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Presidente della Repubblica e decretazione d'urgenza

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LA DECRETAZIONE D’URGENZA TRA

CONFIGURAZIONE COSTITUZIONALE E

DEGENERAZIONI DELLA PRASSI

SOMMARIO: 1. L’eccezione… La decretazione d’urgenza nel

sistema costituzionale. - 1.1. Segue. La straordinarietà del decreto-legge. - 1.2. Segue. La conversione in legge. - 2. …la regola. La decretazione d’urgenza nella prassi repubblicana. - 2.1. Segue. Gli «opposti abusivismi» di Governo e Parlamento - 3. I tentativi di ricostruzione degli argini: le riforme dei regolamenti parlamentari degli anni Ottanta e la L. n. 400/1988. - 3.1. Segue. La giurisprudenza costituzionale sulla decretazione d’urgenza. Due obiter dicta - 3.1.1 Segue. Il «miracolo» della fine della reiterazione… - 3.1.2 Segue. …e la sindacabilità teorica (a corrente alternata) dei presupposti. - 4. L’«emergenza infinita»: la decretazione d’urgenza ai tempi del maggioritario. - 4.1. Segue. Il sindacato pratico (ma non troppo) sui presupposti. - 5. L’altro controllo: decreto-legge e legge di conversione al Quirinale.

1. L’eccezione… La decretazione d’urgenza nel sistema costituzionale

L’Italia che usciva dal fascismo ben conosceva il fenomeno dell’abuso del decreto-legge1, già manifestatosi

1 Nella letteratura costituzionalistica e nella prassi il sintagma “decreto-legge” è utilizzato tanto con il trattino che unisce i due termini, quanto senza. Chi scrive ne ritiene opportuno l’uso, che dà «rilievo al peculiare connubio che si viene a creare tra i due vocaboli» (così A. CELOTTO,

L’«abuso» del decreto-legge. Profili teorici, evoluzione storica e analisi morfologica, vol. I, Padova 1997, 103, nt. 3, il quale cita altresì le

considerazioni di V. DI SALVO, Legge, in Dig. It., XIV, Torino 192-1905, 290, che rilevava come «i decreti-legge, infatti, come dice lo stesso nome, non sono né decreto, né legge, ma partecipano dell’uno e dell’altra, anzi, più propriamente, sono dei decreti che diventano leggi: il tratto di unione tra le due parole dinota precisamente il passaggio dall’una all’altra forma»).

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all’indomani dell’entrata in vigore dello Statuto Albertino e, poi, progressivamente, e spaventosamente, cresciuto nel corso degli anni2.

Non può, dunque, destar sorpresa il fatto che l’atteggiamento mostrato dall’Assemblea Costituente nei confronti della decretazione d’urgenza fosse ispirato «alla più grande diffidenza»3, tanto che all’interno della II Sottocommissione il peso del «bagaglio delle prevenzioni derivanti dall’infelice esperienza che l’istituto aveva fatto in passato»4 fu tale che venne unanimemente approvata una risoluzione che vietava l’adozione di decreti-legge da parte del Governo5.

Quando la questione della decretazione d’urgenza fu portata in Assemblea, tuttavia, ben presto risultò chiaro che il silenzio della Costituzione6 non sarebbe stato affatto in grado di impedire il riemergere dei decreti-legge nella prassi7. Peraltro, proprio l’esperienza storica della

2 Sull’abuso del decreto-legge nella storia costituzionale italiana v. A. CELOTTO, L’«abuso», cit., spec. 187 ss. e, per un quadro sintetico, G. F.

CIAURRO, Decreto legge, in Enc. Giur. Treccani, Roma 1988, 2 s.

3 L. PALADIN, Art. 77, in Comm. Cost., a cura di G. Branca, Bologna-Roma 1979, 48.

4 G. VIESTI, Il decreto-legge, Napoli 1967, 34.

5 Cfr. Atti ass. cost., II Sottocommissione, 21 settembre 1946, 255 ss., ora disponibili on line sul sito della Camera dei Deputati (www.camera.it). 6 L’on. Calamandrei, nella prima seduta dell’Assemblea dedicata alla discussione del Progetto di Costituzione, ebbe a osservare come «dei decreti di urgenza non vi è accenno nella Costituzione. Il fatto che se ne sia taciuto richiama il ricordo di quelle madri ottocentesche che facevano uscire i figliuoli dal salotto quando la conversazione minacciava di cadere su certi argomenti scabrosi. Nella Costituzione non si deve parlare dei decreti-legge perché questo è un argomento pericoloso. Ma, insomma, potrà avvenire che si verifichi la necessità e l’urgenza, di fronte alla quale il normale procedimento legislativo non sarà sufficiente: il terremoto, l’eruzione di un vulcano. Credete che si possa mettere nella Costituzione un articolo il quale dica che sono vietati i terremoti? Se non si può mettere un articolo di questa natura, bisognerà pure prevedere la possibilità di questi cataclismi e disporre una forma di legislazione di urgenza, che è più provvido disciplinare e limitare piuttosto che ignorarla» (Atti ass. cost., 4 marzo 1947, 1752).

7 Cfr. l’intervento dell’on. Codacci Pisanelli, il quale osservava come «della potestà di ordinanza il Governo finirà sempre, prima o poi, per fare

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decretazione d’urgenza in Italia, se per un verso avvertiva dei pericoli insiti nell’istituto, dall’altro offriva larga testimonianza della «necessità che il Governo in taluni casi intervenga a disciplinare d’urgenza materie per le quali un ritardo a provvedere nelle more delle discussioni parlamentari, anche se condotte con procedure abbreviate, non potrebbe non essere cagione di danni per l’interesse generale»8.

La discussione, pertanto, dal se prevedere la decretazione d’urgenza virò sul come disciplinarla, nella convinzione che «fosse cosa migliore prevedere il fatto, regolarlo ed arginarlo, perché esso non straripi, così come in altri momenti è accaduto»9. Preso atto, dunque, dell’inevitabilità dei decreti-legge10, la preoccupazione dei

uso» (Atti ass. cost., giovedì 16 ottobre 1947, pom., 1294) e, soprattutto, quello dell’on. Ruini, il quale il giorno seguente, presentando il testo predisposto dalla Commissione per la Costituzione, poneva in luce come «non mettendo nulla, si viene a facilitare ed incoraggiare l’uso dei decreti-legge, che nulla può impedire, anche il silenzio della Costituzione che significa divieto; non si avranno limiti; e così si farà col silenzio, opera illiberale» (Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1300). Nello stesso senso pure l’intervento dell’on. Bozzi (ibidem, 1302). In dottrina, poi, il punto è stato lucidamente espresso da L. PALADIN, In tema di decreti-legge, in

Riv. trim. dir. pubbl. 1958, 537 s.: «Vana pretesa, quindi, è quella di certe

Costituzioni, le quali, serbando in proposito il silenzio ovvero adottando formule di esplicita condanna d’ogni legislazione posta in essere per vie diverse da quelle normali, intendono sbarrare il passo a simili provvedimenti necessitati. Il silenzio della Costituzione e la stessa esclusione di qualunque forma di decretazione legislativa non riuscirebbero mai a far sì che di fatto i decreti-legge non siano emanati in ogni momento di crisi improvvisa ed imprevista dello Stato. Disposizioni o lacune del genere importano soltanto una qualificazione preventiva dei decreti stessi come atti formalmente illegali, sebbene fondati sul dovere politico primario di tutti i Governi, che è quello di soddisfare gli interessi della comunità nazionale».

8 G. SOLAZZI, I decreti-legge, in Commentario sistematico della

Costituzione italiana, diretto da P. Calamandrei e A. Levi, Firenze 1950,

100 s.

9 Così l’on. Bozzi: cfr. Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1302.

10 Tanto più necessari in un sistema a costituzione rigida perché, ove così non fosse, a fronte della loro ineluttabile riemersione nella prassi «non solo il decreto-legge ma lo stesso bill d’indennità resterebbero atti

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costituenti fu quella di apprestare limiti rigorosi che potessero frenare e impedire gli abusi, ancora tanto freschi nella memoria di molti, così da salvaguardare le prerogative del Parlamento rispetto all’azione del Governo.

Non è questa la sede per ripercorrere l’intero iter di formazione del vigente art. 77 Cost.11, dalla prima formulazione proposta dalla Commissione per la Costituzione12, a quella originariamente approvata dall’Assemblea13, fino a quella uscita fuori dal coordinamento finale, poi definitivamente approvata nella seduta del 22 dicembre 194714. Qui, invece, si vuole mettere in luce come l’intento dell’Assemblea costituente fosse quello di ingabbiare il decreto-legge, di predisporre «maglie rigide»15, in modo tale da renderlo una «eventualità che dovrebbe

incostituzionali» (cfr., di nuovo, l’intervento dell’on. Ruini, Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1300).

11 Per un quadro sintetico del quale v. V. FALZONE, F. PALERMO, F. COSENTINO (a cura di), La Costituzione della Repubblica italiana:

illustrata con i lavori preparatori, Milano 1976, 220 ss.

12 Il cui testo era il seguente: «il Presidente della Repubblica non può emanare decreti aventi valore legislativo, deliberati dal Governo, se non in casi straordinari di assoluta e urgente necessità. In tali casi le Camere, anche se sciolte, sono appositamente convocate e debbono riunirsi entro cinque giorni. I decreti perdono di efficacia se non sono convertiti in legge e pubblicati entro sessanta giorni» (cfr. Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1300).

13 Il testo approvato dall’Assemblea così recitava: «non si possono emanare decreti aventi valore di legge ordinaria se non in casi straordinari di assoluta urgente necessità. In tali casi le Camere, anche se sciolte, sono appositamente convocate e debbono riunirsi entro cinque giorni. I decreti perdono di efficacia se non sono convertiti in legge e pubblicati entro sessanta giorni» (cfr. Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1313). Durante la discussione, peraltro, era più volte emersa la necessità che in sede di coordinamento si rivedesse la formulazione dell’articolo. 14 Per alcune valutazioni sull’impatto che l’intervento del comitato di coordinamento ha avuto sul testo dell’art. 77 Cost. v. F. SORRENTINO, Il

decreto-legge non convertito, in Politica del diritto 1995, 424 s. e ora,

diffusamente, V. PETRI, La formazione delle leggi (artt. 70-82 Cost.), in Il

coordinamento finale della Costituzione, a cura di A. Celotto, Napoli

2009, 149 ss.

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essere rarissima»16. Un atto, insomma, straordinario ed

eccezionale, a fronte della ordinaria legge del Parlamento. 1.1. Segue. La straordinarietà del decreto-legge

In Assemblea Costituente i più ritennero che alla decretazione d’urgenza erano stati posti «i freni e i limiti più efficaci che si possano pensare»17, con ciò riferendosi tanto alla clausola generale legittimante il Governo all’adozione dei decreti, quanto all’obbligo di immediata presentazione alle Camere e alla perdita d’efficacia in caso di mancata conversione nell’arco di sessanta giorni. In effetti, già la sola lettura dell’art. 77 Cost. mette di fronte a un atto avente

16 Così l’on. Tosato: cfr. Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1312.

17 Così, presentando la formula predisposta dal Comitato di redazione, l’on. Ruini: cfr. Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1300 s. Le parole dell’on. Ruini sono tanto emblematiche che val la pena riportarle per esteso: «I provvedimenti presi dal Governo devono essere immediatamente - il giorno stesso della loro emanazione - presentati alle Camere per la loro conversione in legge. Se le Camere non sono già raccolte, devono esserlo, anche se sciolte, non più tardi che entro cinque giorni. L’immediato intervento e l’apposita convocazione delle Camere è un freno molto sensibile per i Governi, che sapranno, nell’emettere decreti-legge, di dover presentarsi subito al Parlamento per affrontare un giudizio di responsabilità, che è implicito nell’atto della conversione, e nulla vieta che diventi esplicito, ove il decreto-legge risulti ingiustificato e ispirato a criteri antiliberali ed antidemocratici. Il Governo ci penserà ad emettere profluvio di decreti-legge, quando sa che basta un piccolo decretino di tal genere, per far convocare le Camere anche disciolte. Sarà di fatto un formidabile freno. Né basta. Vi è un altro freno. Se i decreti-legge non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro presentazione alle Camere, perdono ogni efficacia. Ciò accentua il loro carattere di provvisorietà, e pone un brevissimo termine, nel quale possono aver vigore, senza che intervenga la conversione». Il convincimento di avere predisposto limiti sufficientemente rigidi era tale che l’on. Mortati ritirò l’emendamento da lui proposto - teso a consentire l’adozione dei decreti-legge per il solo aumento delle tariffe delle imposte indirette, quando vi fosse stato danno nel ritardo - proprio in ragion del fatto che «se si mantiene il limite così rigido e rigoroso di convocazione delle Assemblee (…) e cioè al termine brevissimo di 5 giorni dall’emanazione del provvedimento, si pone in essere una remora sufficiente ad evitare l’abuso dei decreti-legge» (cfr. Atti ass. cost., 17 ottobre 1947, 1303).

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forza di legge18 cui si dovrebbe ricorrere occasionalmente e sporadicamente19, che non è una alternativa alla legge parlamentare ma che, al contrario, può intervenire in sua vece, e provvisoriamente, solo in via eccezionale20.

Va letto in tal senso, innanzitutto, il rapporto dell’art. 77 Cost. - sin dal primo comma, ai sensi del quale «il Governo non può senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria»21 - con la regola posta dall’art. 70 Cost., che riserva collettivamente alle Camere l’esercizio della funzione legislativa22; poi, «l’iterazione delle negazioni, a cadenza quasi ritmica»23 presenti tanto nell’articolo in esame quanto nell’art. 76 Cost., che implicitamente ma chiaramente ribadiscono che l’adozione di disposizioni di rango primario da parte del Governo è

18 Sulla forza (e il valore) di legge del decreto-legge v., secondo posizioni anche molto diverse, C. ESPOSITO, Decreto-legge, in Enc. Dir. 1962, ora

anche in ID., Diritto costituzionale vivente: Capo dello Stato ed altri saggi,

Milano 1992, 196 ss.; G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 102 ss.; V. DI CIOLO,

Questioni in tema di decreti-legge, Milano 1970, 278 ss.; F. SORRENTINO,

La Corte costituzionale tra decreto-legge e legge di conversione: spunti ricostruttivi, in Diritto e Società 1974, 509 ss.; L. PALADIN, In tema, cit.,

540 ss.; V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale. II, 1, VI ed.,

Padova 1993, 89 ss., spec. 97 ss. e ID., Lezioni di diritto costituzionale. II,

2, V ed., Padova 1984, 326 ss.

19 Cfr. F. MODUGNO, Le fonti del diritto, in ID. (a cura di), Lineamenti di

diritto pubblico, Torino 2010, 134, ma già ID., Appunti dalle lezioni sulle

Fonti del Diritto, Torino 1998, 55 ss.

20 A. PACE, Divagazioni sui decreti-legge non convertiti, in AA. VV., I decreti-legge non convertiti. Atti del seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, nel giorno 11 novembre 1994, Milano 1996, 36, sottolinea come il potere di cui all’art. 77 Cost. «è “eccezionale” e “derogatorio”, tanto nell’intenzione dei Costituenti, quanto nell’enunciato normativo». 21 Lo mette in luce già G. SOLAZZI, I decreti-legge, cit., 102.

22 Analogamente A. CELOTTO, L’«abuso», cit., 116 s.; C. FRESA,

Provvisorietà con forza di legge e gestione degli stati di crisi, Padova

1981, 34 ss.; V. ANGIOLINI, Necessità ed emergenza nel diritto pubblico italiano, Padova 1986, 118 ss. Contra G. PITRUZZELLA, La legge di

conversione del decreto legge, Padova 1989, spec. 119, il quale supera

l’apparente antinomia esistente tra le due disposizioni costituzionali mercè una ricostruzione dei rapporti tra decreto-legge e legge di conversione nei termini di un «concorso necessario».

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l’eccezione alla regola (o, meglio, l’eccezione che conferma la regola)24; infine, il riferirsi agli atti del Governo quali “provvedimenti provvisori […] con forza di legge”25, che richiama l’idea di atti in grado di «disciplinare soltanto temporaneamente un determinato oggetto [la cui] disciplina definitiva è rimessa al parlamento»26, se non, addirittura, quella di un «comando concreto e diretto a situazioni identificate sul piano della realtà e non solo astrattamente identificabili»27.

Ma è, soprattutto, il sintagma dei “casi straordinari di necessità e di urgenza”28 a dare «la precisa impressione che la Carta costituzionale abbia di mira situazioni

oggettivamente eccezionali, tali da porsi al di fuori delle

consuete disponibilità del legislatore ordinario»29.

24 Ha osservato G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto costituzionale. Il

sistema delle fonti del diritto, Torino 1990 [rist. 1988], 175, come «il

decreto legge non è una contraddizione rispetto al principio d’appartenenza della funzione legislativa al parlamento; è anzi uno strumento che vale, eccezionalmente, per garantire la vigenza normale di quel principio e per consentire, appena ristabilita la situazione di normalità, di rientrare nell’ambito della distribuzione ordinaria del potere secondo la costituzione». Cfr. altresì E. PALICI DI SUNI, La regola e

l’eccezione, Milano 1988.

25 Provvisorietà che non deve essere intesa quale «temporaneità» ma come «precarietà»: così G. F. CIAURRO, Decreto legge, cit., 10.

26 G. PITRUZZELLA, La legge, cit., 148. Cfr. anche C. MORTATI, Istituzioni

di diritto pubblico, II, Padova 1976, 704, il quale osserva come la dizione

“provvedimenti provvisori” «serve ad accentuare il carattere della provvisorietà, ad eliminare l’idea che la norma emessa possa valere a regolare una serie indeterminata di casi futuri».

27 V. PETRI, La formazione, cit., 158. In termini anche G. F. CIAURRO,

Decreto legge, cit., 8, che osserva come la dizione utilizzata implica un

«contenuto normativo semplice e omogeneo, atto a far fronte provvisoriamente a situazioni eccezionali».

28 Il ricorso a una clausola generale, piuttosto che ad una elencazione positiva dei casi di necessità che abilitassero l’adozione dei decreti-legge, si rese necessaria perché durante i lavori preparatori non tardò a riemergere il «classico problema della difficoltà - o, forse, dell’impossibilità - di riuscire ad individuare e classificare normativamente tutti i casi in cui il decreto-legge poteva essere ammesso» (A. CELOTTO, L’«abuso», cit., 133).

29 Così, con invidiata chiarezza, L. PALADIN, Art. 77, cit., 56 (il corsivo è nostro).

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Milita a favore di quanto si va dicendo, in primo luogo, la circostanza che la necessità e l’urgenza, piuttosto che come una «mera endiadi»30, vadano intese quali due requisiti distinti31, che debbono concorrere perché il Governo possa ritenersi abilitato all’adozione dei decreti-legge32. Semmai, può dirsi che il rapporto intercorrente tra i due elementi è di tipo progressivo: solo una volta che si sia riscontrata l’esigenza di un dato intervento normativo (la necessità), potrà valutarsi se esso sia anche improrogabile, di modo che non è possibile adottarlo secondo i modi e i tempi dell’ordinario procedimento legislativo (l’urgenza)33. Ciò, però, non implica affatto che la formula costituzionale sia, appunto, «un’ipotesi sostanzialmente unitaria»34, perché rimane pur sempre il fatto che quelle relative alla sussistenza della necessità e dell’urgenza sono due valutazioni distinte, pur se inscindibilmente legate l’un

30 In questi termini, invece, A. PIZZORUSSO, Delle fonti del diritto.

Disposizioni sulla legge in generale artt. 1-9, in Commentario al codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma 1977, 262 e, poi,

C. FRESA, Provvisorietà, cit., 51 e G. PITRUZZELLA, La legge, cit., 56.

31 L. PALADIN, In tema, cit., 553 ss.; G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 116; G. SILVESTRI, Alcuni profili problematici dell’attuale dibattito sui

decreti-legge, in Politica del diritto 1996, 437; A. CELOTTO, L’«abuso», cit., 392 ss.

32 G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 125; M. RAVERAIRA, Il problema del

sindacato di costituzionalità sui presupposti della «necessità ed urgenza» dei decreti-legge, in Giur. cost. 1982, 1447.

33 Rileva con straordinaria lucidità G.U. RESCIGNO, Ordinanza e

provvedimenti di necessità e di urgenza (dir. cost. e ammin.), in Nss. Dig. It., Torino 1965, 100, che «l’urgenza non è che una specie del genere

necessità e più precisamente una necessità qualificata rispetto al tempo (infatti urgenza = necessità di provvedere subito; oppure, diversamente espresso: vi può essere una necessità che non sia urgente, non vi può essere una urgenza [attuale] che non comporti [un certo grado di] necessità)». Cfr. anche V. DI CIOLO, Questioni, cit., 218, per il quale «l’urgenza non ha una sua autonoma significazione, ma costituisce piuttosto un modo di essere della necessità, in quanto non basta che vi sia la necessità di legiferare su una materia, perché si adotti un decreto-legge: occorre anche che tale necessità sia urgente, indifferibile, indilazionabile».

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l’altra, che risultano essere entrambe irrinunciabili perché possa attivarsi il «potere legislativo potenziale»35 del Governo. A conferma del fatto che la locuzione costituzionale in esame intende riferirsi a «circostanze intrinsecamente eccezionali»36 v’è, poi, l’aggettivo “straordinari”, che integra il sintagma di cui andiamo discorrendo e che sembra doversi intendere «come una qualificazione rafforzativa della “necessità ed urgenza”, nel senso di un particolare tipo o

grado di intensità di esse»37. In altri termini, solo casi di

straordinaria necessità e di straordinaria urgenza - che per

l’essere imprevedibili «rendono improrogabile l’intervento normativo per l’impossibilità per il Parlamento di far fronte in tempo utile alla situazione necessitata»38 - possono legittimare il Governo a esercitare per mezzo di decreti-legge, che «per definizione non costituiscono atti di ordinaria amministrazione»39, una funzione, quella legislativa,

ordinariamente di spettanza esclusiva delle due Camere. Il

che mira, come è stato assai efficacemente affermato, «ad evitare […] il pericolo che l’istituto in questione possa diventare la tomba di un altro istituto, ben più prezioso, il Parlamento»40.

35 C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, Torino 1984, 317. 36 G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 118.

37 M. RAVERAIRA, Il problema, cit., 1445. In termini, L. PALADIN, In tema, cit., 555; G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 118; C. LAVAGNA, Istituzioni, cit.,

321. Contra A. PIZZORUSSO, Delle fonti, cit., 262, secondo il quale «il

riferimento alla straordinarietà dei “casi” non [ha] neppure essa altra funzione che quella iterativa del concetto espresso»; G.F. CIAURRO,

Decreto-legge, cit., 9, per il quale la straordinarietà pare essere l’unico

presupposto costituzionale che legittima l’adozione di un decreto.

38 A. CONCARO, Il sindacato di costituzionalità sul decreto-legge, Milano 2000, 17.

39 L. PALADIN, In tema, cit., 556.

40 C. CHIMENTI, Conversione dei decreti legge ed ostruzionismo

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1.2. Segue. La conversione in legge

Come si accennava in precedenza, per contenere il fenomeno della decretazione d’urgenza il Costituente affiancò alla clausola generale legittimante - indice di una resa alla inevitabilità del decreto-legge41, cui però si accompagnava l’intenzione di circoscriverne il più possibile l’ambito di intervento - un ulteriore freno, in questo caso d’ordine procedimentale: l’immediata presentazione del decreto alle Camere per la conversione in legge, da compiersi nel breve termine di sessanta giorni, pena la perdita d’efficacia dell’atto del Governo42.

In tal modo all’atto decreto-legge, che pure deve essere considerato legittimo sin dalla sua emanazione43, vengono conferiti la forza e il valore della legge44 soltanto provvisoriamente45, per un lasso di tempo predeterminato

41 Come ha correttamente notato G. GROTTANELLI DE’ SANTI, Uso ed

abuso del decreto legge, in Dir. e Società 1978, 242, «nello stesso concetto

di inevitabilità è implicito quello di eccezionalità, quindi di rarità nel verificarsi dell’evento rispetto allo svolgersi normale delle funzioni statuali; diversamente si assisterebbe al fenomeno di una produzione normativa normale da parte di due fonti parallele con tutti i problemi che ne derivano sul piano dell’unità dell’ordinamento e della certezza del diritto che non è qui il caso di ricordare».

42 Ne hanno sottolineato la capacità frenante, tra gli altri, G. SOLAZZI, I

decreti-legge, cit., 101; G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 35; V. DI CIOLO,

Questioni, cit., 272; C. MORTATI, Istituzioni, cit., 704 e, pur se solo in

riferimento alla decadenza del decreto in caso di mancata conversione, L. PALADIN, Decreto-legge, in Nss. Dig. It., Torino 1960, 292.

43 È noto come, invece, propendano per una interpretazione che vorrebbe il decreto-legge quale atto illegittimo, mera eventualità regolata dalla Costituzione, in quanto tale dotato della sola “forza” di legge, ma non del “valore”, C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 183 ss. e, sulla sua scia, F.

SORRENTINO, La Corte costituzionale, cit., 506 ss. e, da ultimo, G.

GUZZETTA, Decreto-legge, in Dizionario di diritto pubblico, a cura di S. Cassese, Milano 2006, 1752 ss.

44 O né l’una né l’altra: in ciò risiederebbe, secondo L. PALADIN, Art. 77, cit., 44, il «paradosso dei decreti-legge; [dal quale] derivano, in gran parte, le difficoltà interpretative e ricostruttive dell’articolo [in esame]». 45 Tanto che si è sostenuto che i decreti «proprio per la loro precarietà e provvisorietà, non hanno capacità abrogativa, ma solo sospensiva»: così F. MODUGNO, Le fonti, cit., 137.

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entro il quale le Camere46, titolari in via ordinaria della funzione legislativa, sono chiamate a pronunciarsi sull’atto normativo posto in essere in via straordinaria dal Governo47. Nella logica costituzionale, pertanto, al decreto-legge - atto

straordinario - deve seguire la legge parlamentare - atto ordinario - che deve soddisfare l’esigenza di «restaurazione

del sistema delle competenze»48, stabilizzando ed eventualmente protraendo gli effetti della normativa prevista dall’atto provvisorio49, oltre che quello di sollevare il Governo dalla responsabilità che si è assunto, ai sensi dell’art. 77 Cost., nell’adozione del decreto50.

Ora, il fatto che a riportare in equilibrio le competenze sia una legge parlamentare non sembra essere circostanza sufficiente per concludere che la legge de qua sia una legge ordinaria in tutto e per tutto come le altre51. Al contrario, sembra esatto ritenere che «il potere di conversione del Parlamento non è configurato, nel modello costituzionale, come potere legiferante in senso proprio»52, di modo che la legge di conversione deve intendersi quale «legge tipica a competenza predeterminata»53. Depongono in tal senso, infatti, diversi elementi.

46 E, in particolare, le opposizioni: cfr. A. PACE, Divagazioni, cit., 41; A. DI GIOVINE, La decretazione d’urgenza in Italia tra paradossi, ossimori e

prospettive di riforma, in Studi parl. e di pol. cost. 1996, 7.

47 Senza, peraltro, che in capo al Parlamento verta un vero e proprio obbligo di pronunciarsi entro il termine. È la stessa Costituzione, difatti, a prevedere i due diversi esiti che possono seguire l’adozione del decreto: la conversione in legge o la sua decadenza.

48 C. MORTATI, Istituzioni, cit., 708. Analogamente, da ultimo, L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna 2000 (rist. 1996), 258.

49 V. DI CIOLO, Questioni, cit., 290 ss.; C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 327; G. PITRUZZELLA, La legge, cit., 75 ss.

50 Sul tipo di responsabilità di cui all’art. 77 Cost. v. infra, Cap. II, nt. 128.

51 In tal senso, invece, tra gli altri, G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 157; L. PALADIN, Art. 77, cit., 84.

52 G. SILVESTRI, Alcuni profili, cit., 424.

53 V. DI CIOLO, Questioni, cit., 303, cui adde A. PACE, Divagazioni, cit., 45.

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Bisogna considerare, in primo luogo, come a seguito dell’emanazione del decreto-legge da parte del Presidente della Repubblica il Governo ha un vero e proprio obbligo di presentazione dello stesso alle Camere54, di modo che, per un verso, il termine entro il quale ciò deve avvenire - “il giorno stesso”55 - deve reputarsi perentorio e, per l’altro, il mancato rispetto di questo dovrebbe a rigore determinare la decadenza dell’atto provvisorio56. Il disegno di legge di

54 E, difatti, si è parlato a tal proposito di iniziativa riservata - perché il Governo è l’unico soggetto che può presentare alle Camere un disegno di legge di conversione - e vincolata - perché sul Governo grava un dovere assoluto di presentazione: cfr. S.M. CICCONETTI, Il potere di ritiro nel

procedimento di formazione delle leggi, in Riv. trim. dir. pubbl. 1965, 381

ss. Nel senso di un «obbligo costituzionale» in capo al Governo anche C. MORTATI, Istituzioni, cit., 706 e G.F. CIAURRO, Decreto legge, cit., 11. Propendono per la «sostituibilità dell’iniziativa governativa con altre succedanee» C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 258; V. DI CIOLO, Questioni,

cit. 317; G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 162; A. PIZZORUSSO, Delle fonti,

cit., 265 s.; L. PALADIN, Art. 77, cit., 74.

55 Salvo poi capire se «il giorno stesso» cui si riferisce la disposizione costituzionale vada riferito alla emanazione del Capo dello Stato o alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, essendo del tutto implausibile che l’art. 77 Cost. possa riferirsi al momento della mera adozione del decreto da parte del Consiglio dei Ministri. Per la prima ipotesi propende C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 324, il quale pur

riferendosi alla «adozione», sembra ritenere quest’ultima coeva alla «firma presidenziale» e, dunque, alla emanazione. Per la seconda, condivisibilmente, G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 161; V. DI CIOLO,

Questioni, cit., 313 s.; C. MORTATI, Istituzioni, cit., 706; L. PALADIN, In

tema, cit., 558 s., il quale in altra sede (ID., Art. 77, cit., 72 s.) mette bene

in luce come tale interpretazione sia da preferire «non tanto perché i provvedimenti adottati ma non pubblicati sono ancora ufficialmente ignoti alla generalità dei destinatari, quanto perché il 3° comma dell’articolo in esame fa un esplicito riferimento alla pubblicazione, per computare il periodo entro il quale tali atti debbono venire convertiti; ed è abbastanza chiaro che non sarebbe coerente fissare con criteri diversi il momento iniziale e il momento finale del procedimento di conversione». 56 In tal senso G. F. CIAURRO, Decreto legge, cit., 11; A. PACE,

Divagazioni, cit., 46 s., nt. 66, il quale peraltro ritiene che sul Governo

gravi «un onere, da esercitare, a pena di decadenza, entro un termine perentorio». Secondo C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 324 s., dalla mancata presentazione dovrebbe derivare la disapplicazione del decreto da parte del giudice, «trattandosi di circostanz[a] influent[e] sull’efficacia, oltre che sulla validità dell’atto». Rimarrebbe però pur sempre possibile la presentazione tardiva e, dunque, la conversione. Contra C. ESPOSITO,

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conversione, dunque, non è nella disponibilità dell’Esecutivo57, né il Capo dello Stato potrebbe rifiutarne l’autorizzazione alla presentazione58, perché è la Costituzione a imporre che il Parlamento sia messo immediatamente nelle condizioni di prendere conoscenza di un atto straordinario di esercizio della funzione legislativa: la differenza che intercorre con gli ordinari disegni di legge di iniziativa governativa è palese.

In secondo luogo, il tempo della legge di conversione non è il tempo della legge ordinaria. Di regola, infatti, le Camere sono padrone dei tempi di esame, discussione e approvazione dei disegni di legge, secondo quanto da loro stesse stabilito. Il disegno di legge di conversione, invece, s’impone alle Camere, sovrapponendosi alla programmazione dei lavori già decisa: anche a voler ammettere che «il Parlamento rimane pur sempre libero di valutare più urgente la discussione di altri affari già nel programma piuttosto che la conversione del decreto-legge»59, resta il fatto che l’approvazione di quest’ultima non può avvenire oltre i sessanta giorni costituzionalmente previsti, mentre gli ordinari progetti di

Decreto-legge, cit., 255 ss.; L. PALADIN, Art. 77, cit., 73; V. DI CIOLO,

Questioni, cit. 214 s.; G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 164; G. PITRUZZELLA,

La legge, cit., 186, per i quali il Governo, se del caso, risponderà

politicamente del ritardo con il quale ha presentato il decreto, la cui efficacia e validità non sono però da quello intaccate.

57 Dal che si è anche dedotto che il Governo non potrebbe esercitare il potere di ritiro del disegno di legge di conversione: così S.M. CICCONETTI,

Il potere di ritiro, cit., 397 s.; C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 273, nt. 106;

L. PALADIN, Art. 77, cit., 74; S. LABRIOLA, Il governo e le sue funzioni,

Padova 1981, II, 153 s. Contra, A. PACE, Divagazioni, cit., 55 ss.

58 C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 324, acutamente osserva come «[non] sarebbe necessario, per la presentazione, un apposito decreto presidenziale di autorizzazione, come viceversa è d’uso, potendosi considerare sostituito dalla clausola di presentazione [al Parlamento] inserita nel decreto». In senso analogo C. MORTATI, Istituzioni, cit., 706. Del resto, sarebbe davvero arduo pensare a un Presidente della Repubblica che emana il decreto-legge e poi, contestualmente, non autorizzi il Governo a presentare alle Camere il relativo disegno di legge di conversione!

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legge non hanno alcuna dead line entro cui essere approvati60, se non quella della fine della Legislatura61. Senza dire, poi, del fatto che, in quel breve lasso di tempo, debbono pronunciarsi entrambe le Camere e che, dunque, ciascuna di esse gode di un tempo inferiore a quello di cui all’art. 77 Cost., tanto più breve, peraltro, quanto più il ramo del Parlamento intervenuto per primo trattenga in esame il decreto62. In altri termini, la gestione del tempo per la conversione è ben altra cosa rispetto a quel che accade nel procedimento legislativo ordinario. Qui, la clessidra vien fatta partire non appena il decreto-legge è pubblicato e la sabbia scorre senza soluzione di continuità; lì, in qualsiasi momento le Camere sono padrone di fermare la clessidra e di farla ripartire (o meno) in un secondo momento.

Infine, la legge di conversione si differenzia dalle altre leggi per il suo contenuto «in quanto presuppone l’esistenza di un decreto da convertire, cui si rifà anche nella propria formulazione testuale»63: come è noto, infatti, non consta di

60 Che i sessanta giorni a disposizione delle Camere sia un argomento che gioca a favore della peculiarità della legge di conversione lo ha sostenuto anche A. CONCARO, Il sindacato, cit., 90.

61 In base al principio della decadenza per fine legislatura di tutti gli atti non definitivamente approvati, sul quale, anche per talune eccezioni, cfr. S.M. CICCONETTI, Le fonti del diritto italiano, Torino 2007, 183 ss.

62 Quest’ultima circostanza verrebbe meno a seguire l’indicazione di C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 254 s., della presentazione per la

conversione «in modo contemporaneo e collegato». Rimangono però insuperate le considerazioni al riguardo di L. PALADIN, In tema, cit., 254,

che osserva come, potendo ambedue i rami del Parlamento emendare il testo del decreto, è preferibile che alla seconda Camera sia presentato «un disegno già compiutamente approvato dalla prima, facendo sì che evidenti motivi di correttezza la inducano ad accogliere o rigettare “in toto” il disegno medesimo, piuttosto che correre il rischio d’una duplice manifestazione di volontà delle Camere, concorde quanto alla conversione del decreto-legge e discorde sugli emendamenti». Su quelli che, tuttavia, sono i limiti alla emendabilità del (disegno di legge di conversione del) decreto-legge secondo la logica della Costituzione v.

infra nel testo.

63 A. CONCARO, Il sindacato, cit., 93. Nel medesimo senso - ovvero, di un rapporto di presupposizione tra legge di conversione e decreto-legge - G. PITRUZZELLA, La legge, cit., 127; V. ANGIOLINI, Attività legislativa del

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più articoli, ma di un solo articolo che converte il decreto-legge il cui testo è allegato al disegno di decreto-legge di conversione. Il che è questione di non poca rilevanza, innanzitutto perché in tal modo dalle vicende concernenti il decreto-legge dipendono le sorti del disegno di legge di conversione64; poi, perché discussione e approvazione avvengono formalmente su un unico articolo, appunto quello della legge, ma

sostanzialmente sugli articoli del decreto (e sugli eventuali

emendamenti a esso proposti); da ultimo, e forse soprattutto, in quanto l’esame parlamentare viene a porsi su «norme già operanti nell’ordinamento giuridico»65.

Ebbene, gli indicati tratti di tipicità del procedimento di conversione portano con sé conseguenze di non poco momento. In particolare, sembra che a venirne non poco influenzato è il regime d’emendabilità del disegno di legge di (recte, del decreto-legge sottoposto a) conversione66. Se, infatti, nella logica della Costituzione decreto e legge di conversione debbono ritenersi «tappe di un’unica sequenza procedimentale»67 che dovrebbe porsi in essere in “casi

Governo e giustizia costituzionale, in Rivista di diritto costituzionale

1996, 242.

64 Si pensi al caso, invero improbabile ma non per questo impossibile, della dichiarazione di illegittimità costituzionale medio tempore del decreto: non avendo più alcunché da convertire, la legge rimarrebbe priva d’oggetto. Oppure a quello del rinvio presidenziale della legge di conversione che determini la decadenza del decreto: anche in questo caso, pur se per ragioni profondamente diverse, la legge rinviata sarebbe oramai priva d’oggetto. Su quest’ultimo aspetto v. infra Cap. III.

65 G.F. CIAURRO, Decreto-legge, cit., 13.

66 Sulle conseguenze derivanti, invece, sui vizi specifici del decreto-legge v. infra §§ 2 e 3.

67 V. ANGIOLINI, Attività, cit., 238. Nel senso di un vero e proprio «unico procedimento» è V. DI CIOLO, Questioni, cit., 306. A. MANZELLA, Il

parlamento, Bologna 2003, 357 ss., riconduce il procedimento di

conversione ai procedimenti legislativi «duali», ovvero a quelli caratterizzati «dal concorrere di due centri di autonomia normativa» (340). G. PITRUZZELLA, La legge, cit., 100, ha fatto riferimento a un «concorso necessario di una fonte legislativa del governo e di una fonte legislativa del parlamento sul medesimo oggetto», collocandolo però in una diversa lettura del decreto-legge, che non sarebbe affatto perturbatore delle competenze del Parlamento ma espressione di

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straordinari di necessità e di urgenza”, con i limiti, non solo temporali, di cui sopra si è detto, è difficile negare che la Costituzione si riferisca a un rapporto «che si instaura tra

atti sul presupposto della identità di contenuto normativo»68. Con il che, se non proprio all’idea del “prendere o lasciare”69, nella logica costituzionale l’emendabilità del decreto-legge sembra essere improntata alla marginalità delle rettifiche, «rese necessarie da aporie e lacune nella disciplina, dovute verosimilmente alla comprensibile fretta nella predisposizione delle norme»70, o, al più, a piccole correzioni della normativa posta in essere dall’Esecutivo. Del resto, la brevità del termine a disposizione delle Camere per la definitiva approvazione della legge di conversione pare essere incompatibile con la ordinaria navetta che, invece, potrebbe venirsi a instaurare tra le due Camere qualora il decreto venisse radicalmente emendato, secondo la logica propria della funzione legislativa tout court.

2. …la regola. La decretazione d’urgenza nella prassi repubblicana

Quelli posti dall’art. 77 Cost., è ben noto, si sono rivelati «argini normativi […] fragilissimi alla prova dei fatti e tali

ordinarie competenze normative del Governo, pur non pienamente fungibili con quelle delle Camere.

68 G. SILVESTRI, Alcuni profili, cit., 425.

69 Peraltro pure sostenuta, de iure condito o de iure condendo, in dottrina: cfr. A.M. SANDULLI, La Costituzione, 1974, in Nuova Antologia 1974, 35;

V. CRISAFULLI, Lezioni, cit., II, 1, 106 s.; C. ORLANDO, L’emendabilità dei

decreti-legge, in Nuovi studi politici 1981, 43 ss. Cfr. pure C. ESPOSITO,

Emendamenti ai Decreti-legge, in Giur. cost. 1956, 188 ss., nonché ID.,

Decreto-legge, cit., 234, nt. 63; 268 s., nt. 102, per il quale, essendo

oggetto di conversione l’«atto» e non le sue disposizioni, gli emendamenti dovrebbero ritenersi inammissibili, di modo che quando il Parlamento li ammetta e li approvi, facendoli altresì valere per il passato, «esso in realtà non converte il decreto-legge, ma si giova dell’art. 77 ultimo comma e disciplina retroattivamente i rapporti insorti sulla base del decreto non convertito».

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da dar luogo - sul piano della prassi - a una linea di continuità e non di discontinuità rispetto alle esperienze del passato»71. Il fiume del decreto-legge, infatti, è dapprima cresciuto sino a livelli di guardia e, poi, è decisamente esondato.

Durante le prime legislature repubblicane, invero, il ricorso alla decretazione d’urgenza è stato moderato ed è tendenzialmente rimasto ancorato a circostanze straordinarie72, quasi a far pensare che i freni e i limiti pensati dal Costituente fossero in grado di evitare le degenerazioni e gli abusi del passato.

Già a partire dalla IV legislatura, tuttavia, la quantità dei decreti-legge comincia a crescere73. Il primo argine che cede, quasi di schianto, è quello dei “casi straordinari di necessità ed urgenza”74.

La prassi applicativa dell’istituto, infatti, si è fondata su tutt’altra interpretazione del sintagma di cui all’art. 77, stralciata, in verità, dalla peculiare caratterizzazione della decretazione d’urgenza in cui era inserita75. Nella assai nota voce “Decreto-legge” Carlo Esposito aveva ritenuto, innanzitutto, che quelle cui si riferisce la Costituzione

71 A. DI GIOVINE, La decretazione, cit., 8.

72 Così, quasi testualmente, G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 121 s. Di un uso moderato parla anche L. PALADIN, In tema, cit., 555, il quale peraltro

non manca di sottolineare come già quelle prime occasioni d’uso dello strumento mostrassero una concezione dei “casi straordinari di necessità e di urgenza” più estensiva di quanto non possa apparire dal testo costituzionale.

73 Cfr. F. CAZZOLA, Le lentezze dell’urgenza. Legislature, governi e uso del

decreto-legge, in F. CAZZOLA, A. PREDIERI, G. PRIULLA, Il decreto-legge fra

Governo e Parlamento, Milano 1975, 3 ss.; A. CELOTTO, L’«abuso», cit.,

248 ss.; A. BALDASSARRE, C. SALVI, La decretazione d’urgenza. Tendenze

istituzionali e proposte di riforma, in Democrazia e diritto 1981, 33 ss.

74 Ha posto in rilievo A. DI GIOVINE, La decretazione, cit., 14, che «le clausole generali, nella nostra esperienza costituzionale, sembrano fatte apposta per essere stravolte dalla prassi».

75 Un’osservazione in tal senso, da ultimo, in A. CELOTTO, E. DI BENEDETTO, Art. 77, in Comm. cost., a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Torino 2006, 1518. Della peculiare ricostruzione dell’istituto del decreto-legge nell’opinione di Esposito si è già fatto cenno alla nt. 43.

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possono essere tanto «misure del Governo dirette alla salvezza dello Stato, alla tutela dell’ordine pubblico, alla conservazione di beni o di valori fondamentali riconosciuti e consacrati in Costituzione, e perciò provvedimenti presi in situazione di assoluta necessità ed urgenza»76 quanto «provvedimenti necessitati ed urgenti solo in relazione ai fini

propostisi dal Governo»77. Inoltre, aveva messo in luce come i presupposti giustificativi non vadano riferiti esclusivamente al provvedimento, essendo ben possibile che ineriscano all’atto del provvedere in sè e per sè78. Venivano, così, poste le premesse in base alle quali affermare che «non vi è interesse dello Stato, cui il Governo ritenga opportuno sia data soddisfazione, e che per ragioni contingenti e straordinarie non possa essere soddisfatto nelle vie dell’ordinaria legislazione, che non possa dare luogo ai provvedimenti disciplinati dall’art. 77»79.

Ora, che una clausola generale come quella prevista dal capoverso dell’art. 77 Cost. sia intrinsecamente elastica80, di modo che «il Governo […] gode di margini di scelta ampi nella valutazione delle circostanze concrete che costituzionalmente lo legittimano a ricorrere alla decretazione legislativa d’urgenza»81, è innegabile. Del resto, proprio la scelta di un sintagma del genere testimonia l’impossibilità di una predeterminazione aprioristica dei casi in cui possa ritenersi legittima l’adozione di un decreto-legge, che viene così ad avere un fondamento «latissimo»82. Né sembra che la disposizione costituzionale escluda radicalmente la possibilità di riferire i presupposti all’atto del provvedere, piuttosto che al provvedimento, ben potendo

76 C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 194 (il corsivo è nostro). 77 C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 194 (il corsivo è nostro). 78 C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 220 s., nt. 46.

79 C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 194.

80 Cfr. G. GROTTANELLI DE’ SANTI, Uso ed abuso, cit., 246.

81 A. CELOTTO, L’«abuso», cit., 181. In tal senso v. pure, da ultimo, A. CONCARO, Il sindacato, cit., 18.

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essere che il caso straordinario imponga, appunto, il

provvedere in sé, prima ancora di misure singolarmente

considerate. V’è da sottolineare, inoltre, che, da un lato, è solo l’Esecutivo che può rilevare (e poi invocare) il “caso straordinario”83 e che, dall’altro, è indubbio come rientri nel campo dell’indirizzo politico il se, il come e il quando reagire alla situazione imprevedibile verificatasi84.

Ciò, però, non toglie (non deve togliere) che il decreto-legge «è uno strumento da adottare esclusivamente in ipotesi estreme»85, quando, per dare risposte efficaci «a situazioni che si pongono al di fuori del normale ordine delle cose»86, non sia possibile ricorrere neppure ai “procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza” previsti dall’art. 72 Cost.87. Insomma, «il grado di discrezionalità di cui gode in merito l’organo non risulta così ampio da rendere l’accertamento stesso totalmente libero»88, se non a costo di svuotare di senso il riferimento della Costituzione alla straordinarietà del caso.

Le «suggestioni espositiane»89, tuttavia, non sono rimaste affatto isolate in dottrina90 91, la quale non solo ne

83 C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 318.

84 Ha osservato V. DI CIOLO, Questioni, cit., 224, che «se un decreto-legge non può esistere se non c’è la necessità e l’urgenza di provvedere, non è vero il reciproco, e cioè che debba essere emanato inevitabilmente un decreto-legge se sussiste la necessità e l’urgenza». Contra A. MANZELLA,

Il governo e l’urgenza legislativa, in Studi parl. e di pol. cost. 1984, 13: «il

governo che non intervenga con “provvedimenti provvisori con forza di legge” quando questi sono gli strumenti disponibili per garantire l’urgenza di una decisione necessaria, è un governo responsabile di condotta contraria alla Costituzione non meno di un governo che faccia ricorso al decreto non sussistendone i presupposti».

85 F. CAZZOLA, Le lentezze, cit., 11. 86 G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 118.

87 Cfr. G. SOLAZZI, I decreti-legge, cit., 101.; L. PALADIN, In tema, cit., 557. 88 M. RAVERAIRA, Il problema, cit., 1448.

89 Come le ha definite A. CELOTTO, L’«abuso», cit., 406.

90 Già L. PALADIN, In tema, cit., 557, aveva osservato come «la necessità non sembra in tal caso indicare null’altro che l’indispensabilità d’una data misura ai fini del perseguimento dell’indirizzo politico governativo». V. anche C. MORTATI, Istituzioni, cit., 706 s.; V. DI CIOLO, Questioni, cit., 223; A. PIZZORUSSO, Delle fonti, cit., 262; S. LABRIOLA, Il governo, cit.,

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ha registrato il trionfo nella prassi, ma ha altresì contribuito a consolidarne il credito acquisito in sede politica92. Ciò perché, per un verso, si è ritenuto che la legittimità dell’adozione del decreto, proprio in virtù della relatività dei presupposti93, potesse essere valutata esclusivamente dal Parlamento in sede di conversione94, ammettendosi soltanto,

274; G. ZAGREBELSKY, Manuale, cit., 177 s.; F. MODUGNO, Atti normativi, in Enc. giur. Treccani, Roma 1988, 10; G. PITRUZZELLA, La legge, cit., 56 ss., secondo il quale i “casi straordinari di necessità e di urgenza” sono un tipico “concetto giuridico indeterminato” che «ha consentito un adeguamento della conformazione dei presupposti giustificativi della decretazione d’urgenza al divenire della realtà sociale e di quella normativa» (63).

91 Condividono il riferimento dei presupposti non solo al provvedimento ma anche al provvedere, tra gli altri, C. MORTATI, Istituzioni, cit., 707, nt. 1; F. SORRENTINO, La Corte costituzionale, cit., 524; M. RAVERAIRA, Il

problema, cit., 1452 ss.; G. ZAGREBELSKY, Manuale, cit., 177.

92 Ha peraltro rilevato L. PALADIN, Art. 77, cit., 58, che «non è facile dire fino a che punto le indulgenti interpretazioni dottrinali abbiano influito sul fenomeno della decretazione governativa d’urgenza, ed in qual misura - invece - siano state esse a risentire della crescente importanza che i decreti-legge hanno assunto di fatto». In senso non dissimile G.F. CIAURRO, Decreto-legge, cit., 9, che avanza il dubbio che simili

ricostruzioni dottrinali siano state spinte dalla prassi.

93 Quanto è costata l’eliminazione, in sede di coordinamento finale, dell’aggettivo “assoluta” con il quale s’era qualificata la necessità!

94 Cfr. A.A. CERVATI, Interrogativi sulla sindacabilità dell’abuso del

decreto-legge, in Giur. cost. 1977, 882 s.; C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 333;

A. PIZZORUSSO, I controlli sul decreto legge in rapporto al problema della

forma di governo, in Politica del diritto 1981, 309 ss. Contra, a

dimostrazione di come la distinzione tra necessità relativa e assoluta sia stata estrapolata dalla complessa ricostruzione dell’istituto del decreto-legge proposta, proprio C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 236 s.; 211, testo

e, soprattutto, nt. 36, ove osserva come «poiché la Costituzione eleva la esistenza di un caso straordinario di necessità ed urgenza, che possa soddisfarsi cioè solo fuori dalle vie consuete e canonizzate, a condizione per la sussistenza di un provvedimento adottato dal Governo ai sensi dell’art. 77 in tutte le sue disposizioni (ivi comprese quelle relative alla conversione in legge), così le indagini sulla sussistenza della situazione ipotizzata (per complessa, difficile e storicamente condizionata che sia) e sulla esistenza di una tendenza del provvedimento a farvi fronte (da distinguere dalle indagini sulla opportunità del provvedimento e sulla possibilità che le finalità propostesi potevano essere meglio raggiunte con altro e diverso decreto-legge governativo) in quanto relative alla possibilità di tale sussunzione, da cui dipende la conformità a

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da parte di alcuni, un sindacato giurisdizionale nei casi riconducibili al c.d. eccesso di potere legislativo95, e, per l’altro, perché maggioritario in dottrina è stato l’orientamento che inquadra la legge di conversione, intesa quale espressione dell’ordinaria potestà legislativa delle Camere, nei termini d’una novazione (o sostituzione) del decreto del Governo96 che, ove intervenuta, sanerebbe (o comunque renderebbe inoppugnabile) l’eventuale vizio da mancanza dei presupposti97.

2.1. Segue. Gli «opposti abusivismi» di Governo e Parlamento

Una volta che le «condiscendenti elaborazioni dei costituzionalisti»98 hanno aiutato la (o preso atto della) interpretazione «superestensiva»99 della “necessità ed urgenza”, per la prassi è stato sin troppo semplice pretermettere quasi del tutto anche la “straordinarietà” dei

Costituzione del provvedere e dell’avere provveduto con forza di legge, attengono alla legittimità e non al merito politico del provvedimento». 95 L. PALADIN, In tema, cit., 554; G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 116; F. SORRENTINO, La Corte, cit., 526; G. ZAGREBELSKY, Manuale, cit., 178.

Così poi anche, pur in una diversa ricostruzione dei rapporti tra decreto-legge e decreto-legge di conversione, M. RAVERAIRA, Il problema, cit., 1455 ss.; A.

PACE, Divagazioni, cit., 45 s.

96 Cfr., anche con pronunciate diversità d’accenti dei quali in questa sede non è possibile dar conto, G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 152 ss.; S. FOIS,

Problemi relativi agli effetti della conversione sull’impugnativa di decreti legge, in Giur. cost. 1968, 171 ss.; L. PALADIN, Art. 77, cit., 82 ss.; F.

MODUGNO, D. NOCILLA, Riflessioni sugli emendamenti al decreto legge, in

Dir. e società 1973, 351 ss.; V. CRISAFULLI, Lezioni, cit., II, 1, 105; C.

MORTATI, Istituzioni, cit., 709 s.; C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 325 ss; G. ZAGREBELSKY, Manuale, cit., 181.

97 G. VIESTI, Il decreto-legge, cit., 201; L. PALADIN, Art. 77, cit., 84 s.; C. LAVAGNA, Istituzioni, cit., 333.

98 L. PALADIN, Gli atti con forza di legge nelle presenti esperienze

costituzionali, in Giur. cost. 1974, 1520.

99 A. PREDIERI, Il Governo colegislatore, in F. CAZZOLA, A. PREDIERI, G. PRIULLA, Il decreto legge, cit., XV.

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casi100, di modo che il decreto-legge è stato adottato anche a fronte di casi prevedibili e non certo «fuori del normale e quotidiano svolgersi della vita di una comunità statale»101. Omessa qualsivoglia allusione a situazioni eccezionali, intesa la necessità in riferimento anche solo ai fini ordinari perseguiti dal governo e l’urgenza quale «situazione che, per valutazioni politiche, consiglia o impone» l’adozione dei provvedimenti governativi per «rispondere rapidamente a domande legislative»102, l’«alluvione»103 dei decreti che si è riversata sul Parlamento a partire dagli anni Settanta è stata inevitabile.

La «metamorfosi»104 dell’istituto, da eccezione fattosi regola105, ha portato con sè effetti tutt’altro che irrilevanti.

In primo luogo sul decreto-legge stesso che, ormai lontano dal contenere i meri “provvedimenti provvisori” di ...costituzionale memoria e divenuto nel corso degli anni strumento attraverso cui i Governi hanno spesso perseguito il proprio indirizzo politico, ha finito per disciplinare gli oggetti più disparati106, talvolta anche con il medesimo atto (i c.d. decreti omnibus), tanto che si è potuto affermare che «non vi è quasi alcun settore dell’ordinamento che sia sfuggito all’impatto delle fonti in esame»107.

In secondo luogo, ed è quel che maggiormente interessa ora porre in luce, la quantità (e la qualità...sempre che di

100 Cfr. G.F. CIAURRO, Decreto-legge, cit. 9; L. PALADIN, Atti legislativi del

Governo e rapporti fra i poteri, in Quaderni costituzionali 1996, 12.

101 Così invece V. DI CIOLO, Questioni, cit., 217, delineava la “straordinarietà” secundum Constitutionem.

102 Entrambe le citazioni sono di A. PREDIERI, Il Governo colegislatore, cit., XVII.

103 F. CAZZOLA, M. MORISI, L’alluvione dei decreti: il processo legislativo

tra settima e ottava legislatura, Milano 1981.

104 Per riprendere l’espressione di V. CRISAFULLI, Le metamorfosi del

decreto-legge, in Il Tempo, 13 novembre 1979.

105 Tanto che L. PALADIN, Art. 77, cit., 58, affermava come di straordinario non fosse rimasto che il procedimento seguito dal Governo. 106 Sui limiti materiali del decreto-legge v. infra, Cap. II, § 4.3.

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qualità propriamente intesa sia lecito parlare!) dei decreti108 ha avuto pesanti ricadute sul momento della conversione. Pensato per il riequilibrio delle competenze, perturbate dallo

straordinario provvedimento provvisorio del Governo, il

passaggio parlamentare, a fronte della delineata trasformazione dell’istituto, è diventato ben più di una ratifica (o una convalida).

Invece di reagire all’abuso dei decreti-legge109 denegandone la conversione per mancanza dei presupposti110 e, nei casi più gravi, revocando la fiducia al Governo111 - probabilmente perchè il decreto «per la sua immediata entrata in vigore, crea non solo aspettative, ma effetti concreti nei confronti delle categorie di popolazione interessate, come un fatto compiuto di cui i parlamentari devono necessariamente tener conto, restandone condizionati, in sede di discussione»112 - il Parlamento ha

108 Un riepilogo del dato quantitativo in A. CELOTTO, L’«abuso», cit., 250 ss., spec. 275, nt. 269 per una tabella riepilogativa.

109 Del resto, pure la dottrina non ha condannato da subito la facilità con cui si è fatto ricorso alla decretazione d’urgenza. Valgano, per tutti, le parole di V. DI CIOLO, Questioni, cit., 239: «il Governo non [ha] abusato

(sotto il profilo della legalità costituzionale) del decreto-legge, anche se va riconosciuto che non sempre ha fatto l’uso migliore di detto strumento». 110Il che, invero, non può destar sorpresa. Come ha osservato C. CHIMENTI, Decreti legge, cit., 44 - riprendendo considerazioni di G.F.

CIAURRO, Il decreto legge: uno strumento da rivedere, in Responsabilità e

dialogo 1971 - «la somma di cautele costituzionali che accompagna

l’istituzionalizzazione dei decreti legge appare destinata a vanificarsi, qualora la valutazione dell’urgenza della necessità e della straordinarietà sia rimessa al Governo ed alla maggioranza parlamentare: finchè sussiste l’idem sentire fra i due soggetti anzidetti è assicurato e per conseguenza, ammesso pure che quei requisiti si prestino a valutazioni non puramente soggettive, è assicurata via libera alla decretazione governativa al di là delle remore che, invece, sarebbero necessarie ai fini della tutela della vitalità del Parlamento».

111 Si è infatti escluso che la mancata conversione possa significare, di per sè sola, rottura del rapporto fiduciario, risultando invece applicabile la regola posta dall’art. 94, co. 3, Cost., ai sensi del quale “il voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni”: cfr., per tutti, L. PALADIN, In tema, cit., 545.

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optato per ricercare un «equilibrio nella patologia»113, facendo soggiacere la fase di conversione alla normale prassi legislativa: così, emendare i decreti da eccezione è diventata regola. Il che, oltre a porre questioni teoriche aventi ricadute pratiche affatto irrilevanti114, ha dato la stura a ulteriori degenerazioni, come del resto è inevitabile che sia se a fronteggiarsi sono «opposti abusivismi»115.

Se, infatti, emendare il decreto-legge diventa la «valvola di sicurezza, atta a ristabilire l’equilibrio dei rapporti tra Governo e Parlamento»116, ciò comporta inevitabilmente la

metamorfosi anche del procedimento di conversione, che da

potere di controllo delle Camere sull’Esecutivo117 diventa un vero e proprio «procedimento legislativo alternativo»118. Il decreto-legge, a sua volta, non è più un atto già definito nelle stanze del Governo, che il Parlamento deve ratificare, ma un «disegno di legge governativo, rafforzato dalla posizione costituzionale dell’atto che ne consente l’immediata operatività»119, «un semplice work in progress o un ballon

d’essai, cioè un punto di partenza mediante il quale il

governo offre un compromesso precario - poco più che una traccia per la redazione legislativa - predisposto per essere modificato in sede di conversione»120.

113 A. DI GIOVINE, La decretazione, cit., 10.

114 Il riferimento è tanto alla questione se oggetto della conversione sia l’atto ut sic o le sue disposizioni, quanto a quella, strettamente connessa (e solo parzialmente risolta, oggi, dalla L. 400/1988), dell’efficacia degli emendamenti. Cfr., tra gli altri, C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., 234, nt.

63; V. DI CIOLO, Questioni, cit., 373 ss.; F. MODUGNO, D. NOCILLA,

Riflessioni, cit., 351 ss.; S. FOIS, Problemi, cit., 171 ss.; A. PIZZORUSSO,

Sull’efficacia nel tempo degli emendamenti soppressivi inclusi nelle leggi di conversione, in Giur. cost. 1968, 2547 ss.; G. AMATO, In tema di

conversione di decreti legge, in Giur. merito 1970, 230 s.

115 A. MANZELLA, Il parlamento, cit., 359. 116 L. PALADIN, Gli atti, cit., 1524.

117 G. SILVESTRI, Alcuni profili, cit., 426. 118 G. PITRUZZELLA, La legge, cit., 149.

119 Questa la fortunatissima definizione di A. PREDIERI, Il Governo, cit., XV.

120 A. DI GIOVINE, La decretazione, cit., 10. Le espressioni in corsivo sono, a loro volta, citazioni di G. REBUFFA, La Costituzione impossibile,

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