• Non ci sono risultati.

I Centri antiviolenza. L'esperienza di D.i.Re tra grass root e solidarietà orizzontale.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I Centri antiviolenza. L'esperienza di D.i.Re tra grass root e solidarietà orizzontale."

Copied!
131
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SOCIOLOGIA E

POLITICHE SOCIALI

CLASSE LM87

I CENTRI ANTIVIOLENZA ITALIANI. L’ESEMPIO DI D.i.Re

TRA GRASS ROOT E SOLIDARIETÀ ORIZZONTALE

CANDIDATA:

Giorgia Pagano

RELATORE:

Chiarissima Prof.ssa

Marcella Aglietti

ANNO ACCADEMICO 2013-2014

(2)
(3)

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1: I reports e le raccomandazioni di Rashida Manjoo

1.1

Il caso

1.2

Lo Steatement

2.

Il rapporto A/HRC/20/16/Add.2

3.

I dati di Amnesty International e dell’Istat

CAPITOLO 2: Alcune definizioni

1.

La Violenza contro le donne

2.

Il report A/HRC/20/16/Add.4

2.1 Femmicidio/femminicidio

2.2 Il caso italiano

2.3 Quali manifestazioni, quali cause e conseguenze, riguardo agli

omicidi di genere

2.4

Il caso dell’Europa

2.5 Il caso spagnolo e la P.A.S

3 Le raccomandazioni del rapporto A/HRC/20/16/Add.4

CAPITOLO 3: La normativa italiana sula violenza contro le donne

1.

L’azione istituzionale contro la violenza sessuale: il

Dipartimento per le pari opportunità

(4)

2.

L’attivazione di un numero di pubblica utilità: il Telefono Rosa

3.

Nuovi fenomeni e nuove categorie giuridiche: la legge contro lo

stalking

4.

Ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sula

prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle

donne e la violenza domestica del 27 giugno 2013 n.77.

5.

Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto

della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di

commissariamento delle province

CAPITOLO 4: Tra lobbismo ed advocacy: «Donne in rete contro la

violenza »

1.

Donne in rete contro la violenza (D.i.Re)

2.

L’azione politica di D.i.Re. Tra lobbying ed advocacy

3.

Le tecniche usate da D.i.Re

4.

D.i.Re ed i Network internazionali

5.

D.i.Re ed i Network europei

6.

Il programma Daphne

7.

Le recenti azioni di D.i.Re

7.2

La Conferenza Stampa di «Donne in rete contro la violenza»

sul riparto dei fondi per il finanziamento dei centri

antiviolenza

7.2.1

I dati di Global Women’s Shelter Network e Women Against

Violence Europe

(5)

7.3

Le linee guida per l’intervento e la costruzione di una rete tra

i Servizi Sociali dei Comuni e dei Centri Antiviolenza

7.4

D.i.Re tra le organizzazioni non governative del Consiglio

Economico e Sociale delle Nazioni Unite

CAPITOLO 5: Il caso toscano

1

La rete T.O.S.C.A

2

Il quadro normativo toscano

2.1

La violenza contro le donne nel Sistema integrato di interventi

della regione Toscana del 2005

2.2

Legge regionale 16 novembre 2007 numero 59 «Norme

contro la violenza di genere»

2.3

Il Piano Sanitario e Sociale Integrato Regionale 2012-2015

2.3.1

La violenza di genere nel Piano Integrato 2012-2015

3

Il Percorso Assistenziale rivolto alle donne vittime di violenza

nel comune di Pisa

CONCLUSIONI

Bibliografia

(6)
(7)

INTRODUZIONE

L’obiettivo prefissatomi nello svolgimento di questa ricerca è stato quello di provare ad illustrare la natura socio-politica del fenomeno della violenza contro le donne. L’idea di questo elaborato è maturata nel corso del periodo di internship, effettuato da febbraio a luglio 2013, presso il network europeo dei centri antiviolenza Women Against Violence Europe (W.A.V.E) di Vienna.

Nel primo capitolo ho preso in esame il lavoro svolto da Rashida Manjoo durante il suo mandato come Relatrice Speciale delle Nazioni Unite, soffermandomi nell’analisi della «Country Visit», avvenuta in Italia tra il 2011 e 2012, e dalla quale è emerso il report «A/HRC/20/16/Add.2.Report of the Special Rapporteur on violence against women, it’s causes and consequence_Mission to Italy», dove si incoraggia lo Stato italiano ad intraprendere azioni a favore delle donne vittime di violenza. Nello stesso capitolo, al fine di una ricostruzione più precisa, ho illustrato anche l’analisi statistica effettuata nel 2006 dall’I.S.T.A.T. su «La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia», e il «Rapporto Amnesty International 2013» nel quale si denuncia il mancato impegno dell’Italia nell’adozione di misure sistematiche per impedire la violazione dei diritti umani fondamentali.

Nel secondo capitolo sono contenute le varie definizioni, dottrinarie e istituzionali, di «violenza contro le donne», utili a comprendere anche le modalità di rappresentazione mediatica, culturale e politica del fenomeno.

Tramite l’esposizione del documento A/HTC/20/16/Add4 «Report of the Special Rapporteur on violence against women, its causes and consequences, Rashida Manjoo Summery report on the expert group meeting on gender-motivated killing women» mi sono concentrata nella definizione del termine femicide, e nelle sue eccezione anglosassone (femicide) e sud americana (feminicidio). Viene poi riportato il dibattito italiano scaturito dall’adozione del termine «femminicidio».

(8)

In conclusione del capitolo sono messe in evidenza le critiche avanzate nei confronti della «Presunta Sindrome di Alienazione Parentale» (P.A.S), considerata una delle possibili cause del «femminicidio».

Nel terzo capitolo è stata esaminata la normativa italiana in merito alla violenza contro le donne. Sono presentate tutte le disposizioni, dalla nascita del Dipartimento per le Pari Opportunità, la legge 66/99 sulle «Norme contro la violenza sessuale» alla legge 154/2001 sulle «Misure contro la violenza nelle relazioni familiari».

Mi sono soffermata poi nell’analisi della legge 11/2009 sulle «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», convertito in legge il. 23 aprile 2009, n. 38, nota come «legge sullo stalking» approfondendone gli aspetti positivi e negativi.

Ho posto, inoltre, molta attenzione alla normativa più recente, come la ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 27 giugno 2013 n.77, nota come «Convenzione di Istanbul». Questa è da considerarsi come il primo strumento internazionale vincolante e volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza.

Per ultimo, ho analizzato il recente decreto legge, poi convertito in legge nell’agosto 2013, sulle «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», conosciuto come legge sul «femminicidio». Lo studio è stato molto dettagliato, anche in virtù delle numerose critiche che sono state mosse a riguardo dalle associazioni di donne che si occupano di violenza di genere.

Nel quarto capitolo ho approfondito la questione di come i centri antiviolenza si propongono come soggetti attivi nel sistema politico-istituzionale italiano. Questo tema è stato affrontato prendendo in considerazione un case study, quello della associazione «Donne in Rete contro la violenza» (D.i.Re), ponendo la massima attenzione alla storia, agli obiettivi e all’azione politica svolta. L’azione di D.i.Re si contraddistingue per la tutela degli interessi dei centri antiviolenza, esercitando pressione nei confronti della politica a favore di un interesse pubblico (ovvero la

(9)

violenza contro le donne). Questa particolare tipo di tecnica è stata individuata come grass roots o lobbying indiretto, e ne sono stati analizzati i particolari aspetti.

Sono stati evidenziati i rapporti che D.i.Re intraprende con altri network internazionali (per esempio W.A.V.E), cercando di interpretare, per quanto mi è stato possibile, le strutture di queste reti ed il Programma Daphne, finanziato dalla Commissione Europea per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Infine ho riportato le ultime azioni compiute da «Donne in rete contro la violenza» in merito al piano di finanziamento, previsto dalla legge 119/2013, e alla pubblicazione delle linee guida per l'intervento e la costruzione di una rete tra i Servizi sociali dei Comuni e i Centri Antiviolenza, siglate da A.N.C.I e D.i.R.e.

Il quinto e ultimo capitolo ha come oggetto il caso toscano in merito alla violenza contro le donne.

La prima parte è stata dedicata alla descrizione della rete toscana dei centri antiviolenza «T.O.S.C.A», alle disposizioni in merito alle «Politiche per il contrasto della violenza di contro le donne in ambito familiare» contenute all’interno delle «Politiche regionali integrate» nella legge regionale 41/2005 ed infine alla legge regionale 59/2007 sulle «Norme contro la violenza di genere» e quindi alla costruzione di una rete formale di soggetti che si occupano e che intervengono per lavorare in un sistema integrato.

È stato riservato spazio al Piano Sanitario e Sociale Integrato Regionale 2012-2015, ed in particolare all’attenzione posta a riguardo della violenza contro le donne considerata come una tra le possibili cause di perdita della salute. L’ultima parte del capitolo è stata infine rivolta al Percorso Assistenziale rivolto alle donne vittime di violenza nel comune di Pisa, e quindi ad una breve riflessione sul ruolo dell’assistente sociale «come agente di cambiamento».

(10)
(11)

CAPITOLO 1

I REPORTS E LE RACCOMANDAZIONE DI RASHIDA MANJOO

1. Il caso

Era il 25 giugno 2012 quando le maggiori testate dei giornali italiani dedicavano ampio spazio a un argomento che, da quel giorno in poi, sarebbe esploso come una bomba nell'opinione pubblica italiana. Il blog «La 27ora», sezione online de «Il Corriere della Sera», aprì con l'emblematico titolo: «Violenza sulle donne, l'Onu all'Italia: Crimini di Stato, fate di più»1. La metafora della guerra o delle armi impiegate durante gli scontri appare la metafora più adatta per descrivere il fenomeno della violenza, così almeno appare nei blog femministi e femminili, e articoli di giornale e reports ufficiali che ne trattano2.

Il titolo giornalistico sopra citato consente di introdurre il Report delle Nazioni Unite riguardante la violenza sulle donne in Italia, un rapporto che fa parte della Relazione Tematica Annuale sugli omicidi basati sul genere che riguarda tutti i paesi del mondo e

1 http://27esimaora.corriere.it/articolo/la-violenza-sulle-donne-e-invisibilericonoscerla-e-un-diritto-umano/

[consultato il 28 dicembre 2014].

Da questo blog è sorto un libro, intitolato« Questo non è amore», edito da Marsilio. È ben presto divenuto uno dei casi letterari della seconda metà del 2013.

2 http://bollettino-di-guerra.noblogs.org. [consultato il 28 dicembre 2013].

(12)

presentata a New York il 4 Marzo 2013 in occasione della venticinquesima edizione del CSW3.

Autrice delle ricerche alla base del documento è Rashida Manjoo4, Special Rapporteur delle Nazioni Unite in materia di contrasto alla violenza sulle donne, alle sue cause e alle sue conseguenze.

1.2 Lo Steatement

In questo Steatement, è contenuto il lavoro svolto da Rashida Manjoo durante il suo mandato come Relatrice Speciale delle Nazioni Unite.

Il primo report esposto nel 2011 al Human Right Council5 espone i molteplici fattori che si intersecano tra di loro e che possono condurre a forme di discriminazione e di violenza contro le donne.

3 La Commissione sullo status delle donne (di seguito denominato «CSW» o «Commissione») è una commissione funzionale delle Nazioni Unite Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC). È l’organo di direzione politica globale principale dedicato esclusivamente alla parità di genere e la promozione della donna. Ogni anno, i rappresentanti degli Stati membri si riuniscono presso la sede delle Nazioni Unite a New York per valutare i progressi in materia di parità di genere, identificare le sfide, standard globali definiti e formulare politiche concrete per promuovere la parità di genere e l'empowerment delle donne in tutto il mondo. La Commissione è stata istituita con la risoluzione ECOSOC 11 (II) del 21 giugno 1946 con l'obiettivo di preparare raccomandazioni e relazioni al Consiglio sulla promozione dei diritti delle donne in campo politico, economico, civile, sociale ed educativo. La Commissione fa anche raccomandazioni al Consiglio su problemi urgenti che richiedono attenzione

immediata nel campo dei diritti delle donne

.http://www.un.org/womenwatch/daw/csw/index.html#about [consultato il 28 dicembre 2013]. 4 Rashida Manjoo è stata nominata Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le

donne, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel giugno 2009 e ha iniziato le sue

funzioni nel mese di agosto 2009.

http://www.ohchr.org/EN/Issues/Women/SRWomen/Pages/RashidaManjoo.aspx [consultato il 28 dicembre 2013].

5 Il Consiglio dei Diritti Umani è un organismo intergovernativo all'interno del sistema delle Nazioni Unite responsabile per il rafforzamento della promozione e protezione dei diritti umani in tutto il mondo e per affrontare situazioni di violazioni dei diritti umani e di formulare raccomandazioni su loro congeniali Consiglio è composto da 47 Stati gli Stati membri delle Nazioni, che sono eletti dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il Consiglio per i Diritti Umani ha sostituito la vecchia Commissione delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo.

Il Consiglio è stato creato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 marzo 2006 con la delibera 60/251.http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/Pages/AboutCouncil.aspx [consultato il 28 dicembre 2013].

(13)

La violenza della quale si tratta è stata descritta come violenza di natura pubblica poiché diverse volte è perpetrata da o per volere dello Stato. Il fenomeno è infatti spesso stato relegato agli spazi privati della società6, producendone la sua marginalizzazione e aumentandone l’invisibilità, e inducendo così le stesse istituzioni a non dedicarvi tutta l’attenzione necessaria.

Nella relazione si propone invece un approccio olistico7 e si propone l’introduzione di alcune misure, quali:

 Il trattamento dei diritti universali come interdipendenti e indivisibili.

 Considerare la violenza sulle donne come un «continuum» che si estende sia a livello interpersonale che strutturale.

 La discriminazione strutturale produce disuguaglianze strutturali e istituzionali.  La necessità di condurre analisi sociali sulle gerarchie economiche tra le donne,

tra donne e uomini, intragender e inter-gender.

Sempre nel 2011 Rashida Manjoo ha presentato all'Assemblea Generale8 una relazione sul lavoro svolto durante il proprio mandato, sui principali risultati ottenuti e sulle sfide che restano aperte. In questo rapporto, sottolinea l'importanza degli sforzi che lo Stato

6 In merito alla marginalizzazione della donna negli spazi privati della società è opportuno fare

riferimento ad alcuni contributi contenuti nel saggio di Anne Stevens.

Il primo apporto a cui bisogna fare riferimento è lo schema della distinzione tra le sfere pubbliche e quelle private. La prima si riconduce all’apparato statale e alla produzione pubblica, nella seconda, invece, si fa riferimento alla produzione/riproduzione privata e alla famiglia. Queste due sfere sono connesse tramite un’ulteriore sfera intermedia, nella quale fanno parte le organizzazioni sociali, i mass media e la vita culturale. Brian Turn afferma a tal proposito che nella società in cui viviamo l’enfasi del successo, merito e autorealizzazione fanno parte solo della sfera pubblica. Il conforto personale e il riposo vengono invece riferite alla sfera privata. I paradossi che derivano da questa suddivisione tra pubblico e privato vengono messi in luce da Walby e Siim: il privato non può essere equiparato alla famiglia, dato che per le donne lo spazio domestico è al medesimo tempo luogo di cura e luogo di oppressione e dipendenza.

Anne Stevens, Donne, potere, politica, Bologna, il Mulino, p 54-55.

7

L’utilizzo dell’ approccio olistico indica la necessità di combattere il fenomeno della violenza contro le donne avvalendosi di tutte le strategie possibili, attivando collaborazioni tra organi istituzionali e non.

8 L'Assemblea Generale (GA) è il principale deliberativo, politiche e organo rappresentativo delle Nazioni Unite. Le decisioni su questioni importanti, come quelle sulla pace e la sicurezza, l'ammissione di nuovi membri e questioni di bilancio, richiedono una maggioranza dei due terzi. Le decisioni su altre questioni sono a maggioranza semplice. Ogni paese ha un voto.

(14)

deve compiere per rispettare i propri obblighi e affrontare le cause strutturali che portano alla violenza contro le donne, impegnandosi a esaminare i vari tipi di manifestazione della violenza contro le donne e i molteplici tipi di discriminazioni che queste incontrano.

La relatrice ha auspicato inoltre che gli Stati adottino strategie mirate per combattere questo tipo di violenza in modo efficace.

L'anno successivo, la relatrice ha presentato un nuovo report al cospetto del Consiglio dei Diritti Umani, dedicato al tema dell'uccisione di genere delle donne.

La prevalenza di diverse manifestazioni di omicidi legati al genere ha raggiunto proporzioni allarmanti e si ricorda che le donne sono sottoposte in maniera continua a forme di violenza e di discriminazioni basate sul genere (genderbased).

Si evidenzia la responsabilità dello Stato e la necessità che quest'ultimo agisca con la dovuta diligenza nella promozione e tutela delle donne. Infatti le discriminazioni e la violenza che si riflette negli omicidi di genere devono essere intese anche come risultati di fattori istituzionali, strutturali e interpersonali.

La comprensione di questo tipo di delitto deve tenere conto dei contesti politici, sociali ed economici entro i quali questo si svolge.

Si aggiunge poi un altro problema globale: l'impunità per le uccisioni di donne e la normalizzazione dei comportamenti violenti.

Si ritiene che gli Stati debbano impegnarsi al fine di:

 Condurre indagini efficaci per il perseguimento del delitto e la sua sanzione sia nella sfera pubblica sia in quella privata.

 Introdurre garanzie «de jure» e «de facto» a livello giudiziario.

 Assicurare un trattamento rispettoso e dignitoso nei confronti delle donne vittime e dei loro familiare durante tutto il processo legale.

 Individuare gruppi di donne soggette a rischi maggiori di subire atti di violenza (per esempio donne appartenenti a determinati gruppi etnici, razziali o minoranze).

(15)

eliminare pregiudizi e altre pratiche basate sull'idea di inferiorità o superiorità di uno dei due sessi, ed abbattere la stereotipizzazione di ruoli nei confronti di donne e uomini.

Ancora nel 2012, Rashida Manjoo ha presentato all'Assemblea Generale la sua relazione sulla questione della violenza contro le donne disabili. Nella relazione esaminava i diversi modi di manifestarsi, le cause e le conseguenze della violenza contro le donne con disabilità.

Le persone disabili sono soggette maggiore rischio di subire violenze, di più lunga durata e di soffrire lesioni molto gravi. Le forme di violenza nei confronti delle donne disabili sono molteplici, quali l'assunzione forzata di psicofarmaci o trattamenti psichiatrici forzati.

Le buone pratiche che si raccomandano sono quelle di sostegno e potenziamento sia a livello di empowerment9, sia a livello dei servizi di salute-cura volti a adottare provvedimenti di natura conoscitiva per le questioni legate alla salute sessuale e riproduttiva.

Lo Stato deve inoltre sviluppare materiale di formazione e informazione in materia di prevenzione in tutti i settori, e non solo in quello medico.

Sempre in questo Steatment, la relatrice delle Nazioni Unite riporta l’esito delle cosiddette «Country Visit». Si tratta cioè di vere e proprie visite effettuate nel periodo 2011-2012, durante le quali Rashida Manjoo si è recata nei vari paesi per esaminare la realtà della situazione riguardo la violenza contro le donne.

I paesi visitati sono stati molti compresa l’Italia, classificata con il codice A/HRC/20/16/Add.2.

Cercherò di cogliere i punti più importanti del report dedicato al caso italiano10 e presentato Ginevra il 25 giugno 2012.

9 Processo attraverso il quale, le persone o i gruppi, attuano un processo di crescita rafforzando le

proprie capacità e autodeterminazione, tramite il proprio potenziale, per organizzare al meglio la propria vita.

10 http://www.ohchr.org/EN/Issues/Women/SRWomen/Pages/CountryVisits.aspx [consultato il 28 dicembre 2013].

(16)

2. Il rapporto A/HRC/20/16/Add.2

Il 15 giugno 2006 l'Assemblea Generale e il Consiglio Diritti Umani nella sua ventesima sessione, Agenda Item 3, sezione Promozione e protezione di tutti i diritti umani, civili e politici, economici, sociali e culturali incluso il diritto allo sviluppo pubblica il «Rapporto della Special Rapporteur sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze» di Rashida Manjoo.

Come si evince dal sommario è subito chiara la mission della Special Rapporteur, ovvero rendere noti i risultati sulla violenza contro le donne emersi dalla visita in Italia effettuata dal 15 al 26 gennaio 2012, analizzando sia le cause del fenomeno, sia le conseguenze che ne derivano.

Manjoo inoltre analizza la risposta da parte dello Stato italiano nella prevenzione di tale violenza e lo incoraggia a intraprendere azioni di protezione a favore delle donne, promuovere e fornire mezzi di ricorso legali alle donne che abbiano subito tale violenza, incentivando azioni per perseguire e punire gli autori del delitto11.

L’obiettivo della visita si è articolare con l’esame di situazioni di violenza perpetrata contro le donne in quattro ambiti e contesti principali:

 Casa.  Comunità.

 Violenza perpetrata o condonata dallo Stato.  Violenza nel contesto transnazionale.

I tipi di violenza esaminati durante questa visita hanno avuto oggetto:  Violenza Domestica.

 Femminicidio.

 Violenza contro le donne vittime di forme multiple di discriminazione, comprese donne Rom, Sinti e migranti, donne detenute, donne disabili e

(17)

transgender.

La visita ha toccato diverse città quali Roma, Milano, Bologna e Napoli. E vi sono state consultazioni con alti funzionari dei Ministeri degli Interni, della Difesa, della Giustizia, del Lavoro; delle Politiche Sociali e delle Pari Opportunità, della Sanità, dell’Istruzione, della Cooperazione Internazionale, della Integrazione, oltre che i funzionari dell'Ufficio Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, con i funzionari della Commissione Straordinaria Diritti Umani del Senato e del Comitato Interministeriale dei Diritti Umani, e poi con l'Istituto Nazionale di Statistica e l'Istituto Nazionale di Economia Agraria. Gli incontri sono avvenuti anche con i Presidenti del Tribunale per i Minorenni e della Corte di Cassazione, i rappresentanti del Tribunale per i minorenni di Roma e del Tribunale di Roma e i membri dei Dipartimenti degli Affari giudiziari e dell’Amministrazione Penitenziaria, così come della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri.

Ha fatto visita al servizio di assistenza antiviolenza del Pronto Soccorso dell’Ospedale San Camillo di Roma, così come negli altri centri e rifugi antiviolenza a Roma e Imola ed ha incontrato rappresentanti di organizzazioni della società civile delle città sopra elencate.

L’ispezione ha incluso anche visite al centro immigrazione di Ponte Galeria, Roma; al carcere di Rebibbia, l'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere; all’Istituto Penale per Minorenni di Nisida, e alla Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli, Napoli. Manjoo ha inoltre visitato un insediamento autorizzato per la comunità Rom e Sinti a Roma e ha partecipato a un evento pubblico sulla violenza contro le donne organizzato dall'Università degli Studi di Milano-Bicocca12.

Il report apre con l'analisi del contesto economico e politico italiano e le sue implicazioni per i diritti delle donne. Quindi, con l'aiuto dei dati ISTAT, si evince che la popolazione italiana è caratterizzata da un aumento della popolazione anziana a causa dei bassi tassi di natalità e l'aumento di aspettativa della vita. La popolazione è equamente divisa tra donne e uomini.

(18)

La percentuale di migranti in Italia è aumentata rispetto al 2010 a seguito della nascita della seconda generazione di migranti. Gli stranieri sono distribuiti in modo diseguale all'interno del paese con una maggiore presenza concentrata al nord e al centro del Paese.

La maggior parte dell'emigrazione proviene da Ucraina, Marocco, Repubblica di Moldavia, Cina, Bangladesh, India, Egitto, Senegal, Albania e Pakistan, costituiscono il 7,4 % della popolazione. Le donne rappresentano circa la metà di tutti i migranti residenti in Italia. Le fonti per calcolare Rom, Sinti e Camminanti sono diverse, ma si stima che rappresentino lo 0,2 % della popolazione. Circa la metà di tutti i Rom e Sinti che vivono in Italia sono cittadini italiani.

Quando Rashida Manjoo è venuta in visita nel nostro paese, l'Italia era governata da un governo tecnico, il «Governo Monti».

Per quanto concerne la condizione generale delle donne all'interno della società, la relatrice speciale apre affermando che gli stereotipi di genere, che predeterminano i ruoli di uomini e donne nella società, sono profondamente radicati.

Le donne portano un peso maggiore in termini di attività di cura e lavori domestici, mentre il contributo degli uomini in quest’ambito è tra i più bassi nel mondo.

Per quanto riguarda la rappresentazione femminile nei media, nel 2006, più delle metà delle donne apparse in televisione non parlava, mentre il restante era associato a temi quali il sesso, la moda e la bellezza e solo una minima parte a questioni di impegno sociale e professionale13.

Analizzando l'argomento donne-occupazione, le donne sono sottorappresentate nell’ambito dell’impiego pubblico e privato, a livello nazionale, regionale e locale. Le alte posizioni manageriali in entrambi i settori, pubblico e privato, sono ancora dominate dagli uomini, anche nei luoghi di lavoro dove le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro.

(19)

Vi sono significative differenze regionali nel tasso di disoccupazione con tassi bassi a nord ed alti nel sud. Le donne e i giovani hanno tassi di disoccupazione più alti rispetto agli uomini.

Quanto alle donne affette da disabilità, appaiono svantaggiate sia per quanto riguarda l'accesso all'occupazione che per quanto riguarda il reddito. Le donne migranti hanno otto volte più probabilità di essere impiegate in un lavoro poco qualificato delle loro omologhe italiane. Le manifestazioni di violenza contro le donne e le bambine si possono suddividere in grandi gruppi.

Il primo riguarda la violenza domestica che nel nostro Paese, secondo le stime pubblicate da questo report, arrivano a toccare il 78%. Questo tipo di violenza appare essere la forma più diffusa.

La violenza domestica nella sfera privata rimane in gran parte invisibile e sotto-denunciata.

La special rapporteur è stata informata dei casi di violenza domestica portati dinanzi ai giudici che sono caduti in prescrizione, a causa di lunghi ritardi nel completamento dei processi.

Altri atti di violenza contro le donne appaiono perpetuati grazie alla tendenza di ricorrere al regime di affidamento condiviso dei figli dopo lo scioglimento delle unioni. Come risultato di questa situazione, alle donne divorziate o separate che hanno subito violenza domestica in alcuni casi può essere richiesto di mantenere stretti contatti con l'autore del crimine per poter assicurare l’educazione dei figli.

Questo argomento di carattere giuridico verrà descritto nel prossimo capitolo facendo riferimento alla cosidetta «P.A.S», acronimo di « Sindrome di Alienazione Genitoriale» Il secondo gruppo di analisi è quello riguardante il femminicidio. Dal rapporto emerge che dall'inizio degli anni novanta il numero delle donne uccise da uomini è aumentato. Nonostante l'opinione comune che tali crimini siano commessi da uomini stranieri, i dati confermano che più della metà degli autori di femminicidio sono italiani e nella maggior dei casi questi erano partner o ex partner. Vengono anche prese in considerazioni alcune cause diffuse che portano al femminicidio quali la separazione di

(20)

una coppia, il conflitto all'interno della relazione, l’onore, la disoccupazione maschile e la gelosia.

Questi fattori spesso si sovrappongono, coesistono e si collegano tra loro alimentando il movente che poi porterà all'omicidio della donna.

Per quanto riguarda la violenza contro le donne Rom e Sinti, la special rapporteur ha visitato un insediamento autorizzato per Rom e Sinti a Roma, originariamente costruito per ospitare 800 persone ma che al momento della visita ne ospitava 1200. Ha rilevato situazioni di estrema precarietà: dalla mancanza di un alloggio adeguato per le famiglie di grandi dimensioni, a condizioni idriche e igienico-sanitarie insalubri, a infrastrutture di riscaldamento ed elettriche limitate e insufficienti. Il campo è isolato dal resto della società italiana, mentre un generale pregiudizio sociale appare riflesso anche nei media televisivi e a stampa. In media le donne Rom non denunciano le violenze subite alla polizia. Un sondaggio rivela che il 26 per cento delle donne Rom intervistate ha riferito di aver subito abusi da parte della polizia, inclusi la violenza fisica, trattamenti degradanti, commenti razzisti e molestie sessuali.

La maggior parte delle donne all'interno di questa comunità non può inoltre accedere facilmente al mercato del lavoro a causa sia dei pregiudizi discriminatori, sia in presenza di cause strutturali quali il basso livello o la mancanza di istruzione e di formazione professionale, e spesso, il divieto da parte dei propri coniugi di dedicarsi ad attività extradomestiche.

Passando poi al tema della violenza contro le donne migranti, e che si trovino in situazione irregolare, appaiono vittime di molteplici forme di discriminazione, ulteriormente amplificate dal pacchetto sicurezza noto come «legge Bossi-Fini». La paura di essere arrestate ed espulse agisce come un ostacolo alla denuncia portando ad una continua ri-vittimizzazione della donna. Le leggi del pacchetto sicurezza hanno anche un impatto sulle donne migranti che si trovano in Italia a seguito del ricongiungimento familiare.

La legislazione sull’immigrazione prevede la possibilità di rilasciare permessi di soggiorno per motivi di protezione sociale alle donne vittime di tratta e sfruttamento, in

(21)

seguito a una dichiarazione del loro status e al completamento dei programmi di assistenza richiesti14.

In termini occupazionali la maggior parte delle donne immigrate sono impiegate come badanti/lavoratrici domestiche in case private. Il lavoro di queste dipendenti compensa le carenze del sistema di welfare pubblico italiano.

Quanto alla condizione delle donne nelle strutture di detenzione rappresentano il quattro per cento della popolazione carceraria complessiva, e il cinquanta per cento di esse sono straniere. In generale, i reati per i quali vengono accusate o condannate sono caratterizzati come reati di povertà, con un basso livello di pericolosità per la società. Le condizioni di sovraffollamento e insalubrità sono un problema individuato durante le visite. Questo è un potenziale rischio di sicurezza sia per i pazienti che per il personale. Infatti l'Italia è stata sanzionata nel maggio 2013 dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha esortato il nostro paese ha trovare una soluzione al problema del sovraffollamento.

Per quanto concerne le donne affette da disabilità, sono risultate più esposte alla violenza fisica e sessuale sia in contesti domestici che negli istituti.

Qual è la risposta dello Stato italiano per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne?

L'Italia ha adottato una serie di strumenti internazionali e regionali sui diritti umani tra cui: la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne e il suo Protocollo Opzionale, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, il Protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale, la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e il suo Protocollo n. 12 in materia di non discriminazione.

14 Decreto Legislativo 286/1998 sull’immigrazione, articolo 18; Legge 228/2003 art. 13.

(22)

A livello nazionale, la Costituzione garantisce i diritti umani per tutti e stabilisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione e opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Per quanto riguarda le precise disposizioni riguardanti la violenza contro le donne è da premettere che il quadro giuridico italiano si è evoluto nel tempo. Si prenderà in esame più avanti l'evoluzione giurisprudenziale avvenuta su questo tema.

In merito ai Servizi di supporto per le donne vittime di violenza è parso rilevante da parte delle organizzazioni della società civile che gestiscono rifugi e centri d’ascolto antiviolenza. Servizi quali l’assistenza legale, sociale, psicologica ed economica alle vittime riescono a essere assicurati nonostante la limitata disponibilità di risorse destinate a queste attività.

Quali sono apparse in conclusioni, le sfide principali da affrontare, quali le raccomandazioni?15

Affinché l’approccio di tipo olistico, prima menzionato, possa essere utilizzato per contrastare la violenza sulle donne, il Governo è esortato ad eseguire i diversi punti:

 Istituire una specifica struttura governativa dedicata a trattare esclusivamente la questione del raggiungimento dell'uguaglianza sostanziale e in particolare la violenza contro le donne;

 Accelerare la creazione di un'istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, con una sezione dedicata ai diritti delle donne;

 Adottare una legge specifica sulla violenza contro le donne per affrontare l'attuale frammentazione che si verifica nell’applicazione pratica, a causa dell'interpretazione e dell'attuazione delle disposizioni civili, penali e delle relative procedure;

 Affrontare il vuoto normativo in materia di affidamento dei minori, aggiungendo disposizioni significative per la protezione delle donne vittime di violenza domestica;

 Provvedere istruzione e formazione per rafforzare le competenze dei giudici per

15

(23)

affrontare in modo efficace i casi di violenza contro le donne;

 Assicurare che sia previsto il patrocinio, qualificato e a spese dello Stato, per le donne vittime di violenza, secondo quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge n. 154/2001 relativa alle misure contro la violenza nelle relazioni familiari16;

 Promuovere l’utilizzo delle esistenti misure cautelari alternative alla detenzione, degli arresti domiciliari e di carceri a bassa sicurezza per le donne con figli minori, tenuto conto che per lo più si tratta di reati che non sono di violenza nei confronti della persona e tenuto conto dell’interesse preminente del minore;  Adottare una politica di genere, sostenibile e di lungo termine per l'inclusione

sociale e l’empowerment delle comunità più marginalizzate, con un focus particolare sulla salute delle donne, l’educazione, il lavoro e la sicurezza;

 Garantire il coinvolgimento dei rappresentanti di queste comunità, in particolare delle donne, nella fase di progettazione, sviluppo e attuazione delle politiche che hanno una ricaduta su di loro;

 Garantire un’istruzione di qualità per tutti nel tempo, anche attraverso un'applicazione flessibile del limite del trenta per cento di alunni non italiani per classe, rendendo possibile che le scuole siano inclusive anche in luoghi in cui la popolazione di non-italiani è particolarmente alta;

 Modificare le norme contenute nel Pacchetto sicurezza in generale, e il reato di immigrazione irregolare in particolare, per garantire alle donne migranti irregolarmente presenti sul territorio di potersi recare dalle forze dell’ordine e trovare accesso alla giustizia senza la paura di essere detenute o espulse;

 Affrontare le disparità di genere esistenti nei settori privato e pubblico implementando in modo efficace le misure contemplate dalla Costituzione, dalle leggi e dalle politiche per aumentare il numero delle donne, anche appartenenti a

16 La legge n154/2001«Misure contro la violenza nelle relazioni familiare» è diretta a tutti quei soggetti, che nell’ambito del nucleo familiare subiscono sottomissioni e violenze, non solo fisiche ma anche morali quali, minacce, intimidazioni, pressioni. Il soggetto può richiede e ottenere che vengano applicate specifiche misure cautelari in ambito civile e penale.

(24)

gruppi marginalizzati, presenti nella sfera politica, economica, sociale, culturale e giudiziaria;

 Continuare a rimuovere gli ostacoli legali che incidono sull'occupazione femminile, situazione che risulta esacerbata per via della pratica delle dimissioni in bianco, sottomansionamento e del divario salariale. Rafforzare il sistema di previdenza/ welfare sociale rimuovendo gli impedimenti all'integrazione delle donne nel mercato del lavoro;

 Ratificare e attuare la Convenzione dell'Aja concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori; la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie; la Convenzione ILO n. 189 (2011) sulle condizioni di lavoro dignitose per le lavoratrici ed i lavoratori domestici; la Convenzione Europea per il risarcimento delle vittime di crimini violenti e la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e violenza domestica.

Per quanto riguarda le iniziative di sensibilizzazione e per favorire cambi sociali, il Governo italiano dovrebbe anche:

 Proseguire con campagne di sensibilizzazione volte a eliminare atteggiamenti stereotipati circa i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini nella famiglia, nella società e nell’ambiente di lavoro;

 Rafforzare la capacità dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale per porre in essere programmi rivolti a cambiare la percezione delle donne che appartengono a comunità e gruppi marginalizzati da parte della società; continuare a condurre campagne di sensibilizzazione specifiche, che prevedano la partecipazione della società civile, per aumentare la consapevolezza sul tema della violenza contro le donne in generale ed in particolare quella sulle donne appartenenti a gruppi marginalizzati;

(25)

contro le donne, al fine di ottenere una rappresentazione non stereotipata delle donne e degli uomini nei media nazionali.

Per i Servizi di supporto il Governo dovrebbe ulteriormente:

 Continuare a prendere le misure necessarie, incluse le misure finanziarie, per mantenere l'esistente, ovvero per la costituzione di nuove case rifugio e centri antiviolenza per l'assistenza e la protezione delle donne vittime di violenza  Assicurare che le case rifugio agiscano in conformità agli standard

internazionali e nazionali in materia di diritti umani e che vengano creati

meccanismi di accreditamento per monitorare il supporto fornito alle donne vittime di violenza;

 Migliorare il coordinamento e lo scambio di informazioni tra la magistratura, le forze dell’ordine, gli psicologi, gli operatori sociali e sanitari che si occupano di violenza contro le donne;

 Riconoscere, incoraggiare e sostenere i partenariati pubblico-privato tra

organizzazioni della società civile e istituti per la formazione superiore, al fine di condurre ricerche e individuare risposte adeguate per il contrasto alla violenza sulle donne;

Per quanto concerne le Statistiche e raccolta dei dati, il Governo dovrebbe:

 Rafforzare, anche attraverso lo stanziamento di fondi consistenti, la capacità dell'ISTAT al fine di istituire un sistema di regolare raccolta e analisi dei dati, attraverso parametri standardizzati, disaggregandoli in base alle caratteristiche più rilevanti al fine di capire l’entità, le tendenze e le manifestazioni della violenza sulle donne;

 Assicurare che nella raccolta di tali informazioni, l’ISTAT collabori

regolarmente con le istituzioni e organizzazioni che già lavorano alla raccolta dei dati sulla violenza contro le donne - tra cui le forze dell’ordine, i tribunali e la società civile.

(26)

3 I dati di Amnesty International e dell' Istat

Il report italiano redatto dalla relatrice speciale è il risultato di un'analisi statistica effettuata dall'ISTAT. In merito ai dati ISTAT è opportuno evidenziare come gli unici elementi a disposizione in materia siano quelli del 200617, quando fu effettuata una ricerca dal titolo: «La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia».

Il campione preso in considerazione comprendeva 25mila donne tra i 16 e 70 anni su tutto il territorio nazionale, intervistate telefonicamente. Questa indagine ha preso in considerazione tre diversi tipi di violenza: fisica, sessuale e psicologica (sia dentro il nucleo familiare che fuori).

Per quanto riguarda la violenza fisica si è fatto riferimento sia a forme più lievi, per esempio essere spinta, sia a quelle più gravi (minaccia con armi).

Per violenza sessuale si sono prese in esame tutte le situazioni in cui la donna è apparsa costretta a subire, contro la propria volontà, atti sessuali.

Per violenza psicologica, invece, si è fatto riferimento al controllo effettuato da parte degli uomini rispetto ai possibili stili di vita della donna.

I principali risultati della ricerca sono stati i seguenti:

 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età considerata).

 5 milioni di donne hanno subito violenze sessuali (23,7%).  3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%).

 Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (4,8%).

 14,3% delle donne con un rapporto di coppia attuale o precedente ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner, se si considerano solo le donne con un ex partner la percentuale arriva al 17,3%.

 Il 24,7% delle donne ha subito violenze da un uomo estraneo alla propria

(27)

famiglia.

 la violenza fisica è più di frequentemente opera dei partner (12% contro 9,8%). Da questi dati si evince l'importanza della visita di Rashida Manjoo per la pubblicizzazione di questo fenomeno, ma soprattutto l'arretratezza dei dati istituzionali dei quali possiamo disporre.

Visto la difficoltà a livello statistico di esaminare la violenza contro le donne cercherò nel prossimo capitolo di descrivere, tramite definizioni ufficiali, questa forma di violenza.

È però interessante fare riferimento anche ad altre tipologie di raccolta di dati che permettono, a mio avviso, di riconoscere il carattere drammatico quanto peculiare del fenomeno sulla violenza contro le donne.

A questo proposito utilizzerò il rapporto del 2012 e del 2013 di Amnesty International. Per quanto riguarda le schede della situazione italiana in merito alla violenza sulle donne è opportuno segnalare che nel report 2012 non vi era un riferimento esplicito sulla violenza contro le donne (forse perchè non era ancora avvenuta la visita ufficiale di Rashida Manjoo in Italia?). Questo, a mio avviso, evidenzia quanto il A/HRC/20/16/Add.2 abbia influito nella sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dell'agenda istituzionale sull'argomento della violenza contro le donne nel nostro paese. Nel report del 2012 l'unico riferimento fu quello contento nella sezione Vaglio Internazionale, ed è il seguente: «A luglio, il Comitato Cedaw ha reso pubbliche le proprie osservazioni conclusive, sollecitando l’Italia, tra le varie cose, a introdurre politiche per superare la rappresentazione delle donne come oggetti sessuali e per mettere in discussione gli stereotipi sul ruolo di uomini e donne nella società e nella famiglia»18.

I temi analizzati sono stati19:

 Vaglio Internazionale: Alcuni organismi internazionali hanno criticato il modo in cui l’Italia ha trattato rom, musulmani, migranti, richiedenti asilo e rifugiati.

18 http://rapportoannuale.amnesty.it/2012/italia [consultato il 9 gennaio 2014].

(28)

 Discriminazione: sono stati denunciati gravi episodi di violenza razzista che hanno colpito persone sulla base dell'orientamento sessuale, appartenenza etnica o religiosa.

 Rifugiati, richiedenti asilo, migranti: la riposta delle autorità è stata carente e ha determinato la violazione dei diritti umani di richiedenti asilo, di migranti e rifugiati.

 Controterrorismo e sicurezza: il ricorso del Governo alle leggi antiterrorismo ha continuato ad essere motivo di preoccupazione.

 Tortura e altri maltrattamenti: Non sono cessate le denunce di maltrattamenti commessi da funzionari delle forze di polizia.

I Delegati di Amnesty International hanno visitato l’Italia a marzo, aprile, luglio e novembre 2011.

Per quanto riguarda il report di Amnesty International 201320, il riferimento alla violenza contro le donne ottiene uno spazio dedicato. Secondo il rapporto «La violenza contro le donne è rimasta diffusa e nel 2012 sono stati registrati circa 122 casi di omicidio. A giugno, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne rilevava che, malgrado i miglioramenti nella legislazione e nelle politiche, il numero di omicidi non era diminuito. Tra le sue raccomandazioni c’erano: la creazione di un’istituzione nazionale indipendente per i diritti umani con una sezione dedicata ai diritti delle donne, l’approvazione di una legge sulla violenza contro le donne e la modifica del reato d’immigrazione irregolare per garantire accesso alla giustizia alle donne migranti in situazione d’irregolarità»21

.

I temi analizzati da questo report sono i medesimi analizzati nella versione 2012, con l'aggiunta della sezione «Violenza contro le donne e ragazze» e «tortura e altri maltrattamenti».

I Delegati di Amnesty International hanno visitato l’Italia a marzo, aprile, giugno, settembre, novembre e dicembre 2012. Secondo Amnesty International l'Italia non ha

20 http://rapportoannuale.amnesty.it/2013/italia [consultato il 9 gennaio 2014]. 21 http://rapportoannuale.amnesty.it/2013/italia [consultato il 9 gennaio 2014].

(29)

ancora adottato misure sistematiche per impedire la violazione dei diritti umani fondamentali.

(30)

CAPITOLO 2

ALCUNE DEFINIZIONI

In questo capitolo cercherò di fornire alcune definizioni riguardante il fenomeno della violenza contro le donne.

1 La violenza contro le donne.

Innanzitutto è bene concepire questa definizione come il risultato di un processo storico sociale e legislativo.

Nel 1993 la «Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne» presentata all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, all'articolo 1 identifica la violenza contro le donne come: «ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata».

Nel secondo articolo della stessa Dichiarazione si specifica che la violenza contro le donne dovrà comprendere ma non limitarsi a quanto segue22: la violenza fisica, sessuale e psicologica che avviene in famiglia, incluse le percosse, l'abuso sessuale delle bambine nel luogo domestico, la violenza legata alla dote, lo stupro da parte del marito, le mutilazioni genitali femminili e altre pratiche tradizionali dannose per le donne, la violenza non maritale e la violenza legata allo sfruttamento:

22 http://www.ohchr.org/Documents/ProfessionalInterest/eliminationvaw.pdf [consultato il 16febbraio2014].

(31)

2. La violenza fisica, sessuale e psicologica perpetrata all'interno della comunità nel suo complesso, incluso lo stupro, l'abuso sessuale e l'intimidazione sul posto di lavoro, negli istituti educativi e altrove, i traffico delle donne e la prostituzione forzata.

3. La violenza fisica, sessuale e psicologica perpetrata dallo Stato, ovunque essa accada.

Ancora nell'articolo 3 si sottolinea che «le donne hanno il diritto ad un uguale godimento e garanzia di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in ogni altro campo». Questi diritti includono tra l'altro:23

 Il diritto alla vita.

 Il diritto all'uguaglianza.

 Il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona.  Il diritto ad una uguale protezione di fronte alla legge.  Il diritto di essere libere da tutte le forme di discriminazione.

 Il diritto al più alto standard raggiungibile di salute fisica e mentale.  Il diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli.

 Il diritto a non essere sottoposte a tortura o ad altri trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti.

Per descrivere in maniera organica questa definizione, già piuttosto chiara, della violenza contro le donne è necessario soffermarsi su alcuni commi (lettere) dell'articolo 4 di questa Dichiarazione.

Nell'articolo 4 si cita espressamente che: «Gli stati dovrebbero condannare la violenza contro le donne e non dovrebbero appellarsi ad alcuna consuetudine, tradizione o considerazione religiosa al fine di non ottemperare alle loro obbligazioni quanto alla sua eliminazione. Gli Stati dovrebbero perseguire con tutti i mezzi appropriati e senza indugio una politica di eliminazione della violenza contro le donne».24

23 http://www.ohchr.org/Documents/ProfessionalInterest/eliminationvaw.pdf [consultato il 16febbraio2014].

(32)

Alle lettere o, p, q si riconosce quanto segue25:

o) L'importante ruolo svolto dal movimento delle donne e delle organizzazioni non governative di tutto il mondo nell'accrescere la consapevolezza e nell'alleviare il problema della violenza contro le donne.

p) Facilitare ed aumentare il lavoro del movimento delle donne e delle organizzazioni non governative e cooperare con esse a livello locale, nazionale e regionale.

q) Incoraggiare le organizzazioni regionali intergovernative di cui sono membri ad includere l'eliminazione della violenza contro le donne nei loro programmi, nei modi appropriati.

A tale riguardo bisogna fare riferimento alla Conferenza di Vienna avvenuta nel 1992, quindi poco prima dalla Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne. A questa conferenza hanno partecipato le organizzazioni non governative di donne che hanno avuto la possibilità di inserire nell'agenda una serie di punti dedicati alla questione dei diritti delle donne26.

Nella parte prima del paragrafo 18 si concepiscono i diritti delle donne e delle bambine come parte «inalienabile, integrale e indivisibile»27 dei diritti umani universali. Gli obiettivi prioritari della comunità internazionale devono riguardare «la piena ed uguale partecipazione delle donne nella vita politica, civile, economica, sociale, a livello nazionale, regionale,internazionale e l'eliminazione radicale di tutte le dorme di discriminazione basate sul sesso»28.

Sempre nello stesso paragrafo si dichiara che tutte le forme di violenza contro le donne definite come «incompatibili con la dignità e il valore della persona umana»29 devono essere eliminate tramite l'utilizzo di strumenti legislativi di tipo nazionale e la cooperazione internazionale sia nelle materie di sviluppo socio economico, sia in quelle che riguardano la salute e i servizi sociali.

16febbraio2014]. 25 Ibidem.

26 http://www.onuitalia.it/diritti/donne11.html [consultato il 16febbraio 2014]. 27 Ibidem.

28 Ibidem.

(33)

Per avere una corretta visione della violenza contro le donne è opportuno fare riferimento al paragrafo 44, ove le ONG auspicano che i diritti umani delle donne abbiano un ruolo importante nella Conferenza di Pechino che avvierà i lavori nel 1995. Nella suddetta dichiarazione si fa esplicitamente riferimento alla violenza contro le donne nella sezione «D». L'articolo 112 enuncia che «la violenza contro le donne è un ostacolo al raggiungimento degli obbiettivi dell'uguaglianza, dello sviluppo e della pace. La violenza contro le donne viola, indebolisce o annulla il godimento da parte delle donne dei diritti umani e libertà fondamentali. Il costante fallimento dell'azione di protezione e promozione di tali diritti e libertà nel caso della violenza contro le donne, è materia di grave preoccupazione in tutti gli Stati e deve essere affrontato. […] In tutte le società in misura maggiore o minore, le donne e le bambine sono soggette a violenza fisica, psicologica o sessuale secondo schemi che superano le barriere di reddito, classe sociale e cultura. La condizione sociale delle donne e le loro condizioni economiche di dipendenza possono essere sia una causa sia una conseguenza delle violenza contro le donne»30.

Alla definizione violenza contro le donne proposta nel 1993, l'articolo 113 della Conferenza Mondiale di Pechino ha incluso anche le percosse, il prossenetismo e la prostituzione forzata, la violenza extraconiugale e la violenza derivante dallo sfruttamento. Inoltre alla lettera C di questo articolo si evince che l'espressione violenza contro le donne significa «violenza fisica, sessuale o psicologica perpetrata e tollerata dallo Stato, ovunque essa si verifichi»31. Nella dichiarazione del 1993 il carattere della «tolleranza statale» verso questo tipo di violenza non era stato preso in considerazione. All'articolo 114e 115 si fa riferimento alla violenza contro le donne sia durante conflitti armati, omicidi e stupri sistematici, schiavitù sessuale, gravidanza forzata, e sia nei casi di sterilizzazione forzata, aborto forzato, uso coercitivo di mezzi anticoncezionali, la selezione prenatale del sesso e l'infanticidio della figlia.

30 I Diritti delle Donne sono diritti umani. La Conferenza di Pechino del 1995 e il Pechino +5, Roma, Istituto poligrafico della Zecca dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2003.

(34)

L'articolo più interessante, a mio avviso, è il numero 118 nel quale si indica la violenza contro le donne come «una manifestazione dei rapporti di forza storicamente inuguali tra gli uomini e le donne, che hanno condotto alla dominazione sulle donne e alla discriminazione da parte degli uomini e costituisce ostacolo al pieno progresso delle donne». I fattori culturali (educativi, sociali mediatici), la pressione sociale , la difficoltà o certe volte la mancanza di accesso alle informazioni legali, l'assenza di leggi di tutela, e gli sforzi inadeguati sono infatti cause che contribuiscono alla «perdurante presenza di tale violenza»32.

2 Il report A/HRC/20/16/Add.4

Userò il report A/HRC/20/16/Add.433 «Rapporto della Relatrice Speciale, Rashida Manjoo, sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze. Riassunto del rapporto dell'incontro del gruppo di esperti sulla uccisione delle donne con motivazione di genere» per descrivere alcuni fenomeni che riguardano la violenza contro le donne. Questo rapporto è stato presentato il 16 maggio 2012 presso il Consiglio dei Diritti Umani nella ventesima sessione de «La promozione e tutela di tutti i diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali, compreso il diritto allo sviluppo».

Attraverso questa presentazione Rashida Manjoo (la relatrice speciale sulla violenza contro le donne delle Nazioni Unite), riferisce la sintesi della avvenuta riunione del gruppo di esperti di genere riguardo le uccisioni delle donne. Questo incontro ha riunito venticinque esperti provenienti dal mondo accademico, organizzazioni della società civile e le Agenzie delle Nazioni Unite.

L'oggetto del report è stato quello di fornire una prospettiva globale in merito alle uccisioni di genere. I tre obbiettivi della riunione sono stati:

 Sviluppare competenze nazionali, regionali e internazionali sulle cause e conseguenze degli omicidi di genere.

32 Ibidem.

33 http://www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/RegularSession/Session20/A-HRC-20-16-Add4_en.pdf [consultato il 18febbraio2014].

(35)

 Discutere di politica, giurisprudenza e sfide istituzionali a livello nazionale, regionale e internazionale.

 Individuare le buone pratiche da attuare nei diversi stati. Le tre sessioni principali della riunione sono state:

 La chiarificazione concettuale dei termini femmicidio/femminicidio.

 Quali tipi di manifestazioni della cause di omicidi di genere nelle diverse nazioni.

 Quali metodi e prassi della giurisprudenza degli organismi nazionali e internazionali riguardanti la violenza contro le donne.

2.1. Femmicidio/femminicidio

Per la definizione dei termini femmicidio e femminicidio, oltre ad utilizzare il report prima introdotto, userò anche il testo di Barbara Spinelli: «Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale» poiché questo tornerà utile per la traduzione nella nostra lingua di questi due concetti.

Il dibattito avvenuto a New York è servito a dare un chiarificazione sia a livello storico scientifico sia a livello lessicale del termine «femicide» (in italiano femmicidio) e la sua evoluzione «latina» in femincidio (in italiano femminicidio).

Bisogna ricorda che il termine femicide nei paesi anglofoni è l'unico vocabolo che definisce il concetto sia di femmicidio che di femminicidio34.

Il termine femminicidio invece deriva da una traduzione dall'inglese al spagnolo ma allo stesso tempo lo amplia rispetto al contenuto.

34 B.Spinelli, Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, Milano, FrancoAngeli, 2008, p. 31.

(36)

Per femicide, o femmicidio, si intende «tutte le situazioni, che vanno aldilà della definizione giuridica di assassinio, in cui la morte della donna rappresenta l'esito/conseguenza di atteggiamenti o pratiche misogine»35.

Questa definizione è stata elaborata da Diana Russel nel testo «The politics of women killing» pubblicato nel 1992, a questa sociologa e criminologa statunitense, attivista femminista radicale negli anni '70 vanno attribuiti diversi meriti. Il primo è quello della prima utilizzazione di questo termine, e quindi di aver reso pubblica, anzi di aver nominato un tipo di violenza che fin ad allora era stata concepita come un problema privato.

Russel cerca di far emergere la responsabilità politica di queste uccisioni affermando che «la società patriarcale ha cercato di negare l'esistenza del femmicidio oscurandolo e non inserendolo nelle loro agende, ma anzi continuando un ad investire su tipi di insegnamenti antifemminisiti, razzisti ed eterosessualisti»36. Femminicidio è la morte causata dal patriarcato: «il femmicidio non riguarda solo gli assassini a sfondo sessuale ma, tutte le uccisioni di donne perchè sono donne»37.

La sociologa americana enuncia una classificazione tratta dalla criminologia per riuscire a distinguere il femmicidio da altre ipotesi di omicidio 38:

Femminicidio: classificazioni per soggetto: intimo, domestico, di conoscente, di estraneo; classificazioni per motivo o per vittima o per mezzo (un femmicidio può avere vari motivi): con stupro, razzista, uxoricidio, femmicidio di prostititua, femminicidio per droga, delitto d'onore, lesbicidio, femmicidio pedofilo, femmicidio di massa ecc.

Uccisione non femmicida: Uccisione di una donna da parte di una donna; uccisione di un uomo da parte di una donna (in questo caso si parla di omicidio).

Il termine femicide è stato particolarmente usato in America Latina dagli Anni Novanta per descrivere il fenomeno dell’improvviso aumento di omicidi condotti contro donne, ragazze e bambine. 35 Ivi, p. 36. 36 Ivi, p. 34. 37 Ibidem. 38 Ivi p. 88.

(37)

La traduzione del termine «femicide» in «feminicidio» è da attribuire a Marcela Lagarde.

Questa studiosa femminista ha il merito di non aver fatto una traduzione letteraria, ma anzi di aver aggiunto qualcosa al termine anglofono, ovvero l'elemento di impunità che segue alla mancanza dell’attribuzione di precise responsabilità così come di una adeguata risposta da parte dello Stato per frenare l’escalation di questo tipo di omicidi perpetrati contro le donne, sottovalutati e non oggetto di idonea attenzione proprio in quanto colpiscono prevalentemente donne.

Legarde ha utilizzato, nel 1997, il termine «feminicidio» per descrivere i fatti di Ciudad Juárez, città del Messico confinante con gli Stati Uniti tristemente famosa per i narcotrafficanti, la manodopera a basso costo, ma soprattutto per la mattanza di donne e ragazze avvenuta tra i 1995 e i 2005. Nella sola città di Juarez si contano 379 femminicidi, più di 6000 in tutto il Messico 39. Il numero è chiaramente indefinito dato le numerose donne scomparse e non ancora ritrovate, le desaparecidas. Lo Stato messicano è stato definito colpevole sia ONG femministe latine e dall'associazione Amnesty International di non garantire il diritto ad una vita integra e sicura alle donne, omettendo di introdurre le misure necessarie a sostenere un intervento investigativo e poliziale che conduca al perseguimento e alla punizione dei delitti commessi40.

La Legarde definisce la violenza femminicida come «la forma estrema di violenza di genere contro lo donne, prodotto della violazione dei suoi diritti in ambito pubblico/privato, caratterizzata da un insieme di condotte misogine (maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale) che implicano impunità sociale o dello Stato e ponendo, le donne in una situazione di rischio e indifesa, possono culminare nell'omicidio o tentato omicidio o in altre forme di morte violenta delle donne o delle bambine: morti accidentali, suicidi, o morti comunque evitabili conseguenza

39 B.Spinelli, Op.cit, p 97.

(38)

dell'insicurezza, della disattenzione e delle esclusione da prospettive di sviluppo o di democrazia»41.

Secondo la scrittrice latina, le responsabilità di fronte a tale violenza sono da ricercare nell'organizzazione sociale stessa che legittima una cultura di stampo misogino che rafforza la concezione tale cui «la violenza è un qualcosa di naturale». Marcela Lagarde ha diretto la Commissione Speciale sul Femminicidio in Messico ed è stata la prima ad «istituzionalizzare»42 le indagini criminologiche, tramite dati e statistiche, ed a farne uno strumento indispensabile di analisi del grado di violenza contro le donne (prima questo tipo di analisi era effettuato solo in ambito accademico).

Questo dibattito, riportato nel protocollo A/HRC/20/16/Add. 4 sull'uso dei termini femicide o feminicidio è servito a livello operativo a svolgere un effettivo accertamento e cercare di identificare questo tipo di crimine.

A livello politico, invece, è stato osservato che l'uso del termine rimane una scelta politica che deve inserirsi nella cosiddetta politica di mainstream43.

2.2 Il caso italiano

La scelta politica italiana è ricaduta sulla parola «femminicidio». Il dibattito che ne è scaturito, non si è tradotto in un dibattito accademico, ma si è limitata ad una questione quasi puramente glottologica, coinvolgendo persino l'Accademia della Crusca44.

Il femminicidio nel nostro paese è considerato un neologismo, questo lemma è stato inserito nella lingua italiana nel 2009. Così lo definiva il dizionario Devoto-Oli:

41 B.Spinelli, Op.cit, p 45. 42 Ivi p.89.

43 Il mainstream di genere è una strategia politica orientata all’eliminazione dei gap tra uomo e donna e a favore delle pari opportunità. Lo scopo è quello di promuovere la partecipazione femminile in tutti gli aspetti della società tramite particolari programmi politica rivolti per esempio all’ambito della politica, del lavoro e della formazione (Università e scuole di ogni grado e ordine).

44

Riferimenti

Documenti correlati

Proprio per favorire una presa in ca- rico precoce, appropriata e omoge- nea su tutto il territorio nazionale dei pazienti affetti da depressione è stato di recente presentato

Lange GmbH

di nuove informazioni sulla sicurezza. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi. reazione avversa sospetta. Vedere paragrafo 4.8 per

Prima di effettuare il colloquio Viene consegnata copia della carta dei servizi e la modalità di trattamento dei dati personali sensibili relativamente alla Legge sulla

• Le operatrici costruiscono relazioni autentiche in grado di attivare processi trasformativi connettendo il vissuto di abuso e violenza delle donne con la propria storia

4.3 Controindicazioni - Ipersensibilità al principio attivo, ai salicilati o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1, - Pazienti con mastocitosi preesistente,

Medicinae Doctor Aurelio Sessa, presidente regionale di Simg Lombardia: “la presa in carico delle cronicità è una prero- gativa esclusiva della Medicina Generale e oggi le

Il modello lombardo prevede l’identificazione dei malati cronici da parte del livello centrale che vengono invitati ad aderire al pro- gramma attraverso l’arruolamento presso