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La costruzione del significato di integrale. Parte A

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Academic year: 2021

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LA COSTRUZIONE DEL SIGNIFICATO DI

INTEGRALE

PARTE B

Summary

This article presents a study based on a teaching experiment realised in the third, fourth and fifth year of Liceo Scientifico. The goal of the teaching experiment is the construction of the concept of integral, in the context of measurements, basing on the theoretical frame of Tall’s cognitive roots. Special attention is given to the students’ cognitive processes, analysed in the framework of embodied cognition and linguistic analysis, with the aim of studying the passage from finite sums to infinite ones.

In the first part of this article we presented the students’ activities in the third year of Liceo, in a traditional paper and pencil environment.

This second part focuses on the mediating role of technology in the learning process, discussing some activities developed in the fourth year of Liceo.

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LA COSTRUZIONE DEL SIGNIFICATO DI INTEGRALE

PARTEB

ORNELLA ROBUTTI, CRISTINA SABENA 1. INTRODUZIONE

Questo articolo descrive un teaching experiment realizzato nel corso del triennio di una classe di Liceo Scientifico (programma tradizionale), per studiare il processo di costruzione del significato di integrale a partire da problemi di misura.

Nella classe terza le attività sono state svolte in ambiente carta e matita, mentre in quarta si sono introdotte e utilizzate delle calcolatrici grafico-simboliche. Infine in quinta il percorso è stato portato a termine nell’ambito dello studio dell’analisi matematica, affrontando la definizione di integrale da un punto di vista più formale.

Rimandando alla prima parte (Robutti & Sabena, 2003) per una presentazione organica del quadro teorico di riferimento, nonché per la discussione di alcuni protocolli tratti dalle attività in classe terza, consideriamo ora le attività svolte nella stessa classe in quarta.

Dipartimento di matematica, Università di Torino. Indirizzi e-mail: robutti@dm.unito.it, sabena@dm.unito.it.

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Verrà analizzata l’attività cognitiva degli studenti nel quadro teorico dell’embodied cognition e dell’analisi linguistica, con l’obiettivo di studiare il processo di costruzione dell’integrale definito, a partire dalla radice cognitiva dell’area sottesa dal grafico di funzione, come teorizzato da Tall (1989). In esso, si considererà in particolare quale mediazione può offrire la tecnologia in un contesto di apprendimento in cui l’insegnante ha il delicato compito di guidare verso la costruzione di significati matematici condivisi.

2. PERCORSO (CLASSE IV)

La tabella prospetta in maniera schematica le attività proposte alla classe in quarta (dicembre - gennaio):

Attività Tipo di attività Tempi inclasse Materiali estrumenti

1. Lavoro

dell’isoterma Proposta di lavoro ingruppi + discussione 1 ora carta e matita(righello)

2. Video e commento

Visione di un video relativo alle attività

dell’anno precedente 1 ora /

3. Introduzione delle

calcolatrici Lezione interattiva 2 ore Calcolatrici TI-89 4. Misura

approssimata

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esatta dell’area 5. Il segno

dell’integrale Proposta di lavoro ingruppi + discussione 1 ora Calcolatrici TI-89

6. La funzione

area Proposta di lavoro ingruppi + discussione 1 ora Calcolatrici TI-89 I principali nodi concettuali coinvolti nel percorso sono i seguenti:

 i numeri reali (come sezioni di Dedekind);  il discreto e il continuo;

 gli algoritmi;  l’infinito;

 la relazione di dipendenza funzionale. 3. ANALISIDEIPROTOCOLLI (CLASSE IV)

La prima scheda di lavoro ha il duplice obiettivo di collegarsi con quanto svolto l’anno precedente, il calcolo di aree e in particolare di aree sottese da funzioni, e di proporre l’argomento in un contesto non strettamente matematico, in questo caso traendo spunto da un’applicazione alla fisica.

Attività 1: Lavoro di una trasformazione isoterma

Proposta di lavoro:

“In figura è rappresentata nel piano di Clapeyron una trasformazione isoterma di un sistema dallo stato iniziale A allo stato finale B:

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Fig. 1

1. Scrivete l’equazione della trasformazione isoterma rappresentata. 2. Il sistema compie o subisce un lavoro? Motivate la vostra risposta.

3. Determinate tale lavoro, esprimendo il risultato in un’opportuna unità di misura.”

Lo svolgimento della proposta da parte del gruppo osservato, composto da Erika, Stella e Umberto1, è risultato diverso dal previsto: i ragazzi hanno occupato molto tempo ad affrontare le prime due domande, relative all’inquadramento del problema da un punto di vista fisico, a scapito dell’ultima domanda, che invece era quella che interessava maggiormente ai fini della ricerca. Nelle lezioni precedenti, l’insegnante aveva introdotto l’argomento delle trasformazioni termodinamiche, e in tale occasione aveva messo in evidenza il fatto che il lavoro compiuto dal sistema nel caso isobaro fosse rappresentato dall’area sottesa dalla funzione 1 Riflessivi, studiosi, con profitti tra i migliori della classe.

[105

pa]

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(costante) che nel piano di Clapeyron descriveva la trasformazione (quindi in questo caso era l’area di un rettangolo). Nell’affrontare lo stesso problema nel caso dell’isoterma, gli allievi hanno fatto riferimento al caso dell’isobara, estendendo per analogia l’interpretazione del lavoro in termini di area. Alcuni di essi (pochi) si sono domandati se tale generalizzazione fosse lecita, ma gli interrogativi sollevati non hanno condotto ad una riflessione in termini di approssimazione locale dell’iperbole con una funzione costante. A tal fine sarebbe stato forse opportuno porre una domanda specifica, del tipo “Avete dimostrato che il lavoro nel caso di una trasformazione isobara è rappresentato dall’area sottesa dalla funzione costante che la rappresenta nel piano di Clapeyron. Cosa potete dire del caso di una trasformazione isoterma, rappresentata da una funzione non costante?”.

Gli studenti del gruppo osservato hanno approssimato l’area mediante rettangoli e triangoli costruiti internamente, facendo compensazioni delle parti rimanenti (secondo quella che l’anno precedente avevano battezzato come “tecnica della stima”), ottenendo un unico valore per la misura (invece di un intervallo di valori, con la determinazione dell’incertezza, secondo quanto era stato istituzionalizzato al termine delle attività con carta e matita). Non sono emersi elementi di novità rispetto alle varie strategie analizzate nella parte A dell’articolo (Robutti & Sabena, 2003),

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mentre sono sorte alcune difficoltà non previste nell’analisi a priori.

La prima difficoltà riguarda la modellizzazione matematica del problema fisico, con l’individuazione delle variabili dipendente e indipendente:

32. Stella legge la prima domanda: “Scrivete l’equazione della trasformazione

isoterma rappresentata”

33. Erika: “Qua è pressione e volume” indicando gli assi cartesiani. 34. Stella: “La variabile dipendente?”

35. Erika: “Pressione e volume … che sono … inversamente proporzionali,

quindi viene P per V; sì, sono inversamente proporzionali …”

36. Stella: “P per V uguale a k”

37. Umberto: “Ok, è un’iperbole, quindi xy uguale a …”

38. Erika lo interrompe e indicando le etichette degli assi: “P per V” 39. Stella: “P per V uguale a k”

48. Stella: “Quindi il volume è la variabile dipendente” 49. Erika riflette guardando il grafico: “Sì. No. Sì. Sì.”

Altri problemi inerenti la modellizzazione emergono dal brano seguente:

162.Osservatore: “Cosa si deve considerare, per determinare se un sistema

subisce o compie lavoro in una trasformazione termica, come questa?”

40. Stella: “Cioè, qualcosa che agisce dall’esterno [ripete il movimento che imita il pistone spinto verso il basso], per forza lo subisce!”

41. Osservatore: “Da che cosa lo deduci, che agisce qualcosa dall’esterno?” 42. Stella: “Perché … abbiamo inquadrato il fenomeno … Cioè abbiamo

capito che … è stata aumentata la pressione, quindi il volume è diminuito …”

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44. Stella: “Così [velocemente, percorre con l’indice l’isoterma da A a B],

con la curva, proprio”

45. Osservatore: “Da dove parti?” 46. Stella: “Di qui [indica A]” 47. Osservatore: “Sì”

48. Erika interviene, indicando B: “Di qua”

49. Stella si corregge: “Di qua [indicando B]: se aumenta la pressione, il

volume diminuisce”.

Stella interpreta il grafico come un’immagine del fenomeno fisico che descrive (#166-167): poiché vede che la curva si appiattisce sull’asse delle ascisse, ne deduce un aumento di pressione, in analogia a quanto succede ai gas contenuti nei cilindri e “schiacciati” da pistoni mobili, descritti durante la precedente lezione di fisica (e riportati sul quaderno di Erika, che viene costantemente consultato dal gruppo). In letteratura questo tipo di fraintendimento, per cui i grafici sono interpretati come immagini iconiche del fenomeno che descrivono, è noto col nome di

“graph-as-a-picture interpretation”, ed è segnalato soprattutto per i grafici

spazio-tempo o velocità-tempo (Berg & Phillips, 1994).

Si osservi che le parole di Stella sono accompagnate da un gesto: esso, discendendo lungo la curva [#167], ha una direzionalità che riprende il riferimento al movimento dei pistoni [#81, 167]. L’analisi dei gesti non è oggetto di questo articolo; tuttavia vogliamo segnalare che a nostro avviso costituisce un importante elemento interpretativo nello studio della costruzione di

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conoscenza da parte degli studenti2. Per esempio, quello che simula il movimento di un pistone [#163] può essere interpretato come “gesto iconico”, ossia un gesto che ha una certa somiglianza con il suo referente, mentre quello che descrive l’isoterma [#167], avendo come referente un grafico nel piano cartesiano, può essere classificato come “iconico-simbolico” (Edwards, 2003).

Attività 3: Introduzione delle calcolatrici

Mentre la seconda attività è servita, con l’ausilio dei filmati, a richiamare il percorso svolto l’anno precedente, nella terza lezione è stata presentata alla classe la calcolatrice TI-893, con particolare riferimento agli ambienti HOME e GRAPH. Ciascun allievo ha quindi ricevuto in prestito una calcolatrice, che ha potuto tenere in classe e portare a casa per tutta la durata della sperimentazione, acquisendo in tal modo una certa familiarità con lo strumento.

2 In Educazione Matematica, si tratta di materia di studio recente: si vedano ad esempio i lavori di Radford et al. (2003), Edwards (2003), Arzarello & Robutti (in stampa), Sabena (2004).

3 In queste calcolatrici grafico-simboliche sono implementati: una versione di software CAS (Computer Algebra System), un ambiente di programmazione, un editor di funzioni con relativo ambiente grafico, un ambiente di tabulazione delle funzioni, un editore di testo, un ambiente per la manipolazione di dati e matrici dotato delle principali funzioni statistiche. Informazioni

dettagliate si trovano all’indirizzo

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Attività 4: Dalla misura approssimata alla misura esatta

Questa lezione aveva l’obiettivo di considerare i metodi usati dai vari gruppi per determinare l’area sottesa dall’iperbole tra due estremi, e di trasporne alcuni sulla calcolatrice, in modo da sfruttare le potenzialità di calcolo dello strumento per ottenere valori approssimati sempre più precisi. Poiché la classe, seguendo un programma tradizionale, non aveva dimestichezza con i linguaggi di programmazione, non è stata affrontata con gli studenti la costruzione degli algoritmi e dei listati, peraltro molto semplici. Si è però cercato di evidenziarne la logica sottesa, e soprattutto gli elementi di continuità con le attività precedenti. L’algoritmo si configura in questa fase come un raffinamento dei procedimenti di calcolo pensati in ambiente carta e matita, consentendo agli studenti di soffermarsi non più sulle singole

procedure, bensì sul processo di integrazione visto nella sua

globalità.

L’insegnante ha avviato la discussione considerando le strategie individuate dagli studenti. Su otto gruppi, solamente uno ha determinato un intervallo di misura, con approssimazioni per difetto e per eccesso, mediante composizioni di triangoli e rettangoli (fig. 2). Cinque gruppi, tra cui quello osservato (fig. 3), hanno utilizzato la tecnica della “stima” (cfr. parte A), mentre due gruppi hanno determinato un’approssimazione per eccesso tramite somme di aree di rettangoli e triangoli (un esempio è in fig. 4). A

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partire dal loro confronto, si è individuato un elemento comune fondamentale: il suddividere la regione in figure per le quali si conosce una formula di calcolo dell’area, e quindi sommare le aree calcolate.

Fig. 2 Fig. 3

Fig. 4

Avendo l’obiettivo di trasporre il metodo sulla calcolatrice tramite programmi di calcolo numerico, il primo passo è consistito nel determinare l’equazione della funzione. Tra le formule proposte dai gruppi, p = 3/V, p = 300/V pa e p = k/V, con k = 300 pa • m3,

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si è ribadita la correttezza dell’ultima formula, nel rispetto delle equazioni dimensionali, ma si è anche evidenziata la necessità, imposta dalla modellizzazione matematica e dalla sua traduzione sulla calcolatrice, di utilizzare una formula priva di unità di misura, del tipo p = k/V, con k = 3 nel caso in esame. Si è ovviamente osservato che il risultato fornito dalla calcolatrice deve poi essere interpretato da un punto di vista fisico, per quanto riguarda l’ordine di grandezza e le unità di misura.

Poiché la maggior parte dei gruppi aveva stimato l’area mediante composizione di triangoli e rettangoli, l’insegnante ha fatto in modo che la discussione convergesse sul metodo dei trapezi, che è stato quindi introdotto in dettaglio, esemplificato su una figura simile alla figura 5, evitando il formalismo simbolico delle somme integrali.

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Il passaggio successivo è consistito nella spiegazione della sintassi del programma4 che realizza sulle calcolatrici tale metodo, al quale è stato dato il nome di “artrap”. Sempre a partire dalla discussione sono stati proposti altri due programmi, “ardif” e “arecc”, che implementano il metodo dei rettangoli, per difetto e per eccesso. Riportiamo nelle figure 6, 7 e 8 le schermate della calcolatrice, contenenti i listati dei programmi:

Fig. 6 Fig. 7

Fig. 8

4 Nel linguaggio di programmazione di queste calcolatrici si tratta di funzioni, come si può vedere dai listati riportati più avanti. Per i dettagli tecnici si può consultare il manuale nel sito della Texas, mentre diversi programmi e funzioni per attività didattiche con la TI-89 si trovano ad esempio nel sito di Michele Impedovo: http://space.tin.it/scuola/0impedov/calcolatrice.htm.

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Creati in PROGRAM EDITOR, questi programmi si utilizzano in HOME richiamandoli mediante il loro stesso nome, con l’accortezza di aver definito5 precedentemente la funzione f(x) sulla quale devono operare.

Come è stato precisato in classe, ardif e arecc individuano approssimazioni corrette per difetto e per eccesso solamente nel caso di funzioni positive monotone. È importante far osservare che i programmi, utilizzando algoritmi con un numero finito di passi e assumendo in input numeri interi (o comunque razionali), forniscono come risultati dei numeri razionali, scritti in notazione decimale con un numero massimo di cifre dopo la virgola che dipende dalle impostazioni della calcolatrice. Le due schermate mostrano alcuni esempi di applicazione al calcolo dell’area richiesta nell’attività dell’isoterma:

Fig. 9 Fig. 10

Una volta introdotti e commentati, i programmi sono stati usati autonomamente dai ragazzi per determinare l’approssimazione 5 Per definire una funzione, si possono utilizzare il comando

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dell’area considerata. Nella discussione l’insegnante, proiettando6 la schermata della propria calcolatrice con il calcolo mediante 4 trapezi, ha condotto il discorso sulla possibilità di migliorare il grado di approssimazione della misura ottenuta:

51. Insegnante: “Allora, cosa possiamo fare con questo programma? Sempre

per calcolare quest’area: ci accontentiamo di usarlo una volta sola?”

52. Alcuni allievi: “No”

50. Fabio: “No, no! Facciamolo… con 6 trapezi!”

51. Andrea: “Ma anche con 10, così è più… è meno approssimato!” 52. Fabio: “Anche con 15, allora!”

53. Andrea: “Anche con 50!” 54. Francesco: “No, no, 1000!”

55. Insegnante: “E più trapezi utilizziamo”

56. Andrea [interrompendo]: “E più… è più preciso il risultato!”

Come si è osservato fin dalle prime attività svolte in ambiente carta e matita (cfr. parte A), l’idea che all’aumentare del numero di poligoni aumenti la precisione del risultato ottenuto è fortemente presente negli allievi, che intuiscono la variazione del risultato, al variare del numero di suddivisioni. La suddivisione della figura in parti sempre più piccole (azione sugli oggetti base, nel senso di Dubinsky, 1991) non è stata più concretamente disegnata ed ogni 6 Tramite il view-screen, dispositivo che si collega a una lavagna luminosa e permette di proiettare la schermata di una calcolatrice, rendendone possibile la condivisione con tutta la classe.

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allievo ha fatto riferimento alle proprie immagini mentali. Tale dinamica di pensiero, indotta dall’uso versatile del programma, ha successivamente influenzato la strategia di indagine; il programma è stato perciò iterato, aumentando il numero dei trapezi, ed è stata proiettata la schermata di figura 11:

Fig. 11

62. Osservatore: “Il migliore abbiamo detto che è?” 63. Andrea: “L’ultimo!”

64. Osservatore: “Perché?”

57. Andrea: “Perché ha più intervalli e quindi” 58. Stella: “Perché si avvicina all’area”

59. Francesco ad Andrea: “Si ma tanto … si avvicina tanto ma non è mai

preciso”

60. Andrea: “E beh, certo”

61. Francesco: “Bisogna trovare…” 62. Andrea: “Ci va l’integrale!”7

63. Osservatore: “Ma perché se ci sono più intervalli è più preciso?”

64. Andrea: “Perché … con più intervalli … la curva è più approssimabile a

retta andando più … microscopico e quindi …più vicino”

7 Andrea nomina l’integrale, perché sa che tutte le attività sono mirate, a lungo termine, a costruire un concetto che ha questo nome, ma non lo conosce ancora.

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L’ultimo intervento di Andrea è interessante e rivela un punto di vista molto vicino a quello dell’analisi matematica, dove, oltre agli aspetti e alle proprietà globali delle funzioni e dei loro grafici, assumono un’importanza cruciale gli aspetti locali, che riguardano il comportamento delle funzioni nell’intorno di certi punti. A questo proposito, sono attualmente in corso delle ricerche che studiano come si possano utilizzare i comandi di Zoom dell’ambiente GRAPH della calcolatrice per utilizzare la dialettica tra aspetti locali e globali nell’introduzione di concetti fondamentali dell’analisi, come il limite e la derivata (es. Maschietto, 2002). In seguito, gli studenti hanno completato una tabella, sulle cui colonne dovevano essere riportate le approssimazioni dell’area per difetto, per eccesso, il loro valor medio, l’approssimazione mediante trapezi, l’incertezza assoluta e relativa e il lavoro della trasformazione isoterma espresso in joule, all’aumentare del numero di suddivisioni dell’intervallo (n = 1, 2, 3, 5, 10, 20, 50, 100, 500). Erika e Stella ad esempio, si sono divise i compiti in questo modo: la prima utilizzava la calcolatrice, sia per eseguire i programmi che per svolgere i calcoli, mentre la seconda completava la tabella, esercitando un controllo sui valori ottenuti con lo strumento. Ad un certo punto, completate le righe corrispondenti a 50 e 100 intervalli, si trovano nella seguente situazione:

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n ardif arecc medio artrapvalor incert. trasformazionelavoro della incertezzarel %

50 4,733 4,925 4,829 4,829 0,096 2 %

100 4,780 4,876 4,828 4,828 0,12 2,5 %

15. Erika: “Questo qui può essere più piccolo di questo?” indicando i numeri 2,5 e 2 nell’ultima colonna della tabella.

16. Stella: “Si, no?”

17. Erika: “No, deve essere più piccolo, perché guarda!” Scorre con l’indice dall’alto al basso la colonna delle incertezze e subito dopo la prima colonna (n).

65. Stella: “Rifacciamo i calcoli”

Ripetono quindi le operazioni con la calcolatrice, ottenendo nella seconda riga un’incertezza di 0,049 invece di 0,12, e quindi un’incertezza relativa dell’1%. 66. Erika, osservando la tabella: “Giusto”

Soffermiamoci sul modo in cui le ragazze utilizzano la tabella: esse “scorrono” le colonne in verticale (#17), percependo le differenze relative tra righe successive, come ad esempio tra la riga n=50 e la riga n=100. Questo modo dinamico di vedere una tabella numerica è quello che risulta più naturale: lo si può notare infatti già nei bambini della scuola elementare, ed emerge anche in attività di altro tipo, come l’analisi di tabulazioni di funzioni (Ferrara & Robutti, 2002). L’artefatto calcolatrice è diventato strumento nelle loro mani, tramite l’attivazione degli schemi d’uso relativi alla compilazione della tabella numerica (la terminologia fa riferimento

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al quadro teorico di Rabardel, 1995). Assumendo la congettura per cui la precisione debba aumentare man mano che aumenta il numero di suddivisioni, esse sono in grado di trasformare la calcolatrice in uno strumento di controllo, e non solo di

esplorazione, in quanto prevedono che il valore finale “deve essere più piccolo” [#17].

Mentre nelle attività precedenti l’attenzione era principalmente posta sulle strategie di calcolo dell’area e su difficoltà e vantaggi di ogni singola procedura per il raggiungimento di un risultato, in questa attività si è andati oltre. Si sono individuate le procedure con le caratteristiche comuni di essere generalizzabili anche ad altre funzioni e di essere suscettibili di miglioramenti in dipendenza di parametri (metodi dei trapezi, dei rettangoli, …); si è considerata ognuna di esse nella sua globalità, e la si è trasformata, mediante i programmi sulla calcolatrice, in un processo di tipo input-output, che consente di ottenere un risultato in base ai dati d’ingresso (il riferimento teorico è qui Dubinsky, 1991). Il passaggio dal livello procedurale a quello processuale delle strategie risolutive costituisce dal nostro punto di vista un passo importante verso la costruzione di significato dell’integrale. I programmi hanno permesso quindi il passaggio successivo, fondamentale nel processo di integrazione, e cioè di ottenere,

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all’aumentare del numero di suddivisioni dell’intervallo8, valori sempre più vicini tra loro. Il processo della somme integrali viene qui fondato sul concetto di area sotto un grafico, che assume il ruolo di radice cognitiva dell’integrale, nel senso di Tall (1989). Al quinto anno, gli studenti hanno affrontato la nozione di integrale nella sua complessità, in un ambito più ampio, comprendente vari esempi matematici e non.

Raccogliendo i dati in una tabella alla lavagna, l’insegnante avvia una discussione collettiva, partendo dall’osservazione riportata da quasi tutti gli allievi, sul fatto che il valore ottenuto con artrap coincide con il valor medio dei valori dati da ardif e arecc.

1. Insegnante: “Quali sono le osservazioni che si possono fare”

2. Andrea [interrompendola]: “Che la più precisa è l’ultima, naturalmente.

Poi, artrap è più precisa; infatti si avvicina al valor medio, cioè … è lo stesso valor medio”

67. Insegnante: “L’ultima è la più precisa: cosa vuol dire la più precisa?” 68. Andrea: “Che si avvicina al valore vero”

69. Allievi: “Che si avvicina al valore reale” 70. Insegnante: “Che rende minore”

71. Andrea [interrompendola]: “L’intervallo” 72. Stella: “La percentuale dell’errore”

8 Avendo scelto, per semplicità di trattazione e come d’uso in analisi numerica, di suddividere l’intervallo di integrazione in parti uguali, all’aumentare del numero di suddivisioni corrisponde il diminuire dell’ampiezza di ogni singolo sottointervallo.

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Dopo aver raccolto contributi e giustificazioni, riassume infine i concetti emersi, guidando verso la concettualizzazione della misura esatta:

63. Insegnante: “Che cosa accade, che il metodo coi trapezi mi

dà immediatamente un valore, che invece col metodo di stima per eccesso e per difetto devo calcolare in un secondo tempo, quindi è più veloce. Però il metodo per eccesso e per difetto mi dà un intervallo all’interno del quale c’è il valore che io sto cercando, e quindi, in qualche modo è più rigoroso, più preciso: mi dice qual è l’intervallo e mi dice anche qual è la precisione della misura. Questa informazione è più ricca della precedente. Adesso, se ci ricordiamo quanto stavamo facendo l’anno scorso, cosa osserviamo [indica le colonne ardif e arecc della tabella alla lavagna]: cosa succede a questi valori?”

66. Andrea e altri: “Che una diminuisce e l’altra aumenta”

67. Insegnante: “Quindi io cos’ho [traccia una retta alla lavagna]: una

approssimazione per difetto [indica la colonna ardif alla lavagna], chiamiamola m1, m2, scrivo m piccolo la misura, e come pedice il numero di intervalli; voi

avete calcolato m1, m2, m5, m10, m20, eccetera eccetera [ha disegnato la figura

12]:

Fig. 12

e questi valori si avvicinano [scorre la mano sulla retta da m1 a m20, cioè da sinistra a destra], aumentano sempre [indica dall’alto in basso la colonna

ardif]: se andate a leggere questa colonna vedete dei valori che aumentano sempre si avvicinano a qualcosa [ora si è spostata verso la retta e indica la

successione mi]. Dall’altra parte [indica la colonna arecc], per eccesso, ho

qualcosa che lavora esattamente”

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68. Francesco, interrompendo: “Al contrario”

69. Insegnante: “Al contrario, quindi io ho qua [indica la retta], questa volta

scrivo M grande, la misura per eccesso, M1, e però poi la misura successiva

diminuisce.” Segna sulla retta M1, M5, M10, figura 13:

Fig. 13

70. Insegnante: “Cosa ci ricorda questa situazione?” 71. Stella: “Radice 2”

73.Andrea: “Radice 3”

74.Insegnante: “Radice 3, ci ricorda qualcosa di quel genere. Che cosa,

quando abbiamo costruito, che cosa?”

75.Un allievo : “Le coppie contigue” 76.Insegnante: “Le classi contigue”

78. Insegnante: “Cioè io sto approssimando qualcosa per difetto, attraverso

dei numeri razionali; sto approssimando qualcosa per eccesso [indica la retta

da destra verso sinistra], di nuovo attraverso dei numeri razionali [indica genericamente la tabella]. Ora, se io immagino di proseguire, con una

calcolatrice più potente, ma poi con una calcolatrice ideale, questo processo, e quindi fare un calcolo con 10000 intervallini, con un milione di intervallini, con un miliardo di intervallini, con 1023 intervallini, vado avanti… cosa

succede, secondo voi?”

Brusio nella classe.

79. Un allievo: “Si identificano” 80. Un allievo: “Coincidono”

81. Insegnante : “Vanno proprio a coincidere, secondo voi?” m1 m2 m20 M M10 5 M1

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82. Alcuni allievi a bassa voce o con cenni del capo rispondono di sì, altri di no, ma nessuno prende la parola ad alta voce.

83. Insegnante : “Adesso sono in una calcolatrice ideale che non esiste

proprio più e immagino di fare il calcolo con 1023 intervallini, cosa succede?”

84. Francesco: “Sarà un radicale”

85. Insegnante [non ha udito bene]: “Non ho capito” 86. Francesco: “Ma con una calcolatrice ideale?”

87. Insegnante: “Sì, questo calcolatore ideale che mi permette di fare i

calcoli con un numero assolutamente [allarga le braccia per rappresentare una

quantità grande]”

88. Francesco la interrompe: “Alla fine verrà una radice” 89. Insegnante: “Una radice?”

90. Francesco: “No, un numero …. Come si chiamano? Come si

chiamano…?”

94. Insegnante: “Reale. Non è detto che sia irrazionale per forza, è un numero

reale. Allora, proseguire questo lavoro, aumentare, infittendo, il numero degli intervallini, permette di ottenere una misura sempre più precisa della mia misura “vera”. Da matematico questa misura vera esiste, perché esiste l’elemento separatore di queste due classi contigue, la misura per difetto e la misura per eccesso. Il processo che, non abbiamo ancora fondato bene, ma che permette di infittire il numero di questi intervallini è un processo di limite: se al limite il numero degli intervallini tende all’infinito, diventa sempre più grande fino a diventare infinito, allora vado ad identificare davvero l’elemento che c’è in mezzo [indica la retta, al centro delle due successioni]”.

Attraverso l’immagine della “calcolatrice ideale” ed il collegamento alle classi contigue, si è così passati dalla misura approssimata che proviene dagli algoritmi di calcolo, alla misura dell’area come elemento separatore. Il passo concettuale verso la

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misura esatta pensata come numero reale è permesso dalla “calcolatrice ideale”, che può essere interpretata come metafora

concettuale, nel senso di Lakoff & Nùñez (2000). Si possono

infatti individuare in questa metafora un dominio sorgente (la “calcolatrice reale”, con i numeri razionali, le operazioni su di essi, in particolare le somme) e un dominio obiettivo (costituito dalla “calcolatrice ideale”, che contiene, oltre ai numeri e alle operazioni di quella reale, anche una loro estensione, rispettivamente ai numeri reali e alle operazioni senza limiti di sorta, in particolare le somme infinite). La figura 14 illustra la metafora della calcolatrice ideale attraverso lo schema introdotto da Lakoff & Nùñez, mostrando i due domini e soprattutto le importanti inferenze tra di essi (Robutti, 2003).

Fig. 14

Nell’attività di discussione di classe, tale metafora si rivela a questo punto di importanza fondamentale nel supportare gli

Dominio Sorgente

CALCOLATRICE REALE CALCOLATRICE IDEALEDominio Bersaglio

SOMME PARZIALI SOMME INFINITE

NUMERI NELLA CALCOLATRICE

OPERAZIONI OPERAZIONI

METAFORA DELLA

CALCOLATRICE IDEALE IDEALEIDEALE

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studenti nella loro attività cognitiva, in particolare nel passaggio da insiemi di numeri razionali (le sezioni) al numero reale, che viene costruendosi come sorta di “parete divisoria” tra di loro. La metafora si innesta perfettamente sull’attività “instrumentata”, che a sua volta si situa in continuità con i processi di approssimazione attivati nelle diverse attività fin dall’anno precedente. In tal modo, viene messo a fuoco proprio quel numero reale che era stato concepito dagli studenti fin dall’inizio, in risposta all’esigenza di trovare la misura “giusta” (#212, parte A, pag. 494), “il valore

vero” dell’area (#4 in questa attività).

Inoltre, la metafora stessa guida gli studenti a una conquista cognitiva cruciale: la comprensione di un concetto (la nozione di numero reale, in questo caso dato dall’integrale) in termini di un

processo (l’approssimazione di un’area sotto una curva tramite

somme finite), che potenzialmente va avanti all’infinito (man mano che cresce il numero dei rettangoli)9.

Abbiamo privilegiato qui la costruzione dell’integrale dal punto di vista cognitivo, facendo leva sulla possibilità di attivare dinamiche di pensiero e metafore, ed utilizzando a tal fine uno strumento tecnologico non tradizionale. Dal punto di vista strettamente matematico, la costruzione dell’integrale sarà ottenibile con adeguati strumenti dell’analisi solo al quinto anno.

9 Per quanto riguarda la formazione di concetti a partire da processi, si confronti Sfard (1991).

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Rimanendo quindi in una prospettiva cognitiva, il passaggio dall’infinito potenziale all’infinito attuale si verifica mediante quella che Lakoff & Nùñez (2000, p.159) chiamano BMI: la Metafora Base dell’Infinito (discussa nel quadro teorico della parte A dell’articolo). Tramite questa metafora diventa infatti possibile concettualizzare l’infinito attuale, in termini di risultato finale che segue ogni stato di un processo iterativo imperfettivo10.

Un caso particolare della BMI è la metafora Le Somme Infinite Sono Limiti di Successioni di Somme Parziali (Lakoff & Nùñez, 2000, p.197), precisata nella tabella:

LE SOMME INFINITE SONO LIMITIDI Successioni di Somme Parziali

Dominio Obiettivo

LIMITIDI SUCCESSIONI

Caso Particolare

SOMME INFINITE Il limite di una successione

di somme parziali Una somma infinita limn→∞nk=1ak ∞k=1ak

Secondo gli autori, attraverso questa metafora si può “definire” una somma infinita come limite di una successione di somme parziali. 10 Il dominio obiettivo della BMI è quello dei processi privi di stadio finale, che vengono chiamati “processi imperfettivi” dai linguisti. L’effetto della BMI è quello di aggiungere un completamento metaforico al processo in corso, in modo da considerarlo con un risultato: una cosa infinita.

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Al termine della discussione di classe, uno studente ha provato ad utilizzare il programma artrap nel caso di un numero infinito di intervallini di suddivisione, digitando il simbolo ∞ disponibile sulla tastiera della calcolatrice:

97. Francesco: “Ho messo intervallini infinito… e mi dice indefinito [la calcolatrice ha fornito la risposta undef 11]”

Francesco combina lo schema d’uso introdotto con il programma sulla calcolatrice con il processo cognitivo appoggiato alla metafora, appena realizzato in classe. Esso può essere interpretato come un tentativo di giungere al risultato finale di un’azione imperfettiva, di determinare l’elemento corrispondente sulla calcolatrice reale di ciò che è stato concettualizzato mediante la “calcolatrice ideale”, ossia sostituire ∞ al posto di un numero n comunque grande. La speranza di Francesco è di trovare “il” valore esatto dell’area, ma viene subito delusa dalla risposta che compare sullo strumento calcolatrice reale. Il salto cognitivo, che è stato superato tramite la costruzione dell’integrale definito non solo come processo, ma anche come concetto (quindi nell’insieme come

procept nel senso di Tall), dal punto di vista matematico invece

permane. Tale salto verrà colmato solo al quinto anno, quando verrà definito l’integrale in modo rigoroso, obiettivo che negli anni precedenti non era stato fissato. Questa precisazione viene 11 Quando un valore non è disponibile come output, la calcolatrice risponde con undef, dall’inglese undefined (indefinito, indeterminato).

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esplicitata anche alla classe, al termine della discussione. Per determinare comunque il valore esatto dell’area si introduce allora un comando della calcolatrice, detto “Integrate”. Si tratta di uno strumento di calcolo simbolico, disponibile nell’ambiente HOME (figura 15), che viene utilizzato per ottenere risultati non raggiungibili con gli strumenti teorici e di calcolo a disposizione degli studenti.

Fig. 15

A questo punto, vogliamo proporre alcune riflessioni sull’uso dello strumento (la calcolatrice) nelle attività presentate.

L’oggetto integrale è raggiunto dagli studenti attraverso un comando (Integrate) sulla calcolatrice, che viene usato come “scatola nera” da un punto di vista del calcolo in analisi matematica: gli studenti non hanno ancora imparato la definizione, né i metodi per calcolare integrali definiti a partire da primitive (lo faranno nell’anno successivo, come l’insegnante esplicita loro). Tuttavia, lo stesso strumento calcolatrice è utilizzato come “scatola trasparente” dal punto di vista del significato matematico, in quanto gli studenti, nel loro percorso concettuale attraverso tutte le

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attività descritte (a partire da quelle in carta e matita l’anno precedente), hanno costruito un significato per la determinazione di aree sottese da funzioni, tramite procedimenti di approssimazione per eccesso e per difetto; hanno altresì compreso che all’aumentare del numero delle suddivisioni queste approssimazioni migliorano, e che si può ottenere in questo modo il valore dell’area.

La nostra analisi per il momento termina qui, ma il percorso didattico è proseguito nella quarta classe secondo quanto prospettato, con le attività inerenti il segno dell’integrale e l’aspetto funzionale, e nella classe quinta con la formalizzazione dei concetti introdotti e lo studio della funzione integrale.

4. CONCLUSIONI

L’analisi condotta, alla luce dei riferimenti teorici considerati, ha suggerito alcune riflessioni, che vogliamo proporre brevemente all’attenzione del lettore.

Una prima considerazione è la seguente: gli aspetti percettivi si sono rivelati un valido punto di partenza per il processo di concettualizzazione dell’integrale, in un percorso che presenta la caratteristica di ribaltare un approccio di tipo tradizionale che dalla primitiva porta all’integrale definito.

Questo rovesciamento comprende non solo un ripensamento della scaletta curricolare, ma anche l’introduzione della tecnologia come

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parte integrante dell’attività didattica. La calcolatrice grafico-simbolica si trasforma nelle mani degli studenti in strumenti diversi, a seconda degli schemi d’uso attivati, che possono andare dai semplici calcoli all’applicazione di un programma, dalla rappresentazione grafica al comando di integrazione simbolica. Gli schemi d’uso supportano gli studenti nei vari passaggi cognitivi, come per esempio l’aumentare della precisione del risultato all’aumentare del numero di intervalli della partizione. Ma la tecnologia non fornisce da sola la mediazione per la costruzione di un concetto. Nell’affrontare l’ultimo passaggio, che costituisce una vera e propria discontinuità dal punto di vista epistemologico e cognitivo, vediamo che diventa fondamentale il ruolo dell’insegnante, il quale introduce ad hoc una metafora (quella della calcolatrice ideale), che veicola il significato di numero reale. Validi strumenti di analisi sono risultati la prospettiva strumentale della scuola francese (oltre a Rabardel, ad esempio Artigue, 2001; Lagrange, 2003) relativa al passaggio artefatto-strumento, integrata con alcuni elementi dell’embodied cognition (Lakoff & Nùñez, 2000), quali la metafora concettuale e in particolare la BMI. Per interpretare i processi di pensiero degli studenti in fase di costruzione di conoscenze ci si è basati sull’analisi del linguaggio verbale. Alcuni spunti interessanti sono emersi tuttavia dalla componente gestuale della comunicazione, ambito che ci proponiamo di approfondire con ulteriori ricerche.

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Vogliamo concludere per ora osservando che tali strumenti di ricerca, se opportunamente gestiti nella pratica didattica, possono diventare validi strumenti metodologici per l’insegnante, da affiancarsi ad altri, quali ad esempio il lavoro in gruppi o la discussione matematica. Le metafore, usate da studenti e insegnante nell’attività di insegnamento-apprendimento, possono aprire nuove strade alla ricerca e alla pratica didattica, con l’obiettivo di gettare ponti tra l’una e l’altra.

Ricerca finanziata dal MIUR, dall’Università di Torino e dall’Università di Modena e Reggio Emilia (COFIN03 n. 2003011072).

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12 Riportiamo qui i lavori citati in questa seconda parte dell’articolo, rimandando alla prima per un quadro bibliografico completo.

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