Facolt`
a di Ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica
Tesi di laurea
Estrapolazione della Curva
Tensione-Deformazione da Prove di
Indentazione Strumentata
Relatori
Prof. Marco Beghini Ing. Bernardo Monelli
Correlatore
Prof. Michele Barsanti
Candidato
Matteo Vannucci
1 Introduzione 1
2 Meccanismi di Indentazione Sferica in Solidi Elasto-Plastici 4
2.1 Risposta all’indentazione sferica e nomenclatura associata . . . 5
2.1.1 Morfologia del profilo del cratere . . . 8
2.2 Campi di tensione e deformazione nell’indentazione sferica sen-za attrito su materiali elasto-plastici . . . 9
2.2.1 Regimi di indentazione . . . 9
2.3 Lo studio di Song e Komvopoulos . . . 15
2.3.1 Definizione del problema, modello FEM e legge costi-tutiva adottata . . . 16
2.3.2 Regimi di indentazione . . . 16
2.3.3 Variazione del parametro k . . . 18
2.3.4 Evoluzione della plasticit`a . . . 19
2.4 Effetti dell’attrito sulla risposta all’indentazione sferica di ma-teriali metallici . . . 20
2.4.1 Studio sugli effetti dell’attrito di Beghini et al. [5] . . . 22
2.5 Riassunto . . . 27
3 Procedure per la Valutazione delle Leggi Costitutive Tensione-Deformazione 28 3.1 L’approccio di Tabor . . . 29
3.2 Studi e migliorie proposti per il metodo di Tabor . . . 31
3.2.1 Metodo di inversione basato sulla geometria del cratere residuo di Wang et al. [66] . . . 33
3.3 Procedure di valutazione basate sull’analisi della curva
carico-profondit`a di indentazione . . . 38
3.3.1 Procedure basate sulla curva L-h tramite deformazione rappresentativa . . . 38
3.3.2 Procedure basate sulla correlazione diretta tra L-h e σ-ε 40 3.3.3 Procedura di inversione di Moussa et al. [40] . . . 41
3.4 Riassunto . . . 55
4 Sviluppo di strumenti utilizzati per l’Analisi Diretta 56 4.1 Preparazione dei dati e prime elaborazioni . . . 57
4.1.1 Azzeramento delle curve tensione-deformazione . . . . 57
4.1.2 Epurazione delle deformazioni dalla componente ela-stica e passaggio alle grandezze true . . . 59
4.2 Scelta dell’algoritmo di fitting dei dati . . . 59
4.2.1 Pacchetto MATLAB ARES . . . 60
4.2.2 Normal Equation Method . . . 63
4.2.3 Algoritmo di fitting basato sul NEM . . . 64
4.2.4 Confronto degli algoritmi e scelta . . . 66
4.3 Calcolo della curva master . . . 68
4.4 Rappresentazione del database come una griglia . . . 73
4.4.1 Algoritmo per l’interpolazione della griglia . . . 74
4.5 Riassunto . . . 77
5 Risultati dello studio 78 5.1 Curve di livello . . . 78
5.1.1 Individuazione regione occupata da una famiglia di curve L-h . . . 81
5.2 Metodo di inversione . . . 84
5.2.1 Test di validazione . . . 87
5.2.2 Identificazione dei parametri di Hollomon . . . 94
Introduzione
La prova di indentazione strumentata viene ormai usata da tempo come un efficiente e utile strumento per la valutazione delle propriet`a di materiali di interesse ingegneristico.
Recenti sviluppi su equipaggiamento ad alta risoluzione per la valutazione della profondit`a hanno grandemente promosso l’uso delle prove di indenta-zione per misurare le propriet`a di vari materiali metallici [54].
Uno dei vantaggi di questa tecnica `e la sua non distruttivit`a e la prepara-zione necessaria, pressoch´e nulla, del provino per effettuarla. Inoltre pu`o essere eseguita su materiali in alcune condizioni in cui la classica prova di trazione non `e utilizzabile: provini di dimensioni estremamente ridotte; de-terminazione delle caratteristiche locali di un materiale (materiali trattati superficialmente o saldati), tessuti e cartilagini di interesse biomeccanico e biomedico.
Grazie ad essa si possono investigare svariate propriet`a dei materiali: par-tendo dalla pi`u classica determinazione della durezza superficiale, fino ad arrivare alle caratteristiche tenso-deformative. Un altro vantaggio `e rappre-sentato dalla limitata quantit`a di materiale necessaria per eseguire questo tipo di prova. Grazie a questa peculiarit`a, l’indentazione sferica strumentata `
e considerata uno degli approcci pi`u efficienti per inferire le leggi costitutive dei materiali metallici.
Uno degli svantaggi `e dato dal complesso campo di deformazione che viene
a crearsi nel materiale indentato, che rende impossibile dedurre le propriet`a costitutive del materiale in modo semplice ed accurato, come comprovato da numerosi studi analitici e numerici che sono stati portati avanti negli ulti-mi decenni. La presente dissertazione si inserisce proprio in questo ambito, puntando a sviluppare una nuova metodologia per inferire il comportamento di materiali metallici dalla loro risposta all’indentazione strumentata. Nella prima parte di questa tesi, verranno studiati i meccanismi di deforma-zione promossi dagli indentatori sferici nel materiale e le procedure sviluppate per ricavare i parametri costitutivi dalla risposta all’indentazione sferica. Sul-la base di queste conoscenze, `e stato sviluppato un nuovo metodo analitico, con l’aiuto di software di calcolo.
La conoscenza dei fenomeni di deformazione indotti dagli indentatori sferici `e di fondamentale importanza per comprendere quali informazioni, relative al comportamento del materiale indentato, sono contenute nella risposta all’in-dentazione. In questa ottica, il capitolo 2 `e stato dedicato alla raccolta delle principali teorie sulla indentazione. L’evoluzione dei campi di deformazio-ne deformazio-nella regiodeformazio-ne indentata `e stata analizzata e correlata con la caratteristica risposta del materiale rappresentata dalla curva carico-profondit`a di indenta-zione (curva L-h) e la geometria del profilo del cratere residuo. Le procedure di valutazione sviluppate per interpretare tali meccanismi di deformazione sono discussi nel capitolo 3.
Nel capitolo 4 verr`a descritto il funzionamento di un programma in linguag-gio MATLAB che, partendo da curve sperimentali tensione-deformazione, permette di ottenere una famiglia di curve master che possono essere inserite in un modello agli elementi finiti, che simula il processo di indentazione stru-mentata, per creare un database di curve L-h. Questo procedimento viene definito ”analisi diretta”, ovvero l’identificazione della curva L-h partendo dai parametri costitutivi ottenuti dalla classica prova di trazione, e servir`a come base per lo sviluppo di un procedimento che permetta di identificare la legge costitutiva di un materiale partendo dalla sua curva di indentazione. Verr`a poi esplorata un’altra strada, nel capitolo 5, basata su osservazioni fatte durante lo studio dei risultati ottenuti con il suddetto programma che consiste in un metodo di analisi inversa che pu`o essere utilizzato come uno
strumento di valutazione delle caratteristiche tensili partendo dalla risposta all’indentazione del materiale.
Infine, vengono presentate le conclusioni sul lavoro svolto con idee per pos-sibili miglioramenti e sviluppi futuri.
Meccanismi di Indentazione
Sferica in Solidi Elasto-Plastici
La risposta all’indentazione di ogni materiale `e strettamente legata ai fe-nomeni di deformazione coinvolti nella regione sotto l’indentatore. Perci`o, la valutazione delle propriet`a costitutive tramite prove di indentazione stru-mentata non pu`o prescindere da una profonda comprensione dei meccanismi di deformazione attivati dall’indentarore. Distinguere e caratterizzare que-sti fenomeni di deformazione porta a stabilire le propriet`a del materiale e i parametri sperimentali che li influenzano e , conseguentemente, come le infor-mazioni riguardanti il comportamento costitutivo del materiale sono raccolte nella risposta all’indentazione.
Per materiali metallici, la risposta all’indentazione `e guidata dall’evoluzio-ne del campo di deformaziodall’evoluzio-ne elasto-plastico e dalle condizioni di contatto. In letteratura ci sono molte teorie sviluppate per descrivere i meccanismi di indentazione sferica, basati su rilievi sperimentali e su approcci analitici e numerici.
Questo capitolo `e dedicato all’analisi delle principali evidenze sperimentali e modelli computazionali che riguardano i meccanismi di indentazione sferica di materiali elasto-plastici.
Dopo aver introdotto le principali grandezze fisiche che possono essere misu-rate durante una prova di indentazione strumentata e la nomenclatura
ciata, vengono riportati i pi`u importanti rilievi sperimentali. Poi, vengono analizzati i meccanismi di deformazione promossi dagli indentatori sferici su materiali elastici-perfettamente plastici e incrudenti. Sono inoltre investigate le correlazioni tra l’evoluzione del profilo del cratere e i fenomeni di piling-up e sinking-in. Dato che l’attrito tra i due corpi in contatto non pu`o essere trascurato in una prova sperimentale, vengono analizzati infine gli effetti del-l’attrito sulla caratteristica curva L-h e l’evoluzione dei campi di tensione e deformazione.
2.1
Risposta all’indentazione sferica e
nomen-clatura associata
Le tecniche per la caratterizzazione dei materiali fondate sull’indentazione sono al giorno d’oggi uno degli strumenti pi`u efficienti disponibili nello stu-dio dei materiali. A seconda del tipo di indentatore e dell’entit`a del carico applicato, `e possibile ottenere indicazioni su diverse propriet`a del materia-le [50, 60]: misure di durezza (Vickers e Brinell tra materia-le pi`u note ed utilizza-te); valutazione della resistenza di materiali ceramici e delle leggi costitutive elasto-plastiche per materiali metallici [11, 12] sono solo alcuni esempi del grande numero di applicazioni di interesse ingegneristico, e non solo, basate sulle prove di indentazione disponibili al momento.
La fig. 2.1 mostra una rappresentazione schematica di una prova di inden-tazione strumentata, con indentatore sferico, e la caratteristica curva carico-profondit`a di indentazione (curva L-h) che si ottiene da una misura continua-tiva della forza L e della profondit`a h durante la prova. Chen et al. [12] hanno mostrato che possono essere individuati svariati fattori di forma caratteriz-zanti la risposta all’indentazione di un materiale, analizzando l’andamento delle curve di carico e scarico del ciclo di indentazione. `E chiaro che il mas-simo carico applicato Lmax, unito alla corrispondente profondit`a hmax e la
profondit`a dell’impronta residua hres dopo lo scarico possono essere
conside-rati i parametri caratteristici pi`u rilevanti della risposta all’indentazione del materiale.
Figura 2.1 Prova di indentazione sferica e tipica curva carico-profondit`a di indentazione (L-h) del materiale indentato [38].
Tuttavia, questi parametri non sono sufficienti per identificare univocamente la curva L-h del materiale. Secondo Chen et al. [11, 12] la conoscenza della forma delle curve di carico e scarico e le aree sotto queste due curve: il lavoro totale fatto dall’indentatore WL e il lavoro elastico WU N racchiuso nel
mate-riale; sono necessarie per definire completamente la situazione. In pi`u, Pharr et al. e Oliver et al. [49, 50, 55] hanno provato che la pendenza iniziale della curva di scarico pu`o essere messa in relazione con le propriet`a elastiche del materiale. Dunque, la pendenza della curva di scarico, SC, valutata al
mas-simo carico raggiunto pu`o essere considerato come un ulteriore importante parametro della risposta all’indentazione del materiale.
Altri rilievi sperimentali e previsioni analitiche [33, 36, 60] confermano che la forma della curva di carico `e dettata dalla geometria dell’indentatore. Se vengono usati indentatori conici, il ciclo di carico `e ben descritto dalla Legge di Kick:
L = Ch2 (2.1)
dove la curvatura di carico C `e una costante del materiale. La forma qua-dratica `e un’ovvia conseguenza della auto-similarit`a geometrica dell’indenta-tore [33, 61].
obbedisco-no alla legge di Meyer: L πa2 = k a D m1 (2.2)
dove k e m (> 1) sono due costanti dipendenti dal comportamento del ma-teriale. D `e il diametro della sfera e a il raggio determinato dall’intersezione tra il profilo di contatto dell’indentatore e la superficie originale indeformata (vedi fig. 2.2). Come ci si poteva aspettare, in assenza dell’auto-similarit`a degli indentatori affilati, la corrispondente curvatura di carico C `e una fun-zione della profondit`a di penetrazione h e varia durante i cicli di carico e scarico. Tuttavia, come mostrato da O’Neill [52], la legge di Meyer non `e solo una relazione empirica tra il carico applicato L e la geometria del crate-re: la curva tensione-deformazione dei materiali metallici, infatti, pu`o essere ben approssimata dalla seguente legge di potenza caratterizzata dallo stesso esponente m,
τ = κγm1 (2.3)
dove τ e γ sono la tensione di Cauchy e la deformazione plastica logaritmica, rispettivamente, e κ `e una costante del materiale. L’analisi su vasta scala portata avanti da Tabor [60], infine, ha rivelato che k, κ e m sono correlate:
k κ = αβ
1
m (2.4)
e α e β sono due costanti universali i cui valori sono vicini a 3.0 e 0.4, rispettivamente.
Sostituendo la eq. 2.4 in 2.2 otteniamo:
L πa2 = ακ βa D m1 (2.5)
provando quindi che la durezza apparente L
πa2 `e α volte la tensione di flusso
2.1.1
Morfologia del profilo del cratere
Anche se la curva L-h del materiale rappresenta la fonte primaria di infor-mazioni riguardo al comportamento dei materiali indentati, l’evoluzione del profilo del cratere durante la prova di indentazione lo `e altrettanto, come anche la morfologia dell’impronta residua che pu`o essere usata per caratte-rizzare la risposta all’indentazione del materiale [24, 34]. Le morfologie dei crateri tipiche che possono presentarsi nell’indentazione di un materiale me-tallico con un indentatore sferico sono riportate in fig. 2.2. Come illustrato,
Figura 2.2 Rappresentazione schematica della geometria del cratere di una indentazione sferica. Fenomeni di sinking-in (sinistra) e piling-up (destra) [38].
l’impronta prodotta da un indentatore sferico su un materiale metallico `e caratterizzata da un profilo piuttosto complesso. La rappresentazione del profilo del cratere come una porzione di sfera ideale avente profondit`a di pe-netrazione h e raggio di contatto a, porta a un errore nella rappresentazione del comportamento del materiale indentato, dato che si osservano sperimen-talmente dei fenomeni di sinking-in e piling-up [46, 65], confermando quindi che la morfologia del cratere `e solitamente lontana dalla sua rappresentazione ideale. La quantit`a di materiale soggetto a piling-up e sinking-in `e legata alle propriet`a costitutive del materiale indentato [24, 62]. La profondit`a effettiva di indentazione hef f, che rappresenta la porzione reale dell’indentatore
im-mersa nel materiale, differir`a perci`o dalla profondit`a di penetrazione ideale h. Ci si aspettano valori pi`u grandi o pi`u piccoli di hef f rispetto a h se la
risposta all’indentazione del materiale `e governata da fenomeni di piling-up o sinking-in, rispettivamente. Allo stesso modo, il raggio di contatto effettivo
aef f differir`a dal raggio di contatto sulla superficie indeformata a. Anche
l’a-rea di contatto effettiva sar`a diversa dall’area di contatto ideale che si ottiene quando questi fenomeni sono trascurati.
Norboury et al. [46] hanno rivelato, elaborando una grande quantit`a di da-ti, che la profondit`a di indentazione h pu`o essere correlata ad a2 durante il
processo di indentazione e il rapporto
c2 = a
2
Dh (2.6)
`
e un invariante che dipende dallo stesso esponente m incontrato nelle pre-visioni di Meyer e O’Neill et al. [36, 52], su un ampia gamma di materiali. Come dimostrato da Hill et al. [24], la funzione c2(m) `e monotona crescente
e pu`o essere usata per valutare la quantit`a di materiale che subisce piling-up e sinking-in, rendendo possibile inferire l’esponente m del materiale di eq. 2.3 tramite un’opportuna analisi dell’impronta lasciata dall’indentatore.
2.2
Campi di tensione e deformazione
nell’in-dentazione sferica senza attrito su
mate-riali elasto-plastici
2.2.1
Regimi di indentazione
La curva L-h e l’evoluzione del profilo del cratere durante l’indentazione so-no risultati macroscopici dei processi di deformazione che avvengoso-no nella regione sotto l’indentatore. Per stabilire un’adeguata correlazione tra la ri-sposta del materiale e ogni stadio del processo di indentazione, `e necessario distinguere i processi di deformazione promossi dagli indentatori sferici come funzione delle propriet`a del materiale e della profondit`a h.
Per comprendere le basi dei processi di deformazione indotti da un indenta-tore sferico sui materiali metallici, `e prima analizzata l’indentazione sferica senza attrito di un un semispazio infinito di materiale omogeneo, isotropo, e lineare elastico-perfettamente plastico.
Un disegno della configurazione del problema `e rappresentato in fig. 2.3. Si assume che venga prodotta un’impronta di contatto ideale, caratterizzata
Figura 2.3 Rappresentazione del regime di indentazione sferica su materiali metallici [38].
da un raggio di contatto a. Fino a che la tensione di snervamento del ma-teriale non viene superata, il processo di deformazione `e guidato solo dalla distribuzione delle tensioni elastiche e il regime di contatto proposto da Her-tz [22, 23] ben descrive la risposta all’indentazione del materiale.
La parte della curva carico-profondit`a di indentazione riguardante questo regime `e rappresentata dalla ben nota legge esponenziale di Hertz [26]:
L = 4 3 r D 2E ∗ h32 (2.7)
nella quale il modulo elastico del solido indentato `e stato sostituito con il modulo elastico equivalente E∗ definito come,
1 E∗ = 1 − νI2 EI +1 − νM 2 EM (2.8)
per tenere conto della deformabilit`a dell’indentatore. Qui, EI, νI, e EM, νM
rappresentano il modulo di Young e il rapporto di Poisson dell’indentatore e del semispazio indentato, rispettivamente. Il campo di tensione nel
semi-spazio pu`o essere ottenuto seguendo la procedura proposta da Timoshenko e Goodier [64], una volta che le condizioni di carico siano note. Secondo la teoria di Hertz, la distribuzione di pressione p(r) tra la sfera e il semispazio infinito prende la seguente forma:
p(r) = p0 1 − r 2 a2 12 (2.9)
dove p0 `e la pressione massima tra i corpi in contatto.
L’equilibrio dell’indentatore lungo l’asse d’indentazione fornisce la relazione tra il carico applicato L e p0,
L = 2 3πp0a
2
(2.10)
Le componenti elastiche della tensione sulla superficie indentata (z = 0) e all’interno del cerchio caricato (0 < r < a) risultano [64],
σr = ( (1 − 2νM) 3 a2 r2 " 1 − 1 − a 2 r2 32# − 1 − a 2 r2 12) p0 (2.11) σθ = − ( (1 − 2νM) 3 a2 r2 " 1 − 1 − a 2 r2 32# − 2νM 1 − a 2 r2 12) p0 (2.12) σz = − 1 −a 2 r2 12 p0 (2.13)
mentre fuori dal cerchio caricato (r ≥ a),
σr = −σθ = (1 − 2νM)
a2
3r2p0 (2.14)
Lungo l’asse di indentazione (asse z), l’andamento delle componenti della tensione `e il seguente: σr = σθ = ( −(1 + νM) h 1 − z atan −1 (a/z)i+ 1 z 1 + z 2 a2 −1) p0 (2.15)
σz = − 1 + z 2 a2 −1 p0 (2.16)
Si noti che lungo l’asse di indentazione (asse z) le componenti della tensione r, θ e z date dalle eq. 2.15 e 2.16 sono tensioni principali e la tensione principale di taglio,
τ1 =
1
2|σz− σθ| (2.17)
assume il valore massimo lungo l’asse d’indentazione ad una profondit`a di z = 0.48a, per νM = 0.3, come capita di solito per i materiali metallici. Perci`o,
ci si deve aspettare che lo sviluppo delle deformazioni plastiche inizi nella regione sotto la punta dell’indentatore e alla profondit`a sopra menzionata. Lo snervamento di materiali metallici `e solitamente ben descritto dal criterio di Von Mises, 1 6{(σ1− σ2) 2+ (σ 2− σ3)2+ (σ1− σ3)2} = S2 yp 3 (2.18)
o dal criterio di Tresca,
max{|σ1− σ2|, |σ2− σ3|, |σ1− σ3|} = Syp (2.19)
nel quale σ1, σ2e σ3sono le tensioni principali e Sypla tensione di
snervamen-to del materiale in una prova di trazione monoassiale. Arrangiando diversa-mente le eq. 2.10, 2.15, 2.16 e 2.18 o 2.19, `e possibile dedurre lo snervamento in termini di carico applicato dall’indentatore. Se LS yp rappresenta il valore
del carico al quale il processo di deformazione plastica inizia a verificarsi, si pu`o ottenere la seguente relazione tra LS yp, la geometria dell’indentatore D
e la tensione di snervamento del materiale Syp:
LS yp =
π3D2 24E∗2S
3
yp (2.20)
In termini di pressione media di indentazione pm (pm = πaL2), l’inizio dello
snervamento si ha per,
Di conseguenza, una volta che la soglia data dalle eq. 2.20 e 2.21 viene supe-rata, il processo di snervamento ha inizio. Come previsto dalle eq. 2.15, 2.16 e 2.17 le deformazioni plastiche si sviluppano prima lungo l’asse di indenta-zione ad una profondit`a dalla superficie di contatto che dipende dal rapporto di Poisson del materiale indentato. Il nocciolo plastico si espande radialmente e, con l’aumento di severit`a dell’indentazione, pu`o raggiungere la superficie libera, circondando completamente la superficie di contatto dell’indentato-re [26]. Perci`o, il meccanismo di deformazione nella regione sotto l’indenta-tore a questo stadio del processo `e caratterizzato da una forte interazione tra il campo di deformazione plastica, pertinente alla regione immediatamente sottostante l’indentatore, e la distribuzione della deformazione elastica che circonda il nocciolo plastico.
Dato che entrambe le componenti della deformazione, elastica e plastica, sono comparabili, la risposta all’indentazione del materiale sar`a affetta sia dalle propriet`a elastiche che plastiche del materiale. Con l’aumento ulteriore della profondit`a di indentazione h, ci si aspetta che l’effetto di contenimen-to del circostante materiale elastico tenda gradualmente a scomparire e le deformazioni plastiche diventino predominanti. Dato l’affievolirsi di questa azione contenitiva, il nucleo plastico pu`o liberamente espandersi lateralmente e raggiungere la superficie libera per grandi profondit`a di indentazione, cir-condando completamente l’indentatore e producendo fenomeni di piling-up. La Slip Line Theory (SLT) [26, 46] pu`o essere adoperata per determinare la transizione tra il regime elasto-plastico e quello interamente plastico. Secondo le previsioni della SLT, la transizione al regime di indentazione interamente plastica avviene quando la pressione di indentazione media pm raggiunge un
valore dato dalla seguente espressione per solidi rigidi-plastici:
pm = kSyp (2.22)
dove k `e una costante dipendente dalle condizioni di contatto (coefficiente di attrito) e dalla geometria dell’indentatore. Il suo valore, comunque, `e ap-prossimativamente uguale a 3.0.
ogni regime di indentazione pu`o essere messo in relazione ad una specifica porzione della legge costitutiva del materiale indentato. Dato che la porzione elasto-plastica della curva tensione-deformazione del materiale rappresenta la fonte di informazioni pi`u importante da un punto di vista ingegneristico, non dovrebbe sorprendere lo sviluppo, nei decenni scorsi, di molti modelli anali-tici e numerici che puntano a descrivere questo regime di indentazione per materiali ingegneristici.
Il modello dell’espansione della cavit`a sferica elaborato da Johnson [26, 27] pu`o essere considerato il pi`u efficace per capire come evolve il campo di de-formazione durante il regime di indentazione elasto-plastico e determinare le propriet`a del materiale che guidano l’azione contenitiva del circostante materiale elastico. Tenendo conto delle osservazioni di Samuel et al. e Mu-lhearn [42, 56], Johnson realizz`o che il campo degli spostamenti prodotti da un indentatore `e approssimativamente radiale dal primo punto di contatto ed `e caratterizzato da curve di iso-deformazione emisferiche. Basandosi su queste evidenze, Johnson [26, 27] ha assunto che la regione sotto l’indentato-re sia composta da un nocciolo emisferico avente raggio a all’interno di una regione anulare plastica e ha ottenuto il raggio che descrive il confine tra le due zone. Le componenti della tensione dentro la zona plastica, e in quella elastica, sono state ricavate da Hill [25]. Gli indentatori deformabili possono essere inclusi in questa analisi sostituendo semplicemente il modulo di Young del semispazio EM con il modulo elastico ridotto E∗ dato dalla eq. 2.8.
Anche se la validit`a di questo modello era ristretta ai solidi lineari elastici-perfettamente plastici, le scoperte di Tabor [60] hanno provato che le sue previsioni possono essere estese anche a solidi elastici-incrudenti, conferman-do quindi la validit`a generale del lavoro di Johnson [26, 27]. Hill et al. [24] hanno sviluppato un modello analitico capace di fornire le correlazioni tra il regime di indentazione completamente plastico e le propriet`a plastiche del materiale, andando oltre la SLT [26, 46] che `e solo capace di stabilire la tran-sizione tra regime elasto-plastico e regime puramente plastico.
Sotto le ipotesi di deformazioni infinitesimali nella regione indentata, anda-mento monotono in direzione radiale delle deformazioni, e comportaanda-mento non-lineare elastico, gli autori [24] hanno verificato che le scoperte
sperimen-tali di Meyer e O’Neill [36, 52] sono descritte con successo dal loro modello, oltre alla formula di Tabor [60]. Il modello di Hill et al. [24] `e inoltre capace di mettere in relazione il coefficiente di incrudimento n con l’ammontare di materiale che subisce piling-up e sinking-in.
Per ci`o che riguarda i vari modelli numerici che sono stati creati per deter-minare la risposta all’indentazione sferica di materiali metallici [6, 12, 62, 67], una esaustiva investigazione numerica `e stata eseguita da Mesarovic e Fleck [35].
Gli autori hanno sviluppato un modello FEM che simula la risposta all’in-dentazione di un semispazio infinito contro cui viene premuto un indentatore rigido senza attrito. Sono state prese in considerazione due leggi costitutive per il materiale indentato: Hollomon e Ramberg-Osgood. Nel loro studio, gli autori hanno ricavato i limiti di validit`a delle teorie precedentemente accen-nate, tra le quali quella di Hill et al. [24].
Dopo aver parlato dei risultati storicamente pi`u rilevanti riguardo alla de-scrizione dei meccanismi di indentazione sferica, si passa ora all’analisi pi`u dettagliata di un lavoro pi`u recente, quello di Song e Komvopoulos [57].
2.3
Lo studio di Song e Komvopoulos
Song e Komvopoulos [57] hanno esaminato la deformazione in un semispazio elasto-plastico causata da un indentatore sferico rigido tramite analisi FEM. I risultati delle loro simulazioni hanno mostrato che la risposta del materiale che subisce il processo di indentazione si conf`a di quattro regimi di deforma-zione post snervamento: linear elastic-plastic (LEP), nonlinear elastic-plastic (NLEP), transient fully plastic (TFP), e steady-state fully plastic (SSFP). Hanno inoltre ottenuto le equazioni che definiscono i limiti dei suddetti regi-mi in terregi-mini di pressione media di contatto e profondit`a di indentazione. In questo studio hanno mostrato, infine, come lo svilupparsi della zona plastica possa seguire due strade differenti, a seconda del valore assunto dal rapporto tra il modulo elastico effettivo e la tensione di snervamento.
2.3.1
Definizione del problema, modello FEM e legge
costitutiva adottata
Come accennato, il problema preso in considerazione riguarda un semispazio elasto-plastico indentato da una sfera rigida di raggio R, in assenza di attrito. L’indentatote sferico `e modellato come una superficie rigida, mentre il semi-spazio con una mesh di elementi assialsimmetrici, lineari e isoparametrici. Il comportamento del semispazio `e descritto dal seguente modello costitutivo:
σ = E∗ε (σ < y)
σ = Y (ε/εy)n (σ ≥ Y )
(2.23)
Dove σ ed ε sono la tensione e deformazione nel semispazio, e con Y gli autori [57] indicano la tensione di snervamento. Viene adottato il criterio di Von Mises per lo snervamento, mentre l’evoluzione della plasticit`a nel semispazio viene tracciata dalla deformazione plastica equivalente εp, definita
come ¯ εp = Z Ω r 2 3dε p ijdε p ij (2.24)
dove Ω `e la circuitazione della deformazione usata per tracciare l’accumulo di plasticit`a e dεpij rappresenta gli incrementi di deformazione plastica. Gli autori hanno deciso di presentare i risultati numerici in termini di para-metri adimensionali come il rapporto E∗/Y , ¯pm = pm/Y , ¯a = a/a0e ¯δ = δ/r0.
I motivi di tale scelta sono riportati in [57].
2.3.2
Regimi di indentazione
In fig. 2.4 sono mostrati i risultati dell’analisi FEM in termini di ¯pm in
fun-zione di ¯δ per E∗/Y = 55 dove sono ben visibili i quattro regimi nominati precedentemente: LEP, NLEP, TFP, SSFP. Questi sono stati identificati da Song e Komvopoulos [57] tracciando l’evoluzione della zona plastica e la va-riazione della pressione di contatto media con l’aumentare della profondit`a di indentazione.
Figura 2.4 Andamento della pressione media di contatto ¯pmrispetto alla profondit`a di indentazione ¯
δ per un semispazio elastico-perfettamente plastico con E∗/Y = 55. I confini tra regimi adiacenti sono indicati da linee verticali tratteggiate [57].
Linear elastic-plastic
I limiti inferiore e superiore del regime LEP corrispondono all’inizio del-lo snervamento e all’istante in cui la zona plastica raggiunge la superficie, rispettivamente. Dato che la zona plastica `e completamente racchiusa da quella elastica, il comportamento in questo regime `e dettato dalle propriet`a elastiche del materiale.
Nonlinear elastic-plastic
Nel regime NLEP avviene la transizione tra la fase dominata dall’elasticit`a a quella dominata dalla plasticit`a, con l’assottigliamento e definitiva scom-parsa del nocciolo elastico. La fig. 2.4 mostra come, appena la zona plastica raggiunge la superficie, si ha una riduzione della rigidezza di contatto.
Transient fully plastic
In contrasto a quanto riscontrato in studi precedenti [24, 29, 30, 35, 53] la fig. 2.4 mostra che la massima pressione media di contatto ¯pmax
osserva all’inizio del regime pienamente plastico (col finire del regime NLEP). Piuttosto, la pressione continua ad aumentare e si accumula plasticit`a nella superficie prima che il massimo sia raggiunto.
Steady-state fully plastic
Un ulteriore aumento della profondit`a di indentazione produce un plateau nell’andamento di ¯pm che caratterizza il regime SSFP, e corrisponde alla vera
durezza del materiale.
Per valori molto alti di E∗/Y , ¯pmax
m pu`o essere ottenuto con la soluzione di
similarit`a [24] o la SLT [26, 46]. Il fatto che la pressione media tenda poi a diminuire viene attribuito all’aumento della superficie di contatto dovuto a fenomeni di pile-up.
2.3.3
Variazione del parametro k
Il parametro k, gi`a introdotto nel par. 2.2.1, che lega la pressione media mas-sima alla tensione di snervamento (eq. 2.21), si credeva assumere solo valori molto vicini a 3. Gli autori mostrano per`o che ci`o non `e sempre vero: nella fig. 2.5 viene mostrato l’andamento della ¯pm in funzione della profondit`a di
indentazione ¯δ per un ampio intervallo di E∗/Y (tra 11 e 2200). Le linee continue indicano il passaggio da un regime di indentazione all’altro.
Per valori di E∗/Y molto grandi, l’effetto della deformazione elastica `e tra-scurabile e ¯pmax
m = 2.89, che `e vicino alla soluzione ottenuta dalla teoria per
similarit`a di Hill [25]. Tuttavia, per E∗/Y molto piccoli, l’effetto della de-formazione elastica `e molto marcato e ¯pmax
m = 2.09 che `e significativamente
pi`u piccolo del valore classico di 3. Gli autori hanno inoltre ottenuto delle equazioni che definiscono i limiti dei vari regimi di indentazione, ottenute tramite un processo di fitting [57].
Figura 2.5 Andamento della pressione media di contatto ¯pmrispetto alla profondit`a di indentazione ¯
δ per diversi semispazi elastici-perfettamente plastici con E∗/Y tra 55 e 1100. I confini tra regimi adiacenti sono indicati da linee continue nere [57].
2.3.4
Evoluzione della plasticit`
a
Come gi`a detto, il passaggio dal comportamento deformativo dominato dal-l’elasticit`a a quello dominato dalla plasticit`a include la nascita e crescita della zona plastica e il corrispondente assottigliamento e scomparsa del nocciolo elastico.
In seguito alle numerose analisi FEM portate avanti durante il loro studio, gli autori [57] hanno mostrato come questo processo possa svilupparsi in due modi differenti, a seconda del valore assunto da E∗/Y .
Per materiali il cui comportamento `e dominato dalla plasticit`a, ovvero per grandi valori di E∗/Y (nell’esempio in questione, 2200), la fig. 2.6(a) mostra che l’aumento della profondit`a di indentazione spinge la zona plastica ad espandersi lateralmente verso la superficie di contatto, portando alla forma-zione di un nocciolo elastico sotto la suddetta superficie. Con il proseguire della indentazione, questo nocciolo si assottiglia ed infine scompare.
Al contrario, per materiali dominati dall’elasticit`a, ossia caratterizzati da bassi valori di E∗/Y (nel caso specifico, 11), viene a prodursi una inter-faccia di contatto convessa (fig. 2.6(b)). Si forma quindi una striscia ela-stica che vincola e impedisce l’espansione della zona plaela-stica verso la
su-perficie, anche per profondit`a di indentazione relativamente grandi (¯δ = 0.204). Anche in questo caso, col proseguire dell’indentazione, la striscia subisce un continuo assottigliamento, fino ad arrivare alla sua scomparsa.
Dettagli pi`u approfonditi possono essere trovati in [57].
Figura 2.6 Evoluzione della zona plastica in regime di deformazione nonlinear elastic–plastic (NLEP) per un semispazio elastico-perfettamente plastico con (a) E∗/Y = 2200 e (b) E∗/Y = 11 [57].
2.4
Effetti dell’attrito sulla risposta
all’inden-tazione sferica di materiali metallici
L’effetto dell’attrito tra l’indentatore e il materiale indentato non deve essere trascurato a priori, in quanto pu`o produrre effetti notevoli sui meccanismi
di indentazione. Per questo motivo, la valutazione quantitativa delle forze d’attrito, con le difficolt`a che la caratterizzano, e la sua potenziale variabi-lit`a durante il processo di indentazione rendono la determinazione del suo ruolo nella risposta del materiale estremamente importante: la valutazione delle propriet`a del materiale non deve essere influenzata da queste grandezze. Anche se in letteratura sono state pubblicate varie opere che si concentrano sull’argomento [6, 31, 35], gli effetti dell’attrito sulla risposta all’indentazione del materiale non sono ancora stati definiti in maniera rigorosa.
Effetti dell’attrito sul campo di deformazioni e la geometria del cratere
Mesarovic e Fleck [35] hanno investigato sul caso limite di attrito adesivo per stabilire la sensitivit`a della risposta all’indentazione al livello di attrito per solidi lineari elastici-perfettamente plastici. Gli autori hanno comparato il caso di indentazione con attrito adesivo a quello senza attrito: nel caso di at-trito adesivo, hanno osservato un valore della pressione media marcatamente pi`u alto rispetto all’altro caso. Mesarovic e Fleck [35] hanno anche riscon-trato che la condizione adesiva riduce fortemente l’area di contatto per una data profondit`a di penetrazione. Inoltre, alti valori del coefficiente di attri-to sembrano promuovere principalmente deformazioni plastiche nella regione indentata, dove vengono indotte condizioni di tensione multiassiale nella re-gione anulare sotto la superficie che circonda la zona di contatto (effetto di vincolo radiale), limitando quindi il flusso plastico locale. Di conseguenza, non dovrebbe stupire che il piling-up del materiale risulti sensibilmente ridot-to. Misurazioni sperimentali da parte di Stute [59] e distinte analisi FEM [6, 31] confermano questo effetto di vincolo.
Uno scenario simile fu trovato da Lee et al. [31], analizzando la distribuzione delle deformazioni plastiche causate da un indentatore sferico su un mate-riale di Hollomon. Taljat et al. [62] hanno esteso l’investigazione sugli effetti dell’attrito ai fenomeni di piling-up sul bordo del cratere tramite un’analisi FEM del processo di indentazione utilizzando lo stesso modello costitutivo. L’analisi degli autori [62] ha rivelato che gli effetti dell’attrito sono rilevanti
per materiali aventi tensioni di snervamento σ0 e coefficienti di incrudimento
n relativamente bassi. Per questi materiali il piling-up si riduce con l’au-mentare del coefficiente di attrito µ. Simili risultati sono stati ottenuti da Habbab et al. [18], dopo aver esaminato l’ammontare di materiale che subisce piling-up: `e stata osservata una riduzione del bordo del cratere maggiore del 50% quando il coefficiente di attrito aumenta da 0.0 a 0.5.
Studi sugli effetti dell’attrito sulla curva L-h
Gli effetti dell’attrito sulla curva L-h sono stati valutati [67, 35, 31, 9, 10]tra-mite analisi FEM. `E stato rilevato un andamento verso valori maggiori del carico applicato L ad un certo valore della profondit`a di indentazione h [67, 35, 9, 10]. Al contrario, la curva L-h sembra non essere affetta dall’attrito a basse e medie profondit`a di indentazione relativa Dh [[35, 31]], mentre le differenze non possono essere ignorate quando l’indentazione raggiunge valo-ri molto grandi di profondit`a di indentazione h. In seguito, Cao et al. [10] hanno esteso l’analisi degli effetti dell’attrito sulle curve L-h per indentazio-ni profonde. Sono stati considerati materiali elastici-perfettamente plastici e profondit`a di indentazione relativa h/D fino a 0.15. `E stato osservato un aumento del carico di indentazione L del 28% e 14% a profondit`a di inden-tazione relativa pari a 0.15 per materiali con E/σ0 uguale a 2 × 103 e 102,
rispettivamente.
Gli studi sopra citati non forniscono per`o una rigorosa verifica dei risultati ottenuti in termini di rilievi sperimentali. Questo `e stato fatto da parte di Beghini et al. [5] il cui studio viene riportato nel seguente paragrafo.
2.4.1
Studio sugli effetti dell’attrito di Beghini et al. [5]
Gli autori [5] hanno effettuato uno studio sugli effetti dell’attrito riguardo a tutti gli aspetti pi`u rilevanti del processo di indentazione strumentata, con relative conferme sperimentali dei risultati ottenuti tramite le analisi nume-riche.
• Profilo del cratere residuo lasciato dall’indentatore; • Evoluzione delle deformazioni plastiche;
• Curva carico-profondit`a di indentazione (L-h). Ipotesi e fasi preliminari dello studio
`
E stato considerato solo il caso di indentatore sferico, in quanto necessita di una sola prova per determinare le propriet`a elasto-plastiche del materiale. Nel caso di indentatore conico, invece, le prove necessarie sono due (con angoli di semi apertura diversi [67, 13, 14]), da eseguirsi a debita distanza l’una dall’altra, con conseguente difficolt`a nel caso si voglia studiare il materiale in un punto specifico.
I materiali presi in considerazione sono una lega di alluminio (Al6082-T6) e un acciaio per utensili (AISI H13). `E stato verificato l’ottimo grado di omogeneit`a e isotropia dei materiali mettendo a confronto le curve σ-ε e L-h, oltre ai profili dei crateri residui ottenuti testando diversi provini per entrambi i materiali. Beghini et al. [5] riportano di aver tuttavia riscontrato una certa discrepanza per ci`o che riguarda il profilo del cratere del Al6082-T6, da attribuirsi alla forte influenza che piccoli gradi di anisotropia possono avere sui fenomeni di piling-up e sinking-in.
Maggiori informazioni sul modello FEM adoperato per le simulazioni possono essere reperite in [5].
Effetti dell’attrito sulle curve FEM
Per prima cosa, `e stata verificata l’influenza dell’attrito sulle curve L-h ot-tenute dall’analisi FEM per diversi valori di µ (0.0, 0.1, 0.3, 0.5). I risultati sono riportati in fig. 2.7, in accordo con quanto pubblicato da Lee et al.[31]. Come si pu`o notare, gli effetti dell’attrito sono ampiamente trascurabili. Gli autori hanno per`o notato che, per profondit`a di indentazione pi`u grandi, le curve iniziano a dividersi, confermando quanto riscontrato da Cao et al. [10]; perci`o ci si devono attendere errori non trascurabili se si desidera spingersi a profondit`a di indentazione maggiori.
Figura 2.7 Effetti dell’attrito sulle curve L-h del Al6082-T6 e del AISI H13 [5].
Confronto tra curve L-h sperimentali e FEM
In seguito, sono state confrontate le curve L-h ottenute con il FEM (con attrito nullo, visto il suo trascurabile effetto su di esse per le profondit`a di indentazione considerate) con quelle sperimentali. Come riportato dagli au-tori [5], e come osservabile in fig. 2.8, lo scarto relativo `e di nuovo trascurabile.
Figura 2.8 Curve carico-profondit`a di indentazione dei due materiali testati. Comparazione tra i risultati numerici e sperimentali (coefficiente di attrito µ = 0.0) [5].
Effetti dell’attrito sul profilo del cratere residuo
Medesimi risultati sono stati ottenuti per ci`o che riguarda i profili dei crateri residui (fig. 2.9).
Figura 2.9 Profili dei crateri residui sperimentali e numerici per i materiali investigati [5].
Effetti dell’attrito sull’evoluzione del campo delle deformazioni
Per ci`o che riguarda l’evoluzione delle deformazioni plastiche nella regione sotto l’indentatore invece, in accordo con quanto riscontrato da Mesarovic e Fleck [35], Beghini et al. [5] hanno verificato una sostanziale differenza nei campi di deformazione ottenuti nei due casi. Quando non viene considerato l’attrito, infatti, il materiale `e libero di scivolare lateralmente verso la super-ficie libera; quando l’attrito viene considerato, per`o, si introduce un effetto di vincolo radiale che domina la risposta del materiale [35].
Le figure riportate nella pagina seguente (fig. 2.10 e 2.11) rappresentano l’e-voluzione della deformazione plastica equivalente cumulata εp rispetto alla
profondit`a di indentazione normalizzata h/d il cui valore massimo `e stato fissato a 0.04 per il Al6082-T6 e il AISI H13. L’effetto di vincolo eserci-tato dall’attrito si riscontra nella totale assenza di deformazioni plastiche, per entrambi i materiali, quando il coefficiente di attrito `e stato considerato µ = 0.5, a differenza degli andamenti riportati in assenza di attrito.
In conclusione, gli autori hanno determinato come l’osservazione del profilo del cratere residuo e l’evoluzione delle deformazioni plastiche sembrino essere inadatte a prestarsi allo studio del comportamento di materiali reali tramite metodi numerici. La prima mostra una forte dipendenza dal grado di aniso-tropia del materiale; la seconda viene influenzata dalla presenza dell’attrito la cui entit`a ed evoluzione durante il processo di indentazione non `e valuta-bile con precision. La curva carico-profondit`a di indentazione, d’altro canto, non presenta criticit`a nel rappresentare il fenomeno reale per medie-basse profondit`a di indentazione, risultando quindi essere la fonte di informazio-ni pi`u attendibile disponibile, al momento, per la simulazione di processi di indentazione sferica strumentata.
Figura 2.10 Campo delle deformazioni plastiche equivalenti accumulate nei materiali investigati, indotte da indentatore senza attrito e con attrito per basse profondit`a di indentazione normalizzate (a) Al6082-T6 (µ = 0.0), (b) Al6082-T6 (µ = 0.5), (c) AISI H13 (µ = 0.0), (d) AISI H13 (µ = 0.5) [5].
Figura 2.11 Campo delle deformazioni plastiche equivalenti accumulate nei materiali investigati, indotte da indentatore con attrito per diverse profondit`a di indentazione normalizzate. Coefficiente di attrito µ = 0.5. (a) Al6082-T6 (h/d = 0.02), (b) Al6082-T6 (h/d = 0.04), (c) AISI H13 (h/d = 0.02), (d) AISI H13 (h/d = 0.04) [5].
2.5
Conclusioni
Per quanto detto nel presente capitolo `e chiaro che la risposta caratteri-stica all’indentazione rappresentata dalla curva L-h e il profilo geometrico del cratere residuo sono fortemente correlate alla profondit`a di indentazione raggiunta h. Inoltre, `e stata riscontrata la presenza di differenti regimi di indentazione nel materiale post snervamento.
`
E stato inoltre puntualizzato che l’attrito gioca un ruolo molto importante nella definizione della risposta all’indentazione del materiale, specialmente ri-guardo alle distribuzioni di tensione e deformazione e all’evoluzione morfolo-gica dell’impronta. Al contrario, minori effetti sembrano essere prodotti nella curva carico-profondit`a di indentazione se non vengono considerate indenta-zioni profonde. Per questi motivi la curva L-h sembra essere lo strumento pi`u adatto per la valutazione delle propriet`a di materiali metallici tramite prova di indentazione strumentata.
Procedure per la Valutazione
delle Leggi Costitutive
Tensione-Deformazione
Nel capitolo 2 `e stata identificata la tipica risposta dei materiali metallici all’indentazione sferica, permettendoci di stabilire come e quali tipi di in-formazioni possono essere ottenute grazie al processo di indentazione: ad esempio la curva L-h, l’evoluzione del profilo del cratere e i campi di tensio-ne e deformaziotensio-ne sotto l’indentatore.
Complessi meccanismi di deformazione caratterizzano la risposta del mate-riale e molte variabili hanno un effetto non trascurabile sui dati sperimentali ottenibili. Date le molteplici fonti di informazioni che possono essere ricono-sciute nella risposta all’indentazione, approcci differenti sono stati adottati e sono state proposte varie procedure per stimare il comportamento del mate-riale.
Nel presente capitolo verr`a fatta una panoramica delle pi`u importanti pro-cedure di valutazione delle propriet`a costitutive di un materiale tramite il processo di indentazione strumentata, disponibili in letteratura. Consideran-do le implicazioni sulle procedure di valutazione successivamente sviluppate e per la sua importanza storica, l’approccio di Tabor verr`a considerato per primo. Dopo aver discusso degli studi che hanno puntato a superare i limiti e
le criticit`a di questo approccio, verr`a presentato un metodo di valutazione in-novativo basato sulla geometria del cratere residuo. Infine, verranno discussi gli approcci di valutazione, gi`a presenti in letteratura, basati sull’analisi delle curve L-h, per poi introdurre uno studio pi`u recente che presenta una nuova definizione del concetto di deformazione rappresentativa.
3.1
L’approccio di Tabor
L’applicazione del concetto di deformazione rappresentativa pu`o semplificare notevolmente l’analisi ed `e stato spesso usato nella determinazione della cur-va tensione-deformazione dalla procur-va di indentazione [8, 32, 15, 48, 31, 67, 9, 10, 1, 47, 60]. Il primo ad introdurre questo concetto innovativo fu Tabor nel 1951 [60].
Grazie a un’analisi su larga scala di dati sperimentali, Tabor deriv`o la se-guente relazione,
εp = 0.2
d
D (3.1)
tra la deformazione plastica rappresentativa dell’indentazione εpe i parametri
di indentazione: il diametro dell’indentatore D e il diametro dell’impronta d = 2a (fig. 3.1). Secondo l’approccio di Tabor, d = 2a `e il diametro di base
Figura 3.1 Rappresentazione schematica della geometria del cratere ottenuto per l’indentazione sferica.
al perimetro di contatto tra l’indentatore e la superficie indentata. Quindi, in questa procedura, i fenomeni di sinking-in e piling-up vengono trascurati. Secondo Tabor [60], la corrispondente tensione σt `e data da:
σt=
pm
ψ (3.2)
nel quale pm e ψ rappresentano rispettivamente la pressione media
corri-spondente al carico applicato L e il fattore di vincolo introdotto tenendo in considerazione che lo stato di tensione effettivo nella regione indentata `e di-verso da quello di tensione monoassiale o di una prova di compressione [65]. Il valore di ψ = 3 e la seguente espressione,
pm =
4L
πd2 (3.3)
furono proposte da Tabor sulla base dell’analisi di dati sperimentali. Le eq. 3.1-3.3 possono essere usate per ottenere la curva tensione true-deformazione plastica del materiale indentato eseguendo una serie di cicli di carico e scari-co, se il diametro di contatto d `e conosciuto per ogni valore del carico L. L’approccio di Tabor `e indubbiamente caratterizzato da vantaggi molto im-portanti: `e facile da implementare e permette di dedurre punto a punto ogni tipo di legge costitutiva. D’altro canto, diversi svantaggi possono portare a errori non trascurabili nella stima del comportamento del materiale. Per pri-mo, la valutazione di εpe σtrichiedono la conoscenza del diametro di contatto
d prodotto dal carico applicato L. Sfortunatamente, `e impossibile misurare d durante una prova sperimentale; si pu`o ottenere una stima di d, se il ritor-no elastico `e di entit`a ridotta, quando il carico L viene rimosso: in questo caso il diametro di contatto d pu`o essere sostituito dal diametro dr del bordo
circolare residuo dell’area di contatto. In altri termini, secondo l’approccio di Tabor, εp pu`o essere valutata sulla base della sola geometria
dell’impron-ta residua. Secondo aspetto critico, come gi`a detto questo approccio non tiene conto dei fenomeni di piling-up e sinking-in. Come conseguenza, la sti-ma di dr potrebbe essere alquanto inaccurata. Infine, per ottenere la curva
sequenza di cicli di carico e scarico, eliminando la possibilit`a di investigare sulle propriet`a costitutive del materiale indentato in punti specifici. Infatti per evitare potenziali alterazioni nella risposta del materiale indentato, le impronte devono essere create a sufficiente distanza le une dalle altre.
3.2
Studi e migliorie proposti per il metodo
di Tabor
In questo paragrafo verr`a fatto un breve sunto delle modifiche pi`u importanti che nel tempo sono state apportate al metodo di Tabor per cercare di supe-rarne i limiti e le criticit`a.
Secondo l’approccio di Tabor, la valutazione delle curve tensione-deformazione `
e basata sull’assunzione che il fattore di vincolo ψ sia fissato e uguale a 3. Tuttavia, sulla base dell’analisi di una grande quantit`a di risultati sperimen-tali [46, 65], `e stato scoperto che ψ `e correlato con il coefficiente di incru-dimento. La scelta di ψ = 3 `e appropriata solo per descrivere la risposta all’indentazione di solidi elastici-perfettamente plastici [60]. Francis [68] ha inoltre dimostrato che ψ `e funzione del regime di indentazione che si verifica nel nocciolo sotto l’indentatore e ha proposto una relazione, per tenere conto di questa dipendenza [68]. Haggag et al. [19, 20] modificarono il fattore di vincolo di Francis e ne proposero uno dipendente dal rateo di deformazione e di incrudimento.
`
E evidente che una pi`u accurata definizione del fattore di vincolo ψ porta ad una stima migliore della legge costitutiva del materiale indentato.
Ulteriori migliorie sono state apportate all’approccio di Tabor implementan-do i risultati ottenuti da Au et al. e Taljat et al. [3, 63]. Au et al. [3] ricavarono che `e possibile dedurre il valore effettivo di d, una volta che il diametro base residuo dr `e noto, eliminando cos`ı una fonte di incertezza che
caratterizza la procedura di Tabor. Au et al. [3] trovarono la relazione tra i sopra menzionati diametri applicando la teoria di Hertz [22, 23].
Seguendo un approccio differente, sulla base di una analisi agli elementi fini-ti su larga scala, portata avanfini-ti per syudiare la risposta all’indentazione di
solidi elastici-incrudenti, Taljat et al. [63] scoprirono che la relazione trovata da Au et al. [3] poteva essere sostituita con una espressione semplificata [63]. Tramite la relazione ricavata da Au et al. [3], `e possibile dedurre la legge costitutiva del materiale indentato da una singola prova di indentazione. Bench´e i miglioramenti sopra menzionati abbiano permesso di ridurre sen-sibilmente l’errore potenziale nella valutazione delle propriet`a costitutive, si deve notare che la procedura di Tabor e le procedure ispirate ad esso sono sempre basate sulla rappresentazione ideale dell’impronta prodotta dall’in-dentatore sferico. Come discusso nel capitolo 2, i fenomeni di piling-up e sinking-in caratterizzano fortemente la geometria del cratere. Una forte cor-relazione in grado di determinare la quantit`a di materiale che subisce piling-up e sinking-in fu trovata da Hill et al. [24]. Trascurando questi fenomeni, si possono introdurre degli errori significativi nella stima della pressione media pm e conseguentemente nella computazione della tensione σt.
Un metodo basato su questo concetto e capace di tenere conto dell’effettiva geometria del cratere nella valutazione delle curve tensione-deformazione `e stato proposto da Beghini et al. [4]. La procedura di valutazione prevede la determinazione del coefficiente di incrudimento n e della tensione di snerva-mento σ0 dei materiali che ubbidiscono alla legge esponenziale di Hollomon.
Per tenere conto dell’influenza della effettiva geometria del cratere (d) sulla stima della curva σ-ε sono state effettuate varie analisi FEM e una legge di tipo esponenziale `e stata infine ottenuta dagli autori [4]. Questo `e stato fatto tramite il fitting (metodo dei minimi quadrati) dei risultati del FEM su un ampio intervallo di valori di σy e n, (200 ≤ σy ≤ 800, 0.0 ≤ n ≤ 0.5).
La procedura sviluppata dagli autori consiste nel raccogliere una sequen-za di K coppie (Lk, hk) a carichi crescenti e un’altra sequenza di K coppie
(Lk, hrk) riguardante il ciclo di scarico, e di computare per ognuna di esse il
diametro effettivo d. Dunque, utilizzando i risultati di tale computazione e assumendo un fattore di vincolo ψ = 2.87, `e stata ottenuta una prima stima del k-esimo punto della curva tensione-deformazione. La curva viene poi ap-prossimata, con il metodo dei minimi quadrati, con una legge esponenziale di Hollomon determinando gli sconosciuti n e σ0necessari per la valutazione del
tensione-deformazione progressivamente corrette fino a che non viene soddisfatto un appropriato criterio di convergenza.
Anche se le sopracitate metodologie permettono di inferire le propriet`a costi-tutive di un generico materiale metallico, la loro validit`a `e fortemente limitata dalla difficolt`a pratica di dimostrare l’affidabilit`a delle previsioni riferite al-la geometria del cratere. Misurare al-la geometria del profilo del cratere `e un compito molto arduo. In pi`u, le procedure sopra descritte non tengono conto dell’attrito che gioca un ruolo chiave nell’evoluzione del profilo del cratere [51, 2, 39, 5].
Dopo aver presentato il classico approccio di Tabor e gli studi che ne sono derivati, nel prossimo paragrafo verr`a discusso un metodo innovativo basato sulla geometria del cratere residuo.
3.2.1
Metodo di inversione basato sulla geometria del
cratere residuo di Wang et al. [66]
Wang et al. [66] hanno proposto un nuovo metodo per determinare le pro-priet`a elastiche e plastiche di materiali metallici usando solo l’impronta resi-dua dell’indentazione sferica. Il vantaggio di questo metodo `e che non neces-sit`a la conoscenza dell’intera storia di carico dell’indentazione [28]. Quindi, l’esperimento pu`o essere facilmente implementato con una macchina per pro-ve di durezza e un microscopio per misurazioni laser 3D.
L’impronta residua contiene le caratteristiche di deformazione essenziali del materiale (pile-up e sink-in) ed `e strettamente collegata alle propriet`a costi-tutive del materiale.
Gli autori hanno studiato una lega di alluminio, pi`u precisamente il 2099-T83 Al-Li, ampiamente usato nell’industria aerospaziale. Le propriet`a meccani-che di questo materiale sono state ricavate tramite una prova di trazione monoassiale secondo gli standard ASTM [58]. Tramite fitting usando la leg-ge di incrudimento di Hollomon, hanno determinato le seguenti propriet`a meccaniche: E = 77.68GP a, σy = 372.60M P a e n = 0.0678.
Nelle prove di indentazione eseguite, con diametro dell’indentatore pari a 2.50mm, Wang et al. [66] hanno utilizzato due carichi di indentazione,
pa-ri a 612.745N e 1838.235N ; questi sono pa-risultati in valopa-ri del rapporto tra profondit`a residua e raggio dell’indentatore hf/R di 0.0415 e 0.123,
rispetti-vamente.
Gli autori hanno definito una funzione di costo da minimizzare per determi-nare i parametri costitutivi del materiale indentato, adoperando la tecnica della decomposizione ortogonale propria [66]. Questa `e stata parametrizzata con funzioni a base polinomiale e per risolverla `e stato usato l’algoritmo di ottimizzazione del Interior-point [7, 45].
Un classico modello FEM 2D assialsimmetrico `e stato usato da Wang et al. [66] per simulare il processo di indentazione, modellando il materiale in-dentato con la nota legge di Hollomon modificato (vedi eq. 3.5 e 3.6). Il rumore presente nei dati sperimentali ottenuti dalle prove di indentazione `
e stato rimosso tramite l’utilizzo di un approccio adjacent-averaging (AAv), ottenendo dati lisci.
L’intervallo di materiali considerati per il processo di inversione numerica `e 30GP a ≤ E ≤ 110GP a, 280M P a ≤ σy ≤ 460M P a e 0.005 ≤ n ≤ 0.125.
Essendo la funzione di costo non convessa, gli autori hanno deciso di utiliz-zare otto differenti possibili punti iniziali per il loro algoritmo di inversione e sono stati considerati due approcci: nel primo, i dati relativi ai due carichi di indentazione sopra menzionati sono stati inseriti nell’algoritmo separata-mente; nel secondo, `e stata fatta una media prima di elaborare i dati. I risultati dell’algoritmo di inversione ottenuti adottando il primo approccio sono riportati in fig.3.2, mentre le linee tratteggiate rappresentano i valori attesi: E = 77.68GP a, σy = 372.60M P a e n = 0.0678. Gli autori hanno
quindi concluso che per il carico di 612.745N il problema `e mal posto e non si ha unicit`a della soluzione; per il carico di 1838.235N , al contrario, il pro-blema risulta essere ben posto e i risultati ottenuti dagli otto diversi punti di partenza convergono a valori molto vicini a quelli attesi.
Wang et al. [66] hanno investigato in maniera pi`u approfondita gli insod-disfacenti risultati ottenuti per il carico pi`u ridotto, attestando che data soluzione aveva identificato tre materiali caratterizzati da parametri costitu-tivi diversi tra di loro (fig. 3.3), che per`o forniscono risposte all’indentazione praticamente identiche, un esempio dei cosiddetti ”materiali mistici” [12].
Figura 3.2 Processo di iterazione per l’identificazione di tre parametri del materiale: E, σy, n della lega 2099-T83 Al-Li. In (a), (c) ed (e), `e stata usata l’impronta del singolo esperimento al carico di 612.745N . In (b), (d) e (f), `e stata usata l’impronta del singolo esperimento al carico di 1838.235N [66].
Figura 3.3 I parametri del materiale identificato ricavati dall’analisi inversa usando i dati dell’impronta singola ottenuti al carico di 612.745N [66].
Ricordando che, per il valore di carico pi`u piccolo hf/R = 0.0415, mentre
Figura 3.4 Le impronte residue di tre materiali mistici sotto due carichi differenti [66].
per quello pi`u grande che ha dato ottimi risultati, hf/R = 0.123, gli
au-tori hanno supposto che l’unicit`a della soluzione del problema di inversione potesse dipendere dall’entit`a dell’indentazione. Il problema principale `e la mancanza di indicazioni sull’entit`a del carico che si deve applicare in una situazione reale, in cui non si conosce nulla del materiale che si ha inten-zione di identificare, per far s`ı che il problema di inversione sia ben posto. La soluzione proposta da Wang et al. [66] `e quella di eseguire una media dei dati ottenuti dai due diversi carichi di indentazione prima di adoperare l’algoritmo di inversione.
In fig. 3.5 si mostrano i risultati di questo secondo approccio, che sono in buon accordo con quelli del primo, per il carico maggiore. L’errore rispetto
Figura 3.5 Processo di iterazione per l’identificazione di tre parametri del materiale: E, σy e n della lega 2099-T83 Al-Li usando la media pesata dei dati ottenuti ai due carichi scelti 612.745N e 1838.235N . In (a) per E, in (b) per σye in (c) per n [66].
ai dati sperimentali ottenuti dalla prova di trazione `e stato quantificato es-sere inferiore al 10%.
Infine, Wang et al. [66] hanno verificato la sensitivit`a del metodo da loro proposto rispetto a errori sperimentali, introducendo un disturbo di ±5% sui dati in ingresso e ottenendo buoni risultati in uscita, con oscillazioni di pochi punti percentuali per E e σy, ma superiori al 10% per n.
3.3
Procedure di valutazione basate
sull’ana-lisi della curva carico-profondit`
a di
inden-tazione
Dedurre le propriet`a costitutive comparando la curva sperimentale L-h di un materiale indentato con una curva L-h generata artificialmente e corri-spondente ad una struttura costitutiva nota pu`o rappresentare un’alternativa molto attraente e potente. Tuttavia, per implementare questa idea, devono prima essere definiti una struttura costitutiva e un criterio di comparazione. Oltre a ci`o, essendo impossibile creare un database infinito di curve per co-prire tutte le combinazioni possibili dei parametri costitutivi scelti per de-scrivere il comportamento del materiale, deve essere definita una procedure automatica per generare una generica curva L-h da un numero finito di curve predefinite, assicurando quindi l’esistenza di un termine di paragone per ogni curva sperimentale.
Questi studi possono essere divisi in due categorie: nella prima, la deforma-zione rappresentativa dipende solo dai parametri misurati (L e h) [31, 67, 9, 10, 47] e nella seconda, dipende da L, h e dai parametri meccanici della legge di incrudimento di Hollomon (σy e n) [63, 31, 10, 32]. In tutti questi
studi, sono stati proposti dei metodi di identificazione di questi parametri meccanici.
Nei prossimi due sotto paragrafi, verranno introdotti brevemente i metodi basati sullo studio della curva L-h che si appoggiano alla definizione di una deformazione caratteristica; e quelli basati sulla correlazione diretta tra curva L-h e curva σ-ε, per poi passare ad analizzare pi`u nel dettaglio le metodologie pi`u recenti e innovative.
3.3.1
Procedure basate sulla curva L-h tramite
defor-mazione rappresentativa
Usando simulazioni FEM, Taljat et al. [63] hanno proposto due deformazio-ni plastiche rappresentative, massima e mideformazio-nima, localizzate vicino al centro
di indentazione. Questa procedura presenta diverse criticit`a [38]: dai for-ti gradienfor-ti da cui `e caratterizzato l’andamento della deformazione plastica equivalente nei punti scelti dall’autore, all’aver trascurato gli effetti dell’at-trito. Oltre a ci`o, non `e stata presa in considerazione la variazione della distribuzione delle deformazioni plastiche al variare di h, e la procedura ri-sulta valida solo per un fissato valore della deformazione di snervamento. La scelta di Taljat et al. [63] di considerare la deformazione in questa zona `
e stata criticata da Lee et al. [31] a causa dell’influenza del coefficiente di attrito tra l’indentatore e il materiale indentato. Lee et al. [31] hanno sug-gerito una posizione ottimale di acquisizione dei dati, dove il gradiente della deformazione `e minimo e l’effetto dell’attrito `e trascurabile. Hanno proposto una profondit`a di prova minore del 20% del raggio dell’indentatore R ad una distanza di 0.8R dal centro dell’indentazione e una profondit`a di acquisizio-ne dei dati l/D = 0.1. `E stata proposta una deformazione rappresentativa determinata da simulazioni FEM. Un rapporto massimo hmax/R = 0.12 `e
stato considerato sufficiente per identificare le propriet`a meccaniche dei ma-teriali. Questa scelta `e stata in seguito criticata da Lee et al. [32] i quali hanno dimostrato che, per questo valore di hmax/R, molteplici set di
pro-priet`a plastiche possono dare praticamente la stessa curva di indentazione. Il rapporto hmax/R `e stato dunque portato a 0.4, tuttavia, gli autori non
hanno giustificato la nuova scelta di hmax/R. Inoltre, non hanno spiegato se
questa scelta abbia risolto definitivamente il problema dell’unicit`a della solu-zione o meno [40]. Infine, in questo studio Lee et al. [32] hanno eseguito un confronto tra i risultati FEM e quelli sperimentali, arrivando a quantificare l’errore commesso nella valutazione delle grandezze riguardanti materiali che seguono leggi incrudenti di potenza entro il 5%.
Cao e Lu [9] proposero uno studio analitico dell’indentazione sferica usando l’analisi dimensionale. Adoperando dei dati da Dao et al. [15], gli auto-ri hanno proposto una nuova definizione della deformazione rappresentativa per ottenere una funzione adimensionale indipendente dall’esponente di in-crudimento n. Dopo aver estratto dalla curva caratteristica L-h due distinte coppie di punti (h, L) `e possibile identificare due punti della legge di incru-dimento e quindi σ0 e n.
Questo studio `e stato disapprovato da Zhao et al. [67] che hanno criticato vari aspetti dello studio di Cao e Lu [9] tra cui: la definizione della deformazione rappresentativa εr; l’accuratezza delle funzioni di fitting dalle quali dipende
la stima delle propriet`a plastiche; l’architettura del modello numerico usa-ta per valuusa-tare la risposusa-ta all’indenusa-tazione del materiale. Secondo Zhao et al. [67], `e impossibile ottenere una funzione adimensionale indipendente da n. Sono quindi state proposte due funzioni Π dipendenti da n.
Considerando la critica di Zhao et al. [67], Cao et al. [10] hanno modificato il loro modello [9] per comprendervi un pi`u ampio intervallo di materiali. Hanno proposto quattro deformazioni rappresentative per quattro differenti profondit`a di indentazione. Pi`u recentemente, Ogasawara et al. [47] hanno usato lo studio di Cao e Lu [9] e hanno proposto una deformazione rappre-sentativa per semplificare la relazione tra l’energia, il raggio dell’indentatore e i parametri meccanici.
3.3.2
Procedure basate sulla correlazione diretta tra
L-h e σ-ε
Approcci basati sulla correlazione diretta tra la curva L-h e la corrisponden-te curva corrisponden-tensione-deformazione possono essere trovati in Nayebi et al. [43, 44]. Il metodo proposto prevede l’approssimazione della curva L-h con una funzione polinomiale determinata tramite modellazione FEM di processi di indentazione sferica su materiali elasto-plastici che ubbidiscono alla legge di Hollomon. Anche se la procedura sviluppata da Nayebi et al. [43, 44] `e ca-ratterizzata da una grande semplicit`a, manca di utilit`a pratica perch´e pu`o essere valutata la curva L-h di una sola classe di materiali. Oltre a ci`o, gli autori non specificano come la procedura di ottimizzazione funzioni e quale tipo di errore sia stato minimizzato.
Un metodo pi`u elaborato basato sulla stessa idea `e stato proposto da Be-ghini et al. [57]. Anche in questo caso, la struttura costitutiva considerata per generare le curve teoriche L-h `e quella di Hollomon. Sono state consi-derate svariate combinazioni dei parametri costitutivi del materiale (E, σ0,
comu-ni materiali metallici. Dato che il modulo di Young pu`o essere considerato approssimativamente costante all’interno di ogni classe di materiale, dove il rapporto di Poisson `e vicino a 0.3 per quasi ogni metallo, i parametri costi-tutivi sono stati ridotti alla tensione di snervamento σ0 e il coefficiente di
incrudimento n. Per le tre classi di materiali considerate dagli autori: allu-minio, rame e acciaio; sono stati identificati intervalli specifici, all’interno dei quali la tensione di snervamento e il coefficiente di incrudimento possono va-riare, e il database di curve L-h `e stato infine ottenuto tramite modellazione FEM.
Analizzando l’intero database di curve L-h simulate, `e stata trovata una espressione che approssima ogni curva entro ogni classe di materiali conside-rata. E’ stata attuata un’analisi inversa dopo aver scelto il criterio adatto per comparare le curve sperimentali L-h con le curve di riferimento corri-spondenti ad una coppia di valori noti σ0 e n.
Secondo gli autori, la convessit`a del problema assicura l’esistenza di un mi-nimo e di una rapida convergenza della soluzione per ogni gruppo di punti sperimentali.
3.3.3
Procedura di inversione di Moussa et al. [40]
Le deformazioni rappresentative menzionate nel par.3.3.1 non hanno signifi-cato fisico (tranne la definizione di Zhao et al. [67]). In pi`u, nessuno di questi studi ha dato una chiara risposta sulla validit`a della legge di incrudimento identificata e della sensitivit`a della prova di indentazione sferica ai parametri della legge di incrudimento. Questi parametri sono stati calcolati tramite fitting della risposta all’indentazione di un certo intervallo di propriet`a dei materiali.
Il lavoro proposto da Moussa et al. [40, 41] `e uno studio di identificazione per l’indentazione sferica usando la curva L-h. Si divide in due parti: nella pri-ma verr`a introdotto il problema e data una nuova definizione di deformazione rappresentativa; nella seconda, questo concetto verr`a sfruttato per identifi-care la legge tensione-deformazione, partendo dalla curva carico-profondit`a di indentazione, applicandolo per varie h.
Definizione della deformazione rappresentativa
In questa prima parte viene presentata un’analisi agli elementi finiti su ma-teriali elasto-plastici per definire la precisione della soluzione che pu`o essere determinata dalla curva L-h. `E proposto un metodo di identificazione, non basato su alcuna assunzione, ed `e definita una deformazione rappresentati-va. Il metodo conduce alla identificazione di un dominio di confidenza che tiene conto delle imprecisioni sperimentali e della eterogeneit`a del materiale. Questo metodo viene applicato per il caso di hmax/R = 0.23, con indentatore
avente raggio di 0.5mm.
Il materiale scelto per questo studio `e una lega di acciaio 20MnB5, e l’ana-lisi sperimentale per asserirne l’omogeneit`a e quindi la buona riproducibilit`a dell’esperimento `e riportata in [40].
Gli autori hanno definito l’errore usato per quantificare la differenza tra due curve di indentazione, ERM S(hmax/R) = s 1 hmax Z hmax 0 (F1− F2)2dh (3.4)
dove R `e il raggio dell’indentatore, h la profondit`a di indentazione e F1 e F2
i carichi per due curve considerate.
Per tenere conto delle imprecisioni sperimentali e l’eterogeneit`a del materiale, ERM S `e stato calcolato tra la curva media di quattro curve di indentazione e
ognuna di queste quattro curve. I valori di ERM S sono presentati in fig. 3.6.
Gli autori [40] hanno poi definito il modello agli elementi finiti adottato
Figura 3.6 Valori del ERM S calcolati tra la curva media e le quattro curve sperimentali [40].
per simulare il processo di indentazione: l’indentatore ha E = 600GP a e ν = 0.23; il coefficiente di attrito `e fissato a 0.1. Il modello costitutivo scelto per il materiale indentato `e quello di Hollomon modificato: