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Effetti dell'incremento ponderale sul ripristino di cicli ovulatori in pazienti affette da amenorrea ipotalamica funzionale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Divisione di Ginecologia ed Ostetricia Direttore: Prof. T. Simoncini

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN GINECOLOGIA E OSTETRICIA

Direttore: Prof. T. Simoncini

Tesi di specializzazione

“ Effetti dell’incremento ponderale sul ripristino

di cicli ovulatori in pazienti affette da amenorrea

ipotalamica funzionale”

RELATORE

CHIAR.MO PROF. T. SIMONCINI DR.SSA F.FRUZZETTI

CANDIDATO Dr.ssa Natalia Russo

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INDICE

SOMMARIO 5 INTRODUZIONE 9 PROFILO ORMONALE 11 FATTORI NEUROBIOLOGICI 12 FERTILITA’ 16 EFFETTI DELL’IPOESTROGENISMO 17 METABOLISMO OSSSEO 18 SISTEMA CARDIOVASCOLARE 20

DISTURBI DELLA SFERA PSICHICA E SESSUALE 21

DIAGNOSI E GESTIONE DELLA PAZIENTE CON AMENORREA IPOTALAMICA FUNZIONALE 23

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SCOPO DELLO STUDIO 31

MATERIALI E METODI 32

RISULTATI 35

DISCUSSIONE 38

BIBLIOGRAFIA 43

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SOMMARIO

L’amenorrea ipotalamica funzionale è un problema clinico frequente, che comporta anovulazione e infertilità e di conseguenza una profonda compromissione della funzione riproduttiva. Le pazienti che ne sono affette presentano problemi in diversi ambiti come l’omeostasi ossea, la funzionalità cardiovascolare, psicologica e sessuale. Nelle pazienti affette da amenorrea, a lungo andare, si assiste a una riduzione della densità minerale ossea, osteopenia e osteoporosi, con un maggior rischio di fratture (1). L’amenorrea ipotalamica è inoltre associata a disfunzione endoteliale, depressione, ansia e disfunzione sessuale. (2, 3). Da ciò deriva l’importanza di diagnosticare correttamente la patologia allo scopo di prevenire le ripercussioni a breve e lungo termine sulla salute delle pazienti.

L’amenorrea ipotalamica funzionale è una forma di ipogonadismo ipogonadotropo che deriva da anomalie della pulsatilità del GnRH a livello ipotalamico. Se la patologia compare durante la pubertà si può manifestare anche come amenorrea primaria. L’amenorrea

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secondaria, che è anche la forma più frequente di amenorrea ipotalamica, si manifesta invece negli anni successivi al menarca. Lo spettro delle conseguenze ipofisarie che derivano da questa condizione include una ridotta frequenza dei pulse dell’LH fino all’assenza completa della pulsatilità dell’LH. Solo in rari casi la pulsatilità dell’LH si mantiene nella norma (4). La riduzione della secrezione di gonadotropine porta a una riduzione della secrezione di estradiolo da parte dell’ovaio. In caso di amenorrea ipotalamica funzionale, il malfunzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi è associato a condizioni di stress psicofisico, perdita di peso e/o eccessivo esercizio fisico (5). Quindi a seconda dei fattori scatenanti l’amenorrea ipotalamica funzionale si distingue in tre categorie: da stress, da perdita di peso e da esercizio fisico. In tutti e tre i casi si instaura uno stato di ipoestrogenismo responsabile di altre anomalie metaboliche come la perdita di densità minerale ossea (5). In caso di amenorrea da calo ponderale, dovuta ad esempio a una dieta mal gestita o a un disturbo della condotta alimentare, è proprio la ridotta disponibilità energetica la causa della disfunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (6). Parallelamente all’alterata secrezione di gonadotropine si assiste, in queste pazienti, a una riduzione della

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massa grassa con conseguente alterazione della secrezione della leptina, prodotta dagli adipociti e un’alterazione della secrezione di sostanze come la grelina o il cortisolo la cui regolazione dipende dalle riserve energetiche dell’organismo (7). Con l’incremento ponderale e con l’aumento della massa grassa, la funzionalità ovarica e la ciclicità mestruale si ripristinano in molte di queste pazienti (8), anche se non in tutte. Questo dato suggerisce, che il ripristino della ciclicità mestruale non dipenda esclusivamente dalla quantità di massa grassa, ma che probabilmente esso sia il risultato di più fattori biologici concatenati e non ancora del tutto studiati. Secondo alcuni, invece, il recupero della ciclicità mestruale è strettamente correlato alla percentuale di grasso corporeo, avendo dimostrato in uno studio del 2006 che nelle pazienti che arrivavano a raggiungere una percentuale di grasso corporeo pari al 24% tornavano i cicli mestruali, mentre in quelle in cui tale percentuale non superava il 18% restavano in amenorrea (9). Inoltre anche il fattore tempo gioca un ruolo importante. Si è visto, infatti, che dopo il raggiungimento di un peso normale, se l’amenorrea persiste è opportuno attendere almeno 6 mesi, prima di intraprendere nuovi percorsi diagnostici o terapeutici. Una paziente con amenorrea

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ipotalamica da restrizione calorica in alcuni casi necessita anche del supporto di uno psicologo/psichiatra e dovrebbe essere seguita anche da un nutrizionista per garantire un apporto adeguato di nutrienti. Bisognerebbe sempre indagare la possibilità di una carenza di micro e macronutrienti. Le carenze che più spesso si riscontrano in queste pazienti sono le carenze di vitamina D, vitamina B12, vitamina E, vitamina A, zinco e ferro (10). Tali carenze possono, infatti, influenzare negativamente un sistema endocrino già provato dallo stress e possono protrarsi per anni, anche dopo il recupero del normale peso corporeo.

In questo studio abbiamo preso in considerazione pazienti con amenorrea ipotalamica correlata a una riduzione del peso corporeo. Queste pazienti solo in alcuni casi presentano come unico fattore patogenetico la restrizione calorica, spesso, infatti, la dieta è associata in maniera variabile alla pratica di esercizio fisico e a condizioni di vita stressanti o a una personalità particolarmente rigida. In particolare ci siamo chiesti se il recupero di un normale peso corporeo fosse sufficiente al ripristino dei cicli ovulatori in queste pazienti.

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INTRODUZIONE

L’amenorrea secondaria, definita come l’assenza del ciclo mestruale per almeno 3 mesi si verifica approssimativamente nel 3-5% delle donne. Secondo l’American Society of Reproductive Medicine, il 20-35% delle amenorree secondarie è rappresentato da amenorree ipotalamiche funzionali (11). L’amenorrea ipotalamica funzionale è caratterizzata da anovulazione cronica non riconducibile a cause organiche, bensì associata a condizioni di stress psicofisico, calo ponderale, esercizio fisico intenso o a una combinazione di questi fattori. Lo studio di una paziente in amenorrea dovrebbe includere la valutazione di tutte le possibili cause endocrinologiche giungendo infine alla diagnosi di amenorrea ipotalamica funzionale solo dopo aver escluso tutte le altre possibili eziologie. Per il trattamento di queste pazienti è necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga il ginecologo, il nutrizionista e un professionista della salute mentale ove necessario (12). L’ipoestrogenismo causato dall’amenorrea ipotalamica funzionale può condurre a complicanze di natura medica, quali la perdita di densità minerale ossea, problemi cardiovascolari, disturbi della sfera psichica e sessuale, oltre che

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problemi di fertilità (13, 14). E’ ancora aperto il dibattito su quale sia la migliore strategia terapeutica da intraprendere in queste pazienti per ovviare alle complicanze mediche suddette, ma certamente la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni e progesterone pare essere l’approccio migliore per ridurre gli effetti dell’ipoestrogenismo (15). Inoltre da alcuni studi è emerso che la somministrazione di estriolo è in grado di aumentare i livelli plasmatici di LH e migliorare la secrezione di LH indotta dal GnRH nelle pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale (16, 17). L’insorgenza dell’amenorrea ipotalamica funzionale, come già accennato, può essere ricondotta a un calo ponderale, ad esercizio fisico intenso o a condizioni di stress psicofisico. In particolare nel caso di un deficit nutrizionale, l’amenorrea rappresenta un meccanismo di adattamento compensatorio di tipo endocrino/metabolico finalizzato a preservare le riserve energetiche dell’organismo. La condizione di amenorrea che si instaura in tali circostanze è prodotta e mantenuta da una serie di meccanismi biologici, non ancora del tutto chiariti, che tendono a persistere, per un periodo di tempo variabile da soggetto a soggetto, anche dopo il raggiungimento di normali valori di indice di massa corporea (18).

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Ciò induce a pensare che per il ripristino della funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, il raggiungimento di un normale peso corporeo sia una condizione necessaria, ma non sufficiente. Il recupero della ciclicità mestruale è probabilmente il prodotto di una serie di fattori biologici tra loro concatenati, come la percentuale di massa grassa, i livelli di leptina e di altre sostanze come la grelina, il cortisolo, l’insulin like growth factor-1 (IGF-1), il peptide YY, l’adiponectina, la kisspeptina, la triiodotironina (fT3) (19). E’ necessario inoltre instaurare un apporto nutrizionale bilanciato in termini di micro e macronutrienti e promuovere parallelamente comportamenti volti a stabilire un adeguato equilibrio psichico (20).

Profilo ormonale

Generalmente l’amenorrea ipotalamica funzionale correlata a un deficit nutrizionale è caratterizzata da ridotti livelli sierici di estradiolo e LH, con valori di FSH normali o ridotti (21). Tuttavia le alterazioni ormonali non riguardano solo l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. Non è raro, infatti, riscontrare in queste pazienti un’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, correlata ai fattori di stress, con livelli aumentati di CRH, ACTH e di conseguenza cortisolo. E’ nota anche l’associazione con le anomalie

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dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide in queste pazienti. Queste anomalie comprendono in particolare livelli bassi (meno spesso normali) di fT3 (22). Altre caratteristiche del quadro ormonale dell’amenorrea ipotalamica includono elevati livelli notturni di GH e bassi livelli di PRL. Le pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale hanno bassi livelli sierici di insulina e IGF-1 e un aumento della sensibilità all’insulina (23). Si riscontrano inoltre livelli più bassi di androgeni rispetto ai controlli.

Fattori neurobiologici

I meccanismi patogenetici dell’amenorrea ipotalamica funzionale sono molto complessi e ancora non del tutto chiariti. Numerosi neuropeptidi e neurotrasmettitori giocano un ruolo chiave nella regolazione della pulsatilità del GnRH e sono sicuramente coinvolti nella patogenesi dell’amenorrea ipotalamica funzionale (24). Particolare attenzione meritano in questo senso sostanze come la kisspeptina, il neuropeptide Y, la grelina, la leptina, il CRH, la beta-endorfina e l’allopregnenolone.

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La kisspeptina, prodotta dal gene KiSS-1 gioca un ruolo fondamentale durante la pubertà in quanto contribuisce ad attivare l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. La kisspeptina stimola direttamente la secrezione di GnRH dal nucleo arcuato dell’ipotalamo e la somministrazione di kisspeptina esogena causa un incremento dei livelli sierici di LH e FSH in donne sane (25) ed è stato dimostrato che la somministrazione di kisspeptina in donne con amenorrea ipotalamica funzionale stimola il rilascio di gonadotropine (26).

Il neuropeptide Y invece agisce da regolatore del bilancio energetico, del comportamento sessuale e del ritmo circadiano (27.) e regola il centro dell’appetito a livello ipotalamico (28), stimola la produzione di GnRH quando la concentrazione degli steroidi sessuali, principalmente l’estradiolo, è alta. D’altra parte è stato osservato anche un effetto inibitorio del neuropeptide Y sul GnRH in pazienti con ipoestrogenismo (29). I livelli di neuropeptide Y e i picchi di LH erano significativamente più bassi in pazienti con amenorrea correlata a perdita di peso rispetto ai controlli in uno studio del 2006 (30).

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La grelina è un peptide che stimola l’appetito, ma riduce l’utilizzo delle riserve di grasso. Inoltre la grelina inibisce l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi ed è responsabile del prolungamento dell’amenorrea anche in quei soggetti che hanno recuperato un peso normale (31). Le pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale associata a intenso esercizio o a una restrizione calorica hanno livelli elevati di grelina (32, 33).

La leptina è un ormone che deriva dal tessuto adiposo e gioca un importante ruolo di collegamento tra segnali metabolici e ormonali con ripercussioni sull’assetto riproduttivo (34). Le pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale hanno livelli sierici di leptina più bassi rispetto ai controlli eumenorroici della stessa età e peso. (35).

Il CRH è anch’esso coinvolto nella riproduzione in quanto regola l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. Condizioni di stress psico-fisico attivano la produzione immediata di CRH a livello del SNC. Successivamente il CRH stimola la secrezione ipofisaria di ACTH e beta-endorfine. La secrezione aumentata di glucocorticoidi inibisce il rilascio di GnRH e

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gonadotropine. Questo meccanismo di per sé permette di collegare lo stress all’origine dell’amenorrea ipotalamica (36).

La beta-endorfina è un neuropeptide endogeno, che origina dall’ipotalamo e dall’ipofisi e che è in grado di inibire la produzione di GnRH e il rilascio di LH. In questo modo il CRH è coinvolto nella patogenesi dell’amenorrea ipotalamica sia direttamente sia indirettamente incrementando i valori di beta-endorfina in tutte le situazioni di amenorrea legata allo stress e all’esercizio. Queste due condizioni, infatti, sono caratterizzate da un aumento del tono oppiode endogeno (36).

L’allopregnenolone è un neurosteroide che agisce da modulatore endogeno del SNC. Le pazienti affette da amenorrea ipotalamica hanno una maggiore ampiezza dei pulse di rilascio dell’allopregnenolone, con conseguenti maggiori livelli sierici di questo neurosteroide rispetto ai controlli sani (37).

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Le pazienti con amenorrea ipotalamica presentano una compromissione della propria fertilità sia a breve che a lungo termine. Un’assente o ridotta funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio porta inevitabilmente a uno stato di ipoestrogenismo e anovulazione. La perdita della ciclicità delle concentrazioni sieriche di estradiolo e progesterone si riflette nella perdita della ciclicità endometriale e generalmente l’endometrio si presenta in fase proliferativa precoce in maniera persistente. Vista l’anovularità che caratterizza questa condizione è chiaramente impossibile il concepimento spontaneo, tuttavia la fertilità futura non è compromessa. Devoto e Aravena in uno studio del 2002 hanno addirittura dimostrato che neppure una cattiva risposta al Clomifene in donne che hanno sofferto di amenorrea ipotalamica da adolescenti indica necessariamente una cattiva prognosi in termini di fertilità (38). E’ interessante, infatti, chiedersi per quanto tempo un’amenorrea ipotalamica non trattata è in grado di influenzare negativamente la vita riproduttiva. Allo stato attuale si sa che un menarca ritardato o una pubertà ritardata o lo sviluppo tardivo dei caratteri sessuali secondari sono ulteriori fattori peggiorativi della prognosi riproduttiva di una paziente con amenorrea ipotalamica

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durante la pubertà. In donne adulte invece l’amenorrea ipotalamica è responsabile piuttosto dei cambiamenti della mucosa urogenitale e della muscolatura uterina. Si è visto, infatti, che pazienti con amenorrea ipotalamica o con una storia pregressa di amenorrea ipotalamica, se hanno una gravidanza, questa sarà a maggior rischio di aborto, parto pretermine o IUGR (39,40)

Effetti dell’ipoestrogenismo

L’ipoestrogenismo è di per sé causa di alterazioni metaboliche a carico delle ossa. Nelle donne giovani livelli normali di estrogeni associati a una normale omeostasi metabolica sono responsabili del metabolismo osseo, del corretto funzionamento del sistema cardio-vascolare e del benessere psichico. Di conseguenza un periodo prolungato di ipoestrogenismo in una ragazza può avere un impatto importante sulla sua salute futura.

Metabolismo osseo

L’amenorrea esercita un ruolo negativo sul metabolismo osseo. E’ correlata al mancato raggiungimento del picco di massa ossea (41). Il picco di massa ossea è definito come la maggiore quantità di tessuto osseo che un individuo ha a un certo punto della sua vita.

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Molti raggiungono questo picco all’età di 30 anni, ma circa il 30-40% della massa ossea che si ha a questa età si è formata durante la pubertà (42). Fattori ormonali, nutrizionali e fattori genetici contribuiscono al raggiungimento del picco di massa ossea. Steroidi sessuali (estrogeni e androgeni), GH e IGF-1 sono i principali ormoni capaci di influenzare positivamente la formazione di massa ossea (43). In particolare nella donne sono gli estrogeni a esplicare un’azione di stimolo sul metabolismo osseo (44). L’azione degli estrogeni si esprime attraverso tre vie: l’attivazione delle unità di rimodellamento osseo, la soppressione del riassorbimento e la stimolazione della formazione ossea (45). Gli estrogeni stimolano la sintesi dei principali fattori di crescita, come il TGF-beta, la proteina morfogenetica dell’osso e IGF-1. Gli estrogeni inoltre sono responsabili dell’aumento dell’espressione del recettore per l’1,25 (OH) D3 (46). Gli estrogeni esercitano anche un’influenza inibitoria sulla produzione di RANKL (l’attivatore del recettore del fattore nucleare kappa B) e stimolano l’espressione del gene della osteoprotegerina (che inibisce la formazione degli osteoclasti). Di conseguenza un ipoestrogenismo prolungato in donne giovani con amenorrea è associato a osteopenia e al rischio di osteoporosi. Uno

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studio del 2013 ha stabilito che i livelli minimi di estradiolo capaci di garantire un buon impatto sul metabolismo osseo sono di 40-50 pg/ml (47).

Mentre da quanto si evince dalla letteratura e dalla pratica clinica i valori di estradiolo in queste pazienti sono generalmente inferiori a 20 pg/ml (48). L’ipoestrogenismo non è la sola causa di un basso picco di massa ossea. Sono coinvolti, infatti, anche altri fattori come la dieta inappropriata (scarsa assunzione di calcio e vitamina D3), malnutrizione, l’eccessivo esercizio fisico (49), bassi livelli di IGF-1 e insulina e alti livelli sierici di cortisolo (50). E’ bene prestare molta attenzione a quelle donne che praticano esercizio fisico che comporta un dispendio energetico superiore all’introito. In alcuni sport come la danza, la corsa o la ginnastica ritmica questo si verifica molto spesso.

Infine, visto quanto riportato, secondo l’International Society for Clinical Densitometry, vi è indicazione a eseguire una densitometria della colonna in pazienti con amenorrea e ipoestrogenismo di durata superiore a 6 mesi (51).

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L’ipoestrogenismo influisce sulle funzioni cardiovascolari in vari modi. I vasi coronarici e i vasi periferici esprimono recettori per gli estrogeni. Gli estrogeni stimolano la sintesi di ossido nitrico causando vasodilatazione (52). In particolare l’estradiolo esercita un effetto cardioprotettivo, attraverso la sua azione endoteliale, miocardica e vascolare (53). L’ipoestrogenismo invece è responsabile di disfunzione endoteliale, deficit di ossido nitrico, alterazioni autonomiche, attivazione del sistema renina-angiotensina e cambiamenti del profilo lipidico (54).

O’Donnel e al. hanno dimostrato che giovani atlete con ipoestrogenismo cronico hanno una ridotta funzionalità vascolare periferica associata a ridotti valori di pressione arteriosa e bassa frequenza cardiaca rispetto ai controlli sani (55). La compromissione delle funzioni cardiovascolari nell’amenorrea ipotalamica è correlata principalmente all’ipoestrogenismo, ma è certamente aggravata da un ridotto apporto energetico e da alterazioni metaboliche. Le pazienti con amenorrea ipotalamica hanno alterazioni del profilo lipidico e possono presentare anomalie del metabolismo glucidico. In particolare le atlete con amenorrea legata all’esercizio presentano livelli sierici più alti di colesterolo

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totale, LDL, apolipoproteina B e trigliceridi rispetto ai controlli sani (56, 57).

Queste osservazioni dimostrano l’importanza della ciclicità ovarica per la salute cardiovascolare e sicuramente sono necessari ulteriori studi per valutare il peso dell’ipoestrogenismo ipotalamico sulla funzione cardiovascolare allo scopo di minimizzare i rischi di eventi cardiovascolari in questo gruppo di pazienti

Disturbi della sfera psichica e sessuale

Nelle donne il tono dell’umore è strettamente legato ai livelli sierici degli ormoni sessuali (58). L’ipoestrogenismo in giovani donne in amenorrea ipotalamica è correlato a variazioni dell’attività cerebrale di diversi neuropeptidi, neurotrasmettitori e neurosteroidi. In particolare, le fluttuazioni di serotonina, dopamina e allopregnenolone modulano il tono dell’umore nelle pazienti amenorroiche (59). Le pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale hanno un profilo psicologico ben preciso. E’ stata dimostrata l’associazione tra le funzioni cognitive ed emozionali e la storia psichiatrica in pazienti con amenorrea ipotalamica e controlli eumenorroici (60). Pazienti con amenorrea ipotalamica

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presentano una maggiore tendenza al disadattamento sociale, una maggiore difficoltà a fronteggiare lo stress e instaurano con più facilità delle dipendenze affettive rispetto alle donne eumenorroiche. I livelli aumentati di cortisolo, caratteristici di queste pazienti, correlano con i livelli aumentati di ansia e depressione e addirittura anche l’ipercolesterolemia può essere considerata in queste pazienti un mediatore dei disturbi dell’umore (61). Le pazienti in amenorrea ipotalamica funzionale mostrano una particolare suscettibilità ai comuni life events , una maggiore incidenza di anoressia, tratti depressivi e problemi psicosomatici (62). Le pazienti in amenorrea ipotalamica presentano caratteristiche psicopatologiche comuni alle pazienti con anoressia nervosa (63). Queste caratteristiche riguardano la maturità, l’insicurezza sociale, l’introversione, la tendenza alla depressione, la tendenza a fare diete molto restrittive e l’attenzione eccessiva verso l’aspetto fisico e il peso.

Anche la funzionalità sessuale risulta compromessa nelle pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale (64). In teoria questa funzione dipende essenzialmente dalla componente psicologica e dal profilo ormonale e sappiamo che la funzione psicologica è già

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compromessa dall’ansia, dalla depressione e dai disturbi dell’umore. Sebbene la depressione di per sé sia sufficiente a giustificare la disfunzione sessuale, in realtà ci sono altri fattori che concorrono alla sua spiegazione. In particolare il quadro neuroendocrino è sicuramente coinvolto. Il profilo ormonale, caratterizzato da ipoestrogenismo e ipoandrogenemia, influenza anch’esso la funzionalità sessuale (65).

Diagnosi e gestione della paziente con amenorrea ipotalamica

funzionale

La diagnosi di amenorrea ipotalamica funzionale si basa spesso su una storia di irregolarità mestruali seguite da un periodo di amenorrea; in altri casi, l’amenorrea compare improvvisamente. Talvolta, l’amenorrea ipotalamica funzionale può essere primaria e si manifesta come la mancanza del menarca. Per stabilire la diagnosi di amenorrea ipotalamica funzionale è utile raccogliere informazioni riguardo la quantità di esercizio fisico, la presenza di fattori di stress emotivo e l’uso di psicofarmaci. Alla visita, in alcune situazioni, è possibile osservare in queste pazienti, segni di

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ipoestrogenismo come la scarsità del muco cervicale e la sottigliezza dell’epitelio vaginale.

Come primo approccio è utile effettuare in queste pazienti il MAP test (test al medrossiprogesterone acetato). Il test consiste nel somministrare per via orale o vaginale, un progestinico, ad esempio il medrossiprogesterone acetato, per 5-7 giorni. Dopo circa una settimana dalla sospensione del progestinico, si dovrebbe osservare un sanguinamento. La presenza di sanguinamento indica che i livelli di estradiolo sono sufficienti (40-50 pg/ml) a sostenere la crescita dell’endometrio e l’amenorrea è da ascrivere alla mancata ovulazione e al conseguente deficit di progesterone risultante dalla mancanza del corpo luteo. Successivamente si può effettuare il test di stimolo al GnRH, per determinare il livello di funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaie. In particolare questo test ci dice se il disturbo è legato a un fattore ipotalamico o ipofisario. Nelle pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale si raggiungono valori di LH inferiori rispetto a soggetti sani.

Una volta accertata l’origine ipotalamica dell’amenorrea è importante escludere cause genetiche o organiche. Tra le cause di origine genetica ad esempio bisogna considerare la sindrome di

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Kallman (con anosmia) e la sindrome di Prader Willi (obesità e ritardo mentale). Tra quelle di origine organica invece neoplasie della regione ipotalamica, sarcoidosi, tubercolosi.

L’amenorrea può avere origine da svariate condizioni. L’amenorrea primaria è la mancata comparsa del menarca in assenza di caratteri sessuali secondari entro 14 anni o entro i 16 anni in presenza di caratteri sessuali secondari. L’amenorrea secondaria invece è caratterizzata dalla scomparsa del ciclo mestruale per 3 mesi. L’amenorrea primaria è spesso, ma non esclusivamente, la conseguenza di anomalie cromosomiche (es. S.me di Turner) o anomalie anatomiche (es. agenesia Mulleriana). Le più frequenti cause di amenorrea secondaria invece sono la sindrome dell’ovaio policistico, l’amenorrea ipotalamica, l’iperprolattinemia o l’insufficienza ovarica prematura.

Nella valutazione di una paziente in amenorrea, può essere utile escludere tutte le possibili cause procedendo per gradi. Considerare le anomalie anatomiche del tratto di deflusso, come la sindrome di Asherman, l’insufficienza ovarica prematura, alterazioni ipofisarie, patologie sistemiche che coinvolgono l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi o altre patologie endocrine. Come già detto,

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un’accurata anamnesi, la visita e le indagini di laboratorio possono facilmente individuare le cause di amenorrea. In tutte queste pazienti, naturalmente, è necessario escludere la possibilità di una gravidanza. Successivamente verificare la presenza di utero e ovaie tramite ultrasuoni, in caso di amenorrea primaria. Durante il colloquio indagare sempre sulle abitudini di vita della paziente, in particolare sulle abitudini alimentari e sul tipo e quantità di esercizio fisico. Domandare se ci sono state variazioni di peso o eventi stressanti. Chiedere quali erano le caratteristiche dei cicli mestruali in precedenza, se ha fatto uso di farmaci, se ha sofferto di malattie croniche, disturbi vasomotori. Durante la visita cercare segni di iperandrogenismo, e galattorrea e nella valutazione degli esami di laboratorio includere sempre i dosaggi degli ormoni tiroidei. Nella raccolta dei dati anamnestici includere le informazioni sulla famiglia, in particolare l’età in cui la madre è andata in menopausa ed eventualmente la presenza di malattie croniche. Prima di fare diagnosi di amenorrea ipotalamica funzionale è importante valutare tutte le altre possibili cause di amenorrea di origine centrale, come traumi, infezioni o malattie autoimmuni dell’ipofisi. L’amenorrea ipotalamica funzionale si verifica quando l’asse

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gonadi è soppresso da condizioni di stress psico-fisico, perdita di peso (indipendentemente dal peso iniziale), eccessivo esercizio fisico o disturbi alimentari. L’amenorrea ipotalamica è caratterizzata da bassi livelli di estrogeni in assenza di danni organici. I test di laboratorio generalmente rivelano livelli bassi o normali di FSH, bassi livelli di LH ed estradiolo. Spesso le pazienti con amenorrea ipotalamica funzionale praticano molto esercizio fisico, hanno un basso apporto calorico, seguono delle diete o hanno un disturbo della condotta alimentare vero e proprio e un quadro di osteopenia o osteoporosi. In alcuni casi è presente una sindrome da malassorbimento (es. celiachia). Di conseguenza il primo passo per trattare l’amenorrea è ristabilire un adeguato apporto nutrizionale, ridurre i livelli di stress e di esercizio fisico. Il ciclo mestruale a volte ricompare correggendo il deficit nutrizionale (66). Per quanto riguarda la riduzione della densità ossea invece è utile somministrare calcio e vitamina D. Infatti, sebbene la perdita minerale ossea sia secondaria al deficit di estrogeni, il ripristino di normali livelli di estrogeni da solo senza una riabilitazione nutrizionale non è sufficiente a ripristinare le riserve ossee. In altre parole, l’uso di terapia ormonale può far tornare i cicli mestruali, ma

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non corregge la densità minerale ossea. Un altro approccio utile può essere la somministrazione di leptina. E’ stato dimostrato, infatti, che la somministrazione di leptina ristabilisce la pulsatilità del GnRH ripristinando l’ovulazione (67). L’uso dei bifosfonati invece non è consigliato per i potenziali effetti teratogeni e per il loro meccanismo d’azione basato sull’inibizione del riassorbimento osseo.

Il primo passo per ripristinare la normale regolarità mestruale è quindi quello di intraprendere una dieta normocalorica. La paziente in amenorrea ipotalamica non deve dimagrire, neppure qualora ci fossero effettivamente dei chili da perdere. Ogni fluttuazione al ribasso del grasso corporeo è un allarme per il sistema endocrino, che rallenta la pulsatilità delle gonadotropine. Molto spesso la paziente con amenorrea ipotalamica associata a un disturbo della condotta alimentare o a un cattivo rapporto con il cibo ha un’alimentazione molto restrittiva, rigidamente controllata nella varietà del cibo e nel conteggio calorico. La gestione di questa paziente deve essere integrata da un nutrizionista e se la paziente è sottopeso, la dieta deve diventare progressivamente ipercalorica per garantire il raggiungimento del peso corporeo ideale e il

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conseguente buon funzionamento ormonale. Se la paziente ha perso peso perché segue una dieta ipocalorica, ma è ancora normopeso, è bene aumentare gradualmente il contributo di calorie, fino a portarla a una dieta normocalorica. Il contributo proteico deve essere almeno pari a 1 g/kg prediligendo proteine animali. L’uso eccessivo di prodotti proteici a base vegetale si rivela spesso controproducente in caso di amenorrea, questo a causa della qualità degli aminoacidi che si trovano in questi alimenti che sono poco biodisponibili e quindi non garantiscono uno stimolo sufficiente a livello ipotalamico. Non sempre è facile riuscire a far accettare alla paziente indicazioni alimentari che prevedono un consumo di prodotti quasi sempre superiore a quella che è stata l’abitudine fino a quel momento ed è a questo punto che si rende necessaria l’assistenza di professionisti, nutrizionista e psicologo, in grado di trasmettere il messaggio corretto circa il consumo di questi alimenti e spiegarne l’importanza terapeutica. I grassi sono altrettanto importanti per contrastare l’amenorrea ipotalamica. I grassi favoriscono, infatti, gli scambi cellulari e sono i precursori di ormoni e cofattori indispensabili all’equilibrio endocrino. In generale, più a lungo si protrae la carenza, più sarà difficile che il ritorno all’alimentazione equilibrata

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e normolipidica garantisca una risoluzione del problema. Sono da prediligere grassi monoinsaturi e omega3 e grassi saturi a catena media. Nella risoluzione dell’amenorrea ipotalamica è importante integrare la dieta anche con il giusto apporto di carboidrati. Diete troppo povere di carboidrati, soprattutto se protratte per lungo tempo, possono determinare una condizione di ipotiroidismo che può diventare cronica. In alcuni casi è utile verificare se è presente una condizione di celiachia responsabile di un malassorbimento di carboidrati.

L’intervento di uno psicologo o di uno psichiatra è spesso necessario perchè se da un lato è fondamentale istruire la paziente sull’importanza di una corretta alimentazione, dall’altro è necessario intervenire sul comportamento (rigido controllo del cibo, anoressia, ortoressia, manie ossessive verso il cibo) che sostiene lo stress e fomenta il circolo vizioso da cui l’amenorrea si è generata. Quindi cambiare l’alimentazione e allo stesso tempo cambiare anche il modo di rapportarsi con il cibo visto che l’amenorrea ipotalamica spesso nasce da una iponutrizione a cui si sommano pensieri e comportamenti disfunzionali legati al cibo.

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SCOPO DELLO STUDIO

Nel 1974, Frisch espose per primo la teoria che il tessuto adiposo giocasse un ruolo fondamentale nei meccanismi dell’ovulazione (68). In particolare, la leptina rappresenta il collegamento tra il tessuto adiposo e la funzione riproduttiva. La leptina, infatti, è prodotta dal tessuto adiposo e la sua concentrazione sierica è direttamente proporzionale alla quantità di grasso corporeo. Le donne in amenorrea ipotalamica, con deficit nutrizionale cronico, hanno ridotti valori di leptina (69). Ristabilire un normale peso corporeo, con un normale BMI dovrebbe favorire il ripristino della funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio (70).

Alla luce di quanto detto, lo scopo dello studio è quello di valutare se le pazienti in amenorrea ipotalamica dovuta a calo ponderale tornano a essere eumenorroiche una volta ristabilito un normale BMI. Le pazienti prese in considerazione sono state raggruppate secondo caratteristiche simili che riguardano l’età, la durata dell’amenorrea, il BMI all’inizio dell’amenorrea e alla fine (il massimo peso raggiunto), la contestuale diagnosi di anoressia nervosa.

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MATERIALI E METODI

Lo studio è stato condotto su 71 pazienti (età compresa tra 15 e 35 anni, media 23,5 anni) che si sono rivolte all’ambulatorio di ginecologia endocrinologica per un problema di amenorrea. Le variabili analizzate sono state l’età, episodi di calo ponderale dovuti a diete ipocaloriche o a un vero e proprio disturbo della condotta alimentare, valore di BMI all’esordio dell’amenorrea ed eventuale ricomparsa della mestruazione nel momento in cui il BMI era tornato entro valori di normalità. Il valore di BMI è stato calcolato usando la formula peso/altezza². Una condizione di sottopeso è stata attribuita a un BMI inferiore a 18,5 in accordo con le indicazioni WHO del 1995 (71).

La durata dell’amenorrea tra queste pazienti era un periodo compreso tra 7 mesi e 4 anni (media 2,7 anni). In tutte è stata fatta diagnosi di amenorrea ipotalamica da calo ponderale sulla base della storia clinica e dei dosaggi ormonali. In 29 di queste pazienti era stata fatta diagnosi di anoressia ed erano seguite da uno psichiatra. Tra le pazienti anoressiche 8 assumevano psicofarmaci, ma nessuno tra i farmaci assunti aveva interferenze dimostrate con l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. Nessuna delle altre pazienti stava

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assumendo alcun farmaco psicoattivo né preparazioni ormonali (inclusi i contraccettivi orali), minerali o supplementi vitaminici. In tutte le pazienti prese in esame è stata indagata la presenza di malattie croniche, malattie recenti, allergie e storie familiari di malattie endocrinologiche, neurologiche e psichiatriche. Su tutte le pazienti è stato effettuato, una o più volte, un esame clinico e un’ecografia pelvica che non hanno rilevato alcuna anomalia. I dati di laboratorio hanno rilevato valori di gonadotropine ed estradiolo compatibili con la diagnosi di amenorrea ipotalamica. In tutte è stata esclusa l’amenorrea da iperprolattinemia o da esercizio fisico intenso. Come illustrato nella tabella 1, tra le 71 pazienti, all’epoca di comparsa dell’amenorrea, 36 avevano un BMI inferiore a 18,5 kg/mq, 11 avevano mantenuto un BMI ≥ 18,5 pur avendo perso tra i 5 kg e i 16 kg (media dei chili persi 8,4 kg) e 23 non ricordavano il loro peso all’epoca di comparsa di amenorrea, ma avevano una diagnosi di anoressia. Tutte le 71 pazienti selezionate, dopo un periodo di tempo variabile, erano aumentate di peso e avevano raggiunto un peso stabile, con un BMI ≥18,5 kg/mq. Durante tale periodo a 42 pazienti era stata somministrata una terapia ormonale a base di estrogeni e/o progesterone, terapia che è stata sospesa al

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raggiungimento del BMI ottimale per verificare la ricomparsa di cicli mestruali spontanei.

Tabella 1

n. pazienti BMI all’esordio dell’amenorrea

36 <18,5 kg/mq

11 ≥18,5 kg/mq ma media di 8,4 kg persi

23 anoressia

RISULTATI

Delle 71 pazienti in amenorrea che erano aumentate di peso, recuperando i chili persi (raggiungendo un BMI ≥ 18,5) soltanto in 29 si è verificata la ricomparsa spontanea del ciclo mestruale mentre in 42 di loro tale evento non si è verificato. Confrontando i due gruppi si è visto che non ci sono differenze significative per quanto riguarda l’età, la durata dell’amenorrea o la quantità di esercizio fisico, come illustrato nella tabella 2. In aggiunta abbiamo valutato i livelli sierici di LH, FSH, estradiolo, progesterone, cortisolo e fT3 al momento della diagnosi, senza riscontrare differenze significative tra i due gruppi. Tabella 3.

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35 Tabella 2 Pazienti eumenorroiche (n.29) Pazienti in amenorrea (n.42) Livello di significatività Età (anni) 22,4 22,5 p > 0,05 Durata dell’amenorrea (anni) 2,1 1,7 p > 0,05 Esercizio fisico (h/settimana) 3,7 4,1 p > 0,05 Tabella 3 LH mUI/ ml FSH mUI/ml E2 pg/ml P ng/ml F µg/dl fT3 pg/ml Pazienti eumenorroiche (n.29) 1,8 5,9 30 0,8 12,8 2,8 Pazienti in amenorrea (n.42) 1,6 5,9 28,1 1 13,3 3,1

In aggiunta, abbiamo analizzato i due gruppi andando a valutare quante pazienti risultassero affette da un vero e proprio disturbo della condotta alimentare, rispetto a quelle in cui il calo ponderale era dovuto a un regime alimentare ipocalorico ma senza la diagnosi di anoressia. E’ emerso che non ci sono differenze significative tra i due gruppi, in quanto la percentuale di diagnosi di anoressia era del 41,3% nel gruppo delle eumenorroiche vs il 40% nel gruppo delle

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pazienti ancora in amenorrea. Abbiamo inoltre studiato quante pazienti, fra i due gruppi, avessero ricevuto una terapia ormonale durante la fase di amenorrea al fine di poter meglio individuare se le pazienti eumenorroiche fossero state in qualche modo avvantaggiate, nel recupero della ciclicità mestruale, dalla terapia. In questo caso si è visto che solo il 34,4% delle pazienti eumenorroiche aveva ricevuto una terapia ormonale prima della ricomparsa spontanea delle mestruazioni, contro l’83% delle pazienti in cui l’amenorrea è perdurata. Anche la percentuale di pazienti con funzionalità tiroidea ridotta non è significativamente differente tra i due gruppi, risultando del 13,7% tra le pazienti eumenorroiche e del 14,2% tra le pazienti in amenorrea. Grafico 1.

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DISCUSSIONE

Il peso corporeo ha un ruolo cruciale sulla regolazione e il rilascio delle gonadotropine. In particolare la percentuale di grasso corporeo ha un ruolo molto importante nella regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. Di conseguenza le donne che vanno incontro a un calo ponderale, in particolare quelle sottopeso, con un BMI < 18,5

0

20

40

60

80

100

Anoressia Terapia ormonale Funz. Tiroidea ridotta Eumenorrea Amenorrea

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kg/mq possono incorrere in periodi di amenorrea secondaria. Si può perdere peso per vari motivi tra cui l’astensione volontaria dall’assunzione di cibo, per digiuno prolungato o per eccessivo esercizio fisico. Ognuna di queste cause può portare alla riduzione della secrezione di gonoadotropine e quindi al non presentarsi del ciclo mestruale. L’anoressia nervosa è responsabile di una buona parte delle cause di amenorrea secondaria. In questi casi le pazienti possono essere gestite in collaborazione con lo psichiatra, ed è essenziale incoraggiare l’aumento di peso. La funzione ovulatoria invece ritorna lentamente al restaurarsi della nutrizione e del peso adeguato. Non è immediato il ritorno del ciclo al recupero del peso normale, potrebbero volerci settimane mesi o anche di più affinchè l’attività ovarica si ripristini. E’ sempre bene comunque tenere monitorati i valori ormonali ed eventualmente intraprendere una terapia ormonale sostitutiva per evitare i problemi correlati alla riduzione della densità minerale ossea, disturbi cardiocircolatori o della sfera psichica e sessuale. L’equilibrio ormonale di una donna è fortemente legato non solo al peso corporeo in senso stretto, ma anche al tipo di nutrienti introdotti con la dieta. Una carenza di acidi grassi, vitamina B6, vitamina A, zinco e magnesio può contribuire

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ad alterare l’assetto ormonale. E’ importante quindi non solo recuperare un peso normale, ma anche seguire una dieta bilanciata in termini di micro e macronutrienti, magari sotto la guida di un nutrizionista. In alcuni casi tutto questo è sufficiente a ripristinare la ciclicità mestruale, ma in altri, l’amenorrea correlata a un dimagrimento può protrarsi. Andrebbero indagati a tal proposito anche altri fattori associati all’amenorrea, in primo luogo i livelli di stress. Molte pazienti, infatti, seguono schemi mentali rigidi non solo quando si tratta di diete ipocaloriche, ma anche quando si trovano a dover gestire diete normocaloriche, finendo per vivere in condizioni di stress continuo, perpetuando comportamenti di ipercontrollo sull’alimentazione. Per il ginecologo non si tratta quindi solo di introdurre una terapia ormonale e incoraggiare l’aumento di peso, ma anche indagare le cause del dimagrimento, magari con il supporto di uno psichiatra e /o uno psicologo al fine di interrompere il circolo vizioso dello stress in cui la maggior parte di queste pazienti vive. La ricomparsa delle mestruazioni quindi non dipende esclusivamente dal peso corporeo e dalla quantità di grasso, ma richiede il ripristino dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (72). In particolare da uno studio del 2016 è emerso che nelle pazienti con

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amenorrea ipotalamica da calo ponderale non c’era stato il ripristino della ciclicità mestruale neppure dopo un anno dal recupero del BMI normale (73). Inoltre il calcolo della percentuale di grasso corporeo non si è dimostrato superiore al semplice calcolo del BMI per predire la normalizzazione del ciclo mestruale, confermando la necessità di includere altre variabili nello studio di queste pazienti (74). A tale scopo è stato studiato il ruolo della leptina e dell’IGF-1 e si è visto che l’IGF-1 (per valori sierici > 342.8 ng/ml) potrebbe essere un marker utile a predire il ripristino dei cicli mestruali in pazienti che hanno recuperato il peso normale (75). Così come l’IGF-1, anche l’estradiolo, l’FSH, l’inibina e l’AMH sono aumentati in quelle pazienti che hanno più possibilità di recuperare cicli mestruali al normalizzarsi del peso corporeo (76,72). In parallelo livelli di cortisolo persistentemente elevati, anche dopo il recupero di un peso ottimale, sono predittivi di una cattiva prognosi e un mancato ritorno delle mestruazioni (77). Certamente anche la leptina, secreta dal tessuto adiposo, gioca un ruolo chiave nel ripristino della funzione ovarica e i suoi livelli risultano aumentati in quelle pazienti in cui si assiste al ritorno delle mestruazioni (78). In ogni caso, avere valori normali di leptina è una condizione

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necessaria ma non sufficiente a garantire il ripristino della ciclicità, ma sono probabilmente coinvolti altri fattori biologici, non ancora del tutto studiati (79).

D’altra parte, se da un lato è vero che l’amenorrea ipotalamica può essere correlata a una restrizione calorica severa, è pur vero che un percentuale compresa tra il 7 e il 40% delle pazienti affette da bulimia presentano delle irregolarità mestruali, compresa l’amenorrea, pur avendo un peso normale. Se ne deduce che in questi casi, l’amenorrea non è diretta conseguenza della perdita di peso, ma della carenza di nutrienti essenziali (80). Il meccanismo d’azione in questi casi è il medesimo, una disfunzione ipotalamica-ipofisaria con ridotti livelli di estradiolo e LH.

Il primo passo da compiere in caso di amenorrea da calo ponderale resta sempre quello di ristabilire un peso normale. Tuttavia non c’è consenso unanime su quale debba essere il target di BMI che queste pazienti dovrebbero raggiungere (81).

Questo target, infatti, sembra essere strettamente individuale, cambiando da soggetto a soggetto in relazione all’età, a fattori genetici e ambientali, allo sviluppo puberale e alle modificazioni dei

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parametri antropometrici in funzione della crescita in caso di pazienti adolescenti.

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