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2.1 – I gruppi ex articolo 2359 cc.

Il gruppo è un’entità composta da più aziende dotate ognuna di propria autonomia giuridica, ma sottoposte ad un’unitaria condotta economica attraverso il controllo di un unico soggetto economico. E’ quindi, in altre parole, un insieme di imprese dotate di una propria personalità, finalizzato a ridurre i rischi che scaturiscono dall’esercizio dell’attività di impresa, accentuando lo sviluppo dimensionale dell’azienda allo scopo di accrescerne la forza nei mercati, fino a riuscire ad acquisire il controllo su di essi.

Anche dal punto di vista giuridico il gruppo è un’ entità indipendente59 che si pone,nella piccola media impresa, al di fuori dello schermo della persona giuridica e che soddisfa l’esigenza di tutelare i creditori nelle procedure concorsuali.

Il gruppo, infatti, non ha personalità giuridica, non è un centro di imputazione di diritti e poteri ma è un centro squisitamente economico.

Questo paragrafo si occuperà di analizzare la disciplina che il Codice Civile riserva alla regolamentazione dei gruppi di imprese.

In base alla distinzione fatta nel primo capitolo, fra accordi su base contrattuale e accordi su base proprietaria, possiamo parlare di gruppo quando il presupposto del legame fra le imprese si basa sul possesso di parte delle partecipazioni60 dell’azienda

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Quel che si intende sottolineare è che instaurando un sistema di relazioni di natura partecipativa tra una pluralità di società, ovvero come suole dirsi, creando attraverso lo strumento della partecipazione, un’aggregazione, un gruppo di società, i soci di quella che si pone al vertice del sistema così delineato finiscono per adottare un nuovo e più sofisticato modello di organizzazione di impresa alternativo a quello classico della sua articolazione plurisettoriale per divisioni o rami di azienda, essendo assoggettate ad una direzione unitaria da parte della capogruppo.

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Nel caso di società per azioni, le partecipazioni sociali sono rappresentate da azioni che equivalgono ai conferimenti fatti nei confronti della società. Le azioni sono dotate di una connotazione oggettiva (autonomia, indivisibilità, inscindibilità, uguaglianza, libera trasferibilità)I che le distinguono per esempio dalle partecipazioni in una srl: la differenza concettuale tra azioni e quote sta quindi anzitutto che il socio di spa non detiene un’unica partecipazione sociale, ma bensì un determinato numero di azioni ciascuna delle quali autonoma nei confronti delle altre, mentre il socio di una srl è titolare di un’unica quota, che rappresenta appunto una frazione del contratto sociale e del capitale sociale, in una misura che può essere diversa da socio a socio. Per approfondimenti si veda ABRIANI N., CALVOSA L., FERRI G., GIANNELLI G. GUERRERA F., GUIZZI G., NOTARI M., PACIELLO A., RESCIO G., ROSAPEPE R., RICHTER M., TOFFOLETTO A., Diritto delle società di capitali ( Manuale breve) Giuffrè, Milano, 2003, pag.59 ss.

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partecipata; in altre parole è legato alla detenzione di partecipazioni di una o più società facenti parte dello stesso aggregato.

Definendo in modo più specifico il concetto di partecipazione nelle società di capitali, e in particolare i diritti che queste attribuiscono ai loro detentori, si evince che la partecipazione non è altro che una quota di capitale che viene attribuita a coloro (i soci) che effettuano un conferimento nella società stessa.

Parlando di società per azioni, la partecipazione è rappresentata dal possesso di azioni che a loro volta conferiscono i diritti spettanti ai loro possessori in virtù del contratto sociale, e tali diritti possono essere anche definiti come ‘contenuto’ delle azioni.

I diritti spettanti alle singole partecipazioni sociali possono essere esaminati sia dal punto di vista della loro attribuzione a ciascuna azione, sia dal punto di vista del loro contenuto, ossia della tipologia delle posizioni giuridiche in cui esse consistono; possiamo anche dire, in altri termini, che le azioni rappresentano un’unità di misura dei diritti sociali, visto che essi vengono quantificati anche il base al numero di azioni possedute.

Fra i diritti che le azioni conferiscono ai loro possessori, si possono annoverare: - diritti spettanti ad un quorum: spettano ad uno o più azionisti nel caso in cui essi

raggiungano una percentuale del capitale sociale e una volta realizzato il presupposto quantitativo, spettano nella stessa misura a prescindere dal numero di azioni possedute. Ne sono esempi il diritto di chiedere la convocazione dell’assemblea (art.2367 cc.), il diritto di richiedere il rinvio dell’assemblea in mancanza di sufficienti informazioni (art.2374 cc.), il diritto di impugnare le deliberazioni assembleari annullabili (art.2377 cc.), il diritto di esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori (art.2393 bis) ed infine il diritto di sporgere denuncia per gravi irregolarità al tribunale (art.2409 cc.).

- diritti non misurabili: sono tutti quei diritti che spettano a ciascun socio, a prescindere dal numero di azioni possedute, come ad esempio il diritto di intervento in assemblea (art.2370 cc.), il diritto di presentare denunce al collegio sindacale (art.2408 cc.), il diritto di esaminare alcuni libri sociali (art.2422 cc.). - diritti patrimoniali: attengono da una parte alla remunerazione dell’investimento

azionario durante la vita della società, e dall’altra alla liquidazione della partecipazione sociale in caso di scioglimento della società. Rientrano in questa

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categoria, il diritto all’utile , il diritto al rimborso del capitale sociale e il diritto alla ripartizione dell’ulteriore eventuale patrimonio residuante.

- diritti amministrativi: sono tutti quei diritti inerenti alla dimensione organizzativa della società e al suo funzionamento, tra i quali assume un’ovvia centralità il diritto di voto attraverso il quale il socio fa sentire la propria voce e manifesta la sua volontà, fino al punto di farla diventare dominante e tanto da essere in grado di determinare da solo le deliberazioni dell’assemblea; infatti il concetto di controllo di una società su un’altra società viene connesso alla disponibilità dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria.

In base all’articolo 2359 cc. l’istituto del gruppo di imprese viene disciplinato occupandosi di distinguere la fattispecie di controllo dalla fattispecie di collegamento: in entrambi i casi è possibile individuare l’esistenza di un gruppo di imprese.

Il quadro dell’informazione contabile di gruppo, è poi completato dall’obbligo della controllante di redigere il bilancio consolidato; un bilancio che viene redatto secondo criteri che permettono di essere a conoscenza della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del gruppo considerato in modo unitario61.

Occorre dunque, e questo sarà l’obiettivo che ci poniamo nelle prossime pagine, distinguere tra il caso in cui la partecipazione sia di entità tale da assicurare alla società che la detiene la possibilità di esercitare un’influenza dominante sopra la società partecipata, dall’ipotesi in cui la partecipazione, pure obiettivamente significativa se calcolata in rapporto all’ammontare del capitale sociale, consente di esercitare soltanto un’influenza notevole62.

2.1.1 – Il concetto di influenza dominante

L’articolo 2359 cc. recita al primo comma: ‘ Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili

nell’assemblea ordinaria;

2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria.

3) Le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.’

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MIGNOLI A., ROSSI G. – I Gruppi di Società vol.2, Atti del Convegno Internazionale di Studi di

Venezia 1995, Giuffrè, Milano 1996

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Tale norma è stata introdotta inizialmente con la L. 216/74 e successivamente modificata con il D.Lgs. 127/91 di attuazione delle direttive comunitarie relativamente al bilancio di esercizio e al bilancio consolidato e non ha subito modifiche alla luce dalla riforma del diritto societario ex D.Lgs. 6/2003 .

Essa stabilisce in modo preciso i criteri per individuare l’esistenza di determinati rapporti tra le società (controllate e collegate).

L’indicazione dei criteri è diretta a rendere chiara l’operazione di acquisto di azioni appartenenti ad altra società e quindi consente di individuare precisamente il rapporto che lega la società in oggetto.

Nei suddetti casi, la relazione che viene ad instaurasi fra la società partecipante e la società partecipata, integra la fattispecie del controllo ed è segnale dell’ esistenza di un’influenza dominante dell’ impresa controllante sulla controllata.

E’ possibile, a questo punto distinguere due casi: per prima cosa, quando l’entità della partecipazione è talmente consistente da permettere alla società controllante di detenere la maggioranza assoluta dei voti esercitabili in assemblea ordinaria, facendo valere, quindi, un controllo di diritto, poiché in tale evenienza, chi detiene questa partecipazione è, in linea di principio, in grado di scegliere gli amministratori responsabili della gestione, di revocarli, così come di far approvare qualsiasi proposta da questi portata all’esame dell’assemblea ordinaria.

Invece, parliamo di controllo di fatto nel caso in cui la partecipazione attribuisca la maggioranza non assoluta dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria. In questa eventualità è comunque ipotizzabile che la detenzione di tali partecipazioni possa garantire, per la partecipante, la possibilità di determinare l’esercizio dell’attività d’impresa della società partecipata.

Andremo ad analizzare nello specifico le suddette fattispecie di controllo nei seguenti sottoparagrafi, allo scopo di delineare nel modo più puntuale possibile cosa si intenda per controllo.

L’influenza dominante è intesa come condizionamento dell’autonomia deliberativa della controllata63, di conseguenza, anche l’informazione societaria, risulta piuttosto carente sotto questo profilo.

Il rilievo giuridico della fattispecie del controllo, viene preso in considerazione sotto tre diversi profili. In primo luogo, questo istituto, conferisce l’obbligo, per la

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società controllante, di redigere un bilancio consolidato delle attività che si imputano alle società del gruppo al fine di permettere a qualsiasi soggetto ne abbia interesse, di relazionarsi con la società controllante e con la società controllata.

Questo si tratta di un obbligo finalizzato ad una rappresentazione di sintesi della dimensione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa e del suo andamento, la cui obbligatorietà deve essere ricercata nel fatto che quando si instaurano relazioni di natura partecipativa che si stabiliscono fra più società, si deve piuttosto parlare di un’impresa unica, la quale risulta dall’integrazione delle attività che costituiscono l’oggetto di ciascuna società.

Tutto ciò rende, allora, plausibile il criterio da seguire nella redazione di tale tipologia di bilancio obbligatoria, ed in particolare della ragione per cui in questo bilancio non possano essere espressi né il valore delle partecipazioni detenute dalla controllante e neppure i proventi e gli oneri che scaturiscono dai rapporti intrattenuti con le società controllate. E’ esplicito, infatti, che se il bilancio consolidato deve rappresentare la realtà economica dell’impresa esercitata attraverso il modello organizzativo del gruppo, le operazioni che intervengono fra società che ne sono parte integrante non hanno alcuna rilevanza a tal fine, in quanto operazioni meramente interne all’impresa; risultando quindi, squisitamente sotto questo profilo, non differenti rispetto ad una singola impresa organizzata in modo classico e suddivisa in diverse divisioni.

In secondo luogo, il controllo costituisce fatto che fa sorgere a carico della società controllata il divieto di acquistare partecipazioni della società controllante, se non con l’osservanza degli stessi limiti previsti per l’acquisto delle azioni proprie ex art.2359 bis. La funzione di questo limite è sostanzialmente quella di introdurre un elemento che riduca o addirittura elimini il rischio che con le operazioni della controllata sulle azioni della controllante venga dai soci di quest’ultima il proprio risultato, trasgredendo alla disciplina vigente del diritto societario.

Infine, è necessario evidenziare, come terzo profilo di rilevanza giuridica del controllo, la presunzione dell’attività di direzione e coordinamento posta in essere dalla società controllante nei confronti delle società controllate (art. 2497 sexies), una presunzione questa, che sembrerebbe poter essere attuata solo nel caso di cui all’art.2359 comma 1 punto 1, ovvero esclusivamente in presenza di una fattispecie di controllo di diritto. Infatti, per quanto riguarda i casi al di fuori di questo, il ricorso al meccanismo presuntivo non è di grande significato, dando l’obbligo di dimostrare in concreto l’esistenza della fattispecie di controllo.

46 2.1.1.1 - Il controllo di diritto

Il controllo di diritto è inteso come quello che una società (controllante) esercita nei confronti di un’altra società (controllata), quando detiene la maggioranza assoluta dei voti nell’assemblea dei soci, riuscendo così a controllare in modo assoluto, le decisioni e l’indirizzo della gestione della società controllata. Nello specifico, ciò viene disciplinato al punto 1, comma 1, art.2359 cc., il fulcro attorno al quale l’istituto codicistico ruota, ed è sempre costituito dalla nozione di controllo societario, ossia dalla possibilità di incidere attraverso lo strumento del voto, sulla formazione della volontà assembleare della società controllata.

Il controllo, in altre parole, non è tanto una questione di ordine decisionale, ossia che attenga al modo di gestione delle imprese raggruppate, ma bensì è soprattutto una questione di ordine dominicale, riguardante cioè la condizione giuridica del capitale investito nelle suddette imprese64.

Può sicuramente accadere che più imprese siano soggette a direzione unitaria, pur in difetto di una situazione partecipativa che formalmente rientri nella previsione dell’art.2359 cc.; ma quasi sempre ciò presuppone l’esistenza di accordi o di situazioni di altro genere che comunque assicurino agli azionisti di riferimento anche il controllo dell’assemblea delle società in questione.

L’ammontare dell’investimento di capitale necessario per conseguire il controllo di un’altra società è tale da rendere palese che l’intervento della società controllante, essendo questa a sua volta una società commerciale, non si esaurisca nel puro investimento in partecipazioni di un’altra società, ma bensì è allettato dalle prospettive imprenditoriali offerte dal coordinamento della gestione delle diverse imprese facenti parte del gruppo.

In altre parole, il controllo di diritto si ha nel caso in cui la società possieda partecipazioni in misura tale da avere la maggioranza dei diritti di voto all’interno dell’assemblea dei soci, in modo che possa, quindi, controllare le decisioni di quella società.

Per approfondire la nostra trattazione sulla fattispecie, è necessario considerare alcune problematiche pratiche che si possono verificare in sede assembleare: innanzitutto è da notare che controllante potrà essere considerato, in alcune circostanze, il creditore pignoratizio con diritto di voto oppure l’usufruttario dotato di analoghi

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COLAGRANDE F., LENOCI F., MARINELLI U., ROCCA E., RODORF R., SALAFIA V., - Il

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diritti. In secondo luogo, il riferimento alle Spa in concreto per maggioranza si intende la detenzione del 50%+1 dei diritti di voto, e in una circostanza come questa, se il socio non compare in assemblea, la può mandare deserta in prima convocazione costringendola quindi a deliberare in seconda; diversamente invece accade per le Srl per cui non vige il principio di inderogabilità dei quorum assembleari e non vi è di conseguenza una seconda convocazione, quindi in questo caso la maggioranza assembleare andrà calcolata sulla base del quorum statutario.

L’origine della figura del controllo di diritto, deve essere ben analizzata in virtù del fatto che si tratti di presunzione assoluta ovvero relativa di controllo. Parte della dottrina sposa l’ipotesi per cui si tratta di una presunzione assoluta e che quindi le discipline che si riferiscono al controllo interno di diritto, devono trovare applicazione a prescindere dai risultati di ogni eventuale verifica riguardo all’effettivo espletamento di un’influenza dominante da parte del socio che detiene la partecipazione di maggioranza. A questo punto è possibile parlare della figura del controllo disgiunto, ossia quella situazione in cui siano riconoscibili più soggetti di controllo disgiunti fra di loro, solitamente un controllante interno ed uno esterno: il controllante interno, quando nomina gli amministratori, che sono tuttavia vincolati ad agire secondo le istruzioni del controllante esterno, andrebbe considerato come un controllante per il quale l’esercizio effettivo dei diritti è soggetto a restrizioni, di conseguenza controllante in senso proprio, sarebbe solo quello esterno mentre il socio di maggioranza si porrebbe solamente come un semplice anello della catena di controllo.

2.1.1.2 – Il controllo di fatto

L’art. 2359 comma 1 punto 2 definisce cosa si intenda per controllo di fatto. Infatti, la società controllante che non detiene una quantità di partecipazioni tali da garantire la maggioranza assoluta nell’assemblea della società controllata, può esercitare un controllo, in virtù del fenomeno di ‘polverizzazione del capitale’65 che porta parte dei soci ad essere assenti in sede di assemblea, consentendo perciò a coloro che detengono una quantità consistente delle azioni di esercitare di fatto un vero e proprio controllo, visto che sono, in quell’occasione, detentori della maggioranza delle partecipazioni.

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Fenomeno in presenza del quale ci troviamo a causa di un azionariato diffuso e lo scarso interesse di parte dei soci all’attività aziendale.

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In effetti, in particolar modo nelle società quotate, esiste un certo ammontare di azioni che costituisce capitale fluttuante, cioè detenuto a fini speculativi da soggetti che non si interessano alle riunioni assembleari; perciò in genere la maggioranza dei voti nella società viene raggiunta con percentuali abbastanza basse portando come conseguenza che sono sufficienti percentuali minime di partecipazioni per arrivare ad essere in presenza della fattispecie del controllo di fatto, e determinare quindi un indirizzo unitario per il controllo della società.

E’molto importante, per questa fattispecie, accertare l’esistenza dell’influenza dominante; per quanto riguarda le società quotate esse hanno un catalogo che racchiude le posizioni di controllo di fatto, per le società bancarie, invece, soccorrono le ampie notizie che scaturiscono dal controllo di vigilanza ed infine per le società non quotate, i veicoli attraverso i quali è possibile vedere la sussistenza del requisito del controllo, sono i tipici strumenti di informativa societaria (verbali assembleari, registro della società presso la cancelleria commerciale…).

Un’altra doverosa osservazione riguarda la richiesta di effettivo esercizio dell’influenza dominante, infatti l’art.2359, sia ai punti 1 che 2 non richiede la prova dell’effettivo esercizio dell’influenza dominante, ma bensì una potenziale influenza. Da qui scaturisce che l’obbligo di consolidato sussiste solo a seguito di una verifica in concreto, circa l’effettivo esercizio del potere di influenza dominante66.

2.1.1.3 – Il controllo contrattuale

Il controllo contrattuale si ha nel caso in cui grazie ad accordi contrattuali particolari, la società controllante, riesce ad avere un particolare potere sulla società controllata.

In questo caso l’art. 2359 comma 1, punto 3 disciplina chiaramente che, ai fini dell’esercizio di questo tipo di controllo, non è necessaria la detenzione di partecipazioni della controllante nella controllata, ma bensì è sufficiente un vincolo contrattuale volto ad indirizzarne ed influenzarne la gestione.

Le imprese legate da questo tipo di controllo sono escluse dalla redazione del bilancio consolidato, poiché non essendoci un legame partecipativo, non sono tenute ad evidenziare l’area di consolidamento, e si evince quindi che quello del bilancio

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MIGNOLI A., ROSSI G. – I Gruppi di Società vol.2, Atti del Convegno Internazionale del Convegno

di Studi di Venezia 1995, Intervento di LAMANDINI M. ‘Controllo e Consolidamento integrale’,

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consolidato è un obbligo riservato esclusivamente a quelle società legate dalle fattispecie di controllo di diritto e di fatto.

Tra le forme contrattuali di maggior rilievo, ad esempio, si possono distinguere due fattispecie: i contratti di dominazione e i patti parasociali.

La prima, il ‘contratto di dominazione’, è il caso in cui l’azienda per clausola contrattuale, deferisca la sua gestione ad un’altra azienda; ad esempio nel caso in cui la società B non sia in grado di autodeterminarsi, in virtù di un contratto stipulato con l’azienda A, rimette l’indirizzo della sua gestione alle scelte della società A stessa. In altre parole, sulla base di un puro accordo contrattuale, una società conferisce i suoi poteri ad un’altra società. Ma il nostro ordinamento giuridico, secondo la dottrina oramai ricorrente, non riconosce la legittimità del contratto di dominazione (nella dottrina tedesca detto Beherrschungsvertrag), al contrario di ciò che accade nella legge azionaria tedesca. Con tale definizione si intende, appunto, un contratto mediante il quale la società capogruppo acquista il diritto di impartire alle società dipendenti, direttive anche pregiudizievoli per quest’ultime, e senza alcuna necessità di un così

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