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L'informativa in bilancio sulle parti correlate, profili contabili e giuridici. Il caso Delta Bevande s.r.l.

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INDICE

INTRODUZIONE ...5

CAPITOLO PRIMO IL PROCESSO DI AGGREGAZIONE AZIENDALE 1.1- Il fenomeno aggregativo e le ragioni delle relazioni fra aziende ...7

1.2– Lo sviluppo aziendale ...8

1.3 – Lo sviluppo aziendale interno ...9

1.4 – Lo sviluppo aziendale esterno ... 11

1.5- Accordi informali ... 11

1.6 – Accordi formali su base contrattuale ... 12

1.7 – Accordi formali su base proprietaria ... 14

1.7.1 – L’operazione di fusione ... 15

1.7.2 – L’acquisizione di partecipazioni. ... 16

1.7.3 – L’integrazione fra aziende, in particolare le reti di imprese ... 20

1.7.3.1 – Le conseguenze dei legami reticolari sull’azienda... 24

1.7.3.2 – La gestione della rete di relazioni ... 28

1.7.4 - Le joint ventures ... 30 1.8 – I gruppi aziendali ... 33 1.9 - Le parti correlate ... 38 CAPITOLO SECONDO LA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA 2.1 – I gruppi ex articolo 2359 cc. ... 41

2.1.1 – Il concetto di influenza dominante ... 43

2.1.1.1 - Il controllo di diritto ... 46

2.1.1.2 – Il controllo di fatto... 47

2.1.1.3 – Il controllo contrattuale ... 48

2.1.2 – Il concetto di influenza notevole ... 53

2.1.2.1 – Il collegamento ... 53

2.2. – Il Bilancio consolidato ... 55

2.2.1- Disciplina giuridica per la redazione del bilancio consolidato ... 58

2.2.2 – I presupposti per la redazione del bilancio consolidato e l’area di consolidamento ... 65

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2.3 – La disciplina giuridica delle parti correlate ... 74

2.3.1 – Le aziende correlate – Società non quotate ... 76

2.3.1.1 – La nozione di parte correlata ... 77

2.3.1.2 – Le operazioni con le parti correlate ... 80

2.3.1.3 – Trattamento delle parti correlate in nota integrativa ex. Art 2427 cc. . 81

2.3.2 – Le aziende correlate – Società quotate ... 87

2.3.2.1 – Le operazioni in conflitto di interesse degli amministratori ... 89

2.3.2.2 – Le operazioni con gli azionisti di controllo ... 92

2.3.2.3 – Art. 2391 bis c.c. ... 92

2.3.3 – Le operazioni con parti correlate negli ordinamenti giuridici internazionali: un confronto ... 96

CAPITOLO TERZO PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI ED INTERNAZIONALI 3.1 – I principi contabili nazionali ... 99

3.2 – I principi contabili internazionali ... 104

3.3 – Convergenza fra principi contabili nazionali ed internazionali ... 110

3.4 – Dallo IAS 22 allo IFRS 3 – Le operazioni di aggregazione aziendale ... 112

3.5 – IAS 24 – Le operazioni con parti correlate ... 117

3.6 – IAS 27 – Bilancio consolidato e Bilancio separato della capogruppo ... 124

3.7 – IAS 28 – Investimenti in società collegate ... 129

3.8 – IAS 31 – Partecipazioni in joint venture ... 134

CAPITOLO QUARTO IL CASO DELTA BEVANDE S.R.L. 4.1 – Presentazione dell’azienda ... 141

4.2 – La nascita delle società controllate ... 143

4.2.1 – Horeca Diffusion srl ... 145

4.2.3 – Horeca Diffusion Lunezia srl ... 147

4.4 – Il trattamento in bilancio delle operazioni con parti correlate e la valutazione delle partecipazioni. ... 148

4.4.- Conclusioni ... 156

BIBLIOGRAFIA... 159

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INTRODUZIONE

Lo scopo che questo lavoro si propone di raggiungere è quello di effettuare un esame preciso sulla disciplina delle parti correlate e delle operazioni ad esse connesse, cercando di dare una spiegazione rispetto alle motivazioni economiche, giuridiche e contabili che spingono l’azienda ad operare con tali entità così vicine ad essa.

Il percorso logico seguito parte da un capitolo introduttivo dedicato alla spiegazione dei fenomeni di aggregazione aziendale, visti come strumenti essenziali per raggiungere obiettivi di sviluppo e di crescita nel medio – lungo periodo.

Il secondo capitolo è stato riservato alla trattazione del fenomeno dal punto di vista giuridico, in quanto il nostro ordinamento offre una disciplina piuttosto scarna rispetto all’argomento in oggetto, perciò è stato necessario fare un’analisi esaminando le fonti di cui disponiamo, combinandole assieme alla disciplina internazionale di riferimento.

E’ proprio a questo proposito che è stato deciso di dedicare il terzo capitolo ad una panoramica sulle operazioni di aggregazione aziendale dal punto di vista del trattamento ad esse riservato dai principi contabili internazionali, all’interno dei quali è possibile trovare sia la nozione di entità correlata, sia quella di operazione con parte correlate.

Infine, a corollario di quanto esposto nei primi tre capitoli teorici, il quarto ed ultimo capitolo è stato riservato all’esame di un caso pratico di azienda che intrattiene rapporti continuativi con le parti a lei correlate.

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CAPITOLO PRIMO

IL PROCESSO DI AGGREGAZIONE AZIENDALE

1.1- Il fenomeno aggregativo e le ragioni delle relazioni fra aziende.

Per fenomeni aggregativi aziendali si intendono quelle unioni di imprese che hanno carattere duraturo e strettamente economico1. La formazione degli aggregati aziendali può essere ricondotta essenzialmente a due scopi: una finalità esterna, consistente nel dominio o nel controllo di un mercato più o meno vasto e ad una finalità interna, consistente nel razionalizzare l’ordinamento e la gestione dell’impresa, in modo da poterne così accrescere la produttività2. L’azienda, in linea generale, è sempre alla ricerca di migliori condizioni operative al fine di promuovere i fattori di sviluppo ed arrestare le forze negative, ovvero, in altri termini, allo scopo di raggiungere il proprio equilibrio economico3. In tale prospettiva essa ricerca, attraverso la relazione con altre unità economiche, combinazioni più efficaci ed efficienti rispetto a quelle che potrebbe mettere in atto isolandosi4.

E’ possibile distinguere tre ordini di aggregazioni aziendali: in primo luogo le aggregazioni informali, ossia quelle che si costituiscono senza strutture convenzionali, ma in base a collegamenti di natura precaria (collegamenti su base produttiva e finanziaria, collegamenti su base personale, gentlemen’s agreements). In secondo luogo, le aggregazioni aziendali su base contrattuale, le quali si creano a seguito di un accordo formale che lega fra di loro le aziende per una collaborazione economica più o meno continuativa al fine di attuare comuni politiche di gestione per lo svolgimento congiunto

1

Si intende il rapporto fra costi e ricavi; il problema dell’economicità può essere interpretato sia a livello generale che a livello particolare. Per approfondimenti si veda CORTICELLI R. – L’azienda: economia e socialità, Rivista italiana di ragioneria ed economia aziendale, n.1-2 1995

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CASSANDRO P.- I gruppi aziendali, Bari 1954 3

Citando Corticelli “L’azienda per svolgere nel tempo la propria funzione produttiva, deve raggiungere e mantenere un adeguato rapporto tra i costi a cui si espone nel reperire i fattori, combinarli fra loro, svolgere il processo di lavorazione, e i ricavi conseguibili mediante l’offerta sul mercato dei beni ottenuti, in senso lato, del servizio che essa è in grado di rendere. L’equilibrio durevole tra i costi e i ricavi, in generale, tra le remunerazioni dati ai portatori di fattori della produzione e quelle ricevute dal mercato in connessione alla funzione in esso svolta, permette di mantenere una continuità di convenienza all’impiego di capitali ed energie di lavoro nell’ambito aziendale, dà infatti la possibilità di un opportuno rinnovo degli investimenti nel tempo ne offre i motivi, in altre parole, ne consente la continuità di vita nel sistema produttivo” CORTICELLI R. – La crescita dell’azienda, ,Giuffrè, Milano 1979

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di tutta l’attività aziendale o parte di essa5 ( contratti di affitto di aziende, contratti di dominio, associazioni in partecipazione, ring pool, cartelli, consorzi, unioni volontarie e gruppi di acquisto, contratti di franchising). Ed infine le aggregazioni aziendali su base patrimoniale, ovvero quelle fondate su partecipazioni di controllo al capitale delle aziende, in cui la coesione fra le imprese è massima poiché non si hanno semplici rapporti di collaborazione, ma bensì l’integrale congiunzione delle combinazioni produttive, rafforzata dal fatto che l’anello di collegamento è sempre la partecipazione al patrimonio (fusione propria, fusione per incorporazione, acquisto di partecipazioni, gruppi societari, relazioni interaziendali).

E’ possibile affermare che l’unione di imprese ha come finalità dichiarata quella di ridurre la concorrenza e di potenziare l’efficienza economica, perseguendo l’intento di migliorare la capacità funzionale delle imprese raggruppate.

La concentrazione, in sintesi, è uno strumento che garantisce, in determinate circostanze, le dimensioni e le strutture più convenienti nelle combinazioni economiche di impresa nel medio - lungo periodo, proprio al fine di perseguire una maggiore economicità in termini di costi, di ricavi e di rischio di impresa6.

1.2– Lo sviluppo aziendale

Le problematiche connesse alla dimensione e allo sviluppo dell’impresa, hanno da sempre suscitato un interesse di primo piano negli studi economico-aziendali.

Lo sviluppo d’azienda è percepibile sia guardando a parametri di natura quantitativa, sia osservando parametri di natura qualitativa. Spesso però, la disciplina economico-aziendale, è solita porre maggiore attenzione sui primi indicatori; in effetti quando si parla di sviluppo dell’ azienda, si pensa in prima battuta all’aumento delle sue dimensioni.

Il fenomeno dello sviluppo può essere interpretato come “un processo di crescita dell’azienda realizzabile mediante la valorizzazione delle potenzialità insite nel sistema produttivo, ovvero mediante la ricerca di nuove potenzialità esterne7”.

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I legami che si instaurano tra le aziende, come sottolinea Passaponti, hanno natura volontaria, e “dato il tipo di rapporto è necessario che ogni volta vengano precisati natura, estensione e profondità dei vincoli che ciascuna parte aderente si assume.” PASSAPONTI, Politiche di aggregazione aziendale op.cit. pag.71

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AZZINI L.– I gruppi, lineamenti economico aziendali, Giuffrè, Milano 1968 7

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In questa trattazione, andremo ad analizzare la possibilità dell’azienda di perseguire lo sviluppo servendosi di quelle alternative che esulano da un miglioramento squisitamente dimensionale.

Infatti l’azienda può scegliere di concentrarsi su uno sviluppo interno, da attuarsi per mezzo di investimenti in fattori a fecondità semplice o ripetuta, quindi attraverso la costruzione di nuovi impianti, o con l’ampliamento di quelli già esistenti, facendo ricorso al capitale di credito o tramite l’autofinanziamento; oppure può scegliere di dedicarsi ad uno sviluppo esterno, attraverso l’acquisizione, in varie forme, di aziende già esistenti. Tuttavia, è possibile delineare un’ipotesi alternativa di sviluppo che si fonda principalmente su accordi di ordine interorganizzativo; questa è un’ipotesi che pur essendo connessa alla fattispecie di sviluppo esterno, è distinta rispetto alle acquisizioni.

Nei prossimi sottoparagrafi andremo ad analizzare nello specifico le tipologie di sviluppo che l’azienda può essere in grado di perseguire.

1.3 – Lo sviluppo aziendale interno

Lo sviluppo aziendale interno, si fonda principalmente sullo sfruttamento delle risorse materiali, immateriali e finanziarie di cui l’azienda dispone8. Nella maggior parte dei casi, questo comporta l’ampliamento delle strutture produttive, organizzative e distributive dell’impresa che vuole ampliare e potenziare la propria forza.

Si può affermare che la via interna, dato che consente una crescita per lo più graduale, è una prima, e forse la più comune, modalità di sviluppo aziendale poiché squisitamente collegata alle risorse effettivamente disponibili e connesse all’azienda in oggetto.

Questa modalità di sviluppo si attua, nella maggior parte dei casi, tramite strategie di penetrazione e di entrata in nuovi mercati. E’ doveroso mettere in evidenza che i tempi di attuazione dello sviluppo interno sono piuttosto lenti proprio a causa dell’impiego di strategie di sviluppo che sono connesse all’allontanamento delle combinazioni di prodotto-mercato.

Tuttavia, questo genere di sviluppo, porta senz’altro ad alcuni vantaggi percepibili soprattutto nel lungo termine poiché dà luogo, in prima istanza, ad un vantaggio competitivo stabile, ed in secondo luogo, proprio questa lentezza di processo,

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che a prima vista potrebbe sembrare un ostacolo, permette di coordinare il processo di apprendimento che si evolve e cresce all’interno9 dell’azienda, anche in funzione dei continui cambiamenti del contesto ambientale. La crescita interna, inoltre, sicuramente favorisce anche un maggior coinvolgimento dell’organizzazione; per l’azienda è, infatti, molto importante riuscire a coniugare i propri obiettivi di innovazione con gli obiettivi di efficienza.

Per quanto riguarda l’organizzazione dell’impresa, in molti casi ricopre larga importanza la possibilità di sfruttare l’esperienza e soprattutto la competenza accumulata dall’impresa antecedentemente alla decisione di intraprendere una strada di crescita e sviluppo, portando perciò ad un abbattimento dei costi unitari che altrimenti l’azienda avrebbe dovuto sostenere per dotarsi di tali competenze nelle diverse aree dell’organizzazione.

Da questo punto di vista, è il caso di sottolineare come uno dei più visibili vantaggi è proprio la trasferibilità di alcune delle risorse immateriali (dipendenti, management, know-how) che potrebbero contribuire allo sviluppo dell’area strategica di affari soggetta agli obiettivi di crescita dall’interno. Alla luce di questa ulteriore possibilità, è necessario porre un accento sul fatto che quando un’azienda vuole cercare di utilizzare pienamente una risorsa deve, al fine di poter conciliare efficacia ed efficienza, sicuramente optare per una strategia di sviluppo interna, sebbene possa presentare alcuni limiti non trascurabili.

In primo luogo si può osservare, come già anticipato in precedenza, che il problema temporale può essere un forte ostacolo al perseguimento dell’obiettivo nel breve periodo, soprattutto se l’azienda ha la necessità di raggiungere lo scopo per poter conseguire al più presto un vantaggio competitivo.

In seconda battuta, la dottrina segnala che potrebbero presentarsi problemi di ordine organizzativo rispetto alle mansioni svolte dai quadri direttivi o dal management, in quanto se da un lato sono in grado di apportare un valore aggiunto per lo sviluppo interno, dall’altro lato potrebbero trovarsi a dover trascurare l’area aziendale attraverso la quale contribuiscono alla crescita generale dell’azienda.

L’ultimo ordine di problemi è legato agli ingenti costi che spesso l’azienda è costretta a sostenere in ragione di una crescita interna e che talvolta sono inadeguati

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Citando Risaliti, “ si osserva, inoltre, che con lo sviluppo dall’interno l’azienda è in grado di scegliere la tecnologia più recente , nonché la migliore localizzazione dell’unità produttiva, mentre con la crescita esterna deve necessariamente confrontarsi con le tecnologie già in uso con le aziende acquisite e con le loro abituali localizzazioni.” Op. cit. RISALITI G., Partecipazioni e sviluppo aziendale, pag.113

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rispetto agli ambiziosi obiettivi che essa vorrebbe raggiungere. Proprio questa antieconomicità, può portare il management ad optare per l’altro tipo di sviluppo, ovvero quello esterno, al quale dedicheremo la nostra trattazione nei paragrafi successivi.

1.4 – Lo sviluppo aziendale esterno

La crescita esterna si caratterizza principalmente per l’impiego di risorse, già formate e disponibili all’esterno dell’azienda e che possono ottenersi principalmente tramite fusioni ed acquisizioni. In una realtà economica moderna, orientata verso la globalizzazione e la competitività, l’obiettivo della crescita viene perseguito, spesso, tramite le così dette operazioni di Merger&Acquisition10 fra le quali si annoverano, le acquisizioni e le cessioni di aziende o rami di azienda, le fusioni, le scissioni.

Tali operazioni consentono all’azienda in crescita di conseguire il suo obiettivo acquisendo quote di mercato e posizioni di leadership in tempi decisamente più rapidi rispetto ai metodi di sviluppo interno dei quali abbiamo ampiamente trattato nel paragrafo precedente.

Nella sostanza, queste operazioni, si caratterizzano per il fatto che comportano una vera e propria modifica nell’assetto proprietario originario dell’azienda interessata.

Nei prossimi paragrafi andremo ad analizzare più da vicino le possibilità che l’azienda ha di accentuare il proprio sviluppo, attraverso gli accordi di cui abbiamo fatto cenno nel primo paragrafo, e attraverso quel novero di operazioni che consentono l’ingrandimento e una maggiore economicità.

1.5 - Accordi informali

In linea generale, “gli accordi fra aziende comprendono quella vastissima gamma di intese, formalizzate contrattualmente o informali, in base alle quali due o più imprese convengono di stabilire fra loro relazioni di una certa durata temporale che implicano per ognuna una serie di obblighi di comportamento”11.

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Le operazioni di M&A consistono in attività ed operazioni, per lo più di natura straordinaria, quali acquisizioni di aziende o rami di aziende, acquisizioni di partecioazioni di controllo, fusioni finalizzate allo sviluppo e alla riorganizzazione di aziende e società. PODDIGHE F. – Manuale di Tecnica

professionale, Cedam, Padova 2008, pag.224

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La suddetta definizione pone il suo accento sul fatto che gli accordi fra aziende possono assumere forme molto diverse, includendo una varietà di situazioni molto similari dal punto di vista dei connotati inerenti alla forma, al tempo e ai contenuti specifici.

Ma torniamo a sottolineare quali sono i presupposti imprescindibili che devono verificarsi per essere in presenza della suddetta fattispecie: in primo luogo l’esistenza di una pluralità di aziende indipendenti, aventi perciò una propria autonomia patrimoniale ed economica, in secondo luogo l’oggetto dell’accordo deve consistere nell’esigenza di collaborare ad una certa attività di comune interesse alle parti dell’accordo, ed infine un ulteriore presupposto che deve essere necessariamente presente quando parliamo di accordo è la volontà, l’intenzione delle parti nel realizzare la loro relazione.

Per accordi informali, si intendono tutti quegli accordi che nascono senza strutture convenzionali, ma che traggono la loro origine da legami di natura produttiva o finanziaria. In questa categoria possiamo includere i casi in cui i rapporti fra più aziende sorgono in seguito a processi di decentramento produttivo di un’azienda di grandi dimensioni, oppure in relazione ad operazioni di finanziamento di entità rilevante; in questo caso l’eventuale esistenza di un legame contrattuale è finalizzata a regolare un rapporto di scambio di natura produttiva o finanziaria.

Inoltre possono nascere accordi informali, in ragione di un legame di natura personale fra i soggetti che gestiscono le diverse realtà aziendali coinvolte, come amministratori, soci appartenenti alla stessa famiglia, e consigli di amministrazione incrociati come per esempio i city communers interests e i gentlemen’s agreement.

Tuttavia, le forme di accordo maggiormente diffuse non sono quelle informali, ma quelle formali, sia su base contrattuale che su base proprietaria, di cui andremo a parlare più ampiamente nei paragrafi successivi.

1.6 – Accordi formali su base contrattuale

Come già detto nel precedente paragrafo, ci sono degli elementi imprescindibili, in assenza dei quali non è possibile parlare di accordo in generale.

Nel caso degli accordi formali di origine contrattuale le associazioni tra aziende sorgono all’interno di un deliberato schema contrattuale che disciplina tra le parti anche le implicazioni giuridiche, come ad esempio, le associazioni in partecipazione, i cartelli, i consorzi, le unioni volontarie, i gruppi d’acquisto, i franchising, le joint ventures contrattuali.

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E’ possibile a questo punto della discussione, al fine di analizzare e comprendere l’articolata realtà delle relazioni fra imprese, statuire quali siano i criteri che permettono di individuare le varie tipologie di accordi:

1- il grado di formalizzazione dell’accordo : sta ad indicare l’esistenza o meno di vincoli contrattuali o patrimoniali che rendono più o meno stabile nel tempo e più o meno forte e visibile la coesione fra le parti che hanno instaurato il rapporto.

In base all’esistenza di tali vincoli, possiamo distinguere l’esistenza di accordi formali ed informali. I primi si attuano attraverso relazioni che possono essere di origine patrimoniale o di origine contrattuale.

2- la durata temporale dell’accordo: si fa riferimento all’esistenza o meno della prospettiva di continuità operativa su cui si fondano le attese di operatività futura dei diversi attori, e non alla durata effettiva della relazione, la quale può dipendere da circostanze diverse che possono portare alla fine del rapporto. 3- il contenuto specifico dell’accordo: per distinguere gli accordi in base al loro

contenuto specifico delle attività condivise, risulta utile riferirsi al modello della catena del valore12, il quale permette da una parte di scendere nel dettaglio della specifica attività condivisa, e dall’altra di mettere in evidenza come gli accordi si traducano nella condivisione delle catene del valore dei vari soggetti coinvolti. Tutto ciò può essere tradotto, al fine di raggiungere una maggiore analiticità nell’accordo, tramite la distinzione di tre diverse attività: attività di supporto per lo sviluppo della tecnologia, attività operative relative alla produzione e

logistiche ed attività connesse con il marketing, le vendite ed i servizi.

4- la natura delle attività condivise: un altro modo per distinguere gli accordi fra diverse aziende, è la considerazione dell’oggetto dell’attività e quindi la natura delle attività condivise. Infatti gli accordi vengono utilizzati come un modo per gestire e coordinare attività diverse facenti capo a soggetti autonomi.

5- il grado di dominanza: il concetto di dominanza si riferisce al genere di dipendenza che si crea nella relazione tra due o più aziende nell’ambito dei processi decisionali e strategici. Questo esprime il ruolo e le responsabilità

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La catena del valore visualizza il valore totale e comprende due elementi: le attività generatrici di valore e il margine. Le attività generatrici di valore sono le attività fisicamente e tecnologicamente distinte che un’azienda svolge, il margine, invece, è la differenza fra il valore totale ed il costo complessivo per eseguire le attività generatrici di valore. PORTER M. – Il vantaggio competitivo, Einaudi, Torino, 2004, cit. pag.48

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attribuite e assunte dalle singole aziende, in altre parole ‘(…) il modo con cui si distribuisce il potere decisionale ed organizzativo fra le imprese partecipanti all’accordo’13.

6- il livello di coordinamento: il grado di coordinamento riflette la modalità secondo la quale viene programmata e regolata l’interdipendenza che esiste fra le singole unità che compongono l’aggregato. Tali modalità possono essere definite contrattualmente oppure in via informale, l’unico vincolo al quale sono sottoposte è la funzionalità e la specificità rispetto alle caratteristiche dell’accordo e alle finalità del partner.

Questi parametri sono volti ad indicare e ad individuare i rapporti che intercorrono fra due o più aziende, e a stabilire quale sia la forza dell’ accordo che le lega.

1.7 – Accordi formali su base proprietaria

Nel caso degli accordi formali di origine patrimoniale, il legame fra le aziende è rappresentato da partecipazioni al capitale che provino l’esistenza di elementi di raccordo durevoli. Si tratta quindi di partecipazioni di controllo o di comando14e non di investimenti a carattere contingente e lucrativo. In questa fattispecie troviamo: le fusioni, gli acquisti di partecipazioni, le reti di imprese, le joint ventures su base patrimoniale, i gruppi di imprese.

E’ bene a questo punto porre un accento sul fatto che i legami contrattuali e patrimoniali danno luogo a connessioni di natura diversa. Di norma, gli accordi formali su base patrimoniale hanno un contenuto più intenso rispetto a quelli su base contrattuale poiché come nel caso dei gruppi, il legame è praticamente permanente senza termini di scadenza e riguarda l’intera attività aziendale in ogni sua sfera.

Alla luce di quanto finora analizzato, è necessario evidenziare che alcuni studiosi operano una diversa classificazione dei suddetti accordi, ovvero facendo una distinzione sul fatto che l’accordo abbia avuto origine dall’acquisto di partecipazioni oppure no, classificando così equity agreements e non equity agreements.

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COMUZZI – Misurazione della performance, cit pag. 13 14

Le partecipazioni si considerano di controllo o di comando quando permettono di influenzare la gestione dell’azienda partecipata e di determinare le scelte di fondo. In particolare si parla di controllo nel caso di proprietà di tutto il pacchetto azionario o della maggioranza assoluta delle azioni. Mentre la partecipazione di controllo indica la maggioranza di fatto nelle assemblee, indipendentemente dal controllo totalitario o maggioritario del capitale. PASSAPONTI – Aggregazioni cit. pag.57-59

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15 1.7.1 – L’operazione di fusione

La fusione societaria, è l’istituto giuridico mediante il quale due o più soggetti decidono di unirsi in un’unica compagine, preesistente o di nuova costituzione.

Attraverso questa operazione, si realizza quindi una forma di aggregazione aziendale che si attua tramite la concentrazione di più imprese, le quali possono unirsi in un’unica compagine sociale già esistente o costituita ex-novo.

Citando Amaduzzi “(…) la fusione è in ordine genetico, il limite massimo, a cui la forza avvincente le imprese possa giungere, l’ultima espressione della concentrazione aziendale15.”

Mediante l’operazione di fusione si realizza una vera e propria crescita aziendale esterna. Infatti, attraverso questo strumento l’azienda ha la possibilità di raggiungere un maggiore livello di efficienza, proprio in ragione del fatto che ha la possibilità di ripartire i costi su livelli di produzione più elevati. In altri termini, da un profilo economico aziendale, attraverso questo istituto, le aziende sono in grado di realizzare economie di scala più o meno consistenti, che possono interessare l’area tecnico-produttiva, quella amministrativa, e quella commerciale.

L’operazione di fusione si distingue dalle altre tipologie di operazioni straordinarie poiché persegue l’integrazione fra più aziende e più compagini sociali e nessun soggetto viene perciò estromesso.

Tale obiettivo può essere attuato tramite una delle due fattispecie che il nostro ordinamento giuridico disciplina: la fusione per incorporazione e la fusione propria (o propriamente detta).

La fusione per incorporazione, la modalità maggiormente utilizzata, si attua attraverso l’assorbimento di un’impresa, detta incorporata, da parte di un’altra impresa, detta incorporante, la quale sopravvive all’operazione di fusione, mentre la prima impresa cessa di esistere. In altri termini, l’azienda che viene incorporata perde la sua identità a tutti gli effetti, diventando quindi parte integrante dell’impresa che l’ha incorporata. L’impresa, conservando la propria personalità giuridica, riesce quindi ad estendere la propria coordinazione aziendale, includendovi i mezzi e le energie personali, che prima venivano coordinati in sedi separate e che erano in grado di costituire un’impresa che adesso si è confusa con l’ambiente esterno.

15

AMADUZZI A. – La fusione delle imprese (note di economia aziendale) Unione delle arti grafiche, Roma 1926, pag.10

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La fusione propriamente detta, invece, è caratterizzata dal fatto che porta all’estinzione delle società partecipanti all’operazione, per dare origine ad una società di nuova costituzione (detta società risultante), la cui compagine sociale è costituita dalle parti delle società estinte. In altre parole, le imprese partecipanti si scambiano le quote di capitale per creare una nuova società che scaturisce dalla fusione, perdendo in quel momento la propria autonomia economica e giuridica. Citando ancora Amaduzzi “ E’ una nuova, più ampia, più possente coordinazione di mezzi e di energie personali volta al raggiungimento di quello scopo istesso, che ha accomunato le imprese, i cui mezzi e le cui energie personali, costituivano prima coordinazioni distinte16.”

In accordo con l’opinione maggioritaria, la forma di fusione più diffusa è quella per incorporazione proprio perché è molto più conveniente da un punto di vista economico, dato che l’estinzione delle società e la nascita ex-novo della risultante comporterebbero costi ingenti rispetto al semplice assorbimento totale o parziale di una società nella incorporante.

Da un punto di vista squisitamente economico aziendale, la fusione è il miglior mezzo per poter raggiungere l’obiettivo di aggregazione aziendale, perché rappresentando la massima espressione di collegamento aziendale17, riesce nel migliore dei modi a fondere i diritti degli azionisti, i processi di produzione, le organizzazioni amministrative e in modo più generale, gli interessi globali della società.

I vantaggi di questo istituto sono: in primo luogo, le società che optano per questa operazione possono beneficiare di un abbattimento dei costi e di crescenti economie di scala; in secondo luogo la maggior affluenza di capitali permette il perfezionamento degli impianti e la specializzazione della produzione; in ultimo, questa operazione dà la possibilità di abbattere il così detto rischio economico, ossia permette di ridurre la probabilità che la società consegua dei ricavi non sufficienti a coprire i costi sostenuti.

1.7.2 – L’acquisizione di partecipazioni

Per partecipazione si intende il numero di azioni o di quote del capitale di una società possedute da un determinato soggetto18.

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AMADUZZI A. – La fusione delle imprese, op.cit pag.10

17 Nel senso che le imprese fuse perdono completamente la loro autonomia giuridica. 18

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L’acquisto di partecipazioni può attuarsi nella forma dell’acquisizione dell’intero capitale di un’altra impresa o di una quota che, pur non essendo totalitaria, ne consenta comunque il controllo dal punto di vista economico – gestionale19.

Diversamente da ciò che avviene con l’istituto della fusione, le due imprese, ovvero la società partecipante e la società partecipata, conservano la propria autonomia giuridica.

La crescita esterna attuata per mezzo dell’acquisto di partecipazioni, può rappresentare una modalità di attuazione di diverse strategie di sviluppo.

Per questo motivo, uno degli obiettivi principali che tale modalità consente di raggiungere, è l’immediata20 conquista di ulteriori quote di mercato o addirittura la penetrazione di un mercato estero, oltre alla possibilità di comprimere o meglio ancora di annullare i tempi di avviamento della procedura.

La dottrina economico aziendale definisce il termine partecipazioni riconducendolo alla detenzione di quote di capitale di altre imprese, di solito di notevole entità, allo scopo di incidere attivamente sul governo dell’impresa partecipata21. In questo caso si parla, perciò, di una quota di capitale tale da permettere al soggetto che la detiene, di esercitare una partecipazione attiva nel controllo economico-gestionale o nel governo dell’impresa partecipata.

Guardando il fenomeno da questa angolatura, è intuitivo comprendere che la detenzione di partecipazioni è il primo passo che spinge verso il raggiungimento di sinergie di varia natura, anche attraverso la costituzione di gruppi di aziende.

Si può pertanto osservare che attraverso questa fattispecie, è possibile trovare spazio per l’acquisto di pacchetti azionari di controllo o di collegamento, come strumento di adattamento delle dimensioni di partenza al fine dello sfruttamento delle economie di scala e dei benefici che scaturiscono da potenziali sinergie.

Ma è importante ricordare che l’aspetto dimensionale è solo uno dei tanti che devono essere tenuti in considerazione quando parliamo di crescita esterna; è invece decisamente necessario che ogni scelta afferente la sfera aziendale venga effettuata per il perseguimento dell’equilibrio economico durevole ed evolutivo22.

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RISALITI G. – Partecipazioni e sviluppo aziendale, op.cit pag.118 20

Il fattore tempo è discriminante nella scelta fra crescita interna e crescita esterna; è preferibile optare per una strategia di sviluppo esterna quando i tempi a disposizione per raggiungere gli obiettivi sono ridotti.

21

ONIDA P. – Il bilancio d’esercizio nelle imprese, Giuffrè, Milano 1951 22

Il fine dell’azienda consiste nel conseguimento di un equilibrio economico a valere nel tempo l’espressione citata appartiene a GIANNESSI, Appunti, cit. pag.28.

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D’altra parte, è necessario affermare che la crescita delle dimensioni aziendali, non sempre si associa allo sviluppo dell’azienda, infatti come abbiamo già in parte detto nei paragrafi precedenti, il fenomeno dello sviluppo aziendale non può esaurirsi nel solo e semplice ampliamento dimensionale, ma bensì riguarda anche fattori qualitativi, in altri termini, al fine di raggiungere lo scopo dello sviluppo aziendale, è necessario trovare la giusta combinazione di elementi qualitativi e quantitativi in modo da non trascurare nessuno dei due aspetti, che si rivelano sostanziali quando parliamo di crescita. Infatti se ci limitassimo a pensare che lo sviluppo aziendale significhi una mera crescita dimensionale e non distinguessimo l’importanza del perseguimento dell’equilibrio economico durevole, non sarebbe possibile parlare di sviluppo.

E’ comprensibile, allora, che dovendo garantire un miglioramento da questo punto di vista, lo sviluppo non può che investire soprattutto fattori di evoluzione e di perfezionamento dei rapporti fra l’azienda stessa e l’ambiente.

L’acquisto di partecipazioni può costituire, oltre ad un mezzo di ampliamento delle dimensioni aziendali, una modalità di crescita esterna dell’azienda stessa.

Poiché le motivazioni dell’operazione devono essere individuate partendo dall’esame dei percorsi di sviluppo che possono essere attuati mediante l’acquisto del controllo di altre imprese, è proprio per questo che è necessario evidenziare come la spinta che porta all’acquisizione delle partecipazioni sia data dalla volontà di un potenziamento della quota di mercato e dal desiderio di esercitare una sorta di controllo sulla concorrenza.

Attraverso l’acquisto di partecipazioni è possibile perseguire l’obiettivo dello sviluppo orizzontale23, principalmente per fronteggiare la riduzione della domanda oppure per porre rimedio ad un periodo critico che l’azienda sta attraversando.

Ma un’altra possibile motivazione che giustifica il ricorso all’acquisto di partecipazioni è sicuramente il perseguimento di un’integrazione verticale24 che riguardi aziende che svolgono attività diverse. Difatti se l’azienda volesse optare per L’equilibrio, assume nell’azienda, la natura economica e quella prospettica, ed esprime l’elemento unificante del fenomeno complesso a cui si riferisce. L’equilibrio economico prospettico, infatti, è il minimo comune denominatore delle aziende nelle variabili forme che esse assumono, a prescindere dal tipo di attività svolta, dalla natura del soggetto economico etc… L’azienda è, dunque, un fenomeno unitario a cui è attribuibile in linea teorica, un fine unico.

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Lo sviluppo orizzontale è conseguito quando vengono acquistate partecipazioni di aziende che svolgono attività analoghe principalmente per raggiungere posizioni dominanti sul mercato.

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Le aggregazioni verticali si distinguono a loro volta in integrazioni verticali a monte: si realizzano qualora un’azienda vada ad acquistare partecipazioni di un suo fornitore che si trova ‘a monte’ proprio per acquisire un maggior controllo sui costi di approvvigionamento oppure per poter assicurarsi in esclusiva la disponibilità di certi fattori produttivi; ed integrazioni verticali a valle: si hanno quando una società acquista partecipazioni di un’azienda che distribuisce i propri prodotti sul mercato al fine di trovare un contatto più diretto con il mercato e poter così incrementare le proprie vendite.

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una crescita dall’interno, i tempi richiesti sarebbero troppo lunghi, perciò ha la possibilità di perseguire questo scopo tramite l’acquisto di partecipazioni di aziende che si trovano a monte o a valle, a seconda della modalità di sviluppo che ritiene più opportuno perseguire. Tutto ciò permette all’azienda di aggiungere in un arco temporale piuttosto breve nuove attività, strettamente collegate a quelle già esistenti, anche se non costituiscono la sua attività principale.

In buona sostanza, è possibile affermare che i motivi che portano un’impresa verso le acquisizioni sono quelli connessi ad un’espansione di tipo conglomerale; infatti se gli obiettivi dell’azienda sono quelli di sviluppare una combinazione prodotto-mercato potenziando il proprio portafoglio, il metodo maggiormente adottato è proprio quello dell’acquisizione di partecipazioni di imprese che si trovano a monte o a valle della filiera produttiva.

Oltre alle motivazioni collegate alla necessità di crescita e di sviluppo, l’azienda può giustificare l’acquisto di partecipazioni con il desiderio di ridurre il rischio economico complessivo attraverso la diversificazione delle attività, pur essendo vero che non sempre questa finalità può essere perseguita, e questa difficoltà di raggiungimento può essere ricondotta a due ordini di fattori: ai problemi organizzativi tipici delle strutture di più ampie dimensioni, e alle difficoltà collegate alla gestione di una competizione che investe anche settori che sono estranei all’attività principale dell’impresa.

Oltre alle motivazioni sopra esposte, le aziende sono propense ad acquisire partecipazioni in altre aziende, spinte dall’ interesse ad inserire nuove attività (anche molto sofisticate) che combinate con quelle esistenti, siano in grado di armonizzare le esigenze delle altre attività aziendali.

Inoltre, la dottrina ritiene che l’acquisizione del capitale di controllo di altre unità possa rappresentare uno strumento per raggiungere un potere finanziario o economico da parte di enti o gruppi25.

Per chiudere questo paragrafo è opportuno fare alcune considerazioni circa l’economicità e i vantaggi finanziari dell’operazione di acquisto del capitale di controllo: per quanto riguarda il primo aspetto, non sempre il semplice acquisto garantisce una convenienza di tipo economica, che si sostanzia in parole semplici nelle

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piena copertura dei costi; per quanto riguarda il secondo aspetto, invece il fenomeno di acquisto delle partecipazioni è raramente connesso all’impiego di eccedenze di liquidità, ma al contrario spesso l’azienda ricorre all’indebitamento per acquisire il controllo su altre imprese.

1.7.3 – L’integrazione fra aziende, in particolare le reti di imprese

Oltre alle modalità di sviluppo di cui abbiamo trattato nei precedenti paragrafi, si stanno facendo strada, in particolar modo negli ultimi decenni, varie tipologie di accordi detti di collaborazione ‘interaziendale’ che rappresentano una vera e propria strategia di sviluppo alternativa rispetto alle modalità di crescita esterna effettuate per mezzo di operazioni straordinarie piuttosto che tramite l’acquisizione di partecipazioni.

La rete di impresa può essere definita come un’architettura di cooperazione, basata sullo sviluppo di relazioni e connessioni, orientate alla continuità ed affidabilità, tra due o più soggetti-attori tra loro autonomi, i quali in modo interdipendente, complementare e coordinato, e sulla base di aspettative reciproche e linee guida condivise, agiscono e condividono risorse per poter raggiungere obiettivi e finalità comuni e sinergiche26.

Le reti di impresa stanno assumendo, ormai da diversi anni, un ruolo progressivamente rilevante a fronte di contesti economici sempre più fondati sulla conoscenza e sull’innovazione, che impongono alle singole imprese lo sviluppo di rapporti di cooperazione con altre realtà, al fine di far fronte, come abbiamo già ribadito nella trattazione delle modalità di sviluppo interno, a difficoltà dal punto di vista dell’innovazione e della conoscenza, che talvolta impongono alle singole imprese lo sviluppo di rapporti di cooperazione con altre realtà.

In buona sostanza, questi accordi di collaborazione interaziendale si basano su relazioni, accordi e alleanze27 che non sempre prevedono la partecipazione al capitale di rischio di altre combinazioni produttive. Infatti è intuitivo pensare che, in una realtà che è oramai parte integrante del processo di globalizzazione, le competenze e le capacità di

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CERATO S., ‘L’evoluzione della “rete”: novità e precisazioni in merito alle reti d’impresa e al loro governo, in Amministrazione e finanza n.7/2011

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Le relazioni sono rapporti attraverso i quali le parti che interagiscono si scambiano sempre qualcosa; gli accordi sono relazioni formalizzate fra due contraenti dalle quali dalle quali deriva un comportamento comune finalizzato al raggiungimento di obiettivi predeterminati ; le alleanze sono collegamenti che presentano le caratteristiche degli accordi, ma che hanno l’obiettivo del raggiungimento di una finalità competitiva che ha un obiettivo comune. (A cura di) FIOCCA, Imprese senza confini. Sviluppo e nuove

forme di alleanza fra aziende, Estaslibri, Milano 1987. In questa trattazione, viste le sottili differenze che

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una sola azienda non siano sufficienti per mettersi in gioco, mentre tramite le suddette relazioni, è possibile pensare di poter affrontare percorsi di sviluppo senza necessariamente dover ricorrere a stravolgimenti organizzativi più complessi come ad esempio è invece indispensabile fare nel caso delle operazioni straordinarie.

Basti pensare, ad esempio, al continuo e veloce avanzamento dell’innovazione tecnologica. Il ritmo a cui essa si evolve è talmente veloce che sarebbe eccessivamente oneroso restare al passo rispetto alle conoscenze e competenze necessarie per mettere in atto i processi produttivi aziendali.

Tramite le varie forme di collaborazione interaziendale, le imprese sono in grado di superare i valichi di entrata, di introdursi in nuovi mercati e di adeguarsi a modelli di competizione globale. E’ possibile, quindi, affermare che le varie forme di collaborazione strategica, oltre a dar luogo alla così detta diffusione della conoscenza, sempre più spesso danno luogo a processi di creazione di valore, diventando sia strumento di competizione, sia strumento di sviluppo.

In altri termini, le imprese cercano forme di alleanza e di raggruppamento che permettano loro di raggiungere i medesimi fini con la massima flessibilità ed il minimo impegno finanziario28.

Si possono distinguere forme che prevedono la partecipazione al capitale di rischio, dette equity, da forme collaborative che non prevedono la partecipazione al capitale di rischio, dette non equity.

Tra gli accordi di tipo equity si possono annoverare la costituzione di joint ventures, l’adesione a consorzi e cooperative, le partecipazioni di minoranza e le acquisizioni educative. Tra gli accordi di tipo non equity, invece, rientrano un’ampia gamma di rapporti, che seppur non abbiano una precisa identificazione giuridica, sono ampiamente riconosciuti dalla prassi, di cui ne fanno parte: il franchising, il management contract, le catene di marchio, la cessione dei brevetti, licenze e know-how, gli accordi per la definizione di rapporti stabili fornitore-cliente, gli accordi di distribuzione, gli accordi per lo scambio di competenze interne, gli accordi di tipo collusivo.

La nostra trattazione si accentrerà, però, sullo studio degli accordi che rientrano nella tipologia equity, quindi su quelle relazioni verso cui si sta orientando la tendenza evolutiva.

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CUCCHI F., SCURIATTI P. – Raggruppamenti di imprese, motivazioni economiche, struttura, quadro

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Come abbiamo osservato in alcuni paragrafi sovrastanti, innumerevoli sono le forme di collaborazione che le aziende possono instaurare fra di loro al fine di raggiungere un potenziamento e un consolidamento della propria posizione, senza dover necessariamente ricorrere a soluzioni, previste dal nostro ordinamento giuridico, che creano vincoli più forti quali le operazioni di finanza straordinaria (M&A).

Fra le forme di aggregazione più innovative verso cui la tendenza si sta orientando, possiamo trovare delle strutture reticolari, meglio dette reti di imprese.

In linea generale, si può dire che la rete di impresa è “un modo astratto di organizzazione generale delle forze produttive che valorizza al massimo l’interazione fra soggetti dotati di autonomia29.” Nello specifico, si ritiene che si possa parlare di rete quando ci riferiamo ad un fenomeno evolutivo degli accordi interorganizzativi avente per oggetto la comunicazione e il coordinamento di più aziende fra loro interdipendenti, che però conservano la propria autonomia giuridica.

Nel gergo, le reti sono caratterizzate sostanzialmente da nodi e connessioni. Per nodi si intendono ‘unità piccole o grandi orientate ai risultati, relativamente autoregolate, capaci di cooperare con gli altri e di interpretare gli eventi esterni30’, in altri termini sono le singole unità di cui la rete è composta. In particolare, i nodi31 possono essere esterni o interni se situati ai confini giuridico – amministrativi di un’impresa, oppure possono essere vitali, se sono interattivi e capaci di una condotta autonoma rispetto al contributo che portano per il raggiungimento degli obiettivi comuni alle unità che costituiscono la rete. Le connessioni sono, invece, tutte quelle relazioni (ad es. di mercato, burocratiche, informative…) che si instaurano fra i vari nodi che compongono la rete.

Da ciò è desumibile che il concetto di rete possa essere applicato sia all’esterno della combinazione, come modalità di espressione delle relazioni interaziendali, sia all’interno al fine di esprimere la tendenza delle aziende a suddividere l’organizzazione

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VACCA’ S., ZANFEI A. – ‘L’impresa globale come ‘sistema aperto’ a rapporti di cooperazione’ in Economia e Politica industriale n.64/1989

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BUTERA F. – Il castello e la rete, Franco Angeli, Milano 1990, pag.64 31

La principale caratteristica dei nodi è l’autonomia, cioè la capacità di sviluppare dei comportamenti attivi, imprenditoriali volti a valorizzare risorse interne e a ricercare complementarità e integrazione con altri nodi. Le relazioni che legano i diversi nodi, sono legate da un elevato grado di reversibilità. In altri termini non si tratta di strutture e connessioni fissate ex ante e permanentemente, ma di legami suscettibili di essere modificati in modo sostanziale al manifestarsi di nuove opportunità ed esigenze in base a decisioni autonome dei nodi. MANCINI D., ‘L’evoluzione dei gruppi come imprese-rete’ in MARCHI L., ZAVANI M. – Economia dei gruppi e bilancio consolidato, Giappichelli, Torino, 2004

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interna in unità decisionali autonome, ma che non sono completamente indipendenti rispetto all’organizzazione.

La rete di impresa si configura ogni volta in cui la ‘co-produzione avviene tra operatori indipendenti sotto il profilo proprietario, i quali costruiscono, in forma contrattuale o consuetudinaria, forme istituzionali per la regolazione del conflitto. Per dare una definizione significativa ed esauriente possiamo dire che per rete di impresa si intende una struttura reticolare alla quale partecipano aziende indipendenti che stringono fra loro accordi di collaborazione finalizzati allo svolgimento di una o più attività.

Senza ombra di dubbio, alla base della rete si trovano tutti gli accordi di collaborazione tra aziende, indipendentemente dal fatto che il rapporto sia più o meno formalizzato, poiché non tutti gli accordi che prevedono una cooperazione fra imprese danno luogo ad un’organizzazione detta ‘reticolare’. Infatti, soltanto la contemporanea presenza di pluralismo strategico, di un sistema interattivo sviluppato fra le aziende in oggetto, e di autonomia organizzativa dei soggetti coinvolti, garantisce che ci troviamo in presenza di una collaborazione reticolare. E’ ampiamente condiviso da parte della dottrina, che la fattispecie della rete ha un approccio di tipo relazionale poiché mette a fuoco i rapporti fra l’unità centrale e le altre imprese con cui la prima ha rapporti economici ed organizzativi ricorrenti32. La ricerca di partnership, inoltre, apporta un cambiamento all’assetto competitivo, poiché consente di superare la frammentazione, di affrontare il nodo della concentrazione delle quote di mercato, delle economie di scala, aggirando i vincoli esterni e i limiti delle risorse interne. E’ abbastanza intuitivo che la motivazione principale per cui si ricorre a queste fattispecie, è sicuramente perché l’azienda non essendo in grado di produrre soluzioni in autonomia, o di assumersi dei maggiori rischi legati all’attività economica, va alla ricerca di risorse e capacità collocate all’esterno, tramite accordi di varia natura; perciò possiamo dire che oggetto dello scambio sono le così dette risorse ‘internalizzate’, cioè quella capacità che ogni azienda sviluppa internamente e che non è possibile acquisire sul mercato, pertanto la via più semplice e conveniente è quella di reperire tali risorse attraverso la condivisione fra aziende.

32

LOMI A., LORENZONI G. – ‘Impresa guida e organizzazione a rete’, in LORENZONI G. (a cura di)

Accordi, reti e vantaggio competitivo, le innovazioni nell’economia di impresa e negli assetti organizzativi, Estaslibri, 1992

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In questo caso, quindi, l’azienda si muove nel campo delle relazioni intra - aziendali, che sono tipiche di organizzazioni complesse che riducono l’importanza della verticalità del legame e che ne privilegiano, invece, l’orizzontalità. L’elemento cardine di questo tipo di relazione è, infatti, la ricerca della possibilità di stabilire certe relazioni che si basano sulla circolazione di informazioni, di decisioni al fine di dare maggior peso ai legami orizzontali. Il grado di successo di questa soluzione organizzativa, dipende sostanzialmente dalla convergenza di due aspetti che sono fra di loro contrapposti:

1) l’elevato grado di autonomia attribuito alle singole unità;

2) la capacità di integrazione, condivisione e trasferimento della conoscenza; Detto in modo diverso, è importante ribadire che non ci troviamo di fronte ad unità isolate che sono fra di loro autosufficienti, ma ci troviamo davanti ad unità che necessitano di relazionarsi fra di loro e di integrarsi al fine di poter operare sul mercato. In merito a ciò, si tratta, dunque, di un approccio all’organizzazione interna tale da dare la possibilità di combinare tra di loro le risorse in modo diverso, realizzando perciò strutture mobili, decentrate e differenziate.

1.7.3.1 – Le conseguenze dei legami reticolari sull’azienda

Analizzando il fenomeno delle relazioni reticolari, una volta risolti i problemi definitori e classificatori, è molto importante soffermarsi sulla questione dell’unità di analisi e dell’ottica di osservazione.

In base alla dottrina, lo studio delle organizzazioni che sono caratterizzate da legami reticolari, può articolarsi su ben tre livelli: lo studio dei singoli attori, lo studio di gruppi di attori, lo studio dell’intera rete33.

Il primo livello ha per oggetto l’analisi dei singoli individui e delle singole unità, ed in questo caso lo studio si concentra nell’individuazione di un’organizzazione centrale che abbia un ruolo nella rete, il cui oggetto di analisi siano le relazioni e le perfomance che essa riesce a realizzare.

Di conseguenza il secondo livello comprende da un lato, i gruppi di persone che operano nell’ambito di una certa organizzazione, e dall’altro un insieme di organizzazioni che mettono insieme le loro capacità, al fine di raggiungere un obiettivo comune.

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Il terzo livello, invece, riguarda l’intera rete di relazioni che deriva dagli scambi fra individui nell’ambito di una organizzazione, oppure tra imprese appartenenti ad uno stesso settore o ad una stessa area geografica.

Parlando di reti di imprese, la posizione che predilige la dottrina maggioritaria, è quella di vedere la rete di impresa come ‘entità globale’ ovvero come entità autonoma, ma è giusto ricordare che nelle discipline economico-aziendali, l’oggetto dello studio è l’azienda nel suo percorso di vita e nelle sue modalità di funzionamento e non il macro aggregato; infatti pur avendo davanti un’azienda che accentua e rafforza le sue relazioni con l’ambiente esterno e ne trae vantaggio grazie a sinergie di varia natura, l’oggetto di studio dovrebbe sempre restare quello in linea con gli obiettivi degli studi economico-aziendali.

E’ importante accentuare il fatto che l’analisi della singola azienda immersa nella rete offra molte occasioni di riflessione, in quanto la decisione di far parte di una relazione reticolare e le modalità in cui farne parte, è una scelta rimessa esclusivamente alla volontà della singola azienda, e la rete diventa il contesto in cui l’azienda agisce, sebbene si tratti di un ambiente molto vicino all’unità aziendale.

In questa sede, come del resto accoglie la dottrina maggioritaria, tratteremo in una prospettiva di analisi della rete come entità globale che purtroppo porta a sacrificare la trattazione di alcuni aspetti delle sue dinamiche.

Nello specifico, è lecito domandarsi cosa succede all’azienda nel caso in cui abbia instaurato delle relazioni reticolari e quindi strategie di rete, se l’esistenza di connessioni di rete fa venire meno i tratti distintivi dell’azienda, se l’azienda che prende parte ad una rete di imprese rimane nella sua essenza la stessa oppure si trasforma in qualcosa di diverso ed infine come possono essere interpretate e ricondotte ai principi economico aziendali alcune questioni critiche che emergono dal fatto di operare singolarmente piuttosto che all’interno di un’organizzazione reticolare.

Dal punto di vista dei tre principi che inquadrano il cuore del sistema azienda, ovvero l’equilibrio economico prospettico34, l’ordine35 e l’autonomia36, possiamo dire

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La radice prospettica dell’equilibrio rispecchia l’essenza durevole del fenomeno aziendale, la sua capacità di nascere, di esistere e di perdurare nel tempo, senza scadenze ma con un orientamento prospettico. Allo stesso modo l’equilibrio deve essere riferito e realizzato nel lungo periodo, eventuali situazioni di disequilibrio possono essere accettate solo per brevi periodi, pena il dissolvimento dell’unità economica. Il principio dell’equilibrio può essere espresso come la tendenza dell’azienda a sopravvivere,

a ricercare condizioni nuove di sviluppo e di crescita secondo una logica che pone la sua sopravvivenza la di sopra di tutto. MANCINI D., L’azienda nella rete di imprese, Giuffrè, Milano, 1999

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L’azienda si configura come entità ordinata, in cui i fattori, le operazioni e le forze non si manifestano in modo casuale, ma sono legati fra loro secondo una logica precisa e premeditata.

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che si tratta di elementi strettamente correlati fra di loro, tra cui è difficile stabilire delle nette separazioni, ma che permettono nel loro insieme, di individuare il fenomeno aziendale.

Sicuramente, lo sviluppo interno dell’azienda si orienta verso due direzioni: la specializzazione delle competenze e il potenziamento della sua capacità relazionale con l’esterno. Rispetto ai processi tradizionali di crescita interna è interessante osservare che, in questo caso, l’orizzonte strategico ed operativo dell’azienda è indirizzato verso un ampliamento, soprattutto dimensionale, sia dalle risorse e relazioni interne, sia dalle relazioni esterne azienda-ambiente.

In altre parole lo sviluppo attraverso accordi e alleanze, sebbene richieda il rafforzamento delle competenze distintive, e dei punti di forza propri dell’azienda, si basa sulla ricerca di opportunità e risorse esterne da poter combinare nel miglior modo possibile con le risorse interne proprie dell’azienda, implicando quindi un allargamento dello spazio all’interno del quale ricercare i presupposti e le condizioni di crescita e dando la possibilità di conseguire l’equilibrio economico durevole.

A questo riguardo, è importante sollevare la questione del collegamento con l’autonomia e domandarsi se il fare parte di un’organizzazione reticolare possa limitare il grado di autonomia decisionale delle aziende che la compongono. Gli studiosi ritengono che la collaborazione con altre aziende non costituisca un fattore limitante dell’autonomia. Ciò scaturisce, in prima battuta, dal fatto che la decisione di collaborare è il risultato di una libera scelta dell’azienda.

Dal punto di vista dei riflessi delle relazioni a rete sulla composizione del patrimonio netto, il raggiungimento dell’equilibrio economico a valere nel tempo, finalità guida dell’azienda e espressione della sua essenza, tende ad essere realizzato attraverso le reti di imprese, al di fuori dei confini della singola unità aziendale coinvolta; in altre parole è il frutto che deriva dal coinvolgimento di diverse aziende

Citando Zappa ‘(…) l’azienda non è una massa dissociata, ma è una semplice accolta, non un accostamento temporaneo di fattori, o di fenomeni disgiunti. L’azienda non è nemmeno la pura somma di fenomeni economici, attinenti ad una persona o ad una collettività di persone o a un aggregato di ricchezze. Né basta illustrare i così detti elementi dell’organismo personale dell’azienda, e del suo patrimonio e ricondurre poi la nozione di azienda a quella dei suoi fattori, per palesare la circostanza essenziale, o la condizione caratteristica che fa dei fenomeni di azienda una ordinata e continua unità’ ZAPPA, Le produzioni, Tomo I, cit. pag.37

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L’azienda, come sistema aperto, infatti, è sottoposta a vincoli e condizionamenti che limitano il campo di azione all’interno del quale può esercitare la sua attività di scelta. Conseguentemente il concetto di autonomia risulta diverso da quello di indipendenza. Infatti ogni azienda, per le caratteristiche dell’attività che svolge è vincolata, legata direttamente o indirettamente alle altre aziende, ciò però non le impedisce di esercitare la sua libertà di scelta.

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nella relazione reticolare e dalla bontà delle connessioni delle attività da queste svolte; i riflessi economici e patrimoniali, non hanno un impatto uguale su tutte le aziende, infatti questo dipende da diversi fattori tra cui, l’origine e il contenuto dell’accordo che lega le diverse aziende, la natura delle attività condivise, dal grado di dominanza presente nella rete, etc… Allo stesso tempo, un altro problema di cui tenere conto, è la difficoltà che si trova nel disporre di informazioni contabili, complete ed esaurienti che illustrino gli accordi che intercorrono fra le aziende reticolari poiché spesso i dati e le informazioni sugli accordi sfuggono o si nascondono nell’ambito dell’informativa di bilancio. L’interpretazione ritenuta sostanzialmente valida, è senz’altro quella sposata dalla maggior parte della dottrina, secondo la quale l’analisi dei riflessi reddituali e patrimoniali degli accordi è quella che scaturisce dal bilancio dell’azienda che svolge un ruolo di guida organizzativa e operativa della rete di imprese37.

A seconda del tipo di accordo, ci troveremo davanti ad una conseguente riduzione di immobilizzazioni materiali (come nel caso di decentramento produttivo in presenza di una rete di subfornitura), oppure ad un incremento di investimenti di tipo immateriale, come ad esempio in ricerca e sviluppo o in pubblicità (nel caso di reti di franchising), oppure ad un incremento degli investimenti in formazione del personale volti ad accrescere la capacità relazionale dei propri dipendenti o a trasferire il know-how delle aziende partner.

Per quanto riguarda i riflessi sul capitale circolante, è possibile ricondurli ad una riduzione delle scorte nelle fasi produttive intermedie, nel caso di decentramento produttivo, oppure ad una diminuzione delle scorte di prodotti finiti nel caso di decentramento della distribuzione commerciale.

Un altro elemento che ci sembra opportuno considerare è senz’altro il riflesso prodotto dalla rete di impresa nei confronti del capitale proprio: emerge che il capitale investito complessivamente inteso nel caso di reti di imprese, riesce ad esprimere con meno vigore la dimensione dell’azienda guida o l’ambito su cui può esercitare un certo livello di controllo; il concetto di dimensione aziendale, infatti, è legato più che altro, all’area in cui l’azienda esercita la sua influenza e al volume delle operazioni che vengono poste in essere con aziende esterne. Quando siamo in presenza di una rete di

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Dal punto di vista della struttura patrimoniale, le ripercussioni degli accordi riguardano sia l’area delle immobilizzazioni e dei finanziamenti a lungo termine, che quella del capitale circolante, sebbene le variazioni qualitative e quantitative abbiano pesi diversi a seconda del contenuto degli accordi. In linea generale, si ritiene che la struttura degli investimenti viene ad assumere una fisionomia più flessibile, grazie ad una riduzione del peso delle immobilizzazioni, MANCINI D. L’azienda nella rete di imprese, Giuffrè, Milano, 1999

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imprese, queste operazioni tendono a crescere nel tempo, proporzionalmente al progressivo ricorso al controllo di strutture esterne, piuttosto che al controllo proprietario e diretto. Si comprende allora come l’azienda, tramite questo tipo di relazioni, ponga in essere una crescita esterna senza influire eccessivamente sulla struttura finanziaria, e senza quindi far ricorso ulteriormente a mezzi propri ulteriori o di terzi.

Sul piano organizzativo, invece, la struttura reticolare, porta ad un impatto sensibile, poiché sul piano delle relazioni che l’azienda instaura nell’ambito della rete, prima ancora di essere uno scambio economico di prodotti, di risorse, di informazioni, si concretizza in particolar modo in uno scambio sociale38 che ha per oggetto l’interazione fra soggetti distinti ed autonomi.

Nell’ambito di questo tipo di scambio, è opportuno evidenziare due punti focali che caratterizzano un processo circolare come questo: la fiducia39 e la comunicazione40. Si tratta di fattori che man mano che si sviluppa lo scambio si rafforzano e contribuiscono a rafforzare i processi stessi.

1.7.3.2 – La gestione della rete di relazioni

L’elemento costituente delle reti di imprese, è rappresentato da relazioni cooperative che, nella loro manifestazione empirica, assumono connotati abbastanza sfumati e variegati, tali da rendere discutibili eventuali generalizzazioni nello studio dei meccanismi gestori adottati dalle imprese che operano all’interno della rete.

Quando il rapporto azienda – mercato non si limita solamente a generare meccanismi di tipo competitivo, ma dà luogo anche a meccanismi di tipo collaborativo, ovvero quando sorgono un sistema di relazioni che uniscono le imprese in reti delineando aggregati cooperativi su specifiche attività è necessario anche considerare la prospettiva di un’azienda che si rapporta con le altre aziende, anche mediante accordi durevoli, finalizzati alla collaborazione su specifiche aree, realizzando dunque in una forma alternativa e diversa il suo sviluppo esterno.

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Il concetto di scambio sociale fa perno sul sulla condivisione di valori e norme di comportamento basate sulla fiducia reciproca. Tale situazione dei reciprocità discende da due processi di interazione: il processo di scambio e quello di adattamento. Per apprendimenti si veda MANCINI D., L’azienda nella

rete di imprese, Giuffrè, Milano, 1999 pag.113 e ss.

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La fiducia consiste nella disponibilità verso la collaborazione, l’interazione nella convinzione che il partner faccia altrettanto.

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La comunicazione si sostanzia nello scambio di informazioni e conoscenze attraverso strumentazioni appositamente dedicate.

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La problematica della gestione delle diverse relazioni cooperative che un’azienda pone in essere, può essere analizza sotto diverse angolazioni: dal punto di vista dello spazio, inteso come grandezza dell’ottica di osservazione e come livello di complessità accettato nell’analisi, e dal punto di vista del tempo, tenendo presente la distinzione fra l’analisi temporale, che è dinamica in quanto riguarda sia la singola relazione fra l’azienda osservata e un partner, sia il sistema delle relazioni che l’azienda osservata sviluppa nell’ambito di una rete di imprese.

Nella fase di trattativa, l’azienda definisce preliminarmente le sue aspettative e gli obiettivi rispetto all’accordo che andrà a concludere con le altre aziende. Nel progetto di collaborazione devono quindi essere chiaramente definiti i risultati attesi dalla collaborazione e le eventuali incertezze che incontra. Le attività e le scelte che compie sono finalizzate alla ricerca e alla selezione del partner, alla definizione delle modalità di contrattazione e delle procedure della potenziale collaborazione, al fine di porre le fondamenta per il successo della relazione. Ovviamente l’approccio al processo cambia in base al grado di formalizzazione dell’accordo, in base al ruolo svolto nella rete e in base al contenuto dell’accordo. La fase della negoziazione, in genere, si conclude con l’assunzione degli impegni reciproci attraverso una ‘codifica formale in un contratto relazionale o tramite accettazione informale di un contratto psicologico fra le parti’41.

Le fasi successive attengono allo sviluppo del rapporto di cooperazione e delle eventuali negoziazioni. Talvolta, però, sono necessarie fasi dette di rinegoziazione dovute a cambiamenti strutturali che portano la necessità di ridefinire l’accordo in alcune sue parti, al fine di preservare nel tempo il rapporto, stabilendo nuovi accordi supplementari per risolvere i punti di contrasto.

La gestione della rete di relazioni riguarda le scelte operate per l’allestimento e lo sviluppo delle diverse relazioni considerate nel loro complesso. La gestione coordinata delle relazioni intessute nella rete di imprese e le scelte compiute rappresentano le leve attraverso cui l’azienda definisce il suo comportamento all’interno della rete di imprese e le scelte compiute rappresentano le leve attraverso le quali l’azienda definisce il suo posizionamento all’interno della rete di impresa e le operazioni necessarie per il mantenimento di un’efficace ed efficiente struttura delle relazioni.

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