazione, comincia a formarsi il seme da cui origina il frutto secco.

I fiori maschili (giallo-biancastri) una volta maturi, rilasciano il polline e la pianta maschio, giunta alla fine del suo ciclo biologico, muore.

La Cannabis è una pianta con molte variabilità morfologiche e possiede forme precoci e mature, diverse nell’aspetto di foglie e semi.

Predilige climi temperati, assenza di vento e temperature diverse in base alla fase del ciclo biologico in cui si trova: zero gradi per la germinazione, venti gradi per la fioritura e tredici gradi per la maturazione. Anche il terreno può essere più o meno favorevole alla sua crescita; è prediletto infatti un ambiente soffice, profondo e ben permeabile; per questo la pianta cresce bene in Asia Centrale, Cina e nord-est dell’Hymalaia. Tuttavia, la sua coltivazione è in realtà possibile un po’ in tutto il mondo, e questo gioca a favore del suo largo uso, ormai da millenni.

La tassonomia ufficiale include la canapa nella famiglia delle Cannabacee o Cannabinacee, appartenente all’ordine delle Urticali, piante legnose o erbacee con fiori poco apparescenti, isolati o riuniti in gruppi.

Alla famiglia delle Cannabacee appartengono piante erbacee erette o rampicanti con foglie alterne o opposte con fiori maschili disposti in pannocchie e femminili riuniti in gruppi di brattee che formano corte spighe. Questa famiglia si suddivide in due generi: Cannabis e Humulus, piante della flora spontanea in paesi a clima temperato.

Attualmente vi sono opinioni distinte in merito alla tassonomia del genere Cannabis: Nel 1753, Linneo parlò esclusivamente di Cannabis sativa.

(11)

Small e Cronquist nel 1976, identificarono una sola specie, cioè la Cannabis sativa, con due sottospecie, ognuna con due varietà:

• Sottospecie indica - variante indica;

- variante kafiristanica Vavilov. • Sottospecie sativa

- variante sativa;

- variante spontanea Vavilov.

La loro tesi era fondata sull’osservazione che le varietà di canapa non sono altro che adattamenti della pianta all’ambiente in cui si trovano, ma la prova genetica che appartengono comunque alla stessa specie è il fatto che si possano ottenere ibridi fertili incrociando piante che hanno caratteristiche fenotipiche diverse tra loro.

La maggior parte dei botanici segue la classificazione di D. E. Janichewsky (1924), un botanico sovietico che classificò la Canapa in tre diverse specie:

Cannabis sativa, cioè utile, detta volgarmente canapa, alta fino a tre metri e dalla forma piramidale;

Cannabis indica, cioè indiana, detta volgarmente canapa indiana, più bassa e con un maggior numero di rami e foglie;

Cannabis ruderalis, detta volgarmente canapa russa o americana, alta al massimo mezzo metro e priva di rami.

Infine Clarke e Watson, più recentemente (2002), indicano la specie Cannabis sativa come unica specie possibile e che comprende tutti gli altri individui.2

(12)

I CANNABINOIDI

Tutte le specie di Cannabacee (in misura maggiore la canapa) producono delle secrezioni contenenti centinaia di sostanza chimiche, delle quali circa sessanta appartengono alla famiglia dei cosiddetti cannabinoidi.

Il termine cannabinoidi si riferiva in passato al gruppo di composti derivanti dalla cannabis, cioè di origine naturale (oggi più propriamente definiti fitocannabinoidi). Attualmente, con il termine cannabinoidi si indicano tutti i composti, naturali e di sintesi, in grado di interagire con i recettori cannabinoidi (vedi paragrafi successivi). Tra i fitocannabinoidi (Figura 2), il composto principale dotato di attività biologica è il delta-9-tetraidrocannabinolo (abbreviato ∆9-THC), olio viscoso rosso-marroncino,

concentrato nella resina della pianta.

H O CH3 OH n-C5H119-Tetraidrocannabinolo O CH3 OH n-C5H11 ∆8-Tetraidrocannabinolo O CH3 OH n-C5H11 Cannabinolo HO CH3 OH n-C5H11 Cannabidiolo HO OH n-C5H11 Cannabigerolo OH n-C5H11 O Cannabicromene OH COOH O Cannabiciclolo HO O n-C5H11 Cannabielsoina OH H H H

(13)

Chimicamente i cannabinoidi possono essere considerati dei terpenoidi sostituiti (terpeni uniti ad un residuo di resorcinolo a sostituzione alchilica), o anche dei dibenzopirani sostituiti (sistemi ad anello benzopiranico); le due classificazioni implicano anche una nomenclatura/numerazione differente: il Δ9-THC (numerazione dibenzopiranica) si chiamerebbe Δ1-THC secondo la numerazione terpenoide (Figura 3).

In pratica è usata esclusivamente la numerazione dibenzopiranica.

O OH 6 1 2 3 4 5 7 8 9 10 11 12 13 6a 10a 10b 5' 3' 1' (a) O OH 6 1 2 3 4 5 7 8 9 10 6' 4' 2' 1'' 3'' 5' 3' 1' (b) 5''

Figura 3. Numerazione dibenzopiranica (a) e terpenoide (b).

I fitocannabinoidi sono molecole non polari e insolubili in acqua. La concentrazione di agenti psicoattivi presenti nella resina può variariare dall’1% al 10% fino ad arrivare ad un massimo del 60%. Il momento della raccolta della resina può cambiare a seconda delle varietà stesse e della qualità di resina desiderata; la diversità di effetto nelle varietà di canapa è correlata con le differenze nella percentuale di cannabinoidi presenti.2

I RECETTORI CANNABINOIDI

Per più di 4000 anni, la Cannabis sativa è stata utilizzata per scopi psicostimolanti grazie al suo effetto a livello centrale, oltre che per scopi terapeutici.3 La pianta della cannabis contiene più di 60 cannabinoidi ma il Δ9-THC è il componente psicoattivo più

(14)

I recettori cannabinoidi vengono così definiti in quanto rispondono a sostanze derivanti dalla cannabis e ad altri composti ad esse strutturalmente correlati.

L’identificazione e la caratterizzazione molecolare del primo recettore cannabinoide, denominato CB1, è avvenuta oltre vent’anni dopo (1988)4 la scoperta del Δ9-THC (1964).5

Dopo la scoperta del THC, sono state effettuate ampie ricerche per trovare i suoi recettori specifici noti come recettori CB1 e CB26 e i dati suggeriscono che ci possa essere un terzo recettore, CB3, che deve ancora essere studiato,7, 8 successivamente, il recettore CB1 è stato clonato nel 19909 e più tardi, nel 1993 è stato clonato anche il recettore CB2. Il recettore CB1 è stato clonato dalla corteccia cerebrale di ratto,10 da

cervello e testicoli umani11 e dal cervello di topo.12 Esso mostra un’omologia nella sequenza amminoacidica tra le specie, che va dal 97% al 99%. Il recettore CB1 umano (hCB1) è costituito da una catena polipeptidica di 472 amminoacidi (473 nel ratto e nel topo) ed è caratterizzato da sette domini transmembranali.

Il secondo recettore dei cannabinoidi, denominato CB2, è stato clonato da cellule leucemiche umane HL-60 (human promyelocytic leukaemia cells).13 Il recettore CB2 umano (hCB2) è costituito da una sequenza di 360 amminoacidi, presenta anch’esso sette domini transmembranali ed è abbastanza differente dall’hCB1, specialmente per quanto riguarda il suo più corto dominio ammino-terminale, dove non vi è sostanziale conservazione. Il recettore CB2 mostra, rispetto al CB1, un’omologia del 68% nella sequenza amminoacidica, per quanto riguarda i domini transmembranali, e solo del 44% per quanto riguarda la totalità della proteina.13 I sette domini transmembrana (TM) di entrambi i recettori cannabinoidi sono collegati da tre loop intracellulari e tre loop extracellulari: I1, I2, I3 e E1, E2, E3, rispettivamente. La regione C-terminale intracellulare inizia con un piccolo dominio elicoidale e contiene un sito di palmitoilazione. La regione extracellulare terminale contiene un potenziale sito di

(15)

N-glicosilazione come mostrato in Figura 4. La tasca di legame col ligando è presente nella fessura che si forma dal fascio dell'elica.

È stato ipotizzato, attraverso il sito di mutazione e la struttura cristallizzata della rodopsina e del recettore β1/2-adrenergico che il legame al recettore si verifica con i

residui presenti nella regione TM3-5-6-7.

Inoltre i recettori cannabinoidi non formano un legame disolfuro tra TM2 e E2 a differenza di altre GPCR di classe A, anche se contengono due residui di cisteina in E2 che potrebbero formarlo.

Figura 4. Rappresentazione schematica dei recettori cannabinoidi. Il cerchio rosso rappresenta il sito di legame col ligando.14a, 14b

(16)

Anche la distribuzione dei due tipi recettoriali all'interno dell'organismo è diversa, il recettore CB1 si trova principalmente nelle aree cerebrali, tra cui: gangli basali, cervelletto, ippocampo e corteccia, ma anche nei tessuti periferici, quali: testicoli, occhi, vescica urinaria, ileo, tessuto adiposo, fegato, muscoli scheletrici e pancreas. D'altra parte, il recettore CB2 è espresso quasi esclusivamente in cellule del sistema immunitario nei tessuti periferici: timo, tonsille, midollo osseo, milza, pancreas, terminali nervosi periferici, cellule microgliali, glioma, pelle e cellule tumorali come mostrato in Figura 5. 15-19

(17)

LIGANDI ENDOGENI DEI RECETTORI CANNABINOIDI

20

L’identificazione e la clonazione dei recettori cannabinoidi ha aperto la strada all’individuazione dei loro ligandi endogeni, i cosiddetti endocannabinoidi (Figura 6).

N H OH O Anandamide O O 2-arachidonoil-glicerolo OH OH O Noladin etere OH OH O NH2 O Virodamina N H O N-arachidonoil-dopamina OH OH

Figura 6. Strutture chimiche degli endocannabionidi.

Gli endocannabinoidi appartengono alla famiglia dei lipidi biologicamente attivi che si legano e attivano i recettori dei cannabinoidi.21 L’anandamide (N-arachidonoil-etanolammina o etanolammide dell’acido arachidonico o semplicemente AEA)22 ed il

2-arachidonoil-glicerolo (2-AG)23, 24 sono attualmente considerati endocannabinoidi “maggiori”. Entrambi questi endocannabinoidi sono derivati dell’acido arachidonico e vengono liberati da una ampia varietà di tipi di cellule. Essi sono metabolizzati o inattivati, immediatamente dopo aver eseguito la loro funzione, da enzimi metabolici come: acidi grassi ammide idrolasi (FAAH) e monoacilglicerolo lipasi (MAG lipasi), come mostrato in Figura 7.25, 26, 27

(18)

Figura 7. Metabolismo di Anandamide e 2-AG.14b

Altri endocannabinoidi, proposti nel corso degli ultimi 10 anni, includono: 2-arachidonil-glicerol-etere (noladin etere),28 N-arachidonoil-dopamina (NADA)29, 30 e virodamina,31 ma il loro profilo farmacologico e metabolico non è stato ancora chiarito del tutto.

BIOSINTESI E CATABOLISMO DEGLI ENDOCANNABINOIDI

La biosintesi ed il catabolismo dell’anandamide sono rappresentati nella Figura 8.32 L'anandamide viene prodotta a partire da una piccola famiglia di fosfolipidi di membrana, le N-arachidonoil-fosfatidil-etanolammine (NarPE), prodotte a partire dai fosfolipidi e da fosfatidiletanolammina, mediante una aciltransferasi calcio-dipendente. Da questo punto in poi, la precisa via biosintetica è controversa, e sono state suggerite almeno 4 alternative:

1) La fosfolipasi D N-acilfosfatidiletanolammina-specifica (NAPE-PLD) converte direttamente NArPE in anandamide.

2) La α,β-idrolasi 4 (ABHD4) catalizza la conversione di NarPE in liso-NArPE e quindi in glicerofosfoanandamide che, mediante la glicerofosfodiesterasi-1 (GDE1)

(19)

viene convertita in anandamide.

3) La formazione di liso-NArPE sembra avvenire anche mediante una fosfolipasi A2

solubile, seguita dalla conversione diretta in anandamide, mediante una liso-fosfolipasi D.

4) Una fosfolipasi C non ancora ben definita converte NArPE in fosfo-anandamide, seguita da una fosfatasi (come la protein tirosin fosfatasi N22 o la inositolo fosfatasi SHIP2) che converte la fosfo-anandamide in anandamide.

L’anandamide viene inattivata in seguito all'idrolisi del gruppo ammidico ad opera dell'enzima acido grasso ammide idrolasi (“Fatty Acid Amide Idrolase”, FAAH).

AA P-O-Et-NH2 + P-O-Et-NH-AA NArPE Aciltransferasi Ca2+-dipendente NAPE-PLD AA-NH-Et-OH ANANDAMIDE P-O-Et-NH-AA LysoNArPE OH LysoPLD ABHD4 ABHD4 P-O-Et-NH-AA OH OH Glicero-fosfo-anandamide GDE1 sPLA2 1 2 2 2 3 3 P-O-Et-NH-AA Fosfo-anandamide PLC 4 4 PTPN22 SHIP2 Fosfolipide Fosfatidil--etanolammina FAAH AA + HO-Et-NH2

Figura 8. Biosintesi e catabolismo dell’anandamide.32

La biosintesi ed il catabolismo del 2-AG sono mostrate nella Figura 9.32 I precursori biosintetici di 2-AG, ovvero gli sn-1-acil-2-arachidonoilgliceroli (AArG) vengono prodotti a partire dai fosfatidilinositidi (o fosfatidilinositoli) di membrana, ad opera della fosfolipasi Cβ (PLCβ). Gli AArG vengono quindi convertiti in 2-AG, ad opera di una qualsiasi delle due isoforme (α o β) della sn-1-diacilglicerolo lipasi (DAGLα o

(20)

DAGLβ). Quest’ultimo enzima è sensibile al Ca2+ ed attivato dal glutatione.

Tra gli svariati enzimi proposti per l'inattivazione del 2-AG, la monoacilglicerolo lipasi (MAGL) pre-sinaptica è sicuramente quello più importante (un altro enzima, quale la α,β-idrolasi 6, di cui è stata recentemente dimostrata la capacità di controllare i livelli di 2-AG nei neuroni e nella microglia, è localizzato post-sinapticamente). Da notare come l'inositolo trifosfato, prodotto in seguito alla formazione di AArG, stimoli la mobilizzazione di Ca2+ intracellulare attraverso specifici recettori sul reticolo endoplasmatico, contribuendo alla stimolazione di DAGL.

AArG PLCβ Fosfatidilinositoli P -In- P - P AA AA OH Ca2+ + P -In- P - P Inositolo trifosfato DAGLαo β AA OH OH 2-AG Recettore dell’IP3 Ca2+ OH OH OH AA + MAGL

Figura 9. Biosintesi e catabolismo del 2-AG.32

MECCANISMI DI TRASDUZIONE DEL SEGNALE

I meccanismi di trasduzione del segnale associati all’attivazione dei recettori CB1 e CB2 sono schematizzati nella Figura 10.

Entrambi i recettori CB1 e CB2 appartengono alla famiglia della rodopsina GPCR

(21)

attraverso cui essi inibiscono l’adenilato ciclasi (da cui ne consegue un diminuito livello di cAMP) e stimolano le protein chinasi “mitogen activated” (MAPK).33

Tipici eventi intracellulari Gi/o-mediati, accoppiati esclusivamente all’attivazione dei

recettori CB1, sono rappresentati dall’inibizione dei canali al Ca2+ voltaggio-dipendenti (VGCCs) di molti tipi (incluso i canali P/Q, N e L) e dalla stimolazione dei canali al K+

di tipo Kir (“inward rectifying”),33-35 la PKA infatti, in assenza di cannabinoidi fosforila

la proteina del canale potassio, con conseguente diminuzione della corrente del potassio verso l'esterno, ma in presenza di questi, si verifica una riduzione della fosforilazione del canale potassio con un conseguente aumento della corrente dello ione verso l'esterno,36 diminuendo così l'eccitabilità neuronale.37, 38, 39 Inoltre, vi sono evidenze

sempre maggiori della capacità di CB1-agonisti (inclusi endocannabinoidi, come anandamide e 2-AG) di stimolare direttamente: (1) L’idrolisi del

fosfatidil-inositolo-difosfato (PIP2) ad opera della PLC-β (fofsfolipasi C-β), con il conseguente rilascio di

inositolo-1,4,5-trifosfato (IP3) e la mobilitazione di Ca2+ dal reticolo endoplasmatico

(ER), attraverso meccanismi Gq/11-mediati o Gi/o-mediati.40-43 (2) La modulazione,

attraverso Gi/o, della “cascata di segnale” mediata dalla fosfoinositide-3-chinasi (PI3K) -

che può essere di tipo positivo o negativo a seconda del tipo di cellula44-48- influenzando così la successiva via Akt/protein chinasi B.

Un altro meccanismo di trasduzione del segnale descritto per entrambi i recettori è rappresentato dal rilascio di ossido nitrico (NO)49-51 con conseguente attivazione della guanilato ciclasi ed aumento dei livelli di cGMP,52, 53 mentre il recettore CB2 risulta

anche accoppiato ad un aumento del rilascio di ceramide33 ma non agisce sui canali di tipo ionici. 54, 55, 56

(22)

Figura 10. Meccanismi di trasduzione del segnale coinvolti nell’attivazione dei recettori CB1 e CB2.57

IL STEMA ENDOCANNABINOIDE, L’APPETITO E LA

GRATIFICAZIONE DATA DAL CIBO

14c

Premessa

Gli esseri umani possiedono forti sistemi motivazionali innescati dagli aspetti gratificanti del cibo. Ci sono evidenze sempre maggiori del ruolo cruciale del sistema endocannabinoide (ECS) nel bilanciamento energetico e negli aspetti omeostatici e non-omeostatici (edonici) dell’assunzione di cibo.58-63

L’abilità della Cannabis sativa (e indica) e dei suoi estratti nello stimolare l’appetito è stato documentato ormai da secoli. Le persone che hanno assunto estratti di Cannabis segnalano una fame persistente (anche se erano sazie prima dell’assunzione) e un desiderio specifico per i cibi dolci e molto ricchi di grassi.

(23)

Nella ricerca, i risultati originati da varie discipline come la medicina, la farmacologia, la nutrizione e la psicologia, illustrano l'importanza del sistema endocannabinoide nel controllo di tutti gli aspetti legati all’assunzione di cibo ed al bilancio energetico.64-67

Nell’ultimo decennio si è assistito ad un notevole aumento di interesse per il sistema endocannabinoide come target terapeutico per la gestione del peso corporeo, per la cosiddetta “sindrome metabolica”, per i disordini alimentari e per le malattie cardiovascolari.66, 68-71 Come approfonditamente spiegato nei paragrafi successivi, il recettore cannabinoide CB1 è quello primariamente implicato negli aspetti legati all’assunzione di cibo, all’obesità ed ai disordini alimentari; a tal proposito, molte aziende farmaceutiche hanno investito pesantemente in grandi programmi di ricerca e sviluppo di antagonisti/agonisti inversi del recettore CB1. Tuttavia, poco dopo che il primo farmaco di questa classe, il rimonabant (SR141716A, Figura 13, pag. 43) aveva raggiunto il mercato europeo nel 2006, tale sviluppo ha subìto una brusca frenata. Sebbene il rimonabant producesse una reale perdita di peso e migliorasse diversi fattori di rischio cardiovascolari, è stato anche associato all’incremento della depressione, dell’ansia e dell’intento suicida.72 Il rimonabant è stato pertanto ritirato dal mercato nel 2008 e in seguito molte aziende farmaceutiche annunciarono il termine dei loro programmi di ricerca in tale settore.73

Successivamente, si è assistito ad un rinnovato interesse per il ruolo modulatorio dell’ECS nella gratificazione data dal cibo e per il suo potenziale come target terapeutico nell’obesità. A tale interesse hanno sicuramente contribuito i recenti sviluppi nella Farmacologia e nella Chimica Farmaceutica, che hanno permesso l’ottenimento di antagonisti parziali/neutrali per il recettore CB1, o di composti che antagonizzano lo stesso recettore, ma solo a livello periferico (privi quindi di effetti centrali).74-76

(24)

Influenza della dieta sui livelli di endocannabinoidi

14c

La concentrazione plasmatica/tissutale degli endocannabinoidi è influenzata da vari fattori, per esempio l’assunzione di cibo, il tipo di dieta e il peso corporeo.77, 78 Negli esseri umani i livelli plasmatici mostrano un ritmo circadiano.79

Vari studi hanno evidenziato che i livelli dei singoli endocannabinoidi sono alti nel plasma delle persone obese rispetto a quelli di individui magri.78, 80, 81 Alcuni studi su soggetti umani riportano effetti a breve termine dell’assunzione di cibo sui livelli di endocannabinoidi nel plasma. Ad esempio, Monteleone et al.82 riportano che un consumo fino a sazietà di cibo gustoso causa un incremento maggiore dei livelli plasmatici di 2-AG rispetto al consumo di cibo non gustoso; invece i livelli di AEA ed altre N-acil etanolammine sembrano diminuire dopo il consumo di entrambi i tipi di alimenti. Ricerche precedenti avevano mostrato che i livelli di N-acil-etanolammine circolanti nel plasma (studi condotti su donne) si correlano bene con i livelli totali e specifici (cioè dello specifico precursore) dei NEFA (“non esterified fatty acids”), indipendentemente dal regime di alimentazione.83 La rilevanza dei livelli plasmatici

degli endocannabinoidi rimane oggetto di dibattito, dal momento che essi sono rilasciati “on demand” e vengono rapidamente metabolizzati nei tessuti. Pertanto, i loro livelli plasmatici probabilmente non riflettono direttamente i loro cambiamenti dinamici in determinate aree del cervello e in altri tessuti.

Evidenze di cambiamento dei livelli di cannabinoidi in specifiche aree del cervello in risposta all’assunzione di cibo provengono da studi su animali. Per esempio, è stato evidenziato che il digiuno innalza i livelli di AEA e 2-AG nel proencefalo limbico e, in misura minore, di 2-AG nell’ipotalamo di ratto; per contro, i livelli ipotalamici di 2-AG diminuiscono quando l’animale mangia.84 Nei topi il digiuno a breve termine causa un aumento dei livelli di 2-AG (e talvolta di AEA) in aree del cervello coinvolte nella regolazione dell’assunzione di cibo, mentre l’alimentazione riduce questi livelli.85

(25)

In topi caratterizzati da obesità indotta dalla dieta, si riportano livelli incrementati di AEA e 2-AG nell’ippocampo, il quale è collegato all’aspetto edonistico della nutrizione.86

Accanto a questi effetti a breve termine (ore) la dieta può influenzare anche le relative concentrazioni dei singoli endocannabinoidi e dei loro derivati, più a lungo termine (giorni). I “pattern” dei livelli dei singoli ligandi riflettono la disponibilità locale dei loro precursori (acidi grassi) nelle membrane fosfolipidiche, a loro volta collegati alla dieta.87, 88 Per esempio, studi condotti su roditori e soggetti umani hanno mostrato che l’incremento delle proporzioni relative di acidi grassi polinsaturi n-3 a lunga catena (“poly unsatured fatty acids”, PUFA) nella dieta può portare ad una diminuzione della formazione degli endocannabinoidi AEA e 2-AG, i quali sono entrambi derivanti dall’acido arachidonico (n-6).

Oltre alla modulazione dei livelli dei ligandi, la dieta può influenzare anche l’espressione dei recettori CB1 in aree quali romboencefalo e proencefalo.86

Interessante è lo studio di Rojo et al.89, il quale mostra che una dieta ricca di grassi

somministrata a ratti per 4-12 settimane produce un incremento della funzionalità dei

recettori CB1 nella corteccia prefrontale, misurata mediante il saggio del [3H]GTPγS, utilizzando un ligando per i CB1. Ciò non è stato riscontrato in animali nutriti con una dieta ricca di grassi per periodi più lunghi; inoltre, le densità dei recettori CB1, nonché gli enzimi idrolitici degli endocannabinoidi (MAGL e FAAH) sono rimasti invariati. Gli autori hanno suggerito che l’apparente interferenza con il sistema endocannabinoide in seguito ad una dieta ricca di grassi può rappresentare un adattamento a lungo termine.

Per quanto riguarda gli studi su soggetti umani, l’imaging quantitativo dei recettori CB1, utilizzando la PET, offre opzioni interessanti.90, 91 Questa tecnologia è stata introdotta solo recentemente nell’ambito di ricerca dei cannabinoidi.

(26)

mostrato che la disponibilità dei recettori CB1 risulta aumentata in aree cerebrali corticali e sottocorticali in donne con anoressia nervosa, rispetto ad individui sani. Nonostante il ridotto numero di pazienti (14 individui) ed il fatto che i risultati devono comunque essere interpretati con cautela, studi come questo offrono interessanti opportunità per la ricerca futura.

Alimenti caratterizzati da attività cannabinoide

14c

Composti che possono interagire con l’ECS si trovano anche in piante diverse dalla Cannabis. Per esempio, ammidi di acidi grassi simili a quelli presenti negli animali sono comuni nelle piante, in particolare nei semi.93-96 Tuttavia, le quantità consumate, nonché

la loro biodisponibilità orale, sono piuttosto basse; pertanto, queste fonti non sono generalmente considerate rilevanti per l’alimentazione umana.

La scoperta di AEA nel cioccolato ha ricevuto inizialmente molta attenzione,97 anche se i suoi livelli sono considerati troppo bassi per essere rilevanti dal punto di vista alimentare.77

È interessante notare che un numero crescente di altri metaboliti vegetali con affinità per i recettori CB sono stati scoperti in varie specie. Alcuni esempi includono l’(E)-β-cariofillene (presente in molte specie differenti e piante commestibili come l’origano, la cannella e il pepe nero), il falcarinolo (nelle carote, nel prezzemolo e nel sedano) e la yangonina (presente nella Kava (Piper Methysticum)),98-101 ma la loro importanza nella dieta ancora non è chiara. I tentativi di ipotizzare una relazione tra le sensazioni fornite dal cibo e gli effetti gratificanti di certe erbe e spezie, mediante l’interazione sui recettori CB1 e/o sui recettori TRPV1, sono ancora di carattere puramente speculativo.

La capsaicina, contenuta nel peperoncino, è un potente agonista dei recettori TRPV1, i quali sono stati proposti come “candidati” per essere i cosiddetti “recettori CB3”.102, 103

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Oltre al falcarinolo, antagonista covalente del recettore CB1, è noto un altro potente CB1-antagonista naturale, ovvero il fitocannabinoide THCV,104, 105 il quale ha mostrato interessanti proprietà per la gestione del peso corporeo e del diabete.

Considerando la “promiscuità” del sistema endocannabinoide, non sembra improbabile l’individuazione di altri composti naturali che agiscono su tale sistema, comprese alcune sostanze importanti per l’alimentazione. È stato riportato che il latte (bovino e umano) contiene significative quantità di 2-AG, oltre che di N-palmitoil etanolammina, stearil etanolammina, oleoil etanolammina (quest’ultima è una N-acil etanolammina “non-cannabinoide”).106 Alcuni studi su roditori suggeriscono un ruolo critico svolto dal recettore CB1 per l’inizio della suzione di latte entro le prime 24 ore dopo la nascita.106 Ulteriori studi sono sicuramente necessari per chiarire il ruolo degli endocannabinoidi presenti nel latte, o in specifiche frazioni del latte, sia a livello locale nel tratto gastrointestinale, sia a livello sistemico.

La gratificazione data dal cibo: concetti chiave e neurofisiologia

14c

Questa sezione illustra brevemente il concetto e la misura della gratificazione data dagli alimenti. È risaputo che i cibi particolarmente gradevoli possono indurre le persone a mangiare, anche se già sazie. Quindi, l’atto del mangiare può essere motivato da un piacere edonistico, piuttosto che da un vero bisogno di cibo o da princìpi omeostatici. Le proprietà gratificanti dell’assunzione di cibo seguono un tipico corso ciclico a fasi: aspettativa/anticipazione, che a volte porta a una fase di consumazione (esperienza edonica/valutazione), seguita da una fase di sazietà.107 Queste fasi sono collegate a componenti distinte di gratificazione, tra cui: “wanting” (fase del volere), “liking” (fase del piacere) e “learning” (fase di sazietà, intesa come nuova conoscenza e apprendimento) (Figura 11).

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Figura 11. Il ciclo della gratificazione data dal cibo.14c

Il “wanting” si riferisce alla motivazione per ottenere gli alimenti o l’incentivo dovuto agli alimenti (attraenti, che catturano l’attenzione, ricercati e desiderati).

Il “liking” è come l’affetto o un’emozione; nel contesto del cibo si esprime come la valutazione edonica o l’impatto edonico (la piacevolezza, la gustosità).

La fase di “learning” è quella in cui si “apprendono” e si “aggiornano” le predizioni della gratificazione. Questa fase, in realtà, può avvenire durante tutto il ciclo.

I processi di gratificazione sono regolati da una rete di regioni cerebrali che includono: le zone dell’ipotalamo laterale, del tronco encefalico (area tegmentale ventrale (VTA) e nucleo parabrachiale (PBN)), del sistema mesolimbico (amigdala, ippocampo, corpo striato, nucleo accumbens, pallidum ventrale) e della corteccia pre-frontale.108-111

Anche se “wanting” e “liking” vanno di pari passo, questi non sono la stessa cosa e sono entrambi necessari per la gratificazione.

A livello neuroanatomico, le condizioni del “wanting” e del “liking” sono state collegate a reti distinte, le cosiddette: “wanting and liking hotspots”, presenti nel proencefalo limbico (nucleus accumbens, pallidum ventrale) e tronco encefalico (VTA,

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PBN). Esse possiedono (almeno in parte) una diversa neurochimica. Il “wanting” dipende dalla neurotrasmissione dopaminergica attraverso il fascio nel proencefalo mediale. Un “network” di hotspots che utilizza la neurotrasmissione oppioide regola il “liking” e il “wanting” assieme, per accrescere la gratificazione data dal cibo, insieme ad altri sistemi di segnali neurochimici, tra cui il sistema endocannabinoide.107-109, 111,112

È importante notare che le fasi di “wanting” e “liking” possono verificarsi sia esplicitamente che implicitamente, cioè inconsapevolmente. Ad esempio, Winkielman et al.,113 hanno dimostrato che la presentazione degli alimenti (ad es. succhi di frutta) da parte di persone con facce felici (stimolo subliminale), pur non procurando alcun cambiamento nel sentimento soggettivo o nello stato d’animo dei partecipanti all’esperimento, causa un maggior consumo delle bevande alla frutta presentate (comportamento che riflette il “wanting”); inoltre, gli stessi partecipanti danno anche giudizi più favorevoli sulla piacevolezza e sull’attrattività delle bevanda (comportamento che riflette il ”liking”), senza la consapevolezza di aver ricevuto lo stimolo subliminale.

Questi risultati mostrano la necessità di differenti procedure per misurare il “wanting” e il “liking” espliciti da una parte e il “wanting e il “liking” impliciti dall’altra.

Ci sono varie procedure comportamentali per misurare le componenti esplicite della gratificazione (desiderio conscio e piacere), in genere mediante “self-reports” soggettivi ed esperimenti che studiano il comportamento “goal-directed” (volto al conseguimento di un obiettivo).110

La misurazione dei processi di gratificazione impliciti richiedono metodologie diverse. Per il desiderio o il volere, i metodi impliciti possono coinvolgere “modelli operativi”; esperimenti che misurano lo sforzo o la “volontà di lavorare” per ottenere uno stimolo gratificante. Per una misurazione implicita del dispiacere, possono essere

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utilizzati metodi di osservazione delle espressioni oro-facciali.

ENDOCANNABINOIDI, CONTROLLO DELL’APPETITO E

PALATABILITÀ

14c

Gratificazione data dal cibo e palatabilità

14c

Il consumo di cibo è di per sé gratificante, in quanto fornisce energia ed elimina la fame (una sensazione sgradevole); comunque l’esperienza di tutti i giorni suggerisce che l’uomo spesso mangia anche in assenza di fame. Per Cooper,113 proprio a questo si riferisce la distinzione tra appetito “palatabilità-dipendente” e nutrimento indotto dalla fame, dalla deprivazione del cibo e delle bevande. Sicuramente le due cose sono relazionate tra loro, ma spesso possiamo consumare cibo non perché abbiamo fame, ma perché il cibo è attraente e mangiare ci provoca piacere.

Il sistema endocannabinoide, con le sue connessioni con il sistema dopaminergico e oppioide, sembra svolere un ruolo chiave nella modulazione dell’appetito “palatabilità-dipendente”. È importante puntualizzare che la palatabilità non è una funzione fissa delle proprietà sensoriali (gusto, aroma, consistenza, aspetto) di un cibo o di una bevanda; invece si riferisce ad una valutazione edonica delle proprietà sensoriali e determina il gradimento e la preferenza per un alimento.114

Il concetto comune è che solo alcune preferenze di gusti (dolce) o avversioni (amaro) siano innati, ma molte altre si sviluppano durante la vita.115 Ci sono esempi numerosi in

cui le persone sviluppano una predilezione per dei sapori, inizialmente respinti, come il caffè, la birra, le verdure di gusto amaro o i cibi piccanti.

Inoltre, l’intensità del gusto e la sua valutazione edonistica mostrano una sorta di “plasticità” nel corso della vita.116 Ad esempio, molti alimenti contengono alti livelli di

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sale e zucchero (e ciò risulta dannoso per la salute); sebbene ciò sia riconosciuto dalle industrie alimentari, le strategie per ridurre il contenuto di zucchero e sale sono abbastanza contestate perchè i consumatori hanno sviluppato una preferenza per i cibi/bevande salati e dolci. Quindi, spesso i prodotti alimentari con ridotti livelli di sale e zucchero vengono valutati come meno gustosi. In breve, la palatabilità non è una proprietà sensoriale in sé, ma si riferisce alla valutazione edonistica di caratteristiche sensoriali qualitative e quantitative (intensità) di alimenti e bevande.114,115

La plasticità della palatabilità permette la modifica dell’appetito “palatabilità-dipendente” ed è regolato in maniera sostanziale dal sistema endocannabinoide. I meccanismi alla base di questo processo non sono stati del tutto chiariti.

Studi su animali riguardo al ruolo degli endocannabinoidi nel

controllo dell’appetito e nella palatabilità

14c

È ormai ben documentato che gli agonisti del recettore CB1, come il THC, l’AEA e il 2-AG stimolano l’alimentazione negli animali. Al contrario, gli antagonisti dei recettori cannabinoidi, quali SR141716A (rimonabant) e AM251 sopprimono lo stimolo all’alimentazione.117 Inoltre, topi CB1-“knockout” risultano ipofagici, cioè hanno la tendenza ad assumere una quantità di cibo minore rispetto alle necessità fisiologiche e rimangono più magri degli animali “wild-type” (non modificati geneticamente).118-120

I cambiamenti motivazionali alla base degli effetti iper- e ipo-fagici dell’ECS continuano ad essere oggetto di indagine, ma sono associati al “liking ed al “wanting” della gratificazione alimentare.121

La stimolazione dell’attività degli endocannabinoidi agisce chiaramente sulla fase appetitiva dell’alimentazione. In questi casi si distinguono due tipi di comportamenti: quelli “appetitivi”, ovvero quelli associati alla tendenza di un animale ad avvicinarsi

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agli alimenti e alle bevande, e quelli “consumatori” che si riferiscono al comportamento successivo, cioè all’effettiva ingestione degli alimenti. I primi sono influenzati anche da fattori diversi dalla palatabilità, come i fattori motivazionali ed emozionali.121-123

Per quanto riguarda la fase appetitiva dell’alimentazione, numerosi studi su animali hanno dimostrato che i CB1-agonisti, sia esogeni che endogeni, riducono la latenza dell’assuznione di cibo in animali pre-saziati o “free-feeding”.124, 125

Gli effetti del sistema endocannabinoide sulla fase appetitiva sono stati anche dimostrati utilizzando modelli operanti. Questi coinvolgono i cosiddetti paradigmi “progressive ratio” in cui gli animali da esperimento sono tenuti progressivamente a lavorare di più per ottenere ricompense alimentari. Gli agonisti CB1 aumentano lo sforzo che è disposto a fare un animale per ottenere una ricompensa di tipo alimentare.126-128 Al contrario, CB1-antagonisti (SR141716A, AM4113, AM251) attenuano le risposte strumentali agli alimenti gratificanti e ai liquidi.108, 111, 129, 132

Thornton-Jones et al.133 hanno testato gli effetti del rimonabant, sia sullo stato motivazionale che sulla palatabilità nei ratti dopo la consumazione di un’emulsione grassa altamente appetibile (10% Intralipid) o una soluzione di saccarosio al 10%. Gli effetti dell’antagonista CB1 sono stati confrontati con gli effetti dovuti a manipolazioni comportamentali sui topi come: pre-alimentazione che riduce la motivazione a mangiare, l’aggiunta di chinino alla soluzione lipidica o cambiando le concentrazioni di saccarosio. In generale, gli effetti del rimonabant sull’ingestione della soluzione di grasso sono stati maggiori rispetto alla soluzione di saccarosio, suggerendo un’interazione tra modulazione CB1, macronutrienti, gusto e consistenza alimentare. Inoltre, il confronto tra gli effetti osservati dopo la somministrazione del farmaco con le diverse manipolazioni comportamentali hanno indicato che gli effetti ipofagici erano per lo più spiegati da cambiamenti motivazionali e non da cambiamenti dell’impatto edonico del cibo/bevande.133

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Ci sono evidenze crescenti che i cannabinoidi influenzino anche le componenti “consumatorie” dell’ingestione di cibo (distinte dalle componenti “appetitive”) come ad esempio la palatabilità e la gratificazione oro-sensoriale.

La stimolazione degli endocannabinoidi sembra aumentare più la palatabilità per i tipi di alimenti dolci e grassi (più gratificanti) che per cibi leggeri, mentre la riduzione del tono endocannabinoide diminuisce la palatabilità percepita.125

Koch & Matthews,134 così come Williams e colleghi135, 136 hanno studiato gli effetti della somministrazione sistemica di dosi relativamente basse di THC nei ratti (ad esempio 0.5, 1.0 e 2.5 mg/kg; con somministrazione intraperitoneale) sull’ assunzione di cibo con diversi tipi di alimenti gratificanti. I risultati hanno mostrato che la stimolazione dei recettori cannabinoidi provoca un aumento di assunzione di cibi più appetibili rispetto ai normali alimenti nel primo periodo (1-4 ore) dopo la somministrazione del farmaco. È interessante notare che, dei diversi tipi di alimenti appetibili, quelli ad alto contenuto di soli grassi vengono maggiormente assunti rispetto a quelli con alti livelli sia di grassi che di zuccheri.

Comunque, la palatabilità degli alimenti/bevande dolci (zucchero) sembrano essere influenzate dai cannabinoidi. Ad esempio, Higgs et al.137 hanno effettuato degli studi sui ratti, utilizzando delle bevande a base di saccarosio, per esaminare gli effetti sulla palatabilità dovuti al THC, agli endocannabinoidi AEA e 2-AG, e al rimonabant. Ratti “free-feeding” sono stati addestrati a consumare una soluzione di saccarosio al 10% e il loro comportamento di leccare (frequenza, numero di leccate, la durata per ogni leccata) è stato attentamente monitorato e comparato con standards di riferimento. I risultati sono stati complessivamente di supporto alla teoria dell’aumento della palatabilità indotto sia dai CB-agonisti esogeni che endogeni; l’antagonista sembra invece ridurre la palatabilità della soluzione di saccarosio.138

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taste reactivity) sviluppata da Grill & Norgren.139 Il test TR misura la palatabilità di una soluzione aromatizzata, monitorando le risposte “mimetiche” di un animale. La soluzione viene infusa direttamente nella cavità orale dell’animale tramite una cannula intraorale impiantata.140 In questo modo, il test TR è in grado di misurare le risposte in assenza di un comportamento appetitivo. Soluzioni palatabili, come quelle di saccarosio, suscitano una serie caratteristica di risposte oro-facciali edonistiche, come sporgere la lingua e leccare la bocca e/o labbra, mentre le soluzioni sgradevoli, come la chinina, suscitano reazioni di rigetto, come bocca spalancata, strofinamento del muso e movimento della zampa.139, 140

Jarrett et al.141, 142 hanno effettuato diversi esperimenti con i ratti per testare gli effetti

degli agonisti e degli antagonisti CB1 sulla palatabilità, utilizzando il test TR. I loro risultati hanno mostrato che basse dosi di THC nelle soluzioni di saccarosio (0.5 mg/kg per via intraperitoneale) migliorano la palatabilità a prescindere dalla loro concentrazione. Pertanto, l’effetto del THC non è stato differenzialmente influenzato dalla palatabilità basale della soluzione infusa. Questo effetto sembra essere mediato dal recettore CB1, perché è stato invertito da un pre-trattamento con rimonabant.142

Curiosamente, ulteriori risultati di Jarrett et al.142 suggeriscono che l’effetto dei ligandi CB sulla palatabilità dei cibi non è limitato alle proprietà edonistiche positive del gusto, ma coinvolge anche la modulazione dei gusti avversi (amaro). Gli autori hanno dimostrato che il THC potrebbe ridurre il rifiuto di una soluzione di chinina, mentre il pre-trattamento con CB1-antagonisti/agonisti inversi aumenta il rifiuto di sapori sgradevoli.142

Tuttavia, ci sono altri studi in cui è confermata l’amplificazione degli effetti edonistici positivi degli endocannabinoidi, come AEA, ma non le variazioni nelle reazioni di avversione alla soluzione amara di chinina.143

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endocannabinoidi esercitano la loro azione sulla regolazione dell’assunzione di cibo e della palatabilità, la maggior parte dell’attenzione è stata rivolta al sistema nervoso centrale. Nel cervello, le aree del nucleus accumbens sono state identificate come un “hotspot” degli endocannabinoidi per il piacere sensoriale.144, 145-147 È interessante notare che la funzione del gusto può essere modulata anche a livello periferico dagli ormoni e da altri fattori neuromodulatori che agiscono sui recettori presenti nel sistema gustativo periferico. Le cellule gustative sensibili al dolce nel sistema del gusto periferico non esprimono solo recettori del gusto dolce (T1R2/T1R3) ma anche recettori CB1 e recettori della leptina (Ob-Rb). Questo suggerisce che la sensibilità al sapore dolce può essere alterata perifericamente sia da fattori anoressigeni (ad es. leptina) che da fattori oressigeni (ad es. i cannabinoidi).148

Uno studio sui ratti supporta l’ipotesi dell’alterazione periferica della sensibilità al gusto dolce provocata dagli endocannabinoidi: in tale studio si è dimostrato che la somministrazione di AEA e 2-AG aumenta le risposte nervose gustative e le risposte mimetiche di edulcoranti in modo concentrazione-dipendente, senza influenzare le risposte al salato, all’acido, all’amaro e all’”umami” (una categoria di gusto corrispondente al sapore di glutammato/glutammato monosodico).149 Per riassumere, la palatabilità del cibo è modulata in modo molto fine e sofisticato da parte dell’ECS, e ciò si esplica sia a livello centrale che periferico.

Studi condotti su soggetti umani: il fenomeno “munchies” e gli studi di

laboratorio

14c

Numerosi aneddoti indicano che la marijuana (soprattutto il THC ed eventualmente altri cannabinoidi presenti nella Cannabis sativa) stimola l’appetito e aumenta l’apprezzamento del cibo negli esseri umani. Questo fenomeno è noto come “munchies”

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nella cultura popolare. Si afferma inoltre che la marijuana induce un forte desiderio di cibi dolci e/o grassi,150, 151 anche se i risultati degli studi di laboratorio in questo ambito su soggetti umani sono piuttosto limitati e meno convincenti. I dati riportati sono molto variabili e dipendono chiaramente dalle condizioni metodologiche, quali la situazione sociale (soggetti soli o in gruppo), diversi schemi di dosaggio e vie di somministrazione, con variazione dei livelli plasmatici del farmaco, per non contare i livelli soggettivi di innalzamento plasmatico, così come lo stato “energetico” dei partecipanti (la somministrazione del farmaco a stomaco pieno o a digiuno).152 Tenendo in considerazione questi fattori, si può dire che gli studi di laboratorio condotti su soggetti umani hanno permesso, in linea generale, di confermare gli aneddoti sull’incremento dell’assunzione di cibo indotto dalla marijuana.152-154 Inoltre, i risultati di questi studi suggeriscono che la marijuana aumenta l’appetito specificamente per gli alimenti dolci (per esempio, torte e caramelle). Questa preferenza per i cibi dolci sembra dipendere dalle proprietà sensoriali piuttosto che dai macronutrienti o dal contenuto energetico e come tale riflette fattori di palatabilità.154 Sorprendentemente, solo uno studio ha

indagato se le proprietà migliorative del gusto da parte della marijuana riflettono effettivi cambiamenti nelle funzioni gustative.155 In uno studio a doppio cieco, controllato con placebo, gli effetti della somministrazione di marijuana sull’intensità del gusto e sulle risposte edonistiche agli stimoli alimentari per il dolce, l’acido, il salato e l’amaro sono stati monitorati in condizioni basali e 2, 4 e 6 ore dopo la somministrazione. I risultati sulle risposte gustative erano negativi, suggerendo che i cambiamenti della responsività gustativa ed edonistica riportati dai pazienti stessi potrebbero essere stati una conseguenza degli effetti sulla memoria e sui processi cognitivi superiori dovuti all’intossicazione da marijuana e non di alterazioni dei sistemi sensoriali.155

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suggeriscono che l’aumento di peso corporeo THC-indotto non risiede soltanto in un maggiore apporto energetico.152, 155, 156 Un dato indicativo riguarda il cambiamento del peso corporeo dovuto alla somministrazione di marijuana in volontari sani. Foltin et al.154 hanno esposto i loro volontari a periodi di 3 giorni con somministrazione di marijuana alternati a periodi di 3 giorni con somministrazione di placebo, facendo vivere i pazienti per due settimane in un alloggio residenziale-laboratorio. Essi hanno osservato che il peso corporeo è aumentato in media di 3 kg nel periodo di assunzione di marijana e successivamente è diminuito di quasi 3 kg nel periodo del placebo. Questi cambiamenti piuttosto drammatici del peso corporeo non potevano essere spiegati con i cambiamenti dell’introito energetico in funzione della somministrazione di marijuana e di placebo. Le possibili spiegazioni di questi dati includono: una maggiore ritenzione di fluidi indotta da marijuana; una ridotta attività fisica; l’aumento della durata del sonno e l’ipotermia, con conseguente diminuzione del metabolismo a riposo.154 Nei consumatori cronici di cannabis, tuttavia, ci sono poche evidenze di aumento di peso corporeo, significativo e più o meno costante nel tempo.155Al contrario, è stato recentemente

riportato che la prevalenza di obesità è paradossalmente molto più bassa nei consumatori di cannabis rispetto ai non utilizzatori.156

Non è noto il motivo per cui il THC produce effetti iperfagici e aumento di peso se somministrato acutamente, mentre la sua somministrazione cronica non si traduce in un aumento del peso corporeo. Le spiegazioni proposte includono il fatto che il THC, essendo un agonista parziale del recettore CB1, potrebbe agire funzionalmente come antagonista degli endocannabinoidi 2-AG e AEA, con una conseguente riduzione del tono endogeno dell’ECS. Inoltre, la somministrazione cronica di THC può provocare una “down-regulation” e una desensibilizzazione dei recettori CB1, con una conseguente “down-regulation” adattativa del sistema di segnalazione degli endocannabinoidi.156 Presi nel loro insieme, gli studi riportati indicano che l’aumento di

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peso in seguito alla somministrazione di marijuana è un fenomeno temporaneo, e ciò apre la strada ad ulteriori indagini sul ruolo degli (endo)cannabinoidi sul controllo dell’assunzione di cibo negli esseri umani.

DISREGOLAZIONE DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE

Disordini alimentari

14c

L’importanza dell’ECS nei meccanismi centrali che spingono gli esseri umani a mangiare e che spesso portano ad un consumo eccessivo di cibo, è ulteriormente rafforzata dal fatto che l’obesità viscerale (aumento di tessuto adiposo tra gli organi interni dell’addome) è associata all’iperattività dell’ECS. I risultati degli studi sia sugli animali che sull’uomo indicano che lo sviluppo di obesità si verifica in concomitanza con l’aumento dei livelli degli endocannabinoidi e dell’espressione del recettore CB1.157, 158

I dati riportati riguardanti il coinvolgimento dell’ECS in disturbi alimentari come l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa ed altri, sono ancora limitati. È interessante notare che pubblicazioni recenti indicano un possibile legame tra alterazioni nella fisiologia degli endocannabinoidi e altri modulatori dell’appetito centrali e periferici, come la leptina e la grelina, in pazienti con disturbi alimentari, andando quindi al di là del controllo omeostatico dell’assunzione di cibo.159-162

Sta diventando sempre più evidente che l’ECS risulta disregolato nei disturbi alimentari, e che ciò non è solo legato al controllo omeostatico, ma anche agli aspetti gratificanti dei comportamenti anormali che si verificano nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa. Ad esempio, i comportamenti alimentari anormali come l’auto-deprivazione di cibo (anoressia nervosa) o l’alimentazione incontrollata (bulimia

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nervosa) sembrano diventare gratificanti, e questo potrebbe essere modulato dalla disregolazione degli endocannabinoidi.162-164

Bassi livelli mRNA dei recettori CB1 in pazienti femminili con disturbi alimentari sono stati associati a comportamenti autolesionisti impulsivi, come il taglio al polso, che può avere alcune proprietà gratificanti o di dipendenza.165

Modulazione terapeutica del Sistema Endocannabinoide nell’anoressia

e nella perdita involontaria di peso correlate a malattie

14c

Una seconda linea di prove sulle proprietà appetitive del THC viene da indagini cliniche. Alcune malattie, come ad esempio il cancro o l’AIDS nelle loro fasi più avanzate, sono accompagnate dalla sindrome da deperimento (cachessia), anedonia (incapacità di provare piacere) e perdita di appetito. In queste situazioni, l’interesse primario nelle proprietà appetitive del THC è nella sua capacità di aumentare e stabilizzare il peso corporeo. L’anoressia correlata a malattie spesso rappresenta un grave problema medico ed è associata ad una diminuzione della qualità della vita ed a un aumento della mortalità. La malnutrizione e l’anedonia per il cibo sono anche un problema negli anziani, specialmente nelle sottopopolazioni che soffrono di malattie croniche o demenza.166 Allo stato attuale, un certo numero di farmaci a base di

CB-agonisti, come il dronabinol (THC sintetico e composto principale del Marinol®) e il nabilone (analogo del THC e principale componente del Cesamet®) sono stati approvati e sono disponibili come stimolanti dell’appetito. Un certo numero di studi dimostrano che i cannabinoidi sono efficaci nel trattamento della perdita di appetito e sono capaci di migliorare la perdita di peso in pazienti gravemente malati.167-173 Tuttavia, questi studi

non discutono come i cannabinoidi migliorano l’appetito e il piacere nel cibo, a dimostrazione del fatto che i meccanismi comportamentali, fisiologici e psicologici alla

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base di ciò sono ancora in gran parte sconosciuti. In parte, questi meccanismi potrebbero essere simili a quelli attivi nella normale regolazione dell’appetito e della gratificazione alimentare, ovvero alterazioni CB-indotte della percezione chemosensoriale e di entrambe le componenti, wanting (fase appetitiva) e liking (fase consumatoria), dell’assunzione di cibo. È noto che alcuni trattamenti, come ad es. la chemioterapia, causano disturbi temporanei nelle funzioni del gusto e dell’olfatto174, 175 e vi sono evidenze sperimentali che il THC possa attenuare l’alterazione chemosensoriale nei pazienti oncologici.145 Tuttavia, l’appetito può risultare migliorato anche perché i cannabinoidi inducono un sollievo da quelle condizioni del malato che influiscono negativamente sull’appetito, come ad es. nausea, dolore, ansia e depressione.172, 176

Sistema Endocannabinoide e obesità

Attualmente, l’obesità è uno dei principali problemi di salute nei paesi sviluppati e in via di sviluppo, a causa della mancanza di lavoro fisico e l’aumento dello stile di vita sedentario.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il sovrappeso e l’obesità sono definiti come accumulo anomalo o eccessivo di grasso nel corpo che può compromettere la salute.

Più di 1.4 miliardi di adulti da 20 anni in su si trovano in uno stato di sovrappeso, tra questi, sono risultati obesi oltre 200 milioni di uomini e quasi 300 milioni di donne (2008). Un fatto molto allarmante è che più di 40 milioni di bambini sotto i cinque anni risultano obesi (2011) e allo stato attuale, l’obesità è diventata il quinto principale fattore di rischio per i decessi a livello mondiale.177

L’obesità crea un importante fattore di rischio per ulteriori patologie, come le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, artrosi, ipertensione, ictus, apnea del sonno

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e alcuni tipi di tumori;178, 179 tutto ciò indica che l’obesità è uno tra i principali problemi di salute attuali.180

Il sistema endocannabinoide (ECS) e, soprattutto, i recettori cannabinoidi di tipo 1 (CB1) svolgono un ruolo chiave nell’omeostasi energetica. L’assunzione di cibo e lo stoccaggio di energia sono mantenute grazie alla stimolazione dell’ECS, di conseguenza, la sua inibizione, bloccando i recettori CB1, potrebbe essere un approccio promettente nel trattamento dell’obesità (come spiegato più approfonditamente nell’Introduzione alla Parte Sperimentale).

Il rimonabant, come già detto in precedenza, è stato il primo antagonista potente e selettivo del recettore CB1 immesso in commercio e successivamente ritirato a causa dei suoi effetti collaterali psichiatrici. Per questo, ad oggi, le aziende farmaceutiche sono interessate a sviluppare antagonisti potenti e selettivi dei recettori CB1, ad azione periferica, con un migliore profilo farmacocinetico ed un maggiore indice terapeutico.

In questo processo di sviluppo, l’anello pirazolico del rimonabant è stato sostituito da diversi “scaffolds” bioisosterici quali pirrolo, imidazolo, triazolo, pirazolina, piridina ecc... e sono state effettuate anche variazioni dei sostituenti intorno all’anello pirazolico, come mostrato nei paragrafi successivi. Sono state inoltre utilizzate nuove strategie per ridurre al minimo gli effetti collaterali psichiatrici, rendendo le molecole degli antagonisti/agonisti inversi più polari e meno lipofile insieme ad antagonisti neutrali con azione periferica. È stato osservato che alcuni dei composti che agiscono perifericamente non mostrano effetti avversi e potrebbero essere utilizzati come potenziali “leads” per l’ulteriore progettazione di antagonisti CB1-selettivi.

Ruolo dei recettori CB1 nell’obesità

14b

È ormai ampiamente riconosciuto che il sistema endocannabinoide (ECS) e soprattutto il recettore CB1 hanno un ruolo fondamentale nell’omeostasi energetica e

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modulano sia l’assunzione di cibo che il metabolismo dei grassi.181

Il sistema di segnalazione endogeno dell’ECS agisce sia sui siti centrali che su quelli periferici.

A livello centrale, l’assunzione di cibo è controllata dall’ECS, principalmente a due livelli funzionali cioè nell’ipotalamo e nei sistemi marginali. Il ruolo dell’ECS nell’ipotalamo è di modulare l’alimentazione diminuendo i segnali di sazietà e aumentando i segnali oressigeni.182 Dopo il digiuno per un breve periodo, l’ECS nell’ipotalamo viene attivato, stimolando l’appetito.183 Anche il sistema limbico svolge un ruolo di controllo sull’assunzione di cibo.182, 184 La stimolazione dei recettori CB1 sui terminali GABA-ergici nell’area ventrale tegumentale (VTA) aumenta l’attività dopaminergica neuronale con conseguente aumento del rilascio di dopamina nel nucleus accumbens.185 Il rilascio di dopamina nella via mesolimbica aumenta il consumo di cibo. È quindi evidente l’interazione tra il sistema endocannabinoide e quello dopaminergico-mesolimbico nel regolare l’assunzione di cibo.

Nei siti periferici, l’ECS regola l’equilibrio energetico grazie ad un meccanismo lipogenico e alla modulazione del metabolismo dei lipidi e dei carboidrati. L’attivazione dei recettori CB1 nel tessuto periferico aumenta la lipogenasi, l’accumulo di lipidi, la secrezione di insulina, la secrezione di glucagone e la modulazione della adiponectina.182, 184 La stimolazione dei recettori CB1 negli adipociti aumenta la sintesi e lo stoccaggio dei trigliceridi e diminuisce l’adiponectina, facilitando quindi l’insorgenza dell’obesità.186

Oltre a questo, la stimolazione dei recettori CB1 porta all’attivazione della lipoproteina lipasi e aumenta il sequestro da parte degli adipociti degli acidi grassi liberi. Quindi, il blocco dei recettori CB1 nel tessuto adiposo diminuisce la concentrazione di acidi grassi liberi in circolo, che si traduce nella riduzione dei grassi di deposito e di miglioramento della sensibilità all’insulina.183, 186-190

(43)

Nel tratto gastrointestinale, gli endocannabinoidi che agiscono sui recettori CB1 riducono i segnali di sazietà generati dalla colecistochinina.191 Questo agonismo sui CB1 aumenta anche la capacità della grelina di stimolare l’assunzione di cibo.192 È stato anche evidenziato che l’inibizione o le mutazioni dell’enzima FAAH che metabolizza gli endocannabinoidi, aumenta i livelli degli stessi accentuandone così le azioni oressigene e lipogeniche.193

L’attivazione dei recettori CB1 nell’intestino produce peristalsi lenta e tempi di transito intestinali prolungati che possono favorire l’aumento di peso. Pertanto, il blocco dei recettori CB1 produce un effetto pro-cinetico.183

I recettori CB1 epatici hanno un ruolo cruciale nella lipogenesi. L’attivazione dei recettori CB1 nel fegato stimola diversi fattori lipogenici come la “sterol response element-binding protein-1C” (SREBP-1C), che aumenta la sintesi degli acidi grassi, con conseguente possibilità di sviluppo di steatosi epatica.194-196

Anche il metabolismo del glucosio e la sensibilità all’insulina sono controllati dall’ECS.197 Il blocco dei recettori CB1 nei muscoli scheletrici aumenta il consumo di

ossigeno basale e l’”up-take” del glucosio, con conseguente aumento del dispendio energetico e miglioramento della sensibilità all’insulina. I recettori CB1 periferici hanno quindi un ruolo di primo piano nella modulazione del metabolismo.182-184 La riduzione dell’attività dell’ECS con antagonisti del recettore CB1 mostra risultati nella diminuzione dell’assunzione di cibo e nell’aumento della spesa energetica.198 Pertanto,

lo sviluppo di antagonisti dei recettori CB1 potrebbe essere una strategia promettente nel trattamento dell’obesità.

(44)

Figura 12. Effetto dell’iperattività dell’ECS, sia a livello centrale che periferico.14b,183

Targets terapeutici per il trattamento dell’obesità

14b

Fino ad oggi non è stata individuata una vera e propria terapia per l’obesità, ma sono stati identificati i bersagli sui quali agire.

Si prendono di mira obiettivi come agonisti peptidici ad esempio la colecistochinina (CCK-1), analoghi del peptide 1 glucagone-like (GLP-1), analoghi amilinici, agonisti Y neuropeptidici, agonisti del peptide YY, grelina-antagonisti, antagonisti dei recettori MCH1, agonisti del recettore MC4 e anche obiettivi monoaminici, quali agonisti del recettore 5-HT2B, antagonisti del recettore 5-HT6, agonisti 5-HT2C, agonisti AR β3,

agonisti della dopamina, così come inibitori della lipasi, anticonvulsivanti, antagonisti dei recettori cannabinoidi CB1, antagonisti dei recettori µ-oppioidi, agenti simpaticomimetici, inibitori della AgRP (agouti-related protein), inoltre sono stati identificati inibitori misti della MetAP2 (metionina amminopeptidasi), inibitori misti della ricaptazione della noradrenalina/serotonina e del “re-uptake” della dopamina e noradrenalina.199

La fentermina, un’ammina simpatomimetica, è stata approvata dall’FDA nel 1959 per l’uso a breve termine come agente anti-obesità,200 ma è stata ritirata dal mercato europeo a causa del rischio di effetti cardiovascolari e per il suo alto potenziale di abuso.199

(45)

La lorcaserina è un agonista selettivo del recettore 5-HT2C, inizialmente respinto

(2010) a causa della sua cancerogenicità osservata negli studi preclinici, ma successivamente approvato dall’FDA nel luglio 2012.

Gli antagonisti del recettore cannabinoide CB1, tra cui il rimonabant (rimasto sul mercato per circa due anni) ed altri derivati descritti in seguito in questa tesi, rappresentano una importante classe di agenti terapeutici, peraltro ancora in evoluzione, per il trattamento dell’obesità.201

Orlistat, un inibitore della lipasi gastrointestinale e pancreatica che agisce perifericamente è stato il primo farmaco in uso a lungo termine approvato dall’FDA per il trattamento dell’obesità nel 1999 ed è disponibile sul mercato, ma non mostra effetti clinicamente significativi sui trigliceridi o sul colesterolo HDL. Esso causa effetti avversi gastrointestinali come flatulenza, steatorrea, malassorbimento, urgenza fecale, incontinenza fecale, dolore addominale, dispepsia e riduce l’assorbimento delle vitamine liposolubili.202-204

I gruppi di ricerca hanno cominciato a sviluppare terapie di combinazione per il trattamento dell’obesità; questa strategia è stata adottata per il fatto che nella modulazione dell’assunzione di cibo sono coinvolti vari meccanismi. È stato anche proposto che la perdita di peso più favorevole e con un profilo di sicurezza migliore può essere ottenuta utilizzando agenti su targeting multipli.200 Per esempio Qnexa è una combinazione di topiramato (anticonvulsivante) e fentermina (derivato dell’anfetamina), che ha completato la fase III di sperimentazione clinica. Nel 2010 l’FDA non ne ha approvato l’utilizzo, ma nel 2011 ha richiesto ulteriori dati in materia di teratogenicità di tale farmaco; successivamente, nel 2012, Qnexa è stato approvato200 dopo aver verificato la sua sicurezza. Il Contrave è un altro farmaco che utilizza una combinazione di naltrexone (antagonista oppioide) e il bupropione (antidepressivo). La “FDA’s Endocrinologic and Metabolic Drug Advisory Committee” ha scelto di sostenere il

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