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La lunga marcia delle figlie di Confucio L'evoluzione della condizione femminile in Cina dall'epoca imperiale ai giorni nostri

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea in Studi Internazionali LM-52

TESI DI LAUREA

La lunga marcia delle figlie di Confucio

L'evoluzione della condizione femminile in Cina dall'epoca

imperiale ai giorni nostri

CANDIDATA

RELATORE

Lucrezia Farinetti

Chiar.mo Prof. Francesco Tamburini

(2)

Ai miei tre angeli custodi Nonno Adriano Nonna Mary Zio Simone

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Indice

Introduzione 1

Capitolo 1 - Il ruolo della donna nella Cina imperiale 2

1.1 Le figlie di Confucio 2

1.2 Mogli, concubine e schiave 8

1.3 Le donne nella rivolta dei Taiping e dei Boxer 27

Capitolo 2 – Un lungo percorso verso l'emancipazione 38

2.1 Le donne nei primi anni della Repubblica 38

2.2 Le studentesse rivoluzionarie 60

Capitolo 3 – L'altra metà del cielo: la donna nella Cina di Mao 74

3.1 Le figlie di Mao 74

3.2 Le ragazze di ferro: le donne durante la Rivoluzione culturale 84

3.3 Dopo la morte del Grande Timoniere: le donne nell'economia socialista di mercato 88

3.4 Le donne di oggi e il PCC 97

Conclusioni 110

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Introduzione

La presente tesi nasce dalla volontà di sviluppare il tema della condizione femminile in Cina e dal desiderio di condurne un excursus storico, che partisse dall'epoca imperiale per arrivare fino ai giorni nostri, senza sconfinare in quello che potrebbe essere uno studio di genere. Non tutte le donne cinesi sono state creature umili, rassegnate, succubi del loro tradizionale destino di mogli, di madri, di concubine, di prostitute o di schiave. In tutta la storia millenaria cinese sono sempre esistite donne che hanno saputo essere protagoniste e che non hanno voluto ridursi a semplici strumenti di riproduzioni. Al contrario sono volute diventare soggetti attivi, in grado di contribuire alla creazione e soprattutto al mutamento delle condizioni in cui erano costrette a vivere. Si ribellarono alle antiche strutture patriarcali e riuscirono a plasmare, con le loro stesse mani, la propria vita. Tuttavia si è trattato di casi isolati e di libertà pagate a carissimo prezzo. Il cammino da percorrere per giungere alla conquista della responsabilità individuale e per estenderla a tutte le donne è stato sicuramente lungo, tortuoso, disseminato di ostacoli, segnato contemporaneamente da passi avanti ed anche da improvvisi arretramenti. Tuttavia nel corso degli ultimi cento anni la condizione della donna in Cina ha subito mutazioni profonde e radicali. Dal quasi totale asservimento, attraverso i primi faticosi tentativi di emancipazione agli inizi del Ventesimo secolo, si è giunti infine alla grande svolta arrivata con la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese il 1° ottobre 1949, quando la donna fu finalmente riconosciuta come soggetto attivo e indipendente. Ancora oggi il percorso è da ritenersi tutt'altro che completato. Le lotte più recenti, volte a rendere effettiva una parità spesso rimasta allo stadio di pura e semplice teoria, spingono le cinesi di oggi a riappropriarsi di quella loro femminilità dimenticata e le spingono a farlo in una maniera sicuramente più attenta, più libera e soprattutto più responsabile.

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Capitolo 1 Il ruolo della donna nella Cina Imperiale

1.1 Le figlie di Confucio

Nell'immaginario occidentale la figura femminile in Cina ha sempre evocato l'idea di una donna umile e sottomessa, rinchiusa all'interno delle quattro mura domestiche e dedita esclusivamente ai lavori domestici, succube del volere dei genitori prima e del marito-padrone poi1.

Nella tradizione cinese, era il padre ad esercitare un potere assoluto all'interno della famiglia, che da sempre rappresentava la struttura base della società cinese. Di conseguenza non è difficile immaginare quale scarso peso avessero le donne, la cui primaria funzione era essenzialmente di tipo biologico: produrre una discendenza maschile che portasse avanti nel tempo il culto degli antenati. L'idea dell'inferiorità femminile e l'idea di mantenerle necessariamente isolate dagli uomini erano gli elementi fondanti della loro condizione. Addirittura la subordinazione femminile è insita anche negli stessi caratteri che compongono la lingua comune2. Ad esempio il carattere utilizzato per indicare la parola donna, nu 女, è

costituito da una figura prona con le mani abbandonate sulle ginocchia, nel tipico atteggiamento servile. Oppure il concetto di donna sposata viene espresso tramite l'uso di due caratteri: il primo è quello citato in precedenza, mentre il secondo è quello di scopa, a simboleggiare che le faccende domestiche spettavano esclusivamente alle donne3.

Le figlie di Confucio venivano educate, fin dalla tenera età di quattro anni, all'obbedienza e soprattutto alla consapevolezza della propria inferiorità. Anche le antiche ballate diffuse dai cantastorie erranti in tutto l'impero e tramandate di madre in figlia, generazione dopo generazione, esaltavano figure femminili dotate di pietà filiale e di devozione coniugale come

Mulan e Il serpente bianco, eroine che si sono sacrificate rispettivamente per il padre e per il

marito4. Alle fanciulle cinesi, fin dalla più tenera infanzia, veniva insegnato il rispetto e

l'osservanza di due precetti fondamentali. Il primo precetto riguardava le tre obbedienze o san

cong 三从, che stabiliscono che una donna sia soggetta alla volontà paterna finché vive nella

casa dei genitori, a quella del marito una volta sposata e infine a quella del figlio maggiore nel caso in cui fosse rimasta vedova. Invece il secondo riguardava le quattro virtù o si de 四德, ossia attenersi in maniera scrupolosa al proprio ruolo subalterno, non perdersi in chiacchiere,

1 B. Zhao, Precetti per le donne e altri trattati cinesi di comportamento femminile, Torino, Giulio Enaudi Editore, 2011, p. VII.

2 B. Hirst, Figlie della Cina: dove nascere donna può ancora essere una maledizione, Casale Monferrato, Edizioni Piemme Pocket, 2002, p 15.

3 M. Jashock, S. Miers, Women and Chinese Patriarchy, London, Zed Book Ltd., 1994, p.15. 4 G. Bertuccioli, La letteratura cinese, Roma, L'Asino d'Oro, 2013, p.55.

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tenersi sempre in ordine e infine non sottrarsi alle faccende domestiche5.

Durante il corso dei secoli, sono stati pubblicati due testi che hanno codificato i principi confuciani di sottomissione e d'inferiorità della donna, ovvero il “Classico per le fanciulle” o

Nu er jing 女儿经 e “Precetti per le donne”o Nu jie 奴杰. Quanto sancito all'interno di questi

due testi veniva applicato con maggior rigore all'interno delle famiglie più abbienti, nelle quali le madri isolavano le bambine dai maschi della famiglia sin dall'età di quattro anni. Le regole riguardanti la segregazione femminile erano talmente rigide che arrivavano a coprire ogni spetto della vita quotidiana della donne, infatti gli abiti che indossavano non potevano assolutamente asciugarsi nello stesso posto in cui si asciugavano gli abiti indossati dagli uomini; né potevano essere riposti nello stesso armadio. Inoltre le donne non potevano assolutamente sedersi su una sedia occupata in precedenza da un maschio6.

Il fine ultimo dell'etica di Confucio era il conseguimento di una società armoniosa attraverso un radicale processo di riforma dei costumi e di profonda trasformazione etica e sociale, che ha inizio dal perfezionamento morale del singolo, a prescindere dal sesso. Di conseguenza la donna non deve solamente adempiere ai propri compiti sbrigando le faccende domestiche, ma deve anche interagire con gli altri membri della famiglia in modo appropriato e soprattutto nel rispetto del ruolo che ognuno occupa nella gerarchia familiare. Per riuscire a mantenere in equilibrio il già delicato ecosistema familiare, ogni donna deve apprendere e soprattutto preservare nel tempo delle virtù fondamentali, che sono la pietà filiale, il rispetto, l'obbedienza, l'umiltà, la castità, la frugalità e la sollecitudine. Tutte queste virtù devono essere apprese già all'interno della famiglia di origine e fanno parte del lungo e faticoso percorso educativo che tutte le bambine cinesi dovevano seguire, al fine di formare in loro caratteri ed abitudini essenziali per diventare delle mogli appropriate7. In teoria questa

preparazione avrebbe dovuto anche agevolare l'inserimento delle fanciulle all'interno della nuova famiglia di cui entravamo a far parte una volta sposate, diventando così mogli virtuose ed esemplari, senza attirare su di sé il biasimo dei suoceri e dei nuovi parenti o senza gettare vergogna sulla propria famiglia di origine con un comportamento sconveniente o inadeguato8.

La pietà filiale, o xiao 孝 , è la prima delle cinque relazioni9 fondamentali codificate da 5 X.Y. Jiang, Confucianism, Women and Social Contexts, in “Journal of Chinese Philosophy”, Vol.36, 2009, pp.228-242.

6 J. Holmgren, Myth, Fantasy or Scholarship: Images of status of Women in Traditional China, in “The Australian Journal of Chinese Affairs”, No.6, 1981, pp.147-170.

7 M. Wolf, R. Witke, Women in Chinese Society, Berkley, Stanford University Press, 1991, p 12.

8 V. Y. Chiu, Marriage laws and customs of China, Hong Kong, Institute of Advanced Chinese Studies and Research, 1966, p.14.

9 Le cinque relazioni fondamentali, (wulun 五伦), che per i confuciani si trovano alla base dell'ordine sociale, sono quella tra padre e figlio, quella tra sovrano e suddito, quella marito e moglie, quella tra fratello maggiore e fratello minore e quella tra amico e amico. Affinché nella società regnino ordine ed armonia è imprescindibile il

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Confucio ed è una virtù cardinale che tutti, sia maschi sia femmine, devono sviluppare fin da piccoli. È un sentimento naturale di amore e dedizione che nasce in risposta alle cure e all'affetto che i genitori danno ai propri figli, sopratutto nei primi anni di vita quando sono completamente dipendenti da loro10. Rispetto ed obbedienza possono essere considerati come

due corollari della pietà filiale, in quanto un figlio deve sempre tenere i propri genitori nella massima considerazione, deve prestare ascolto ai loro consigli, deve obbedire ai loro ordini e deve sempre rispettare la loro volontà, anche a discapito dei propri desideri. È previsto un minimo margine di tolleranza per fare le proprie rimostranze, sempre con i dovuti riguardi, ma comunque l'ultima parole spetta sempre a loro e il loro giudizio è inappellabile11. In primo

luogo la pietà filiale si esprime in maniera del tutto naturale verso i propri genitori, tuttavia nel caso di una donna sposata questa virtù acquista ancor più importanza. Questo perchè, nel momento in cui entra a far parte del clan familiare del marito, la pietà filiale deve essere rivolta ai suoceri, a cui una moglie deve sempre portare il massimo rispetto in ogni occasione e lo deve fare con la stessa abnegazione che riserberebbe ai propri genitori, a prescindere dal trattamento che le verrà riservato all'interno delle nuova famiglia. In aggiunta non essendo legata da alcun vincolo di sangue ai nuovi parenti, una moglie si trova a dover vivere all'interno di un ambiente potenzialmente ostile e quindi deve fare del proprio meglio per cercare di mantenere buoni rapporti con i suoceri e coi cognati, cercando di ottenerne l'approvazione; il tutto per cercare di portare l'armonia all'interno della famiglia12.

Umiltà e castità sono due virtù imprescindibili a cui tutte le fanciulle devono ispirare il proprio comportamento. Fin dal momento della sua nascita, una bambina deve prendere coscienza immediatamente del ruolo subordinato che occuperà per sempre sia all'interno della società cinese sia all'interno della famiglia. Quindi deve imparare a a trattare tutti con deferenza, assumendo un atteggiamento remissivo e arrendevole, dimostrandosi docile e assecondando sempre la volontà degli altri. Una volta diventata adulta, deve continuare a mettere in primo piano le esigenze dei familiari, soprattutto quelle dei suoceri e del marito, davanti alle proprie e deve assicurarsi che tutti abbiano ciò di cui hanno bisogno prima di potersi dedicare alle proprie necessita, anche quelle più essenziali. In tal modo tanto più

rispetto dei ruoli che queste relazioni suggellano e dei doveri che esse comportano nei confronti della controparte. Si tratta di relazione gerarchiche di subordinazione, che richiedono la consapevolezza da parte del singolo del ruolo del ruolo ricoperto all'interno della società e la spontanea sottomissione del soggetto che occupa una una posizione inferiore. Unica eccezione sono gli amici, il cui rapporto è invece considerato paritario.

10 T .Luppiello, Il Confucianesimo, Bologna, Il Mulino, 2009, p.22.

11 S.L. Baldwin, The Chinese Book of Etiquette and Conduct for Women and Girls, Bruxelles, Edition Thanh-Long, 1988, p.33.

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rimarrà nell'ombra e si schernirà ogni volta che le è possibile, tacendo i propri meriti e sminuendo le propri doti, quanto più la sua abnegazione le verrà riconosciuta, assicurandosi così l'ammirazione dei familiari e dei vicini. Le donne non possono aspirare ad altro che ad essere silenti spettatrici dei successi altrui, quando sono loro stesse le artefici dell'armonia e del benessere familiare, per il quale non devono rivendicare alcun merito13.

La castità è sinonimo di morigeratezza di costumi e di purezza fisica, ma lo è anche di dirittura morale ed integrità intellettuale. Nell'ottica di Confucio, questa virtù assume un significato più ampio rispetto a quello che le viene attribuito comunemente, comprendendo anche un aspetto spirituale. In tal senso viene intesa come una sorta di fedeltà univoca, prima di tutto verso se stessi e poi verso gli ideali di cui ci si fa portatori e promotori con l'esempio dettato dal proprio comportamento. Tale atteggiamento richiede una dedizione totale che non prevede deroghe, ripensamenti, esitazioni e che plasma la disposizione interiore con cui ci si rapporta con gli altri investendo ogni ambito della propria esistenza14.

Frugalità e sollecitudine sono le due virtù che hanno un immediato riscontro pratico e trovano la loro massima espressione nel lavoro femminile15, ossia l'insieme dei compiti e delle

attività domestiche di cui una donna deve essere capace. La frugalità si esprime risparmiando dove possibile sugli sprechi nell'amministrazione domestica, cercando di impiegare al meglio le risorse che si hanno a disposizione e accertandosi che ci siano sempre sufficiente riserve di cibo per mantenere l'intera famiglia in caso di crisi. Poi una donna dimostra la propria sollecitudine alzandosi sempre all'alba, più precisamente nelle prime ore del giorno, e coricandosi la sera tardi per ultima, così da riuscire a sbrigare in tempo tutte le faccende domestiche. Nel momento in cui si dedica a svolgere tali mansioni, come preparare i pasti oppure rigovernare, lo deve fare impiegando tutta l'energia che ha a disposizione e soprattutto senza mai lamentarsi del carico di lavoro che pesa tutto sulle sue spalle. In questa ottica il lavoro femminile assume anche un valore aggiunto ed un significato morale, diventano simbolo di virtù e dedizione16.

Oltre alla separazione fisica tra uomo e donna esisteva anche una diversità di funzioni e di comportamenti. Secondo la teoria dello Yin e dello Yang la retta condotta femminile, descritta

13 L. Raphals, Sharing the Light. Representations of Women and Virtue in Early China, Albany, State University of New York Press, 1998, p.30.

14 A. Cheng, Storia del pensiero cinese, Torino, Enaudi, 1997, p.35.

15 Le attività pratiche identificate con il lavoro femminile in cui una donna doveva dimostrarsi abile erano l'allevamento dei bachi da seta, la filatura, la tessitura, il cucito, il ricamo, la cucina e la partecipazione ai riti officiati agli antenati. A queste in senso più ampio si aggiungevano la gestione dell'amministrazione domestica, la cura dei suoceri, la cura del marito e l'educazione dei figli.

16 M.Q. Zhang, The Four Books for Women. Ancient Chinese Texts for the education of Women, in “B.C. Asian Review”, No.2, 1988, pp.174-184.

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ed esaltata già nel “Classico dei mutamenti”, in cinese Yijing易經, era infatti indispensabile per mantenere l’ordine e l’armonia dell’intero Universo. Il principio femminile o Yin rappresenta il lato in ombra di una collina e quindi è associato all'oscurità, alla ricettività, al grembo materno e all'umidità. Invece il principio maschile o Yang rappresenta il lato soleggiato di una collina ed è associato al sole, alla volatilità, al seme maschile e al calore. Entrambi i principi si completano a vicenda e l'uno non può esistere senza l'altro17. Nelle

teorie confuciane, però, il principio maschile è superiore al principio femminile, quindi l’uomo è superiore e la donna inferiore, l’uomo comanda e la donna obbedisce18.

Ai due principi di Yin e Yang corrispondono rispettivamente i caratteri nei 内o interno e wai 外o esterno. Da ciò si evince che esiste una separazione tra il mondo esterno dell'interazione sociale e della politica, dominio assoluto degli uomini, e il mondo interno della casa, più precisamente delle stanze interne, dominio per eccellenza femminile. Queste stanze interne corrispondono agli appartamenti dove le donne vivono al riparo dal mondo esterno e a cui gli uomini non hanno accesso19. Quindi se la sfera d'azione femminile è rivolta all'interno ed è

orientata verso il soddisfacimento dei bisogni del nucleo familiare, invece la sfera d'azione maschile è rivolta verso l'esterno ed è orientata alla vita pubblica e all'interazione con gli altri uomini20.

Altro elemento che rese necessario l'isolamento femminile all'intero delle mura domestiche furono i cosiddetti “gigli d'oro”. La fasciatura dei piedi, chanzu 缠 足 , fu una pratica che nacque durante la dinastia Song e che in origine non fu nulla di più che una moda lanciata dalle ballerine di corte, che si avvolgevano i piedi per ballare sulle punte sopra tappeti dai disegni floreali. La tecnica consisteva nel piegare le dita sotto la pianta del piede e di inarcarlo in modo tale da ridurne la lunghezza. Dopodiché i piedi venivano bendati in maniera molto stretta ed iniziavano a deformarsi nel giro di qualche anno. La moda della fasciatura dei piedi si impose, poco alla volta, a tutti gli strati della popolazione, sia per motivi estetici sia perchè rispondeva a determinate esigenze sociali. Un piede piccolo tra i sette ed i dodici centimetri era indice di nobiltà e di ricchezza e serviva, in concreto, a distinguere le ragazze di buona famiglia da quelle povere o dalle schiave, definite con disprezzo “le ragazze dai piedi lunghi”21. Non è difficile immaginare a quale sofferenza dovessero sottoporsi le ragazze, ma 17 L. Lanciotti, La donna nella Cina imperiale e nella Cina repubblicana, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1980, p.48.

18 P. Santangelo, Storia del pensiero cinese, Roma, Newton, 1995, p.42.

19 Questo tipo di organizzazione spaziale e sociale dei ruoli fa riferimento alle situazioni di una famiglia di rango medio o elevato, mentre negli altri strati sociali le donne erano solite partecipare attivamente al lavoro maschile all'esterno della casa, ad esempio nei campi, e non dedicarsi esclusivamente al lavoro femminile. 20 R. Guenon, Taoismo e Confucianesimo, Roma, Tipografia Olimpica, 1977, p.12.

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del resto è probabile che molte di loro, raggiunta l'età adulta, fossero state felici di avere a loro disposizione un elemento in più per potersi accaparrare un buon partito. Secondo il sinologo Landerland l'andatura provocata dai piedi fasciati caricava tutto il peso corporeo sulle cosce e sulle anche, sviluppando così alcuni muscoli interni che, durante il rapporto sessuale, rendevano la vagina più stretta e davano all'uomo la medesima sensazione che avrebbe avuto con una vergine. Di conseguenza i “gigli d'oro” assumevano un duplice significato: da un lato garantivano una caratteristica estetica molto apprezzata dal mondo maschie e fonte di una forte attrazione erotica, in quanto le donne erano costrette ad assumere un'andatura particolare che dava un'idea di fragilità e che al tempo stesso faceva risaltare la virilità maschile. Mentre dall'altro rappresentavano una mutilazione che imponeva alla donna l'isolamento, la segregazione ed una vita vissuta solamente tra le mura domestiche22.

Purtroppo la pratica di bendare i piedi alle bambine era ancora in uso all’inizio del Ventesimo secolo, come testimonia la scrittrice Jung Chang nel romanzo dal titolo “Cigni Selvatici23

parlando di sua nonna, nata nel 1909: alla figlia, ancora bambina, il padre aveva infatti imposto la fasciatura dei piedi con la speranza, poi realizzatasi, che venisse scelta come concubina da qualche personaggio importante del governo mancese.

Anche all'interno di un altro classico confuciano, Memoria sui riti o Liji 礼记, troviamo ulteriori elementi di distinzione tra la figura maschile e la figura femminile, oltre a quelli già menzionati. All'interno di esso troviamo scritto che le donne sono più piccole degli uomini, che maturano ed invecchiano prima e che hanno una giovinezza più breve. Ulteriore elemento di inferiorità è il loro colorito più pallido, in quanto sono costrette a vivere unicamente all'interno delle mura domestiche24. Le donne hanno come numero chiave il sette e i suoi

multipli: completano la dentizione a sette anni, diventano sessualmente attive a quattordici, toccano la pienezza verso i ventuno e vanno in menopausa verso i quarantanove anni. Invece il numero chiave per uomini è l'otto con i suoi multipli: completano la dentizione a otto anni, raggiungono la pienezza sessuale verso i sedici anni, raggiungono la pienezza verso i ventiquattro anni e infine perdona la capacità riproduttiva verso i sessantaquattro anni. Inoltre visto che la fisiologia maschile si basa sulle energie vitali, o qi 气, e quella femminile sul sangue, di conseguenza anche la cura delle malattie deve avere un corso diverso25.

22 N.L. Swann, Ban Zhao: Foremost Woman Scholar of China, First Century A.D., New York, Russell & Russell, 1968, p. 27.

23 Si tratta di un’autobiografia che descrive molto bene la storia e l’evoluzione della condizione femminile in Cina, attraverso la vita di tre generazioni di donne: la nonna, la madre e Jung Chang stessa cresciuta nella Cina maoista e poi trasferitasi all’estero.

24 M. Scarpari, Il Confucianesimo. I fondamenti e i testi, Torino, Einaudi, 2010, p. 25.

25 F. Bonanomi, La numerologia. Aspetti del pensiero filosofico e medico classico cinese, Milano, Shiatsu Milano Editore, 2018, p. 22.

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Vissute nell'assoluta obbedienza e nel completo isolamento della casa paterna, le fanciulle chiudevano la loro infanzia e la loro adolescenza nel momento del loro matrimonio. Quest'ultimo segnava il passaggio all'età matura, oltre che alla sottomissione e ad un ulteriore isolamento nella casa del marito e della sua famiglia. Le ragazze dovevano accettare senza alcuna discussione lo sposo che veniva scelto per loro dal padre, che in generale non avevano mai visto prima, ed era costrette ad entrare nella sua famiglia per assumervi il ruolo di moglie e nuora. Mentre al momento del matrimonio le fanciulle lasciavano per sempre la casa paterna, al contrario l'uomo vi restava fino alla morte. Infatti gli sposi novelli non andavano a creare un nuovo nucleo familiare, bensì continuavano a far parte del nucleo familiare e della casa di lui26.

1.2 Mogli, concubine e schiave

Ancora agli inizi del ventesimo secolo, in Cina potevano verificarsi tre diverse tipologie di matrimonio, ciascuna con le proprie modalità. Queste tre tipologie erano rispettivamente il matrimonio della famiglia imperiale, il matrimonio delle classi sociali elevate e infine il matrimonio delle classi popolari. Mentre gli ultimi due tipi di matrimonio riuscirono a sopravvivere fino al 1949, il matrimonio imperiale ebbe fine già nel 1911, quando venne proclamata la Repubblica cinese. In ogni caso non si trattava mai del frutto di una libera scelta reciproca, in quanto l'unione veniva combinata dalle rispettive famiglie, secondo specifici criteri tra i quali non rientrava assolutamente la possibilità di un legame d'affetto tra i futuri sposi27.

Se il matrimonio imperiale aveva la primaria funzione di assicurare una legittima discendenza al trono, esso rappresentava anche uno strumento politico per salvaguardare e rafforzare il potere dinastico. La famiglia nella quale veniva prescelta una sposa per il futuro imperatore oppure per i principi imperiali non solo vedeva crescere il proprio prestigio e la propria ricchezza, grazie alla dote pagata dalla corte imperiale, ma aveva anche la possibilità di esercitare una forte influenza, soprattutto se la sposa in questione aveva dato alla luce un figlio maschio. Di conseguenza le donne svolgevano la funzione di perno, di cerniera tra le due famiglie e grazie al ruolo che ricoprivano riuscivano a godere di un certo potere, che esercitavano soprattutto per influire sulle scelte relative alla successione. Durante l'ultima dinastia imperiale, la dinastia Qing28, prese piede la regola che l'erede al trono non doveva 26 K. Bernhardt, Women and property in China 960-1949, Stanford, Stanford University Press, 1999, p.58. 27 R.S. Watson, P. Buckley Ebrey, Marriage and Inequality in Chinese Society, Berkley, University of California Press, 1991, p.44.

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necessariamente essere il figlio primogenito partorito dalla sposa legittima consacrata come imperatrice, bensì poteva essere scelto fra tutti i figli e fra tutti i nipoti dell'imperatore. Di conseguenza questa circostanza creò una fortissima competizione all'interno della Città Proibita e indebolì la posizione dell'imperatrice, che venne messa quasi sullo stesso piano delle concubine, il cui numero era del tutto variabile. Quindi nonostante la sua posizione privilegiata, anche l'imperatrice stessa cominciò a dipendere dagli umori dello sposo e della corte imperiale stessa29.

Le regole utilizzate per scegliere le mogli e le concubine imperiali variavano a seconda della dinastia che in quel momento sedeva sul trono imperiale: ad esempio la dinastia Tang30 e la

dinastia Song31 le reclutavano tra le famiglie più abbienti dell'aristocrazia cinese, mentre la

dinastia Ming32 le sceglieva tra le ragazze del popolo33. Invece la dinastia mancese, decise di

proibire il matrimonio con le ragazze di origine cinese, al fine di salvaguardare la supremazia dei conquistatori mancesi e di evitare la mescolanza tra i vincitori e vinti. Pertanto ogni tre anni le mogli e le concubine imperiali venivano scelte di preferenza tra le figlie degli alti ufficiali mancesi, oltre che all'interno di altre famiglie che appartenevano alla stessa etnia oppure nelle tribù nomadi che vivevano ai confini dell'impero cinese34.

Appena il palazzo imperiale annunciava la decisione di voler procedere nella scelta delle mogli e delle concubine imperiali, le madri andavano ad scrivere le proprie figlie nelle liste ufficiali delle candidate. Queste, le cosiddette tsiu nu o belle donne, dovevano aver superato i dodici anni di età e dovevano presentarsi ai colloqui munite di tutte le informazioni relative alla loro famiglia e alla loro data di nascita. Dopodiché venivano trasferite all'interno del palazzo imperiale tramite portantine sorrette dagli eunuchi e venivano condotte in presenza dell'imperatore e dell'imperatrice, che sceglieva personalmente le future spose dei figli e degli altri discendenti maschi in linea di successione diretta. Superata la prima selezione, le prescelte dovevano ottenere il consenso dell'imperatrice madre, colei che deteneva il potere effettivo e consacrato dagli insegnamenti di Confucio sull'osservanza della pietà filiale35.

Invece le ragazze escluse potevano aspirare alla posizione di concubina o di dama di corte. In quest'ultima veste prestavano servizio all'interno del palazzo imperiale per un periodo di

29 D. Elisseeff, La donna nella Cina imperiale, Milano, SugarCo, 1991, p.21. 30 La dinastia Tang regnò dal 618 al 960.

31 La dinastia Song regnò dal 960 al 1279. Tradizionalmente il suo regno è suddiviso in Song settentrionali, che regnarono dal 960 al 1127, e Song meridionali, che regnarono dal 1127 al 1279.

32 La dinastia Ming regnò dal 1368 al 1644.

33 P. Ebrey, The Inner Quartes:Marriage and the Lives of Chinese Women in the Ming Period, Berkley, University of California Press, 1993, p.41.

34 G.S. Fong, E. Widmer, The inner quarters and beyond women writers from Ming through Qing”, Boston, Brill, 2010, p.36.

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cinque anni, al termine del quale venivano congedati con una discreta somma di denaro, che potevano impiegare per la riuscita di un buon matrimonio. Se invece le ragazze escluse erano destinate al ruolo di concubine, esse entravano a far parte di uno dei sette ranghi36 in cui le

concubine erano divise e ricevevano un appannaggio in cibo, in denaro, in gioielli, in servitù, che aumentava ogni qualvolta salivano di rango. Le ragazze delle famiglie più povere, purché di origine mancese, per le quali la posizione di sposa o di concubina imperiale era del tutto irraggiungibile, potevano invece entrare all'interno della Città Proibita come kung nu, serve o chiave. Queste ragazze restavano nella Città Proibita per un periodo di venticinque anni e al termine del loro servizio ricevevano una dote e un marito37.

Se la possibile scelta dell'erede al trono fra tutti i figli e nipoti dell'imperatore accorciava le distanze tra la figura della sposa imperiale e la figura della concubina, in realtà tra queste due condizioni esistevano differenze assai notevoli: solo alla moglie era dovuto dai figli dell'imperatore il titolo di madre, solo alla sua morte i principi dovevano osservare tre anni di lutto e infine soltanto la sua unione con l'imperatore veniva celebrata in maniera solenne tramite la cerimonia del matrimonio o dahun 大婚. Il matrimonio imperiale era un evento che arrivava a coinvolgere tutto il popolo, infatti l'imperatore era solito concedere per l'occasione condoni e amnistie, inoltre decretava che le strade della città venissero pulite, che il palazzo imperiale venisse ridecorato e che fossero portate anche offerte agli altari del Tempio del Cielo e degli Antenati. Addirittura i sudditi ricevevano indicazioni sui colori che dovevano indossare: avevano l'obbligo di dover indossare vesti di colore rosso e di colore verde. Il primo in quanto segno di felicità, di prosperità e di fortuna, mentre secondo in quanto segno di purezza, di salute e di sincerità. Il rituale del matrimonio vero e proprio aveva inizio quando l'imperatrice madre ordinava al figlio di sposarsi annunciando il suo fidanzamento tramite un editto imperiale. Dopodiché venivano inviati due emissari con i doni per il padre della sposa, che doveva rispondere a l'onore ricevuto con un profondo inchino, il cosiddetto

kow-tow. Alla celebrazione del fidanzamento seguiva un ulteriore cerimonia durante la quale

venivano consegnati i diversi abiti che la sposa avrebbe dovuto indossare e si riuniva anche una commissione di astronomi che aveva il compito di proclamare la data propizia delle future nozze38. Il momento culminante del lungo rituale arrivava quando la futura sposa 36 Il gineceo imperiale, organizzato sotto la dinastia Ming, era suddiviso in dodici ranghi, ridotti a sette sotto l'imperatore Kangxi. Una sola sposa portava il titolo di imperatrice. Seguivano poi due seconde spose, quattro concubine imperiali, sei concubine del quarto rango, le concubine del quinto rango e infine un numero illimitato di concubine di rango inferiore.

37 M. Jaschock, Concubines and Bondservants, London, Zed Book Ltd., 1988, p.45.

38 R.E. Baber, Marriage in Ancient China, in “The Journal of Educational Sociology”, Vol.8, No.3, 1934, pp. 131-140.

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veniva dichiarata imperatrice e le venivano consegnate le tavolette e il sigillo d'oro39.

Terminata la vestizione la giovane sposa veniva trasferita, in una portantina sorretta da ventiquattro portatori, davanti all'ingresso principale della Città Proibita, di cui varcava la soglia senza essere accompagnata dal suo futuro sposo. La cerimonia aveva conclusione nelle stanze imperiali decorate per l'occasione con i simboli di buon auspicio e con quelli della felicità coniugale, ossia la doppia felicità, che simboleggia il momento in cui i due sposi bevono insieme dalla coppa nuziale. Il giorno successivo gli sposi si devono recare all'altare degli Antenati e quindi a rendere omaggio all'imperatrice madre. Dopodiché ricevevano le congratulazioni degli ufficiali della corte e concludevano la cerimonia con un grande banchetto per tutte e due le famiglie. Per quanto riguarda le concubine imperiali, invece, esse non ricevevano un trattamento molto diverso da quello appena descritto40. Se da un lato non

entravano nella Città Proibita dalla porta principale né venivano dichiarate imperatrici, dall'altro ottenevano però titoli nobiliari e ricevevano il sigillo con inciso il proprio rango ed il proprio nome41.

Anche nel caso del matrimonio delle classi più abbienti non si trattava mai di una questione privata tra i due sposi, bensì di un'alleanza tra due famiglie i cui artefici erano sempre i genitori. Più un nucleo familiare era ricco ed influente, più si studiava il modo per mantenerne la potenza tramite una determinata politica matrimoniale e tramite una numerosa progenie. I passaggi che portano a questo tipo di matrimonio possono essere riassunti dall'espressione

sanshu liuli 三书六礼, ossia le tre lettere e sei rituali. Le tre lettere consistevano in una sorta

di contratto scritto in cui i due futuri sposi venivano promessi ufficialmente l'una all'altro, in cui si elencava la quantità ed il valore dei regali destinati alla famiglia della sposa e infine si accettava formalmente il matrimonio. Mentre i sei rituali consistevano nel formulare una richiesta ufficiale attraverso l'intermediario, nel chiedere il nome e la data di nascita della ragazza per verificare la compatibilità dell'unione, nel promettere i due giovani l'una all'altro, nell'accettare formalmente il matrimonio, nel fissare la data delle nozze infine la cerimonia vera e propria. Di conseguenza il matrimonio non era altro che una sorta di compravendita che doveva garantire benefici ad entrambe le famiglie42.

Dal momento delle nozze fino all'esaurimento della sua capacità produttiva, la donna sposata era perennemente incinta. I trattati di medicina tradizionale cinese erano pieni di

39 C.O. Hucker, Dictionary of Official Tittles in Imperial China, Taipei, Southern Material Center, 1985, p.31. 40 Soltanto le concubine appartenenti ai primi tre ranghi dei sette totali ricevevano questo trattamento.

41 S. R. Watson, Marriage and Inequality in Chinese Society, Berkley, University of California Press, 1991, p.179.

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consigli che andavano a toccare tutti gli aspetti collegati alla sfera in questione, quali la gravidanza, le nausee e le voglie. Solo l'ultimo mese di gravidanza era però considerato debilitante per la donna e per questo periodo assai limitato si raccomandava estrema tranquillità, moderazione nel mangiare e nel bere e persino di non lavarsi i capelli. Inoltre era consigliata fortemente la ricerca di una levatrice esperta, in quanto solo di rado veniva chiamato un medico al momento del parto43.

La durata media di un matrimonio era di circa venticinque anni e in generale terminava con la morte di uno dei due coniugi, in molti casi era la donna a mancare per prima in quanto vittima di un parto. Le qualità ideali per un rapporto coniugale duraturo erano la riservatezza e la cortesia, mentre la mera attrazione sessuale veniva collegata alla figura della cortigiana. Come l'erotismo occupasse, però, un posto molto importante all'interno della società cinese lo rivelano sia il numero delle cortigiane presenti all'interno dell'impero, sia la lunga tradizione cinese in materia di tecniche sessuali basate su concezioni taoiste. Queste ultime, oltre ad incoraggiare gli uomini ad avere rapporti molteplici, fornivano anche numerosi consigli alle moglie su come concepire il proprio erede: veniva suggerito alla donna di concepire il primo figlio intorno ai vent'anni, quando il suo Yin era nel pieno delle sue forze, ceravano anche di spiegare l'infertilità con la geomanzia44 e infine indicavano i giorni propizi alla procreazione e

quelli infausti. Si consigliava, per avere un figlio maschio, di avere rapporti subito dopo il periodo mestruale, nel primo, nel terzo e nel quinto giorno dopo il ciclo mestruale. Mentre per il concepimento di una femmina venivano indicati come propizi in secondo, il quarto e il sesto giorno dopo le mestruazioni, che ovviamente tutti cercavano di evitare45.

All'interno della famiglia del marito, la moglie occupava una posizione di un certo rilievo: deteneva il pieno controllo delle finanze domestiche ed esercitava la propria autorità figli. La sua vita, però, poteva essere resa assai complessa e assai difficile dalla presenza di altre mogli, visto che la poligamia era la regola in Cina, e dalla presenza delle concubine, in quanto tutte vivevano sotto lo stesso tetto e dividevano lo stesso uomo. L'ingresso di una concubina in casa costituiva uno dei più grandi motivi di attrito tra i coniugi, infatti nessuna legge proibiva all'uomo di averne né specificava in quale numero. La moglie veniva ferita dalla presenza di una donna più giovane e quindi si sentiva vecchia e sessualmente frustrata, soprattutto davanti al fatto che il marito decideva di dedicare più tempo alla nuova compagna e che le comprasse dei regali. Spesso la gelosia degenerava in episodi di violenza o addirittura

43 P. Huard, M. Wong, La medicina cinese, Milano, Il saggitore, 1967, p.53.

44 La Geomanzia è un’arte divinatoria che comprende lo studio e l’osservazione dei segni naturali o artificiali del terreno.

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in delitti e tragedie: le giovani concubine venivano picchiata a morte o addirittura avvelenate, oppure le mogli decidevano di suicidarsi. Solo alcune spose finivano per abbracciare la religione buddista, i cui insegnamenti servivano a temprare le menti e le anime delle donne, aiutando a ristabilire l'armonia all'interno del nucleo familiare. Visto che le mogli non avevano alcun potere sul marito e dato che la gestione delle faccende domestiche pesava completamente sulle loro spalle, le donne impararono ben presto che dovevano contare solo su se stesse e che al massimo dovevano sfruttare determinate occasioni per stringere delle alleanze tattiche con le altre donne della casa e trarne quanti più benefici possibili per alleviare la loro condizione46. Su Tong47, uno degli scrittori contemporanei più attento

all’universo femminile e più accurato nella descrizione della Cina tradizionale, nel suo romanzo dal titolo “Mogli e concubine” ha saputo dipingere in modo preciso e acuto le tensioni e le alleanze strategiche che si potevano intrecciare tra le donne di una stessa casa.

Per quante difficoltà e amarezza potesse creare la convivenza tra mogli e concubine, il matrimonio restava sempre il momento più importante nella vita di una donna: ricca o povera che sia, aristocratica o popolana, la donna che moriva nubile non poteva sperare assolutamente di ottenere un posto negli altari degli antenati e di conseguenza il suo spirito era costretto a vagare perennemente senza pace, turbando l'esistenza dei vivi. Tuttavia accadeva molto spesso che il matrimonio, a cui tutte le donne aspiravano come sola e unica soluzione della loro vita, non si rivelasse come se lo erano immaginate e che quindi la sposa infelice cedesse alle tentazioni dell'adulterio. In questa situazione la donna si macchiava di un reato punibile per legge, ma molto spesso il marito preferiva coprire l'accaduto pur di non rendere pubblica l'ingiustizia subita. Molti erano anche i casi di incesto: a causa della politica matrimoniale delle famiglie ricche, molte giovani si trovavano a dover vivere sotto lo stesso tetto con uomini ai quali non erano unite da alcun vincolo di sangue ma solo da legami acquisiti, ciò bastava a rendere incestuoso un rapporto. Quindi venivano considerati come incestuose le relazione di un uomo con la nuora, con la concubina del padre e con la coniata. L'incesto era punito con la prigione e poteva persino diventare causa di divorzio o piuttosto di ripudio: soltanto il marito poteva chiedere di separarsi dalla moglie e per farlo non doveva andare davanti ad un giudice, bensì semplicemente bastava riempire un modulo di richiesta. Tuttavia non era possibile divorziare da una moglie che avesse osservato i tre anni di lutto per

46 D. Yue, Concubinage and Motherhood in Qing China (1466-1911): Ritual, Law, Custodial Rights of Property, in “Journal of Family History”, Vol.42, No.2, 2017, pp.162-183.

47 Su Tong, nato a Suzhou nel 1963, è uno dei pochi autori cinesi che è stato ampiamente tradotto anche in

Italia. Inoltre dalle sue opere sono stati tratti alcuni dei film cinesi più famosi in Occidente, come “Lanterne rosse” di Zhang Yimou, tratto proprio da “Mogli e concubine”.

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i propri suoceri: questo era considerato un atto meritorio di pietà filiale che la integrava irrevocabilmente alla famiglia del marito, mettendola così al riparo da un eventuale separazione48.

Per le donne delle classi inferiori il matrimonio deteneva ugualmente una posizione assai importante all'interno delle loro vite. Si trattava,però, di una vera e propria compravendita e molto spesso accadeva che una bambina venisse promessa in sposa ancora prima di nascere. L'essere venduta come sposa era quanto di meglio potesse capitare ad una ragazza di estrazione sociale così bassa, in quanto l'alternativa era quella di venire acquistata in qualità di schiava o di prostituta. Alle bambine povere non venivano fasciati i piedi, ma ciò avveniva soltanto perché dovevano essere in grado di lavorare la terra, di guidare le macchine e di portare i sacchi di riso. Tuttavia quello che inizialmente poteva sembrare un vantaggio, col passare degli anni fu vissuto come un'umiliazione49. Nelle classi povere una moglie si doveva

comprare, ma comprarla molto spesso poteva risultare assai costoso, per quanto modeste fossero le esigenze delle famiglie, e altrettanto cara poteva rivelarsi la stessa cerimonia nuziale. Di conseguenza si ricorreva ad una forma di matrimonio “minore”. Le famiglie che avevano figli maschi cercavano di adottare una nuora, una san po san, ancora bambina o addirittura ancora neonata. In questo modo si raggiungeva un duplice vantaggio, da un lato la famiglia di origine si trovava con una bocca in meno da sfamare, mentre dall'altro quella adottiva risparmiava sulle spese della celebrazione del matrimonio e dell'acquisto di una nuora in età da marito, assicurandosi così ad un prezzo assai irrisorio una sposa per il loro figlio e un nuovo paio di braccia per i lavori domestici e dei campi. Questa era una forma scarsamente rispettabile di matrimonio, ma nelle zone più povere della Cina, soprattutto quelle meridionali, le due famiglie erano assai felici di risparmiare e di evitare le spese relative alla dote, all'intermediario e alla stessa festa nuziale. Inoltre l'adozione di una san po

san era considerata di buon auspicio per la famiglia adottiva, in quanto era una forma di

garanzia per la nascita di un figlio maschio. Di conseguenza molte famiglie operavano un vero e proprio scambio: davano in adozione le proprie figlie per poterne adottare a loro volta. Molto spesso le spose bambine avevano compiuto appena i cento giorni e quindi bisognava attendere molti anni prima di poter compiere la cerimonia nuziale vera e propria. La condizione in cui versava una sposa bambina poteva migliorare solo nel momento in cui fosse riuscita a dare alla luce un erede maschio, ma nonostante ciò doveva ritenersi soddisfatta. Questo perchè era riuscita a trovare una famiglia disposta ad adottarla, evitandole di diventare

48 D.C. Buxbaum, Chinese Family Law and Social Change in Historical and Comparative Perspective, Seattle, University of Washington Press, 1978, pp.23-74.

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un peso per la propria famiglia di origine, che non avrebbe potuto far altro che ucciderla o venderla sul mercato della prostituzione. La vita nella famiglia adottiva poteva rivelarsi assai dura e non di rado accadeva che le san po san fossero più vecchie del figlio a cui erano destinati e che venissero adottate nella veste di balie del loro futuro sposo. Tutte le situazioni appena descritte sono da considerarsi come un qualcosa di innaturale, ma pur sempre reali, in quanto dovute alla miseria che dilagava nelle campagne e nei villaggi. Questa situazione devastante molto spesso spingeva gli uomini più poveri, privi anche del necessario per adottare una sposa bambina, a mettere in atto due pratiche del tutto immeritevoli. La prima consisteva nel comprare una sposa bambina in società con altri uomini, tramite una forma particolare di matrimonio chiamata huoqu 伙娶. La seconda invece consisteva nell'affittare la moglie di un altro uomo per un periodo di tempo determinato, tramite un accordo definito

dianqi 佃契. In ogni caso si trattava comunque di soluzioni tragiche e avvilenti per le donne,

che venivano viste come mera merce di scambio e come semplici oggetti passivi50.

Secondo Confucio l'anima di un uomo senza un figlio maschio muore con la morte del suo corpo. Forse non esiste nessun'altra affermazione capace di esprimere con altrettanta forza l'assoluta esigenza per un uomo cinese di avere un erede maschio. E' proprio da tale esigenza che nacque la pratica di affiancare alla moglie legittima un numero di concubine che poteva variare a seconda della ricchezza dell'interessato, della sua posizione sociale all'interno della società e della disponibilità di donne da acquistare sul mercato. Il primo imperatore della Cina, Huang Di 皇帝51, possedeva migliaia di concubine, in quanto il loro numero è indice

dell'importanza e del rango di un uomo, nonché del suo potere, della sua ricchezza e infine della sua virilità52. I rapporti con un numero elevato di concubine erano considerati assai

benefici per il qi 气, perchè in questo modo l'uomo riusciva ad assorbire da loro l'essenza del loro Yin, di cui la donna è fonte inesauribile. Anche qui ritorna la teoria dello Yin e dello Yang, nella quale viene inquadrato anche il rapporto sessuale. Il piacere che scaturisce da questo rapporto viene inteso come manifestazione piena della propria polarità sessuale. Quando si raggiunge l'apice del piacere, questo è il momento nel quale l'essenza Yin e Yang si manifestano pienamente all'esterno e sono suscettibili di essere scambiate e trasformate nel

50 W. Zhang, Dynamics of Marriage Change in Chinese Rural Society in Transition: A Study of a Northern

Chinese Village, in “Population Studies”, Vol.54, No.1, 2000, pp. 57-69.

51 Secondo il mito, la civiltà cinese ha avuto luogo con una lunga serie di sovrani, la cui esistenza e avvolta nella leggenda e priva di evidenze archeologiche. Noti col nome di San Huang Wu Di (三皇五帝), i Tre Augusti e i Cinque Imperatori, questi mitici sovrani sono attribuite le invenzioni più importanti della civiltà e sono ricordati come esempi di perfezione morale. Huang Di 皇帝 , letteralmente l'imperatore Giallo, fu il primo dei Cinque Imperatori e visse nella seconda metà del III secolo a.C.

52 R.K. Tian, Male Anxiety and Female Chastity: A Comparative Study of Chinese Ethical Values in Ming-Qing

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loro opposto. Ciascuno dei due partner dovrà cercare di portare l'altro all'apice del piacere, in modo tale da poter prendere da lui/lei quell'essenza che, debitamente trasformata e assimilata, possa riportare in equilibro il proprio organismo e condurlo lungo il cammino della longevità priva di malesseri e di acciacchi. In altre parole, si tratta di uno scambio, sempre paritario di essenze vitali, in cui dare e ricevere sono sullo stesso livello di importanza53.

Essere monogami era una necessità solo per i più poveri, che oltre ad avere un'unica moglie, non potevano permettersi nemmeno una concubina. Di conseguenza la pratica del concubinaggio diventava uno degli aspetti distintivi delle classi sociali all'interno della società imperiale54.

Prima del 1949 le donne cinesi potevano essere suddivise in tre categorie differenti: le mogli, le concubine e le schiave. All'interno di questa piramide gerarchica, le mogli occupavano il livello più alto, seppur in uno stato di completa subordinazione agli uomini del nucleo familiare, mentre le schiave occupavano il livello più basso della piramide. Le concubine, invece, si posizionavano nel livello intermedio, più vicine al livello delle mogli in alcuni casi, di poco diverse dal livello delle schiave in altri. Soggetta all'autorità del marito e della moglie legittima, la concubina non veniva mai integrata del tutto all'interno del nucleo familiare, nemmeno dopo la propria morte, in quanto non poteva essere accolta all'interno degli antenati della famiglia. Ogni giorno era costretta ad affrontare dure lotte all'interno della famiglia per difendere la propria posizione, nonché quella dei propri figli, in quanto venivano legalmente riconosciuti ma avevano l'obbligo di chiamare mamma la moglie legittima del padre. Le concubine venivano private di autentici rapporti di parentela55, non ottenevano

nessun riconoscimento pubblico del loro ruolo, né una dote di cui poter disporre per loro stesse e per i loro figli in caso di morte del marito. Non era affatto un'esistenza facile ed era per questo motivo che di rado una donna scegliesse liberamente di diventarlo. Tuttavia, molte, succubi della volontà della famiglia d'origine, che non avrebbe avuto altra scelta se non quella di venderle a causa della miseria, vedevano la pratica del concubinaggio come una condizione preferibile a quella di moglie di un uomo povero, di sposa bambina o di prostituta56. Esistono

però casi in cui delle concubine sono riuscite ad ottenere un certo quantitativo di potere. Qualora fossero riuscite a concepire un figlio maschio e fossero riuscite ad esercitare una forte influenza sul proprio marito, era alquanto probabile che la loro posizione all'interno del

53 C. Furth, A flourishing Yin: gender in China's medical history, 960-1665, Berkley, University of California Press, 1998,

p.33.

54 R.S. Watson, P. Buckley Ebrey, op.cit., p.70.

55 Le concubine venivano completamente isolate dalla propria famiglia d'origine, con cui non mantenevano più alcun legame concreto.

56 B. Hinsch, Women in Imperial China. Asian Voices: an Asian/Pacific/Perspectives series, Lanham, Rowman and Littlefield, 2016, p.67.

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nucleo familiare potesse risultare superiore a quello della stessa moglie legittima. In realtà si trattava di mere eccezioni, la realtà quotidiana di una concubina era tutt'altro che rosea. Non poteva diventare moglie nemmeno in caso di morte della sposa legittima, in quanto la differenza di status sociale tra i due ruoli era insormontabile. Al contrario, nel caso in cui a morire fosse stato il marito, la precarietà della condizione di una concubina diventava estrema, in quanto poteva essere allontanata dalla famiglia in qualsiasi momento57.

Nella storia millenaria cinese le concubine imperiali hanno svolto un ruolo alquanto importante. Se l'aura di mistero che le avvolgeva fu fonte di grande ispirazione per i poeti del tempo, oggi abbiamo modo di far maggior chiarezza su di loro, grazie ad alcune descrizioni che sono arrivate fino a noi e che ci sono state fornite da alcuni eunuchi e da ex-dame di compagnia della corte imperiale. Fin dall'epoca Ming è stata documentata la presenza nelle corti imperiali delle nuche, ossia bambine schiave reclutate ed allevate per svolgere un sorta di supervisione dei rapporti sessuali dell'imperatore con le sue donne. Le giovane bimbe avevano il compito di vegliare affinché l'imperatore ricevesse le sue preferite nel giorno propizio del calendario lunare, di condurre la prescelta nelle stanze reali ed infine assistere al rapporto, annotandone il giorno e l'ora in un apposito registro58.

Con l'avvento al potere della dinastia Qing, tali mansioni passarono agli eunuchi59, mentre le

ragazze di origine mancese finirono per essere destinate ad altro. Se si rivelavano adatte potevano diventare, dopo un lungo tirocinio e svariate prove, dame di corte. Questo era un titolo alquanto importante che celava al suo interno diverse sfumature, ma che in sostanza si traduceva in una condizione di schiavitù. Qualora non fossero riuscite a diventare dame di corte entravano a far parte della servitù vera a propria. Le reclute non dovevano aver superato i tredici anni di età e venivano selezionate dagli eunuchi in base alla lista ufficiale delle candidate, in cui le loro famiglie si affrettavano ad iscriverle, non appena il palazzo imperiale emanava l'apposito editto. Vista la povertà in cui dilagava gran parte della popolazione, essa rendeva appetibile anche una condizione del genere, in quanto permetteva alle ragazze di non patire la fame e molto spesso assicurava loro un futuro. Le prescelte venivano condotte su una portantina trainata dagli eunuchi all'interno della Città Proibita e vi rimanevano sulla base di un vero e proprio contratto fino al compimento del loro venticinquesimo anno di età.

57 D.Y. Chen, La Storia della Vita delle Donne Cinesi, Hong Kong, Shangwu Yinshuguan, 1998, p.34. 58 B. Hirst, op.cit., p.36.

59 Gli eunuchi erano tutti giovani cinesi, ossia di etnia Han, castrati prima della pubertà per decisione delle proprie famiglie che, spinta dalla miseria, sacrificavano così i propri figli maschi. Una volta castrati, gli eunuchi conservavano i loro “tre tesori” in un barattolo, perchè secondo la tradizione cinese, bruciati insieme al loro corpo, essi gli avrebbero permesso dopo la morte di reincarnarsi in un uomo completo. A seconda delle loro capacità, gli veniva assegnato un determinato lavoro.

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Dopodiché facevano ritorno a casa, dopo essere state sposate all'età di diciotto anni, con un marito scelto appositamente per loro dalla stessa corte imperiale. Il coniuge poteva essere anche un eunuco, posizione di grande prestigio, in quanto chi rientrava all'interno di questa categoria erano i responsabili del buon funzionamento della corte stessa. Arrivate nella Città Proibita, in attesa di diventare dame di corte, le fanciulle venivano segregate all'interno del Palazzo della Bellezza, dove seguivano lezioni di buone maniere e imparavano i trucchi della loro nuova professione. Il titolo di dama ricopriva svariate gerarchie, a cui le candidate venivano assegnate a seconda delle loro attitudini: vi erano le concubine, le dame della corte superiore, le dame della corte inferiore, le inservienti, le ricamatrici, le tessitrici e infine le addette alla cosmesi. Quelle che avevano l'onore di vivere all'interno del Palazzo della Bellezza erano costrette ad osservare regole assai severe, in quanto molto di loro, dopo cinque anni di apprendistato, avrebbero potuto essere destinate al servizio l'imperatrice60.

L'apprendistato delle ragazze era affidato alla supervisione delle gugu 姑 姑 o zie. Queste dame più anziane esercitavano un potere assoluto sulle novizie: potevano punirle o assegnare loro i lavori più faticosi ed umilianti. Le novizie dovevano infatti occuparsi delle toilette e del bagno del gugu, cucire e ricamare per loro abiti e scarpe e perfino lavare la loro biancheria intima. Costrette ad alzarsi presto e a coricarsi tardi, le novizie erano schiave a tutti gli effetti, anche se, avendo vitto e alloggio garantito, vivevano molto meglio delle loro coetanee che erano fuori dalla Città Proibita. Visto che per tutte le donne rinchiuse all'interno della Città Proibita la cura della propria bellezza era un dovere quotidiano, le novizie dovevano imparare a fabbricare le saponette, le creme, l'acqua di rose e il belletto, usando i prodotti creati dalle loro stesse mani. Inoltre le regole di comportamento per le dame di corte erano assai severe: dovevano camminare senza voltare mai la testa, dovevano ridere senza mai mostrare i denti, non dovevano mai fare domande e dovevano ubbidire ciecamente61.

Visto che il compito di controllare che queste norme venissero rispettate era affidato agli eunuchi, era proprio tra di loro che le donne cercavano spesso un protettore: in caso di bisogno era di fondamentale importanza avere un buon rapporto con almeno uno di loro, per avere la possibilità di ottenere piccoli favori, come il mantenimento dei contatti con la propria famiglia di origine. Molte dame riuscirono ad elevare il proprio rango grazie ad un eunuco e contemporaneamente molte altre sono precipitate in disgrazia, sempre grazie ad uno di loro. Alcune arrivarono addirittura a sceglierne uno come compagno, per cercare di consolarsi e per

60 D. Ko, Teachers of the Inner Chambers. Women and Culture in Seventeenthy-Century China, Stanford, Stanford University Press, 1994, p.22.

61 S. Mann, Precious Records: Women in China's Long Eighteenth Century, Stanford, Stanford University Press, 1997, p.82.

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dimenticare la solitudine62. Non poche dame ottennero posizioni di rilievo col loro aiuto,

come nel caso della concubina Yehonala, diventata in seguito l'imperatrice madre conosciuta col nome di Cixi 慈禧. Quest'ultima, come le altre fanciulle, entrò nella Città Proibita all'età di tredici anni e fu proprio grazie all'appoggio di un potente eunuco, che riuscì a diventare dama di compagnia dell'imperatrice prima e in seguito concubina dell'imperatore. Essa riuscì anche a dargli un figlio maschio, Tong Zhi 同治, e visto che la moglie legittima era sterile prese a tutti gli effetti il suo posto, riuscendo a rimanere al potere fino alla propria morte nel 190863.

Molto più dura era la vita delle coetanee delle concubine di corte che vivevano fuori dalla corte imperiale. All'interno della transazione, che avveniva tra la famiglia povera disposta a vendere la propria figlia come concubina e la famiglia ricca che la acquistava, interveniva una mediatrice. Era lei a comprare direttamente la giovane, per poi portarla a casa sua e istruirla alle sue nuove mansioni e l'addestramento era simile a quello delle cortigiane: doveva saper leggere e scrivere, doveva saper intrattenere gli ospiti e doveva anche preparare le medicine per il proprio padrone. Il prezzo pagato dalla mediatrice alla famiglia poteva variare a seconda del periodo in cui ci si trovava e dalle leggi naturali che regolavano la vita nelle campagne. Invece la somma versata dalla famiglia acquirente alla mediatrice doveva essere fissata ancor prima di stilare l'accordo e poteva essere pagata anche ratealmente. Il contratto aveva durata limitata e alla scadenza c'era la possibilità di rinegoziare i termini. La famiglia che desiderava acquistare una concubina cercava di tenere segreta il più possibile questa informazione, per evitare di essere assediata di una moltitudine di mediatrici. Quando la richiesta veniva ufficialmente formulata, la tradizione voleva che la prima mediatrice ad arrivare sul luogo avesse il diritto di entrare per prima e di mostrare la propria merce. Dopodiché veniva fatta accomodare in una sala d'attesa insieme alla ragazza da vendere ed entrambe aspettavano l'inizio dell'esame. L'esame in questione veniva svolto dall'acquirente che, assistito da esperti, lo eseguiva con rapidità, perchè davanti alla casa attendevano altre mediatrici con altrettante ragazze in vendita. Nonostante la ragazza potesse essere preparata a questa pratica, essa poteva risultare ugualmente dolorosa e umiliante64. Infatti prima di comprare, l'acquirente

voleva avere l'assoluta certezza di venir soddisfatto in tutti i suoi cinque sensi. L'esame vero e proprio iniziava con alcuni ordini impartiti dalla mediatrice, come “cammina in avanti” oppure “girati”, affinché la ragazza col proprio movimento consentisse agli esaminatori di

62 B. Hirst, op.cit., p.46.

63 J. Chang, L'imperatrice Cixi, Milano, Longanesi, 2015, p.31.

64 S. Stafutti, E. Sabattini, La Cina al femminile: Il ruolo della donna nella cultura cinese, Roma, Aracne, 2012, p.51.

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vederla bene. Dopodiché le veniva chiesto di mostrare le mani, che dovevano essere chiare e trasparenti come l'alabastro. La domanda “Quanti anni hai?” non serviva per avere informazioni sulla candidata, bensì serviva per sentire la sua voce. Un elemento che poteva innalzare il valore della candidata era la presenza dei gigli d'oro. Infine si arrivava all'ultima parte dell'esame, quella della fragranza corporale, per il quale era necessario un esperto dall'olfatto particolarmente sopraffino. Per i cinesi tutto ciò che è legato all'olfatto ha una notevole importanza: ancora oggi quando si salutano tra loro accostano le guance per sentirne la fragranza. Inoltre nella aromaterapia l'olfatto e le emozioni sono legati indissolubilmente e il naso viene considerato il canale diretto di comunicazione tra le persone. Visto che ci sono parti del corpo umano collegate direttamente all'olfatto e poiché ogni parte del corpo ha caratteristiche proprie in tal senso, l'acquirente chiedeva all'esperto di controllare la fragranza corporea della ragazza in specifiche zone. Ad esempio le faceva alzare il braccio per cogliere al meglio l'odore delle sue ascelle, oppure introduceva un dattero nel suo utero per percepirne l'odore. Dopodiché l'esperto annusava il residui rimasti sul dattero, che poi passava all'acquirente, il quale, se incerto sul da farsi, procedeva lui stesso ad annusare il dattero e poteva persino arrivare a mangiarlo65. Concluso l'esame l'acquirente indicava la propria

prescelta posando una molletta d'oro sui suoi capelli, invece le altre venivano rimandate a casa con un piccolo rimborso spese. La ragazza prescelta veniva accolta come concubina con la famosa cerimonia del tè, nella quale doveva porgere la tazza alla moglie ufficiale come segno di sottomissione. In seguito le veniva dato un nome diverso dal suo, nel quale si poteva trovare molto spesso la parola nu 奴, o schiava, preceduta dal termine xiao 小 o piccola, al fine di indicare la sua inferiorità all'interno del nucleo familiare66.

Vista la composizione delle famiglie tradizionali cinesi, in cui sotto lo stesso tetto potevano vivere da due a tre generazioni diverse, le figure femminili che vi erano all'interno non erano mai sufficienti; di conseguenza il loro numero aumentava tramite l'acquisto di schiave. Vendere le bambine come schiave era un'usanza tipica della Cina meridionale, sopratutto nell'area di Canton, dove le famiglie più povere erano costrette a disfarsi delle proprie figlie in tal modo. Queste bambine, conosciute anche come mui-tsai, venivano reclutate tramite la mediazione di levatrici, di venditrici ambulanti o di balie. Infatti queste donne, in virtù del fatto che per esigenze lavorative dovessero spostarsi dalle campagne verso la città, avevano la possibilità di accedere alle camere segrete delle residenze cittadine e riuscivano a godere anche di un forte potere grazie al loro lavoro, che le rendeva indispensabili. Queste donne si

65 T. J. Kaptchuk, Medicina cinese. Fondamenti e metodo, Milano, Red Edizioni, 2014, p.60. 66 B. Hirst, op.cit., p.55.

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avvalevano di una vera e propria rete di informatori che le tenevano al corrente della presenza, sul territorio, di possibili schiave. In sostanza il loro lavoro consisteva da un lato nel mediare all'interno della compravendita della schiave, mentre dall'altro erano loro stesse ad acquistare le bambine, mantenendole a loro spese fino al momento di rivenderle. Il prezzo veniva pattuito di volta in volta e dipendeva da diversi fattori, quali l'età della bambina, la sua esperienza lavorativa e la maggiore o minore domanda di mercato67. L'età maggiormente

richiesta era quella tra gli otto e i nove anni, in quanto a quell'età veniva considerata abbastanza grande per svolgere le faccende domestiche ed anche abbastanza piccola per imparare ad adattarsi alla esigenze della famiglia che la acquistava. Quest'ultima, per evitare di incappare nel rischio di venire accusata di rapimento e per poter rivendere eventualmente la bambina acquistata dopo qualche anno, esigeva dai parenti della mui-tsai un documento che attestasse la regolarità della vendita e del possesso. Vista l'estrema importanza di questo documento, la famiglia acquirente lo custodiva con estrema cura. Si trattava di un vero e proprio contratto, che doveva avere le impronte digitali delle tre parti contraenti, ossia il padre della mui-stai, la mediatrice e l'acquirente, e che doveva venire vidimato in seguito dalla polizia distrettuale con un sigillo rosso. A tal punto la famiglia della bambina rinunciava ad ogni diritto su di lei, mentre la famiglia acquirente si impegnava a trovarle un marito al compimento dei suoi diciotto anni. All'interno del contratto erano presenti clausole assai particolari, ad esempio alcune servivano a garantire che la ragazza non fosse mai stata fidanzata e nemmeno promessa in sposa, mentre altre servivano a garantire che la fanciulla non avesse mai contratto la lebbra e che non soffrisse di epilessia. Qualora la schiava si fosse ammalata, il padre era costretto a riprenderla con sé e contemporaneamente doveva rimborsare il denaro che aveva ricevuto alla conclusione della transazione. Se invece la schiava fosse morta per cause improvvise, una clausola precisava che la morte doveva essere attribuita solamente al caso. A seconda del colore della carta su cui veniva stipulato il contratto questo assumeva connotati differenti: se veniva scritto su carta rossa, la mui-tsai doveva venire considerata come “figlia adottiva” dalla famiglia acquirente, mentre se la carta era di colore bianco la ragazza in questione doveva essere considerata come una schiava vera e propria. La differenza tra i due era soltanto teorica, mentre in pratica si trattava sempre di un'autentica forma di schiavitù68.

Tra padrona e schiava si creava molto spesso una dipendenza reciproca tale che le due ragazzine entravano in simbiosi l'una con l'altra. La padrona aveva bisogno della schiava per

67 Ai primi del novecento, una mui-tsai veniva pagata dai 10 ai 15 dollari per ogni anno d'età. Dunque il prezzo di una bambina sui dieci anni andava dai 100 ai 150 dollari.

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poter vivere con maggiore comodità e la schiava stessa aveva bisogno della padrona per la propria sopravvivenza. Questo comportò che in alcuni casi la schiava arrivasse persino ad assumere le stesse opinioni e gli stessi atteggiamenti della propria padrona, sino anche ad assumerne il medesimo timbro di voce. Questa estrema intimità poteva diventare una grande fortuna per la schiava, in quanto riusciva ad acquisire una posizione di una certa importanza all'interno del nucleo familiare, rispetto agli altri membri della servitù. In fin dei conti, però, si trattava di un piccolo vantaggio del tutto relativo, che non poteva assolutamente controbilanciare i disagi e le angosce a cui erano sottoposte schiave69.

Le loro condizioni di vita dipendevano in larga parte dalla posizione sociale della famiglia da cui erano state comprate. All'interno di una famiglia importante, dove potevano vivere molte mogli e concubine, ognuna di esse aveva la propria mui-tsai, che aveva il compito di pettinare la propria padrona, di farle aria, di massaggiarle i piedi e doveva anche sorreggerla durante le brevi passeggiate all'interno delle mura domestiche. Questi compiti potevano sembrare inizialmente come non particolarmente faticosi, ma nel volgerli le schiave dovevano porre particolare attenzione nel cercare di non offendere nessun membro della famiglia. Ogni giorno le ragazze erano costrette ad indossare una divisa70 e fino al compimento dei loro

quattordici anni non percepivano alcun stipendio. Solo in seguito avevano diritto a una piccola somma, che poteva aumentare di anno in anno, e solamente al momento del matrimonio avevano il diritto di ricevere una dote e qualche gioiello. Alla morte della padrona, la schiava era obbligata a portare il lutto in segno di sottomissione, ma se fosse stata lei a morire per prima, veniva seppellita semplicemente su una collina vicino alla casa senza alcun rito funebre71.

All'interno di una famiglia di condizione modesta, la mui-tsai veniva acquistata per svolgere i lavori più pesanti. Essa iniziava la giornata svuotando i vasi da notte e le sputacchiere, dopodiché lavava la biancheria e si doveva anche occupare del trasporto dell'acqua e del riso all'interno della casa. La schiava era al servizio di tutti i membri del nucleo familiare e passava gran parte delle proprie serate, dopo aver concluso le proprie faccende, massaggiando i membri più anziani della famiglia. Qualora si fosse permessa di addormentarsi durante uno di questi massaggi, veniva svegliata bruscamente con un calcio. Se era di bello aspetto, la padrona la utilizzava anche per cercare di trattenere il marito all'interno delle mura domestiche, al fine di evitare che sperperasse i risparmi familiari fuori di casa con altre donne.

69 R. Grousset, Storia della Cina, Milano, Mondadori, 1946, p.61.

70 La divisa delle mui-tsai prevedeva una casacca nera abbottonata sul davanti e pantaloni di tela, capelli tagliati corti o acconciati in una lunga treccia.

71 J. Yung, Unbound feet: a social history of Chinese women in San Francisco, Berkeley, University of California Press, 1995, p.21.

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