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Trasformazioni fisiche e chimiche

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Academic year: 2021

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lavoro di diploma di

Dal Pian Nicola

diploma di insegnamento per le scuole di matruità

anno accademico 2018/2019

Trasformazioni Fisiche e Chimiche

relatore

(2)
(3)

Abstract

La didattica, in particolar modo nelle scienze sperimentali, si impegna nel rendere più comprensibili gli argomenti, suddividendoli in sottoclassi. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, questa suddivisione non è sempre netta incrementando la difficoltà nella clas-sificazione. Il presente elaborato si sofferma sulla distinzione fra trasformazione fisica e chimica presente in tutti i libri di testo.

L’obiettivo di questo lavoro di diploma consiste nell’individuare un’azione didattica che tenga presente le concezioni non conformi degli allievi e la difficoltà nel classificare le due tipologie di trasformazione in maniera da semplificare tale distinzione. L’unità didattica segue un andamento logico, iniziando da un’apertura macroscopica, sofferman-dosi su indicatori visibili, per giungere a quella microscopica, nella quale viene figurato il fenomeno con il modello particellare.

I risultati dimostrano che la maggior parte degli allievi sono facilitati a distinguere le trasformazioni fisiche e chimiche a livello microscopico. Tuttavia, la difficoltà maggiore ricade nel rappresentare il fenomeno con il modello particellare.

Da ultimo, questo Lavoro di Diploma si propone di indurre una riflessione sulla neces-sità di insistere, almeno al primo anno del corso liceale, sull’insegnamento della distinzione tra trasformazioni fisiche e chimiche.

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Ringraziamenti

Prima di tutto, vorrei esprimere la mia profonda e sincera gratitudine al Prof. Vittorio Limongelli, non solo per avermi consigliato, ma anche per il suo supporto e per la libertà data nel mio lavoro.

Un ringraziamento speciale va a Gianmarco Zenoni, il mio docente mentore, per essere stato sempre disponibile e pronto a dare suggerimenti pratici e vantaggiosi.

Ringrazio di cuore i miei genitori: se sono arrivato a scrivere questo Lavoro di Diploma è grazie ai loro sacrifici, al loro esempio e ai valori trasmessi. Un grazie anche a mio fratello Giacomo e a mia sorella Agnese, per il loro costante sostegno.

Inoltre, ringrazio tutti i compagni di corso, in particolare Cristian Sulmoni e Tiziano Romelli, che mi hanno aiutato in vari modi.

(5)

Indice

Abstract i Ringraziamenti ii 1 Introduzione 1 1.1 Motivazioni . . . 2 1.2 Obiettivi . . . 2 2 Quadro Teorico 3 2.1 Il motivo di tale confusione . . . 5

3 Unità didattica 6 3.1 Contesto didattico . . . 6 3.2 Prerequisiti e preconoscenze . . . 7 3.3 Obiettivi . . . 8 3.4 Azione didattica . . . 8 4 Risultati 15 4.1 Questionario . . . 15 4.2 Macroscopico . . . 17 4.3 Microscopico . . . 17 4.4 Attività Moodle . . . 19 4.5 Verifica . . . 20 4.6 Equazione chimiche . . . 21 5 Valutazione personale 22 5.1 Riflessione sull’azione didattica . . . 22

5.2 Sviluppi futuri . . . 22

6 Conclusioni 23

A Questionario 27

(6)

C Attività Moodle 33

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1

Introduzione

Il presente elaborato riproduce una possibile trasposizione didattica realizzata in classi prime della scuola media superiore. Oggetto della trasposizione didattica è l’introduzione di trasformazioni chimiche o, nel dettaglio, la rappresentazione a livello microscopico delle reazioni chimiche. Questa transizione conduce meccanicamente al passaggio da trasfor-mazione fisica a trasfortrasfor-mazione chimica. Tale passaggio non è alquanto lineare. Infatti, la distinzione fra trasformazione fisica e chimica è molto più complicata di quanto possa sembrare [1]. Alcuni fenomeni, quali ad esempio salare l’acqua della pasta o sciogliere lo zucchero nel caffè, sono difficili da inventariare in una distinta trasformazione. La criticità non riguarda solo gli studenti, ma anche docenti e scienziati. L’unità didattica affronta dei nodi principali della materia, quali la "sperimentazione" e la "modellizzazione", tiene con-to dell’ardua impresa nel trovare una definizione appropriata che permetta di classificare correttamente le due trasformazioni. Il percorso segue un andamento logico, iniziando da un’apertura macroscopica, soffermandosi sul visibile, per giungere a quella microscopica, per la quale si richiede un carico cognitivo importante. La modalità didattica utilizzata è l’attività di gruppo in cui gli allievi sono posti ad affrontare delle situazioni-problema.

La trattazione dell’argomento in esame mira al raggiungimento di un obiettivo richiesto dal Piano degli studi [2], al cui interno, tra le finalità formative da perseguire, è presente che lo studente debba essere in grado di individuare e classificare le trasformazioni chi-miche. Questo Lavoro di Diploma si soffermerà unicamente sulla verifica della capacità dell’allievo nell’individuare le trasformazioni chimiche. A tal proposito non occorre di-menticare che l’unità didattica mira a sviluppare le competenze dello studente, affinché lo stesso possegga tutte le strumentalità di base utili ad individuare una trasformazione chimica in tutta autonomia.

Da ultimo, questo Lavoro di Diploma si propone di indurre una riflessione sulla neces-sità della distinzione tra le due trasformazioni. Infatti ci si pone l’interrogativo se valga la pena introdurre questa distinzione immediatamente all’inizio di un corso base di chimica, senza dimenticare che il Piano degli studi invece impone tale distinzione.

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1.1

Motivazioni

La didattica, nelle materie oggetto di apprendimento, in particolar modo nelle scien-ze sperimentali, si impegna nel rendere più comprensibili gli argomenti, suddividendoli in sottoclassi. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, questa suddivisione non è sempre "bianca" o "nera", possedendo delle sfumature grigie che incrementano la difficoltà nella classificazione del fenomeno osservato. Oltretutto, sebbene la chimica moderna vanti delle proprietà e qualità che la rendano più completa alla chimica di fine XVIII secolo, è anche più complicata in quanto offre molti più livelli di "modellizzazione" e quindi tanti altri metodi alternativi di osservare un dato fenomeno. Dunque dall’esistenza di svariati con-cetti emerge una maggiore possibilità di confusione creando un miscuglio incompatibile di concetti. Sono queste le problematiche che mi han portato a scegliere la suddivisione fra trasformazioni fisiche e chimiche. Personalmente tale distinzione mi attrae particolar-mente, dato che dopo anni di studio non è semplice raggruppare le specifiche tipologie di trasformazione. Come se non bastasse, le trasformazioni sono spesso fonte di dibatti-to rendendo faticoso trovare una soluzione condivisa. Dunque da tali premesse è facile immaginare le difficoltà che un allievo incontri al primo anno superiore, nel cercare di individuare la trasformazione corretta. Un altro fattore che contribuisce alla scelta di quest’argomento è la possibilità di eseguire la trasposizione didattica in classe ottenendo dei risultati concreti. In effetti il conseguimento dei risultati in classe rappresenta un valore aggiunto alla trattazione finale del lavoro. Infine, appare ragionevole rammentare che tale presunta distinzione fra trasformazione fisica e chimica è presente in tutti i libri di testo.

1.2

Obiettivi

L’obiettivo del lavoro di diploma consiste nell’individuare un’azione didattica che ten-ga presente le concezioni non conformi (o misconcezioni) degli allievi e la difficoltà nel classificare le due tipologie di trasformazione. Dunque il mio compito sarà fornire agli al-lievi degli indicatori facilmente osservabili ed una competenza nel rappresentare a livello atomico-molecolare il fenomeno osservato permettendo di semplificare la distinzione fra trasformazione fisica e chimica, tendendo presente il livello di competenze che hanno gli allievi al primo anno di Liceo.

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2

Quadro Teorico

Attualmente nei libri di testo di chimica è contenuta una netta distinzione fra trasforma-zioni fisiche e trasformatrasforma-zioni chimiche. Basta far l’esempio del libro Brady e Senese [3], usato nei licei Ticinesi, il quale riporta la distinzione definendo i due fenomeni come qui sotto riportato:

• Una trasformazione fisica non è accompagnata da una variazione della composi-zione.

• In una trasformazione chimica o reazione chimica, le sostanze interagiscono tra loro per formare sostanze completamente diverse che mostrano proprietà differenti.

Quest’ultima definizione è stata formulata dal professor Walter Gensler nel 1970 [4]. Tut-tavia, lo stesso Gensler nota come tale distinzione sia poco efficace, originando una grande confusione.

Esempi di trasformazione fisica normalmente includono: evaporazione, fusione e altri cambiamenti di stato fisico; rottura o deformazione di un materiale; dilatazione e contra-zione termica; fenomeni elettrici (eccetto elettrolisi).Viceversa, esempi di reacontra-zione chimica comprendono: combustione; arrugginimento del ferro; azione di un acido su un materiale. Nel 2003 è stato introdotta una nuova teoria elaborata da Nelson [5] con la finalità di facilitare la distinzione dei due fenomeni, considerato che la suddivisione preesistente generava delle confusioni. Sulla base di tale teoria, le sostanze possono subire tre tipi di trasformazioni: fisica, fisica-chimica e chimica. In una trasformazione fisica (ad esempio compressione dell’aria) non si assiste ad alcun cambiamento nella sostanza o nella forma; in una trasformazione fisica-chimica (ad esempio la fusione, dissoluzione) si verifica un mutamento nella forma ma non nella sostanza; infine, in una trasformazione chimica (ad esempio la ruggine) si verifica un cambiamento di sostanza. Inoltre, è possibile che le sostanze possano subire un quarto tipo di cambiamento, quello radio-chimico. In questa quarta trasformazione si verifica un cambiamento di sostanza e assorbimento o emissione di radiazioni.

Tuttavia, Nelson sostiene che tali definizioni abbiano poco rilevanza soprattutto al-l’inizio di un corso di chimica. Secondo Nelson la distinzione tra trasformazione fisica e trasformazione chimica non appare utile e vantaggiosa in questa fase di insegnamento,

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generando solo confusione. Per riuscire a distinguere con facilità i due fenomeni, il con-cetto di molecola e di legami intermolecolari è centrale, ma introdurre questi argomenti per rendere più comprensibile la suddivisione fra trasformazione fisica e chimica urta la psicologia dell’apprendimento [6] [7]. Pertanto, incombe una grande preoccupazione e allarmismo tra gli educatori scientifici sulla distinzione fra trasformazione fisica e chimica, e sulla capacità degli allievi di apprendere il contenuto della distinzione. Numerosi stu-di hanno stu-dimostrato la presenza stu-di confusione fra trasformazioni fisiche e trasformazioni chimiche [8]. Infatti l’argomento è oggetto di scetticismo anche tra educatori chimici [9]. Occorre ricordare che nel 1968, prima della definizione formulata da Gensler, Strong [10] per avvalorare la tesi della necessità di distinguere una trasformazione fisica da una trasformazione chimica, definisce la trasformazione chimica attraverso quattro punti che devono essere rispettati simultaneamente. Essi sono: l’identità, la miscelazione, la di-scontinuità e l’invarianza. Se un punto non è rispettato, il fenomeno si classifica come trasformazione fisica. La tabella 1 descrive i quattro criteri che secondo Strong siano utili per la differenziazione delle trasformazioni fisiche e chimiche.

Tabella 1. Criteri di Strong per la differenziazione tra trasformazione fisica e chimica.

Criterio Definizione

Identità In una trasformazione chimica l’identità dei prodotti è determinata dalla identità dei reagenti.

Miscelazione In una trasformazione chimica la miscelazione dei reagenti è essenziale.

Discontinuità In una trasformazione chimica c’è una discontinuità tra le proprietà dei reagenti e dei prodotti.

Invarianza In una trasformazione chimica le proprietà dei prodot-ti sono invariaprodot-ti alle condizioni iniziali (temperatura, pressione e composizione).

(11)

2.1

Il motivo di tale confusione

Nell’anno 1998 il ricercatore Jensen pubblica un articolo in cui propone una possibile soluzione per far fronte alle problematiche e alle ambiguità dell’insegnamento della chimica [11]. Jensen propone di suddividere i concetti e i modelli della chimica su tre livelli concettuali: molare, molecolare ed elettrico. La sottostante tabella 2 riporta la descrizione di ogni livello nell’esempio dell’ossigeno gassoso. Dunque, secondo Jensen la problematica non risiede sulla definizione di trasformazione fisica e chimica ma a che livello si vuole trattare l’argomento. Infatti non a caso Jensen individua l’impossibilità di comparare la definizione di trasformazione fisica con la definizione di trasformazione chimica presente nei libri di testo. Lui stesso afferma: "È come paragonare le mele con le arance" [12]. Tale metafora serve a chiarire come le definizioni di trasformazione fisica siano basate a livello molare, mentre le definizioni di trasformazioni chimiche riguardino il livello elettrico. In effetti, tutto questo crea nello studente serie difficoltà, in quanto le due definizioni riguardano due livelli differenti, rendendole inutilizzabili.

Tabella 2. Livelli concettuali di Jensen per la descrizione dell’ossigeno gassoso.

Livello Descrizione

Molare Incolore, inodore, paramagnetico, molto reattivo, essen-ziale per la vita, presente 21 % nell’atmosfera, Tf us =

54.8 K, Tevap = 90.2 K, ρ = 1.43 kg m−3 a 273 K.

Molecolare lineare, doppio legame, molecola diatomica O2, MMO2

= 31.98 u. Elettrico O O

(12)

3

Unità didattica

3.1

Contesto didattico

La trasposizione didattica è attuata prendendo a modello due classi prime del Liceo di Lugano 2.

Tra gli obiettivi da perseguire nel Piano degli studi [2], è possibile imbattersi nella competenza di individuare e classificare le trasformazioni chimiche. Infatti, il Piano degli studi impone l’acquisizione delle nozioni per poter comprendere al meglio la distinzione fra trasformazione fisica e chimica. Questo porta il docente a non trascurare tale distin-zione. Il percorso didattico sviluppato mira alla realizzazione di una possibile soluzione, l’introduzione delle trasformazioni chimiche o reazioni chimiche, da attuare nel secondo semestre del primo biennio. In particolare, esso si svolge tenendo presente le difficoltà degli studenti nel riuscire a distinguere le trasformazioni fisiche dalle trasformazioni chi-miche. In tale unità didattica non viene ripresa la problematica discussa nel precedente capitolo riguardante la definizione corretta di trasformazione fisica e chimica, in quan-to oggi non è possibile giungere ad una definizione pacificamente condivisa da tutta la comunità scientifica. Sulla base di queste premesse, in qualità di docente ho aggirato la problematica della definizione corretta con degli indicatori facilmente osservabili e la figurazione del fenomeno tramite il modello [13] [14]. L’unità didattica si sviluppa su due piani.

Nel primo piano, a livello macroscopico, si prevede l’utilizzo di indicatori organolettici [15]. In altre parole, si tratta di indicatori percettibili attraverso i cinque sensi, che si riferiscono al concetto di sostanza. Per porre fine all’idea che una reazione chimica venga ad esistenza solamente quando sussista un fenomeno visivamente osservabile, al livello macroscopico si accompagna un secondo livello, quello microscopico. Nel secondo livello si cerca di far comprendere agli allievi che quello che succede durante una trasformazio-ne chimica altro non è che un cambiamento di materia. Si lavora di conseguenza, trasformazio-nella rappresentazione di una reazione chimica con il modello particellare. A seguito dell’u-nità didattica, fa ingresso l’idea di inserire il linguaggio chimico per portare l’allievo ad apprendere il concetto di equazione chimica.

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di tale concetto è stato attuato attraverso la continuità delle proprietà fisiche e chimiche, mettendolo in relazione al concetto di miscuglio, nel quale le proprietà fisiche e chimiche variano in dipendenza del rapporto delle sostanze presenti. L’argomento dei miscugli si è voluto trattarlo nel primo semestre.

In seguito all’unità didattica descritta in questo lavoro, si passa alla trattazione delle leggi ponderali al fine di apprendere la teoria atomica di Dalton, la quale contiene la definizione di atomo e molecola. Durante la stesura dell’unità didattica è stato preso in considerazione questa connessione con l’argomento successivo. La conservazione della massa perciò si presta bene a essere introdotta in seguito all’unità didattica proposta.

3.2

Prerequisiti e preconoscenze

Il mondo particellare della chimica essendo invisibile e teorico deve essere rappresentato tramite dei modelli. La capacità dello studente nel comprendere il significato di model-lo deve essere un prerequisito di partenza. Il prerequisito fondamentale per riuscire a fare comprendere la distinzione fra trasformazione fisica e chimica è la concezione di so-stanza. Per spiegare la trasformazione fisica si usa un modello particellare semplificato non appropriato nella rappresentazione delle trasformazioni chimiche. La peculiarità del modello semplificato consiste nel considerare la molecola come una particella indivisibile. Ad esempio, il passaggio di stato dell’acqua viene rappresentato con particelle ordinate e unite per lo stato solido e delle particelle disordinate e distanti per lo stato gassoso. Dun-que, per prima cosa, l’allievo deve avere una dimestichezza nel rappresentare le molecole con le necessarie particelle ed essere a conoscenza che con il nuovo modello le particelle possono separarsi. Sempre con il modello particellare l’allievo deve essere in grado di rappresentare i miscugli. In un secondo tempo, l’allievo deve essere capace di individuare la tipologia del miscuglio, omogenea ed eterogenea. Infine, un ulteriore requisito è la so-lubilità. Queste nozioni possono tornare utili per ricollegare, tramite le proprietà fisiche, il livello macroscopico al livello microscopico.

Ostacoli cognitivi

Gli ostacoli cognitivi riscontrati dagli allievi in questa unità didattica sono principalmente di due tipi. Il primo ostacolo riguarda il concetto di materia. Una ricerca in educazione

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chimica afferma che una grande percentuale di studenti è costretta ad affrontare problemi di comprensione a livello particellare del concetto di miscela, di sostanza composta e di sostanza elementare [16] [17]. Una carenza di chiarezza sulla classificazione della materia impedisce all’allievo nel comprendere i nuovi concetti forniti. Questa difficoltà nega allo studente la possibilità di avvalersi del modello particellare per descrivere il fenomeno [18]. Il secondo ostacolo è il concetto di reversibilità [19]. Questo ostacolo deriva dalla mi-sconcezione, per cui una trasformazione fisica è reversibile e una trasformazione chimica è irreversibile. Gli allievi utilizzano questa misconcezione per differenziare le trasformazioni chimiche da quelle fisiche. Ad esempio, se si chieda a un allievo che tipo di trasformazione sia la combustione, la sua risposta è "trasformazione chimica". La risposta data deriva dalla misconcezione che un foglio di carta bruciato non può ritornare al foglio iniziale. Vi-ceversa, se si chieda a un allievo che tipo di trasformazione sia l’evaporazione dell’acqua, la risposta è "trasformazione fisica", ma la risposta deriva dalla concezione che l’acqua può essere condensata.

3.3

Obiettivi

• Rendere cosciente lo studente della presenza di due tipi di trasformazione, fisica e chimica.

• Sviluppare degli indicatori che permettono di distinguere le trasformazione fisiche e chimiche a livello macroscopico.

• Comprendere a livello particellare la differenza fra trasformazioni fisiche e chimiche.

3.4

Azione didattica

L’azione didattica si suddivise su due livelli: macroscopico e microscopico. Il livello ma-croscopico si compone da due lezioni. Mentre nella prima lezione si svolge un esperimento di laboratorio, basato sugli indicatori osservabili con i cinque sensi, la seconda lezione è dedita all’analisi dei dati ricavati in laboratorio. Al livello microscopico sono dedicate tre lezioni. La prima lezione vertendo su una situazione-problema, cerca di rappresentare una trasformazione chimica di precipitazione con il modello particellare. La seconda lezione è incentrata sulla correzione della situazione-problema. Infine, la terza lezione riguarda un’attività, il cui svolgimento richieda l’utilizzo della piattaforma Moodle.

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Macroscopico

Prima che inizi l’azione didattica vien fatto prevenire agli allievi un questionario A, nel quale si chiede di distinguere delle trasformazioni osservabili nella realtà quotidiana. Il questionario ha come obiettivo finale quello di far emergere le preconoscenze degli alunni valutando se i fenomeni fisici, trattati in precedenza a quest’unità didattica, siano chiari o necessitino nuovamente di un ripasso.

Lezione I - 1h

L’idea scelta per stimolare nell’allievo la conoscenza dei principali indicatori è una lezione di laboratorio. Gli esperitemi di laboratorio si compongono di reazioni che a livello ma-croscopico risulta facile individuare la differenza tra stato iniziale e stato finale. Pertanto ogni reazione possiede un indicatore ben specifico da osservare. La sottostante tabella 3 riporta per i 5 indicatori le corrispondenti reazioni da eseguire durante il laboratorio.

Gli allievi vengono suddivisi in cinque gruppi. Ad ogni gruppo viene affidata una spe-cifica reazione con una procedura da effettuare e l’invito ad osservare quello che accade tra lo stato iniziale e lo stato finale. Durante la procedura per riconoscere i due differenti reagenti, le soluzioni sono distinte da soluzione A e soluzione B. Ad esempio, per l’indi-catore "colore" (tabella 3), il gruppo A riceve due soluzioni: la soluzione A ( KI(aq)) e la soluzione B (Pb(NO3)2(aq)), senza qualificare e quantificare il soluto presente in

so-luzione. Conclusosi l’esperimento, ad ogni gruppo viene affidato il compito di preparare una relazione da esporre in classe per la lezione successiva. La relazione include il proce-dimento, i risultati e la conclusione. Il foglio consegnato ad ogni gruppo per l’attività di laboratorio ad inizio lezione è in allegato B.

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Tabella 3. Trasformazioni chimiche consegnate per individuare gli indicatori nell’attività di Laboratorio.

Gruppo Indicatore Equazione chimica

A Colore

KI(aq) + Pb(NO3)2(aq) −−→ PbI2(s) ↓ + 2 KNO3(aq)

B Precipitazione

Ca(OH)2(aq) + CO2(g) −−→ CaCO3(s) ↓ + H2O(l)

C Calore

HCl(aq) + NaOH(aq) −−→ NaCl(aq) + H2O(l)

D Gas

NaHCO3(s) + CH3COOH(aq) −−→ CO2(g) ↑ + H2O(l) +

CH3COONa(aq) E Odore CH3COOH(l) + CH3CH2OH(l) H2SO4 −−−−→ H2O(l) + CH3COOCH3(l)

Le reazioni riportate nella tabella 3 sono selezionate evitando l’ingerenza di qualsiasi fattore esterno, ad esempio elettricità, fiamma, o qualcosa d’altro. L’assenza di un fattore esterno agevola l’allievo a prendere consapevolezza del fatto che si trovi di fronte ad un cambiamento di materia. Nelle trasformazioni fisiche invece è abituato ad osservare il fenomeno con una modifica delle condizioni esterne (ad esempio, i passaggi di stato o la dilatazione di un metallo richiedono un cambiamento di temperatura o di pressione esterna).

Lezione II - 1h

Nella seconda lezione ciascun gruppo presenta la propria reazione. Al termine di ogni presentazione viene riservato del tempo per poter porre delle domande e affrontare una discussione generale con tutta la classe. Per promuovere la discussione, gli allievi vengono stimolati con delle domande sullo stato fisico e sulla tipologia di miscela. Al termine della lezione si predispone un elenco con tutti gli indicatori emersi durante le

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presenta-zioni dei cinque gruppi, sottolineando il bisogno di definire una nuova trasformazione: la trasformazione chimica.

Ciò che mi ha indotto ad utilizzare una modalità a gruppi è la volontà di incoraggiare gli allievi a formulare ipotesi su ciò che stesse accadendo, rendendoli consapevoli che le loro opinioni non sarebbero state oggetto di valutazione in questa fase. Questo potrebbe aiutare gli allievi a dar forma alle loro idee ed aiutare gli allievi a sfidare eventuale mi-sconcezioni con il confronto tra pari. Inoltre, la modalità didattica è strutturata in modo tale da far apprendere agli studenti l’identificazione e il perfezionamento delle loro idee sulle trasformazioni fisiche e chimiche.

Microscopico

Lezione I - 2h

La prima lezione si pone l’obiettivo di portare l’allievo ad identificare la necessità di un cambiamento di materia con il modello particellare. La modalità didattica selezionata per comprendere la ricombinazione della materia è la problema [20]. La situazione-problema consiste nel rappresentare attraverso l’uso del modello particellare la reazione con l’indicatore "colore" (tabella 3). Vien dunque individuata la reazione tra la soluzione di KI(aq) (soluzione A ) e la soluzione di Pb(NO3)2(aq) (soluzione B ) [21]. La scelta di

tale reazione risiede nelle proprietà del prodotto. Unendo le due soluzioni si crea un solido giallo che precipita sul fondo, pertanto l’allievo potrà rendersi conto che le proprietà del solido giallo formato siano differenti. Ad esempio, la solubilità è drasticamente diminui-ta. Per semplificare la realizzazione dello stato iniziale e dello stato finale della reazione vengono messi a disposizione dell’allievo dei mattoncini di Lego. La figura 1 rappresenta i cubetti di Lego per il sale A solido (KI(s)) e il sale B solido (Pb(NO3)2(s)) consegnati

agli allievi. I cubetti di Lego non rappresentano correttamente il sale nitrato di piombo. L’importante è che l’allievo intuisca che sia presente una ricombinazione delle particelle. La scelta di avvalersi dei cubetti Lego mira ad un utilizzo sempre più graduale del nuovo modello particellare spiegato nelle precedenti lezioni. Fino a poco tempo fa l’allievo per rappresentare le trasformazioni fisiche faceva uso di un modello particellare semplificato non consono alle trasformazioni chimiche. Dunque ritengo che i Lego possano fungere da supporto nel superare la necessità di un nuovo modello particellare. Inoltre, i Lego

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Figura 1. Rappresentazione dei due sali solidi, A KI(s) e B Pb(NO3)2(s), con i

cubetti di Lego; utilizzati per l’attività didattica.

permettono di mantenere invariate le quantità di particelle (numero di cubetti) tra stato iniziale e stato finale per tutti gli allievi, per cui si può lavorare sulla stessa reazione intro-ducendo la legge della conservazione della massa. Per questioni di tempo e di complessità si sceglie di analizzare solamente la reazione che porta ad un cambiamento di "colore" (tabella 3), la quale è anche una reazione di precipitazione.

La situazione-problema si svolge in due fasi. Ogni fase prevede che l’allievo trovi la soluzione al problema posto confrontandosi con il compagno di banco. La prima fase pre-vede di descrivere le due soluzioni saline A e B con il modello particellare. In altre parole, si chiede la rappresentazione dello stato iniziale delle due soluzioni A e B consegnate. Per facilitare il passaggio si riprende il concetto di miscela omogenea che gli allievi hanno già presente. L’allievo deve prima disegnare su un foglio di carta le particelle d’acqua e in seguito inserire il soluto con l’ausilio dei cubetti di Lego. La rappresentazione corretta è rappresentata nei primi due riquadri della figura 2. Al termine di questa fase si discute se il passaggio da sale solido a sale in soluzione sia classificabile come trasformazione fisica o chimica.

Figura 2. Rappresentazione auspicata dello stato iniziale e dello stato finale della reazione chimica.

La seconda fase prevede di rappresentare lo stato finale della medesima reazione con il modello particellare. Infatti gli studenti vengono lasciati liberi di descrivere con i cubetti Lego quello che accade durante la trasformazione chimica. Per agevolare la transizione da

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macroscopica a microscopica, vengono richiamate le proprietà delle miscele, facendo notare come sia presente una miscela eterogenea. Di conseguenza la solubilità della sostanza formatasi diminuisce drasticamente con l’aggiunta del cambiamento di colore. L’ultimo riquadro a destra della figura 2 rappresenta il risultato corretto.

Lo studente del primo anno di liceo non è ancora a conoscenza della struttura dei sali e le forze elettrostatiche e non ha ancora le competenze necessarie per escludere la possibilità che i due cationi dei sali A e B si uniscano per formare un precipitato. Tuttavia, l’importanza di quest’attività è che lo studente riesca ad avere consapevolezza della ricombinazione delle particelle per formare una nuova sostanza. Questa problematica si risolve richiamando l’attenzione del concetto delle sostanze. Il sale giallo precipitato, "ioduro di piombo", è composto da due parole. La prima parola è "ioduro" che è presente nel sale A, "ioduro di potassio". Invece, la seconda parola, "piombo" è presente nel sale B, "nitrato di piombo".

Lezione II - 2h

La seconda lezione è dedicata alla discussione dei risultati emersi nella rappresentazione dello stato finale della reazione. Ampio spazio vien riservato agli allievi nel rappresentare la propria soluzione alla lavagna, per poi escludere le rappresentazioni medesime. A questo punto, si apre un dialogo sulle problematicità delle soluzioni proposte per giungere alla soluzione corretta, condivisa da tutta la classe (figura 2).

Al termine dell’unità didattica viene affidata un’attività da svolgere su Moodle per compito. L’attività si sviluppa su due esercizi [22] permettendo di concludere l’unità di-dattica in maniera ciclica. A lezione si affronta il passaggio tra macro-micro e l’attività affidata per compito a casa propone invece il passaggio da micro-macro, ritornando al punto di partenza. Con il primo esercizio C1 si intende rafforzare nell’allievo la capacità di ragionare a livello microscopico. L’esercizio richiede di classificare in fisica o chimica, la trasformazione proposta con il modello particellare. La figura 3 mostra un esempio di trasformazione da classificare in fisica o chimica. La rappresentazione della trasformazione con il modello particellare non contiene una qualche descrizione, al fine di impedire agli studenti di comprendere tale trasformazione a livello macroscopico. Nel secondo esercizio C2 si richiede di combaciare le trasformazioni con una definizione di un fenomeno della vita quotidiana. Quest’ultimo esercizio mira a favorire la capacità di passaggio dal livello

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Figura 3. Esempio di domanda presente nell’attività su Moodle per compito che descrive la reazione di Mg(s) con HCl(aq) a livello microscopico.

microscopico a quello macroscopico, percorso meno esercitato rispetto al passaggio oppo-sto. Personalmente ho ritenuto adeguata ed efficiente l’utilizzo di un’attività e-learning su Moodle, per permettere che all’allievo al termine di ogni domanda riceva immediatamen-te la soluzione corretta con la descrizione della motivazione. Oltretutto, la piattaforma Moodle permette di osservare e monitorare i risultati conseguiti da tutta la classe fornendo una statistica per ogni domanda. L’obiettivo di codesta attività è vincolare gli allievi a prendere in considerazione le trasformazioni fisiche e chimiche a livello particellare prima dell’osservazione macroscopica. Inoltre, l’attività su Moodle esercita un’influenza sull’al-lievo portandolo a concludere che la distinzione tra trasformazione fisica e chimica risulti facilitata attraverso l’utilizzo del modello particellare.

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4

Risultati

4.1

Questionario

La sottostante tabella 4 riporta i risultati emersi dal questionario A consegnato agli allievi prima di realizzare l’unità didattica.

Tabella 4. Risultati questionario

Fenomeno % Trasf. Fisiche % Trasf. Chimiche

Magnetizzazione 87.9 12.1 Formazione Ruggine 18.2 81.8 Sublimazione 63.6 36.4 Dissoluzione zucchero 51.5 48.5 Combustione 9.1 90.9 Produzione yogurt 24.2 75.8 Montare l’albume 66.7 33.3 Formazione di melanina 6.1 93.9 Ebollizione 87.9 12.1 Caduta oggetto 97.0 3.0 Ossidazione mela 12.1 87.9 Disciogliere il sale 45.5 54.5 Rottura vetro 93.9 6.1 Disciogliere pastiglia 15.2 84.8

L’unica base teorica che l’allievo aveva a disposizione per compilare il questionario era la definizione di trasformazione fisica. Le trasformazioni fisiche sono state trattate nel primo semestre in particolare nel campo di studio del Piano degli studi delle proprietà fisiche delle sostanze pure e miscugli. Il questionario è stato fornito prima dell’esperienza didattica agli studenti in maniera tale da sondare le preconoscenze ed eventuali problematiche della teoria trattata precedentemente.

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fisica e chimica non è eccessivamente problematica come emerso da alcune ricerche [1]. Ciononostante, ogni questionario conteneva più di due errori. Quindi, questo mi porta ad affermare che il formulario sia stato risolto per esclusione, usando la conoscenza della definizione di trasformazione fisica. Ad esempio, per la formazione di melanina l’allievo presume che non può essere una trasformazione fisica di conseguenza è una trasformazio-ne chimica. La risposta è corretta ma non prende in consideraziotrasformazio-ne quello che avvietrasformazio-ne realmente. Se si osservano i dati, la dissoluzione del sale e dello zucchero in acqua hanno un percentuale equilibrata e sono le uniche due trasformazioni che non tendono ad una prevalenza. Tuttavia è da costatare che un 36 % ha classificato il passaggio di stato di sublimazione come trasformazione chimica. Questo dato ha fatto emergere la necessità di riprendere nuovamente i passaggi di stato, argomento già trattato nel primo semestre.

Il valore che è risultato più utile durante la fase dell’azione didattica è il 93.9 % degli allievi che hanno individuato nella rottura di un vetro un fenomeno fisico. Questo valore è stato di aiuto durante la discussione della misconcezione della reversibilità. Durante la discussione del questionario è emerso più volte questa misconcezione, ma con l’aiuto di questo esempio ho percepito da parte della classe un possibile chiarimento che entrambi le trasformazioni possono essere reversibili. Per prima cosa si è discusso della possibilità che una trasformazione fisica può risultare irreversibile. Per poi passare a discutere che analogamente una trasformazione chimica può essere reversibile.

(23)

4.2

Macroscopico

Lezione II

Ogni gruppo tranne uno è riuscito a individuare l’indicatore che apparteneva alla propria reazione. Inoltre, le reazioni selezionate in più casi contenevano più indicatori e questo ha portato un confronto interessante tra le differenti reazioni. L’indicatore che ha causato più difficoltà è il calore. Non volendo suggerire l’indicatore da individuare, non ho messo a disposizione il termometro per rilevare il cambiamento di temperatura. Perciò, gli allievi hanno pensato che non era successo niente. Solamente, nella fase successiva, nel corso della presentazione, un allievo prendendo in mano il recipiente si è accorto che era caldo. Questo fatto richiama la necessità di sviluppare nell’allievo la capacità di rappresentare il fenomeno osservato con il modello particellare. Tuttavia, l’indicatore calore crea all’allievo nuovi ostacoli che non riesce a far fronte con le conoscenze a sua disposizione. Per esempio, gli allievi hanno espresso la loro perplessità riguardo alla condensazione: "Ma anche la condensazione libera calore! ". Perciò, per evitare ulteriori confusioni è consigliabile eliminare questo indicatore.

4.3

Microscopico

Lezione II

La situazione-problema per la rappresentazione dello stato iniziale e dello stato finale con modello particellare per la reazione di precipitazione ha introdotto un elevato carico cognitivo. Il passaggio più difficile è stato figurare i prodotti della reazione chimica. In-nanzitutto, per rappresentare lo stato iniziale della reazione, l’allievo è stato richiamato ad usare gli argomenti trattati in precedenza. In particolare, la solubilità dei sali. La prima problematica è nata nel rappresentare lo stato iniziale della soluzione A e della soluzione B. Nella seguente figura 4 si può osservare la rappresentazione non corretta che ha avuto maggior risalto tra le risposte fornite. Come si può notare l’allievo tende a mantenere unite le due particelle di differente colore. Dal mio punto di vista, questa problematica nasce nel momento in cui per rappresentare la solubilità si è usato un modello particella-re semplificato (singola particella) e adesso gli allievi riportano semplicemente la singola particella con due particella differenti. Inoltre, gli allievi hanno la preconoscenza che il sale è NaCl. Perciò, credono che il sale in soluzione è formato da due particelle. Dopo

(24)

Figura 4. Rappresentazione degli allievi della reazione di precipitazione dello stato iniziale con il modello particellare.

aver ripreso la teoria sul modello particellare e messo a posto la problematica riscontrata in figura 4, si è passati alla rappresentazione dello stato finale. Nella seguente figura 5 si può osservare la soluzione riportata dalla maggioranza degli allievi. Si può osservare

Figura 5. Rappresentazione degli allievi della reazione di precipitazione dello stato finale con il modello particellare.

che il precipitato è formato solamente da una sola specie. Da ciò si deduce che, l’allievo tende a associare le proprietà macroscopiche direttamente con le proprietà delle particelle o, più precisamente, atomiche-molecolari. Infatti, il precipitato osservato è di colore gial-lo, questo porta l’allievo a presumere che il precipitato a livello atomico-molecolare deve per forza essere giallo. Questa problematica è stata riscontrata in molti studi [23]. Ad esempio, gli allievi tendono a rappresentare il passaggio di stato tra solido e liquido con la particella che si scioglie. Un’altra soluzione emersa in più gruppi è la seguente, riportata nella figura 6 sottostante. Come si può notare la rappresentazione è sbagliata. Ciono-nostante l’obiettivo minimo della lezione può considerarsi raggiunto in quanto da questa rappresentazione emerge che l’allievo ha individuato che deve esserci necessariamente un cambiamento di materia.

(25)

Figura 6. Rappresentazione degli allievi della reazione di precipitazione dello stato finale con il modello particellare.

4.4

Attività Moodle

La seguente tabella 5 riporta i risultati emersi dal primo esercizio C1 dell’attività su Moodle. L’esercizio è stato posto alla fine dell’azione didattica per valutare le competenze nel distinguere una trasformazione fisica e chimica con il modello particellare.

Tabella 5. Risultati attività Moodle.

Fenomeno % Trasf. Fisiche % Trasf. Chimiche

A 76.3 23.7 B 94.7 5.3 C 13.2 86.8 D 10.5 89.5 E 5.3 94.7 F 94.7 5.3 G 50 50 H 94.7 5.3 I 7.9 92.1

Si può immediatamente notare una percentuale di risposte netta tra trasformazioni fisiche e chimiche. Mentre per il questionario la percentuale di risposte non era così ben definito. Perciò si può sostenere che gli allievi hanno meno difficoltà nel distinguere le due trasfor-mazioni a livello molecolare-atomico. Ciononostante, la dissoluzione del sale rimane in

(26)

una mancanza di competenza dell’allievo per leggere il fenomeno in maniera appropria-ta. Tuttavia, la difficoltà maggiore resta nel rappresentare con il modello particellare il fenomeno osservato che in questa esercizio non è richiesto.

4.5

Verifica

Dopo l’azione didattica è stata effettuata una verifica. Nella correzione è emersa una problematica per la seguente domanda:

• Che tipo di trasformazione (fisica o chimica) avviene quando una miscela si separa nei suoi componenti [3]?

La seguente figura 7 riporta la risposta fornita dalla maggioranza della classe (allegato D per le restanti risposte). Possiamo osservare che la motivazione è accompagnata da una rappresentazione a livello particellare. Questo fatto è un segnale positivo che può eviden-ziare che l’allievo non si limita solamente a spiegare il fenomeno a livello macroscopico, ma tende a creare un modello atomico-molecolare nella sua mente per figurare quello che sta osservando, obiettivo posto all’inizio dell’unità didattica. Ciononostante, il 70 % ha fornito la risposta sbagliata. È una percentuale di risposte sbagliate elevata, questo mi fa presumere che ci sono ancora delle problematiche nella distinzione. In particolare, credo che il problema sta nella rappresentazione della materia. I componenti finali sono diversi da quelli iniziali e di conseguenza la risposta risulta non corretta.

(27)

4.6

Equazione chimiche

Il presente percorso didattico si conclude prima dell’introduzione alle equazioni chimiche. Tuttavia, voglio riassumere come la classe ha deciso di risolvere, i problemi di classi-ficazione emersi per la dissoluzione del sale e dello zucchero. Ovviamente, non sono potuto entrare nel dettaglio con la spiegazione delle forze di Coulomb, considerando che quest’ultimo argomento si tratta al secondo anno. Perciò, abbiamo risolto il problema semplicemente con la rappresentazione delle equazioni chimiche. Se la dissoluzione viene rappresentata in questa maniera:

NaCl(s) + H2O

−−−−→ NaCl(aq)

possiamo definire questa trasformazione come fisica. Gli allievi mi hanno fatto notare il paragone con la rappresentazione dell’evaporazione dell’acqua.

H2O(l) ∆

−−→ H2O(g)

Invece se la dissoluzione del sale viene rappresentata in questa maniera:

NaCl(s)−−−−→ Na+ H2O +(aq) + Cl–(aq)

possiamo definire la trasformazione come reazione chimica. Analogamente, possiamo usare lo stesso ragionamento per la dissoluzione dello zucchero. Poiché, lo zucchero non varia dallo stato iniziale a quello finale, possiamo considerare questa trasformazione come fisica. Credo, anche se a livello scientifico è solamente una questione di formalismo, che per l’allievo, la corretta scrittura dell’equazione chimica, possa aiutare in modo significativo durante la lezione. Questa maniera, permette di individuare subito se si sta parlando di una trasformazione fisica o chimica senza che l’allievo perda il filo della lezione.

(28)

5

Valutazione personale

5.1

Riflessione sull’azione didattica

Complessivamente posso dire di essere soddisfatto del lavoro portato in classe in quanto, l’uso dei cinque sensi e l’analisi del fenomeno osservato a livello particellare ha portato un grande interesse a tutta la classe per la materia ed è stato il punto di svolta per un sostanziale miglioramento nella partecipazione di tutti gli allievi. Durante la lezione de-dicata allo sviluppo del modello particellare, si è aperta volontariamente una discussione sulla classificazione della dissoluzione del sale. Tuttavia, la discussione non ha portato a nessun beneficio agli allievi, anzi ha causato solamente confusione, costatando la stessa percentuale di risposte riscontrate nel questionario. Credo, che questa parte di lezione sia trascurabile e sostituibile con un lavoro più marcato sulla misconcezione della reversibili-tà, poco preso in considerazione nella creazione dell’unità didattica. Un’altra correzione consigliabile è di raccogliere i risultati della rappresentazione dello stato finale con i Lego utilizzando la fotocamera del telefonino, in modo da proiettare direttamente la soluzione alla lezione successiva senza perdere eccessivo tempo nel riportare i risultati alla lava-gna. Infine, un aspetto carente del lavoro svolto e che non mi ha soddisfatto è stata la mancanza di obiettivi ben precisi subito dall’inizio della realizzazione dell’unità didattica. Ad esempio, l’attività posta su Moodle in un secondo tempo all’azione didattica ha un obiettivo differente a quello prefissato inizialmente.

5.2

Sviluppi futuri

Personalmente credo che la grande problematica nel riuscire a individuare una trasforma-zione chimica da una trasformatrasforma-zione fisica è all’origine, ovvero nel concetto di sostanza che l’allievo possiede. Prima di affrontare quest’azione didattica deve essere ben ancorata nell’allievo la concezione di sostanze. Perciò, questo lavoro può essere migliorato con una ricerca futura su come sviluppar al meglio il concetto di sostanza negli studenti. Inol-tre, considerando che non è un argomento ostico solamente per gli allievi, sarebbe stato interessante estendere l’indagine a livello di docenti delle scuole medie superiori.

(29)

6

Conclusioni

In definitiva sulla base di quanto sopra esposto posso ritenermi soddisfatto di aver rag-giunto gli obiettivi prefissati, ovvero l’aver consegnato agli allievi gli indicatori per poter lavorare sulle trasformazioni fisiche e chimiche. La parte di laboratorio e le presentazio-ni svolte in seguito, hanno senza dubbio collaborato nel raggiungimento dell’obiettivo. Dall’unità didattica è emerso che la presenza di indicatori non ha portato un benefico sostanziale nella distinzione fra trasformazione fisica e chimica, ma tuttavia ha permesso che gli allievi prendessero consapevolezza della necessità di utilizzare un modello particel-lare per comprendere e descrivere il fenomeno osservato. L’obiettivo principale presumeva la distinzione fra trasformazioni fisiche e chimiche a livello microscopico con l’utilizzo del modello particellare. La difficoltà dell’argomento e le differenti soluzioni proposte dagli allievi, mi permette di affermare che anche tale proposito è stato raggiunto. Senza dub-bio si deve riconoscere merito ai Lego, mattoncini assemblabili utilizzati come supporto didattico e per questo apprezzati dalla classe. L’interrelazione guidata tra il livello ma-croscopico e livello mima-croscopico è stata molto produttiva nel mantenere la competenza della classe omogenea e arrivare in fine a raggiungere l’obiettivo tutti assieme.

Il percorso a cui mi sono dedicato non ha prodotto soltanto l’acquisizione di nozioni utili da utilizzare unicamente nella lezione di chimica, ma ha permesso agli studenti di sviluppare nuove conoscenze, comprendendo nel concreto come avvengono i mutamenti nel mondo che li circonda in maniera scientifica. L’avere contributo ad arricchire di nuovi saperi gli allievi è quello che mi appaga maggiormente, al di là della capacità di saper distinguere le due trasformazioni. Non esiste soddisfazione più grande per un docente di quella di saper che dopo il percorso didattico l’allievo utilizzi le conoscenze acquisite per interpretare i fenomeni quotidiani.

Tuttavia sarebbe inutile omettere l’esistenza di evidenti problematiche, quali la rap-presentazione della materia con il modello particellare. Infatti una percentuale, seppur minima, di studenti tende ancora a rappresentare le proprietà macroscopiche con un mo-dello particellare non corretto con la conseguenza di aggiungere ulteriori difficoltà alla distinzione dei due tipi di trasformazione.

Tengo a precisare che durante lo svolgimento dell’attività didattica e la stesura di que-sto documento diversi sono stati in me le valutazioni sull’argomento trattato. Partendo dalla convinzione della necessità di distinguere i due tipi di trasformazione sono arrivato

(30)

alla conclusione che tale distinzione è rinunciabile. I legami, le forze intramolecolari e intermolecolari si possono classificare tutte con una presenza di una buca di potenziale, pertanto tale distinzione perderebbe il senso dell’indispensabilità. Inoltre qualora si vo-lesse dare una definizione ai due tipi di trasformazione, ritengo occorra porre una maggior attenzione su quale livello concettuale della classificazione di Jensen [11] si voglia lavorare, così da evitare qualsiasi confusione.

A livello didattico, il fulcro della questione si incentra su un fattore specifico, ovvero se sia necessario introdurre il concetto di trasformazione fisica e trasformazione chimica prima di aver compreso il legame chimico e le forze di Coulomb. A mio parere, fino a quando il programma del Piano degli studi preveda ed imponga questa sequenza cronolo-gica, occorre esser consapevoli della maggior durata impiegata da qualunque allievo per possedere la necessaria rete di conoscenze.

(31)

Riferimenti bibliografici

[1] G. TSAPARLIS, “Chemical phenomena versus chemical reactions: Do students make the connection?,” Chemistry Education Research and Practice, vol. 4, no. 1, pp. 31–43, 2003.

[2] DECS, Piano degli studi liceali: [approvati dal Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino il 6 novembre 2001]. Repubblica e Cantone del Ticino, Dipartimento dell’istruzione e della cultura., 2001.

[3] J. E. Brady and F. Senese, La chimica con... Chimica: la materia e le sue trasformazioni di JE Brady e F. Senese. Zanichelli, 2008.

[4] W. J. Gensler, “Physical versus chemical change,” Journal of Chemical Education, vol. 47, no. 2, p. 154, 1970.

[5] P. G. NELSON, “Basic chemical concepts,” Chemistry Education Research and Practice, vol. 4, no. 1, pp. 19–24, 2003.

[6] G. Tsaparlis, “Atomic and molecular structure in chemical education: A critical analysis from various perspectives of science education,” Journal of Chemical Education, vol. 74, no. 8, p. 922, 1997.

[7] A. H. Johnstone, “Teaching of chemistry-logical or psychological?,” Chemistry Education Research and Practice, vol. 1, no. 1, pp. 9–15, 2000.

[8] P. J. Garnett, P. J. Garnett, and M. W. Hackling, “Students’ alternative conceptions in chemistry: A review of research and implications for teaching and learning,” 1995.

[9] W. B. Jensen, “Logic, history, and the chemistry textbook: Ii. can we unmuddle the chemistry textbook?,” Journal of chemical education, vol. 75, no. 7, p. 817, 1998.

[10] L. E. Strong, “Differentiating physical and chemical changes,” Journal of Chemical Education, vol. 47, no. 10, p. 689, 1970.

[11] W. B. Jensen, “Logic, history, and the chemistry textbook: I. does chemistry have a logical structure?,” Journal of chemical education, vol. 75, no. 6, p. 679, 1998.

[12] W. B. Jensen, “Logic, history, and the chemistry textbook: Ii. can we unmuddle the chemistry textbook?,” Journal of chemical education, vol. 75, no. 7, p. 817, 1998.

(32)

[14] W. de Vos and A. H. Verdonk, “A new road to reactions. part 2,” Journal of chemical education, vol. 62, no. 8, p. 648, 1985.

[15] J. H. Van Driel, W. De Vos, N. Verloop, and H. Dekkers, “Developing secondary students’ conceptions of chemical reactions: The introduction of chemical equilibrium,” International Journal of Science Education, vol. 20, no. 4, pp. 379–392, 1998.

[16] M. Stains and V. Talanquer, “A2: Element or compound?,” Journal of chemical education, vol. 84, no. 5, p. 880, 2007.

[17] M. Stains and V. Talanquer, “Classification of chemical substances using particulate repre-sentations of matter: An analysis of student thinking,” International Journal of Science Education, vol. 29, no. 5, pp. 643–661, 2007.

[18] K. Taber, Chemical misconceptions: prevention, diagnosis and cure, vol. 1. Royal Society of Chemistry, 2002.

[19] M. B. Nakhleh, “Why some students don’t learn chemistry: Chemical misconceptions,” Journal of chemical education, vol. 69, no. 3, p. 191, 1992.

[20] E. Ghibaudi, E. Roletto, and A. Regis, “Didattica della chimica e trasposizione didattica parte prima–i fondamenti teorici di una prassi,” Perspectives in Science, vol. 10, pp. 19–27, 2016.

[21] E. Ghibaudi, E. Roletto, and A. Regis, “Didattica della chimica e trasposizione didattica par-te seconda-un’approccio didattico alla costruzione del concetto di trasformazione chimica,” Perspectives in Science, vol. 10, pp. 28–45, 2016.

[22] C. A. Bridle and E. J. Yezierski, “Evidence for the effectiveness of inquiry-based, particulate-level instruction on conceptions of the particulate nature of matter,” Journal of Chemical Education, vol. 89, no. 2, pp. 192–198, 2011.

(33)

A

Questionario

Individua quali delle seguenti trasformazioni sono fisiche (TF) e

quali sono chimiche (TC).

Magnetizzazione di un ago con una calamita.

Formazione di ruggine sugli oggetti.

Sublimazione dello iodio.

(34)

Combustione del gas domestico.

Produzione di yogurt e formaggio dal latte.

Montare il bianco d’uovo.

Formazione di melanina che provoca l’abbronzatura.

(35)

Pietra che cade.

Mela lasciata all’aria.

Disciogliere il sale in acqua.

Rompere un vetro.

(36)

B

Laboratorio

Gruppo A e C

Materiale

i) Matraccio 25 mL contenete la soluzione A.

ii) Matraccio 25 mL contenete la soluzione B.

iii) Beuta da 150 mL.

Procedimento

Versare la soluzione A nel beuta da 150 mL. Successivamente, aggiungere la soluzione B alla soluzione A.

Risultati

Osserva e descrivi lo stato iniziale (le due soluzioni A e B separate) e lo stato finale (le due soluzioni A e B mischiate) dell’esperimento. Prova ad individuare un indicatore che caratterizza l’esperimento.

(37)

Gruppo B

Materiale

i) Matraccio 25 mL contenete la soluzione A1.

ii) Cannuccia.

Procedimento

Soffiare con la cannuccia all’interno della soluzione A. Attenzione ad non inspirare la soluzione!

Risultati

Osserva e descrivi lo stato iniziale (soluzioni A) e lo stato finale (soluzioni A dopo aver soffiato) dell’esperimento. Prova ad individuare un indicatore che caratterizza l’esperimento.

(38)

Gruppo D

Materiale

i) Beuta da 50 mL contente 25 mL di soluzione A sigillata con un septum.

ii) Matraccio da 25 mL contente la soluzione B.

iii) Palloncino con ago.

iv) Siringa da 10 mL

Procedimento

Prelevare 10 mL di soluzione B con la siringa ed inserire la soluzione all’interno della beuta contente la soluzione A.

Risultati

Osserva e descrivi lo stato iniziale (le due soluzioni A e B separate) e lo stato finale (le due soluzioni A e B mischiate) dell’esperimento. Prova ad individuare un indicatore che caratterizza l’esperimento.

(39)

C

Attività

Moodle

1. Individua quali delle seguenti trasformazioni sono fisiche (TF)

e quali sono chimiche (TC).

A

B

C

(40)

E

(41)

G

H

(42)

2. Di seguito sono riportate le descrizioni di ciascuna delle

pre-cedenti trasformazioni in alcune situazioni nella vita quotidiana.

Combacia ogni trasformazione con la descrizione appropriata.

1. Il sale stradale, cloruro di sodio, è comunemente usato per sciogliere il ghiaccio dalle strade durante l’inverno. Quando il sale stradale si dissolve nell’acqua, riduce la temperatura di congelamento. Questo aiuta a prevenire la formazione di ghiaccio sulle strade.

2. Le auto son fatte in acciaio, che è per lo più in ferro. Quando il ferro interagisce con l’ossigeno, forma ruggine. Questo problema è accelerato dalle strade bagnate e salate in molti climi freddi e invernali.

3. Il rame è stato usato dall’uomo per circa 10.000 anni. Grazie alla sua eccellente flessibilità e grande capacità di condurre elettricità, il rame è utilizzato per i cavi elettrici e per le grondaie.

4. Il "flash" delle vecchie macchine fotografiche era costituito da filamenti di magnesio molto fini. Un elettrico riscaldava dall’otturatore della fotocamera il filamento fino a quando non si accende e brucia, molto rapidamente e vivacemente con l’ossigeno nell’aria.

5. Prima dell’invenzione del frigorifero, il cibo era conservato nelle ghiacciaie. La gente faceva affidamento a queste strutture per conservare il cibo anche durante i mesi estivi.

6. Henry Cavendish ha identificato il gas idrogeno come sostanza elementare nel 1766. Ca-vendish produceva gas idrogeno combinando un metallo, come il magnesio, con un acido forte, come l’acido cloridrico. La produzione di idrogeno divenne presto utile per dirigibili dato che l’idrogeno è "più leggero dell’aria".

7. Il bicarbonato di sodio è utilizzato per rendere soffici i prodotti da forno. Il bicarbonato di sodio decomponendosi produce vapore acqueo e anidride carbonica. Questo processo di decomposizione è avviato dalla presenza di un acido.

8. Le prime locomotive del treno erano alimentate a vapore. Un fuoco molto caldo, riscalda un grande serbatoio d’acqua chiamata caldaia. Quando l’acqua evapora, la pressione nella caldaia aumenta. Il vapore ad alta pressione è poi usato per spingere grandi pistoni, che girano le ruote.

9. L’alcol denaturato ha molti usi più comunemente, come antibatterica per la pulizia di superfici contaminate. L’alcol per la casa è una miscela di isopropanolo e acqua.

(43)

D

Verifica

Figura 8. Risposta corretta. La risposta corretta è stata data dal 30% degli allievi.

Figura 9. Risposta errata. Questa risposta è stata dada dal 6.5% degli allievi.

(44)

Questa pubblicazione, Trasformazioni fisiche e chimiche, scritta da Nicola Dal Pian, è rila-sciata sotto Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 3.0 Unported License.

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