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LA CHIRURGIA ROBOTICA APPLICATA ALLE EPATECTOMIE MAGGIORI

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INDICE

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RIASSUNTO 2

1. INTRODUZIONE 6

1.1 Storia della chirurgia epatica 6

1.2 Il robot da Vinci surgical system (dVss HDSi) 11

2. MATERIALI E METODI 13

2.1Tecnica chirurgica delle epatectomie robotiche 13

2.2 Casistica 19

3. RISULTATI 21

4. DISCUSSIONE 23

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RIASSUNTO

Nel corso degli ultimi decenni la chirurgia resettiva epatica, in particolare la tecnica chirurgica, è rimasta sostanzialmente invariata. Un grosso passo in avanti si è avuto con l'introduzione nella pratica clinica di particolari strumenti di dissezione quali i dissettori a ultrasuoni e quelli a radiofrequenza, che hanno permesso di eseguire ampie resezioni con una esigua perdita di sangue intraoperatoria. A partire dai primi anni ‘90 inoltre la laparoscopia ha rivoluzionato la chirurgia: oggi interventi anche molto complessi sono eseguiti spesso e talvolta preferibilmente in laparoscopia.

I benefici dell'approccio mininvasivo applicato alla chirurgia resettiva epatica sarebbero sostanzialmente gli stessi che si osservano negli altri settori della chirurgia: minor trauma, ripresa post-operatoria più rapida e miglior risultato estetico. La tecnica laparoscopica era ritenuta insufficiente ad effettuare un intervento complesso in modo sicuro e riproducibile.

Oggi in laparoscopia pura è possibile eseguire interventi chirurgici complessi come le epatectomie maggiori. Tuttavia la laparoscopia tradizionale ha alcuni limiti intrinseci che rendono poco riproducibile e comunque assai complessi gli interventi in cui sono richieste suture di alta precisione come la legatura selettiva di piccoli rami venosi con punto trasfisso, o microanastomosi dutto-digestive che possono essere richieste nella chirugia epatica. I principali limiti della laparoscopia sono quelli di offrire una visione bidimensionale, che peggiora la “coordinazione occhio-mano”, di utilizzare strumenti rigidi e lunghi che fanno leva su di un fulcro localizzato a livello del punto di attraversamento della parete addominale (con conseguente amplificazione del tremore fisiologico). Inoltre la laparoscopia richiede al chirurgo di assumere posizioni di lavoro non ergonomiche che, con il prolungarsi dell'intervento, causano affaticamento con conseguente riduzione della precisione dei movimenti.

La vera evoluzione del mondo della chirurgia mininvasiva è stata lo sviluppo della chirurgia robotica. Partendo dalle prime esperienze degli anni '80 siamo arrivati ad ottenere grandi risultati dalla fusione della robotica al campo medico, in particolar modo nel 1997 l'Intuitive Surgical Inc presentò il da Vinci surgical

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system (dVss). Rispetto alla laparoscopia tradizionale, il sistema chirurgico da Vinci offre i seguenti vantaggi:

− una visione 3D in alta definizione reale, magnificata fino a 15 X, che ripristina completamente la “coordinazione occhio-mano”;

− stabilità dell'immagine, essendo l'ottica manovrata da un braccio meccanico azionato dal chirurgo;

− movimenti omogenei e privi di tremore, grazie al filtraggio dei movimenti del chirurgo 1300 volte al secondo;

− uso di strumenti con 7 gradi di libertà. Si tratta di strumenti che, in prossimità dell'estremità distale, hanno un'articolazione simile a quella del polso umano. I movimenti della mano del chirurgo vengono quindi riprodotti fedelmente dall'estremità dello strumento, eliminando del tutto l'effetto fulcro della laparoscopia tradizionale;

− utilizzo di 3 strumenti operativi, potendo decidere di bloccarne uno in una posizione, mentre si opera con gli altri due.

Lo scopo del presente studio è analizzare i risultati a breve termine di una serie di resezionj epatiche, in particolare resezioni epatiche maggiori, eseguite con tecnica robotica.

Sono stati esaminati i dati intraoperatori e postoperatori di 8 resezioni epatiche maggiori eseguite nel periodo compreso tra il 12/7/2010 e il 31/8/2011 presso la Divisione di Chirurgia Generale e Trapianti nell'Uremico e nel Diabetico dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

Sono stati eseguite 5 epatectomie destre, 1 epatectomia destra allargata al IV segmento, 1 epatectomia sinistra e 1 epatectomia sinistra + caudatectomia. Tutti gli interventi sono stati effettuati con il sistema robotico dVss HDSi (ultima generazione).

Per quanto riguarda le patologie dei pazienti si trattava di 2 casi di metastasi da cr colon-retto, 3 tumori primitivi epatici, 2 angiomi, 1 tumore di Klatzkin.

Sette pazienti erano di sesso maschile e 1 di sesso femminile. L’età media era di 64,6 anni (range 39-80), il BMI medio di 23,61 kg/m2 (range 21,6-56,3

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kg/m2).

La durata media degli interventi è stata di 438,6 min (range 280-600 min). In questo caso bisogna considerare che in due casi sono stati associati alla resezione epatica altri interventi quali una nefrectomia in un caso e una asportazione di neoformazione renale nell’altro, fattore questo che ha contribuito all’allungamento dei tempi operatori presi in considerazione.

Per quanto riguarda la dimensione media delle lesioni epatiche trattate, che si tratti di patologia benigna o no, è stata di 10,8 cm (range 2,5-18 cm). In un caso l’epatectomia destra è stata preceduta dalla chiusura del ramo portale destro per esiguità volumetrica del lobo sinistro.

Si è avuta una complicanza post-operatoria, un sanguinamento, che ha richiesto un intervento chirurgico d’urgenza con tecnica open.

La mobilizzazione è avvenuta in tutti i pazienti in prima giornata operatoria. Il periodo di medio di degenza post-operatoria è stato di 10,2 giorni (range 7-13 giorni). In questo calcolo non è stato preso in considerazione il caso del paziente che è stato sottoposto a reintervento con tecnica open.

In conclusione al giorno d’oggi con l’avvento della chirurgia mininvasiva si aprono nuove prospettive e questo è vero in particolare nella robotica. Le epatectomie maggiori sono eseguibili con l’utilizzo di queste tecnologie ed i dati analizzati fino ad ora, seppur pochi, sono soddisfacenti e la procedura si è dimostrata sicura in termini di realizzazione e di decorso post-operatorio e riproducibile. Indubbiamente si aggiungono ad una chirurgia di maggior precisione i vantaggi della mininvasività della tecnica, ed a questo proposito a giovarne soprattutto potrebbero essere proprio quegli interventi a complessità maggiore come le epatectomie, rispetto ad interventi meno complessi come le settoriectomie o le wedge-resection.

Tralasciando i vantaggi della chirurgia mininvasiva rispetto a quella a cielo aperto (mininvasività, più rapida ripresa operatoria, minor dolore post-operatorio, minor tempo di degenza in ospedale con conseguente riduzione dei costi…), la chirurgia robotica ha degli indubbi vantaggi rispetto alla laparoscopia tradizionale:

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− la traslazione intuitiva dei movimenti della mano dell’operatore agli strumenti, eliminando l’effetto fulcro;

− la visione 3D in alta definizione con una stabilità assoluta della telecamera; magnificazione fino a 15X;

− scomparsa del tremore fisiologico; strumenti EndoWrist con 360° di libertà;

− potenziale riduzione delle perdite ematiche intraoperatoria dovuta alla maggior precisione che garantisce;

− posizione del chirurgo confortevole ed ergonomica con conseguente minore affaticamento;

possibilità di remote site surgery.

Questi benefici sono ancora più evidenti quando la tecnologia robotica viene utilizzata per chirurgia di alta precisione in campi operatori ristretti.

La chirurgia epatica robotica consente l’accesso alle più piccole e delicate strutture del fegato, e permette al chirurgo di vedere con precisione vasi sanguigni e dotti biliari. La visione 3D offre il vantaggio di un’aumentata percezione della profondità e conseguentemente di una maggiore accuratezza. Inoltre il sistema robotico comporta una minore manipolazione degli organi, con conseguente riduzione del trauma.

La durata degli interventi è maggiore con tecnica robotica rispetto alla chirurgia tradizionale e, analizzando i dati in letteratura, anche alla chirurgia laparoscopica pura: questo fatto è dovuto alla learnig curve, al settaggio preoperatorio del sistema robotico e all’instrument traffic. Questi sono senza dubbio indici del fatto che questa tecnologia sia ancora agli albori. Si pensa già a molteplici migliorie da potere applicare agli odierni strumenti; anche solo, ad esempio, aumentando il numero di braccia disponibili o creando un aspiratore apposito per il robot si potrebbero accorciare questi tempi operatori “morti”. Quindi con il futuro e nuove proposte tecnologiche questi problemi probabilmente verranno superati.

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aprendo è ancora presto per dare dei giudizi assoluti, i casi sono ancora pochi, così come l’esperienza. Solo in futuro si potrà dire se in effetti la chirurgia robotica, applicata alle epatectomie maggiori, determini una diminuzione delle complicanze a breve e a lungo termine e quindi possa diventare una tecnica di scelta preferenziale per questi tipi di intervento.

1. INTRODUZIONE

1.1 STORIA DELLA CHIRURGIA EPATICA

La prima “epatectomia parziale” fu praticata da Lins nel 1886 con l’ablazione a cuneo di “una parte del fegato comprendente la colecisti”. Ma il valore maggiore di Lins fu quello di dare inizio allo studio delle resezioni del fegato dal punto di vista sperimentale.

Il primo caso di lobectomia dx quasi totale fu fatta nel 1910 da Wendel per un tumore primitivo: l’arteria ed il dotto epatico dx vengono legati all’ilo senza eseguire la legatura del ramo dx della vena porta nella sua posizione extra-epatica e il paziente sopravvive 9 anni. Eppure ancora nel 1926 (DIA 16) Leriche e Lecene nel loro trattato “Therapeutique Chirurgicale” si limitano ancora ad affermare che “ la resezione di un solo segmento di fegato è l’unico intervento che possa essere difeso; ma in ogni caso non dà che risultati mediocri “.

Tuttavia la vera Chirurgia epatica, seppure a tentoni , e a piccoli passi progredisce mediante:

1) una migliore cognizione della anatomia del fegato con una migliore descrizione della distribuzione segmentarla dei vasi e dei dotti biliari

2) il miglioramento della tecnica chirurgica che permette di ridurre il rischio di emorragie incontrollabili

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3) alcuni dati convincenti sulla sopravvivenza dopo resezione di tumori maligni e metastatici

In effetti nel 1927 gli studi di Glisson e successivamente quelli di Huard e TonThat Tung nel 1937 scardinano alcuni pregiudizi ed errori dell’anatomia chirurgica del fegato anche se nell’immediato purtroppo non risultano ancora sufficienti ad attivare l’agressività del chirurgo che, almeno in Occidente, conserva un sostanziale concetto di intoccabilità del fegato. In particolare Ton That Tung approfondisce l’anatomia del fegato iniziando lo studio della tecnica della dissezione con il “curretage” dei fegati formulati e dopo oltre 300 dissezioni giunge a conoscenze fondamentali per la chirurgia d’exeresi quali ad es. che la distribuzione biliovascolare e il drenaggio delle sovra-epatiche sono molto costanti.

Tuttavia solo nel 1949 Wangensteen asporta l’intero lobo epatico dx per un carcinoma metastatico dello stomaco del quale non si conosce il risultato. Ma è l’anno successivo (il 1950) l’anno di nascita della vera Chirurgia Epatica Anatomica durante il Congresso Internazionale di Anatomia di Oxford quando lo svedese Hjortsjo descrive con assoluta chiarezza, scissure, settori e segmenti giungendo a quella informazione poi ripresa ed arricchita da Couinaud nel 1957 che definisce il fegato in 5 settori e 8 segmenti (Fig. 1) “gettando piena luce sulla ”Architettura anatomica e chirurgica del fegato” e in due parti destro e sinistro sicchè le espressioni di epatectomia dx ed epatectomia sinistra diventano semanticamente corrette così come la “chirurgia regolata” del fegato.

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Fig. 1

Nella relazione del 1952 Lortat-Jacob e Robert descrivono un approccio epatico toracoaddominale (già proposto da Schwartz e Jean Quenu) seguito da epatectomia in 8 tempi mettendo a punto la tecnica che si articola sulla preparazione-legatura-sezione dei vasi e dei dotti biliari, prima e fuori del fegato, a livello dell’ilo glissoniano e delle sovra-epatiche, al loro sbocco nella v. cava inferiore. Ottenuta l’emostasi preventivamente, la dissezione del parenchima è affidata al bisturi. Tecnica molto elegante che richiede però anche tempi lunghi.

Nel 1953 Quattlebaum descrive tre casi di resezione epatica maggiore e di uno di questi la tranciatura del fegato con il manico del bisturi ed il clampaggio dei vasi nel piano di transezione. Verso la metà del secolo passato (nel 1958) Tien Yu Lin introduce una nuova tecnica cosi nominata “digitoclastica” che si esplica mediante “frantumazione” del tessuto epatico fra le dita, isolamento e legatura dei vasi e dei dotti a mano a mano che vengono incontrati.

Per 20 anni dal 60 all’80 Ton That Tung opera oltre 1000 casi con diverse indicazioni

modificando solo nel 1963 la sua tecnica legando preventivamente il peduncolo portale prima della digitoclasia.

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Nel tempo di una generazione la chirurgia del fegato ha conosciuto una prodigiosa evoluzione ed è ai più alti gradini di tutta la chirurgia addominale cosicché oggi non rappresenta più un tabù.

Il noli me tangere del fegato che caratterizzava è ormai dimenticato soprattutto per la padronanza che ogni chirurgo ha o deve avere della anatomia .

Così diceva Leriche. L’anatomia è incontestabilmente il più antico strumento della conoscenza ed essa sta a fondamento della chirurgia.

Si può pensare che essa abbia già detto tutto quello che aveva da dire dopo tutto il tempo che è stato passato sui cadaveri. Ma ogni volta che la chirurgia affronta un nuovo campo, l’anatomia deve essere ripresa perché l’esperienza insegna che essa porta comunque e sempre alcune precisazioni che mancavano.

La chirurgia resettiva epatica per via laparoscopica è tra le ultime nate nell’ambito delle tecniche miniinvasive. Non stupisce che il fegato sia stato virtualmente ignorato per anni, nonostante l’espansione tumultuosa che la chirurgia laparoscopica ha avuto nel mondo per molte procedure. Per la chirurgia epatica, soprattutto se resettiva, è necessaria la competenza di un laparoscopista avanzato unita all’esperienza di un chirurgo specialista in chirurgia del fegato.

Le resezioni epatiche richiedono abitualmente una resezione semplice senza ricostruzione e dovrebbero essere considerate come buone candidate ad un accesso laparoscopico. Lo sviluppo però delle resezioni epatiche per via laparoscopica rimane ad oggi molto limitato e solo alcuni gruppi hanno fatto la scelta di valutarne i risultati. Le esperienze iniziali hanno soprattutto riguardato lesioni benigne, ma oggi si eseguono resezioni per lesioni maligne (carcinomi epatocellulari e metastasi epatiche). Le prime esperienze pubblicate dimostrano la fattibilità e la sicurezza delle exeresi in laparoscopia eseguite su pazienti selezionati e in casi di lesioni a sede e di dimensioni adeguate. Queste lesioni rappresentano in generale meno del 20% delle indicazioni alle resezioni. Si tratta di solito di resezioni limitate (< 3 segmenti), ma sono realizzabili anche epatectomie maggiori. La lobectomie sinistra è la più riproducibile tra le

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resezioni epatiche laparoscopiche. I vantaggi sono quelli di tutte le procedure laparoscopiche (assenza di laparotomia e precoce ritorno alle attività precedenti), riduzione della morbilità nel cirrotico e semplificazione di eventuali reinterventi (epatectomia iterativa o trapianto del fegato). È importante insistere su tre punti fondamentali: le indicazioni alla resezione, in particolare per lesione benigna, non debbono essere influenzate dalla possibilità di un accesso laparoscopico; la selezione dei pazienti deve essere rigorosa; la formazione dei chirurghi che propongono questa tecnica deve essere certa perché si richiede una doppia capacità: chirurgia del fegato per via aperta e interventi di laparoscopia complessa.

La vera evoluzione nel campo della chirurgia mininvasiva, e di conseguenza anche delle resezioni epatiche maggiori, è stata lo sviluppo della chirurgia robotica. Con questa opzione chirurgica è stato possibile abbattere quelle limitazione insite nelle indicazioni della chirurgia laparoscopica, quali la dimensione della/e lesioni, o la sede delle stesse. Partendo dalle prime esperienze degli anni '80 siamo arrivati ad ottenere grandi risultati dalla fusione della robotica al campo medico, in particolar modo nel 1997 l'Intuitive Surgical Inc presentò il da Vinci surgical system (dVss). Rispetto alla laparoscopia tradizionale, il sistema chirurgico da Vinci offre i seguenti vantaggi: una visione 3D in alta definizione reale, magnificata fino a 15 X, che ripristina completamente la “coordinazione occhio-mano”; stabilità dell'immagine, essendo l'ottica manovrata da un braccio meccanico azionato dal chirurgo; movimenti omogenei e privi di tremore, grazie al filtraggio dei movimenti del chirurgo 1300 volte al secondo; uso di strumenti con 7 gradi di libertà. Si tratta di strumenti che, in prossimità dell'estremità distale, hanno un'articolazione simile a quella del polso umano. I movimenti della mano del chirurgo vengono quindi riprodotti fedelmente dall'estremità dello strumento, eliminando del tutto l'effetto fulcro della laparoscopia tradizionale; utilizzo di 3 strumenti operativi, potendo decidere di bloccarne uno in una posizione, mentre si opera con gli altri due.

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1.2 IL ROBOT DA VINCI SURGICAL SYSTEM (DVSS HDSI)

Al di là delle tecniche utilizzate, la vera evoluzione dalla nascita della chirurgia mininvasiva è stata lo sviluppo della chirurgia robotica. Partendo dalle prime esperienze degli anni ’80 siamo arrivati ad ottenere grandi risultati dalla fusione della robotica al campo medico. In particolar modo nel 1997 l’Intuitive Surgical Inc presentò il da Vinci surgical system (dVss). Il sistema di ultima generazione è la quarta evoluzione del sistema originale (dVss HDSi).

Il sistema di controllo chirurgico da Vinci è formato da una console controllata dal chirurgo tramite la quale è possibile governare a distanza quattro braccia robotiche (Fig. 2).

Fig. 2

La console offre al chirurgo una posizione regolabile a suo piacimento così da offrire grande comodità. La presenza di due visori garantisce un’ottima coordinzaione tra occhi e mani del chirurgo, una visione del campo operatorio in tre dimensioni ed ingrandita da 10X a 15X (Fig. 3).

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Fig. 3

Il chirurgo, tramite due impugnature, controlla le quattro braccia robotiche collegate a strumenti chirurgici che ne riproducono esattamente i movimenti, filtrando il tremore fisiologico 1300 volte al secondo e così rendendo l’atto chirurgico estremamente fluido e preciso (Fig. 4-5).

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In più si ha la possibilità di coordinare autonomamente i movimenti dell’ottica, permettendo uno spostamento più rapido della visione del campo operatorio. L’ottica può essere inoltre bloccata in posizione ed offrire così maggiore stabilità dell’immagine. Indubbiamente la laparoscopia non è usata frequentemente in interventi che richiedono anastomosi vascolari o dutto-digestive multiple per la perdita della coordinazione mano-occhi, l’utilizzo di strumenti lunghi che aumenta il tremore fisiologico e la scarsa ergonomia. Tuttavia il da Vinci surgical system grazie alle sue caratteristiche offre un significativo vantaggio operativo specialmente quando sono richieste minuziose dissezioni, micro suture ed il campo operatorio è stretto e profondo. Le maggiori limitazioni sono i costi elevati e la perdita del feedback tattile. Altri inconvenienti sono la perdita del contatto tra chirurgo e paziente e la scarsa adattabilità ad una chirurgia multiquadrante.

Lo scopo del presente studio è analizzare i risultati a breve termine di una serie di epatectomie maggiori robotiche. L’analisi dei dati è volta alla valutazione della “fattibilità” e della sicurezza delle epatectomie robotiche.

2. MATERIALI E METODI

2.1 TECNICA CHIRURGICA DELLE EPATECTOMIE ROBOTICHE

La tecnica chirurgica delle resezioni epatiche robotiche rispecchia in maniera fedele la tecnica utilizzata negli interventi eseguiti a cielo aperto. Qui sotto riporteremo la tecnica usata nella maggior parte dei casi nel nostro centro per le epatectomie destre e sinistre standard.

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Epatectomia destra robotica.

 - Accesso al legamento epato-duodenale e tramite la dissezione dello stesso individuazione del ramo destro dell'arteria epatica (Fig. 6). Una volta isolato si clampa con un bull-dog e si osserva la linea di demarcazione sulla superficie anteriore del fegato (Fig. 7): l'arteria epatica destra viene quindi sezionata tra legature in lino. Lo stesso procedimento viene eseguito per il ramo destro della vena porta (Fig. 8);

Fig. 6

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Fig. 8

 mobilizzazione del lobo epatico destro tramite la sezione del legamento coronario-triangolare destro fino a raggiungere il lato destro della vena cava inferiore;

 individuazione e interruzione delle vene sovraepatiche accessorie: quelle di calibro più piccolo si sezionano tra legature con punto trasfisso di prolene (Fig. 9), quelle di calibro maggiore utilizzando una Endo-Gia articolata con ricarica vascolare (Fig. 10);

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Fig. 10

 sezione parenchimale seguendo la linea di demarcazione mediante Maryland e forbici elettrificate (previo scollamento della porzione sinistra della colecisti dal letto);

 legatura per via transparenchimale del dotto biliare destro con punto trasfisso di lino (Fig. 11);

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 individuazione e sezione della vena sovraepatica destra tramite Endo-Gia articolata con ricarica vascolare (Fig. 12);

Fig. 12

 emostasi sulla trancia di sezione con utilizzo di presidi emostatici tipo Flo-Seal (Fig. 13).

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Epatectomia sinistra robotica

 sezione del legamento falciforme rasente alla inserzione epatica dal basso verso l'alto;

 mobilizzazione del lobo epatico sinistro tramite la sezione del legamento coronario-triangolare destro fino a raggiungere il lato sinistro della vena cava inferiore e la visaualizzazione del tronco sovraepatico comune medio sinistro;

 accesso al legamento epato-duodenale e tramite la dissezione dello stesso individuazione del ramo sinistro dell'arteria epatica. Una volta isolato si clampa con un bull-dog e si osserva la linea di demarcazione sulla superficie anteriore del fegato: l'arteria epatica sinistra viene quindi sezionata tra legature in lino. Lo stesso procedimento viene eseguito per il ramo sinistro della vena porta;

 isolamento e sezione tra legature con punto trasfisso di lino del dotto biliare sinistro (nel caso dell'epatectomia sinistra risulta più agevole la sua sezione a questo punto rispetto alla legatura per via transparenchimale in virtù della maggiore lunghezza del dotto biliare sinistro rispetto al destro) (Fig. 14);

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 sezione parenchimale seguendo la linea di demarcazione mediante Maryland e forbici elettrificate;

 sezione per via transparenchimale della vena sovraepatica sinistra mediante l'utilizzo di Endo-Gia articolata con ricarica vascolare;

 emostasi con utilizzo di presidi emostatici tipo Flo-Seal.

Quelle che ho appena descritto sono i tempi operatori dell'epatectomia destra o sinistra standard che abbiamo utilizzato nella maggior parte dei casi nel nostro centro. Nel caso della chirurgia epatica tuttavia, a causa delle molteplici possibili varianti anatomiche vascolari e no, tali tempi e tecniche possono subire delle variazioni. Come si può facilmente osservare tali tempi coincidono quasi del tutto con quelli della tecnica a cielo aperto. È questa una delle caratteristiche principali del sistema robotico Da Vinci: quella di poter riprodurre con tecnica mininvasiva gli stessi passaggi della chirurgia open (legatura di fili, passaggio agevole di punti di sutura vascolare, microanastomosi vascolari e non ecc...).

2.2 CASISTICA

Dal 12/7/2010 e il 31/8/2011 presso la Divisione di Chirurgia Generale e Trapianti nell'Uremico e nel Diabetico dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana sono state eseguite 5 epatectomie destre, 1 epatectomia destra allargata al IV segmento, 1 epatectomia sinistra e 1 epatectomia sinistra + caudatectomia (Tab. 1). Tutti gli interventi sono stati effettuati con il sistema robotico dVss HDSi (ultima generazione).

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Tab. 1

Per quanto riguarda le patologie dei pazienti si trattava di 2 casi di metastasi da cr colon-retto, 3 tumori primitivi epatici, 2 angiomi, 1 tumore di Klatzkin (Tab. 2).

Patologie trattate # %

Metastasi da cr colon-retto 2 25

Tumori primitivi epatici 3 37,5

Angiomi 2 25 Tumore di Klatskin 1 12,5 Tab. 2 5 1 1 1

Epatectomie destre Epatectomia sinistre

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Sette pazienti erano di sesso maschile e 1 di sesso femminile. L’età media era di 64,6 anni (range 39-80), il BMI medio di 23,61 kg/m2 (range 21,6-56,3 kg/m2).

3. RISULTATI

La durata media degli interventi è stata di 438,6 min (range 280-600 min). In questo caso bisogna considerare che in due casi sono stati associati alla resezione epatica altri interventi quali una nefrectomia in un caso e una asportazione di neoformazione renale nell’altro, fattore questo che ha contribuito all’allungamento dei tempi operatori presi in considerazione. Nel caso dell’epatectomia sinistra con caudatectomia per tuimore di Klatzkin la durata dell’intervento è stata gravata dalla parte ricostruttiva, essendoci stato bisogno di eseguire una epatico-biduttodigiunostomia (Tab. 3).

Tab. 3

Per quanto riguarda la dimensione media delle lesioni epatiche trattate, che si tratti di patologia benigna o no, è stata di 10,8 cm (range 2,5-18 cm). In un caso l’epatectomia destra è stata preceduta dalla chiusura del ramo portale destro

Durata interventi per tipologia

Tipo di intervento Media (min)

Epatectomia destra 440

Epatectomia destra allargata 520

Epatectomia sinistra 380

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per esiguità volumetrica del lobo sinistro.

Le perdite ematiche intraoperatorie si possono considerare trascurabili in tutti gli interventi eseguiti (100-200 cc) e non ci sono stati casi di conversione laparotomia.

Si è avuta una complicanza post-operatoria, un sanguinamento, che ha richiesto un’intervento chirurgico d’urgenza con tecnica open. Non si sono avute fistole biliari postoperatorie.

La mobilizzazione è avvenuta in tutti i pazienti in prima giornata operatoria. Il periodo di medio di degenza post-operatoria è stato di 10,2 giorni (range 7-13 giorni) (Tab 4). In questo calcolo non è stato preso in considerazione il caso del paziente che è stato sottoposto a reintervento laparotomico.

Degenza post-operatoria per intervento

Tipo di intervento Media (gg)

Epatectomia destra 9,6

Epatectomia destra allargata 10

Epatectomia sinistra -

Epatectomia sinistra + caudatectomia 13

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4. DISCUSSIONE

Nel corso degli ultimi decenni la chirurgia resettiva epatica, in particolare la tecnica chirurgica, è rimasta sostanzialmente invariata. Un grosso passo in avanti si è avuto con l'introduzione nella pratica clinica di particolari strumenti di dissezione quali i dissettori a ultrasuoni e quelli a radiofrequenza, che hanno permesso di eseguire ampie resezioni con una esigua perdita di sangue intraoperatoria. A partire dai primi anni ‘90 inoltre la laparoscopia ha rivoluzionato la chirurgia: oggi interventi anche molto complessi sono eseguiti spesso e talvolta preferibilmente in laparoscopia. I benefici dell'approccio mininvasivo applicato alla chirurgia resettiva epatica sarebbero sostanzialmente gli stessi che si ossservano negli altri settorio della chirurgia: minor trauma, ripresa post-operatoria più rapida e miglior risultato estetico. La tecnica laparoscopica era ritenuta insufficiente ad effettuare un intervento complesso in modo sicuro e riproducibile.

Il razionale per eseguire interventi chirurgici complessi come le epatectomie maggiori in modo mini-invasivo, cioè laparoscopico, sarebbero sostanzialmente gli stessi che si ossservano negli altri settorio della chirurgia: minor trauma, ripresa post-operatoria più rapida e miglior risultato estetico. Oggi in laparoscopia pura è possibile eseguire interventi chirurgici complessi come le epatectomie maggiori. Tuttavia la laparoscopia tradizionale ha alcuni limiti intrinseci che rendono poco riproducibile e comunque assai complessi gli interventi in cui sono richieste suture di alta precisione come la legatura selettiva di piccoli rami venosi con punto trasfisso, o microanastomosi dutto-digestive che possono essere richieste nella chirugia epatica. I principali limiti della laparoscopia sono quelli di offrire una visione bidimensionale, che peggiora la “coordinazione occhio-mano”, di utilizzare strumenti rigidi e lunghi che fanno leva su di un fulcro localizzato a livello del punto di attraversamento della parete addominale (con conseguente amplificazione del tremore fisiologico). Inoltre la laparoscopia richiede al chirurgo di assumere posizioni di lavoro non ergonomiche che, con il prolungarsi dell'intervento, causano

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affaticamento con conseguente riduzione della precisione dei movimenti.

Al giorno d’oggi con l’avvento della chirurgia robotica si aprono nuove prospettive. Le epatectomie maggiori sono eseguibili con l’utilizzo di questa tecnologia ed i dati analizzati fino ad ora, seppur pochi, sono soddisfacenti e la procedura si è dimostrata sicura in termini di realizzazione e di decorso post-operatorio. Indubbiamente si aggiungono ad una chirurgia di maggiore precisione i vantaggi della mini invasività della tecnica.

Partendo dalle prime esperienze degli anni '80 siamo arrivati ad ottenere grandi risultati dalla fusione della robotica al campo medico, in particolar modo nel 1997 l'Intuitive Surgical Inc presentò il da Vinci surgical system (dVss). Rispetto alla laparoscopia tradizionale, il sistema chirurgico da Vinci offre i seguenti vantaggi:

− una visione 3D in alta definizione reale, magnificata fino a 15 X, che ripristina completamente la “coordinazione occhio-mano”;

− stabilità dell'immagine, essendo l'ottica manovrata da un braccio meccanico azionato dal chirurgo;

− movimenti omogenei e privi di tremore, grazie al filtraggio dei movimenti del chirurgo 1300 volte al secondo;

− uso di strumenti con 7 gradi di libertà. Si tratta di strumenti che, in prossimità dell'estremità distale, hanno un'articolazione simile a quella del polso umano. I movimenti della mano del chirurgo vengono quindi riprodotti fedelmente dall'estremità dello strumento, eliminando del tutto l'effetto fulcro della laparoscopia tradizionale;

− utilizzo di 3 strumenti operativi, potendo decidere di bloccarne uno in una posizione, mentre si opera con gli altri due.

− la traslazione intuitiva dei movimenti della mano dell’operatore agli strumenti, eliminando l’effetto fulcro;

− potenziale riduzione delle perdite ematiche intraoperatoria dovuta alla maggior precisione che garantisce;

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− posizione del chirurgo confortevole ed ergonomica con conseguente minore affaticamento;

possibilità di remote site surgery.

Questi benefici sono ancora più evidenti quando la tecnologia robotica viene utilizzata per chirurgia di alta precisione in campi operatori ristretti.

La chirurgia epatica robotica consente l’accesso alle più piccole e delicate strutture del fegato, e permette al chirurgo di vedere con precisione vasi sanguigni e dotti biliari. La visione 3D offre il vantaggio di un’aumentata percezione della profondità e conseguentemente di una maggiore accuratezza. Inoltre il sistema robotico comporta una minore manipolazione degli organi, con conseguente riduzione del trauma.

La durata degli interventi è maggiore con tecnica robotica rispetto alla chirurgia tradizionale e, analizzando i dati in letteratura, anche alla chirurgia laparoscopica pura: questo fatto è dovuto alla learnig curve, al settaggio preoperatorio del sistema robotico e all’instrument traffic. Questi sono senza dubbio indici del fatto che questa tecnologia sia ancora agli albori. Si pensa già a molteplici migliorie da potere applicare agli odierni strumenti; anche solo, ad esempio, aumentando il numero di braccia disponibili o creando un aspiratore apposito per il robot si potrebbero accorciare questi tempi operatori “morti”. Quindi con il futuro e nuove proposte tecnologiche questi problemi probabilmente verranno superati.

Ma i vantaggi della tecnica robotica in questo tipo di interventi rispetto alla laparoscopia pura, oltre a quelli precedentemente elencati, si osservano in particolar modo quando siamo costretti a far fronte a complicanze intraoperatorie dovute a difetti nel funzionamento dei vari device utilizzati o all’errore umano.

A tal proposito riporto il caso di un malfunzionamento della endo-Gia stapler avvenuto durante una wedge resection del VII-VIII segmento in blocco con la vena sovraepatica destra in una dona obesa con una metastasi singola da carcinoide. L’emorragia è stata subito controllata clampando la vena cava in

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prossimità del difetto usando due strumenti angolati a 90°. Con i due strumenti bloccati si è avuto il tempo di discutere sulla strategia operatoria da adottare anche con gli anestesisti. Usando il terzo braccio robotico il difetto cavale è stato riparato con tecnica mininvasiva con una sutura in prolene. Il paziente è stato trasfuso con due sacche di emazie concentrate e è stato dimesso in quinta giornata operatoria. Da questo punto di vista il robot da Vinci offre diversi vantaggi rispetto alla laparoscopia tradizionale. Tra cui la possibilità di bloccare due braccia, l’utilizzo di un terzo braccio e la facilità con cui si possono eseguire suture intracorporee in spazi ristretti e profondi, cosa questa estremamente difficoltosa se non impossibile da eseguire in laparoscopia tradizionale.

Nonostante tutte le aspettative attorno a questa nuova strada che si sta aprendo è ancora presto per dare dei giudizi assoluti, i casi sono ancora pochi, così come l’esperienza. Solo in futuro si potrà dire se in effetti la chirurgia robotica, applicata alle epatectomie maggiori, determini una diminuzione delle complicanze a breve e a lungo termine e quindi possa diventare una tecnica di scelta preferenziale per questi tipi di intervento.

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