• Non ci sono risultati.

L'attivita motoria preventiva e adattata nella scoliosi idiopatica

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'attivita motoria preventiva e adattata nella scoliosi idiopatica"

Copied!
94
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E

SPERIMENTALE

Corso di Laurea Magistrale

in

Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e

Adatte

TITOLO TESI

L'attività motoria preventiva e

compensativa nella scoliosi idiopatica

Relatore

Chiar.mo Prof.

Alberto Franchi

Candidato

Emilio Iiritano

a.a. 2016/2017

(2)

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE E DEFINIZIONE

1.1 L’attività motoria preventiva e compensativa………….pag. 1

CAPITOLO 2

LA SCOLIOSI IDIOPATICA

2.1 Cos’è la scoliosi………..pag. 3 2.2 Colonna vertebrale nel suo insieme……….pag.7 2.3 Caratteri generali delle Vertebre………pag. 10 2.4 Mobilità del rachide………..pag. 12 2.5 Definizione di postura………..pag. 18

CAPITOLO 3

METODI DI TRATTAMENTO

3.1 Scuole di pensiero………pag. 23 3.2 Metodo percettivo motorio………..pag. 24 3.3 Metodo Klapp………pag. 35 3.4 Metodo IOP o globale segmentario………...pag. 43 3.5 Metodo del muscolo ileopsoas………...pag. 50 3.6 Metodo Mézières………..…pag. 55 3.7 Scoliosi secondo le tecniche ID……….…pag. 61

CAPITOLO 4

L’EDUCAZIONE RESPIRATORIA

4.1 La respirazione……….pag. 71 4.2 Tecniche di apprendimento………pag. 73

(3)

CAPITOLO 5

PROTOCOLLI DI LAVORO

5.1 Strutturazione……….…..pag. 79 5.2 Protocollo di lavoro età evolutiva 6-10 anni……….…pag. 82 5.2 Protocollo di lavoro età preadolescenziale 11-14

anni………..…..pag. 84 5.3 Protocollo di lavoro età adulta………pag. 85

CONCLUSIONI

……….…….pag. 87

(4)

1

INTRODUZIONE E DEFINIZIONE

1.1 L’attività motoria preventiva e compensativa

Durante il mio percorso di studi nel campo delle scienze motorie, intrapreso anni fa, ho sin da subito manifestato particolare interesse e predilezione per un particolare settore dell’educazione fisica, quella che fino a non molto tempo fa veniva chiamata ginnastica correttiva. In questo particolare ambito, mi sono sempre ritrovato a dover lavorare con un numero piuttosto significativo di bambini/ragazzi affetti da una particolare deformazione della colonna vertebrale, la scoliosi. Con il passare del tempo gli studi mi hanno avvicinato a diverse filosofie di pensiero e metodiche di trattamento che a volte si trovavano in contrapposizione le une con le altre, facendomi rendere conto che per quanto riguarda questa particolare patologia non vi è uno specifico trattamento standardizzato e riconosciuto. In questa tesi il mio obiettivo è quello di confrontare alcune di queste metodologie di trattamento. Fino a non molto tempo fa, l’intervento nell’ambito della ginnastica preventiva era concepito ed attuato in maniera meccanicistica, in base alla concezione che prima si aveva del corpo umano, ovvero un insieme di leve ossee mosse dall’apparato muscolare. Il movimento però, “non è solo lo scatto di un insieme di leve, ma l’espressione della sua totalità”. È l’espressione di un moto di natura interiore di una volontà finalizzata. È la risposta del sistema nervoso a stimoli di

(5)

2

natura propriocettivi ed esterocettivi, per mezzo dei quali, un individuo si adatta attivamente all’ambiente in base agli in-put ricevuti. Il movimento si sviluppa proprio come ogni parte della personalità, un programma motorio non è una mera sequenza di movimenti, bensì una struttura mnemonica ben precisa nella corteccia motoria. Affinché un movimento possa essere realizzato è necessaria l’attivazione contemporanea di “prerequisiti” di tipo strutturale e funzionali. L’educazione motoria preventiva e compensativa si pone lo scopo, attraverso un processo apprendimento psicomotorio, di rieducare le alterazioni morfologiche ricostruendo schemi posturali errati. In un contesto di educazione motoria preventiva e compensativa sono anche trattate le deviazioni del rachide ad eziologia ignota. “Non

chiedere alla ginnastica quello che la ginnastica non può fare”. Da essa infatti si pretenderà solamente ciò che le compete

come; l’agilizzazione delle articolazioni rigide, miglioramento del controllo posturale, rinforzo muscolare e l’acquisizione di tecniche motorie sconosciute e facilitanti la gestualità della vita quotidiana. Il suo scopo è quello di creare un miglioramento neuromuscolare e un condizionamento sensomotorio, la cui pratica nel tempo porta inevitabilmente ad un rafforzamento di quei muscoli che sono andati incontro ad adattamenti funzionali errati.

(6)

3

LA SCOLIOSI IDIOPATICA

2.1 Cos’è la scoliosi

La scoliosi rientra nella categoria dei dismorfismi, ovvero quelle patologie che alterano la conformazione della componente scheletrica che compromette l’aspetto e la qualità della vita. Solitamente si tende a definire la scoliosi come “una deviazione

laterale permanente della colonna vertebrale”, in realtà non è

esattamente così, e questo porta erroneamente a credere che la scoliosi sia una deformazione bidimensionale quando in realtà essa interessa tutte e 3 le dimensioni dello spazio. Inoltre fa apparire la scoliosi come una patologia della colonna vertebrale quando non è sempre così. Ad esempio nelle scoliosi poliomielitiche la deformazione vertebrale è conseguente solo alla paralisi dei muscoli che sostengono il rachide. Tra le varie definizioni, secondo me, la più adatta e completa nella descrizione del problema è quella del Dr. Marco Pecchioli. “La

scoliosi è una deformità del tronco che si concretizza sulla colonna vertebrale deformandola nelle tre dimensioni dello spazio in maniera monosettoriale, caratterizzata dalla presenza di gibbo\i posterolaterale\i e anterolaterale, dalla modificazione dell’assetto della pelvi e che riconosce una eziopatogenesi varia”. Possiamo classificare le scoliosi in base

(7)

4

In questo caso possiamo suddividerle in:

1. SCOLIOSI STRUTTURALI a. Idiopatica b. Neuromuscolare c. Congenita d. Neurofibromatosi e. Malattie mesenchimali f. Malattie reumatiche g. Traumi h. Retrazioni extra-spinali i. Osteocondrodistrofie j. Infezioni ossee k. Malattie metaboliche

l. Legate alla cerniera lombosacrale m. Tumori

2. SCOLIOSI NON STRUTTURALI a. Scoliosi posturale

b. Scoliosi isterica

c. Da irritazione delle radici nervose d. Infiammatorie

e. Eterometria degli arti

(8)

5

In termini pratici, la scoliosi, in quanto deformità del tronco, rappresenterebbe nel caso di quelle idiopatiche, un raggiungimento da parte della colonna vertebrale di un nuovo equilibrio. Questo tipo di scoliosi sono caratterizzate dal progressivo peggioramento che da un altro punto di vista, non rappresenta altro che il continuo adattamento dell’organismo nella ricerca di un “nuovo equilibrio” al quale vengono a cambiare sempre le variabili, e non può far altro che adattarsi di volta in volta. Sebbene queste variabili possano mutare in base al tipo di scoliosi, due di esse sono sempre comuni: 1) la crescita, inteso come processo genetico di accrescimento; 2) la posizione ovviamente deforme che il soggetto non può fare a meno di mantenere senza l’utilizzo di ausili ortopedici che agiscano dall’esterno (corsetti). Il gibbo è il principale elemento che caratterizza la scoliosi, esso consiste in un rilievo di altezza variabile presente appunto sulla schiena di questi soggetti ed è posto dal lato della convessità della curva scoliotica. In scoliosi lievi il gibbo può non essere visibile in stazione eretta, ma appare chiaramente evidente se si attua la manovra di flessione (da stazione eretta, con gli arti inferiori dritti e paralleli, piedi nello stesso piano e gli arti superiori distesi con le mani unite) perché durante la flessione, grazie alla presenza della rotazione, le

(9)

6

vertebre accentuano la loro flessione laterale invece di eseguire il reale movimento richiesto, ovvero quello della flessione in avanti. Quindi l’asimmetria che è presente stazione eretta, ma che può non apparire si mette in evidenza. Il gibbo è quindi la dimostrazione che la colonna ha perso la disponibilità a flettersi in avanti. Ci sono scoliosi che presentano un solo gibbo, altre più di uno, fino ad un massimo di tre. In presenza di scoliosi con più gibbi, essi sono sempre contrapposti. Quest’ultimo è il “problema” della scoliosi, l’estetica. La scoliosi provoca una diminuzione della statura a causa dell’accorciamento del tronco. Osservando la schiena di uno scoliotico, possiamo notare che dal lato opposto del gibbo, si trova una depressione rispetto alla normalità. Ciò è particolarmente nel tratto dorsale per la presenza delle coste, qui la gabbia toracica fa sì che anteriormente si presenti una situazione opposta rispetto alla depressione posteriore, ovvero un emitorace sporgente in avanti. Nel processo deformante spesso è coinvolto anche il bacino, determinando l’impressione di una asimmetria degli arti inferiori che quasi sempre appare come determinante (ma non lo è) ai fini della deformazione scoliotica. L’importanza di questo fattore è determinante al fine di prevenire una prescrizione erronea di un’eventuale soletta per il piede della gamba apparentemente più corta. Questa asimmetria del bacino, di conseguenza, si manifesta esteticamente sotto forma di una asimmetria dei triangoli della taglia, e maggiore è l’asimmetria, tanto più grave sarà la scoliosi. Pertanto, nella scoliosi, non si avranno solo

(10)

7

deformità ossee, ma saranno presenti anche deformazioni a livello degli organi interni del tronco: gli organi del mediastino; polmoni e fegato; vasi e muscoli del tronco che risultando quindi mal posizionati potrebbero subire alterazioni nel loro funzionamento. Di norma, al raggiungimento della maturità ossea, da 2 a 4 persone su mille presentano una curva superiore a 30°. L'incidenza della scoliosi (misurata in gradi Cobb) sulla popolazione, è stata illustrata da Kane.

2.2 Colonna vertebrale nel suo insieme

Il rachide, o colonna vertebrale, può essere nel suo insieme paragonato a una colonna flessibile a snodi ancorata alla base (sacro), sottoposta a carichi divaria natura (compressione assiale ed eccentrica, trazione, taglio, flessione, torsione) e sostenuta da tiranti muscolari e legamentosi che svolgono il compito di equilibrare le forze e i momenti esterni generati da questi carichi. [1]

La colonna vertebrale è una struttura complessa che assolve a più compiti:

➢ Asse e sostegno meccanico del corpo, nello stesso tempo rigido e mobile, atto a supportare i movimenti del capo, del tronco e degli arti.

➢ Mantenimento dell’equilibrio sia in stazione eretta sia durante i movimenti. In particolare, la colonna consente il

(11)

8

corretto allineamento del capo rispetto all’orizzonte e, tramite i propriocettori, rappresenta oltre che un reale effettore, un sensore del sistema dell’equilibrio

➢ Protezione del midollo spinale passante nel canale formato dalla sovrapposizione degli archi vertebrali. [9-2] La colonna vertebrale è costituita dalla sovrapposizione di ossa corte, dette vertebre i quali corpi sono separati da dischi fibrocartilaginei detti dischi intervertebrali, e forma lo scheletro assile del tronco. Si suddividono in:

➢ 7 vertebre cervicali ➢ 12 vertebre toraciche ➢ 5 vertebre lombari ➢ 5 vertebre sacrali ➢ 4-5 vertebre coccigee

Va detto che le vertebre sacrali e le vertebre coccigee sono tra di loro fuse formando rispettivamente l’osso sacro e il coccige. La colonna vertebrale non è perfettamente dritta, anzi, presenta delle curve, frutto dell’evoluzione alla statura eretta. Sono chiaramente visibili sul piano sagittale, ovvero in visione laterale.

(12)

9 Figura 1 Veduta della colonna vertebrale anteriore, laterale da sinistra e posteriore [3]

Quindi sul piano sagittale saranno visibili:

➢ Una curva nel tratto cervicale con convessità rivolta in avanti (lordosi cervicale)

➢ Una curva nel tratto toracico con convessità rivolta posteriormente (cifosi toracica)

➢ Una curva nel tratto lombare con convessità rivolta in avanti (lordosi lombare)

➢ Una curva nel tratto sacro-coccigeo con la convessità rivolta posteriormente (cifosi sacro-coccigea)

(13)

10

Prendendo invece in considerazione la colonna vertebrale posteriormente, possiamo individuare:

➢ Nella parte mediana, la cresta spinale, costituita dal susseguirsi dei processi spinosi.

➢ Lateralmente alla cresta spinale, le docce vertebrali, destra e sinistra, e i processi trasversi aventi come fondo la successione delle lamine vertebrali. [11-4]

2.3 Caratteri generali delle vertebre

Figura 2 Veduta superiore di una vertebra toracica [3]

Anteriormente ogni vertebra presenta un corpo relativamente spesso e dalla forma ovale dal quale si stacca posteriormente un arco vertebrale. Il corpo vertebrale è la parte della vertebra che trasferisce il peso lungo l’asse della

(14)

11

colonna vertebrale. L’arco vertebrale delimita i margini laterali e posteriore del foro vertebrale. Esso presenta un pavimento, due pareti (i peduncoli) e un tetto (le lamine). Dalla fusione delle lamine origina il processo spinoso. I processi trasversi si proiettano lateralmente dal punto in cui le lamine si uniscono ai peduncoli. Anche i processi articolari originano dal punto di giunzione di lamine e peduncoli, i processi articolari superiori si proiettano cranialmente; i processi articolari inferiori si proiettano caudalmente. I margini superiore e inferiore dei peduncoli della vertebra sono leggermente incavati, esse prendono il nome di:

incisura vertebrale superiore quella corrispondente al

margine superiore del peduncolo, incisura vertebrale

inferiore quella corrispondente al margine inferiore del

peduncolo. Considerando la colonna nel suo insieme si può notare come ciascuna incisura vertebrale superiore confini con l’incisura vertebrale inferiore della vertebra soprastante formando il foro intervertebrale attraverso il quale passano il nervo spinale e i vasi sanguiferi. [4]

(15)

12

2.4 Mobilità del rachide

La mobilità coordinata del rachide nei diversi piani dello spazio è consentita dal movimento sincrono e coordinato di tutti i segmenti che lo compongono. Ogni segmento di movimento, che costituisce l’unità funzionale del rachide, è composto da due vertebre adiacenti e dai tessuti molli interposti (il segmento di movimento più caudale è costituito da L5/S1).

In ogni segmento si distinguono:

➢ Una porzione anteriore di sostegno (pilastro anteriore), costituita da due corpi vertebrali adiacenti, dal disco intervertebrale che li separa e dai legamenti longitudinali (anteriore e posteriore)

➢ Una porzione posteriore, che si occupa della guida del movimento (pilastro posteriore) costituita dai peduncoli, dalle lamine, dai processi spinosi e trasversi, dalle articolazioni interapofisarie e dai legamenti giallo, sovraspinoso, interspinoso, intertrasverso e dai muscoli. [1]

Un complesso sistema muscolare formato da vari strati è inserito sul rachide; vi si possono distinguere muscoli assiali, ad azione prevalentemente tonica, automatica, e muscoli trasversali, prevalentemente fasici, a comando volontario. [9-2] Da notare che i movimenti che si vengono a creare tra le due vertebre vicine sono poco estesi, mentre invece quelli che la colonna realizza nel suo insieme sono molto rilevanti. Ciò deriva dal fatto che, il

(16)

13

rachide appunto, è composto di segmenti, i grandi movimenti della colonna sono la risultante di singoli, parziali spostamenti che si sommano nel gioco di ben 23 articolazioni. I movimenti di cui è capace la colonna nel suo insieme sono cinque:

1) Flessione 2) Estensione

3) Flessione laterale 4) Torsione

5) Circumduzione

Nella flessione la colonna si inclina in avanti formando un arco con convessità posteriore. I corpi vertebrali di conseguenza si avvicinano anteriormente e le apofisi spinose invece si allontanano. Il legamento longitudinale anteriore si allenta, mentre quello posteriore entra in tensione. I legamenti gialli, quelli sopra spinosi e interspinosi si stirano, opponendosi alla flessione. Nella estensione invece ciò che succede è l’inverso di quanto accade in flessione. Si va a formare un arco a convessità anteriore, i corpi vertebrali si avvicinano posteriormente, il legamento longitudinale posteriore si distende e con esso tutto l’apparato legamentoso degli archi si rilascia ed

(17)

14

entra in tensione il legamento longitudinale anteriore.

Figura 3 Flesso-estensione della colonna vertebrale

Nella flessione laterale è il tratto della colonna lombare che assume particolare giuoco: i movimenti di inclinazione laterale,

(18)

15

negli altri segmenti sono solo appena accennati.

Figura 4 Flessione laterale della colonna vertebrale

Nella rotazione la colonna deve fare perno su un asse longitudinale, detto anche di rotazione. La rotazione è visibile attraverso i movimenti che si manifestano sul tronco. I nuclei polposi dei dischi intervertebrali essendo sull’asse di questo movimento, assumono la funzione di perno elastico intorno al quale ruotano i corpi vertebrali. Per quanto riguarda l’anello fibroso del disco, esso funge da freno limitando una eccessiva rotazione vertebrale. Il legamento giallo, del lato opposto rispetto alla rotazione, mettendosi in tensione limita questo movimento. Nella circumduzione la colonna vertebrale descrive un movimento di rotazione a cono con base in alto, verso il capo, e con punto fisso alla base del sacro. La colonna vertebrale

(19)

16

durante le manovre di circumduzione fa perno sopra l’articolazione lombo-sacrale, pertanto è l’ultimo dei dischi intervertebrali, e più precisamente il suo nucleo polposo, che assume una parte dominante in questo movimento. [5]

Sebbene le vertebre presentino caratteristiche simili in tutta la lunghezza della colonna vertebrale, man mano che ci si sposta nei tratti della colonna, le differenze anatomiche che caratterizzano le singole vertebre e che presentano le porzioni mobili del rachide, concedono a ciascun segmento la possibilità di compiere movimenti molto diversi:

➢ Il tratto cervicale per via dello spessore dei dischi intervertebrali e per la particolare disposizione delle faccette articolari è la parte più mobile della colonna. Sono possibili ampi movimenti di flessione e rotazione. L’inclinazione laterale è massima in questo, tanto che la testa riesce a toccare la spalla. [12-5] Tra C2 e C7 l’ampiezza delle escursioni varia soprattutto in rapporto alla lassità dei legamenti e alla distorcibilità dei dischi intervertebrali. [6]

➢ Il tratto dorsale è meno mobile: realizza soltanto scarsi movimenti di flessione ed estensione. L’inclinazione laterale è molto limitata, ed è dovuta principalmente alla sottigliezza dei dischi e dalla particolare disposizione delle faccette articolari, le quali combaciano in senso frontale.

(20)

17

➢ Il tratto lombare per la maggiore altezza ed estensione dei dischi e per la singolare forma dei suoi processi articolari (orientati verticalmente), riesce a compiere estesi movimenti di flessione ed estensione. I movimenti di rotazione de inclinazione sono più limitati se paragonati a quelli del tratto cervicale. [5] Poiché le faccette lombari contrapposte sono piane ed orientate verticalmente, la mobilità della colonna lombare è pressoché limitata alla flesso-estensione. [6]

2.5 Definizione di postura

La conoscenza della funzione muscolare si trova alla base di un corretto, quanto efficace, approccio alla rieducazione. Ciò nonostante gli aspetti su cui si deve prestare particolarmente attenzione sono raggruppabili in componenti biomeccanica,

neurofisiologica, psicomotoria e psicologica. Bisogna intanto fare

chiarezza sull’obiettivo da raggiungere, andando quindi dare una definizione a ciò che si vuole rieducare, la postura. Di norma col termine postura corretta in piedi si fa riferimento a come i vari segmenti corporei si dispongono nello spazio in funzione ad una linea di equilibrio che si trova passante per il centro di gravità del corpo e che termina al centro del poligono di sostegno. Per poligono di sostegno si intende l’area trapezoidale formata dai limiti laterali, anteriori e posteriori dei piedi.

(21)

18

La postura ideale invece è caratterizzata dalla presenza di indici ben specifici su cui fare riferimento. Sul piano frontale la linea di gravità dovrebbe cadere al centro esatto dell’asse sagittale del poligono di sostegno. Sul piano laterale la linea origina davanti al trago, sfiora il rachide cervicale, passa ben avanti a quello dorsale, sfiora le facce anteriori dei corpi delle vertebre lombari, passa attraverso il sacro e più in basso davanti la diafisi femorale, giungendo in fine alla linea di Chopart. Nella realtà dei fatti però, la postura, non è e non può essere riducibile ad una definizione del genere, questo perché essa fa riferimento ad una componente che non deve essere presa in considerazione, la staticità. Infatti essa è caratterizzata da una componente di dinamicità che è costante. Pertanto possiamo dire che “piccoli

movimenti dalle linee di equilibrio passanti per i piani frontale e sagittale sono e debbono essere considerati nella norma, diversamente, quando questi spostamenti superano un range di normalità ci si troverà davanti a posture scorrette” [12]

(22)

19

Figura 5 Postura ideale in stazione eretta (da. V.Pirola, Cinesiologia. Edi Ermes, 1998)

Generalmente i bambini, in particolar modo quelli al di sotto degli 8 anni di età, tendono ad avere appoggi che preferiscono un emilato rispetto ad un altro. Questo rivela semplicemente una costante ricerca di equilibrio legata alla ancora incompleta maturazione dei centri regolatori del tono posturale. Rachide e arti possono assumere diverse posizioni e/o deviazioni, comunque bisogna tenere in mente due punti fermi. Il capo e il

bacino. Il capo, a meno che di posizionamenti anomali, presenta

sempre le pupille orientate in avanti e soprattutto parallele rispetto al suolo, questo perché la vista è un esterocettore primario di fondamentale importanza per la postura e l’equilibrio. Il bacino è considerato l’elemento chiave dal quale possono generare stabilità e deviazioni rachidee. Il bacino può assumere diverse posizioni, prendendo in considerazioni i 3 piani si può facilmente capire che:

(23)

20

➢ Sul piano frontale abbiamo movimenti di rotazione (sul proprio asse) e traslazione

➢ Sul piano sagittale abbiamo movimenti di antiversione e retroversione

➢ Sul piano orizzontale abbiamo movimenti di rotazione interna e rotazione esterna

Quindi, tenendo presente le possibilità di movimento del bacino possiamo definire delle anomalie posturali che possono essere riscontrate sui piani frontale e sagittale. Sul piano frontale si può distinguere:

➢ Bacino fissato, senza traslazioni laterali con carico

prevalente su un arto inferiore

➢ Bacino traslato lateralmente con carico prevalente verso

il lato dove è avvenuto lo spostamento

➢ Bacino traslato lateralmente con carico prevalente verso

il lato opposto allo spostamento

➢ Bacino traslato lateralmente in presenza di dismetria vera

degli arti inferiori

➢ Bacino fissato sena traslazioni laterali con dismetria degli

arti inferiori

Prendendo invece in considerazione il piano sagittale si può verificare:

➢ Bacino fissato in antiversione senza traslocazioni anteriori

o posteriori: in questo caso se la linea di gravità passa

(24)

21

ischiocrurali, se passa dietro il carico si avrà sul quadricipite femorale, tensore della fascia lata ed ileopsoas

➢ Bacino fissato in retroversione senza traslocazioni

anteriori o posteriori: in questo caso è frequente la

comparsa di rettilineizzazione delle curve rachidee

➢ Bacino fissato in antiversione e traslato anteriormente: il tronco in questo caso è in caduta posteriore e il lavoro è a carico del muscolo ileopsoas e mm. addominali

➢ Bacino fissato in antiversione e traslato posteriormente: il tronco in questo caso è in caduta anteriore, il lavoro è a carico dei mm. Paravertebrali per quanto riguarda il tronco, per gli ischiocrurali per quanto riguarda il bacino, e quadricipite e gemelli per quanto riguarda il ginocchio. ➢ Bacino fissato in retroversione e traslato anteriormente: il

tronco è in caduta posteriore e il lavoro è a carico dei mm. Addominali. L’anca tende ad essere iperestesa.

➢ Bacino fissato in retroversione e traslato posteriormente: il tronco è in caduta anteriore, il lavoro è a carico dei mm. Paravertebrali lombari e per il ginocchio impegnato il quadricipite.

Per quanto concerne la postura, queste posizioni, se vengono mantenute troppo a lungo, causano uno squilibrio dovuto alla presenza di pressioni non omogenee sulle strutture che

(25)

22

circondano il bacino che a lungo termine possono provocare una ampia tipologia di patologie articolari, muscolari, rachialgie ecc…

(26)

23

METODI DI TRATTAMENTO

3.1 Scuole di pensiero

Una volta definito in cosa consiste la scoliosi idiopatica, si può passare allo scopo che questo lavoro di tesi si prefigge, quello di raggruppare ed illustrare, metodologicamente, funzionalmente, strutturalmente ed ideologicamente le varie metodiche, che, nel corso degli anni sono state sviluppate in risposta a questa patologia. Tutti i metodi incruenti per la cura della scoliosi sono stati elaborati negli ultimi cento anni circa, ogni metodologia fondava il suo principio su una validità scientifica non sempre però confermata. La cinesiterapia nella scoliosi è stata, ed è, continuo oggetto di discussioni circa il suo utilizzo. A volte ad esempio si attribuiva alla patologia rachidea cause di tipo muscolare senza però tener conto delle deformazioni di natura scheletrica di cui essa è caratterizzata. Altre scuole hanno privilegiato cause di tipo psicomotorie e comportamentali andando ad ignorare le componenti biomeccaniche e neurofisiologiche. Lo studio quindi delle varie metodologie di intervento deve servire ad acquisire da un lato la consapevolezza degli errori di impostazione di alcuni, dall’altro, di far acquisire la consapevolezza sulla validità di altri esercizi. Ogni scuola d’altra parte ha messo in evidenza motivazioni e proposte scientifiche originali. Sul piano dell’efficacia, alcune possono vantare numeri più o meno alti di pazienti con miglioramenti, ma, “ciò che si

(27)

24

critica è la pretesa, da parte di ogni metodo, di rappresentare il solo metodo di trattamento della scoliosi” [12].

Per questo lavoro di tesi ho scelto alcune tra le scuole più conosciute nel trattamento della scoliosi, in questo capitolo ve ne sarà una breve descrizione, storia, principio metodologico, somiglianze con altri metodi ecc. successivamente nel capitolo successivo vi sarà anche una breve illustrazione di un tipico protocollo di lavoro.

3.2 Metodo percettivo motorio

Nella sfera dell’attività motoria preventiva, compensativa e adattata si trovano moltissime tecniche di intervento, che delimitano il campo all’interno del quale si andrà ad intervenire. Si avranno diversi modi di somministrare ed insegnare gli esercizi: in forma imitativa, rappresentativa, percettiva ecc. In questo tipo di intervento si fa riferimento a movimento

volontario finalizzato alla cui base troviamo una componente

psicologica e intellettiva senza la quale il movimento stesso rimane solamente un rapporto stimolo-risposta che non ha effetto a livello di plasticità corticale. Questo metodo è strettamente legato alle esigenze psicomotorie, pertanto, tende a preferire l’intervento su bimbi e fanciulli, trovando meno spazio di applicazione in soggetti di età maggiore. Questa metodologia non ha nulla di particolare o esclusivo, se non la peculiarità di educare la persona a compiere movimenti ed esercizi sulla base del proprio vissuto motorio e non sulla casualità, trasformando la

(28)

25

mera esecuzione in un compito in un vero e proprio “studio

motorio”. Un approccio motorio di tipo percettivo si basa su un

confronto inteso ad accertare l’effettiva corrispondenza tra le informazioni sensoriali. Questo confronto non tiene solo conto dei risultati finali del movimento, ma soprattutto dei processi mentali che lo precedono. Possiamo quindi asserire che “apprendere un movimento significa conoscere il processo

motorio dal quale si è formato”. Pertanto un movimento in cui

non si riversano queste caratteristiche non è altro che una semplice espressione/riproduzione della richiesta motoria e non una sua costruzione. Al fine di impostare un corretto apprendimento motorio educativo-rieducativo è indispensabile fornire al fanciullo tutti gli strumenti possibili che possono facilitarlo ed eliminare tutto il superfluo che potrebbe in qualche modo contaminare le informazioni ed ostacolare l’apprendimento. In questo caso alcuni accorgimenti pedagogici sono di fondamentale importanza, come ad esempio:

➢ Valutare lo sviluppo mentale

➢ Usare un linguaggio comprensibile ➢ Richiedere la partecipazione attiva

Un reale modello pratico affinché risulti efficace deve basarsi sulle caratteristiche personali come la motivazione e la capacità di distinguere le diverse tipologie di afferenze, valutarle, rilevare il campo di movimento e il tempo di movimento, mantenere le invarianti richieste e di rilevare e correggere l’errore. Si viene

(29)

26

quindi a creare il concetto di pedagogia propriocettiva motoria volta a risolvere i problemi di educazione motoria. In questo contesto assume profondo significato il senso aptico come strumento alla base del percepire educativo, poiché la metodica percettivo-motoria si basa principalmente sul senso del tatto poiché viene usato attivamente. Questi recettori a rapido adattamento sono alla base di una percezione molto complessa, perché le informazioni ricevute sono accompagnate ed integrate da quelle cinestesiche. Ad esempio, nel caso della retroversione del bacino da posizione supina, dopo la spiegazione, viene chiesto al soggetto, partendo da posizione supina con le gambe flesse di eseguire una retroversione del bacino sulla base di segni verbali oppure tramite le informazioni in entrata. Nel primo caso la soluzione dell’esercizio avviene dopo una serie di tentativi scoprendo il meccanismo in maniera casuale, che, non avendo una base conoscitiva alle spalle viene semplicemente riprodotto in modo meccanico. Nel secondo caso la retroversione viene raggiunta tramite l’analisi propriocettiva, scoprendo le afferenze e raggruppandole in base alle caratteristiche dei campi di conoscenza. Viene rilevato il campo e il tempo di movimento, il risultato, l’eventuale correzione e l’esperienza viene fissata. Ovviamente come tutte le attività soggette ad apprendimento, anche qui ci troviamo difronte ad una gerarchia di apprendimento motorio che porta all’esecuzione di esercizi via via più complessi. La gerarchia si suddivide in due stadi di apprendimento, gli studi

(30)

27 motori di base e complessi. La terminologia “studio motorio”

sostituisce il termine esercizio.

Gli studi motori semplici sono quelli la cui componente principale è l’impegno mentale e cognitivo necessario per la completa conoscenza del processo motorio in atto.

Gli studi motori complessi sono quelli la cui componente principale è caratterizzata dalla fatica e quindi dal modo di esercitare il corpo.

Studi motori di base, si tratta nello specifico di:

➢ Studi motori per la conoscenza delle proprie immagini corporee sulla base delle qualità sensoriali e della presa di coscienza.

➢ Studi motori per valutare l’influenza reciproca delle varie immagini corporee fra loro

➢ Studi motori per comprendere le invarianti motorie

➢ Studi motori per gestire ed affinare l’esplorazione spaziale ➢ Studi motori per affinare il senso del movimento e

riconoscere le sensazioni esterocettive ➢ Studi motori dei ritmi coordinativi

➢ Studi motori di dissociazione delle immagini corporee ➢ Studi motori di equilibrio dinamico

Studi motori complessi; una volta terminata la prima parte

(31)

28

un’alta specificità indirizzato al trattamento delle alterazioni del rachide. Questi sono essenzialmente composti da:

➢ Studi motori di movimenti semplici combinati fra loro ➢ Studi motori di movimenti specifici educativi-rieducativi ➢ Trasposizione degli studi motori specifici nell’ambito

della vita di relazione

Il modello di uno studio motorio può essere essenzialmente diviso in una posizione di partenza, che comprende tutti gli aspetti percettivi-motori (momenti di esplorazione, inventario e integrazione), l’aspetto cinesiologico, l’aspetto formale e l’informazione verbale ed una dinamica esecutiva che racchiude gli stessi parametri della posizione di partenza. Nella posizione di partenza l’aspetto percettivo-motorio ha il compito di avviare una riflessione interna, chiamata momento di esplorazione che può essere definibile come un momento di valutazione e percezione di tutte le informazioni esterocettive. Successivamente si avrà un momento di inventario, simile ad un processo di elaborazione che cataloga le informazioni in base alla loro qualità, intensità, quantità ecc. e infine, un momento di integrazione fondamentale per creare una corretta immagine mentale della posizione di partenza. L’aspetto cinesiologico nella posizione di partenza è il risultato della elaborazione delle informazioni da parte della corteccia.

(32)

29

Nella dinamica esecutiva l’aspetto percettivo-motorio è costituito dal dialogo spaziale che fa riferimento al campo di movimento (lo spazio dove si determinerà l’azione), il dialogo temporale che fa riferimento alla velocità di esecuzione e il dialogo senso percettivo che valuta e controlla il progetto globale dell’azione. Nella dinamica esecutiva l’aspetto cinesiologico è la fase di attivazione muscolare in rapporto alla staticità della posizione di partenza. Nell’ambito della verifica, l’insegnante diviene il comparatore, cioè assume parte integrante del circuito di feedback del fanciullo. Infatti nella prima fase di apprendimento, il controllo è doppio, cioè sia da parte dell’insegnante che da parte del fanciullo. Successivamente è bene dare sempre più spazio ai feedback del fanciullo al fine di rendere più efficace l’autovalutazione. Dopo un completo apprendimento, l’educatore si assume in carico dei controlli periodici al fine di riscontrare la presenza o meno di interferenze nelle ripetizioni. È fondamentale che l’educatore conosca a fondo i propri allievi cosicché possa somministrare il giusto compito motorio con un linguaggio semplice, comprensibile ma adatto. Ricerche sulla corteccia motoria hanno dimostrato che la mera ripetizione non è sufficienze a provocare modificazioni sulla corteccia, ma necessita di apprendimento, esso è fondamentale, perché è l’unico strumento che permette di consolidare la serie di movimenti. Questo metodo pertanto basa la sua azione

(33)

30

correttiva sulla presa di coscienza dei movimenti prima ancora della semplice e ripetitiva esecuzione.

Applicazione pratica di alcuni studi motori

Gli studi motori che si andranno ad analizzare saranno illustrati così come avvengono nell’ambito operativo di un avvicinamento alla scoperta degli schemi motori, infatti è il fanciullo le sue domande e le sue scoperte a rendere l’esecuzione ancora più incisivo l’apprendimento.

Postura supina e contatti del corpo col suolo

La scoperta della posizione supina non deve essere considerata fine a sé stessa, essa infatti diventa fondamentale qualora si ripresenti in un successivo studio motorio. La sua esecuzione andrà a rievocare il processo interno formatosi durante la sua scoperta.

(34)

31

Figura 1 Scoperta dei punti di contatto

Come detto in precedenza, ogni studio motorio presenta una posizione di partenza ed una dinamica esecutiva, in ognuna di queste due fasi sono presenti diverse componenti senso percettive.

Posizione di partenza

Aspetto percettivo motorio

Esplorazione: In posizione supina il soggetto deve

raccogliere le informazioni propriocettive e tattili dei punti di contatto col tappeto di gomma.

Inventario: In questa fase classifica e interiorizza i rapporti

pressori e tattili tra il corpo e il suolo.

Integrazione: È la considerazione globale di tutte le

percezioni dai contatti predominanti

Aspetto cinesiologico: in questa fase l’impegno cinesiologico

è minimo e limitato al tono di base per la postura supina.

Aspetto formale: corpo disteso in posizione supina.

Dinamica esecutiva

Dialogo spaziale: in rapporto al tempo di ricerca e alle

capacità del soggetto.

Dialogo temporale: necessario per raggiungere una presa di

coscienza.

Dialogo sensopercettivo: i processi percettivi vengono

organizzati secondo le capacità personali, il dialogo personale interno rende cosciente la simmetria degli appoggi o meno. Completata questa fase di apprendimento, i punti di

(35)

32

contatto col suolo verranno numerati in ordine crescente dalla testa ai piedi.

Una volta presa coscienza della posizione supina, essa può essere applicata ad altri studi motori, ad esempio, se dalla posizione supina si vorrà chiedere l’esecuzione della retroversione del bacino, l’input da parte dell’educatore sarà quello di chiedere di allontanare il punto due dal punto tre, e chiedendo di allontanare il punto uno dal punto due successivamente, il soggetto avrà ottenuto un allungamento della colonna.

(36)

33

Combinazioni fra arti superiori ed arti inferiori in

quadrupedia

Questo studio motorio fa riferimento alla scoperta delle variazioni posturali durante la posizione quadrupedica. In questo particolare esempio si sta preparando mediante il metodo percettivo motorio il soggetto all’apprendimento dell’esecuzione di esercizi secondo la metodica Klapp,

Posizione di partenza

Esplorazione: il soggetto si avvia alla scoperta della

distribuzione e dell’intensità degli stimoli in quadrupedia. Per raggiungere una postura equilibrata deve imparare a distribuire il peso sui quattro appoggi.

Inventario: raccolta di informazioni circa l’impegno muscolare

(37)

34 Integrazione: ripartizione corretta del peso facendo

riferimento ad eventuali azioni di disturbo della muscolatura del troco.

Aspetto cinesiologico: azione prevalente dei muscoli

estensori della colonna e degli addominali per mantenere la normoversione del bacino.

Aspetto formale: posizione quadrupedica.

Dinamica esecutiva

Dialogo spaziale: riferimento al campo di movimento

dell’elevazione dell’arto inferiore.

Dialogo temporale: tempi in rapporto al raggiungimento

dell’equilibrio su tre appoggi.

Dialogo sensopercettivo: c’è un forte lavoro di anticipo degli

elementi di disturbo. L’elevazione della gamba attiva la muscolatura glutea e dorsoaddominale.

Aspetto cinesiologico: è prevalentemente agli arti superiori

dove si nota un notevole impegno degli estensori del gomito, cingolo scapolomerale e dentato anteriore. Per l’arto inferiore, l’impegno è soprattutto per i muscoli adduttori.

(38)

35

3.3 Metodo Klapp

Questo metodo è stato ideato da Rudolf Klapp, ortopedico tedesco, intorno ai primi anni del 900, e, tutt’ora alcuni dei suoi esercizi sono ampiamente utilizzati, soprattutto la parte delle andature, nel trattamento della scoliosi. Secondo Klapp, molte delle patologie funzionali dell’uomo, soprattutto quelle legate all’apparato locomotore, sono da attribuire alla stazione eretta assunta durante il suo processo evolutivo. Evidenzia degli svantaggi nella modifica morfologia del torace, che passa da carenato ad una massima larghezza sagittale, e l’assunzione di curve fisiologiche sul piano sagittale. Da queste osservazioni Klapp ha strutturato protocolli di lavoro perlopiù basati sulla posizione quadrupedica. Il fatto che a più di un secolo di distanza venga ancora ampiamente utilizzato dimostra che la soluzione di Klapp, di portare i movimenti del tronco e del corpo verso la convessità delle curve è stato un notevole passo avanti nell’ambito della ginnastica correttiva.

Klapp ha definito gli otto principi su cui la metodica è basata. I primi 6 principi non sono mai stati oggetti di particolari critiche, sono:

1. La posizione quadrupedica elimina l’effetto della gravità sulla colonna

2. La mobilizzazione laterale della colonna, in posizione quadrupedica, è più facilmente eseguibile

(39)

36

3. Le curve lordotiche della colonna consentono un range di movimento più ampio di quelle cifotiche

4. In quadrupedia la colonna è più mobile per via della decontrazione dei muscoli

5. La posizione quadrupedica favorisce una migliore mobilizzazione della cassa toracica, favorendo i movimenti correttivi e la ridistribuzione degli organi endocavitari

6. Vi è un rapporto tra la flessione laterale e la comparsa della rotazione dei corpi vertebrali che formano l’apice della curva scoliotica. [12]

Detto questo, si può facilmente dedurre l’influenza “negativa”, esercitata dalla gravità durante la stazione eretta, nella libertà di movimento. Le curve lordotiche sono più mobili per l’orientamento delle faccette articolari nel tratto cervicale, nel tratto lombare invece la flesso estensione maggiore rispetto al tratto dorsale sarebbe data dalla mancanza della cassa toracica. Il settimo e l’ottavo principio prendono in considerazione la colonna, sempre in posizione quadrupedica, a seguito di inclinazioni sul piano sagittale.

7. In posizione quadrupedica lordotizzata, esiste un rapporto fisso tra la posizione del tronco rispetto al terreno e l’apice della curva scoliotica

(40)

37

8. In posizione quadrupedica cifotizzata, esiste un rapporto fisso tra la posizione del tronco rispetto al terreno e l’apice della curva scoliotica.

Idealmente i principi sono uguali, ma i rapporti sono invertiti, a uguale movimento corrisponde una mobilizzazione diversa, infatti nella posizione in lordosi nella stazione eretta la mobilizzazione si ha a livello lombare, mentre nella posizione in cifosi la mobilizzazione è a livello dorsale.

(41)

38

Klapp quindi fonda la sua metodica sul concetto che la colonna vertebrale è più mobile dove sono presenti le lordosi fisiologiche e quanto la loro posizione lungo la colonna possa incidere sui range di movimento, portando come esempio la maggiore agilità dei quadrupedi in cui essa è spostata più anteriormente, rispetto a quelli in cui è spostata posteriormente. Seguendo questo principio di mobilità, appare chiaro come la lordosi da un lato possa favorire il trattamento della scoliosi e dall’altro aumentare il suo peggioramento favorendo i movimenti di flessione e torsione. Per quanto riguarda la posizione in cifosi, Klapp afferma che: “la colonna vertebrale effettua una rotazione quando

viene deviata lateralmente. Questa rotazione è diversa secondo il grado di flessione anteriore durante il piegamento laterale”. Quindi avviene una torsione convessa dei

processi spinosi e concava dei corpi vertebrali, se invece la posizione di partenza è in iperestensione del rachide, nella flessione laterale la torsione è concava. In termini pratici, i movimenti laterali in flessione anteriore favorirebbe il miglioramento della torsione-rotazione. Gli stessi movimenti laterali eseguiti in flessione posteriore peggiorerebbero il grado di torsione-rotazione pur riducendo il grado di scoliosi sul piano frontale. [12]

(42)

39

Applicazione pratica del metodo Klapp

A partire dalle posizioni in lordosi ed in cifosi, gli esercizi fondamentali del metodo Klapp si suddividono in andature ed esercizi sul posto. Le andature hanno un alto valore mobilizzante mentre gli esercizi sul posto hanno un effetto di rinforzo, soprattutto se eseguiti mantenendo la posizione corretta e la contrazione isometrica finale. Questi esercizi sono costituiti da movimenti asimmetrici che possono essere eseguiti asimmetricamente o in modo simmetrico. Questi movimenti si dividono in marce crociate per le curve uniche o marce ad ambio per le curve doppie.

(43)

40

Figura 4 Posizioni in cifosi (su) e in lordosi (giù) secondo il metodo Klapp

Le marce

Nell’esercizio della marcia crociata il soggetto porta in avanti l’arto superiore di un lato e il controlaterale inferiore in modo da produrre una convessità verso il lato dell’arto superiore che sta avanzando. La convessità viene accentuata tanto quanto si inclina il capo verso l’arto inferiore che sta avanzando e quanto l’arto inferiore avanza, così da assumere la classica posizione del cane che si morde la coda.

(44)

41

Figura 5 Esempio di deambulazione crociata

Nella figura possiamo vedere un esempio di deambulazione crociata in caso di scoliosi dorsolombare sinistra con avanzamento dell’arto superiore destro e dell’arto inferiore sinistro. Dopo l’esecuzione dell’esercizio, e prima della sua ri-esecuzione, se si ritorna in posizione di partenza facendo avanzare gli arti superiore sinistro e inferiore destro fino a pareggiarli con i controlaterali l’esecuzione sarà asimmetrica. Se invece di pareggiarli vengono portati più avanti, la deambulazione crociata sarà simmetrica.

Nella marcia ad ambio il soggetto porta in avanti gli arti superiore ed inferiore omolaterali, così facendo produce due convessità, una verso l’arto superiore che avanza, l’altra invece è controlaterale all’arto inferiore avanzante. Come nella marcia crociata, la prima convessità è accentuata dall’inclinazione del capo controlateralmente all’arto superiore avanzante, e la seconda convessità è accentuata dall’arto omolaterale inferiore avanzante. Anche nella marcia ad ambio, se dopo l’esecuzione la si ritorna in quadrupedia pareggiando con un avanzamento dei controlaterali l’esercizio sarà asimmetrico. Se invece gli arti

(45)

42

controlaterali superano gli arti che hanno iniziato la marcia allora l’esercizio sarà simmetrico. I movimenti crociati sono utili nella correzione di una scoliosi dorsolombare sinistra, mentre i movimenti ad ambio sono particolarmente efficaci nelle scoliosi dorsale destra e lombare sinistra. È importante sottolineare che Klapp insiste affinché l’arto inferiore non venga mai sollevato da terra al fine di evitare compressioni a livello della colonna lombare.

Considerazioni

Per quanto riguarda la posizione di partenza da cui cominciare, la posizione in lordosi favorisce il lavoro di correzione sul piano frontale, la posizione in cifosi ammorbidirebbe la rotazione. Per quanto riguarda la validità di questo metodo, è considerato efficace in virtù della grande capacità di mobilizzare il rachide, una critica che può riguardarlo invece, è legata alla complessità esecutiva poiché le posizioni in quadrupedia tendono ad avere una forte componente di squilibrio, che se mal gestite da parte del paziente possono stimolare reazioni di equilibrio non desiderate. C’è anche da dire che la quadrupedia ha il grande vantaggio di operare una mobilizzazione intelligente del rachide, fornendo, in base alla posizione assunta, un blocco ben preciso del rachide da non coinvolgere nell’azione correttiva. Una critica che può essere mossa verso questa metodica secondo Pirola è la forte complessità tecnico-addestrativa, in quanto è necessario

(46)

43

disporre di esperti del movimento ben preparati sul piano pedagogico e psicologico per meglio trasmettere la corretta esecuzione degli esercizi nei giovani pazienti.

3.4 Metodo IOP o globale segmentario

Il metodo IOP (Istituto Ortopedico Pini) nasce intorno agli anni cinquanta come perfezionamento delle andature del metodo Klapp. Le deambulazioni sono costituite da movimenti asimmetrici, praticati simmetricamente, la cui funzione principale è di carattere mobilizzante. A differenza del metodo Klapp gli esercizi vengono praticati sempre in totale scarico, ossia con tutti e quattro gli arti in appoggio. È composto principalmente da

(47)

44

andature, marce, scivolamenti, scivolamento-tirata eseguiti a passo incrociato o ad ambio. Essendo un’evoluzione del metodo Klapp la posizione di partenza è quella quadrupedica e i gesti correttivi utilizzano le trazioni degli arti da esso estrapolate. L’originalità del metodo IOP sta essenzialmente nel rifiuto ad utilizzare le posizioni del tronco ,in lordosi ed in cifosi che sono la chiave del metodo Klapp, come mezzo per correggere l’apice del segmento del rachide affetto da scoliosi in favore di una metodica che elimina gli appoggi tri o bipodali che, come detto prima, potrebbero provocare compensi indesiderati a causa della loro natura squilibrante. La soluzione che è stata trovata consiste nel variare l’angolo formato dalla coscia e dal bacino, poiché “tanto più aumenta la vicinanza della coscia

verso il tronco, tanto più saranno bloccate le vertebre

questo è l’espediente che ha consentito di poter lavorare sempre in modo molto specifico sulle vertebre interessate, pur

(48)

45

mantenendo un reale appoggio quadrupedico.

Figura 7 Posizioni equivalenti del metodo IOP

Le figure mostrano le tre posizioni delle cosce in rapporto al tronco. Entrambe sono, come detto prima, le varianti del metodo Klapp, rispettivamente delle posizioni in lordosi ed in cifosi. Si può vedere in base alla posizione il blocco delle vertebre sul rachide, quindi si andrà a intervenire in base a dove è localizzata la curva scoliotica. Risulta ovvio che queste posizioni, così come sono, consentono di intervenire solamente nella zona del rachide

(49)

46

non bloccata. Qualora si volesse intervenire nella zona del rachide bloccata basterà eseguire le trazioni con gli arti inferiori piuttosto che con gli arti superiori. L’azione correttiva avviene perché dal lato dell’arto inferiore che rimane accosciato si ha l’azione di blocco, mentre dal lato dove l’arto inferiore si distende i metameri tendono ad aprirsi a ventaglio verso il lato del blocco. L’effetto aumenta in base a quanto è accosciata la gamba. Quando sia l’arto superiore che l’arto inferiore effettuano la trazione si avrà:

➢ Con la coscia a 90° l’azione prevalente si avrà con l’arto superiore che mobilizzerà i 2/3 superiori della colonna e la gamba traente mobilizzerà il terzo inferiore

➢ Con la coscia a 45° la trazione degli arti superiore ed inferiore sarà equivalente

➢ Con la coscia a 15° l’azione prevalente si avrà con larto inferiore che mobilizzerà i 2/3 inferiori della colonna e l’arto superiore traente mobilizzerà il terzo superiore.

Con il metodo IOP per il problema della derotazione è necessario che la spalla dell’arto traente e il bacino dell’arto traente siano tenute più in alto rispetto alle parti controlaterali. [12] Indispensabile è la posizione dell’arto superiore non traente, in base alla sua posizione si potranno avere diversi risultati nel trattamento della scoliosi. Ad esempio se è in appoggio e abdotto di 90°, flesso al gomito e con il palmo della mano rivolto internamente, farà aderire il profilo scapolare alla gabbia toracica

(50)

47

facilitando la compressione del gibbo ma causando extra rotazione della scapola. Particolare attenzione viene data agli strapiombi, essi generano squilibri, e bisogna rendere prioritario il recupero di una posizione stabile. Per posizione stabile si intende l’atteggiamento del corpo durante la stazione eretta dove i processi spinosi di C7 e S1 vanno a collocarsi sulla stessa perpendicolare che cade nel poligono di sostegno. Gli strapiombi sono vari, ma in linea di massima l’esercizio correttivo non varia molto, solo la direzione degli arti traenti, invece di avanzare in liea retta, vengono addotti o abdotti in modo da influire anche sullo strapiombo. L’esecuzione avviene sempre in posizione quadrupedica e la deambulazione viene preferita solamente in presenza di rigidità in via di stabilizzazione [12].

Figura 8 Posizione quadrupedica di partenza

Nell’intento di dare maggiore trofismo alla muscolatura del rachide, gli autori hanno ritenuto far mantenere la posizione correttiva per circa sette-otto secondi, durante la quale si chiede di sentire la contrazione isometrica della muscolatura paravertebrale. La fase esecutiva deve però non eccedere

(51)

48

nell’ipercorrezione, poiché essa può portare ad una perdita di compattamento delle faccette articolari.

Applicazione pratica del metodo IOP

Come sottolineato più volte il metodo IOP è una semplificazione del Klapp e quindi sono presenti marce e deambulazioni. Gli esempi di esercizi qui proposti prendono in considerazione alcune delle deformazioni scoliotiche più frequenti.

Figura 9 Scoliosi dorsale destra e lombare sinistra: intervento cinesiologico principale sulla scoliosi dorsale

(52)

49

Figura 11 Scoliosi dorsale destra e lombare sinistra: intervento cinesiologico principale sulla scoliosi lombare

Figura 12 Scoliosi lombare sinistra: posizione che corregge prevalentemente la parte alta

(53)

50

Figura 14 Scoliosi lombare sinistra: posizione che corregge prevalentemente la parte bassa

Considerazioni

La pratica del metodo IOP risulta evidentemente più semplice del metodo Klapp, sia dal punto di vista esecutivo visto il lavoro effettuato completamente in scarico, sia dal punto di vista didattico. Per le modifiche agli esercizi in presenza di strapiombi, bisogna sempre avere una valutazione medica che ne identifichi la causa prima della modifica appropriata agli esercizi. La derotazione in questo metodo è affrontata con l’elevazione degli emicorpi traenti. [Pivetta]

3.5 Metodo del muscolo ileopsoas

Non è un vero e proprio metodo, più semplicemente si tratta di sfruttare le capacità di questo muscolo che, per via della sua natura poliarticolare, la notevole forza e dimensioni, può

(54)

51

esercitare una notevole influenza sulla colonna vertebrale nella zona lombare e dorsale terminale. Questo metodo è arrivato in italia intorno agli anni 70 per merito dell’ortopedico russo I. Kon del centro scoliosi di mosca. Questa soluzione è basata sull’esecuzione di semplici esercizi la cui funzione principale è quella di rinforzare appunto il muscolo ileopsoas dalla parte della concavità della curva scoliotica.

Cenni anatomici

Il muscolo ileopsoas è un muscolo poliarticolare composto da due part distinte, il muscolo iliaco e il muscolo psoas. Possiede due capi d’origine e una comune inserzione distale. Il muscolo psoas origina dai margini laterali dei corpi vertebrali di L1, L2, L3, L4, dal margine inferiore del corpo vertebrale di D12, dal margine superiore del corpo vertebrale di L5 e da tutti i processi trasversi delle vertebre lombari. Il muscolo iliaco origina dai due terzi superiori della fossa iliaca e, medialmente dalle spine iliache anteriori superiori (SIAS) e inferiore (SIAI). [10] L’inserzione distale termina con un tendine nella regione postero mediale del grande trocantere. Funzionalmente bisogna aggiungere che, se si pone come punto fisso la colonna ed il bacino, il lavoro del muscolo ileopsoas, provoca inizialmente una rotazione esterna del femore, poi un’adduzione e successivamente flessione dell’anca. Se invece il punto fisso è il femore, nel caso di lavoro unilaterale, flessione anteriore e inclinazione laterale del tronco e, secondo alcuni autori anche una rotazione controlaterale dei

(55)

52

corpi vertebrali. Nel lavoro simultaneo invece genera flessione ventrale del tronco e tendenza all’antiversione. A. A. Michele, ortopedico statunitense, afferma che tanto maggiore è la forza che il muscolo ileopsoas deve generare per sollevare unilateralmente l’anca, tanto maggiore sarà la mobilità del rachide a livello lombare e quindi sarà più facile provocare deviazione sul piano frontale della colonna verso il lato della contrazione muscolare. Per quanto concerne la rotazione del rachide lombare, le inserzioni dello psoas iliaco sulle apofisi trasverse delle vertebre sollecitano una rotazione controlaterale, ma le inserzioni somatiche hanno azione omolaterale, pertanto queste due componenti di segno opposto tendono ad annullarsi. Grazie ad un controllo del medico specialista è possibile individuare dove presente l’ileopsoas accorciato, ad esempio una contrattura dell’anca in flessione può essere mascherata da una iperlordosi lombare compensatoria che portando in antiversione il bacino mostra un’apparente aumento dell’ampiezza dei movimenti sul piano sagittale. Si può anche verificare la tensione muscolare valutando il segno di Thomas. Questo tipo di trattamento, per i motivi sopra citati, meglio si presta per le scoliosi lombari o dorsolombari basse con l’utilizzo di contrazioni concentriche isometriche del muscolo posto al lato della concavità della curva. Valutando il lavoro del muscolo ileopsoas del lato concavo della curva scoliotica C. Vaysse è giunto a delle conclusioni: l’azione concentrica isometrica del muscolo dal lato concavo è ottimale nelle posizioni di decubito

(56)

53

supino ad arti inferiori flessi e bacino del lato convesso bloccato. Il lavoro dello psoas del lato concavo non produce né rotazione né derotazione. La valutazione della rotazione è migliore se fatta esaminando il peduncolo convesso piuttosto che il processo spinoso. [12] Inizialmente la durata dello stiramento dovrebbe essere di circa venti secondi e arrivare circa quarantacinque e, se possibile, fino a sessanta.

Esercizi

Gli esercizi di allungamento dell’ileopsoas non sono moltissimi, qui verranno elencati alcuni degli esercizi più comuni per aumentare il trofismo dell’ileopsoas, risultato all’esame di valutazione, più debole o di allungamento dell’ileopsoas più forte.

(57)

54

In figura 13 si vede un esempio di esercizio di allungamento, si può osservare come il soggetto in posizione prona esegua una contrazione eccentrica in posizione di allungamento con l’arto inferiore della convessità.

Figura 16 Contrazione del muscolo ileopsoas di sinistra

In figura 14 si può vedere un esercizio di contrazione isometrica del muscolo ileopsoas di sinistra. In posizione supina e col dorso del piede del lato concavo inserito sotto un piolo della spalliera si chiede al soggetto di effettuare una trazione come se volesse strappare il piolo dalla spalliera.

Considerazioni

L’importanza del muscolo ileopsoas è ormai riconosciuta, al punto che alcuni studiosi lo hanno identificato come primo

(58)

55

motore nelle deviazioni scoliotiche che presentano interessamento lombare e dorsolombare.

3.6 Metodo Mézières

Francois Mézières era una fisioterapista francese autrice dell’omonimo metodo intorno agli anni cinquanta. Mézières spiega che il suo metodo consiste nell’allungare ed elasticizzare la muscolatura posteriore e le catene muscolari posteriori. Le basi della metodica della scuola francese possono essere riassunte con un decalogo:

1) critica alle teorie tradizionali 2) importanza dell’esperienza

3) esistenza di una catena posteriore

4) rilevanza dell’espirazione durante i movimenti correttivi 5) ricerca e correzione delle compensazioni

6) eliminazione dei riflessi antalgici a priori 7) esistenza di due blocchi muscolari 8) tensione alla morfologia perfetta

9) contestazione della definizione del metodo globale 10) lavoro individuale e necessariamente assistito

Critica alle teorie tradizionali: l’equilibrio è garantito dalla

(59)

56

Secondo Mézières la muscolatura spinale è la più forte ed è la causa dei compensi ai vari livelli della colonna. Inoltre non sarebbe la gravità a comprimere le vertebre, ma la contrazione muscolare. A questo proposito, fa riflettere sulla classica posizione assunta durante l’esame cinesiologico per la verifica della scoliosi, questo movimento causa squilibrio spostando il bacino indietro. Le critiche di Mézières sulla cinesiterapia fanno riferimento principalmente a: l’utilizzo di iperestensioni del rachide, l’utilizzo di esercizi asimmetrici eseguiti perpendicolarmente al rachide e l’esecuzione segmentaria degli esercizi senza tener conto delle compensazioni che possono avvenire agli altri livelli.

L’importanza dell’esperienza: è alla base del metodo Mézières

e del suo progresso, è stato costruito in modo empirico e perfezionato con l’osservazione diretta. “Si può osservare male: un fenomeno successo per caso può dare origine ad una terapia mal fatta, ma se il fenomeno si ripete sempre, l’osservazione può considerarsi corretta”

Catene muscolari e lordosi: Mézières per catena muscolare

intende un sistema di muscoli mono-poliarticolari embricati fra di loro per cui il movimento di uno o più muscoli influenza anche gli altri. Dalla nuca al sacro, dal sacro agli arti inferiori, sotto la pianta del piede e risalendo anteriormente fino al ginocchio, esiste un embricarsi di muscoli che costituiscono un lungo complesso muscolare scarsamente elastico a cui Mézières dà il nome di catena muscolare posteriore. Questa catena lavora a livello

(60)

57

globale, di conseguenza se si ha un accorciamento esso trascina tutto il resto della catena muscolare, può però anche avvenire il contrario, e queste reciproche influenze avvengono a tutti i livelli della catena. Esiste inoltre una catena anteriore del collo composta dai muscoli: lungo della testa, lungo del collo, retto anteriore della testa, che insieme ai muscoli retti addominali e la parte sottombelicale del trasverso sono gli unici veri antagonisti della catena posteriore. Esisterebbero poi altre due catene; una catena anteriore interna composta da ileopsoas e diaframma e una catena anteriore brachiale. Per quanto concerne la scoliosi Mézières sostiene che la lordosi è all’origine della scoliosi in quanto è il primo passo per le deviazioni laterali e per le rotazioni, che sono le vocazioni dei muscoli della catena cinetica posteriore.

Ruolo della respirazione: Mézières privilegia molto una corretta

respirazione nei suoi trattamenti, in particolare l’espirazione. Nell’inspirazione forzata si ha un aumento dei tre diametri toracici come conseguenza dell’elevazione dello sterno e l’abbassamento del centro frenico. Nell’espirazione forzata invece è prevalente l’azione del trasverso dell’addome che comprime i visceri addominali e favorisce la risalita del diaframma.

Compensazioni: le catene muscolari, ma anche i legamenti,

tessuti molli, organi, pelle ecc. hanno numerosi collegamenti. Per cui ogni trazione, pressione, flessione ha una ripercussione in altri distretti più o meno lontani. Quindi è importante durante

(61)

58

l’esecuzione di atti correttivi una costante ricerca di possibili compensi che possono aggravare gli aspetti della patologia in trattamento. Il compito del terapista sarà quello di impedire appunto un aggravamento, e nel caso della scoliosi, valutare se i compensi si siano trasmessi agli arti inferiori

Riflesso antalgico a priori: il riflesso antalgico a posteriori è

definibile come qualsiasi movimento istintivo di reazione ad un pericolo presunto. Si tratta di un riflesso esterocettivo. Il riflesso antalgico a priori invece è all’origine di una patologia e determina spesso uno o più meccanismi di compenso che rendono difficile il riconoscimento della prima causa. Mézières sostiene che i riflessi antalgici spesso nascondono rigidità, anchilosi, lassità legamentosa che non sono mai stati presi in considerazione e che col passare del tempo si aggravano. “Sono meccanismi di

autodifesa contro un dolore nascosto”, quando i meccanismi di

difesa cercano di prevenire il disordine aumentando il comfort, tendono a potenziare la resistenza al dolore ai danni del movimento con la comparsa di schemi motori anomali, e, se questi schemi anomali perdurano vengono interiorizzati. Lo scopo del metodo Mézières è individuare l’origine del dolore e curarlo rimuovendo le cause alla base della sua genesi.

Blocchi: durante la sua esperienza Mézières ha scoperto

l’esistenza di due blocchi muscolari, uno superiore ed uno inferiore. Il primo si estenderebbe dall’occipite a D7, l’altro da D7 alla pianta del piede. Dal punto di vista scheletrico, il blocco superiore comprende, il capo, la colonna da C1 a D7, il cingolo

Riferimenti

Documenti correlati

Anche Vincenzo, un bambino di 5 anni, ha una diagnosi di sindrome di DiGeorge, e anche lui ha iniziato a presen- tare una scoliosi molto precoce, all’età di soli 4 anni. A dif-

Se consideriamo un angolo di Cobb di almeno 10°, attraverso studi epidemiologici possiamo valutare che l'1-3% della popolazione a rischio (bambini e adolescenti

Da qualche anno, accanto a filoni più canonici della ricerca accademi- ca, ho avviato così uno studio sulla storia dell’alpinismo, o forse sarebbe meglio dire degli alpinisti,

National Research Nuclear University ‘Moscow Engineering Physics Institute’ (MEPhI), Moscow, Russia.. Lebedev Physical Institute,

In a previous work [5] we have proposed a method to perform the analysis of the data leading to the identification of the optimal orientation for the laboratory reference frame,

Forse l’oscenità dell’hard-core e dello snuff risiede proprio nel tentativo di rompere il confine tra reale e finzione, mettendo in scena uno dei momenti in cui il cinema

La sera prima dell'intervento l'anestesista esamina tutta la documentazione del paziente è stabilisce la

We observe an anisotropy to appear in the potential: it gets steeper in the directions transverse to the magnetic field than in the longitudinal one.. By comparing to the case with