La lezione con metodologia CLIL*
“ Knowledge economies depend on collective intelligence and social capital – including ways of sharing and developing knowledge among fellow professionals. Sharing ideas and expertise, providing moral support when dealing with new and difficult challenges, discussing complex individual cases together – this is the essence of strong collegiality and the basis for professional communities.” (Andy Hargreaves)
“Education is valuable, but its main value is not in raising productivity. It lies in its ability to help us develop our potentials and live a more fulfilling and independent life. If we expanded education in the belief that it will make our economies richer, we will be sorely disappointed, for the link between education and national productivity is rather tenuous and complicated. Our overenthusiasm with education should be tamed, and, especially in developing countries, far greater attention needs to be paid to the issue of establishing and upgrading productive enterprises and institutions that support them.” (HaJoo Chang) Premessa
L’educazione e l’istruzione possono essere utili alla produzione e all’economia di un Paese o essere utili alla crescita civica ed individuale. Si dibatte intorno a questo. Fatto sta che oggi le lezioni svolte con metodo CLIL sono una frontiera innovativa per l’educazione superiore a causa delle possibili ricadute positive sull’istruzione dei giovani. La costruzione di una unità didattica CLIL richiede, secondo la mia esperienza, attenzione alla pianificazione ed ai dettagli, avendo presente il contesto di riferimento, le finalità e gli obiettivi, nonchè la funzione specifica di ciascuno strumento a disposizione del docente. Solo pianificando con la massima attenzione lo svolgimento della lezione sarà possibile che gli alunni, proprio perchè conosceranno “per mezzo” di una Lingua straniera, entrino più direttamente nell’universo linguistico altro e compiano la “scoperta” di nuovi dati informativi e/o sviluppino nuove competenze.
Ho maturato una personale visione della lezione basata sulla metodologia CLIL dopo prove ed errori e attraverso il confronto con la letteratura scientifica in proposito. Questa idea di lezionetipo, la seguente descrizione di essa, è dunque ispirata dalla lettura di alcuni studi scientificici in tema di metodologia CLIL ma anche, e forse soprattutto, ispirata dall’esperienza personale d’insegnamento.
1. Prima della lezione
Una lezione che venga realizzata a prescindere dall’analisi delle condizioni di partenza dei destinatari della lezione è per me impensabile, a meno che non si intenda fare una lezione che cade nel vuoto, ovvero che trasmette poco e limita la sostanza delle conoscenze e delle competenze lasciando sempre indietro qualcuno. Per questo diviene per me preliminare il farsi una idea anche molto dettagliata delle competenze linguistiche degli alunni (che saranno sempre di differente livello all’interno del gruppoclasse). Diviene utile conoscere la situazione del gruppoclasse circa le acquisizioni di competenze e conoscenze linguistiche e non. In questa fase sono utili strumenti quali test d’ingresso, questionari e verifiche formative. In assenza di questa attività preliminare si rischia di non adattare il proprio insegnamento alle reali capacità di apprendimento degli alunni. Questa incongruenza, questa asimmetria, può portare secondo me all’inefficacia dell’azione didattica complessivamente svolta con la metodologia CLIL, il cui innegabile pregio dovrebbe essere proprio al contrario quello di trascinare l’alunno dentro nuove conoscenze scientifiche e competenze linguistiche.
2. Il sapere informale
La mia esperienza mi dice che è ingiustificata l’ipotesi che chiamo della “tabula rasa” (o “quasi rasa”) per le quali in tutti gli argomenti scientifici l’alunno è del tutto sprovvisto (o quasi) di conoscenze. Se da un lato ad esempio è vero che l’argomento “logaritmi” è probabilmente nuovo, sia come linguaggio tecnico che come dati informativi, per l’alunno che si avvicina alla lezione CLIL magari la stessa cosa non si può dire per operazioni più elementari o anche per altri argomenti di altre Discipline. Questo ci lascia intendere che non tutte le lezioni CLIL sono uguali e che talune discipline richiedono da parte del docente un particolare sforzo di “adeguamento”.
Ad esempio discutendo di tolleranza religiosa o conoscenza delle altre religioni (o della propria) l’alunno ha già un proprio “sapere” che magari si fissa in pregiudizi, luoghi comuni, assunti fondati nell’appartenenza alla propria cultura. Laddove si intenda affrontare nel corso della lezione argomenti scientifici (la cellula, la Seconda Guerra Mondiale, le norme del diritto di famiglia) è opportuno avere un obiettivo implicito, ovvero quello di far emergere il sapere informale e di attivare i processi di esame delle informazioni nel corso del dialogo educativo. Questo obiettivo implicito è importantissimo per la metodologia CLIL e l’uso della lingua inglese va commisurato alle necessità di indurre la scoperta dentro di sè del proprio sapere o della formazione e della
di far emergere il sapere informale è anche contemporaneamente l’atto di generarlo. E’ un chiarirsi le idee, una scoperta o anche un ribadire. Questo è il processo di genesi delle informazioni che può realizzarsi attraverso il proprio codice linguistico. A mio avviso questo questo va attivato durante le lezioni CLIL attraverso l’uso (variabile in intensità) di altri codici linguistici.
Lo scopo del processo di emersione e della determinazione del sapere “informale” non è il semplice esercitarsi su quello che si sa. Lo studente durante il processo s’interroga, si chiarisce, si esplora, si manifesta. L’insegnante dovrà successivamente intervenire sul livello di conoscenze che si manifesta e si forma davanti a lui mostrando il “sapere scientifico” nella sua contrapposizione al “sapere informale”. In questo senso la metodologia CLIL dovrebbe per me consentire trasformazioni, aggiunte, modifiche del “sapere informale”. Il fatto che si veicoli questa trasformazione utilizzando una lingua straniera è un elemento di “conversione” del sapere che ne aumenta l’efficacia complessiva. La trasmissione delle informazioni viene dunque solo alla fine del processo in parola. In base alle mie esperienze il processo di scoperta del proprio sapere, del proprio chiarirsi le idee è per lo studente il punto di partenza che collega al proprio vissuto il tema della lezione.
Per questo, a mio avviso, il docente dovrà cercare di evitare di trasmettere senza aver prima creato quel processo. In alcuni casi è francamente difficile, ma ove si rende possibile è da quel processo che nasce il coinvolgimento ed il confronto con il sapere scientifico per l’alunno. Senza quel processo di scoperta di sè e delle proprie conoscenze diventa più difficile trasmettere il sapere scientifico in ambito CLIL. Si veda come chiarimento la Figura 1 che tenta di sintetizzare quanto descritto.
3. Le tecniche
La mia esperienza mi spinge a ritenere che non è produttivo valutare prima di avere raggiunto l’esplorazione del sapere informale e la sua emersione. L’utilizzo di strumenti quali “fill the blank” (riempire gli spazi vuoti utilizzando la giusta parola o frase), o anche esercizi in cui si richieda la ricerca di soluzione a problemi più o meno complessi in base alla spiegazione dei termini o delle frasi chiave (magari in Lingua straniera) è per me assolutamente inopportuno nello svolgimento centrale della lezione CLIL. Stessa cosa dicasi per altri strumenti di tipo semienigmistico, quali i cruciverba finalizzati a cercare risposte rispetto a quanto spiegato. Tutti questi sono strumenti valutativi, a carattere coinvolgente certamente, ma pur sempre strumenti valutativi.
Le tecniche che prediligo sono, al cuore della lezione, tecniche didattiche “esplorative”, che lasciano all’alunno il tempo e il modo per pensare. Ad esempio il dialogo fra compagni di banco, la formazione di liste del tutto soggettive di priorità tra concetti diversi, la spiegazione all’altro di concetti semplici che possono però farsi discorso e farsi più complessi. Le tecniche di apprendimento cooperativo “Jiigsaw” aiutano molto in questa fase e le dinamiche “esplorative” dei saperi informali legate al gioco di ruolo o di squadra possono aiutare più di quanto non si pensi. Altrettanto utile, a mio giudizio, risulta un puro e semplice “brainstorming”, specie se quello di classe è preceduto da “brainstorming” per gruppi di studenti: in tal caso è importante porre con chiarezza il problema o il caso con l’aiuto della lavagna. Il docente si
userà la lingua inglese per osservarli meglio. I termini e le frasi in Lingua straniera verranno fissati meglio di quanto si creda nella mente dell’alunno se attaccati al sapere “informale” che si va esplorando e costruendo e che in una certa misura è presente già da prima. La fissazione di strutture grammaticali, del lessico, dell’uso della lingua straniera sarà ancora maggiore se molte di queste attività esplorative potranno svolgersi completamente o quasi completamente in Lingua straniera e attraverso interazioni gratificanti. Si veda questo processo esemplificato sotto nella Figura 2.
Mi sono reso conto con il passar del tempo che in tutte le attività incentrate sulla scoperta, sull’emersione del sapere “informale” il docente non è mai parte passiva ma deve farsi parte attiva. Egli girerà tra i banchi durante gli esercizi, correggerà il modo di dire, l’uso della Lingua straniera, accerterà che la comunicazione tra pari si svolga senza intoppi e metterà in sicurezza l’esplorazione e la creazione del sapere “informale” indirizzando i dibattiti e gestendo i punti critici della modalità di circolazione del sapere “informale”. In questo senso, mi pare, si deve parlare di una fase di “scaffolding”.
4. Dal sapere informale al sapere “scientifico”
I risultati dell’elaborazione degli alunni devono alla fine diventare oggetto di riflessione per tutti. Vanno fissati, rendicontati, mostrati nei dettagli. La lavagna a mio avviso si dimostra un ottimo alleato per riassumere i risultati del processo di “emersione” del sapere “informale”. L’intervento del docente sarà a questo punto di rettifica, modifica, aggiunta e approfondimento. Proprio perchè la realtà fattuale si presta alle più svariate interpretazioni, il sapere scientifico a questo punto della lezione CLIL deve intervenire e confrontarsi con il sapere “informale”, deve manifestarsi in tutte le tesi contrapposte, così come accade sempre, perchè non vi è quasi mai unanimità di vedute nella comunità scientifica. In tutto il processo il docente procederà, come già nella fase precedente, con delle strutture di “impalcatura” per non lasciare il discente solo con la nuova dimensione. Lo “scaffolding” ora sarà un sostegno continuo per gli aspetti linguisti e contenutistici, affinchè i concetti, le competenze e le abilità ora ricercate possano “entrare” nelle strutture cognitive dell’alunno. Mi è sembrato molto importante in questa fase l’attenzione a questo aspetto. L’intervento del docente sarà un intervento sulle strutture cognitive e sul sapere “informale” oltre che sui contenuti. L’uso della Lingua stranierà sarà il “medium” per veicolare i contenuti scientifici visti in ottica plurale e ciò consentirà, ove possibile, l’affermarsi di nuove competenze operazionali. Frasi, lessico, grammatica si possono fissare ora (a seconda delle possibilità di apprendimento) nella mente del giovane che, supportato dallo “scaffolding”, apprende attraverso la rielaborazione e la correzione del sapere “informale” che è stato prodotto. Dalla esperienza personale emerge che tale processo va indubbiamente monitorato e soprattutto valutato. La verifica diventa possibile con le modalità tipiche della verifica a disposizione dell’insegnante. La verifica sarà formativa (cruciverba, liste, di nuovo jiigsaw groups ecc) ed anche sommativa. Questo della valutazione in ambito CLIL si è dimostrato un aspetto molto delicato. Un alunno della classe quinta che farà gli Esami di Stato va valutato certamente per il suo rendimento scolastico anche nella disciplina CLIL. Si consideri che in prospettiva il CLIL varrà in Italia per la durata dell’intero anno scolastico in una certa Disciplina, stante le intenzioni attuali del legislatore. E questo vorrà dire che occorrerà prendere molto sul serio le modalità di verifica delle attività CLIL proprio perchè essa è compartecipe della valutazione finale dell’alunno. Per queste ragioni la valutazione delle attività CLIL deve essere la più oggettiva e strutturata possibile quando si addiviene alla necessità di esprimere con un voto il rendimento scolastico degli alunni. Ovviamente anche la classica interrogazione può servire allo scopo ma la prova strutturata sembra più idonea. La valutazione formalizzata è per me di grande aiuto e supporto all’insegnamento CLIL. Soltanto in presenza di prove strutturate di verifica e della prospettiva per i giovani discenti di affrontare le prove di verifica per la
e potremo contare, come si può, sulla partecipazione degli alunni. Prof. Antonio Zito IIS “NotarangeloRosati” Foggia
*Le riflessioni svolte in quest’articolo sono emerse, oltre che dalla lettura e della riflessione teorica, anche dell’esperienza diretta di insegnante CLIL di Discipline Giuridiche ed Economiche nelle scuole secondarie già da tempo in forma sperimentale e in diversi contesti. Mi piace ricordare alcune esperienze fatte nei progetti europei come i progetti LLP che ho coordinato per l’IIS “NotarangeloRosati” di Foggia (“Europa Quiz”, Comenius, del biennio 2008/2010 e “Giving breath to buildings”, Leonardo, del biennio 2011/2013, progetto tra l’altro premiato con il riconoscimento di Star Project 2013 dall’Agenzia Nazionale Leonardo) ove era presente in maniera molto forte la dimensione delle lezioni CLIL e della relativa metodologia.
Per questo articolo sono anche in debito con il “Liceo Poerio” (e non solo per il corso CLIL agli alunni dei quel Liceo nell’a.s. 2012/2013) e con l’Istituto “NotarangeloRosati” per i corsi CLIL del 2014/2015 e del 2015/2016). Così come lo sono per la formazione sul metodo d’insegnamento CLIL con l’ADC College di Londra (borsa LLP) per un corso di metodologia CLIL dal titolo “Language Development and the Practice of CLIL” (Novembre 2012). E naturalmente devo molto per tutto, specie per la letteratura scientifica di riferimento consultata, al Dipartimento per il CLIL metodologico dell’Università di Foggia diretto dal Prof. C.Williams.
Bibliografia di riferimento
Do Coyle: “Planning tools for teachers”, University of Nottingham
reperibile all’indirizzo http://www.unifg.it/sites/default/files/allegatiparagrafo/20012014/coyle_c lil_planningtool_kit.pdf Do Coyle, Bernadette Holmes, Lee King, “Towards an integrated curriculum – CLIL National Statement and Guidelines” , section “Case Studies” http://www.languagescompany.com/images/stories/docs/news/clil_nation al_statement_and_guidelines.pdf Serragiotto Graziano, “La valutazione della produzione orale in CLIL” in Studi di Glottodidattica 2009, 2, 181189 Università Ca Foscari, Venezia reperibile all’indirizzo http://www.unifg.it/sites/default/files/allegatiparagrafo/21012014/serragi otto_valutazione_della_prestazione_clil_orale.pdf
Gerakopoulou Olga, “Scaffolding oral interaction in a CLIL context”, Universidad de Madrid, 2011, in particolare le conclusioni sulle tecniche di “scaffolding” a pagg. 5658. http://eprints.ucm.es/13204/ Richard Kiely, “CLIL – The question of assessment”, reperibile a questo link http://www.developingteachers.com/articles_tchtraining/clilpf_richard.htm Andrea Honigsfeld and Audrey Cohan, Lesson study and SIOP help teachers instruct Ells reperibile al seguente link: https://www.researchgate.net/publication/234714894_The_Power_of_Tw o_Lesson_Study_and_SIOP_Help_Teachers_Instruct_ELLs