• Non ci sono risultati.

Radioterapia postoperatoria nel trattamento multidisciplinare del carcinoma prostatico: analisi retrospettiva dei pazienti trattati dal 2011 al 2015 con radioterapia volumetrica dinamica ad intensità modulata presso l'universita di Pisa.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Radioterapia postoperatoria nel trattamento multidisciplinare del carcinoma prostatico: analisi retrospettiva dei pazienti trattati dal 2011 al 2015 con radioterapia volumetrica dinamica ad intensità modulata presso l'universita di Pisa."

Copied!
36
0
0

Testo completo

(1)

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Specialistica in Radioterapia

Prof.ssa Fabiola Paiar

Tesi di Laurea Specialistica

Radioterapia Postoperatoria nel trattamento multidisciplinare del carcinoma

prostatico: analisi retrospettiva dei pazienti trattati dal 2011 al 2015 con

radioterapia volumetrica ad intensità modulata presso l'Università di Pisa

Relatore

Dott. Marco Panichi

Candidato

Dott. Gabriele Coraggio

(2)

INDICE

1. INTRODUZIONE 2 2. IL CARCINOMA PROSTATICO 3 2.1 EPIDEMIOLOGIA 3 2.2 APPROCCI TERAPEUTICI 4 2.2.1 Chirurgia 5 2.2.2 Radioterapia Esclusiva 6 2.2.3 Sorveglianza Attiva 6 2.2.4 Terapia Ormonale 7 2.3 RADIOTERAPIA POST-OPERATORIA 8 3. MATERIALI E METODI 11 3.1 RADIOTERAPIA ADIUVANTE 14 3.2 RADIOTERAPIA DI SALVATAGGIO 15 3.2 ANALISI STATISTICHE 17 4. RISULTATI 18 5. DISCUSSIONE 19 6. CONCLUSIONE 20 7. BIBLIOGRAFIA 21

(3)

INTRODUZIONE

La radioterapia a fasci esterni rappresenta oggi, assieme alla chirurgia, il trattamento di scelta nell’approccio al trattamento del carcinoma prostatico. Lo sviluppo tecnologico al quale si è assistito nel corso degli ultimi anni permette oggi di erogare dosi in grado di garantire risultati sovrapponibili a quelli della chirurgia, talora con ridotti effetti collaterali. L’impiego di radiazioni ionizzanti per il controllo locale di malattia tuttavia trova un’ulteriore applicazione anche in associazione alle metodiche invasive stesse dove appare in grado di ridurre il rischio di ripresa locale, caratteristico delle forme localmente avanzate. Oggetto del presente lavoro è stata l’analisi retrospettiva di una campione di pazienti trattati presso l'università di Pisa dall'aprile 2011 al gennaio 2016 con le metodiche di radioterapia di ultima generazione e l’impiego di frazionamenti non convenzionali della dose, oggetto di molti trias clinici attualmente in corso.

(4)

Il CARCINOMA PROSTATICO:

EPIDEMIOLOGIA

Il carcinoma prostatico rappresenta la neoplasia più frequente nel sesso maschile dove costituisce la terza causa di morte (8% del totale dei decessi oncologici). In Italia ogni anno si registrano più di 36.000 nuovi casi e circa 7.000 decessi risultano ad esso correlati. Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo aumento delle diagnosi ed attualmente si stimato che la presenza di tumore prostatico, in forma latente, sia del 15-30% nei soggetti di oltre i 50 anni e di circa il 70% negli ottantenni. La diffusione del dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA) ha infatti modificato l’epidemiologia di questa neoplasia, determinando un aumento delle diagnosi con un incremento di forme clinicamente silenti e biologicamente meno aggressive. E’ per tale motivo che, in considerazione della diversa aggressività con la quale la malattia può presentarsi, pur trovandosi al primo posto per incidenza, il dato relativo alla mortalità risulta in costante moderata diminuzione (–1,8% per anno) da oltre un ventennio. La sopravvivenza si attesta oggi intorno al 91% a 5 anni dalla diagnosi ed appare in costante e sensibile crescita (1, 2, 3).

Nella fase iniziale il carcinoma della prostata è in genere asintomatico e per tale motivo la maggior parte delle diagnosi avviene con il dosaggio del PSA, l’esame digito-rettale ed il successivo mapping bioptico sotto guida ecografia che fornisce le informazioni biologiche necessarie per un corretto inquadramento. E’ solo in una fase avanzata che si assiste alla comparsa di sintomi, più frequentemente rappresentati da diminuzione della potenza del getto urinario, pollachiuria, ematuria, disuria e dolore perineale. La presenza di lesioni a distanza trova più frequentemente un corrispettivo clinico nella comparsa di dolore osseo sostenuto da lesioni scheletriche secondarie.

Nonostante il ruolo cardine nella diagnosi di carcinoma prostatico del dosaggio del PSA non dobbiamo tuttavia dimenticare che una corretta interpretazione di tale dato risulta essenziale anche per la scelta delle forme meritevoli di un trattamento attivo; in relazione alla natura indolente ed al lento accrescimento di molti tumori, una terapia specifica infatti non sempre è indicata in quanto porta con se un rischio di “over-treatment” ed un’esposizione ad effetti collaterali non giustificati. A tale riguardo due importati trials randomizzati per lo screening del carcinoma della prostata con PSA sono stati recentemente pubblicati. Il primo di essi è rappresentato dallo studio

(5)

Nord-Americano (PLCO) che non ha evidenziato alcun beneficio sulla mortalità cancro specifica (4); diverse sono le conclusioni invece dello studio europeo (ERSPC) (5) che documenta una riduzione del 20% del rischio di morte per carcinoma della prostata tra gli uomini invitati a sottoporsi allo screening, anche se a prezzo di un’eccessiva sovra-diagnosi. Quest’ultimo risultato è stato confermato da una recente revisione (6) che riferisce le differenze osservate tra i due trials ad una diversa metodologia di esecuzione degli studi. Le conoscenze attuali rimangono comunque insufficienti per raccomandare l’impiego dello screening del PSA nella pratica clinica quotidiana.

APPROCCI TERAPEUTICI

La scelta di un corretto approccio terapeutico non può prescindere dalla identificazione dello stadio e dell’aggressività della malattia in esame. La letteratura riporta chiara evidenza che la prognosi del carcinoma prostatico risulta direttamente correlata a fattori come il valore assoluto del PSA, il Gleason Score e dallo stadio di malattia. Per tale motivo nel corso degli anni sono state introdotte nella pratica clinica classificazioni che tengano conto di tali parametri e che permettendo di identificare la modalità di approccio più idonea al singolo paziente.

La stratificazione in classi di rischio sviluppata da D'Amico nel 1998 rappresenta una delle tappe fondamentali in tal senso e ad oggi continua ad essere di primaria importanza per inquadrare un paziente con una nuova diagnosi di carcinoma prostatico non metastatico. Basata sulla valutazione di alcuni parametri (stadio del T, Gleason Score e PSA) identifica tre classi di rischio clinico alle quali corrispondono differenti modalità di cura (7). Appartengono alla classe a basso rischio quei pazienti con Gleason Score ≤ 6, PSA ≤10ng/ml e malattia limitata a meno della metà di un lobo prostatico (T2a). Rientrano in una classe di rischio intermedia invece i pazienti con uno o più dei seguenti parametri: Gleason Score 7; PSA compreso tra 10 ng/ml e 20 ng/ml; malattia estesa a più della metà di un lobo, ma senza superare la capsula prostatica (T2b,T2c). Qualora la malattia superi la capsula prostatica (T3a) oppure sia dimostrato un GS >7 od un PSA >20ng/ml, il paziente è ascrivibile alla classe ad alto rischio. Recentemente tale classificazione è stata aggiornata ed i pazienti con stadio T3b/T4 o GS con pattern primario 5 vengono classificati separatamente come in classe a rischio molto elevato.

(6)

Non va tuttavia dimenticato che nonostante tale tipo d’inquadramento costituisca la base di una corretta scelta terapeutica, un’adeguata valutazione dell'aspettativa di vita del paziente resta un elemento imprescindibile.

Ad oggi sulla base dei livelli d’evidenza gli approcci al paziente affetto da carcinoma prostatico sono rappresentati da chirurgia e radioterapia. In casi selezionati la sorveglianza attiva/vigile attesa o la terapia ormonale costituiscono adeguata valida alternativa.

Chirurgia

Esistono tre approcci chirurgici principali: la prostatectomia radicale retropubica (si tratta del tradizionale approccio chirurgico “open”) e due approcci mini-invasivi, la prostatectomia radicale laparoscopica e la prostatectomia laparoscopica robot-assistita. Le moderne applicazioni sia della procedura “open” sia delle mininvasive prevedono l’utilizzo delle tecniche “nerve-sparing”, nel tentativo di preservare la funzione erettile. L’impiego delle procedure laparoscopiche e, soprattutto, di quelle robot-assistite, ha subito un incremento drammatico negli ultimi anni: con tali metodiche si può infatti ottenere un minor sanguinamento durante la procedura, con tempi minori d’ospedalizzazione e quindi di recupero rispetto alla prostatectomia tradizionale (8). Il ruolo della linfoadenectomia è ancora discusso; essa dovrebbe essere considerata nel sottogruppo di pazienti candidati ad un trattamento chirurgico i quali, in base a determinati parametri (PSA, GS, stadio clinico), siano considerati a rischio intermedio o alto. Pertanto in un paziente con PSA <10, GS <6, malattia intracapsulare (T2), non è indicata la linfoadenectomia visto il bassissimo rischio di metastasi linfonodali; è per tale motivo che tali pazienti costituiscono i candidati ideali per l’approccio mininvasivo che permette solo in alcuni casi la rimozione di un numero significativo di linfonodi. Nel caso invece di pazienti a rischio intermedio o alto la linfoadenectomia permette di individuare soggetti con interessamento linfonodali e pertanto candidabili a terapie adiuvanti. Secondo alcuni autori la linfoadenectomia estesa, nonostante il rischio superiore di complicanze, sarebbe da preferire in quanto in grado di studiare in maniera più accurata il paziente e sembra potenzialmente in grado anche di migliorare la sopravvivenza(18).

(7)

Radioterapia esclusiva

La radioterapia a fasci esterni (EBRT) è da tempo uno dei trattamenti cardine per il tumore prostatico localizzato e costituisce la terapia di prima scelta per circa il 25% dei pazienti (9). L’EBRT non essendo invasiva e non prevedendo i comuni rischi di tipo chirurgico può essere proposta ai pazienti che per età, condizioni generali o comorbidità non siano in grado di sottoporsi ad una prostatectomia senza gravi rischi. Nei casi con malattia localizzata candidabili sia ad intervento chirurgico che a trattamento radioterapico è buona regola generale, ormai accettata in tutti i centri, che i pazienti vengano adeguatamente informati sui “pro” e sui “contro” relativi alle varie opzioni terapeutiche e che la scelta del trattamento sia effettuata in accordo con il gruppo multidisciplinare di esperti. I risultati clinici di chirurgia e radioterapia relativi al periodo libero da ricaduta biochimica, in studi monoistituzionali retrospettivi, sono del tutto analoghi tra loro e pari al 70-82% a 5 anni (10, 11).

Sorveglianza attiva

La sorveglianza attiva rappresenta una modalità di monitoraggio clinico del tumore della prostata che ha l’obiettivo di evitare un trattamento non necessario in uomini con tumori poco aggressivi. Il tumore della prostata spesso progredisce lentamente e, per molti uomini, potrebbe non progredire mai né provocare sintomi. Attraverso la sorveglianza attiva è possibile pertanto evitare o ritardare gli effetti collaterali di un trattamento chirurgico o radiante. Nella pratica tale approccio consiste nel monitorare il tumore ripetendo regolarmente alcuni esami, piuttosto che trattarlo da subito. Lo scopo degli esami è di individuare eventuali cambiamenti che ne segnalino la progressione. Qualora emergessero sostanziali cambiamenti sarebbe quindi possibile trattare il tumore in una fase precoce, con terapie in grado di curarlo in maniera definitiva. Lo schema di monitoraggio clinico può variare da centro a centro, ma gli esami che si eseguono sono per tutti: PSA(ripetuto ogni 3-6 mesi), esplorazione rettale, (ogni 3-6 mesi per i primi 2 anni), biopsie prostatiche con intervalli variabili (1-2 anni). In alcuni casi si esegue la cosiddetta biopsia di saturazione, che consiste in prelievi più numerosi rispetto alla biopsia standard, anche fino a 30. La biopsia di saturazione ha maggiori probabilità di trovare cellule tumorali perché maggiormente rappresentativa di tutte le aree della prostata. La sorveglianza attiva trova indicazione in uomini con tumore della prostata a basso rischio e basso stadio, cioè confinato alla ghiandola

(8)

prostatica (chiamato tumore prostatico localizzato) ed aspettativa di vita di almeno 10 anni. Nei casi di tumori a rischio intermedio e alto la sorveglianza attiva non è mai indicata. Vengono di solito considerati anche il numero di prelievi bioptici contenenti cellule tumorali (devono essere 1 o al massimo 2) e la percentuale di cellule tumorali presenti in ogni singolo prelievo (deve essere inferiore al 50% del prelievo). Gli studi hanno mostrato che tra i pazienti in sorveglianza attiva una percentuale che varia tra il 14% e il 41% con il passare del tempo viene sottoposta a trattamento, sia in seguito ai risultati degli esami sia perché alcuni uomini manifestano preoccupazione e preferiscono una terapia attiva. Pazienti con malattia a basso rischio, aspettativa di vita inferiore ai 10 anni o con controindicazioni ad una qualunque approccio terapeutico medico o chirurgico costituiscono invece i candidati alla vigile attesa (watchful waiting) il cui unico obiettivo è trattare il tumore se dà origine a sintomi o problemi clinici. Il trattamento ha l’obiettivo di controllare il tumore piuttosto che curarlo definitivamente e per tale motivo gli esami di controllo sono meno invasivi e vengono eseguiti con minore frequenza rispetto alla sorveglianza attiva.

Terapia Ormonale

La terapia ormonale (OT), oltre ad essere impiegata frequentemente in associazione alle metodiche di chirurgia e radioterapia (intento neoadiuvante, concomitante o adiuvante), rappresenta in una piccola percentuale di pazienti l’unico approccio proponibile. La soppressione della produzione degli androgeni viene attuata attraverso inibizione della sintesi o del rilascio di gonadotropine ipofisarie (utilizzando analoghi LHRH) e antiandrogeni non-steroidei. Il blocco androgenico totale può essere ottenuto attraverso un trattamento di combinazione con agonisti dell’LHRH e anti-androgeni non steroidei. Non va tuttavia dimenticato che tale tipo di approccio non può essere considerato alla stregua di un trattamento curativo. La presenza di cloni ormono resistenti costituisce infatti la principale causa di fallimento della OT dopo un periodo medio di terapia che si aggira intorno ai 2 anni (19, 20).

(9)

RADIOTERAPIA POST-OPERATORIA

Nei pazienti sottoposti a chirurgia radicale, indipendentemente dal tipo d’intervento effettuato, la metodica garantisce un ottimo controllo locale della malattia. Tuttavia nei pazienti con malattia extraprostatica osserviamo un tasso di recidiva del 15-40% per anno. I fattori di rischio che maggiormente correlano con la recidiva locale di malattia dopo chirurgia sono costituiti dallo stadio patologico (≥T3 ovvero extracapsularità di malattia), dal Gleason Score (8-10), dal PSA iniziale e da quello a 30 giorni dall'intervento ma soprattutto dalla presenza di una positività dei margini di resezione (R1). Altri fattori di rischio "minori" sono: età > 50 anni; razza nera; invasione perineurale; volume tumorale > 25% della ghiandola; PSA density (PSA/volume ghiandolare) > 0.7 ng/ml/cc; numero e percentuale d’interessamento dei frustoli positivi alla biopsia preoperatoria; densità microvascolare e ploidia. Pazienti che presentano un significativo rischio di recidiva/persistenza secondo quanto sopra riportato sono pertanto candidabili ad una radioterapia post-operatoria adiuvante o di salvataggio (21).

La definizione di radioterapia adiuvante, associata o meno a deprivazione androgenica, fa riferimento ad un trattamento radioterapico effettuato a scopo profilattico entro 6 mesi dall'intervento chirurgico in assenza di documentata malattia. Con il termine di radioterapia di salvataggio è consuetudine invece indicare un trattamento prescritto a seguito di una ripresa/persistenza di malattia documentata con il dosaggio del PSA (riscontro di almeno due valori consecutivi di PSA totale > 0.2ng/ml) e/o indagini strumentali (RMN multiparametrica, PET-colina).

I volumi e le schedule di trattamento che la letteratura riporta sono variabili, tuttavia allo stato attuale le linee guida americane (21) suggeriscono di limitare il trattamento alla sola loggia prostatica nei casi di malattia a rischio basso-intermedio. In caso di rischio elevato di coinvolgimento linfonodale, soprattutto in assenza di una documentata adeguata linfoadenectomia, o di riscontro di linfonodi metastatici all’esame istologico viene suggerita anche l’irradiazione dei drenaggi pelvici. Quest’ultimo concetto tuttavia ad oggi rappresenta terreno di acceso dibattito in quanto non esistono studi randomizzati che riportino un vantaggio significativo nel controllo locale o nella sopravvivenza cancro specifica. Gli unici dati disponibili si riferiscono a trattamenti ormai datati dal punto di vista di tecnica e dosi e sembrano riportare solo un

(10)

trend nel miglior controllo locale (38, 50). Grazie alla scarsa tossicità attesa con le metodiche di radioterapia attuali questo ultimo concetto costituisce comunque elemento sufficiente per suggerire un’irradiazione linfonodale in questi pazienti, trattamento che rimane comunque da effettuare in associazione alla terapia ormonale. Vista l’impossibilità di erogare dosi elevate per la presenza di organi sani limitrofi, l’impiego della terapia medica sarebbe infatti in grado di potenziare l’effetto delle radiazioni incrementando il processo apoptotico.

Nonostante le indicazioni ad un trattamento postoperatorio siano state validate da studi prospettici la tempistica ideale del trattamento radiante postoperatorio è ancora oggetto di studio: non vi sono sufficienti evidenze per chiarire se nei pazienti con rischio di ripresa di malattia locale elevato sia da preferire un trattamento adiuvante (ART) con tutti i relativi effetti collaterali o se convenga monitorare strettamente il quadro (“Wait and See”, WS) riservandosi di intervenire con una radioterapia di salvataggio (SRT) a dimostrazione di ripresa di malattia.

In letteratura vi sono 3 studi randomizzati di fase 3 (13, 14, 15) che confrontano la ART con WS e molti studi retrospettivi che comparano ART vs SRT. Ad oggi non vi sono dati di studi randomizzati che confrontino ART vs SRT.

Lo studio EORTC 22911 di Bolla et al. ha valutato 1005 pazienti sottoposti a chirurgia radicale, in stadio pT2pN0 e pT3a-b pN0 ± R1. I pazienti nel braccio WS erano 486, mentre nel braccio ART erano 482. Il braccio ART si è dimostrato superiore nel controllo biochimico di malattia a 5 e 10 anni e nel controllo locale a 5 anni. Non sono state rilevate differenze significative nel controllo locale a 10 anni, nella sopravvivenza globale e nella sopravvivenza libera da metastasi. Stratificando l'analisi in base alla presenza di margini positivi (R1) ed all'età dei pazienti, gli autori concludono che la presenza di margini positivi è il più importante fattore prognostico per la comparsa di recidiva biochimica, nei pazienti con margini negativi (R0) la radioterapia deve probabilmente essere rimandata sino all'aumento del PSA; nei pazienti R1 la ART incrementa in modo significativo la sopravvivenza libera da ripresa biochimica e può migliorare la sopravvivenza libera da recidiva clinica dei pazienti con meno di 70 anni (anche se potrebbe essere detrimente nei pazienti più anziani) (13).

Lo studio SWOG 8794 ha arruolato pazienti in stadio pT3a-b pN0 ±R1 e confrontato 211 pazienti sottoposti a WS e 214 che hanno effettuato ART. I risultati di questo studio sono stati a favore della ART in termini di sopravvivenza libera da

(11)

progressione biochimica e clinica, locale e a distanza ed anche in termini di sopravvivenza globale a 10 anni. Questo studio ha inoltre evidenziato l'impatto del PSA al momento del trattamento radiante sulla sopravvivenza libera da metastasi a 10 anni, evidenziando come pazienti trattati con PSA <0.2ng/ml abbiano una minor probabilità di sviluppare lesioni secondarie (14).

Nello studio ARO sono stati analizzati 268 pazienti in stadio pT2pN0 r1, pT3-4, PSA <0.2ng/ml; di questi 114 hanno effettuato WS e 114 sono stati sottoposti ad ART. Questo studio ha confermato la presenza di un maggior beneficio della ART nei pazienti con r1, aggiungendo inoltre il dato di un beneficio del trattamento adiuvante anche nei pazienti r0 con malattia extracapsulare (15).

Nonostante che ancora non disponiamo di dati sufficienti per chiarire quale dei due approcci sia da preferire, non sembra esserci alcun dubbio che una SRT eseguita con bassi valori di PSA garantisca un miglior risultato in termini di controllo locale. Sebbene la definizione di recidiva biochimica di malattia sia soddisfatta quando il PSA raggiunge valori ≥ 0.2ng/ml, molti autori concordano sull'importanza di effettuare il trattamento con valori di PSA inferiori, ovvero al primo riscontro di un incremento significativo in 2 prelievi successivi (16, 17). Questo potrebbe portare con se un overtreatment di quei pazienti nei quali esiste un residuo ghiandolare sano non identificabile per le esigue dimensioni e responsabile del lieve incremento del marcatore.

(12)

MATERIALI E METODI

Dall'aprile 2011 al gennaio 2016, 225 pazienti affetti da Carcinoma prostatico sono stati sottoposti, presso l’Unità Operativa di Radioterapia dell’Università di Pisa, a trattamento radioterapico post-operatorio. L'età media al momento della diagnosi di neoplasia risultava di 65 anni (range 47-78), mentre al momento della valutazione radioterapica era 68 anni (range 48-83); il valore medio del PSA iniziale era 13,7 ng/ml (range 1,3ng/ml-118,7ng/ml). Analizzando i dati relativi al mapping bioptico iniziale è stato osservato che il numero medio di prelievi totali effettuati era 11.4 (range 2-19) con un numero medio di campioni positivi di 5.3 (range 1-14); la percentuale massima d’interessamento del singolo frustolo risultava in media del 52%. In 99 pazienti è stata riscontrata malattia bilaterale; il Gleason Score più frequentemente rappresentato era 3+3, presente nel 31.6% dei soggetti. Sulla base di tali parametri, in accordo con la definizione di classi di rischio secondo D’Amico la stratificazione del campione complessivo risultava la seguente: 46 pazienti appartenevano alla classe a basso rischio, 96 erano ascrivibili alla classe a rischio intermedio, i restanti 66 pazienti presentavano invece caratteristiche riconducibili ad una classe di rischio elevata; di questi ultimi, per la documentata presenza di uno stadio T3b/T4, 3 pazienti erano classificabili come in classe di rischio molto elevata secondo i nuovi criteri di classificazione recentemente adottati. Nonostante l’apparente accurata stadiazione clinica, una successiva nuova stratificazione basata sull’esame anatomo-patologico è risultata significativamente differente. In particolare il dato istologico definitivo ha confermato solo in 1 paziente la classe di rischio bassa, mentre 55 pazienti sono risultati appartenere a classe di rischio intermedia, 106 a classe di rischio elevata e 63 a classe di rischio molto elevata. Le cause della discordanza tra le due stratificazioni sono da ricercare nella frequente l’extracapsularità di malattia, presente in 137 pazienti (60.9%), e nel rilievo di un Gleason Score patologico più elevato in 110 paziente (489%) (Tabelle 1 e 2).

(13)

Statistica Numero pazienti 225 iPSA 13,7ng/ml (1,3-118,7) iPSA raggruppato <10 ng/ml (110; 48,9%) 10-19 ng/ml (57; 25,3%) ≥20 ng/ml (34; 15,1%) VM (24; 10,7%) GS mapping bioptico raggruppato ≤3+3 (71; 31,6%) 3+4 (65; 28,9%) 4+3 (37; 16,4%) ≥4+4 (43; 19,1%) VM (9; 4%) Numero prelievi positivi

alla biopsia alla biopsia

5,3 (1-14)

Numero prelievi positivi raggruppati

0-3 (58; 25,8%) 4-5 (47; 20,9%) ≥ 6 (65; 28,9%) VM (55; 24,4%) Numero prelievi totali

alla biopsia 11,4 (2-19) Percentuale max di interessamento frustolo 52% ( 10%-100%) Malattia bilaterale alla biopsia No (79; 35,1%) Sì (99; 44%) VM (47; 20,9%)

Classe di rischio clinica

Bassa (46; 20,4%) Intermedia (96; 42,7%) Alta (63; 28%)

Molto alta (3; 1,3%) VM (17; 7,6%)

(14)

Statistica Tipo di chirurgia PRIO (186; 82,7%) Robotica (39; 17,3%) Malattia extracapsulare No (85; 37,7%) Sì (137; 60,9%) VM (3; 1,4%) Linfonodi patologici No (150; 66,7%) Sì (38; 16,9%) X (34; 15%) VM ( 3; 1,4%) GS patologico raggruppato ≤3+3 (38; 16.9%) 3+4 (67; 29.8%) 4+3 (63; 28.0%) ≥4+4 (54; 24.0%) VM (3; 1.3%)

Classe di rischio Patologica

Bassa (1; 0,4%) Intermedia (55; 24,3%) Alta (106; 47,3%) Molto alta (63; 28,0%)

Tabella 2. Caratteristiche Chirurgiche dei Pazienti. VM: valore mancante

La tecnica chirurgica utilizzata è stata di tipo tradizionale “open" in 186 pazienti, mentre in 39 casi è stata effettuata una prostatectomia laparoscopica robot-assistita. L’analisi dei fattori di rischio per ripresa/persistenza locale di malattia ha dimostrato come la presenza di almeno 1 margine di resezione positivo risultava essere del 40.9% nei pazienti sottoposti a chirurgia a cielo aperto mentre il valore saliva a 76.9% in caso di chirurgia robotica, confermando quanto già noto dalla letteratura.

In relazione al dato anatomo-patologico ed al valore del PSA postoperatorio ciascun paziente è stato quindi avviato ad un trattamento radioterapico con intento adiuvante o di salvataggio. In entrambi i suddetti settings, la radioterapia è stata effettuata mediante acceleratore lineare con Fotoni X ad energia 6 MeV (piattaforma TRUE BEAM STx e Varian DHX) e tecnica volumetrica ad intensità modulata (VMAT). La pianificazione del piano di cura in ciascun trattamento radioterapico è stato effettuato con TPS Varian Eclipse. Il trattamento ha previsto l'utilizzo di un solo arco di rotazione del gantry di 180 gradi in 146 pazienti (tutti irradiati sulla sola loggia prostatica), mentre nei restanti 79 sono stati utilizzati due archi completi di 360 gradi. Prima dell’erogazione ciascun piano di cura è stato sottoposto a controllo di qualità

(15)

eseguito con sistema di verifica “Arc-check 4D” nei 156 pazienti trattati su piattaforma TURE BEAM, e con Sistema “Map-check 2” nei 69 soggetti irradiati su piattaforma DHX.

Figura 1. Immagini di un piano di trattamento su loggia prostatica con tecnica VMAT relativo DVH.

RADIOTERAPIA ADIUVANTE

La radioterapia è stata effettuata con intento adiuvante in 105 pazienti (46.7%). Il tempo medio intercorso tra la chirurgia e la radioterapia è stato di 5.7 mesi (range 2.5 - 8.2). In 80 pazienti il volume bersaglio rappresentato dalla sola loggia prostatica mentre nei restanti 25 sono stati irradiati anche i drenaggi linfatici. La schedula radioterapica più frequentemente impiegata (71.4%) ha previsto l’erogazione di 63 Gy in frazioni da 2.25 Gy (EQD2= 68.5Gy); in 30 pazienti (28.6%) l’erogazione è stata eseguita con frazionamento convenzionale (2 Gy/seduta) per una dose complessiva di 70 Gy in 24 casi e di 68 Gy nei restanti 6. I drenaggi linfatici sono stati irradiati alla dose di 50.4Gy in frazioni da 180cGy con tecnica SIB (Simultaneous Integrated Boost) nei regimi di ipofrazionamento moderato (28 sedute). In 23 dei 25 pazienti irradiati sui drenaggi pelvici la radioterapia è stata condotta in concomitanza a terapia con analogo LHRH o blocco androginico totale, secondo quanto suggerito di dati della letteratura. In

(16)

17 di essi detta terapia è stata iniziata prima del trattamento radioterapico; 2 pazienti, trattati su sola loggia, sono giunti alla nostra osservazione con terapia ormonale in corso, sospesa all’inizio della radioterapia per problemi di tolleranza. In ciascun caso la radioterapia è stata portata a termine senza interruzioni imputabili a tossicità attinica; in un solo paziente si è resa necessaria una sospensione di 5 giorni causa l’insorgenza di episodio polmonitico su base infettiva.

RADIOTERAPIA DI SALVATAGGIO

Il trattamento radioterapico di salvataggio è stato effettuato in 120 pazienti (53.3%). Il tempo medio alla recidiva dopo chirurgia è risultato essere di 45 mesi. La ripresa di malattia è stata di tipo biochimico in 64 pazienti (53.3%) e di tipo clinico in (RMN/PET positiva) in 56 casi (46.7%). Il PSA medio al momento del trattamento radiante è risultato essere 1.81 ng/ml (range 0.16 ng/ml-27.16 ng/ml). In 95 pazienti volume target è stata la sola loggia prostatica, 25 pazienti sono stati invece irradiati anche sui drenaggi linfatici pelvici; in 12 di questi ultimi il trattamento ha previsto anche un sovradosaggio con tecnica SIB (Simultaneous Integrated Boost) su lesioni positive alla PET colina (2 pazienti con metastasi ossea pelvica e 10 pazienti con 1-3 linfonodi positivi). Un frazionamento di tipo convenzionale con frazioni da 2 Gy è stato utilizzato in 45 pazienti (37.5%) raggiungendo la dose totale di 70 Gy (17 pazienti); 72 Gy (9 pazienti); 74 Gy (11 pazienti); 76 Gy (7 pazienti). In 75 pazienti (62.5%) è stato utilizzato un regime di moderato ipofrazionamento in 28 sedute, con frazioni da 2.25 Gy (DT 63 Gy, in 60 pazienti); da 2.30 Gy (DT 64.4 Gy, in 13 pazienti) e da 2.35Gy (DT 65.8Gy, in 2 casi). Nei 25 pazienti trattati sui drenaggi linfonodali la schedula di somministrazione anche in questo caso ha previsto l’erogazione di una dose complessiva 50.4Gy in frazioni da 180cGy erogati con tecnica SIB nei regimi di ipofrazionamento moderato. La dose raggiunta sulle sedi positive per malattia alla RMN o alla PET colina è stata di 64.4 Gy con frazioni di 2.3 Gy in 2 pazienti, di 65.8 Gy con frazioni di 2.35 Gy in 5 casi e di 70 Gy con frazioni di 2.5 Gy in 4 pazienti. In un paziente il boost è stato effettuato alla dose di 80 Gy in frazionamento convenzionale. La terapia ormonale è stata somministrata in concomitanza al trattamento radiante in 41 pazienti ed in 33 di questi la somministrazione è stata iniziata prima della terapia

(17)

radiante; in 3 casi di recidiva biochimica la terapia medica, già in atto al momento della prima visita, è stata sospesa ad inizio radioterapia su specifica richiesta del paziente perché non strettamente necessaria.

Dose per Frazione Dose Totale (28frazioni) EQD2

2.25 Gy 63.0 Gy 68.5 Gy

2.30 Gy 64.4 Gy 70.0 Gy

2.35 Gy 65.8 Gy 72.5 Gy

2.50 Gy 70.0 Gy 80.0 Gy

Tabella 3. Schemi di ipofrazionamento utilizzati.

Figura 2. Immagini di un piano di trattamento su loggia prostatica e drenaggi linfatici con sovradosaggio su un linfonodo positivo alla PET colina e relativo DVH. Piano eseguito con tecnica VMAT.

(18)

ANALISI STATISTICHE

Prima di utilizzare i test inferenziali è stata eseguita un’analisi descrittiva dei dati raccolti: quelli categorici sono stati riassunti attraverso frequenze (assolute e relative), mentre quelli quantitativi per mezzo di grafici a scatola e indici come la media, la mediana e il range (min-max). Lo studio della “normalità” delle variabili quantitative è stato effettuato con il test di Kolmogorov-Smirnov. La significatività è stata fissata a 0,05. Tutte le analisi statistiche sono state eseguite con la tecnologia SPSS versione 23.

Valutazione dei fattori prognostici di malattia extracapsulare

I fattori prognostici di malattia extracapsulare (PSA, numero prelievi positivi della biopsia, percentuale d’interessamento del frustolo, Gleason Score, stadio clinico, classe di rischio clinico) sono stati analizzati singolarmente impiegando la regressione logistica binaria. Tutte le variabili esplicative risultate significative all’analisi univariata sono state successivamente inserite in un modello multivariato di regressione logistica binaria per capire il contributo del singolo fattore di rischio nel determinare l’extracapsularità di malattia. I risultati della regressione logistica sono stati calcolati impiegando il test di Wald ed espressi attraverso i coefficienti di regressione, l’odds ratio con il relativo IC al 95% e il p-value delle singole variabili. L’accuratezza diagnostica del modello è stata valutata effettuando l’analisi ROC e calcolando la sensibilità e la specificità. E’ stata anche condotta un’analisi di correlazione di Spearman per verificare le correlazioni emerse dalla regressione logistica multivariata.

Studio dei parametri fisico-dosimetrici

I parametri fisico dosimetrici dei piani di trattamento sono stati confrontati in base al numero di archi utilizzati (1 vs 2) e alla tipologia del volume bersaglio (loggia vs loggia+drenaggi) impiegando il test di Mann-Whithney (a due code).

Analisi di sopravvivenza

Come end-point sono stati studiati la Sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la Sopravvivenza libera da metastasi. In entrambi i casi è stata impiegata la data della fine del trattamento radioterapico come tempo zero. Sono stati analizzati due

(19)

fattori: tipo di trattamento (adiuvante vs salvataggio) e PSA (<2 ng/ml vs 2 ng/ml). Le curve di sopravvivenza sono state costruite con il metodo di Kaplan-Meier e la differenza tra curve è stata misurata con il log-rank test. Infine è stato applicato il modello di Cox per determinare i valori di HR (RR).

(20)

RISULTATI

L’intera casistica è stata analizzata prendendo in esame sia le caratteristiche cliniche e patologiche di malattia, che i dati relativi ai diversi trattamenti e alla loro influenza sull’outcome.

Il primo elemento che emerge dalla osservazione dei dati clinici è che nella maggior parte dei casi il dato bioptico risulta sottostimare la reale gravità del quadro. In particolare, come accennato in precedenza, il mapping spesso sottostadia la malattia non essendo in grado di valutare la corretta estensione locale della neoplasia e talvolta fornendo informazioni non corrette relativamente al grado di differenziazione del tumore. Tale lacuna tuttavia potrebbe in parte essere colmata da una più accurata interpretazione dei parametri di biopsia. L’analisi univariata ha infatti messo in evidenza una correlazione tra i parametri della biopsia (numero prelievi positivi, percentuale interessamento massimo, bilateralità, gleason score) ed il rischio di malattia extracapsulare. Analogo concetto emerge dalla valutazione del rapporto tra classe di rischio clinica e malattia extraghiandolare, come già ampiamente noto e routinariamente valutato con strumenti quali la formula di Roach (39).

Unico parametro che non sembra aver alcuna correlazione con l’estensione locale di malattia risulta essere il valore del PSA totale iniziale. Questo probabilmente appare riconducibile alla presenza di alti valori assoluti sostenuti da un’ipertrofia prostatica; l’impiego di strumenti come la PSA density o il rapporto PSA libero-totale possono in alcuni casi aiutare a discernere i soggetti meritevoli di ulteriori approfondimenti. Per i parametri correlanti in modo significativo è stato quindi individuato un "best cut-off" mediante analisi ROC: il superamento del "best cut-off" risulta in grado di predire l'extracapsularità di malattia con buona sensibilità e specificità.

Nel dettaglio, quando il Gleason Score assume un valore di 3+4 o superiore, la sensibilità nella predizione della malattia extracapsulare risulta del 75% mentre la specificità si attesta intorno al 46%. La bilateralità (stadio cT2c) mostra invece una sensibilità del 65% ed una specificità del 60%. Una sensibilità maggiore (84%) ma con una peggiore specificità (32%) si ottiene quando la classe di rischio clinica è intermedia o superiore. Relativamente al numero complessivo di prelievi positivi al mapping bioptico, considerando 4 come "best cut-off" si ottiene una sensibilità del 50% ed una

(21)

specificità del 70%, mentre se innalziamo detto cut-off a 5 prelievi positivi otteniamo sensibilità e specificità del 60%. In maniera analoga quando la massima percentuale di interessamento del frustolo supera il 50% la sensibilità risulta del 60% mentre la specificità del 70%; questi valori si invertono se consideriamo come cut-off il 60% di interessamento del frustolo (Tabella 4).

Variabile Indipendente p-value (MLG) OR (IC 95%) p-value (ROC) Best cut-off Sens (%) Spec (%) iPSA 0,096 0,978 (0,952-1,004) 0,186 - - - Gleason Score <0,0001 0,596 (0,453-0,784) <0,000 1 (3+4) 75 46 Malattia bilaterale 0,001 0,361 (0,193-0,676) 0,006 - 65 60 Classe di rischio clinica 0,001 0,504 (0,338-0,752) 0,001 intermedia 84 32 Numero prelievi positivi 0,004 0,853 (0,756-0,952) 0,005 4 50 70 5 60 60 Percentuale max frustolo <0,0001 0,111 (0,035-0,352) <0,001 50% 60 70 60% 70 60

Tabella 4. Analisi univariata. OR = odds ratio; MLG = modello lineare generalizzato logistico binario;

Sens = sensibilità diagnostica; Spec = specificità diagnostica. OR<1: indicano un aumento della probabilità di malattia extracapsulare passando da valori più bassi a valori più alti delle variabili indipendenti.

Sulla scorta dei risultati sopra riportati è stata quindi effettuata anche l’analisi multivariata dei fattori risultati statisticamente correlati alla presenza di malattia extracapsulare (tabella 5). Ciò che emerge è che l'unico parametro che conserva la significatività statistica risulta essere la percentuale massima di interessamento del

(22)

frustolo. L'analisi di correlazione di Spearman mostra tale parametro sia l'unico che correla con tutte le altre variabili prese singolarmente (Tabella 6), giustificando il risultato dell'analisi multivariata.

Fattore (variabile indipendente) p-value OR IC 95% CR Gleason Score 0,556 0,859 0,517-1,426 - 0,153 Malattia bilaterale 0,215 0,579 0,244-1,372 - 0,546 Classe di rischio clinica 0,419 0,756 0,383-1,491 - 0,280 Numero prelievi 0,703 0,979 0,825-1,139 - 0,031 Percentuale max frustolo 0,048 0,231 0,050-0,972 - 1,467 Costante del modello 0,008 3,172 1,359-7,405 1,154

Tabella 5. Analisi multivariata. OR = odds ratio; CR = coefficiente di regressione. Valori di OR<1 indicano un aumento della probabilità di malattia extracapsulare passando da valori più bassi a valori più alti delle variabili indipendenti.

(23)

GS MB CR NP PM Rho 1,0 0,193 0,714 0,234 0,373 GS p-value - 0,010 <0,0001 0,002 <0,0001 Numerosità 216 178 208 170 164 Rho 0,193 1,0 0,093 0,597 0,355 MB p-value 0,010 - 0,219 <0,0001 <0,0001 Numerosità 178 178 176 165 157 Rho 0,714 0,093 1,0 0,156 0,257 CR p-value <0,0001 0,219 - 0,042 0,001 Numerosità 208 176 208 170 163 Rho 0,234 0,597 0,156 1,0 0,599 NP p-value 0,002 <0,0001 0,042 - <0,0001 Numerosità 170 165 170 170 157 Rho 0,373 0,355 0,257 0,599 1,0 PM p-value <0,0001 <0,0001 0,001 <0,0001 - Numerosità 164 157 163 157 164

Tabella 6. Analisi di correlazione di Spearman. GS = Gleason Score; MB = Malattia bilaterale; CR =

Classe di rischio clinica; NP = Numero prelievi positivi alla biopsia; PM = Percentuale massima di interessamento frustolo. P-value: test a due code. rho = coefficiente di correlazione di Spearman.

E' stato quindi possibile costruire un modello multivariato predittivo per la presenza di malattia extracapsulare (Figura 3).

Pnon extracapsulare = 1/ (1+e-Z)

(24)

Figura 3. Modello multivariato e curva ROC del modello multivariato.

L’analisi dei dati tecnici del trattamento radioterapico è stata invece rivolta a valutare la presenza di una correlazione tra i differenti parametri impiegati per l’ottimizzazione dosimetrica del piano di cura. A tale scopo sono state analizzate dal punto di vista statistico eventuali correlazioni esistenti tra numero di archi utilizzati e tipo di target (loggia vs loggia+drenaggi) con le seguenti variabili: coperture al 99%, 98%, 95% del volume del PTV loggia, coperture al 99%, 98%, 95% del volume del PTV drenaggi, dose massima e media alla loggia prostatica, Conformity Index, Homegeneity Index e valore rilevato al QA (Quality Assurance) (Tabella 7).

(25)

Parametri p-value (NA) p-value (T) D99 loggia (%) 0,002 <0,0001 D98 loggia (%) 0,001 <0,0001 D95 loggia (%) 0,004 <0,0001 D99 linf (%) 0,158 - D98 linf (%) 0,233 - D95 linf (%) 0,588 - Conformity Index <0,0001 <0,0001 Dmax loggia <0,0001 <0,0001 Homogeneity Index <0,0001 0,084 QA 0,365 0,928

Tabella 7. Influenza del Numero Archi e del tipo di Target sui parametri del piano di

trattamento. NA = Numero Archi: (1 vs 2); T = Target: (loggia vs loggia con drenaggi). Test statistico impiegato: test di Mann-Whitney.

Il risultato osservato è stato che ciascun livello di copertura di dose della loggia correla in modo significativo sia con il numero di archi sia con il tipo di target. Conformity Index (CI) (Volume che riceve il 100% della dose di prescrizione/volume PTV) e dose massima sulla loggia correlano con numero di archi e tipo di target (loggia vs linfonodi pelvici), mentre Homogeneity Index (HI) (Dmax/Dprescrizione) correla solo con il numero di archi, pur mostrando una tendenza alla significatività nella correlazione con il tipo di target. Il valore del QA non presenta invece correlazione significativa con nessuno dei parametri analizzati.

Per poter interpretare correttamente tali risultato tutti i pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi: il primo gruppo comprendente coloro che hanno effettuato radioterapia sulla sola loggia prostatica ed il cui piano di trattamento prevedeva un singolo arco di rotazione del gantry di 360 gradi (146 pazienti); un secondo gruppo, costituito da 29 pazienti, in cui la loggia prostatica è stata irradiata utilizzando due archi completi; un terzo gruppo, di 50 pazienti, che ha effettuato la radioterapia su loggia e drenaggi linfatici (con o senza eventuale boost) e due archi di rotazione di 360 gradi. In nessun caso il trattamento su loggia e drenaggi è stato realizzato con pianificazione a singolo arco per l’impossibilità di ottenere un’adeguata distribuzione dosimetrica. Valutando la distruzione di dose in termini di copertura del volume bersaglio il primo

(26)

elemento che emerge è che, indipendentemente dal numero di archi di rotazione impiegati, il volume del target costituisce l’elemento di maggior influenza; i trattamenti su sola loggia presentano infatti sempre una copertura migliore rispetto a volumi più ampi quali quelli comprendenti le stazioni di drenaggio (Figura 4).

Figura 4.. Box-plots delle coperture di dose nei 3 gruppi analizzati.

D99 D98 D95

Un arco vs Due archi loggia 0.48 0.584 0.716

Un arco vs Due archi drenaggi <0.0001 <0.0001 <0.0001

Due archi loggia vs Due archi drenaggi 0.1 0.02 0.002

Tabella 8: Significatività nel confronto tra coperture di dose. Sono riportati i p-value.

L’analisi di CI ed HI nei tre gruppi ha confermato quanto già emerso nel campione complessivo.

(27)

Figura 5.. Box-plots del Conformity Index distinte in base al numero di archi ed al tipo di target

(p-values).

Conformity Index Homogeneity Index

Un arco vs Due archi loggia 0.341 <0.0001

Un arco vs Due archi drenaggi <0.0001 0.001

Due archi loggia vs Due archi drenaggi 0.003 0.048

Tabella 9: Significatività nel confronto tra CI e HI. Sono riportati i p-value.

Come precedentemente riportato la tolleranza alla radioterapia è stata nel complesso ottimale; l’assenza di tossicità acute significative (≥G3) non ha reso necessaria alcuna interruzione del trattamento radiante. In fase tardiva (>6 mesi) 10

(28)

pazienti hanno invece manifestato tossicità genito-urinaria G3, mentre 2 pazienti hanno riportato tossicità-gastrointestinale G3. Nessuna tossicità G4 è stata ad oggi rilevata. Un’analisi delle tossicità tardive con le schedule di frazionamento della dose impiegate non ha evidenziato alcuna correlazione statisticamente significativa.

Ai fini dell'analisi dell'outcome sono stati valutati esclusivamente i pazienti con un follow up minimo di 6 mesi; con tale limitazione il campione in esame è risultato composto da 200 pazienti con follow up mediano di 29.5 mesi (media 30.5, range 6.3-56.4) ed una sopravvivenza libera da malattia (PFS) complessiva del 70.5% (141 pazienti).

L’analisi di sopravvivenza è stata quindi condotta per sottogruppi. Nei 91 pazienti sottoposti a radioterapia adiuvante e valutabili al follow up la PFS a 2 anni ed a 4 anni è risultata rispettivamente 89% e 73%. La recidiva, comparsa in 17 pazienti, si è presentata dopo un intervallo medio di 26 mesi dal termine della radioterapia; l’impiego di una terapia ormonale di salvataggio ha permesso un recupero del controllo di malattia in 10 pazienti. La sopravvivenza libera da metastasi a distanza a 2 anni ed a 4 anni è risultata del 94% e 92%.

Nei 109 pazienti sottoposti a radioterapia di salvataggio e valutabili la PFS a 2 e 4 anni appare essere 76% e 54%, mentre la sopravvivenza libera da metastasi a 2 e 5 anni 89% e l’83%. I soggetti che al follow up hanno presentato ripresa biochimica di malattia sono stati 37; l’utilizzo della terapia medica anche in questo setting di pazienti ha permesso un riduzione del PSA a valori indicativi di remissione di malattia in 28 casi. Il tempo alla comparsa della recidiva nei trattamenti di salvataggio come prevedibile, è risultato inferiore con un valore medio di 23 mesi.

Il confronto diretto della PFS nei due gruppi ha dimostrato un outcome significativamente migliore nei soggetti sottoposti a radioterapia adiuvante (p=0,016) (Figura 6).

(29)

Figura 6. Curva Kaplan-Meier della sopravvivenza libera da progressione biochimica di malattia

Nei pazienti sottoposti a radioterapia di salvataggio è stata condotta un’ulteriore analisi per valutare l’influenza del valore assoluto del PSA al momento della radioterapia, sulla PFS. Quello che emerge è che, nonostante venga confermata la dipendenza da tale parametro, il valore cut-off del campione in esame risulta nettamente superiore rispetto a quanto riportato in letteratura (0.5-1 ng/ml) (14, 17). I nostri dati suggeriscono infatti che il controllo di malattia peggiora significativamente quando il trattamento radiante venga condotto partendo da valori superiori a 2 ng/ml (p=0.098 ed HR= 1.743) (Figura 7).

(30)

Figura 7. Curva Kaplan-Meier della PFS biochimica nei pazienti sottoposti a radioterapia di salvataggio

stratificati per PSA.

Dei 109 pazienti trattati con radioterapia di salvataggio (valutabili per il follow up), 96 sono stati trattati con una dose totale sulla loggia di 63Gy in 28 frazioni da 225cGy ciascuna, mentre in 13 pazienti, essendo presente recidiva clinica, è stata somministrata la dose di 64.4 - 65.8 Gy in 28 frazioni da 230-235 cGy. Confrontando la PFS biochimica in questi due gruppi non si osserva una differenza statisticamente significativa (p=0.126) (Tabella 5).

PFS

Media

PFS Mediana

Dose di 63 Gy sulla loggia 40.5 48.0

Dose di 64.4-65.8 Gy sulla

loggia 24.1 27.0

(31)

DISCUSSIONE

I risultati ottenuti permettono di affermare e confermare quanto già riportato dalla letteratura relativamente alla necessità di una corretta esecuzione e interpretazione dei dati relativi al mapping bioptico. Il lavoro di Sebo et al. analizza i mapping bioptici effettuati in 207 pazienti sottoposti a chirurgia radicale ed individua quali fattori predittivi più significativi dello stadio di malattia, la percentuale di interessamento del frustolo ed il numero di prelievi positivi (40). Anche i nostri risultati suggeriscono la possibilità di identificare quei pazienti che abbiano un rischio consistente di malattia localmente avanzata, acquisendo elementi in grado di influenzare l’approccio terapeutico e facendo optare per un trattamento non chirurgico o suggerendo una corretta informazione relativamente alla probabile necessità di un trattamento adiuvante qualora si intenda persistere con l’opzione chirurgica. L’impiego di una RMN morfologica di staging potrebbe essere di aiuto nei casi borderline (42,43).

I pazienti avviati alla chirurgia presentano più spesso effetti collaterali quando sottoposti a prostatectomia open rispetto ad approccio robotico (44). Quest’ ultima metodica appare tuttavia gravata da una percentuale superiore di margini di resezione positivi con conseguente necessità si prevedere una radioterapia adiuvante. La letteratura conferma tale concetto suggerendo comunque che il rischio di repertare dei margini di resezione positivi con tecnica robotica non sia legato alla metodica in sé ma piuttosto alla learning curve del centro (46).

In caso di persistenza di valori elevati di PSA dopo chirurgia o di risalita successiva è buona norma avviare il paziente al trattamento di salvataggio quanto prima evitando di raggiungere livelli di PSA eccessivi, pena la mancanza di controllo che a 5 anni sembra calare intorno al 40% quando la radioterapia venga eseguita con PSA > 1ng/ml (13, 16, 17). I dati della nostra casistica pur confermando la dipendenza tra PFS e valore di PSA pre RT non concordano sul valore assoluto. Pur non essendo possibile fornire un’adeguata interpretazione dei risultati ottenuti sembra ragionevole pensare che la dimensione del campione e soprattutto l’elevato valore medio del PSA al momento della radioterapia siano i maggiori responsabili di questa discrepanza.

Nei casi di recidiva clinica identificata con metodiche strumentali (PET colina/RMN) e/o biopsia anastomotica l’impiego di dosi più elevate (EQD2 >70 Gy) sembra permettere d i recuperare il controllo locale che una eccessiva attesa e conseguente

(32)

crescita della recidiva determinano (17, 49). La letteratura presenta dati discordanti tuttavia alcun autori affermano che la perdita di controllo a cui si assiste ad ogni aumento del PSA può essere compensata con un incremento della dose di prescrizione, dato che emerge anche dalla nostra analisi (47).

Resta confermato quanto già ampiamente analizzato e discusso in letteratura relativamente alla tecnica ottimale di trattamento (48). La modulazione di intensità statica o dinamica resta la tecnica da preferire in quanto in grado di garantire un’ottimale copertura di dose al volume bersagli con il massimo risparmio degli OAR. Seppure la schedula ottimale di riferimento nei trattamenti postoperatori ad oggi rimanga da definire, i dati emersi nella nostra casistica suggeriscono la possibilità di adottare regimi di moderati ipofrazionamento della dose, con l’erogazione di una dose biologicamente equivalente ad almeno 68 Gy nei trattamenti adiuvanti e ad almeno 70 Gy in quelli di salvataggio. Queste schedule di trattamento si sono rivelate potenzialmente in grado di garantire risultati sovrapponibili a quelli riportati in letteratura, con tossicità contenuta: incidenza di tossicità tardiva G3-G4 genito-urinaria e gastrointestinale rispettivamente nell'ordine del 4.4% e 0.9% (51-55). I valori di PFS riportati in letteratura concordano sostanzialmente con quelli da noi rilevati.

(33)

CONCLUSIONI

Come in molte altre neoplasie, i risultati ottenuti sostengono l’importanza di una adeguata e accurata valutazione dei parametri bioptici e degli esami studiativi per individuare quei pazienti che dopo un’eventuale chirurgia potrebbero necessitare di un eventuale trattamento radiante postoperatorio.

Nei soggetti candidati a tale approccio terapeutico, la radioterapia post-operatoria con tecnica VMAT erogata con regimi di ipofrazionamento moderato costituisce una valida alternativa ai trattamenti di radioterapia con schedula convenzionale in quanto in grado di ridurre la durata complessiva del trattamento senza peraltro aumentare l’incidenza degli effetti collaterali o compromettere il potenziale curativo locale.

I dati emersi pur necessitando di ulteriori conferme tuttavia costituiscono una buona base di partenza per eventuali futuri studi con schedale di ipofrazionamento più spinto.

(34)

BIBLIOGRAFIA

1. I Numeri del Cancro 2014, AIOM, AIRTUM. Intermedia Editore, 2014.

2. Cauchi C et al. Carcinoma della prostata. Lopez M, Oncologia Medica Pratica. Società Editrice Universo, Roma, III Edizione, 2010, 1985-2015.

3. Brawley OW, Prostate cancer screening: is it a teachable moment? J Natl Cancer Inst 2009; 101: 12957.

4. Andriole GL, et al. Mortality results from a randomized prostate-cancer screening trial. N Engl J Med. 2009; 360: 1310 - 19.

5. Schroder FH, et al. Screening and prostate-cancer mortality in a randomized European study. N Engl J Med. 2009; 360: 1320 - 28.

6. Schröder FH, et al. ERSPC Investigators Prostate-cancer mortality at 11 years of follow-up. N Engl J Med. 2012; 366: 981-90.

7. D'Amico AV, Whittington R, Malkowicz S, et al. Biochemical Outcome After Radical Prostatectomy, External Beam Radiation Therapy, or Interstitial Radiation Therapy for Clinically Localized Prostate Cancer. JAMA.1998;280(11):969-974. doi:10.1001/jama.280.11.969.

8. Berryhill R, Jhaveri J, Yadav R, et al. Robotic prostatectomy: a review of outcomes compared with laparoscopic and open approaches. Urology 2008 Jul;72(1):15-23.

9. Wilt TJ, Shamliyan T, Taylor B, et al. Comparison of therapies for clinically localized prostate cancer. Draft Comparative Effectiveness Review, prepared for the Agency for Healthcare Research and Quality. 10. Stokes SH. Comparison of biochemical disease-free survival of patients with localized carcinoma of the prostate undergoing radical prostatectomy, transperineal ultrasound-guided radioactive seed

implantation, or definitive external beam irradiation. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2000. 47:129-136. 11. Grimm P, Billiet I, Bostwick D, et al. Comparative analysis of prostate-specific antigen free survival outcomes for patients with low, intermediate and high risk prostate cancer treatment by radical therapy. Results from the Prostate Cancer Results Study Group. BJU Int. 2012 Feb;109 Suppl 1:22-9.

12. Rahman S et al. Pelvic lymph node involvement in current-era prostate cancer. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2012 Feb 1;82(2):906-10.

13. Bolla M, et al. Long-term results with immediate androgen suppression and external irradiation in patients with locally advanced prostate cancer (an EORTC study): a phase III randomised trial. Lancet. 2002; 360:103-106.

(35)

14. Thompson IM et al. Adjuvant radiotherapy for pathologically advanced prostate cancer: a randomized clinical trial. (SWOG trial) JAMA, 296: 2329-2335, 2006.

15. Wiegel T, et al. Phase III results of adjuvant radiotherapy (RT) versus “wait and see” in patients with pT3 prostate cancer following radical prostatectomy (RP),(ARO 96-02/AUO AP 09/95). J Clin Oncol, 23: 4513, 2005.

16. A. J. Stephenson et al. Predicting the outcome of salvage radiation therapy for recurrent prostate cancer after radical prostatectomy. J Clin Oncol. 2007 May 20;25(15):2035-41. Erratum in: J Clin Oncol. 2007 Sep 10;25(26):4153.

17. King CR. The timing of salvage radiotherapy after radical prostatectomy: a systematic review. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2012 Sep 1;84(1):104-11. doi: 1016/j.ijrobp.2011.10.069. Epub 2012 Jul 14. 18. Maccio L, et al. Clinical significance of pelvic lymph node status in prostate cancer: review of 1690 cases. Intern Emerg Med. 2016 Apr;11(3):399-404. doi: 10.1007/s11739-015-1375-5. Epub 2016 Feb 13. 19. D’Amico AV, et al. Androgen suppression and radiation vs radiation alone for prostate cancer: a randomized trial. JAMA 2008;299:289-95De Meerleer G., Fonteyne V.,Vaket L., et all. Intensity-modulated radiation therapy for prostate cancer. Late morbidity and results on biochemical control.Radiat Oncol 2007;82:160-166.

20- Pilepich MV, et al. Androgen suppression adjuvant to definitive radiotherapy in prostate carcinoma--long-term results of phase III RTOG 85-31.Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2005 Apr 1;61(5):1285-90. 21. NCCN Clinical Practice Guidelines in Oncology (NCCN Guidelines®)Prostate Cancer. Version 3.2016

38. Da Pozzo LF, et al. Long-term follow-up of patients with prostate cancer and nodal metastases treated by pelvic lymphadenectomy and radical prostatectomy: the positive impact of adjuvant radiotherapy. Eur Urol, 55:1003-1011, 2009.

39. Abdollah F, et al. Indications for pelvic nodal treatment in prostate cancer should change. Validation of the Roach formula in a large extended nodal dissection series. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2012 Jun 1;83(2):624-9. doi: 10.1016/j.ijrobp.2011.06.2014. Epub 2011 Nov 16.

40. Sebo TJ, et al. The percentage of core positive for cancer in prostate needle biopsy specimens is strongly predictive of tumour stage and volume at radical prostatectomy. J Urol 2000; 163: 174-178. 41. Barqawi AB, et al. The role of 3-dimensional mapping biopsy in decision making for treatment of apparent early stage prostate cancer. J Urol 2011 Jul;186(1):80-5.

42. Guneyli S, et al. Magnetic resonance imaging of prostate cancer. Clin Imaging. 2016 Jul-Aug;40(4):601-9. doi: 10.1016/j.clinimag.2016.02.011. Epub 2016 Feb 16.

(36)

43. Davis R, et al. Accuracy of Multiparametric Magnetic Resonance Imaging for Extracapsular Extension of Prostate Cancer in Community Practice. Clin Genitourin Cancer. 2016 Apr 22. pii: S1558-7673(16)30100-8. doi: 10.1016/j.clgc.2016.04.010.

44. Yanamadala S. et al. Robot-assisted versus open radical prostatectomy utilization in hospitals offering robotics. Can J Urol. 2016 Jun;23(3):8279-84.

45. Chang Y, et al. Robotic-assisted Laparoscopic Radical Prostatectomy From a Single Chinese Center: A Learning Curve Analysis. Urology. 2016 Jul;93:104-11.

46. Sooriakumaran P,et al. A multinational, multi-institutional study comparing positive surgical margin rates among 22393 open, laparoscopic, and robot-assisted radical prostatectomy patients. Eur Urol. 2014 Sep;66(3):450-6. doi: 10.1016/j.eururo.2013.11.018. Epub 2013 Nov 24.

47. Anuj Goenka et al. Long-Term Outcomes After High-Dose Postprostatectomy Salvage Radiation Treatment. 2012 Sep; Vol 84, 1: 112–118

48. Ost P, et al. Volumetric arc therapy and intensity-modulated radiotherapy for primary prostate radiotherapy with simultaneous integrated boost to intraprostatic lesion with 6 and 18 MV: a planning comparison study. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2011 Mar 1;79(3):920-6. doi:

10.1016/j.ijrobp.2010.04.025. Epub 2010 Aug 2.

49. Cozzarini C, et al. Need for high radiation dose (>or=70 gy) in early postoperative irradiation after radical prostatectomy: a single-institution analysis of 334 high-risk, node-negative patients.Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2009 Nov 15;75(4):966-74. doi: 10.1016/j.ijrobp.2008.12.059. Epub 2009 Jul 18. 50. Morikawa LK et al. Pelvic Nodal Radiotherapy in Patients With Unfavorable Intermediate and High-Risk Prostate Cancer: Evidence, Rationale, and Future Directions. 2011 May. Vol 80, 1: 6–16

51. Kuban D,Tcker S,Dong L et al.Long-term results of the M.D.Anderson randomized dose-escalation trial for prostate cancer. Int J Radiat Oncol Biol Phys, 2008; 70(1): 67-74.

51. Alicikus ZA, Yamada Y, Zhang Z et all. Ten years outcome of high-dose, intensity modulated radiotherapy for localized prostate cancer. Cancer 2010 April 1: 1429-1437.

53. De Meerleer G., Fonteyne V.,Vaket L., et all. Intensity-modulated radiation therapy for prostate cancer. Late morbidity and results on biochemical control.Radiat Oncol 2007;82:160-166.

54. Al-Mamgani A, van Putten WLJ. Update of Dutch multicenter dose-escalation trial of radiotherapy for localized prostate cancer. Int J Radiat Oncol Biol Phys, 2008; 72(4):980-988.

55. Dearnaley DP, Sydes MR, et al. Escalation-dose versus standard-dose conformal radiotherapy in prostate cancer: First results from the MRC RT01 randomised controlled traial. The Lancet Oncology 2007,8: 475-487.

Riferimenti

Documenti correlati

In particular two operons were chosen to a further characterization in the model systems B.cenocepacia J2315: the RND-4 operon, since it is one of the most

Finally, ages for all the perturbed stars were recovered by means of pure geometrical isochrone fitting by Monte Carlo Markov chain (MCMC) simulations (Sect. The median value of

Durante la prima onda diastolica, mostra una crescita del suo valore fino ad un fattore tre, rispetto al caso di riferimento, ma il fenomeno più rilevante si

Affrontare un tema concreto di architettura come quello della biblioteca equivale a domandar- si delle reali necessità che il tema stesso pone al progettista nella costruzione di

Für Knoten, die nicht von gefährlichen Ereignissen betroffen sind, wird ein größerer Wert für K gewählt und zusätzlich die Menge aller möglichen

“Quali informazioni sono prioritarie per il paziente reduce da sindrome coronarica acuta prima della dimissione, al fine di una buona gestione della malattia al domicilio?”; “Quali

Uno degli strumenti, anche se diciamo così, più che altro fa parte un po’ di un regolamento, di qualcosa che è dato anche dall’alto dall’istituto, è il carpe

fondamentale e nel medesimo tempo centrale all’interno di queste riunioni, quali sono effettivamente le competenze relazionali che attraverso questo strumento si