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Il problema delle maleodoranze: proposte per nuovi metodi di monitoraggio

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Academic year: 2021

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(1)

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

S

CIENZE

A

MBIENTALI

Il problema delle maleodoranze: proposte per nuovi metodi di

monitoraggio

Candidata:

MARTINA TORRESE

Anno Accademico 2016-2017

Controrelatrice: Prof. ssa Orlandini E.

Relatrice: Prof. Ssa Giannarelli S.

Correlatori: Dott. Bogi L.

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(3)

A mia madre, mio padre e i miei fratelli Valentina e Stefano, inesauribili fonti di ispirazione!

Alla Dott.ssa Zuffa e a tutto il suo splendido staff, che mi ha permesso di essere qui, ora.

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i

Indice

0. Riassunto analitico

1. Introduzione 1

1.1 Quadro normativo in materia di odori 6

1.2 Analisi delle concentrazioni di odore 28

1.3 Strumenti di campionamento 33

1.4 Metodi di analisi a confronto: GC/olfattometria, Naso elettronico,

olfattometria dinamica 39

1.5 Modelli matematici di ricaduta al suolo 45

2. Obiettivi della tesi 48

3. Materiali e Metodi 52

3.1 Sperimentazione nuovi metodi di campionamento 53

3.2 Sorgente con emissioni fuggitive 53

3.2.1 Descrizione della sorgente 53

3.2.2 Costruzione struttura di contenimento 53

3.2.3 Metodo di campionamento 57

3.3 Sorgente volumetrica (locale di lavoro) 57

3.3.1 Descrizione della sorgente 57

3.3.2 Metodo di campionamento 58

3.4 Sorgente areale passiva 60

3.4.1 Descrizione della sorgente 60

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ii

3.5 Sorgente areale attiva 64

3.5.1 Descrizione della sorgente 64

3.5.2 Metodo di campionamento 64

4. Risultati e discussione 66

4.1 Risultati 67

4.2 Sorgente con emissioni fuggitive 67

4.2.1 Metodo di calcolo sorgente con emissioni fuggitive 67

4.2.2 Elaborazione dati 68

4.2.3 Discussione 69

4.3 Sorgente volumetrica (locale di lavoro) 70

4.3.1 Bilancio dei flussi di massa nei locali 70

4.3.2 Elaborazione dati 73

4.3.3 Discussione 74

4.4 Sorgente areale passiva 75

4.4.1 Metodo di calcolo sorgente aerale passiva 75

4.4.2 Elaborazione dati 75

4.4.3 Discussione 76

4.5 Sorgente aerale attiva 77

4.5.1 Metodo di calcolo sorgente aerale attiva 77

4.5.2 Discussione 79

5. Conclusioni 80

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iii 0. Riassunto analitico Gli odori sono fonti di inquinamento dell’atmosfera e sono tra le più comuni cause di segnalazioni di disagio da parte dei cittadini. Il loro monitoraggio, però, non è semplice poiché la sensazione di cattivo odore deriva dalla presenza di una gran varietà di composti e spesso il naso umano li rileva anche a bassissime concentrazioni.

Oggi la tutela della qualità dell’aria è riconosciuta come un’esigenza. Tuttavia ancora non esistono metodi standardizzati per caratterizzare l’intensità di odore e ciò comporta una grande difficoltà anche nella strutturazione di una normativa. Questa tesi si inserisce nel “Piano Mirato per

la riduzione dell’inquinamento olfattivo” elaborato dal Dipartimento ARPAT,

un progetto che è stato avviato nell’area di Livorno e Collesalvetti con l’obiettivo di monitorare e ridurre le molestie olfattive segnalate dai residenti. In particolare sono proposti e descritti dei metodi per il campionamento e calcolo delle portate di odore di sorgenti per le quali le tecniche attualmente disponibili non sarebbero state utili per la loro valutazione.

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1

1. INTRODUZIONE

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2 Tutto ciò che è vivo, che sia un batterio unicellulare fino ad un organismo più complesso, può rilevare sostanze chimiche presenti nell’ambiente. L’odore è composto da molecole e l’olfatto rappresenta la sensibilità chimica a queste sostanze nei vertebrati (1).

Le molecole che vengono chiamate “odoranti” sono rilevate da un complesso sistema di ricezione. Il primo contatto avviene nella zona inferiore delle cavità nasali, dove i neuroni olfattivi catturano le molecole tramite delle sporgenze dette “ciglia”. Gli assoni di questi neuroni olfattivi si estendono dal naso fino ad una zona del cervello detta “bulbo olfattivo”. Nell’uomo l’epitelio olfattivo su cui si trovano le ciglia ha una superficie di 5-10 cm2, mentre nei cani è 10-20 volte più grande (2). Inoltre, il

numero di geni che codificano per i recettori olfattivi nell’uomo è circa 400, mentre in altri mammiferi raggiunge valori superiori ai 1000 (tab. 1).

Tab 1. Confronto del numero di geni che codificano per recettori olfattivi (O.R.) in alcune specie.

Ordine Specie Geni funzionali O.R. Rif.

Primati Umano 396 4 Macaco 309 3 Rodentia Ratto 1207 4 Topo 1037 3 Carnivora Cane 822 3 Cetartiodactyla Mucca 970 3 Artiodactyla Maiale 1113 5 Galliformes Gallo 211 4 Marsupialia Opossum 1188 3 Monotremata Ornitorinco 265 3

(9)

3 Questi dati sembrerebbero supportare l’idea che l’uomo abbia una scarsa sensibilità agli odori rispetto ad altre specie. In realtà, la ridotta estensione dell’epitelio potrebbe essere una conseguenza della conquista della posizione eretta, per cui, allontanando il naso dal suolo, è diminuita la necessità di filtrare l’aria prossima al terreno e quindi più ricca di polveri. Inoltre una differenza nel numero di geni che codificano per i recettori olfattivi non implica una maggiore o minore sensibilità agli odori. Infatti studi sperimentali dimostrano che una lesione che compromette l’80% del bulbo olfattivo nei ratti non implica una riduzione del riconoscimento degli odori (6). Per i neuroni olfattivi vale la regola “one gene, one neuron”, ossia ogni gene codifica per un neurone e i loro nuclei si addensano nel bulbo olfattivo (7). La ricerca effettuata con i ratti, quindi, consente di affermare che, se il 20% dei geni espressi nella parte di bulbo olfattivo rimasta illesa può avere una funzionalità pari a quella dei 1200 geni totali del ratto, i 400 geni che codificano per i recettori olfattivi nel genoma umano non sono sintomatici di una sensibilità agli odori inferiore rispetto ad altre specie (8).

Il bulbo olfattivo è la prima stazione di ricezione delle informazioni portate dai neuroni olfattivi. Da questa zona le informazioni sono convogliate verso la corteccia olfattiva, nel lobo temporale del cervello. La corteccia olfattiva ha delle importanti connessioni con il sistema limbico, ossia una serie di strutture cerebrali e circuiti neuronali che supportano funzioni come emotività, memoria a breve termine e comportamento. Da qui la percezione dell’odore, passando attraverso il talamo, diventa di tipo cosciente stimolando anche la memoria. Questa duplice strada

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4 percorsa dall’informazione rende lo stimolo olfattivo diverso da tutti gli altri tipi di percezione essendo l’unico sistema di senso che genera input che non attraversano prima il talamo (9).

Ciò ha delle implicazioni tanto importanti quanto misteriose e affascinanti. Il talamo, infatti, è considerato il centro di trasformazione degli input sensoriali in pensiero cosciente (10-11). Il percorso sensoriale dell’odorante attraversa prima uno stato di richiamo di emozioni e sensazioni non-coscienti e solo successivamente viene elaborato tramite i ricordi. Studi in cui è dimostrata un’accuratezza del 92% o dell’85% nel riconoscimento del proprio odore o di quello della propria sorella, mostrano che durante il test gli esaminatori sono convinti che stanno solamente provando ad indovinare. Confronti con tecniche di neuroimmagine hanno mostrato differenze significative che discriminano l’odore di un soggetto sottoposto a grandi stati di ansia rispetto all’odore di un soggetto che ha provato una sensazione di paura e anche in questo caso l’interpretazione è del tutto inconsapevole (12). Esistono tanti studi che riguardano l’odor print (ossia una particolare composizione di circa 120 sostanze chimiche diversa da individuo a individuo) e dimostrano che l’uomo è in grado di riconoscere il proprio odore e distinguere quello dei propri consanguinei dall’odore di persone estranee (13). Gli studi relativi all’emissione e alla ricezione di stimoli olfattivi che riguardano i feromoni supportano l’idea che l’uomo è in grado di esprimere una preferenza a seconda dell’odore di un individuo in base al proprio orientamento sessuale e a quello del soggetto esaminato (14).

(11)

5 L’uomo, quindi, non è consapevole dell’influenza che gli odori hanno sulle proprie capacità e sul proprio stato d’animo e spesso non è in grado di affermare o descrivere la percezione degli stessi. Ciò che rende ulteriormente complicato lo studio della ricezione di sostanze odorigene è il “change blindness”. Questo fenomeno avviene ad esempio quando si osservano due immagini diverse per piccoli particolari. Se tra un’immagine e l’altra si interrompe l’osservazione concentrandosi su una pagina bianca, l’uomo non riesce a cogliere il cambiamento. Allo stesso modo la mancanza di continuità della ricezione della sostanza odorigena dovuta ai naturali cicli di inspirazione ed espirazione rende l’individuo “cieco” nei confronti della trasformazione dell’odore (15).

La complessità del sistema olfattivo dell’uomo complica lo studio dell’impatto di sostanze odorigene, ma è chiara l’importanza che riveste sul benessere dell’individuo. Qualora l’emissione riguardi odori sgradevoli, oltre a non sottovalutare il disagio psicologico che potrebbe comportare, bisogna considerare anche l’eventuale rischio sanitario a cui la popolazione esposta va incontro.

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6 1.1 Quadro normativo in materia di odori

La soggettività della percezione olfattiva e la difficile determinazione della concentrazione di odore in aria ambiente rende complicata la legislazione a riguardo. Nonostante ciò, negli ultimi 20 anni, la regolamentazione delle molestie olfattive è diventata un’esigenza per diversi stati, alcuni dei quali hanno iniziato a strutturare una propria normativa.

Gli indirizzi normativi extra-europei

Gli Stati Uniti hanno mostrato interesse nella problematica delle molestie olfattive già nel 1990, quando l’EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente) ha approvato il Clean Air Act Amendments, una legge federale che stabilisce standard di qualità dell’aria per una lista di sostanze inquinanti ma non dispone in materia di odori. Successivamente ogni stato ha scelto il proprio tipo di criterio per regolare gli odori:

 Limitare la concentrazione in aria ambiente di sostanze specifiche come l’idrogeno solforato,

 Imporre regolamentazioni generali che impediscono la persistenza di condizioni di fastidio o noia secondo il giudizio di ispettori che si recano sul luogo segnalato dai cittadini,

 Imporre limiti basati sui livelli previsti da modelli di dispersione che utilizzano il metodo dell’olfattometria dinamica (descritta nel par. 1.4),

 Utilizzare le migliori tecnologie di controllo disponibili (BACT) o approcci simili per il controllo dell’efficienza trattamento degli odori per nuove strutture,

 Adoperare criteri di minima distanza tra gli impianti che generano emissioni odorigene rispetto alle zone residenziali (16).

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7 Ogni stato era libero di seguire uno o più di questi criteri per emanare le proprie normative. Nel 2004, quando si è resa evidente la necessità di una linea guida comune per tutti gli Stati Uniti, è stata pubblicata la norma E679-04(2011) ossia “pratiche standard per la determinazione delle soglie di odore e gusto con il metodo della scelta forzata a concentrazione crescente” sviluppata dall’ASTM (Società Americana per Test e Materiali). Questa norma introduce il metodo olfattivo, i concetti di soglie, fattori di scala, fattori di diluizione e i criteri necessari per effettuare l’analisi. In particolare gli scopi della E679-04(2011) secondo l’ASTM sono:

 Descrivere un test rapido per determinare le soglie di “avvertibilità” di ogni sostanza in ogni mezzo,

 Dare delle prescrizioni per la preparazione del campione e per la procedura di calcolo dei risultati,

 Definire un criterio per misurare la soglia di percezione. Il criterio può essere: (a) di presenza-assenza di una piccola quantità della sostanza aggiunta ma non per forza riconoscibile in maniera qualitativa (b) di riconoscimento della natura della sostanza aggiunta,

 Il mezzo in cui è presente la sostanza da analizzare può essere un gas, come l’aria, un liquido, come acqua o alcune bevande, o una materia solida. Il mezzo dovrebbe essere privo di odore o gusto o avere un odore o gusto caratteristico e distinguibile,

 Descrivere l’uso di un metodo di scelta multipla forzata di un campione in gradiente di concentrazione crescente, simile al metodo delle soglie di percezione.

Inoltre nella norma è specificato che:

 Metodi di presentazione fisica per la determinazione delle soglie di percezione non sono descritte in questo standard perché dipendono dallo stato fisico, taglia, forma, disponibilità e le altre proprietà del campione,

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8

 È riconosciuto che il grado di allenamento ricevuto da un gruppo di esaminatori con una particolare sostanza può avere una profonda influenza sulle soglie ottenute relative a quella stessa sostanza,

 I limiti di soglia determinati utilizzando un certo metodo di presentazione del campione non è necessariamente equivalente ai valori ottenuti tramite un altro metodo (17).

La norma ASTM E679-04(2011) ha sicuramente dato un forte contributo nell’uniformare i metodi di controllo, ma manca ancora una legislazione sia a livello federale sia a livello dei singoli stati che imponga dei limiti e le conseguenze in caso di superamento.

La MPCA (Agenzia per il controllo dell’inquinamento in Minnesota) ha pubblicato una review nel 2004 riguardo le politiche nazionali ed internazionali sugli odori. In questo studio sono descritti due procedimenti giuridici riguardo una fabbrica di birra associata ad un impianto di recupero di diossido di carbonio e una struttura di smaltimento letami di un grande allevamento di suini. In entrambi i casi le indagini hanno portato a sanzioni ed ordinanze di miglioramento delle tecnologie per il superamento dei limiti per VOC e H2S previsti dalla legge, ma non hanno permesso di

ottenere risultati riguardo la molestia olfattiva. I criteri proposti per una normativa che tuteli la cittadinanza da questo tipo di emissioni sono: stabilire limiti per composti chimici caratterizzati da un forte odore, stabilire delle distanze minime da ogni tipo di tipologia di fonte e richiedere l’uso delle migliori tecnologie di controllo per la gestione delle emissioni odorigene.

Altri stati come il North Dakota scelgono l’olfattometria come metodologia di controllo e impongono come limite 7 UO (Unità Odorimetriche: unità di misura della concentrazione di odore, descritta nel par. 1.4) per le aree urbane, In Oregon e in Texas la valutazione dell’intensità di odore è effettuata da ispettori che si recano nei pressi della sorgente e danno il loro giudizio, Idaho e Louisiana utilizzano una scala di valutazione degli odori ad 8 livelli di tollerabilità, nel distretto della Bay Area di San Francisco, California si applica il valore limite di 5 UO se sono state effettuate almeno

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9 10 lamentele in 90 giorni. Per nessuno di questi stati è prevista una conseguenza penale o amministrativa in caso di superamento della soglia ma sono previste delle limitazioni durante i processi di autorizzazione e progettazione di nuovi impianti sul territorio. Principalmente queste azioni tendono a implementare le tecnologie di controllo e mitigare l’impatto odorigeno e a richiedere, nel caso di rischio significativo di molestia olfattiva, un modello ricaduta al suolo dell’emissione odorigena (18).

In Australia e in Canada sono utilizzati modelli di dispersione per la previsione dell’impatto odorigeno durante le indagini ambientali e i processi di autorizzazione. Entrambi gli stati hanno un limite di emissione odorigena di 1 UO. In Australia, tuttavia, è tenuto in maggiore considerazione il giudizio degli ispettori in campo piuttosto che i risultati dell’olfattometria dinamica e dei modelli di dispersione. In Canada, come negli USA, la legislazione federale non impone limiti per le emissioni odorigene, ma ogni provincia e territorio è responsabile per la propria legislazione a riguardo. In Ontario ad esempio l’odore viene considerato come una sostanza inquinante quando il grado di concentrazione provoca disagio oppure perdita del normale utilizzo della proprietà o se interferisce con le attività lavorative. L’impatto odorigeno è controllato tramite certificati di approvazione (permessi) e con controlli periodici per impianti a potenziale emissione odorigena (19).

Il Giappone è il primo stato ad aver stipulato una legge sulle emissioni odorigene. Già nel 1972 ha promulgato la “Offensive Odor Control Law” che introduceva un metodo strumentale di misurazione per 22 sostanze a forte impatto odorigeno. Il numero di proteste contro le maleodoranze è diminuito significativamente da quella data, ma attualmente il numero delle segnalazioni presenta di nuovo un trend in salita. Ciò è principalmente causato dal forte sviluppo industriale e dall’urbanizzazione rispetto a 40 anni fa quando le fonti odorigene principali erano costituite dalle strutture dedicate all’allevamento di bestiame. Nel 1995 la legge è stata revisionata ed è stato introdotto il “Triangle Odor Bag Method”, un metodo che utilizza il confronto tra un campione diluito e due campioni di aria priva di odore. Tramite un calcolo basato sul grado di diluizione si ottiene l’”odor index” ossia un

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10 indice di concentrazione dell’odore. Oltre al nuovo metodo di campionamento, la legge prevede un controllo così strutturato:

 Disegno delle aree soggette al controllo,

 Definizione degli standard da rispettare,

 Prescrizioni per il miglioramento,

 Ordini per il miglioramento,

 Sanzioni.

Le aree soggette al controllo sono individuate dai governi locali che si basano sulle condizioni geografiche e demografiche del territorio. In queste aree sono individuate le attività lavorative che possono generare emissioni odorigene e che saranno obbligate ad effettuare periodicamente dei report, inoltre saranno obbligate a ricevere ispezioni in condizioni operative ed eventualmente a prendere misure preventive di riduzione dell’emissione odorigena. Quando un’industria genera una molestia olfattiva in un’area soggetta al controllo e supera i limiti imposti, il governo locale raccomanda o ordina ai proprietari dell’attività di migliorare le condizioni operative e le misure preventive per l’emissione odorigena. In caso di violazione possono essere imposte sanzioni (20-21).

In Corea del Sud si utilizzano 3 metodi per l’analisi delle emissioni odorigene: test sensoriale diretto, metodo della diluizione dell’aria, analisi dei composti chimici. Il test sensoriale diretto fa riferimento ad una scala di intensità che va da 0 (assenza di odore) a 5 (odore eccessivamente forte). Secondo la “Preservation Law of Air Environment” l’intensità dell’odore non deve superare il grado 2 (odore moderato) per il test sensoriale diretto; per i test di diluizione dell’aria impone il limite di 1000 OC (Odor Concentration = OU/m3) per sorgenti diffuse di aziende in aree industriali,

500 OC per sorgenti diffuse di aziende in altre aree, ai confini delle aziende il limite è 20 OC se sono in aree industriali e 15 OC se sono in altre aree; per le analisi dei composti chimici sono indicati i limiti in parti per milione di 8 composti (ammoniaca, metantiolo, idrogeno solforato, dimetil solfuro, dimetil disolfuro, trimetilammina, acetaldeide, stirene). Le azioni per la prevenzione delle molestie olfattive non sono

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11 trattate nella stessa legge, ma sono assegnate dalle regioni secondo i criteri delle linee guida del governo (22).

Gli indirizzi normativi europei

Il principio di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC) è stato adottato dall’Unione Europea e messo in atto tramite la ratificazione della Direttiva UE 96/61/EC. La direttiva IPPC descrive regole comuni per ottenere un controllo a larga scala per industrie e attività agricole. Queste attività necessitano di permessi operativi che tengono in considerazione tutti gli aspetti ambientali tra cui: emissioni in atmosfera, acqua e suolo, produzione di rifiuti, utilizzo di materiale grezzo, efficienza energetica e disturbo locale (odore, rumore), prevenzione di incidenti e ripristino del sito al termine dell’attività. Inoltre l’interesse economico delle aziende per ottenere una competizione sul mercato equa ha portato alla necessità di limiti unici per tutti i paesi dell’UE (23). Nel 1990 l’European Committee for Standardization (CEN) ha sviluppato lo standard EN 13725, recepito in Italia da UNI EN 13725:2004: “Qualità dell'aria - Determinazione della concentrazione di odore mediante olfattometria dinamica”. Questa norma specifica un metodo per la determinazione oggettiva della concentrazione di odori utilizzando l’olfattometria dinamica. Unisce gli standard dell’olfattometria di 18 paesi (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Germania, Islanda, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e del Regno Unito), seguendo le garanzie di qualità ISO. Australia e Nuova Zelanda hanno scritto i loro standard basandosi su questo modello Europeo.

Canada e Stati Uniti hanno accettato con scetticismo i criteri della EN 13725, mettendo in discussione soprattutto la velocità del flusso utilizzata durante l’analisi di olfattometria dinamica; inoltre, hanno mostrato preoccupazioni riguardo l’aspetto

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12 statistico e procedurale e il processo di selezione degli esaminatori con un solo odorante standard. Attualmente il metodo è applicato da più di 15 anni dimostrando la sua validità e la maggior parte delle università e dei laboratori ha adottato il metodo esposto nello standard europeo (24).

EN 13725:2004

Il comitato tecnico Cen/TC 264 è stato incaricato di sviluppare lo standard descritto nella EN 13725. In particolare lo scopo del gruppo di lavoro è di fornire delle basi alle industrie ed ai legislatori per monitorare e testare gli odori ed inoltre definire il potenziale fastidio dovuto alle molestie olfattive.

Nello standard è descritto il metodo dell’olfattometria dinamica applicando dei criteri tali da:

 Migliorare la qualità delle misurazioni in laboratorio (ripetibilità);

 Rendere confrontabili i risultati ottenuti in laboratori diversi (riproducibilità);

 Valutare gli errori sistematici del metodo e del laboratorio e degli errori casuali, utilizzando un materiale di riferimento: il n-butanolo (accuratezza) (25).

Germania

La Germania è il Paese Europeo che ha la normativa sugli odori più complessa. A livello nazionale la legge quadro BlmSchG-5/90 (Bundeslmmissionschutzgesetz) regola le immissioni provenienti da impianti. Inoltre prevede, per le aziende con impatto ambientale, la presentazione di una relazione che deve contenere sia i valori delle emissioni odorigene sia la loro diffusione nelle vicinanze dell’impianto.

Alla legge quadro si affiancano le linee guida della TA-Luft (linee tecniche per la prevenzione dell’inquinamento dell’aria). Le prescrizioni si applicano alle nuove

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13 installazioni che richiedono l’autorizzazione o ad eventuali modifiche apportate ad installazioni già esistenti. Nel caso degli odori le TA Luft danno indicazioni metodologiche ma non forniscono parametri specifici per valutare l’impatto odorigeno. Il metodo indicato per la valutazione delle emissioni odorigene è l’olfattometria.

La TA-Luft rimanda a linee guida VDI per indicazioni più dettagliate. Nella VDI 3940 e VDI 3782 è disciplinato il calcolo delle immissioni tramite l’utilizzo di software, nella VDI 3881 e VDI 3882 sono descritti il campionamento e le misure olfattometriche, infine nelle VDI 3477 e 3478 sono comprese le tecniche di abbattimento. Inoltre sono applicate norme per specifici impianti come la VDI 3475 “Controllo delle emissioni nel trattamento degli scarti biologici; compostaggio e digestione anaerobica” descrivendo le condizioni di processo per il trattamento degli scarti biologici e stabilendo una metodologia di campionamento per le varie sorgenti. Il numero di punti da campionare dipende dalla tipologia, dalla forma e dalle dimensioni della sorgente; nel caso di sorgenti areali la superficie campionata non deve essere inferiore all’1% di quella totale. La frequenza dei campionamenti è stabilita nella TA Luft (26). La norma VDI 3940 “Determinazione dell’odore tramite ispezioni di campo” descrive la metodologia per determinare le immissioni tramite le ispezioni: un gruppo di valutatori si esprime sulla percezione dell’odore in diversi punti dell’area di indagine. L’odore deve essere chiaramente distinguibile e quindi oltre il limite della soglia di percezione (a differenza dell’olfattometria dinamica).

Il quadro normativo tedesco si completa con la direttiva nazionale

“Determinazione e valutazione delle immissioni di odori”. La direttiva indica i requisiti

di qualità dell’aria imponendo dei limiti alle emissioni e definendo i requisiti di qualità dell’aria riguardo agli odori per aree industriali e aree residenziali. Sono presenti i limiti delle emissioni per il rilascio delle autorizzazioni e per la valutazione delle compatibilità delle installazioni esistenti. Viene definito il concetto di “massima frequenza di odore” ossia la frequenza relativa di ore con odore chiaramente percepibile. Le frequenze relative di ore di odore oltre le quali il disturbo causato

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14 dall’odore viene ritenuto rilevante sono: 0,10 per aree residenziali o miste e 0,15 per aree industriali o commerciali. Il valore 0,10 significa che le ore in cui l’odore risulta chiaramente percepibile è pari al 10% del totale.

Paesi Bassi

Nel 1998 le due maggiori cause di molestia olfattiva derivavano dalla presenza di allevamenti di animali e dagli impianti di gestione del letame. Nel Second National Enviromental Policy Plan (NEPP2) è stato posto l’obiettivo di limitare il fastidio dovuto alle maleodoranze ad una percentuale di popolazione inferiore al 12% entro il 2000. Successivamente è stato posto l’obiettivo per il 2010 di eliminare ogni tipo di molestia olfattiva di grado severo per tutta la popolazione. Dal 1972 al 2006 sono state imposte regolamentazioni per il controllo delle emissioni tramite criteri di distanza tra nuovi impianti o eventuali modifiche con attenzione alle aree sensibili (es. zone ad uso abitativo). Dal 2007 è attiva la Odor Nuisance and Livestock Farming Act, che prevede dei limiti di distanza rigidi sulla base dell’esposizione alle maleodoranze calcolate tramite modelli di dispersione. Secondo questo documento le aree sensibili devono essere esposte ad una concentrazione di odore inferiore al 98esimo percentile, ossia la concentrazione massima di odore in un dato punto non deve essere rilevata per più del 2% delle ore in un anno. Oltre a questi particolari criteri di controllo per gli allevamenti, gli altri limiti imposti sono conformi alle linee guida europee.

Austria

In Austria la norma S 2205-1 (ONORM S2205-1, 1997) “requisiti tecnici per gli impianti di compostaggio” fissa 300 OU/m3 (unità odorimetriche al metro cubo) come

limite di emissione a valle degli impianti di abbattimento (zone di uscita di aria proveniente dai processi, depositi, biofiltri). Inoltre, in situazioni di attività lavorativa ordinaria per l’industria, ad una distanza di 300 metri dai confini fisici dei terreni

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15 industriali, non devono essere percepibili odori sgradevoli. Per piccole industrie e aziende la distanza è di 500 metri. Vengono considerati odori sgradevoli quegli odori fortemente percepibili per più del 3% del tempo nel corso dell’anno nel primo caso (industrie) o più dell’8% nel secondo caso (piccole aziende).

La normativa italiana

In Italia la normativa vigente a livello nazionale non prevede norme specifiche né valori limite in materia di emissioni di odori. Tuttavia è possibile fare riferimento ad alcune prescrizioni settoriali:

1. Nel Testo Unico delle Leggi Sanitarie, in termini di protezione dalle molestie olfattive per il loro impatto sulla salute;

2. Nelle norme per la qualità dell’aria nel Testo Unico Ambientale ed in particolare alla parte relativa alla “Disciplina in materia di inquinamento atmosferico da sorgenti industriali, impianti termici civili e di combustione” e nella modifica apportata dal d.lgs. del 15 novembre 2017 n. 183/2017; 3. Nel D. Lgs. n. 59/2005 “Attuazione integrale della Direttiva 96/61/CE relativa

alla Prevenzione e Riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC)” per cui nel rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali (A.I.A.) è previsto un controllo sulle emissioni odorigene;

4. Negli Artt. n. 674 del Codice Penale e n. 844 del Codice Civile, anche se non fanno riferimento in maniera esplicita alle molestie olfattive;

5. Linee guida regionali.

1. Norme sanitarie

Nel R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 “Approvazione del Testo unico delle leggi sanitarie”, al Capo III, art. 216 sono indicati i criteri per la localizzazione di

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16 determinate tipologia di impianti in modo da tutelare la popolazione da “vapori, gas o altre esalazioni insalubri”. Successivamente è stato inserito nell’articolo un riferimento all’allegato del D.M. 5 settembre 1994 “Elenco delle industrie insalubri” in cui le diverse tipologie di industrie e manifatture sono divise in due classi. Le industrie insalubri di prima classe comprendono quelle che debbono essere isolate

nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni, mentre le industrie insalubri di

seconda classe sono quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato. Per le industrie inserite nella prima classe è possibile, in deroga, che sia ammessa la localizzazione nell’abitato qualora sia provato che per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non rechi danno alla salute del vicinato.

L’art. 217, dello stesso testo unico delle leggi sanitarie, stabilisce che quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono rappresentare un pericolo o un danno per la salute pubblica, il Sindaco prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo assicurandosi della loro esecuzione ed efficienza.

Entrambi gli articoli non fanno espressamente riferimento alle molestie olfattive per cui risultano difficilmente applicabili se le emissioni non hanno una diretta correlazione con danni diretti alla salute.

2. Testo Unico Ambientale

Nella Parte Quinta del D.lgs. del 3 aprile 2006 n. 152 (Testo Unico Ambientale), “norme in materia di tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera”, all’art.268 comma 1, lett. a, viene definito l’”inquinamento atmosferico” come:

- ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa

di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente.

(23)

17 Anche in questo caso non è fatto cenno diretto agli odori, ma è possibile affermare che le molestie olfattive sono comprese in questa definizione di inquinamento atmosferico visto che compromettono l’uso legittimo dell’ambiente. Invece nella Parte quarta “norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”, titolo I “gestione dei rifiuti”, capo I art. 177 comma 4:

- I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare

procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

È prevista quindi un’azione preventiva per gli inconvenienti da odori ma non sono presenti specifici limiti quantitativi per l’emissione odorigena.

Con la recente attuazione della normativa comunitaria (direttiva UE 2015/2193) recepita con il d.lgs. del 15 novembre 2017 n.183, in vigore dal 19 dicembre 2017, è stato aggiunto l’art. 272-bis “emissioni odorigene”:

- 1. La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la

prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all’articolo 271:

a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;

(24)

18

b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento;

c) procedure volte a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell’intorno dello stabilimento;

d) criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;

e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento.

Questo articolo riconosce alla regione e all’ente preposto al rilascio dell’autorizzazione il potere di prevedere misure di prevenzione e di limitazione che possono includere anche prescrizioni impiantistiche e gestionali, nonché il riconoscimento di criteri e procedure per definire le concentrazioni massime di emissione.

3. Autorizzazioni Integrate Ambientali

Si fa riferimento al D. Lgs. 59/2005, alla sua integrazione nel D. Lgs. 152/2006, e alle modifiche apportate dal D.lgs. 128/2010 che ha provveduto ad accorpare nel Testo Unico Ambientale l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). L’autorizzazione ha ad oggetto: la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente

dalle attività di cui all’allegato VIII e prevede misure intese ad evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente salve disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale. Ciò significa, in altri termini, che l’AIA è

(25)

19 prevista come obbligatoria per alcune categorie di impianti relativi alle attività industriali di cui all’Allegato VIII, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale. Tuttavia il legislatore non disciplina sulla necessità o meno di richiedere il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale in caso di cicliche emissioni olfattive moleste.

A tal proposito, giova evidenziare che l’art. 269 del citato d.lgs. 152/2006 stabilisce che per tutti gli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera deve essere richiesta l’autorizzazione all’autorità competente coincidente con la Regione o la Provincia autonoma o la diversa autorità indicata dalla Legge Regionale. Tale richiesta deve essere accompagnata da un progetto dello stabilimento, illustrante le specifiche attività cui l’impatto è destinato, e da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo. Tale normativa risulta alquanto dettagliata nella disciplina delle emissioni convogliate degli inquinanti in atmosfera e dei relativi limiti di concentrazione da rispettare, non avviene altrettanto per ciò che concerne l’inquinamento olfattivo. Nonostante ciò nella sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia, n. 2 del 2 gennaio 2013, i Giudici, applicando il principio comunitario di precauzione hanno affermato che, osservata la presenza di emissioni odorigene ripetute e che superano la normale tollerabilità, si applicano i limiti previsti dalla normativa USA predisposti dall’Agenzia statunitense per i controlli ambientali (EPA), anche se non previsti dalla normativa italiana. Con tale sentenza il Tar ha approvato il diniego dell’AIA per un allevamento avicolo dal quale derivavano emissioni moleste superiori ai limiti sanciti dall’Agenzia americana di protezione ambientale. Quindi per quanto siano assenti dei limiti quantitativi relativi alle emissioni odorigene, è possibile ritenere legittimo il rifiuto dell’Autorizzazione integrata ambientale in caso di molestie olfattive (28).

Il rilascio delle AIA prevede che vengano individuate e adottate le BAT (Best Avaiable Techniques) ossia le “migliori tecniche disponibili”. All’interno dell’autorizzazione vengono definite e descritte, in documenti detti BAT Conclusion, le prestazioni ottenibili con l’utilizzo di queste tecniche oltre che i livelli di emissione

(26)

20 autorizzabili (BAT-AEL, BAT-Associated Emission Levels). Tutte le informazioni aggiornate sulle BAT sono riportate nei BREFS (Bat REFerence documents) ossia dei documenti di riferimento a livello europeo sviluppate sulla base della direttiva IPPC e IED, specifiche per ogni tipo di attività. Per i tipi di attività che possono generare emissioni odorigene come le operazioni negli impianti di trattamento rifiuti, le BREFS prevedono l’utilizzo di tecnologie con controlli e miglioramenti regolari e l’attuazione di protocolli di contenimento e monitoraggio, studi su eventuali incidenti e un programma di prevenzione e riduzione dell’odore.

4. Articoli del codice penale e del codice civile

L’articolo n. 674 “getto pericoloso di cose” del codice penale recita:

- Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato

ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a duecentosei euro.

L’articolo n. 844 “immissioni” del Codice Civile:

- Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore,

le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell'applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.

Anche in questo caso non è fatto riferimento esplicito alle esalazioni di odori, ma entrambi gli articoli sono stati presi a riferimento per delle sentenze riguardanti questo tipo di immissione.

(27)

21 Si portano ad esempio la sentenza n. 36905 del 14 settembre 2015, emessa dalla Corte di Cassazione (Sez. III Pen.) riguardo una società di produzione di compost che provocava esalazioni maleodoranti. Il Tribunale in primo grado ha condannato il legale rappresentante dell’azienda per il reato di cui all’art. 674 c.p. giudicando la molestia olfattiva “inidonea” al criterio della “normale tollerabilità” in riferimento all’art. 844 c.c. Si portano in esempio altre sentenze che hanno impiegato criteri simili al fine di valutare la molestia olfattiva: Cassazione Pen., Sez. III, n. 16670 del 4 maggio 2012, Cassazione Pen., Sez. III, n. 2475 del 17 gennaio 2008, Cassazione Pen., n. 19898 del 26 maggio 2005, Cassazione Pen., Sez. III, n.21138 del 16 maggio 2013. Queste sentenze hanno riguardato fumi e odori provenienti da privati, stabilimenti alimentari e di lavorazione degli scarti animali, smaltimento di rifiuti speciali e impianti industriali. In alcuni dei casi esaminati è stato effettuato il ricorso sostenendo di effettuare emissioni nei limiti autorizzati, ricorso tuttavia rifiutato in riferimento al criterio di “normale tollerabilità” (29). La Corte di Cassazione conferma, quindi, la rilevanza penale delle emissioni in atmosfera di cattivi odori, ma i criteri utilizzati non ricorrono a valori limite rendendo il problema di difficile gestione sia per chi possiede un’attività che genera un’emissione sia per chi è danneggiato dalla stessa.

5. Linee guida regionali

In Italia le normative più precise dal punto di vista del campionamento e della definizione di valori limite di emissione è stata affrontata dalle regioni.

Linee guida Regione Lombardia

La regione Lombardia ha emanato delle linee guida che rappresentano attualmente la normativa più completa per ciò che riguarda il controllo delle molestie olfattive. I criteri sono esposti nella D.G.R. 15 febbraio 2012 n. IX/3018 “Linee guida per la caratterizzazione e l’autorizzazione delle emissioni gassose in atmosfera delle

(28)

22 attività ad impatto odorigeno” e nei relativi allegati. I principi esposti si basano principalmente sulla UNI EN 13725:2004.

Il campo di applicazione delle linee guida è:

tutte le attività che, durante il loro esercizio, danno luogo ad emissioni odorigene e che sono soggette ad autorizzazione integrata ambientale (d.lgs. 152/06 e s.m.i. – parte seconda) o ad autorizzazione alla gestione dei rifiuti (d.lgs. 152/06 e s.m.i. - parte quarta). Inoltre la presente linea guida si applica a tutte le attività sottoposte a valutazione d’impatto ambientale o a verifica di assoggettabilità da cui possono derivare emissioni odorigene.

Divide il territorio in: agricolo, residenziale, commerciale e/o artigianale e industriale. Per ogni tipologia di uso del territorio l’intensità del disturbo deve essere valutata in base all’uso stesso con lo scopo di garantire la fruibilità degli spazi. Sottolineando che l’orografia e la meteorologia influenzano la concentrazione dell’odore e che, quindi, il limite calcolato per la specifica area deve essere calcolato caso per caso.

In caso di segnalazioni di problematiche di tipo olfattivo che interessano il territorio, la procedura indicata dalla D.G.R. è divisa in quattro fasi:

 Fase A: si attiva una fase di indagine ogni qualvolta ci siano segnalazioni ricorrenti e significative da parte dei cittadini. Il Sindaco istituisce un tavolo di confronto in cui sono presenti il gestore dell’attività, l’autorità competente al rilascio delle autorizzazioni ambientali, ARPA e ASL. In questo confronto si stabilisce se i disturbi sono di tipo eccezionale o derivano da emissioni ordinarie. Nel primo caso vengono messe a verbale le cause e gli interventi preventivi per evitare che il problema si ripresenti. Nel secondo caso si avvia un monitoraggio sistematico della percezione del disturbo olfattivo, se durante questo monitoraggio si nota che gli episodi/mese superano per durata il 5% del numero di ore monitorate viene avviata la fase B;

(29)

23

 Fase B: consiste nella verifica dell’impatto olfattivo. Questa fase si attua tramite le attività di controllo descritte nell’allegato 2 delle linee guida e l’applicazione modellistica descritta nell’allegato 1, qualora sia ritenuto necessario viene associata un’analisi delle specie chimiche (descritta nell’allegato 4) ed infine viene costruito un modello di dispersione con delle linee di iso concentrazione orarie di picco di odore al 98° percentile, espresse in OU/m3.

 Fase C: se il modello mostra un impatto eccessivo, si provvede ad un riesame dell’autorizzazione e viene richiesto un piano di adeguamento per il rispetto dei criteri previsti dalle linee guida.

 Fase D: è la riproposizione della fase A quando il piano di adeguamento è stato attuato.

Nella D.G.R. sono presenti 4 allegati:

 Allegato 1: Requisiti degli studi di impatto olfattivo mediante simulazione di dispersione;

 Allegato 2: Campionamento olfattometrico;

 Allegato 3: Strategia di valutazione della percezione del disturbo olfattivo da parte della popolazione residente;

 Allegato 4: Caratterizzazione chimica delle emissioni odorigene.

Nel caso specifico degli impianti di trattamento del compost, la D.G.R. n. 7/12764 del 16/04/2003 della regione Lombardia “Linee guida per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di compost” è indicato il limite di emissione all’uscita dei biofiltri pari a 300 OU/m3.

Questo limite è stato applicato anche da altre Regioni italiane per gli impianti di compostaggio (Basilicata – D.G.R. 22/04/2002 n. 709; Sicilia – Delibera N. 27 Parte I del 14/06/02; Abruzzo – D.G.R. 400 del 26 maggio 2004). La Regione Emilia Romagna

(30)

24 con la D.G.R. n. 1495 del 24/10/2011 fissa, per gli impianti di produzione di biogas, all’uscita degli impianti di trattamento, valori di emissione pari a 400 OU/m3.

Deliberazione della Giunta provinciale di Trento

Nella Provincia autonoma di Trento è stato utilizzato un approccio molto simile a quello della Lombardia. È stata approvata la Deliberazione di Giunta provinciale n. 1087 del 24/06/2016 “Linee guida per la caratterizzazione, l’analisi e la definizione dei criteri tecnici e gestionali per la mitigazione delle emissioni delle attività ad impatto odorigeno”. In queste linee guida il campo di applicazione è lo stesso che per quelle della Lombardia, ossia sono applicate a tutte le attività soggette

ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) o rientrante nelle fattispecie di cui alla deliberazione della Giunta Provinciale n.959 di data 18 maggio 2012 recante “fase istruttoria del procedimento autorizzatorio in materia di gestione dei rifiuti in impianti dedicati al trattamento della FORSU”.

In queste linee guida sono presenti dei valori di accettabilità espressi come concentrazioni orarie di picco di odore al 98° percentile calcolate su base annuale:

1. Per recettori in aree residenziali:

a. 1 OU/m3, a distanze > 500 m dalle sorgenti;

b. 2 OU/m3, a distanze di 200÷500 m dalle sorgenti;

c. 3 OU/m3, a distanze < 200 m dalle sorgenti.

2. Per recettori in aree non residenziali:

a. 2 OU/m3, a distanze > 500 m dalle sorgenti;

b. 3 OU/m3, a distanze di 200÷500 m dalle sorgenti;

c. 4 OU/m3, a distanze < 200 m dalle sorgenti.

La procedura indicata nel caso di problematiche olfattive derivanti da attività già presenti si divide in 2 fasi:

(31)

25

 Fase A: come la fase delle linee guida della Lombardia ma si passa alla fase successiva se la durata degli episodi di disturbo olfattivo supera il 2% del periodo monitorato (15 ore/mese);

 Fase B: consiste nella definizione delle modalità di intervento.

Nelle linee guida della provincia autonoma di Trento sono presenti gli allegati:

 Allegato 1: Definizioni e requisiti degli studi di impatto olfattivo mediante simulazione di dispersione;

 Allegato 2: Monitoraggio del disturbo olfattivo;

 Allegato 3: Caratterizzazione chimica delle emissioni odorigene.

Linee guida della regione Piemonte

La regione Piemonte ha approvato la Deliberazione della Giunta Regionale 9 gennaio 2017, n. 13-4554 L.R. 43/200 “linee guida per la caratterizzazione e il contenimento delle emissioni in atmosfera provenienti dalle attività ad impatto odorigeno”. Il campo di applicazione è per impianti soggetti ad AIA ed alle attività soggette a Valutazione di Impatto Ambientale o Verifica di assoggettabilità da cui derivino o possano derivare emissioni odorigene. Durante la procedura di indagine, oltre al campionamento olfattometrico e la caratterizzazione chimica è contemplato l’utilizzo di strumenti di monitoraggio come il “naso elettronico”.

Non è fatto cenno a limiti quantitativi per la concentrazione di odore.

Legge Regionale 16 aprile 2015 n. 23 della regione Puglia

La regione Puglia ha approvato la modifica all’articolo 1 della legge regionale 22 gennaio 1999, n. 7 che riguardava le emissioni odorigene derivanti da sansifici con la L.R. 16 aprile 2015, n. 23 ampliando la normativa a tutti i processi di lavorazione che comportano immissione di odori in atmosfera. La legge obbliga i gestori di attività

(32)

26 con impatto odorigeno a comunicare i dati relativi ai controlli delle emissioni con frequenza almeno semestrale. La legge presenta un allegato tecnico in cui sono presenti le concentrazioni limite per le sostanze odorigene e il metodo di analisi di riferimento (tab. 2).

Tab 2: elenco dei composti per i quali sono fissate delle concentrazioni limite nella legge regionale della Puglia.

composto cas number odour threshold (ppm) emissioni puntuali - concentrazioni limite (mg/Nm3) emissioni puntuali - concentrazioni limite (mg/Nm3) emissioni diffuse - concentrazioni limite (mg/m3) metodo di riferimento

METANOLO 67-56-1 3,30E+01 150* 20 EPA TO-15

ETANOLO 64-17-5 5,20E-01 600* 90 NIOSH 1400

ISOPROPANOLO 67-63-0 2,60E+01 300* 40 NIOSH 1400

TER-BUTANOLO 75-65-0 4,50E+00 150* 20 NIOSH 1400

FENOLO 108-95-2 5,60E-03 20* 3 EPA TO-15

2-ETOSSIETANOLO 110-80-5 5,80E-01 20* 3 NIOSH 1403

2-N-BUTOSSIETANO 111-76-2 4,30E-02 150* 20 NIOSH 1403

2-ETOSSIETILACETATO 111-15-9 4,90E-02 20* 3 NIOSH 1450

ISOBUTILACETATO 110-19-0 8,00E-03 80 10 NIOSH 1450

N-BUTILACETATO 123-86-4 1,60E-02 150 20 NIOSH 1450

N-PROPILACETATO 109-60-4 2,40E-01 300* 40 NIOSH 1450

SEC-BUTILACETATO 105-46-4 2,40E-03 20 3 NIOSH 1450

TER-BUTILACETATO 540-88-5 7,10E-02 700 100 NIOSH1450

METILACETATO 79-20-9 1,70E+00 300* 40 NIOSH 1458

METILMETACRILATO 80-62-6 2,10E-01 150* 20 EPA TO-15

ACETONE 67-64-1 4,20E+01 600* 90 EPA TO-11°

METIL ISOBUTILCHETONE 108-10-1 1,70E-01 150* 20 EPA TO-15

METILETILCHETONE 78-93-3 4,40E-01 300* 40 EPA TO-15

METIL N-AMILCHETONE 110-43-0 6,80E-03 70 10 NIOSH 2553

TETRACLOROETILENE 127-18-4 7,70E-01 20* 3 EPA TO-15

1,3 - BUTADIENE 106-99-0 2,30E-01 5* 1 EPA TO-15

DIETILAMMINA 109-89-7 4,80E-02 20* 3 OSHA n.41

DIMETILAMMINA 124-40-3 3,30E-02 20* 3 OSHA n.34

ETILAMMINA 75-04-7 4,60E-02 20* 3 OSHA n.36

METILAMMINA 74-89-5 3,50E-02 20* 3 OSHA n.40

AMMONIACA 7664-41-7 1,50E+00 250* 35 NIOSH 6015

(33)

27

ACROLEINA 107-02-8 3,60E-03 20 3 EPA TO-15

FORMALDEIDE 50-00-0 5,00E-01 20* 3 EPA TO-11°

PROPIONALDEIDE 123-38-6 1,00E-03 5 1 EPA TO-11°

ACETALDEIDE 75-07-0 1,50E-03 5 1 EPA TO-11°

CROTONALDEIDE 4170-30-3 2,30E-02 20* 3 EPA TO-11°

ACIDO ACETICO 64-19-7 6,00E-03 30 4 NIOSH 1603

IDROGENO SOLFORATO 7783-06-4 4,10E-04 1 0,2 EPA m16

DIMETILDISOLFURO 624-92-0 2,20E-03 20 3 EPA m16

DIMETILSOLFURO 75-18-3 3,00E-03 20 3 EPA m16

A-PINENE 1195-92-2 1,80E-02 200 30 NIOSH 1552

B-PINENE 80-56-8 3,30E-02 300* 40 NIOSH 1552

LIMONENE 127-91-3 3,80E-02 500 70 NIOSH 1552

Nell’allegato tecnico è specificato che qualora l’emissione sia composta da due o più

sostanze odorigene, ciascuna concentrazione dovrà essere inferiore alla corrispondente concentrazione limite e la sommatoria dei rapporti tra la concentrazione effettiva e la rispettiva concentrazione limite dovrà essere inferiore a 1. In ogni caso l’emissione non potrà avere una concentrazione di odore misurata secondo quanto indicato nella norma tecnica UNI EN 13725, superiore a 2000 OU/m3,

(34)

28 1.2 Analisi delle concentrazioni di odore

Per valutare l’importanza di un’emissione odorigena, non è sufficiente fare considerazioni solo sulla concentrazione di odore, è più rappresentativo parlare di “portata di odore” poiché le sostanze odorigene e la matrice in cui sono immersi sono sistemi dinamici e la loro dispersione varia a seconda di fattori esterni. La portata di odore (OER: Odor Emission Rate) è il prodotto della concentrazione di odore per la portata gassosa ed è espressa in unità odorimetriche al secondo (OU/s). La portata di odore volumetrica deve essere valutata in condizioni normali per l’olfattometria: 20 °C e 101,3 kPa su base umida.

Ad ogni tipo di sorgente è associata una diversa tecnica di campionamento che consente il calcolo della portata di odore.

Sorgenti puntuali

Una tipica sorgente puntuale è il camino di un’industria. L’odore attraversa un punto di uscita con una velocità costante di emissione dei vapori. La portata di odore è calcolata moltiplicando la velocità del flusso per la sezione trasversale del condotto e la portata di odore sarà:

𝑂𝐸𝑅 = 𝑄𝑒𝑓𝑓𝑙 ∙ 𝑐𝑜𝑑

OER: portata di odore (OU/s),

Qeffl: portata volumetrica dell’effluente (m3/s),

(35)

29 Sorgenti volumetriche

Sono strutture dalle quali fuoriescono gli odori sia attraverso condotti a ventilazione naturale sia attraverso porte o altre aperture. In questo caso non è possibile definire un flusso preciso, né è facile capire dove effettuare il campionamento perché questo risulti rappresentativo. Ciò che è possibile fare è misurare la velocità dell’aria in corrispondenza delle aperture oppure stimare la portata gassosa che fuoriesce dall’edificio tramite l’utilizzo di gas traccianti. L’OER viene calcolato come:

𝑂𝐸𝑅 = 𝑄𝑒𝑓𝑓𝑙 ∙ 𝑐𝑜𝑑

OER: portata di odore (OU/s),

Qeffl: portata volumetrica uscente dall’edificio (m3/s),

cod: concentrazione di odore misurata (OU/m3).

Sorgenti areali

Si hanno tipicamente su superfici solide o liquide piuttosto estese. Sono distinte in sorgenti areali attive e passive.

Sorgenti areali attive: hanno un flusso di aria uscente. Due esempi di questo

tipo di sorgenti sono i biofiltri e i cumuli di rifiuti areati. Il campionamento è effettuato con delle cappe che isolano una parte della superficie emittente che dovrebbe corrispondere circa all’1% della superficie emissiva totale, effettuando un minimo di 3 e un massimo di 10 campioni. Devono essere rilevati contemporaneamente altri parametri: temperatura, umidità relativa e velocità di efflusso. La velocità di efflusso misurata all’interno della cappa è indice del flusso attraverso la superficie emissiva. È importante che questa

(36)

30 misurazione non sia confusa con la velocità del flusso nella bocchetta di campionamento.

o Se il flusso è omogeneo, ossia se le velocità di efflusso misurate sulle diverse superfici parziali differiscono di massimo un fattore 2, la concentrazione di odore media delle varie superfici è:

𝑐̅𝑜𝑑 = √∏ 𝑐𝑖

𝑛

𝑖=1

𝑛

od: concentrazione di odore media (OU/m3),

ci: concentrazione di odore misurata sulla i-esima superficie parziale

(OU/m3).

o Se il flusso non è omogeneo la concentrazione è calcolata come la media pesata:

𝑐̅𝑜𝑑 =

√∏𝑛𝑖=1(𝑐𝑖 ∙ 𝑣𝑖)

𝑛

∑𝑛𝑖=1𝑣𝑖

c̅od: concentrazione di odore media (OU/m3),

ci: concentrazione di odore misurata sulla i-esima superficie parziale

(OU/m3),

vi: velocità di efflusso misurata sulla i-esima superficie parziale (m/s).

Sorgenti areali passive: sono le sorgenti più complicate da studiare poiché a

seconda della sorgente bisogna studiare l’andamento del flusso dell’aria cercando di riprodurre con un flusso in ingresso scelto dall’operatore la velocità di naturale emissione della sorgente. Per campionare queste sorgenti le linee guida della Lombardia propongono il modello a cappa “passiva”. Questa struttura isola parte della superficie emissiva e misura la concentrazione di odore all’uscita da essa. Per la valutazione dell’OER si utilizza un altro parametro, ossia il SOER (flusso specifico di odore) espresso

(37)

31 in unità odorimetriche emesse per unità di superficie e di tempo (OU · m -2 · s -1):

𝑆𝑂𝐸𝑅 = 𝑄𝑒𝑓𝑓𝑙∙ 𝑐𝑜𝑑 𝐴𝑏𝑎𝑠𝑒 SOER: flusso specifico di odore (OU · m -2 · s -1)

Qeffl: portata volumetrica di aria uscente dalla cappa (m3/s)

cod: concentrazione di odore misurata (OU/m3)

Abase: area di base della cappa (m2)

Per calcolare l’OER:

𝑂𝐸𝑅 = 𝑆𝑂𝐸𝑅 ∙ 𝐴𝑒𝑚𝑖𝑠𝑠 OER: portata di odore (OU/s)

SOER: flusso specifico di odore (OU · m -2 · s -1)

Aemiss: superficie emissiva (m2)

Altri tipi di strumenti di campionamento (wind tunnel) generano artificialmente una velocità dell’aria all’interno della cappa. In questo caso le linee guida della regione Lombardia indicano solo leggi di proporzionalità:

𝑐𝑜𝑑 ∝ 𝑣−𝑛

𝑆𝑂𝐸𝑅, 𝑂𝐸𝑅 ∝ 𝑣𝑛

cod: concentrazione di odore (OU/m3)

SOER: flusso specifico di odore (OU · m -2 · s -1)

OER: portata di odore (OU/s)

v: velocità dell’aria inviata sotto cappa (m/s) n: esponente sperimentale.

(38)

32 Per i liquidi è stato dimostrato che l’esponente “n” è pari a 0,5. Nelle linee guida è specificato che per sorgenti poco emissive il flusso in entrata deve essere tale da non far scendere la concentrazione di odore al di sotto di 50-100 OU/m3. A tale scopo la velocità consigliata in ingresso è di 1-10 cm/s.

Nel report di X.Z. Li e nel lavoro “Evaluation of a Wind Tunnel for Measurement of Odour Emission from Area Sources” di Wenyue Wu, la formula utilizzata per calcolare il SOER è:

𝑆𝑂𝐸𝑅 = 𝑐𝑜𝑑∙ 𝑣 ∙ (

𝐴𝑐𝑟𝑜𝑠𝑠−𝑠𝑒𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙 𝐴𝑏𝑎𝑠𝑒 )

SOER: flusso specifico di odore (OU · m -2 · s -1)

cod: concentrazione di odore (OU/m3)

v: velocità dell’aria inviata sotto cappa (m/s)

Across-sectional: area della sezione trasversale del tunnel (m2)

Abase: area della superficie coperta dalla base del tunnel (m2)

Nello studio di X. Z. Li, in cui sono state analizzate le vasche di un impianto di trattamento di acque reflue, è stata utilizzata una velocità in ingresso 0,01 m/s (31-32).

Nelle linee guida della provincia autonoma di Trento è indicata la relazione:

𝑂𝐸𝑅𝑠 = 𝑂𝐸𝑅𝑟∙ √

𝑣𝑠 𝑣𝑟

OERs: portata di odore alla velocità dell’aria vs,

OERr: portata di odore alla velocità di riferimento vr misurata durante il

campionamento,

vs: velocità dell’aria vicino alla superficie emissiva, valutata a partire dalla velocità del

vento all’anemometro di riferimento, facendo le opportune conversioni in base alla quota diversa della sorgente e dell’anemometro,

(39)

33 vr: velocità dell’aria nella camera di ventilazione durante il campionamento

olfattometrico (33).

1. 3 Strumenti di campionamento per la stima dei flussi odorigeni

Per assicurare la qualità della misura della concentrazione degli odori è necessario effettuare un campionamento preciso ed accorto. I criteri generali sono descritti nella EN 13725 ma le modalità di ottenimento di campioni rappresentativi non sono approfonditi in maniera esaustiva. La tecnica usata per il campionamento dipende dalla tipologia di sorgente e deve essere formulata in modo da tenere in considerazione la natura della corrente di odorante. La scelta dei punti di campionamento è effettuata a partire da un’analisi delle fonti di emissione, delle condizioni che possono alterare tale emissione e dalla conoscenza delle fluttuazioni dell’odore nel tempo.

I materiali

I materiali utilizzati devono minimizzare le perdite, le contaminazioni e le possibilità di interferenza tra il campione e il materiale stesso. Per soddisfare tale scopo sono scelti materiali con queste caratteristiche:

 Inerzia: i materiali devono minimizzare la possibilità di interazione con il gas campionato. Esempi di materiali inerti sono: Politetrafluoroetilene (PTFE, Teflon™), copolimeri del tetrafluoroetilene e esafluoropropilene (FEP),

(40)

34 polietilentereftalato (PET, Nalophan™), vetro, acciaio (ma non sempre è chimicamente inerte, inoltre la condensazione o la deposizione non possono essere sempre controllati visibilmente),

 Superficie liscia,

 Assenza di odore,

 Bassa permeabilità: devono ridurre le perdite tramite diffusione o l’ingresso di aria esterna.

Particolare attenzione deve essere fatta per i sacchetti di campionamento. I materiali elencati sono tutti adatti per questo scopo.

Pompa a depressione

Questo strumento serve a creare una depressione all’interno di una struttura che può essere di forme diverse. Il sacchetto è inserito nel serbatoio ermetico e azionando la pompa a vuoto si genera una depressione sulla superficie esterna del sacchetto che si riempirà con il campione. Il tubicino di prelievo è posizionato nel punto di campionamento ed è collegato solo al sacchetto, l’altro tubicino collega la pompa a vuoto all’interno della camera del serbatoio (fig. 1).

Fig. 1: pompa a depressione. Immagine tratta dall’allegato 2 della D.G.R. n. 3018 della regione Lombardia (30).

(41)

35 Prima di effettuare il campionamento è necessario riempire e svuotare i sacchetti più volte in modo da condizionare gli stessi ed evitare che avvengano eventuali processi di adsorbimento/desorbimento.

Una volta prelevato il campione è necessario conservarlo a temperatura ambiente (25 °C) o comunque superiore alla temperatura di rugiada per impedire la condensazione. Bisogna evitare la diretta esposizione alla luce per evitare eventuali reazioni fotochimiche.

Cappa statica

È utilizzata per sorgenti di tipo attivo, La struttura consente di isolare una sezione della superficie emittente e convogliare il flusso nel condotto di uscita della cappa, dove viene prelevato il campione con le stesse modalità adottate per il campionamento con la pompa a depressione. La cappa deve essere costituita di materiale inerte dal punto di vista odorigeno (ad es. acciaio o alluminio rivestito di politetrafluoroetilene) (fig. 2):

Fig. 2: modello di cappa passiva Immagine tratta dall’allegato 2 della D.G.R. n. 3018 della regione Lombardia (30).

(42)

36 Cappa a flusso

È utilizzata per sorgenti emissive prive di flusso. Il principio di funzionamento di questa cappa è di isolare una sezione della sorgente e creare un movimento di gas che sposti il vapore verso la bocchetta di campionamento, senza interagire con la sorgente (fig. 3). Le interazioni potrebbero essere sia positive che negative: come visto nel par. 1.2, la velocità del flusso è proporzionale alla concentrazione, quindi velocità troppo basse potrebbero portare alla sovrasaturazione del campione e velocità troppo alte potrebbero portare con sé aria priva di odore o con una concentrazione di odore molto bassa.

Fig. 3: modello di cappa attiva. Immagine tratta dall’allegato 2 della D.G.R. n. 3018 della regione Lombardia (30).

Camera di flusso

È una camera di forma cilindrica chiusa superiormente da una calotta in cui sono inseriti dei canali in cui viene insufflato il gas “carrier” (un gas inerte oppure aria priva di odore) e una bocchetta di campionamento (fig. 4). Il prelievo viene effettuato dopo un tempo stabilito perché le condizioni all’interno della camera tornino all’equilibrio.

(43)

37 Fig. 4: sulla sinistra la foto di una camera di flusso, sulla destra il suo modello. Negli studi più vecchi il gas è insufflato ad una velocità compresa tra 5 e 24 L/min. Una delle critiche più importanti su questa tecnica di campionamento è che la pressione creata all’interno della camera può alterare il campione e generare errori significativi nella misurazione.

Wind tunnel

È un altro tipo di cappa a flusso in cui il gas è introdotto in maniera direzionale in modo da simulare l’azione del vento sulla superficie da campionare (fig. 5). La scelta della velocità del vento all’interno della Wind Tunnel diventa di fondamentale importanza per non generare fenomeni di diluizione o concentrazione.

Fig. 5: modello di wind tunnel. Immagine tratta dall’allegato 2 della D.G.R. n. 3018 della regione Lombardia (30).

(44)

38 L’aria entra dalla sezione di ingresso e attraversa la camera a forma di “imbuto”. Ciò serve a rendere il flusso orizzontale e omogeneo lungo tutta la sezione. Nella parte centrale è presente un’apertura sul fondo che isola una porzione della superficie emissiva.

(45)

39 1.4 Metodi di analisi a confronto: GC/Olfattometria, Naso elettronico, Olfattometria dinamica

Non esiste un unico metodo di analisi per la caratterizzazione degli odori universalmente accettato. Attualmente sono utilizzati 3 tipi di metodi: analitici, sensoriali e misti. I metodi analitici possono identificare e quantificare i composti chimici presenti nelle emissioni odorigene. Hanno il vantaggio di essere metodi che presentano risultati oggettivi, ripetibili e accurati. Tuttavia le analisi chimiche possono risultare complesse e non sempre efficienti. Questo perché nella caratterizzazione degli odori è difficile trovare una relazione tra la presenza di un mix di sostanze e la sensazione provocata nell’uomo. I metodi sensoriali considerano la miscela nel suo insieme e si basano su una misura diretta dell’odore utilizzando il naso umano come sensore. Per questa ragione le tecniche sensoriali come l’olfattometria dinamica sono sempre più utilizzate per lo studio di impatto degli odori (35).

Gas Cromatografia e altre analisi chimiche

L’analisi chimica è utile per valutare la presenza e la concentrazione di sostanze odorigene note. Tuttavia non è ancora stata trovata una relazione che leghi la composizione chimica di una miscela di sostanze con la sua concentrazione di odore. La caratterizzazione chimica può essere molto utile per individuare traccianti delle emissioni che consentono l’identificazione della tipologia di fonte e la valutazione della presenza di sostanze nocive. La tecnica più utilizzata è la Gas Cromatografia associata allo spettrometro di massa (GC-MS) in particolare per l’analisi di sostanze organiche volatili (VOC) e composti di solfuri volatili (VSC). Il grande svantaggio di questa tecnica è che per alcuni composti come mercaptani e altri solfuri, il limite di rilevabilità dello strumento è inferiore alla soglia di percezione

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