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Ruolo della glutatione transferasi omega 1 (GSTO1) nelle infezioni parassitarie: studio in un modello elmintico ed in uno protozoario.

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(1)

UNIVERSITA' DI PISA

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Biologia Applicata alla Biomedicina

Curriculum Fisiopatologico

Tesi di Laurea Specialistica

Ruolo della glutatione transferasi omega 1 (GSTO1) nelle infezioni

parassitarie: studio in un modello elmintico ed in uno protozoario.

Candidata:

Relatori:

Giulia Vinchesi

Prof. Fabrizio Bruschi

(2)

INDICE

RIASSUNTO...4

ABSTRACT...8

INDICE DELLE ABBREVIAZIONI...13

1. INTRODUZIONE...15

1.1 GLUTATIONE S-TRANSFERASI...15

1.1.1 Glutatione Trasferasi Omega...17

1.1.2 Distribuzione tissutale e cellulare della GSTO1...21

1.1.3 Attività enzimatiche di GSTO...22

1.1.3.1 Attività tioltransferasica...23

1.1.3.2 Attività deidroascorbato reduttasica...24

1.1.3.3 Attività monometilarseniato (MMAv) e dimetilarseniato (DMAV) reduttasica...25

1.1.3.4 Attività di modulazione dei canali intracellulari del calcio...26

1.1.3.5 Ruolo nella processazione post-traduzionale dell'interleuchina- 1...28

2. GENERE Trichinella...31

2.1...31

2.2 TASSONOMIA, BIOLOGIA E DISTRIBUZIONE...31

2.3 EPIDEMIOLOGIA...33

2.4 CICLO VITALE DEL PARASSITA...34

3. GENERE Toxoplasma...37

3.1...37

3.2 AGENTE EZIOLOGICO...37

3.3 EPIDEMIOLOGIA...40

3.4 CICLO BIOLOGICO...41

4. SCOPO DELLA TESI...46

5. MATERIALI E METODI...47

5.1 MODELLO ANIMALE E PARASSITI...47

5.1.1 Preparazione del campione di tessuto istologico...47

5.2 COLTURE CELLULARI...48

5.2.1 Linee cellulari...48

5.2.2. Condizioni di coltura...48

5.3 TRATTAMENTO CON ESCRETO/SECRETO DI TRICHINELLA SPIRALIS...49

5.4 INFEZIONE CON TOXOPLASMA GONDII...50

5.5 METODI IMPIEGATI...51

5.5.1 Western Blot (WB)...51

5.5.1.1 Trattamento delle cellule e preparazione degli estratti cellulari...51

5.5.1.2 Elettroforesi delle proteine su gel di poliacrilammide in condizioni denaturanti (SDS-PAGE)...53

5.5.1.3 Trasferimento e incubazione con l'anticorpo primario e secondario...54

5.5.1.4 Rivelazione della reazione antigene-anticorpo tramite chimioluminiscenza...55

5.5.2 Determinazione della concentrazione proteica...55

5.5.3 Immunoistochimica...56

5.5.4 Saggio di proliferazione...58

5.5.5 Conta cellulare con camera di Burker...59

5.5.6 Immunofluorescenza...59

(3)

5.5.6.2 Immunoflorescenza in cellule U937...60

5.5.7 Colorazione ematossilina-eosina...61

5.5.8 Analisi statistica...63

6. RISULTATI...64

6.1 RISULTATI ESPERIMENTI IN VIVO CON TRICHINELLA SPIRALIS...64

6.1.1 Immunoistochimica...64

6.2 RISULTATI DEI TRATTAMENTI CON ES DI TRICHINELLA SPIRALIS...65

6.2.1 Livelli di proteina in cellule incubate con ES di T. spiralis, analizzati mediante Western blot...65

6.2.2 Saggi di proliferazione...69

6.3 RISULTATI DELL'INFEZIONE CON TOXOPLASMA GONDII...71

6.3.1 Western blot...71 6.3.2 Proliferazione cellulare...73 7. DISCUSSIONE...76 8. CONCLUSIONI...83 BIBLIOGRAFIA...84 RINGRAZIAMENTI...99

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RIASSUNTO

Le glutatione transferasi (GST) sono una superfamiglia di enzimi detossificanti di fase II che, utilizzando il glutatione come cofattore, contribuiscono alla biotrasformazione di numerosi composti di natura esogena ed endogena, come gli agenti cancerogeni, i farmaci e i prodotti dello stress ossidativo.

La superfamiglia delle GST si suddivide in tre famiglie: mitocondriali, microsomiali e citosoliche.

La famiglia delle GST citosoliche è la più ampia ed è costituita da proteine estremamente poliforme.

Nell'uomo sono state identificate varie classi denominate: α, μ, π, θ, ζ, δ e più recentemente è stata aggiunta una nuova classe denominata omega (GSTO).

Le proteine appartenenti alle GSTO mostrano caratteristiche assai peculiari: sono prive di attività glutatione transferasica, ma sono dotate di numerose altre funzioni di grande importanza nella risposta allo stess cellulare, quali l'attività tioltransferasica, deidroascorbato reduttasica, monometil e dimetilarseniato reduttasica, la modulazione del trasporto del calcio, l'attivazione post-traduzionale dell'interleuchina 1.

Nell'uomo esistono due forme di GSTO: la GSTO1 e la GSTO2, le quali possiedono nel loro sito attivo una cisteina in posizione 32 (cys 32) e all'estremità N-terminale una coda di 19-20 amminoacidi, caratteristiche peculiari di questa classe di GST.

Lo scopo della mia tesi è stato quello di approfondire il ruolo della GSTO1 e dei suoi meccanismi di regolazione nell'infezione da Trichinella spiralis, e poter comparare i risultati ottenuti con quelli di un altro modello d'infezione parassitaria, ovvero quella da Toxoplasma gondii.

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Questo parassita è un nematode agente eziologico della trichinellosi, ossia una zoonosi causata dall'ingestione di carne cruda o poco cotta di animali (quali, suini, cinghiali, cavalli ecc...) infettati dal parassita, le cui larve sono contenute nel tessuto muscolare scheletrico. Tali larve, penetrando nella fibrocellula muscolare scheletrica, provocano alcuni cambiamenti in essa: la cellula, infatti, acquisisce un nuovo fenotipo diventando la cosiddetta nurse cell (NC), una cellula che perde la funzione contrattile (si ha la scomparsa delle miofibrille) ed acquisisce le caratteristiche necessarie alla sopravvivenza e alla crescita del parassita. I meccanismi responsabili dei cambiamenti che portano alla formazione della NC non sono ancora completamente chiariti.

Toxoplasma gondii è un protozoo intracellulare responsabile della toxoplasmosi, una parassitosi ampiamente diffusa nell'uomo, negli animali da allevamento, da compagnia e selvatici, purchè omeotermi.

La toxoplasmosi è acquisita per via orale, salvo rare eccezioni quali la trasmissione transplacentale da madre a figlio, quella a seguito di trapianto d'organo solido o di cellule staminali e infine attraverso trasfusioni ematiche da donatore infetto acutamente a ricevente non immunizzato.

Precedenti studi, hanno dimostrato che i livelli della GSTO1, normalmente bassi nel tessuto muscolare scheletrico, risultavano elevati all'interno della NC.

A seguito di tali osservazioni, sono stati effettuati studi di ibridazione in situ che hanno dimostrato come ci sia un progressivo aumento dei livelli di mRNA della GSTO1 nella NC all'aumentare dei giorni d'infezione (15,28 e 60 giorni).

Partendo da tali risultati abbiamo valutato tramite tecniche immunoistochimiche i livelli di produzione della GSTO1 al progredire dei giorni d'infezione, all'interno della NC; i risultati hanno dimostrato che la GSTO1, all'interno della NC, aumenta rispetto al tessuto circostante già a 15 giorni d'infezione e rimane alta anche a 28 e 60 giorni, confermando

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quindi, i precedenti risultati ottenuti con l'ibridazione in situ.

Considerando che è stato dimostrato, che una sovraespressione della GSTO1 è correlata ad un aumento di resistenza all'apoptosi attraverso un aumento dei livelli di fosforilazione del fattore AKT, responsabile della sopravvivenza delle cellule, e all'inibizione della via del fattore JNK, generalmente coinvolta nell'induzione dell'apoptosi, abbiamo valutato, sempre tramite immunoistochimica, i livelli di fosforilazione di queste MAP-chinasi, nella NC a 15, 28 e 60 giorni dall'infezione.

I risultati mostrano che i livelli di fosforilazione di AKT, parallelamente a quelli della GSTO1, aumentano al progredire dei giorni di infezione; invece i livelli di fosforilazione di JKN sono alti a 15 giorni per poi diminuire a 28 e 60 giorni dall'infezione.

Per riuscire a comprendere i meccanismi molecolari dei dati ottenuti in vivo, sono stati effettuati esperimenti in vitro, utilizzando antigene escreto/secreto (ES) di T. spiralis, al fine di mimare quello che accade alla cellula muscolare scheletrica quando viene esposta a molecole prodotte dal parassita. Per ottenere ES sono state isolate, dal muscolo di topo precedentemente infettato, le larve muscolari grazie alla digestione artificiale con HCL e pepsina, quindi queste, dopo essere state lavate con un buffer, sono state sospese in un mezzo ed incubate per 18 h a 37°C con 10% CO2. Il sovranatante, ottenuto dalla

sedimentazione delle larve, è stato filtrato e concentrato ed utilizzato infine per il dosaggio delle proteine e per trattare le differenti linee cellulari utilizzate: cellule U937, cellule Jurkat ed due cloni delle cellule HeLa, ossia il clone HeLaGSTO1+ che sovra-esprime l'enzima GSTO1 e il clone HeLaCont di controllo che non sovra-esprime l'enzima.

Il trattamento con ES sulle cellule U937, grazie all'analisi con immunoblotting, indica un aumento dei livelli della GSTO1 rispetto ai controlli, ai vari tempi d'incubazione (24, 48 e 72 ore). Anche i livelli di fosforilazione del fattore ERK1/2, ossia una MAP-chinasi coinvolta generalmente nella proliferazione cellulare, aumentano in seguito al trattamento con ES ai

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vari tempi. AKT, invece, mostra una lieve attivazione a 48 e 72 ore, ma non sembrano esserci differenze tra le cellule trattate ed i controlli.

Per quanto riguarda JNK se i livelli di fosforilazione nel controllo aumentano lievemente, a 72 ore di trattamento l'aumento è invece molto marcato.

Nei due cloni HeLa: HeLaGSTO1+ e HeLaCont, dopo 24 ore di trattamento ES, i livelli di GSTO1 nei trattati sono aumentati rispetto ai relativi controlli.

Per quanto riguarda JNK si può osservare invece che i livelli di fosforilazione sono più alti nelle cellule HeLaCont rispetto alle cellule HeLaGSTO1+ e non variano dopo il trattamento con ES.

Inoltre, tramite saggio di proliferazione cellulare WST-1, abbiamo osservato che il trattamento con ES per 24 ore è risultato capace di stimolare la proliferazione cellulare solo nelle cellule Jurkat ed U937, alla più alta concentrazione di ES impiegata, ossia 50 μg/ml.

Per quanto riguarda lo studio del ruolo della GSTO1 nel modello toxoplasmosi abbiamo infettato le linee cellulari sopracitate con tachizoiti di T. gondii per 24 ore.

I risultati mostrano che anche l'infezione con T. gondii induce un significativo aumento di proliferazione sulle linee cellulari U937 e Jurkat, in linea con quelli osservati nel trattamento con 50 µg/ml di ES, ma non delle cellule HeLa.

I livelli di GSTO1 a 24 e 72 ore dall'infezione, nelle cellule U937, in base ai risultati dell'immunoblotting, mostrano un incremento dei livelli di espressione di GSTO1 rispetto ai controlli.

Tramite immunoflorescenza abbiamo inoltre osservato che, nelle cellule U937 infettate con T. gondii e nel clone HeLaCont, dopo 24 ore d'infezione, l'enzima GSTO1 trasloca nel nucleo. La GSTO1 è un enzima generalmente citosolico (vedi sopra) ma in alcune condizioni può traslocare nel nucleo, è il caso della progressione neoplastica dell'esofago

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di Barrett e delle cellule sottoposte a shock termico.

I nostri risultati mostrano per la prima volta la traslocazione nucleare dell'enzima in cellule infettate da un protozoo. Il significato biologico di questa traslocazione è al momento sconosciuto, studiarlo nell'infezione con T. gondii sarà oggetto del prosieguo della ricerca.

ABSTRACT

The glutathione transferases (GST) are a super-family of phase II detoxification enzymes that, using the glutathione as a cofactor, contributed to the bio-trasformation of many compounds both of esogenous and endogenous nature, like cancerous agents, drugs and oxidizing stress products.

In the GST super-family three smaller families are included: the cytosolic, the mitochondrial and the microsomal. The cytosolic GST family, which is the largest of the three, is composed of extremely polymorphus proteins.

In human beings, many classes have been identified. They are named: α, μ, π, θ, ζ, δ and more recently a new class called omega (GSTO) has also been added.

The proteins belonging to the GSTO class show peculiar features: they lack any glutathione transferase activity, while they are endowed with many other functions relevant to response to the cell stress, i.e. the thioltransferase activity, the dehydroascorbate reductase activity, mono- and dimethylarsonic reductase activity, the calcium transport modulation, post-translational activation of interleukin-1.

In humans, there are two forms of GSTO: GSTO1 and GSTO2, that have in their active

site a cysteine in the position 32 (cys 32) and at the terminal end a tail of 19-20 amino

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The aim of this thesis was to investigate the role of GSTO1 and its regulatory mechanisms

in Trichinella spiralis infection, and to compare the results obtained with those of another

parasitic infection model, that of Toxoplasma gondii.

For the first time the experimental Trichinella spiralis infection in the mouse was evaluated.

This parasite is a nematode an etiological agent of trichinellosis, that is a zoonosis caused

by the ingestion of raw or undercooked meat of animals (such as pigs, wild boars, horses,

etc.), infected by the parasite, whose larvae are contained in skeletal muscle tissue. Such

larvae, penetrating into the skeletal muscle cells, cause some changes in it: the cell, in

fact, acquires a new phenotype becoming the so-called nurse cell (NC), a cell that loses

the contractile function (there is the disappearance of myofibrils) and acquires the

characteristics necessary for the survival and growth of the parasite. The mechanisms

responsible for the changes that lead to the formation of the NC are yet not fully clarified.

Toxoplasma gondii is an intracellular protozoan responsible for the toxoplasmosis, a

parasitosis that is widespread in humans, farm animals, pets and wild animals, as long as

homeotherms.

Toxoplasmosis is acquired orally, with rare exceptions such as transplacental transmission

from mother to child, solid organ or stem cell transplantation, or blood transfusions from

acutely infected donor to non-immunized recipient.

Previous studies, have shown that the levels of GSTO1, normally low in skeletal muscle

tissue, were high within the NC.

Following these observations, in situ hybridization studies were performed that showed

that there is a progressive increase in GSTO1 mRNA levels in the NC within the days of

infection evaluated (15,28 and 60 days).

Starting from these results, we have evaluated the production levels of GSTO1 by

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within the NC; the results showed that GSTO1, within the NC, increases with respect to

the surrounding tissue as early as 15 days of infection and remains high even at 28 and 60

days, thus confirming the previous results obtained with in situ hybridization.

Whereas it has been shown that over-expression of GSTO1 is related to an increase in

resistance to apoptosis through an increase in the levels of phosphorylation of AKT factor

responsible for the survival of the cells, and to the inhibition of the JNK factor pathway ,

generally involved in the induction of apoptosis, we have evaluated, still through

immunohistochemistry, the phosphorylation levels of these MAP-kinases, in the NC at 15,

28 and 60 days from infection.

The results show that the levels of phosphorylation of AKT, parallel to those of GSTO1,

increase with the progression of the days of infection; instead the levels of phosphorylation

of JKN are high at 15 days and then they decrease at 28 and 60 days from infection.

To be able to understand the molecular mechanisms of the data obtained in vivo, in vitro

experiments were performed, using T. spiralis excretory-secretory products (ES) antigen,

in order to mimic what happens to the skeletal muscle cell when it is exposed to molecules

produced by the parasite. To obtain ES, the muscle larvae were isolated from the mouse

muscle previously infected thanks to the artificial digestion with HCL and pepsin, then,

after having been washed with a buffer, they were suspended in a medium and incubated

for 18 h at 37 ° C with 10% CO2. At the end, the supernatant, obtained from larva

sedimentation, was filtered and concentrated, then it was used for total protein evaluation

and to treat the different cell lines used: U937 cells, Jurkat cells and finally two HeLa cell

clones, i.e. the HeLaGSTO1 + clone that over-expresses the GSTO1 enzyme and the

HeLaCont control clone that does not over-express the enzyme.

The treatment with ES on U937 cells, indicates an increase in GSTO1 levels, evaluated by

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Moreover, the levels of phosphorylation of ERK1 / 2 factor, i.e. a MAP-kinase generally

involved in the cell proliferation, increase following to the treatment with ES at variuos

times. AKT, on the other hand, shows a slight activation at 48 and 72 hours, but there does

not seem to be any difference between the treated cells and the controls.

With regard to JNK, when the phosphorylation levels in the control slightly increase, at 72

hours of treatment the increase becomes very marked.

In the two HeLa clones: HeLaGSTO1 + and HeLaCont, after 24 hours of ES treatment, the

levels of GSTO1 in the treated cells have increased compared to the relative controls.

As far as JNK is concerned, it can be observed that phosphorylation levels are higher in

HeLaCont cells than in HeLaGSTO1 + cells but do not change after the ES treatment.

Furthermore, by using WST-1 cell proliferation assay, we have observed that 24 hour ES

treatment was able to stimulate the cell proliferation only in Jurkat and U937 cells, with the

highest concentration of ES used, ie 50 μg/ml.

The study of the role of GSTO1 was then extended to another model of parasitic infection,

i.e. T. gondii, which allows to carry out in vitro studies.

Regarding the study of the role of GSTO1 in the toxoplasmosis model, we have infected

the cell lines mentioned above with T. gondii tachyzoites for 24 hours.

The results showed that the infection with T.gondii also induces a significant increase of

the proliferation on the U937 and Jurkat cell lines, in line with those observed in the

treatment with 50 μg/ml of ES, but not of HeLa cells.

The levels of GSTO1 at 24 and 72 hours from infection in U937 cells, based on the results

of immunoblotting, show an increase in GSTO1 levels compared to controls.

Through immunofluorescence we also observed that, in the U937 cells infected with T.

gondii and in the HeLaCont clone, after 24 hours of infection, the enzyme GSTO1

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conditions it can be translocated in the nucleus, it is the case of neoplastic progression of

the Barrett esophagus and of the cells subjected to thermal shock.

Our results show for the first time the nuclear translocation of the enzyme into cells

infected by a protozoan. The biological significance of this translocation is currently

unknown, studying it in infection with T. gondii will be the object of the continuation of the

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INDICE DELLE ABBREVIAZIONI

AA Acido Ascorbico

AA● Radicale semideidroascorbato AKT Protein-chinasi B

APS Ammonio persolfato

BCA Acido Bicinconinico BSA Albumina bovina sierica CLIC Chloride intracellular channel CRID Citokyne release inhibitory drugs

Cys Cisteina

DAB Diaminobenzidine

DHA Deidroascorbato

DHAR Dehydroascorbate Reductase DMAV Dimetilarseniato

DMEM Dulbecco's Modified Eagle Medium DTT Ditiotreitolo

EDTA Acido etilendiamminotetra acetico EMSA Electrophoretic mobility shift assay ERKs Extracellular signal-regulated kinases

ES Escreto secreto

EST Expressed sequence tag

GSH Glutatione

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GSTO Glutatione transferasi omega

HEPES [N-(2-idrossietil)piperazina-N'-(acido 2-etansulfonico)] IL1 Interleuchina 1

JNKs c-Jun N-terminal kinases

LPS Lipopolisaccaride batterico

MAPEG Membrane-Associated Proteins in Eicosanoid and Glutathione Metabolism MAPKs Mitogen activated protein kinases

MMAV Monometilarseniato

NC Nurse cell

NBL Larva New Born

NF-kB Nuclear factor kappa B PBS Phosphate buffered saline RPMI Roswell Park Memorial Institute RyRs Ryanodine receptors

SDS Sodio dodecil solfato SSC Saline-sodium citrate

TBE Tris-borate EDTA

TBS-T Tris-buffer saline tween TEMED Tetramethylethylenediamine

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1. INTRODUZIONE

Le cellule, partendo dai batteri fino a giungere ai mammiferi, possono essere sottoposte ad una serie di stress "ambientali" , quali stress termico, danno ossidativo, varie tossine e carenza nutrizionale; perciò hanno sviluppato meccanismi molecolari, come l'alterazione dell'espressione genica, che promuove un incremento di proteine in risposta allo stress. Tali proteine possono agire o come chaperoni molecolari o come enizimi detossificanti. Gli chaperoni si legano a proteine denaturate o misfolded determinandone così il corretto ripiegamento o l'eliminazione stessa della proteina nel caso in cui il danno non sia riparabile. Gli enzimi detossificanti aiutano l'organismo ad eliminare sostanze di origine sia endogena che esogena dannose per le cellule. I meccanismi di risposta allo stress cellulare, Heat Shock Protein o gli enzimi detossificanti come la Glutatione S-Transferasi, (GST), sono meccanismi fondamentali di difesa che le cellule mettono in atto per poter sopravvivere a condizioni avverse. Nelle cellule tumorali aumentano la resistenza alle terapie citotossiche diventando così tra le responsabili del fallimento della chemioterapia (Kodym et al. 1999).

1.1 G

LUTATIONE

S-T

RANSFERASI

Le Glutatione S-Transferasi (GSTs) sono una superfamiglia di enzimi detossificanti di fase II, che catalizzano la coniugazione del glutatione in forma ridotta (GSH) con un ampio range di substrati elettrofilici di natura esogena ed endogena (Hayes et al. 2005). La funzione più nota di questi enzimi è quella di catalizzare l'attacco nucleofilo del GSH a molecole con gruppi elettrofili a livello di un atomo di carbonio, di zolfo o di azoto.

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Grazie a questa attività le GST permettono l'eliminazione di un gran numero di xenobiotici, come cancerogeni chimici, farmaci, prodotti dello stress ossidativo e intermedi metabolici della via di degradazione della tirosina (Lim et al. 2004). Inoltre questi enzimi svolgono anche funzioni di sintesi degli eicosanoidi, di legame e di trasporto di ligandi come la bilirubina e il gruppo eme, e di mediazione di segnali regolatori attraverso l'interazione proteina-proteina (Townsed et al. 2003).

Variazioni dei livelli di espressione delle GST e dei relativi fattori di modulazione possono avere importanti implicazioni cliniche. Una sovra-espressione di alcuni membri della famiglia delle GST è implicata nella resistenza a numerosi farmaci chemioterapici (Hayes e Pulford, 1995; O'Brien e Tew, 1996; Tew, 1994; Hall et al. 1994); al contrario invece, deficit di GST di natura genetica sono fattori di rischio per alcune patologie come la cataratta oculare, per alcune forme di tumore (Strange e Fryer, 1999) e per malattie neurodegenerative come ad esempio il morbo di Parkinson ed il morbo di Alzheimer (Kolsch et al. 2004; Li et al. 2003).

La superfamiglia di GSTs si suddivide in tre principali famiglie di proteine, ampiamente diffuse in natura, che comprendono sia enzimi solubili che enzimi di membrana:

GST mitocondriali

GST microsomiali

GST citosoliche.

Le GST mitocondriali comprendono enizimi solubili.

Le GST microsomiali, conosciute anche con il nome di MAPEG (Membrane-Associated Proteins in Eicosanoid and Glutathione Metabolism), sono enzimi di membrana, che non presentano omologie con gli enzimi appartenenti alle altre due famiglie e sono coinvolti

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principalmente nella sintesi di eicosanoidi (Holm et al. 2002).

Le GST citosoliche, invece, derivano da un comune gene ancestrale che nel tempo, in seguito a processi di duplicazione, ricombinazione e mutazioni geniche si è differenziato nelle varie GST (Towensed e Tew, 2003).

Le GST citosoliche rappresentano la famiglia più numerosa di transferasi e agiscono in forma dimerica, come omo o eterodimeri, anche se questi ultimi si formano solo tra subunità della stessa classe (Ladner et al. 2004).

Nell'uomo sono state identificate sette classi di GST citosoliche differenti denominate: alfa (α), mu (μ), pi (π), sigma (σ), theta (θ), zeta (ζ) e omega (ω) (Board et al. 2000).

La classe omega, indicata con la sigla GSTO, è la classe di GST di più recente identificazione, ed è l'oggetto della presente tesi.

Qui di seguito saranno indicate, in maggior dettaglio, le principali caratteristiche di questa nuova classe di glutatione transferasi.

1.1.1 Glutatione Trasferasi Omega

La prima GSTO ad essere stata identificata è la deidroascorbato reduttasi (DHAR) (Maellaro et al. 1994; Ishikawa et al. 1998).

La DHAR è stata purificata dal fegato di ratto in base alla sua capacità di catalizzare la riduzione, GSH dipendente, dell'acido deidroascorbico ad acido ascorbico. La proteina è largamente espressa in tutti i tessuti del ratto, raggiungendo i livelli più alti nel fegato, nel rene e nell'apparato gastroenterico (Paolicchi et al. 2006).

Successivamente, nel 1998, è stato clonato il cDNA di tale enzima e ne é stata approfondita la caratterizzazione molecolare (Ishikawa et al. 1998).

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L'anno successivo, nel 1999, un gruppo americano ha clonato il cDNA di una nuova proteina murina di 28 kDa (p28) che risultava sovraespressa in una linea di linfoma dopo l'acquisizione della radioresistenza (Kodym et al.1999). La sequenza amminoacidica della p28, formata da 240 amminoacidi, mostrava un'identità del 81,2% con la sequenza della DHAR di ratto (Kodym et al.1999).

Tali autori non sono stati in grado di identificare caratteristiche funzionali di tipo enzimatico della suddetta proteina, ma hanno ipotizzato, sulla base di analogie di sequenza, che potesse essere una heath shock protein di basso peso molecolare. Infatti la p28 in seguito ad innalzamento della temperatura trasloca dal citoplasma, dove normalmente si trova, al nucleo.

Nel 2000 il gruppo di Board ha effettuato uno studio volto all'identificazione di nuovi membri della famiglia delle glutatione transferasi sulla base di omologia di sequenza. A tale scopo gli autori hanno svolto la loro ricerca su database EST (Expressed Sequence Tag), contenente sequenze uniche espresse all'interno del genoma umano, usando come riferimento sequenze amminoacidiche della GSTO ϑ e ζ (Board et al. 2000). I risultati di tale ricerca hanno portato a identificare il cDNA di una nuova proteina con sequenze e caratteristiche tipiche della famiglia delle GST.

Gli stessi autori hanno notato che in banche dati erano già presenti sequenze altamente simili a quella della proteina appena scoperta, ed erano relative a proteine di altre specie animali e, per l'esattezza, della p28 del topo, della DHAR del ratto e di una proteina di un nematode (Caenorhabditis elegans) (Board et al. 2000; Kodym et al. 1999; Ishikawa et al. 1998). Queste sequenze avevano rispettivamente un'identità del 72%, 76% e 34% con quella della proteina umana.

Eseguendo un' analisi filogenetica, basata sull'allineamento con sequenze rappresentative delle varie classi di GST, gli autori (Board et al. 2000) hanno ricostruito un albero

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filogenetico in base al quale le suddette proteine vanno a costituire una nuova classe di GST, denominata omega e indicata con la sigla GSTO.

Figura 1. Correlazioni filogenetiche tra le varie classi di GST. Da Board et al. 2000

Board ed il suo gruppo di ricerca hanno caratterizzato la GSTO1 umana studiando la proteina ricombinante e la sua struttuta cristallina (Board et al. 2000).

La proteina ricombinante umana (27,5 kDa) mostra, alla cromatografia per esclusione molecolare, una massa di 56 kDa, indicando quindi che la proteina ricombinante in condizioni native forma un omodimero (GSTO 1-1).

La struttura cristallina della proteina ricombinante umana assume il tipico ripiegamento delle GST e mostra un dominio N-terminale tipico delle tioredossine ed un dominio C-terminale interamente organizzato in alfa eliche.

Il dominio N-terminale presenta al centro un foglietto β a 4 filamenti e intorno tre α eliche, mentre il dominio C-terminale è composto da sette α eliche.(Board et al. 2000).

La GSTO1, però, ha alcune caratteristiche distintive rispetto alle altre GST, ad esempio possiede un'estensione di 19-20 residui all'estremità N-terminale; ed è questa estremità, ricca di proline, ad associarsi con l'estremità C-terminale e a formare quindi un elemento

(20)

strutturale che non ritroviamo nelle altre GST.

La struttura cristallina mostra due regioni tipiche delle GST, denominate G-site e H-site.

La regione G (G-site) indica la porzione della proteina responsabile del legame con il GSH. Importante caratteristica della GSTO1, ma anche conservata nella GSTO2, è la presenza di una cisteina (Cys 32) nel sito attivo, anzichè un residuo di serina o tirosina caratteristico delle altre GST eucariotiche.

Il dimero GSTO1-1 presenta una tipica configurazione tridimensionale aperta a forma di "V" dove i contatti tra le due subunità sono limitati dalle catene laterali.

Il legame con il GSH è del tutto analogo a quanto si osserva nelle altre GST: tutte le interazioni tra GSH e le proteine avvengono a livello del dominio N-terminale e i residui che contribuiscono al legame con GSH sono conservati o conservativamente sostituiti.

La regione H (H-site) è la porzione di proteina che ha la funzione di accogliere la molecola elettrofila destinata alla coniugazione con il GSH.

Questa regione contiene un dominio idrofobo ed è situata in prossimità della regione G, sito di legame al GSH.

La regione H è formata da elementi che appartengono sia al dominio N-terminale che al C-terminale e le variazioni che si hanno a questo livello tra le varie classi di GST definiscono le diverse specificità di substrato.

Le caratteristiche peculiari delle due regioni "G" e "H", quali la ridotta idrofobicità della "H" e l'ampia fessura tra le subunità nel "G" site, fanno pensare che con molta probabilità, i substrati naturali o i partner di legame della GSTO1-1 possano essere molecole di grosse dimensioni e poco idrofobe, come ad esempio un'altra proteina.

(21)

Figura 2. A. Struttura della GSTO1-1 umana. B. Rappresentazione del monomero. Da Board et al. 2000.

1.1.2 Distribuzione tissutale e cellulare della GSTO1

La GSTO1 è trascritta a livelli basali in un ampio range di tessuti umani (Board et al. 2000).

Livelli relativamente alti di mRNA sono stati riscontrati a livello epatico e a livello cardiaco. Anche la GSTO2 risulta ampiamente espressa nei tessuti umani, con livelli relativamente alti nel rene, nel fegato e nel muscolo scheletrico (Whitbread et al. 2003). Ma per quanto riguarda la GSTO2 i livelli maggiori di espressione sono stati registrati a livello testicolare. Gli stessi risultati si hanno anche nel topo.

Uno studio immunoistochimico sulla GSTO1 umana rivela un'importante specificità cellulare all'interno dei diversi tessuti. Ad esempio, a livello cerebrale la GSTO1 si localizza

(22)

nel nucleo delle cellule gliali e non nei neuroni.

La deidroascorbato reduttasi (DHAR) di ratto, glutatione dipendente, sembra essere ortologa alla GSTO1-1 umana.

L'espressione della GSTO1-1 di ratto (DHAR) è stata ampiamente studiata nei vari tessuti di ratto mediante tecniche immunoistochimiche ed è stata ritrovata nel testicolo, nel fegato e nel rene (Paolicchi et al. 1996), ed è abbondante nel cervelletto, nello striato e a livello di ippocampo (Fornai et al. 2001).

Un ulteriore analisi mostra come la GSTO1-1 venga espressa anche nella substantia nigra, inclusa la pars compacta, che è degenerata nel morbo di Parkinson (Fornai et al. 2001).

A seguito di vari studi, si è visto che alterazioni nei livelli di espressione o alterazioni funzionali delle GSTO nel cervello, con conseguente incremento dello stress ossidativo o di processi flogistici, potrebbero costituire un fattore comune che ha portato ad associare i geni GST della classe omega all'esordio di patologie neurodegenerative (Allen, 2012).

1.1.3 Attività enzimatiche di GSTO

La classe omega delle GST, grazie alla presenza della cisteina 32 nel sito attivo, mostra attività catalitiche differenti da quelle delle altre GST dei mammiferi.

GSTO1 e GSTO2 presentano un'attività tioltransferasica e deidroascorbato reduttasica, attività che non sono presenti nelle altre GST, ma invece tipiche delle glutaredossine, ossia enzimi che mostrano una similarità strutturale al dominio N-terminale delle GST citosoliche.

(23)

 attività monometil e dimetilarseniato reduttasica,

 sembrano avere un ruolo nella modulazione dei canali per il calcio intracellulare,  nella processazione post-traduzionale dell'interleuchina 1,

 hanno un ruolo antiapoptotico, che contribuisce ad incrementare la resistenza al cisplatino.

Di seguito analizzeremo nel dettaglio le diverse attività delle GSTO.

1.1.3.1

Attività tioltransferasica

La tioltransferasi, conosciuta anche come glutaredossina, appartiene alla classe delle tiolo-disolfuro ossidoreduttasi. E' una piccola proteina citosolica con un peso molecolare di 11,8 kDa e catalizza in modo specifico la riduzione di proteine che sono state tiolate dal GSH (PSSG) (Chrestensen, 1995). La reazione procede nel seguente modo:

PSSG + GSH → PSH +GSSG

Pertanto la riduzione di PSSG avviene attraverso la formazione di GSSG (glutatione disolfuro) che poi viene riciclato a GSH grazie all'azione della glutatione reduttasi.

Una significativa attività osservata nella GSTO1-1 è la capacità di agire, al pari della glutaredossina, come tioltransferasi GSH dipendente (Board et al. 2000). Tale capacità è mostrata, in maniera pressochè simile, dalla GSTO2-2 (Schmunck et al. 2005). Sembra che questo tipo di attività dipenda dal fatto che la Cys 32, presente nel sito attivo dell'enzima, possa agire come centro nucleofilo transferasico; ipotesi basata sull'omologia

(24)

strutturale con la tioredossina e la glutaredossina (Board et al. 2000).

In condizioni di stress ossidativo, numerose proteine sono soggette a processi di S-tiolazione con formazione di disolfuri misti con il GSH, o in misura minore, con altri tioli (es. cisteine), con conseguente cambiamento funzionale della proteina stessa. Perciò una probabile funzione della GSTO è quella di ridurre, come fa la glutaredossina, questi addotti S-tiolo riportando la corretta funzionalità enzimatica.

1.1.3.2

Attività deidroascorbato reduttasica

L'attività deidroascorbato reduttasica (DHAR) della GSTO consiste nel ridurre il deidroascorbato (DHA), ossia la forma ossidata della vitamina C, ottenendo quindi l'acido ascorbico (AA) (Maellaro et al. 1994; Board et al. 2000).

L'AA o vitamina C è una vitamina idrosolubile, la quale si trova in tutti gli organismi viventi, anche se alcuni mammiferi, compreso l'uomo, hanno perso la capacità di sintetizzarla. L'AA è una molecola con importanti proprietà antiossidanti, e quindi ha un ruolo essenziale nei sistemi biologici (Padh, 1991).

Il processo di ossidazione dell'acido ascorbico può avvenire attraverso il trasferimento di un elettrone, portando così alla formazione del radicale semideidroascorbato (AA●) oppure attraverso il trasferimento di due elettroni producendo il DHA; quest'ultimo può formarsi, inoltre, anche per dismutazione di due AA● secondo la seguente reazione:

(25)

E' noto da tempo che gli organismi viventi sono dotati di attività DHA reduttasiche molto efficienti in grado di ripristinare l'AA utilizzando il GSH come donatore di equivalenti riducenti :

DHA + 2GSH → AA + GSSG

Queste attività sono importanti per mantenere costante la concentrazione di acido ascorbico a dispetto della sua continua ossidazione da parte dei radicali liberi. Il DHA, legandosi a gruppi sulfidrilici e amminici delle proteine, può produrre effetti tossici, per esempio danno negli eritrociti (Bianchi e Rose, 1986) oppure nelle isole pancreatiche (Pillsbury et al. 1973).

I primi enzimi ad attività deidroascorbato reduttasica scoperti sono stati la glutaredossina e la disolfuro isomerasi (Wells et al. 1990). In seguito è stata scoperta e caratterizzata quella di ratto, inclusa poi nel gruppo delle GSTO (Maellaro et al. 1994).

1.1.3.3

Attività monometilarseniato (MMAv) e dimetilarseniato (DMAV) reduttasica

L'arsenico inorganico (iAs) è un comune contaminate naturale dell'acqua in diverse regioni

del mondo ed è conosciuto come cancerogeno. La sua biotrasformazione è un processo a più stadi catalizzato in successione da differenti enzimi, tra i quali troviamo: la monometilarseniato (MMAv) reduttasi (Zakharyan e Aposhian, 1999), e la dimetilarseniato

(DMAv) reduttasi (Zakharyan et al. 1999).

La MMAV reduttasi rappresenta l'enzima chiave della via metabolica dell'arsenico

(26)

1999).

E' discutibile, quindi, se tale via metabolica debba considerarsi una via di detossificazione, in quanto, alcuni dei metaboliti prodotti sono difatto cancerogeni e fortemente tossici (Cullen et al. 1989; Styblo et al. 1997).

A seguito di purificazione parziale della MMAV reduttasi umana, è stato possibile

determinare la sequenza amminoacidica del 92% della proteina (Zakharyan et al. 2001). Questa sequenza si è rivelata identica a quella della GSTO1-1.

In accordo con ciò, la GSTO1-1 ricombinante umana mostra infatti un'attività monometilarseniato reduttasica comparabile a quella della MMAV reduttasi umana, e la

MMAV reduttasi umana parzialmente purificata mostra capacità catalitiche analoghe alla

GSTO1-1 (attività tiol-transferasica e DHA reduttasica).

Gli autori (Zakharyan et al. 2001), sulla base di suddetti dati, giunsero pertanto alla conclusione che la MMAV reduttasi umana e la GSTO1-1 umana debbano essere

considerate proteine identiche. La caratterizzazione della GSTO2-2 umana (Schmuck et al. 2005) ha evidenziato che anche quest'enzima posside un'attività MMAV reduttasica

comparabile a quella della GSTO1-1.

1.1.3.4

Attività di modulazione dei canali intracellulari del calcio.

Studi recenti hanno evidenziato un possibile ruolo della GSTO1-1 nella regolazione del calcio intracellulare (Mariot et al. 2000; Pan et al. 2000).

Studi condotti utilizzando la sequenza delle GST classe omega, al fine di rintracciare altri membri della famiglia GST, hanno rivelato una significativa somiglianza di tale sequenza con i membri appartenenti al gruppo di canali proteici intracellulari CLIC (Chloride

(27)

Intracellular Channel), in particolar modo con la proteina NCC27 (CLIC 1) (Dulhunty et al. 2001).

Ricerche dettagliate sull'allineamento tra la sequenza della GSTO1 e la sequenza di CLIC1 hanno rivelato la conservazione di alcuni residui fondamentali caratteristici della famiglia strutturale GSTO, in particolare nella regione N-terminale deputata al legame con il GSH e il suo sito attivo dove è conservato il tipico residuo di cisteina delle GSTO (Dulhunty et al. 2001).

L'osservazione che le proteine CLIC probabilmente adottano la struttura terziaria tipica delle GSTO e che condividono con queste una significativa omologia di sequenza nella regione N-terminale e nel sito attivo, hanno indotto ad esaminare la possibilità che le GSTO abbiano attività analoghe alle proteine CLIC, e quindi agire come canali ionici e/o modulatori di canali ionici (Dulhunty et al. 2001).

Uno studio in vitro condotto su bilayer fosfolipidici contenenti la GSTO1-1 ricombinante non ha evidenziato la capacità di tale proteina di formare canali ionici. Tuttavia, considerando che la GSTO1-1 è fortemente espressa nel muscolo cardiaco e scheletrico, alcuni studiosi hanno successivamente preso in esame l'eventuale capacità della proteina di modulare l'attività dei "Ryanodine Receptor" (RyRs), ossia canali di rilascio del calcio dal reticolo sarcoplasmatico del muscolo scheletrico e del muscolo cardiaco (Dulhunty et al. 2001). I risultati indicano che la GSTO1-1 può sia inibire che potenziare i canali del calcio RyR. L'inibizione si osserva solo nei confronti di RyR2 e richiede il mantenimento della attivià tioltransferasica dell'enzima.

L'attivazione, invece, si può osservare sia nei confronti di RyR2 che di RyR1 ed è indipendente dal mantenimento dell'attività enzimatica.

(28)

1.1.3.5

Ruolo nella processazione post-traduzionale dell'interleuchina- 1

L'interleuchina-1 (IL-1) appartiene alla famiglia delle citochine, ed è un importante mediatore proinfiammatorio prodotto in gran quantità da monociti e macrofagi dopo attivazione da parte del lipopolisaccaride (LPS) batterico (Dinarello, 1998). Differentemente da molte altre citochine prodotte da tali cellule, IL-1 non viene rilasciata costitutivamente. Per un efficiente rilascio di IL-1 occorre, infatti, che le cellule produttrici siano sottoposte all'azione di un effettore in grado di dare inizio ad un meccanismo di modifiche post traduzionali che porta in ultimo al rilascio della citochina. (Rubartelli et al. 1990; Hogquist et al. 1991; Perregaux et al. 1992).

E' però necessario uno stimolo ulteriore e diverso per la secrezione, poichè l'iniziale prodotto traduzionale della IL-1 è privo di una sequenza segnale che dirige il polipeptide verso il reticolo endoplasmatico (Auron et al. 1984; March et al. 1985; Walter and Johnson, 1994). Da qui tipicamente i polipeptidi destinati alla secrezione procedono verso la superficie cellulare attraverso un apparato secretorio che coinvolge il complesso di Golgi e le piccole vescicole secretorie. In mancanza di tale segnale di riconoscimento per entrare nel reticolo endoplasmatico, la IL-1 di nuova sintesi si accumula nel compartimento citoplasmatico perdendo pertanto la sua funzione di mediatore extra-cellulare (Singer et al. 1988; Stevenson et al. 1992;. Traub & Kornfeld, 1997).

Due geni separati, ma correlati, codificano per le due pro-citochine IL-1α e IL-1β (Auron et al. 1984; March et al. 1985). In risposta ad appropiati stimoli, i prodotti traduzionali di 31 kDa di entrambi i geni vengono processati per mezzo di proteolisi nei prodotti finali di 17 kDa. Nello specifico, la pro-IL -1β viene processata dalla caspasi -1, ossia un membro delle proteasi coinvolte nel processo apoptotico (Cerretti et al. 1992; Thornberry e Lazebnik, 1998).

(29)

abbiamo l'ATP extracellulare (Hogquist et al. 1991; Perregaux and Gabel, 1994; Ferrari et al. 1997), tossine batteriche, come l'emolisina dell'Escherichia coli (Bhakdi et al. 1990) e le cellule T citotossiche (Hogquist et al. 1991; Perregaux et al. 1996).

Sono stati idenficati una serie di inibitori detti CRID (Cytochine Release Inhibitory Drug), che in modo selettivo inibiscono le modifiche post-traduzionali dell'IL-1β (Laliberte et al. 2003).

E' stato dimostrato che i CRID legano la GSTO1-1 nei monociti e questa interazione potrebbe sottostare al meccanismo mediante il quale i CRID arrestano il processamento della interleuchina- 1β, indotto da ATP. Queste conclusioni derivano da una serie di dati :

i CRID sono capaci di legarsi in modo irreversibile alla GSTO1-1, e tale legame correla con l'entità dell'azione inibitoria;

la GSTO1-1 è capace di legarsi a colonne di affinità contenente gruppi tipici dei CRID

infine, un addotto CRID-glutatione, somministrato a monociti intatti, inibisce le modifiche post-traduzionali dell'IL- 1β indotte da ATP e interagisce anche con la GSTO1-1.

Tali evidenze suggeriscono, quindi, che la GSTO1-1 svolga un ruolo determinante nella via di regolazione post-traduzionale dell'IL- 1β indotta da vari stimoli (Laliberte et al. 2003). L'interazione tra CRID e GSTO1-1 richiede la presenza della cisteina 32 nel sito attivo dell'enzima. Inoltre, è stato visto che concentrazioni elevate di CRID legano CLIC 1 poichè anche questa presenta nel sito attivo una cisteina.

Il ruolo che la GSTO1-1 gioca in questa via non è propriamente chiaro, ma è stato ipotizzato che potrebbe mediare il suo effetto modulando o creando canali ionici, poichè il

(30)

processamento dell'IL- 1β è associato a cambiamenti significativi nell'omeostasi ionica (Laliberte et al. 2003).

(31)

2.

GENERE Trichinella

2.1

Trichinella è l'agente eziologico della trichinellosi, una zoonosi parassitaria causata dall'ingestione di carne cruda o poco cotta contenente la larva infettante (L1) del parassita.

È stato un giovane medico, James Paget, per la prima volta nel 1835, a notare qualcosa di insolito in un diaframma durante una dissezione di un cadavere. Tale diaframma appariva "sabbioso" per la presenza delle larve del parassita Trichinella.

Tuttavia fu Richard Owen, allora tutor di Paget, a presentare questa scoperta alla Royal Society ed a dare il nome Trichina spiralis (successivamente denominata Trichinella) all'organismo che aveva causato quell'anomalia nel diaframma.

Fino alla metà del secolo successivo, si riteneva che fosse una singola specie Trichinella spiralis a causare queste infezioni, poichè tutte le specie ed i genotipi sono morfologicamente indistinguibili in tutte le fasi di sviluppo. In seguito, grazie ad esperimenti condotti su roditori e suini, infettati sperimentalmente con il parassita isolato da animali selvatici di diverse località geografiche, è stato possibile scoprire delle differenze fra i vari isolati ed arrivare con il tempo alla attuale tassonomia (Murrell et al. 2000).

2.2 T

ASSONOMIA, BIOLOGIA E DISTRIBUZIONE

(32)

Adenophorea, Ordine Enoplida, Superfamiglia Trichuroidea, Famiglia Trichinellidae. La Famiglia Trichinellidae, alla quale appartiene Trichinella, è filogeneticamente distinta dalle altre per la presenza dello sticosoma. Questo, assente negli altri nematodi, è una formazione ghiandolare dell'esofago formata da cellule denominate sticociti.

Questi nematodi mostrano una simmetria bilaterale e sono privi di segmentazione. Il corpo è sottile ed è rivestito da una cuticola pluristratificata secreta dall'ipoderma sottostante. Gli organi interni sono liberi in uno pseudocele ampio e pieno di liquido.

Trichinella spp. ha uno strato di muscolatura longitudinale, ma l'assenza di muscolatura circolare ne impedisce movimenti complessi.

Il tubo digerente è relativamente semplice, composto da esofago ed intestino, percorre il verme dall'estremità anteriore fino a quella posteriore. Anteriormente l'esofago capillare forma uno pseudobulbo, mentre posteriormente prosegue tra una colonna di grosse cellule ghiandolari gli sticociti, caratterizzati dalla presenza di diversi granuli (α0, α1,α2, β e

γ) capaci di sintetizzare glicoproteine altamente immunogeniche (Mitreva e Jasmer, 2006). Mancano gli organi circolatori e respiratori.

Trichinella possiede un metabolismo anaerobico, basato sulla glicolisi. L'anaerobiosi consente alla larva di poter sopravvivere per lunghi periodi nella carne in putrefazione, anche dopo la morte dell'ospite.

I sessi sono separati: il rapporto tra i sessi è di 1,5-2 :1 in favore delle femmine. Le femmine emettono feromoni per attirare i maschi specialmente nelle infezioni lievi (Pozio, 1989).

Per quanto riguarda la distribuzione geografica questi nematodi sono presenti in tutti i continenti, ad eccezione dell'Antartide (Pozio, 2007).

I parassiti del genere Trichinella spp. sono suddivisi in due cladi: uno di specie incapsulate, cioè capaci di indurre la produzione della capsula di collagene nel tessuto

(33)

muscolare dell'ospite, ed uno di specie non incapsulate, incapaci di questa funzione. Le specie incapsulate sono : Trichinella spiralis, Trichinella nativa, Trichinella britovi, Trichinella murrelli, Trichinella nelsoni , Trichinella patagoniensis, inoltre sono stati descritti tre distinti genotipi. Mentre le specie non incapsulate sono : Trichinella pseudospiralis, Trichinella papuae, Trichinella zimbabwensis (Pozio e Zarlenga, 2005).

2.3 E

PIDEMIOLOGIA

Si possono distinguere due cicli principali di trasmissione per la trichinellosi comunemente denominati: "ciclo silvestre" e "ciclo domestico".

Ciclo silvestre : in natura il ciclo del parassita si svolge principalmente fra gli animali carnivori con abitudini cannibalistiche e di spazzini, ma può anche coinvolgere animali onnivori, come ad esempio i cinghiali. In Italia è presente il ciclo silvestre ed è circoscritto alle aree montane e pedemontane, generalmente sopra i 400 metri s.l.m..

Ciclo domestico : questo ciclo, già noto nel XIX secolo, è la causa principale a livello mondiale delle infezioni umane. Si svolge tra i suini di allevamenti non controllati, dove per esempio animali sinantropici, come i roditori o piccoli carnivori possono introdurre il parassita. Può accadere, inoltre, che gli allevamenti siano nei pressi di discariche e gli animali possano perciò venire a contatto con carcasse di animali infetti. In alcuni casi, è direttamente l'allevatore che, nutrendo gli animali con scarti della macellazione, permette la trasmissione della parassitosi. Tale ciclo è assente in Italia.

(34)

numero di larve per grammo di tessuto muscolare (>300). La maggior parte delle infezioni nell'uomo è causata dal consumo di carni crude o poco cotte o di insaccati derivati da suini infetti che non sono stati controllati al momento della macellazione.

2.4 C

ICLO VITALE DEL PARASSITA

Figura 3. Ciclo biologico della Trichinella nell'ospite (http://www.trichinella.org)

Il ciclo vitale del parassita differisce da quello di altri elminti, poichè la sua localizzazione intracellulare avviene in due siti distinti: nelle cellule intestinali (enterociti) e nelle fibrocellule muscolari scheletriche (Bruschi e Chiumento, 2012). Tale ciclo perciò è suddiviso in due fasi: una enterica ed una parenterale (Fig. 3).

(35)

contenente la larva infettante del parassita, all'interno della nurse cell o cellula nutrice (NC). La larva, giunta nello stomaco, grazie ai succhi gastrici (pepsina e acido cloridrico), si libera dal suo involucro ed è quindi in grado di raggiungere l'intestino tenue, dove poi penetra nell'epitelio cilindrico, a livello della base del villo, localizzandosi in questo sito tra la linea epiteliale e la lamina propria. Può parassitare circa 120 cellule contemporaneamente, iniziando così la fase intracellulare. La penetrazione della larva nella mucosa intestinale causa dei cambiamenti a livello delle cellule epiteliali, in particolare nell'orletto a spazzola dei villi, nella lamina propria e nel muscolo liscio del digiuno (Dupouy-Camet e Bruschi, 2007).

Il parassita subisce quattro mute dallo stadio larvale L1 (stadio infettivo) allo stadio L4 in 10-28 ore dall'infezione, per poi raggiungere la maturità sessuale a 30-34 ore dall'infezione (Mitreva e Jasmer, 2006). Le femmine adulte (lunghezza: 1,3-3,3 mm e diametro: 29-38 μm) sono più grandi dei maschi adulti (lunghezza: 0,6-1,8 mm e diametro: 25-35 μm). Le femmine producono larve per tutta la durata della loro vita, ma la maggior parte viene prodotta nei primi giorni di infezione.

L'embriogenesi inizia verso la 90° ora e le prime larve "newborn" (NBL) (100-160 μm di lunghezza e 9 μm di diametro) vengono prodotte non prima del quinto giorno di infezione (Pozio, 1989).

Il numero delle larve (500-1500) rilasciate dipende dalla fecondità di Trichinella e anche dal sistema immunitario dell'ospite (Mitreva e Jasmer, 2006; Bruschi e Chiumento, 2012). Tale processo dura per il resto della vita del parassita adulto, generalmente per poche settimane. Tuttavia il verme potrebbe sopravvivere per un periodo più ampio, soprattutto quando l'ospite ha un sistema immunitario compromesso. (Bruschi e Chiumento, 2012). Il 97% delle larve NBL entrano all'interno dei vasi linfatici ed ematici raggiungendo così la grande circolazione, a partire dal sesto giorno d'infezione. Soltanto le larve che riescono a

(36)

raggiungere la muscolatura scheletrica sopravvivono ed iniziano così la fase parenterale. (Dupouy-Camet e Bruschi, 2007).

La migrazione delle larve in organi differenti (es. cuore, fegato, cervello...) può portare ad infezioni fugaci (Pozio, 1989).

Le NBL che raggiungono la muscolatura scheletrica entrano attivamente nel sarcomero, perforando il sarcolemma tramite uno stiletto posto all'estremità cefalica e attraverso l'azione litica di enzimi proteolitici. A partire dal nono giorno dopo l'infezione fino al ventesimo la larva cresce esponenzialmente senza compiere mute, raggiungendo lo stadio di larva muscolare L1, infettante, in quanto divenuta resistente al succo gastrico. La penetrazione e la permanente presenza della larva nel muscolo scheletrico provoca alcuni cambiamenti: la cellula acquisisce un nuovo fenotipo diventando la cosiddetta nurse cell, una cellula che perde la funzione contrattile (si ha la scomparsa delle miofibrille) ed acquisisce le caratteristiche necessarie al mantenimento in vita del parassita. Quindi il complesso NC-parassita viene circondato da una capsula di collagene (nel caso di specie incapsulate) e contemporaneamente si sviluppa una rete di capillari che circondano il complesso (Dupouy-Camet e Bruschi, 2007). Oltre a tali cambiamenti si osserva anche un aumento sia numerico sia per dimensioni dei nuclei, ed il sarcoplasma diventa basofilo. La cellula diventa permeabile, con conseguente incremento di rilascio di enzimi citoplasmatici (creatinchinasi, latticodeidrogenasi) (Dupouy-Camet e Bruschi, 2007). Una o più larve all'interno della nurse cell, avvolte su se stesse a forma di otto o di zero, possono sopravvivere anche per anni, a seconda della specie dell'ospite e della specie di Trichinella. Quando il parassita muore la capsula può andare incontro a calcificazione.

(37)

3.

GENERE Toxoplasma

3.1

Toxoplasma gondii (Tg), è un protozoo appartenente alla sottoclasse Coccidia, phylum Apicomplexa, come i plasmodi della malaria, ed è l'agente eziologico della toxoplasmosi, ossia una parassitosi zoonotica. Toxoplasma gondii non conosce confini e causa una delle parassitosi più diffuse nell'uomo, negli animali da allevamento, in quella da compagnia e selvatici, purchè essi siano omeotermi. La toxoplasmosi generalmente si acquisisce per via orale, anche se ci possono essere alcune eccezioni, ad esempio: mediante la trasmissione transplacentare da madre a figlio, con i trapianti d'organo o con trasfusioni da donatore infetto a ricevente non immunizzato (De Carneri, 2014).

3.2 A

GENTE EZIOLOGICO

Toxoplasma gondii possiede tre stati infettanti :

Tachizoiti (in gruppo o cloni nelle cellule dell'ospite intermedio)

Bradizoiti (in cisti tissutali)

Sporozoiti (in oocisti presenti nell'ambiente)

(38)

Tachizoiti

Il termine tachizoita significa "rapido", dal greco "", fu utilizzato per definire il veloce moltiplicarsi in ogni cellula dell'ospite intermedio e nell'epitelio intestinale dell'ospite definitivo di questo stadio del parassita. Questa struttura, precedentemente era indicata con il termine "trofozoita", dal greco "τροφοσ" alimentazione; aggregati di più tachizoiti sono definiti cloni, colonie terminali o gruppi. I tachizoiti presentano una forma a mezzaluna con una parte anteriore conoidale appuntita ed una terminale arrotondata. Il nucleo è solitamente situato nella parte centrale della cellula, contiene ciuffi di cromatina e un nucleolo ben definito. Il rivestimento è costituito da tre membrane, il plasmalemma e due membrane strettamente adese, che formano la membrana interna, caratterizzata da una maglia di vescicole piatte (Morrissette et al. 1997). Il tachizoita si può muovere per scivolamento, flettendosi, ondulando o ruotando su se stesso ma non ha mezzi di locomozione, come ad esempio ciglia o flagelli o pseudopodi. Il conoide, struttura posta all'estremità anteriore del tachizoita, può ruotare, inclinarsi, allungarsi e retrarsi in modo che il parassita possa esplorare prima della penetrazione il plasmalemma della cellula ospite (Chiappino et al. 1984). I tachizoiti penetrano nella cellula attivamente, attraverso la membrana; subito dopo cambiano forma e diventano ovoidali e sono circondati da un vacuolo parassitoforo, che sembra derivare sia dal parassita sia dall'ospite.

Immediatamente dopo la penetrazione, una rete membranosa tubulo-vescicolare si sviluppa all'interno del vacuolo parassitoforo e sembra originare dalla terminazione posteriore del tachizoita (Bonhomme et al. 1992).

Il tachizoita comincia a riprodursi asessualmente nella cellula ospite per endoduogenia, forma specializzata di replicazione in cui due progenie si formano all'interno della cellula madre parassita. Le cellule figlie continuano a crescere fino a raggiungere la superficie

(39)

delle cellule parentali e, la membrana interna diventa il plasmalemma delle cellule figlie. Quando la cellula ospite non può più sostenere la crescita si rompe e libera tachizoiti che a loro volta invadono altre cellule; i tassi di invasione e crescita sono dipendenti dal ceppo dal parassita e dalla cellula ospite (Kaufman, 1962; Appleford, 1997). Dopo la penetrazione del tachizoita nella cellula ospite c'è un periodo di arresto prima che il parassita inizi la divisione e questa fase è in parte, dipendente dal parassita.

Bradizoiti e cisti tissutali

Il termine bradiziota, "β" dal greco lento, (Frenkel, 1973) descrive un organismo che si riproduce lentamente nella cisti tissutale e per questo motivo anche chiamato "cistozoita" ; le cisti tissutali variano molto per quanto concerne le dimensioni: quelle giovani sono piccole e contengono solo due bradizioti, mentre le adulte possono contenere anche centinaia di bradizioti (Dubey, 1977; Dubey, 1993). Le cisti possono svilupparsi in organi viscerali, come i polmoni, il fegato e i reni, sono però molto più frequenti nel tessuto nervoso e muscolare, soprattutto encefalo, occhio e muscoli cardiaci e scheletrici. Le cisti intatte non causano danni e persistono per tutta la vita dell'ospite senza causare alcuna risposta infiammatoria. La parete della cisti è elastica e sottile ed all'interno sono contenute centinaia di bradizioti falciformi (Melhorn e Frenkel, 1980). I bradizioti strutturalmente sono molto simili ai tachizoiti, anche se il loro nucleo è situato verso l'estremità posteriore. I bradizioti contengono granuli di amilopectina, che possono essere presenti o assenti nei tachizoiti. Inoltre sono più sottili dei tachizoiti e perciò sono più sensibili agli enzimi proteolitici (Jacobs, Remington e Melton, 1960).

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Sporozoiti e oocisti

Le oocisti rappresentano la forma di resistenza del parassita nell'ambiente. Hanno forma rotondeggiante e parete sottile. Originano dalla fusione, all'interno dell'enterocita nei villi dell'ileo, tra un macrogamete (gamete femminile) e un microgamete (gamete maschile) e costituiscono il prodotto del ciclo sessuato entero-epiteliale che si compie nel felino e vengono eliminate e disseminate nell'ambiente attraverso le feci. Appena vengono eliminate con le feci da un gatto parassitato non sono sporulate per cui non sono ancora infettanti. Rimangono vitali a 4°C per mesi e sporulano se riportate a condizioni ideali; a temperatura di 37°C sopravvivono per 24 ore, mentre vengono uccise a 50°C per 10 minuti (Dubey, 1970). La durata del processo di sporulazione delle oocisti è influenzata dalle condizioni ambientali ed in particolre dalla temperatura: a 24°C avviene in 2-3 giorni mentre impiega 14-21 giorni a 11°C. La maturazione non avviene al di sotto di 4°C e al di sopra di 37°C (Pietrobelli, 2003). Dopo la sporulazione nell'ambiente esterno l'oocisti risulta presentare al suo interno due sporocisti contenenti quattro sporozoiti ciascuna, per un totale di otto sporozoiti. Se confrontate con le oocisti non sporulate, quelle mature sono più resistenti alle condizioni ambientali: sopravvivono per un breve periodo al freddo e alla disidratazione ma in un terreno umido e sabbioso vivono più di 18 mesi (Frenkel, 2000).

3.3 E

PIDEMIOLOGIA

Un terzo della popolazione mondiale possiede anticorpi anti-T. gondii ad indicare un'avvenuta infezione. L'infezione essendo influenzata da abitudini igieniche ed alimentari, diminuisce con l'aumento della scolarizzazione e del reddito. Giacché la resistenza delle

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cisti nell'ambiente è condizionata da livelli di umidità e temperatura, la prevalenza è più bassa nelle regioni climaticamente fredde e secche o molto calde e aride. Negli ultimi vent'anni la prevalenza è diminuita nei Paesi ad elevato tenore econimico, come conseguenza delle mutate condizioni di produzione, conservazione e distribuzione dei cibi carnei e delle migliorate abitudini igienico-sanitarie. L'uomo e gli animali acquisiscono l'infezione sia attraverso l'ingestione di sporozoiti presenti nelle oocisti sporulate che, disperse nell'ambiente attraverso le feci dei gatti, contaminano vegetali e frutta, sia attraverso l'ingestione di bradizoiti contenuti nelle cisti tissutali di animali infetti, in particolare nel cervello, nel cuore e nel muscolo scheletrico. Si ritiene che l'ingestione di cisti tissutali attraverso il consumo di carne cruda o poco cotta sia la via di contaminazione principale nei Paesi industrializzati. È stato calcolato che la carne di un unico maiale può infettare fino a 200 persone (De Carneri, 2014).

3.4 C

ICLO BIOLOGICO

T. gondii è un parassita dixeno, compie infatti il suo ciclo biologico in due ospiti differenti: uno definitivo, nel quale svolge prevalentemente la prima fase del ciclo, ossia la fase sessuata intestinale (entero-epiteliale), ed un ospite intermedio nel quale realizza la fase asessuata, extraintestinale (tissutale). I felidi sono gli ospiti definitivi del parassita e in essi possono avvenire entrambe le fasi, mentre negli altri animali omeotermi (uccelli e mammiferi, compreso anche l'uomo) il parassita si riproduce solo per via asessuata extraintestinale (Hill et al. 2005).

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Figura 4. Ciclo vitale di T. gondii (Dubey, 1986)

Ciclo intestinale (fase sessuata)

Nei felidi T. gondii si comporta come un classico coccidio; l'infezione viene contratta mediante l'ingestione di carne contenente cisti con bradizoiti o pseudocisti con tachizoiti. Altra via di contagio è costituita dalle oocisti emesse tramite le feci e poi sporulate nell'ambiente esterno. Il potere infettante delle oocisti è molto inferiore rispetto alle altre forme (Dubey, 2006); la via di trasmissione più importante, infatti, è l'ingestione dei bradizioti maturi contenuti nelle cisti, che causa il rilascio di massive quantità di oocisti, molto più rilevanti rispetto alle altre vie di contagio (Urquhart et al. 1998). Dopo l'ingestione di un ospite intermedio infetto, in genere un roditore, gli enzimi proteolitici dello stomaco dell'ospite definitivo digeriscono la parete delle cisti tissutali ed i bradizoiti raggiungono le cellule epiteliali del piccolo intestino. Alcuni bradizioti penetrano la lamina propria e si moltiplicano come tachizoiti, disseminadosi per via ematica o linfatica ai tessuti

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extraintestinali del gatto; altri invece penetrano le cellule epiteliali e iniziano un ciclo schizogonico, con varie generazioni di schizogonie fino allo stadio di schizonte (Frenkel e Dubey, 1972). Nello schizonte si ha la formazione di numerosi merozoiti (4-32), fino alla rottura della cellula intestinale che lo ospita. I merozoiti rilasciati invadono altri enterociti, dove iniziano nuovi cicli schizogonici. Secondo un meccanismo non ancora conosciuto questi cicli si interrompono quando alcuni merozoiti si differenziano in micro e macrogameti. Il microgamete, una volta maturo, si stacca dal citoplasma residuo e appare come una struttura allungata con un nucleo anteriore, un mitocondrio e i corpi basali dei 2 flagelli. Questo gamete è detto maschile per la forte similarità con le cellule spermatiche (Ferguson et al. 1974; Dubey et al. 1998a). Il macrogamete, invece, ha un'importanza determinante per la formazione dello zigote, poichè sintetizza ed accumula gli elementi nutrizionali per la sporulazione nell'ambiente esterno e sostiene la sopravvivenza degli sporozoiti fino ad un anno; sintetizza, inoltre, componenti necessarie per la formazione della parete.

Il microgamete distrugge l'enterocita, entra nell'enterocita parassitato dal gamete femminile e lo fertilizza, dando così origine allo zigote. La nuova cellula, originata dall'unione del macro e microgamete, ancora all'interno della cellula intestinale, si circonda di una parete cistica, diventando oocisti. La cellula che la accoglie si rompe, l'oocisti si riversa nel lume intestinale e successivamente viene eliminata nell'ambiente esterno attraverso le feci per circa 15 giorni. Il periodo di prepatenza può essere breve (3-10 giorni) se l'animale ingerisce cisti tissutali, oppure lungo (18-49 giorni) se ingerisce oocisti sporulate (Dubey, 1996). Un gatto raramente può emettere oocisti dopo una seconda infezione, per lo stabilirsi di una risposta immunitaria. A conferma di ciò è stato osservato in gatti trattati con immunosoppressori, come alti dosaggi di corticosteroidi o trattamenti per lunghi periodi, si ha una ripresa dell'emissione di oocisti (Lindsay, 1997). Nell'ambiente

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esterno l'oocisti sporula in 1-5 giorni ed ha all'interno 2 sporocisti con 4 sporozoiti ciascuna ed è infettante. Nel caso in cui l'ospite definitivo, invece, ingerisca le oocisti sporulate si ha liberazione nell'intestino di sporozoiti che invadono le cellule della mucosa epiteliale del tenue, dove iniziano la fase schizogonica asessuata dando origine allo schizonte nel digiuno e nell'ileo (Dubey, 1998a). Il ciclo poi prosegue come nel caso precedentemente osservato.

Ciclo extraintestinale (fase asessuata)

La fase extraintestinale, avviene in mammiferi a sangue caldo, felini compresi, o uccelli, che si infettano per ingestione di oocisti mature, di tachizoiti o per il consumo di carni di altri animali con cisti terminali contenenti i bradizioti. Una volta entrato nel nuovo ospite, T. gondii attraversa la barriera intestinale e per via ematogena, veicolato da macrofagi e altre cellule con attività fagocitaria, invade le cellule di altri tessuti. In tali cellule si formano i vacuoli parassitofori, nei quali il protozoo si divide per endoduogenia, in due tachizoiti avvolti dalla pellicola della cellula madre. Dopo circa 3-4 divisioni binarie si sono formati 8-16 tachizoiti che determinano la rottura della cellula ospite. I tachizoiti riversati in circolo invadono altre cellule e continuano a riprodursi oppure vengono inglobati da macrofagi e si diffondono a tutto l'organismo. Questa fase acuta dura 1-2 settimane, in genere senza sintomatologia importante, dopodiché l'ospite acquisisce un'immunità attraverso la produzione di IgM che limitano l'invasività e il numero di tachizoiti localizzati nel tessuto nervoso e muscolare. In queste sedi i tachizoiti si riproducono per endoduogenia, ma molto più lentamente per sfuggire all'azione anticorpale, rispetto alla precedente divisione, formando nella cellula madre, qualche centinaio di bradizioti. I bradizioti hanno una bassa

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capacità di moltiplicazione e restano quiescenti nelle cisti, che hanno sedi preferenziali di localizzazione, ossia la muscolatura scheletrica, cardiaca, l'occhio, il sistema nervoso centrale, raramente i polmoni e il fegato (Rinaldi, 2010). I bradizioti vi rimangono vivi e vitali per tutta la vita dell'ospite, inattaccabili dalle difese dell'organismo (Dubey et al. 1998b). La formazione delle cisti è legata all'equilibrio tra parassita e sistema immunitario dell'ospite. Le cisti tissutali periodicamente si rompono liberando i bradizioti che vengono immediatamente circondati da un involucro cistico. Un'eventuale caduta delle difese immunitarie riacutizza l'infezione, con riattivazione delle forme quiescenti che si trasformano in tachizoiti e che portano alla formazione di nuove pseudocisti. Se l'ospite definitivo ingerisce cisti presenti in tessuti di prede infette i bradizioti si liberano, invadono il piccolo intestino, si differenziano in tachizoiti e scatenano la fase acuta in un nuovo induviduo.

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