• Non ci sono risultati.

FUNZIONALITA' RENALE MEDIANTE CLEARANCE DELLO IOEXOLO: STUDIO CLINICO NEL CAVALLO.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "FUNZIONALITA' RENALE MEDIANTE CLEARANCE DELLO IOEXOLO: STUDIO CLINICO NEL CAVALLO."

Copied!
78
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

FUNZIONALITÀ RENALE MEDIANTE CLEARANCE DELLO IOEXOLO: STUDIO CLINICO NEL CAVALLO

Candidato: Martina Pieragnoli Relatori: Prof.ssa Grazia Guidi

Dott.ssa Ilaria Lippi

(2)

2 INDICE

Riassunto/ Abstract pag. 4

CAP. 1 - Introduzione pag. 6

CAP. 2 Insufficienza renale cronica (CKD)

2.1 Patogenesi pag. 8

2.2 Sintomatologia pag. 11

2.3 Progressione del danno pag. 13

2.4 Diagnosi pag. 14

CAP. 3 Determinazione della velocità di filtrazione glomerulare (GFR)

3.1 Storia pag. 18

3.2 GFR pag. 18

3.3 La barriera di filtrazione glomerulare pag. 21

3.4 Ultrafiltrato e ultrafiltrazione pag. 22

3.5 Flusso ematico renale pag. 25

3.6 Clearance pag. 26

3.7 Determinazione della GFR pag. 28

3.8 Modelli farmacocinetici pag. 29

3.9 Marker utilizzati pag. 34

3.9.1 Inulina pag. 35

3.9.2 Creatinina endogena ed esogena pag. 36

3.9.3 Radionucleotidi pag. 38

3.9.4 Ioexolo pag. 39

3.10 Utilità della GFR pag. 40

3.11 Variabili che influenzano la GFR pag. 41 3.12 Valutazione della GFR nel cavallo: stato dell’arte pag. 43

(3)

3

Cap. 4 – Scopo pag. 46

Cap. 5 - Materiali e metodi pag. 47

5.1 Analisi Statistica pag. 52

Cap. 6 – Risultati pag. 53

Cap. 7 – Discussione e conclusioni pag. 54

Bibliografia pag. 57

(4)

4

Riassunto.

Uno degli scopi della presente tesi è stato quello di proporre un metodo semplificato a 3 prelievi per la valutazione della GFR con ioexolo. Il secondo scopo è stato quello di applicare il metodo semplificato su 3 gruppi di cavalli diversi per età e/o concentrazione di creatinina plasmatica al fine di verificare differenze legate all’età e/o stati precoci di CKD.

Materiali e metodi. Nel presente studio sono stati inclusi 22 cavalli adulti. In tutti i soggetti è stato prelevato un campione di sangue dalla vena giugulare e raccolto in litio eparina, il plasma quindi è stato utilizzato per il dosaggio di creatinina. Tutti i soggetti poi sono stati sottoposti a valutazione della GFR utilizzando lo ioexolo come marker. In particolare è stato eseguito un prelievo basale, quindi è stato inoculato il marker alla dose di 75,5 mg/kg, e infine sono stati effettuati 3 prelievi ematici a 5, 30 e 90 minuti dalla fine dell’inoculazione del marker stesso. La clearance è stata valutata mediante metodo HPLC-UV. I cavalli sono stati suddivisi in maniera retrospettiva in 3 gruppi: 1) Gruppo A: cavalli giovani (età 1-14 anni, mediana 7 anni) con creatinina entro i limiti fisiologici (<1,5 mg/dl); 2) gruppo B: cavalli anziani (età ≥14 anni, mediana 23 anni) con creatinina entro i limiti fisiologici (<1,5 mg/dl); 3) cavalli anziani (età ≥14 anni, mediana 21 anni) con creatinina aumentata (≥1,5 mg/dl).

Risultati. I risultati relativi alla GFR ottenuta nel gruppo A è stata utilizzata come verifica della sua valutazione con 3 prelievi. I sono stati espressi come media e deviazione standard: gruppo A 2,5±0,3ml/min/Kg. I risultati relativi ai gruppi B e C sono rispettivamente 2,2±0,1ml/min/Kg e 1,5±0,2 ml/min/Kg. I dati sono stati analizzati con il test di Komolgorov-Smirnov per verificarne la distribuzione. I dati presentavano una distribuzione gaussiana, quindi è stato applicato il T test per dati non appaiati. L’analisi statistica ha evidenziato differenze tra i 3 gruppi con p<0.01.

Discussione e conclusioni. La valutazione a 3 prelievi è risultata semplice, veloce e i dati ottenuti sovrapponibili a quanto già riportato in bibliografia utilizzando 8 e 9 prelievi. La differenza significativa tra il gruppo A e del gruppo B potrebbe indicare una velocità di filtrazione glomerulare inferiore nei cavalli anziani rispetto ai giovani in relazione alla riduzione della funzionalità renale legata all’età. Le differenze tra gruppo A vs C e gruppo B vs C confermano la sensibilità e specificità della clearance plasmatica dello ioexolo nel rilevare una riduzione sub-clinica della GFR in soggetti asintomatici e con livelli di creatinina leggermente superiori alla norma. E’ auspicabile l’utilizzo della GFR come test di routine per monitorare la funzionalità renale nei cavalli oltre i 13 anni e per riconoscere una CKD prima dell’end-stage, applicando il protocollo descritto, in quanto pratico, veloce e attendibile.

Abstract

Objective. The aims of the study were: 1)evaluate GFR with a simplified method (3 samples); 2) verify differences related to age and creatinine.

Materials and Methods. In this study 22 horses were included. A blood sample was collected from the jugular vein in lithium heparin tubes and plasma was used to dose creatinine. Then GFR was evaluated in each horse using iohexol as marker. In particular, a baseline blood sample was drawn, then iohexol was injected at the dose of 75,5 mg/Kg EV, and blood samples were collected at 5’, 30’ and 90’ minutes after the end of the injection. GFR was determined by HPLC-UV method proposed by others. The horses were divided retrospectively in 3 groups: group A: young horses (aged 1-14 years, median 7 year) with plasmatic creatinine within normal ranges (<1,5 mg/dl); 2) group B: old (aged ≥14 years, median 23 years) with plasmatic creatinine within normal ranges (<1,5 mg/dl); 3) old horses (aged ≥14 years, median 21 years) with increased plasmatic creatinine.

Results. Data were expressed as mean and standard deviation: group A 2,5±0,3ml/min/Kg; group B 2,2±0,1ml/min/Kg; group C: 1,5±0,2 ml/min/Kg. Group A was used also to verify the three sample modified method. Komolgorov-Smirnov was applied to verify data distribution. Our results showed a Gaussion distribution, thus, t-test for unpaired data was applied. Statistical significance was set at p <0,01. Discussion and conclusions. The 3 samples modified method is easy to use and the results are similar to what reported in literature using 8 and 9 samples. The difference in GFR values between group A vs group B shows a lower glomerular filtration rate in the older population probably due to the age. The differences between group A vs C and group B vs C support the sensitivity and specificity of plasmatic clearence of the iohexol in diagnosing the sub-clinical reduction of GFR in subjects still asintomatic.

(5)

5

“C'è una difficoltà nel rendersi conto che il nostro comportamento è molto complesso, che il cervello è fatto di tante componenti. E c'è una difficoltà nel vedere in ogni catastrofe la possibilità di un rovesciamento. Forse io sono una innata ottimista ma penso che ci sia sempre qualcosa che ci salva.” Rita Levi Montalcini

Per Rebby e la mia famiglia.

(6)

6

Capitolo 1 - INTRODUZIONE

La GFR (Glomerular Filtration Rate, velocità di filtrazione glomerulare) è una metodica poco utilizzata nel cavallo a causa della sua scarsa praticità e del lungo tempo di esecuzione, tuttavia rappresenta il più accurato indice di funzionalità renale in particolare per la diagnosi di danno renale in corso di CKD paucisintomatica, quando i comuni parametri di biochimica clinica sono ancora nella norma(Levey, 1990).

E’ importante identificare il danno renale precocemente al fine di monitorare non solo la funzionalità del rene, ma anche per attuare una terapia in tempi rapidi ad evitare la progressione della patologia, perché la CKD nei cavalli è spesso non diagnosticata sino a quando la malattia non diventa manifesta. La creatinina e l’urea sono i più utilizzati indici di funzionalità renale, ma non possono servire a diagnosticare precocemente un danno renale, poiché aumentano quando il 75% dei nefroni non è più funzionante. La sensibilità e la specificità della creatinina, quindi, dovrebbero essere considerate inferiori rispetto a quelle della GFR. Infatti, nelle fasi iniziali per modificazioni molto significative di GFR si hanno alterazioni non evidenti di creatinina (Schott, 1998). La concentrazione sierica della creatinina potrebbe essere, inoltre, falsamente aumentata nei cavalli adulti a causa di alcune patologie, quali la rabdomiolisi acuta e nei puledri neonati l’ipovolemia (Brewer, 1990).

Le tecniche usate per la determinazione della clearance renale necessitano di molto tempo, poiché richiedono la raccolta delle urine nelle 24h che risulta impraticabile nella pratica clinica ippiatrica. Le tecniche di clearance plasmatica sostituiscono, quindi, quelle di clearance renale, perché sono poco invasive, sono più veloci e di facile esecuzione (Matthews et al., 1993).

Lo ioexolo ad oggi sembra essere è stato utilizzato in medicina sembra essere il miglior marker di clearence plasmatica per la valutazione della GFR nell’uomo (Frennby, 1996; Frennby et al.,1996; Gaspari et al.,1997; Gaspari, 1998).

(7)

7

L’impiego dello ioexolo è stato studiato anche in medicina veterinaria ed in particolare nel cane (Brown et al., 1996; Gleadhill et al., 1996; Heiene et al., 1999, Finco et al., 2001; Lippi et al., 2008; Bexfield et al., 2008), nel gatto (Brown et al., 1996; Miyamoto, 2001; Lippi et al., 2013), nel maiale (Frennby et al., 1996), nella pecora (Nesje et al., 1997), nell’asino (Sgorbini et al., 2010) e nel cavallo (Wilson et al, 2011; Gonda et al., 2003).

(8)

8

Capitolo 2 - INSUFFICIENZA RENALE CRONICA (CKD: Chronic Kidney Disease)

La CKD è una condizione patologica caratterizzata dalla perdita irreversibile della funzionalità renale; essa può essere congenita o acquisita.

La CKD congenita può essere sospettata in soggetti giovani. Nei cavalli di età inferiore ai 5 anni è stata diagnosticata agenesia (Brown et al., 1988), ipoplasia o displasia renale (Jones SL et al, 1994; Ramirez, 1998; Woolridge et al., 1999; Zicker et al, 2001) o rene policistico (Ramsey et al., 1987; Bertone, 1987; Aguilera-Tejero, 2000).

Le cause di CKD nel cavallo sono più spesso acquisite (Schott, 1998), ma identificarle è complicato, perché i soggetti diventano sintomatici in uno stadio avanzato della patologia (End-Stage Kidney Disease – ESKD).

La CKD sembra essere legata all’età e al sesso. Infatti la prevalenza aumenta dello 0,23% nei soggetti con più di 15 anni e dello 0,53% nei maschi interi oltre lo stesso limite di età (Schott, 1998).

Uno studio del 1972 ha evidenziato che il 16% dei cavalli esaminati presentava lesioni glomerulari all’esame istologico e il 42% mostrava la deposizione di immunoglobuline o del complemento a livello glomerulare all’analisi con l’immunofluorescenza, ma soltanto uno di questi cavalli aveva l’urea oltre i limiti della norma (Banks, 1972).

2.1. Patogenesi

La CKD secondaria nel cavallo può essere dovuta a danno del 1) tubulo renale; 2) glomerulo e 3) interstizio.

1) Danno tubulare:

Le cause che agiscono a livello tubulare, che causano nefriti tubulari, possono essere (MacDougall et al., 1986; Geor, 1990):

a) ipoperfusione renale: di solito secondaria a esercizio prolungato, stati diarroici, settici, emorragici o in corso di colica. L’ipoperfusione porta ad un danno ischemico secondario che causa una necrosi tubulare acuta;

(9)

9

b) somministrazione di farmaci: gli amminoglicosidi, i FANS, la vitamina D, la vitamina K3 sono potenzialmente nefrotossici sul tubulo renale;

c) emoglobinuria e mioglobinuria: l’emolisi intravascolare o la rabdomiolisi causano liberazione in circolo di grosse concentrazioni di emoglobina e mioglobina che vengono filtrate a livello renale e causano una necrosi tubulare acuta;

d) infezioni ascendenti delle vie urinarie;

e) ossalati: contenuti in molte piante (Andrew, 1971; Webb et al., 1977). Il danno in questo caso è dovuto all’ ostruzione vie urinarie secondaria alla formazione di cristalli (Roberts, 1979).

2) Danno glomerulare:

il danno glomerulare, che porta all’instaurarsi di una glomerulonefrite, può essere causato da una grande varietà di cause, tra cui:

a) ipoperfusione (ischemia); b) insulti tossici;

c) infezioni o infiammazioni: un gran numero di processi infettivi e infiammatori può accompagnare le glomerulonefriti, ma solitamente non avviene la progressione fino alla CKD. Un esempio può essere quello di Lesptospira interrogans, riportata in alcuni cavalli (Diverse et al., 1992; Hogan et al., 1992; Frazer et al., 1999);

d) immunocomplessi circolanti: essi si depositano sulla membrana basale e tra le cellule del mesangio. Le glomerulonefriti di questo tipo sembrano essere una causa frequente di CKD nei cavalli (Morris et al.,1987), con prevalenze elevate (Divers et al., 1992; Van Biervliet et al., 2002). La deposizione di immunocomplessi porta all’attivazione del complemento e della cascata infiammatoria. Il processo genera una alterazione strutturale dei nefroni con formazione di microtrombi nei capillari glomerulari e proliferazione delle cellule del mesangio (Osborne et al., 1977; Grauer et al., 1995; Van Biervliet, 2002). Le modificazioni strutturali portano ad alterazioni funzionali che causano una progressiva riduzione della filtrazione glomerulare e lo sviluppo di CKD. Nel cavallo, le cause scatenanti la formazione di immunocomplessi sono soprattutto

(10)

10

le infezioni da Streptococchi (Divers et al., 1992; Srivastava, 2002). La crioglobulinemia, infine, è stata descritta in alcuni cavalli, di cui uno affetto da linfoma (Trub-Dargatz, 1985; Maede et al., 1991);

e) complessi autoimmuni: la loro deposizione a livello del glomerulo, accompagnata da proteinuria, è stata descritta in un caso di Lupus eritematoso sistemico (Geor et al., 1990);

f) deposizione di Serum Amiloide: l’amiloidosi resta una causa inusuale di danno glomerulare. Colpisce prevalentemente i cavalli iperimmunizzati che vengono adibiti alla produzione di siero iperimmune (Maxie, 1985; Husebekk et al., 1986; Robinson, 2003). Nei cavalli è più comune l’amiloidosi del tratto respiratorio superiore o della pelle rispetto all’amiloidosi sistemica (Van Andel et al., 1988), ed è stata descritta anche un’amiloidosi sistemica reattiva conseguente ad una massiva infestazione parassitaria (Hayden, 1988; Vanhooser, 1988).

Le glomerulonefriti possono essere classificate in (Harold e Scott, 1998): a) proliferative o mesangioproliferative: descrivono un danno glomerulare

associato al richiamo di cellule infiammatorie e alla proliferazione delle cellule del mesangio. Questa lesione tende a riferirsi ad uno stadio più acuto di glomerulonefrite durante il quale gli immunocomplessi si depositano soprattutto a livello dello spazio sub-endoteliale.

b) Membranose: descrivono un danno glomerulare accompagnato da un significativo ispessimento della parete capillare e della membrana glomerulare. Sono causate da immunocomplessi solubili o autoanticorpi che passano attraverso la membrana glomerulare e si localizzano nell’area sub-endoteliale e sono caratterizzate da una minore infiltrazione di cellule infiammatorie.

3) Danno interstiziale:

Le cause delle nefriti interstiziali croniche sono le stesse delle glomerulonefriti (Hamlen, 1993). Oltre al danno tubulare si ha l’infiltrazione nell’interstizio di cellule infiammatorie, che includono linfociti, monociti e, occasionalmente, plasmacellule e neutrofili. La presenza di fibrosi interstiziale permette di

(11)

11

distinguere la nefrite interstiziale cronica da quella acuta. Tra le cause, un esempio è costituito dal fenilbutazone, che determina necrosi delle papille ed ematuria. Le nefriti interstiziali croniche sono responsabili del 38% dei casi di CKD nel cavallo (Schott, 1998).

2.2 Sintomatologia

I cavalli con CKD presentano la sintomatologia relativamente tardi nel decorso del danno renale, probabilmente per la grande capacità del rene di compensazione; cosicché i segni clinici diventano evidenti soltanto quando i due terzi o i tre quarti dei nefroni funzionali di entrambi i reni sono stati persi (Osborne e Polzin, 1987).

Studi effettuati su cavalli e pony nefrectomizzati monolaterali, infatti, hanno dimostrato che il rene controlaterale compensa completamente la mancanza dell’altro (Irwin, 1980; Trotter, 1984; Juzwiak, 1988, Sullins, 1988); i soggetti presentavano una funzionalità renale entro i limiti fisiologici ed non perdevano peso (Tennant et al., 1981; DeBowes, 1991).

I sintomi sono spesso aspecifici, come scarso rendimento atletico, disoressia-anoressia, manto seborroico, alito maleodorante, perdita di peso, fino alla formazione di edemi generalizzati e sintomatologia neurologica secondaria a sindrome uremica (Pringle et al., 1995; Robinson et al., 2003). Talvolta l’anamnesi riporta polidipsia-poliuria (PU/PD) che perdura da diversi mesi. Lo scarso rendimento atletico è legato allo stato anemico secondario a (Eschbach et al., 1991; Ersley, 1991; Polzin et al., 1995; Rueca, 2003):

a) perdita ematica dovuta ad ulcere sanguinanti e perdita di emazie con l’urina, b) diminuzione dell’emivita degli eritrociti,

c) alle deficienze nutrizionali legate alla disoressia/anoressia; d) alla diminuzione della produzione dell’eritropoietina.

(12)

12

Il deterioramento delle condizioni corporee e la letargia possono essere attribuiti all’aumento dell’azotemia, poiché i composti dell’azoto passano la barriera emato-encefalica ed inibiscono direttamente il centro dell’appetito. La PU/PD si instaurano quando esiste un danno tubulo-interstiziale, quindi è presente nei cavalli in cui il danno più importante è tubulare. I meccanismi alla base della PU/PD sono (Robinson, 2003; Schott, 1998):

a) l’aumento del flusso tubulare nei nefroni sani; b) la diminuzione della ipertonicità della midollare;

c) la risposta anormale dei dotti collettori alla vasopressina.

Negli stadi avanzati di CKD, l’urea viene convertita ad ammoniaca dai batteri ureasi-produttori del tratto gastro-intestinale, provocando gengiviti, alitosi ed ulcere orali, alitosi uremica, gastriti ed ulcere gastriche (Rueca, 2003; Robinson, 2003). Sempre negli stadi avanzati, l’ipoproteinemia secondaria ad albuminuria, causa la diminuzione della pressione colloidosmotica e la formazione di edemi (Scott, 1998; Robinson, 2003). Concause della formazione di edemi possono essere anche gli effetti delle tossine uremiche sull’endotelio capillare che portano all’instaurarsi di una vasculite (Wills, 1985; May et al., 1991; Robinson 2003).

Tuttavia, il cavallo sembra essere meno soggetto allo sviluppo di una severa proteinuria e della sindrome nefrosica rispetto ai piccoli animali (Robinson, 2003). La presenza invece di calcinosi gastrica, osservata in alcuni soggetti, può essere determinata dall’ipercalcemia (Schott, 1998).

La sindrome uremica è un disordine multi-sistemico che si sviluppa come risultato degli effetti delle tossine uremiche sul metabolismo cellulare. I sintomi associati sono; perdita di peso, depressione, anossia, letargia, head pressing, segno di ansietà e cambiamenti apparenti della cognizione (Frye et al., 2001). In particolare, l’eccessiva urea in circolo viene degradata ad ammoniaca, carbonato e cianato, che può reagire con l’azoto terminale dei gruppi amminici di un certo numero di proteine determinando alterazioni della struttura terziaria (Ersley, 1991).

(13)

13

Altri responsabili di questa sindrome sono i composti guanidinici come la metilguanidina (che determina perdita di peso, segni neurologici, anemia)e l’acido guanidinico (che causa l’emolisi riducendo la concentrazione del glutatione). I prodotti del metabolismo batterico possono contribuire ai segni clinici associati alla sindrome uremica, tra questi: 1) metilamine (dal metabolismo della colina e della lecitina); 2) amine aromatiche (dal metabolismo della tirosina e della fenilalanina); 3) poliamine (dal metabolismo della lisina e dell’ornitina); 4) i prodotti di degradazione del triptofano (indolo, scatolo, acido indolo acetico e gli altri). La poliamina determina un effetto inibitorio sull’eritropoiesi, gli altri contribuiscono ad alterare le funzioni neuromuscolari e neurologiche Boveè, 1976; Ersley, 1991). Le middle molecole, inoltre, sono composti con peso molecolare di 500-3000 Da, che costituiscono un altro gruppo di tossine uremiche (Eschbach et al., 1991; Ersley, 1991).

Non è possibile identificare un singolo composto come causa primaria della sindrome uremica, ma tutti i composti insieme determinano la disfunzione metabolica. La metilazione delle proteine di membrana sembra essere, tuttavia, il meccanismo comune di disfunzione cellulare (Perna et al, 1996).

2.3 Progressione del danno

La risposta ad un decremento della massa funzionale renale è compensata da un aumento della filtrazione, chiamata “teoria del nefrone singolo”, e della funzione tubulare degli altri nefroni. L’aumento della GFR di un singolo nefrone risulta dall’aumento del flusso capillare glomerulare e della pressione idrostatica. L’iperfiltrazione è associata all’incremento della permeabilità della membrana basale glomerulare e, quindi, con la proteinuria. La maggiore permeabilità, infatti, determina il passaggio di macromolecole che causano l’attivazione e la proliferazione delle cellule del mesangio e delle cellule epiteliali ed eventualmente la progressione della malattia fino alla glomerulosclerosi (Pearson, 1990; Klahr, 1988; Mayer et al., 1991).

(14)

14

Tuttavia, l’aumento della proteinuria è accompagnato dall’aumento del riassorbimento delle proteine nel tubulo prossimale. Quest’ultimo è responsabile dell’upregulation di geni che codificano per i mediatori vasoattivi e dell’infiammazione (Reggenenti et al, 2001).

L’attivazione del sistema renina-angiotensina comporta la produzione dell’angiotensina II che è un potente vasocostrittore e agisce a livello delle arteriole efferenti. Questo meccanismo, però, può produrre una significativa ipertensione senza che ci sia un aumento della concentrazione di angiotensina II o della pressione ematica. La somministrazione di inibitori dell’Angiotensin Converting Enzime (ACE) determinano una diminuzione della pressione capillare idrostatica glomerulare e della magnitudine della proteinuria. Nei piccoli animali gli inibitori dell’ACE, infatti, sono utilizzati per controllare l’ipertensione e la proteinuria (Yoshioka et al., 1986; Taal et al., 2000), ma ci sono pochi studi nel cavallo (Gardner et al., 2008).

Il ruolo di una dieta controllata con basso tenore proteico è stato ampiamente studiato sia nell’uomo che nel cane (Ihle et al., 1986; Brown et al., 1991).

L’aumento della quota proteica nella dieta ha dimostrato essere una concausa della maggior attivazione del sistema renina-angiotensina.

2.4 Diagnosi

Per una corretta diagnosi di CKD è necessario eseguire, dopo la visita clinica, i principali esami di laboratorio: emogramma, profilo biochimico e analisi delle urine.

La diagnosi di CKD può essere emessa se è presente isostenuria (PS tra 1008 e 1.014, PS fisiologico 1.025-1050), iperazotemia e aumento della concentrazione della creatinina plasmatica (Koterba et al., 1981; Pringle et al., 1995; Bayly, 1991). Se la creatinina supera il valore di 1,7 mg/dl, il 75% dei nefroni è perso (Schott et al., 1998).

Per distinguere l’AKI (Acute Kidney Injury, insufficienza renale acuta) dalla CKD è possibile utilizzare il rapporto tra urea/creatinina sierica: nei cavalli con CKD

(15)

15

questo rapporto è maggiore di 10:1. Il PS delle urine anche in corso di CKD può essere normale o aumentato in funzione della proteinuria, per questo motivo è indispensabile la sua determinazione anche alla luce della concentrazione di proteine plasmatiche totali (PT). Questi esami, insieme all’emogramma, che rileva una moderata anemia non rigenerativa, sono sufficienti per la diagnosi di CKD.

Altri esami di laboratorio possono non solo essere utili per la conferma della diagnosi, ma permettere di formulare la prognosi. I parametri utili a questo proposito sono a) concentrazione di albumina e/o PT; b) elettroliti: sodio, potassio, cloro e calcio; c) acidosi metabolica; d) ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia; e) enzimuria.

a) La proteinuria indica l’alterazione dell’integrità della barriera di filtrazione glomerulare. E’ importante, tuttavia, non analizzare le urine con le strisce reattive commerciali, perché non permettono di avere una stima quantitativa della proteinuria. La dispersione urinaria di proteine in un cavallo di 500 kg varia da 10 g /24 h, nel caso di proteinuria secondaria a CKD, a 25g /24 h nel caso di sindrome nefrosica. Per stabilire l’entità della proteinuria può essere usato anche il rapporto tra proteine urinarie e creatinina urinaria (UP/UC): se questo è maggiore di 2:1 la proteinuria è significativa. Importante è analizzare il sedimento urinario per differenziare proteinurie di origine renale da quelle originate dalle basse vie urinarie. Infine, la proteinuria deve essere valutata criticamente anche alla luce della concentrazione delle PT.

b) Gli elettroliti, valutati con l’escrezione frazionata, riflettono la funzione tubulare.

Incrementi dei valori di clearance del sodio e del potassio possono essere indicatori precoci di un danno tubulare, tuttavia, questi potrebbero essere influenzati da una fluidoterapia con soluzioni polioniche (Traver et al., 1976; Travers et al., 1977; Coffman et al., 1980; Lane et al., 1983; Brobst et al., 1987; Ronen, 1992; King et al.,1994) dalla dieta e dall’esercizio.

Solitamente l’iponatremia e l’ipofosfatemia insieme alla glicosuria o l’enzimuria sono più comuni nei cavalli con l’AKI rispetto a quelli affetti da CKD.

(16)

16

L’escrezione frazionata degli elettroliti, infatti, può presentarsi normale in cavalli con CKD, quindi non è utile ai fini della diagnosi.

L’ipocloremia che si instaura in corso di CKD causa riassorbimento di bicarbonato che, insieme all’aumento dell’ammoniogenesi renale, possono determinare alcalosi metabolica. Talvolta, l’alcalosi metabolica ipocloremica è accompagnata dall’aciduria paradossa (Brost et al., 1982). Una volta riassorbito il cloro, inizia il riassorbimento del sodio, mentre vengono eliminati potassio e ioni idrogeno.

Se è presente un’alterazione tubulare raramente si ha un aumento dell’escrezione frazionata del sodio oltre il 5% (Grossman et al., 1982; Snyder et al., 1984; Hillyer et al.,1990).

Il rene del cavallo svolge una funzione importante nell’escrezione del calcio attraverso la formazione di cristalli di carbonato di calcio. Se l’escrezione tubulare di calcio non compensa il suo assorbimento intestinale si avrà ipercalcemia.

Nella specie equina l’aumento di concentrazione del calcio in corso di CKD non è determinato da alterazioni di carattere endocrino, ma solo di ordine dietetico. Il paratormone, infatti, diversamente dai piccoli animali non aumenta in concentrazione nei cavalli con CKD. A sostegno del fatto che l’ipercalcemia è di ordine dietetico, la sostituzione della dieta da erba medica, ricca in calcio, ad erba fresca si ha una riduzione della calcemia (Divers, 1983; Bertone et al., 1987; Leroy et al., 2011). Inoltre, indagini sperimentali hanno dimostrato che pony nefrectomizzati alimentati con erba fresca non hanno mostrato ipercalcemia.

Di conseguenza, l’ipofosfatemia nella CKD del cavallo sembra essere associata alla sola ipercalcemia (Coburn et al., 1991; Matthews et al., 1993) o a un lungo periodo di anoressia (Brost et al., 1982).

c) L’acidosi metabolica viene osservata solamente nelle fasi avanzate della malattia quando presente la sindrome uremica (Koterba et al., 1981; Brost et al., 1982).

(17)

17

d) L’ipercolesteloremia e l’ipertrigliceridemia, sebbene non frequenti sono state osservate in cavalli con CKD (Divers, 1983; 1990; Bayly, 1991). E’ stato osservata anche l’associazione tra iperlipemia e aumento della concentrazione di creatinina in un gruppo di cavalli con CKD quale risultato dell’aumentata sintesi, della diminuita degradazione ed in particolare dell’aumentata mobilizzazione dei trigliceridi dai depositi di grasso (Naylor, 1987).

e) E’ opportuno, interpretare i valori degli enzimi urinari con cautela nei soggetti con CKD perché potrebbero essere non solo aumentati, ma anche normali o ridotti a causa dei cambiamenti cellulari che avvengono nel nefrone in risposta all’infiammazione cronica.

(18)

18 Capitolo 3 - Determinazione della Velocità della Filtrazione Glomerulare (GFR)

3.1 Storia

Rieselbach nel 1920 eseguì i primi studi sulla funzionalità renale e mise a punto una tecnica per valutare la GFR e il sistema di transporto transtubulare (Rieselbach et al., 1920).

Nel 1970 Burg e collaboratori (1970) sono riusciti ad isolare un singolo tubulo renale, ad incannularlo con apposite micropipette da perfusione e a mantenerlo vitale ponendolo in ambiente termostatato e ossigenato. In questo modo è stato possibile, facendo variare la composizione ionica del liquido di perfusione e conoscendo quella della soluzione in cui era stato immerso il tubulo, valutare con estrema accuratezza e precisione il meccanismo di trasporto trans-tubulare dei soluti. Questo metodo, utilizzato anche per valutare la funzionalità dell’ansa di Henle, rappresenta la base sperimentale delle attuali conoscenza della fisiologia renale. I limiti del lavoro sono il fatto di essere un esperimento “in vitro” , quindi non completamente sovrapponibile alla vera fisiologia renale. Nel 1930 Rheburg e Smith, basandosi sul fatto che i processi di filtrazione, riassorbimento e secrezione condizionano la capacità renale di depurare il plasma dalle sostanze esogene e dai cataboliti che vengono escreti con l’urina, hanno proposto un sistema di determinazione della funzionalità renale che prende il nome di Clearance.

2.2 Velocità di filtrazione glomerulare (GFR)

La GFR è il volume di plasma filtrato nell’unità di tempo e comunemente espresso in millilitri per minuto per chilogrammo di peso corporeo. E’ la somma della quota di plasma filtrata da entrambi i reni e delle quote filtrate da tutti i nefroni (Von Hendy-Willson et al., 2011).

(19)

19

Il 20% del sangue passa attraverso i piccoli pori della barriera di filtrazione nella capsula di Bowman (Schott, 1998). Il rene filtra in un giorno una quantità di liquido che corrisponde a 4 volte l’acqua totale del corpo, a 15 volte quella del liquido extracellulare (LEC) e a 60 volte quella della massa plasmatica. Questo valore dipende dalla pressione di filtrazione, ma anche dalla superficie glomerulare filtrante (numero di glomeruli funzionanti) e dalla permeabilità della membrana filtrante (membrana basale) (Finco, 1999).

In condizioni fisiologiche l’una e l’altra sono costanti e possono, quindi, essere rappresentate da una costante (Kf) detta coefficiente di ultrafiltrazione. La GFR, perciò, risulta dal prodotto della pressione di filtrazione (Pf) per il coefficiente di

ultrafiltrazione:

GFR = Kf x Pf

La GFR costituisce un valido mezzo per la valutazione della funzionalità renale essendo correlata direttamente alla massa renale funzionante e ne permette per questo una valutazione di tipo quantitativo (Gleadhill et al., 1994; Braun et al., 1996).

La velocità di filtrazione glomerulare non può essere valutata in modo diretto, perché l’ultrafiltrato si modifica durante il decorso nel nefrone (Clement et al., 1998). Il metodo indiretto si basa sul principio che il volume di un fluido è dato da:

V= Q/C

Dove:

Q: quantità del soluto

C: concentrazione del soluto.

Se applichiamo questo principio al glomerulo, il volume dell’ultrafiltrato corrisponderà alla quantità di sostanza nota presente nell’ultrafiltrato sulla concentrazione nell’ultrafiltrato.

(20)

20

Prendendo come esempio una sostanza A che è liberamente filtrata e che non ha nessuna modifica nel suo passaggio lungo il tubulo, ovvero non è né riassorbita né escreta, nell’unità di tempo possiamo stabilire questo paragone:

quantità di A escreta/tempo = quantità di A filtrata/tempo

Ora, se la quantità di un soluto corrisponde al prodotto della concentrazione della sostanza A per il volume del solvente, che in questo caso corrisponde alla produzione di urina, possiamo anche scrivere:

quantità A escreta/tempo = concentrazione di A nell’urina (UA) × volume

dell’urina/tempo (V).

Quindi:UAV = quantità A filtrata/tempo

Inoltre, poiché la quantità di sostanza A filtrata è uguale al prodotto del volume di plasma filtrato per la concentrazione di A nell’unità di volume dell’ultrafiltrato, avremo che:

UAV = PA×GFR Dove:

GFR = volume di plasma filtrato nell’unità di tempo PA = concentrazione della sostanza nel plasma.

Infine:

GFR = [UA×V]/PA Ovvero:

GFR = [quantità della sostanza nell’urina/min] / [concentrazione della sostanza nel plasma]

Le tre variabili presenti nella formula della GFR possono essere valutate e pertanto è possibile calcolarla.

(21)

21

3.3 La barriera di filtrazione glomerulare (Barone, 2003) La membrana glomerulare è costituita da 3 strati:

- endotelio capillare; - membrana basale;

- epitelio dello strato viscerale della Capsula di Bowman.

I cristalloidi e le molecole di piccolo diametro come l’acqua (2 Å), l’urea (3,2 Å), il glucosio (7 Å), il Na+ (4 Å), il Cl- (3,5 Å) passano il glomerulo, mentre i colloidi

e le particelle di diametro maggiore, come gli eritrociti (80.000 Å) e le altre cellule del sangue, non possono attraversarlo.

Sull’endotelio dei capillari glomerulari sono presenti fenestrature, non delimitate da diaframma, con diametro di 500-1000 Å che permettono il passaggio di molecole più grosse relativamente ad altri distretti vascolari.

A contatto con l’endotelio, da un lato, e con l’epitelio della Caspula di Bowman, dall’altro, sono presenti i 3 strati filamentosi della membrana basale (lamina rara interna, lamina densa, lamina rara esterna). I podociti, che costituiscono l’epitelio, poggiano sulla membrana basale attraverso i pedicelli. Tra questi ultimi sono presenti pori di 250-600 Å delimitati da un diaframma con fenestrature di 40-140 Å. Attraverso la membrana basale passano soluti con peso molecolare inferiore a 68000 Å e diametro inferiore a 60 Å.

La velocità di diffusione attraverso il filtro glomerulare è maggiore per le molecole a carica positiva, media per quelle neutre ed è bassa per quelle con carica negativa, perché la parete capillare-glomerulare, l’endotelio capillare, la lamina rara interna ed esterna della lamina basala, i podociti, i processi podalici con i loro diaframmi sono rivestiti da glicosialoproteine con carica negativa. I glicosamminoglicani contengono residui di acido sialico e eparan solfato, responsabili della negatività elettrica della barriera di filtrazione. Tuttavia, i cristalloidi plasmatici, che hanno carica negativa, non vengono respinti, perché hanno dimensioni molto più piccole dei pori (Clement et al., 1998).

(22)

22

Una lesione può causare una modificazione della carica delle strutture filtranti e determinare di conseguenza un aumento del passaggio di macromolecole. L’endotelio controlla l’accesso alla membrana basale, l’epitelio fagocita le macromolecole che hanno superato la barriera e, infine, le cellule del mesangio determinano l’ampiezza e il numero delle fenestrature.

3.4 Ultrafiltrato e ultrafiltrazione

Quando il sangue arriva ai capillari glomerulari è filtrato selettivamente in modo da formare un liquido raccolto nello spazio peri-glomerulare della capsula di Bowman, l’ultrafiltrato. In questo sono presenti soltanto le molecole con peso molecolare inferiore a 68.000 Da, pertanto le alfa-globuline (p.m. 200.000-300.000 Da), le β-globuline (p.m. 90.000 Da), le γ-globuline (p.m. 156.000 Da) e il fibrinogeno (p.m. 400.000 Da) non sono filtrate; mentre l’albumina in condizioni fisiologiche può passare, ma in quantità insignificante,perché respinta dalle cariche negative della barriera glomerulare, come le prealbumine. Tuttavia, disturbi metabolici come l’acidosi metabolica possono neutralizzare la carica negativa della barriera ed è possibile osservare una proteinuria transitoria in assenza di danno renale (Clement et al., 1998; Schott, 1998). L’emoglobina ha un peso molecolare di 68.000 Da e un diametro di 65 Å: quando è libera nel plasma può liberamente filtrare ed essere escreta con le urine (Clement et al., 1998).

Secondo la teoria della membrana semipermeabile, il rapporto tra le concentrazioni di cationi monovalenti è costante ed è inverso a quello tra le concentrazioni degli anioni monovalenti; in condizioni di equilibrio, il prodotto delle concentrazioni degli ioni diffusibili ai due lati della membrana è uguale. L’ultrafiltrato all’equilibrio ha la stessa osmolarità plasma, ma contiene meno dello 0,05% delle proteine plasmatiche(Kanwar, 1984) ed ha, quindi, un valore differente di pressione oncotica (Schott, 1998).

Secondo la legge di Starling, la velocità di diffusione attraverso l’endotelio capillare (Q) è data dalla seguente equazione (Clement et al., 1998):

(23)

23

Dove:

Kf = coefficiente di filtrazione Pc = pressione idrostatica capillare

Pt = pressione idrostatica nello spazio di Bowman PO = pressione oncotica del plasma

POt = pressione oncotica dell’ultrafiltrato.

Nei capillari glomerulari Q corrisponde alla velocità netta di filtrazione (PNF: pressione netta di filtrazione), determinata dalla differenza di pressione idrostatica netta (Pc-Pt) e quella oncotica netta (PO-POt).

Quindi:

PNF = (Pc+POt)-(PO+Pt) Dove:

(Pc+POt) sono le forze che favoriscono l’ultrafiltrazione, mentre (PO+Pt) quelle

che si oppongono.

Nei capillari glomerulari la pressione è maggiore, la forza idrostatica rimane costante e le proteine passano meno facilmente rispetto a quelli sistemici, per cui anche la pressione oncotica dell’ultrafiltrato è minore rispetto a quella interstiziale e può essere trascurata nella formula della PNF, perché è solo di 0,3 mm Hg, mentre la pressione oncotica dei capillari glomerulari aumenta, perché la diffusione di acqua e cristalloidi determina emoconcentrazione.

La superficie capillare glomerulare è maggiore di quella dei vasi sistemici. Nell’unità di tempo si forma una quantità di liquido pari al 20% del sangue che scorre nella rete glomerulare. L’arteriola efferente, di calibro minore di quella efferente, crea resistenza al flusso, in tal modo la Pc rimane alta e si genera una pressione idrostatica che spinge il plasma oltre i capillari glomerulari (Schott, 1998).

(24)

24

Il movimento di liquido nel glomerulo è unidirezionale verso lo spazio peri-glomerulare. Il punto del capillare glomerulare in cui la pressione netta di filtrazione diventa uguale a zero, ovvero quando non esiste differenza tra la forza filtrante e quella che si oppone alla filtrazione, rappresenta l’equilibrio di filtrazione. Questo varia con il coefficiente di filtrazione che è una funzione sia della superficie totale della struttura filtrante sia della permeabilità dei capillari/unità di superficie filtrante (Clement et al., 1998).

La velocità con cui si forma l’ultrafiltrato è tanto maggiore quanto maggiore è il flusso plasmatico glomerulare. Il punto di equilibrio si sposterà verso l’inizio del vaso al diminuire della pressione oncotica, mentre se l’aumento della PO è lento e graduale sarà raggiunto verso la fine del capillare. E’ Il modo in cui il flusso plasmatico glomerulare iniziale modifica le forze di Starling a determinare l’ultrafiltrazione e la velocità con cui l’equilibrio viene alterato.

L’ipotensione, quando è grave, può determinare una diminuzione della pressione idrostatica nei capillari glomerulari e modificare la forza di filtrazione. L’ostruzione delle vie urinarie (calcoli, neoplasie, etc.) causa invece un aumento della pressione tubulare e quindi una PNF minore (Clement et al., 1998).

La PO netta può essere modificata da malattie che alterano la barriera glomerulare e determinano una escrezione urinaria di proteine plasmatiche. In questo modo la pressione oncotica del plasma diminuisce, ma aumenta quella dell’ultrafiltrato. In caso di malattie epatiche si ha invece una diminuita sintesi proteica e di conseguenza una PO inferiore con aumento della filtrazione glomerulare (Clement et al., 1998).

La PO varia in modo esponenziale rispetto alla concentrazione delle proteine plasmatiche, secondo la formula:

PO= 2,1 C + 0,16 C2 + 0,009 C3

(25)

25

3.5 Flusso Ematico Renale (RBF: Renal Blood Flow)

Il flusso renale a livello della midollare deriva dai vasa recta dell’arteriola efferente e corrisponde a meno del 20% dell’RBF totale, distribuito preferenzialmente al livello della corticale (Staddon et al., 1979).

Nella midollare più interna (IS: Inner Stripe) la Po2 raggiunge i 10 mm Hg

(Epstein, 1997). L’ambiente ipossico sembra essere causato dall’attività metabolica delle cellule epiteliali della parte midollare dell’ansa di Henle ed in particolare dal consumo dell’ATP da parte della pompa Na+/K+ ATPase presente

sulla membrana basale di queste (Heyman et al., 1997).

Nell’IS abbiamo la più bassa Po2, sia per il basso RBF sia per l’elevato utilizzo

dell’O2 stesso. Esistono però dei meccanismi in grado di assicurare la giusta

ossigenazione, come ad esempio la preferenziale riduzione del flusso ematico corticale e la ridistribuzione di questo a livello cortico-midollare (Knudsen, 1959; Brezis et al., 1995).

I fattori che controllano l’RBF sono intrinseci come l’autoregolazione e l’azione dei nervi renali o estrinseci come i vasocostrittori (catecolamine, sistema renina-angiotensina, arginina, vasopressina) e i vasodilatotori (prostaglandine, dopamina, peptidi atriali, bradichinina, adenosina, ossido nitrico) (Dworkin et al., 2001).

L’autoregolazione del flusso renale è una risposta fisiologica che mantiene la pressione di perfusione tra 75 mm Hg e 180 mm Hg ed è attribuita all’azione della muscolatura della parete delle arteriole.

L’azione dei nervi renali o il rilascio di sostanze ad azione vasocostrittrice determina un aumento nella resistenza vascolare renale che potrebbe verificarsi anche in risposta a stati patologici come l’ipovolemia e lo shock endotossico, a farmaci soprattutto anestetici o stress fisico. La vasocostrizione renale può non determinare una diminuzione dell’RBF come ad esempio durante l’esercizio di bassa intensità, perché la gittata cardiaca aumenta (Schott et al., 1991).

Quando l’RBF diminuisce vengono rilasciate sostanze ad azione vasodilatatrice come la PGE2, la PGI2 e la dopamina (Dunn et al., 1980). La produzione di

(26)

26

prostaglandine è maggiore nella midollare, cosicché l’azione di questi mediatori causa un aumento del flusso in questa e nella corticale profonda (Schott, 1998). La dopamina determina vasodilatazione e può essere utilizzata anche nel trattamento dell’AKI, perché i recettori DA (dopamina agonisti) di tipo I sono localizzati in gran quantità a livello dell’arteriola renale (Trim et al., 1989). Recentemente, è stato dimostrato che anche le endoteline (vasocostrittori), gli endotelium-derived relaxing factors (EDRF)e l’ossido nitrico (vasodilatatori) sono responsabili dell’emodinamica e, quindi, della filtrazione dei capillari glomerulari (Schott, 1998).

3.6 Clearance

Per clearance di una sostanza si intende il volume di plasma che viene interamente depurato dal rene nell’unità di tempo, per dare quella quantità di soluto che viene escreta con l’urina. La depurazione renale è un processo fondamentale per la sopravvivenza dei mammiferi ed è determinata dalla velocità di filtrazione glomerulare e dal trasporto trans-membrana dei soluti. Con la clearance possiamo per questo valutare la funzionalità del rene e la sua capacità di depurare il sangue.

Quando una sostanza non è riassorbita o secreta dai meccanismi di trasporto trans-membranario, la quantità che viene escreta dipende da:

- dalla sua concentrazione plasmatica; - dalla velocità di filtrazione glomerulare; - dal flusso di urina.

Se conosciamo la concentrazione plasmatica della sostanza, raccogliendo l’urina, in un determinato intervallo di tempo, e dosando la quantità di sostanza escreta è possibile determinare sia se si è verificata un’alterazione della capacità di depurazione renale sia risalire alle cause che possono averla determinata.

(27)

27

Quando una sostanza non viene né riassorbita né escreta, l’indice di depurazione renale corrisponde alla GFR. Il termine depurazione si riferisce al volume minimo di plasma che, nell’unità di tempo, ha fornito la quota che è stata escreta (E).

E = U × V

Dove:

E: quota escreta, corrisponde alla quantità di una sostanza (mg o mEq) che compare nelle urine nell’unità di tempo ed è determinata dal prodotto del flusso urinario (V ml/min) per la concentrazione (U mg/ml) della sostanza nell’urina. La clearance non è altro che il rapporto E/P. Ad esempio, il glucosio in condizioni fisiologiche viene interamente riassorbito dal tubulo contorto prossimale e, non essendoci una escrezione urinaria di glucosio, il rapporto E/P è uguale a zero e la clearance per questa sostanza non esiste.

Se:

C = E/P

Per una sostanza X:

Cx = [massa X escreta/tempo] / Px

Quindi, poiché la massa escreta nel tempo corrisponde alla concentrazione urinaria per il volume dell’urina:

Cx = [Ux × V] / Px Dove:

C è la clearance della sostanza X;

Ux = alla concentrazione della sostanza x nell’urina;

V = volume di urina nell’unità di tempo (ml/min); Px = concentrazione di x nel plasma arterioso.

(28)

28

Sostituendo le unità di misura deriva che:

Cml/min = [Umg/ml x V ml/min] / Pmg/ml

3.7 Determinazione della GFR (Sanderson, 2009)

Se usiamo per determinare la clearance una sostanza che: - non altera il flusso sanguigno renale;

- non modifica la velocità di filtrazione glomerulare; - non viene metabolizzata;

- viene liberamente filtrata dal glomerulo; - non viene riassorbita;

- non viene escreta a livello tubulare.

La quantità presente nel liquido endo-tubulare dipende esclusivamente dalla velocità di filtrazione glomerulare. La quota della sostanza escreta nell’urina è quindi indice della filtrazione glomerulare.

Questa sostanza, inoltre, non deve legarsi alla proteine plasmatiche, perché questo potrebbe ritardare la filtrazione e determinare una falsa diminuzione della GFR (Von Hendy-Willson, 2011).

La maggior parte della formazione e composizione dell’ultrafiltrato dipende dalla pressione oncotica e idrostatica del plasma e dell’ultrafiltrato presente nello spazio di Bowman. L’area utile per la filtrazione e la permeabilità del letto capillare individuale condiziona la quantità di ultrafiltrato e rappresentano la “costante di ultrafiltrazione”. Per questo è possibile modificare l’equazione di Starling:

(29)

29

Per la determinazione della GFR, dunque, è possibile valutare la clearance plasmatica di una sostanza, riferibile alla quantità di questa iniettata, che costituisce il marker, rimossa dal plasma in un determinato intervallo di tempo ed espressa come il volume di plasma teoricamente pulito dalla sostanza (i.e. ml/min).

Quindi se il marker è eliminato soltanto dalla filtrazione glomerulare renale e, inoltre, non è mai riassorbito né escreto dai tubuli, la clearance renale è uguale a quella plasmatica, ed è un indicatore accurato della GFR. Tuttavia, la clearance renale richiede che sia determinata la quantità del marker escreto nelle urine, per questo tutte le urine dovrebbero essere raccolte.

La raccolta delle urine nelle 24 h è spesso impraticabile e se fosse incompleta determinerebbe una sottostima della GFR. La clearance plasmatica, quindi, sostituisce per questi motivi la clearance renale. La formula della clearance plasmatica è:

CL plasma= D/AUC

In cui D è la dose della sostanza e AUC è l’area sotto la curva determinata dalla concentrazione plasmatica nel tempo. Questa curva, anche chiamata “Plasma Disappearance Curve”, è determinata ottenendo campioni multipli di plasma in determinati intervalli all’interno di un tempo prestabilito. Il numero dei campioni di plasma necessari dipende dal modello farmacocinetico.

3.8 Modelli farmacocinetici

La GFR è condizionata e viene calcolata attraverso modelli farmacocinetici che considerano il corpo come una serie di compartimenti nei quali il marker si distribuisce. In veterinaria sono stati utilizzati 3 tipi di compartimenti: monocompartimentale, bicompartimentale, senza compartimenti. quello a un compartimento, quello a due compartimenti, quello multi compartimentale, e quello senza compartimenti.

 Modello monocompartimentale (fig. 1): tutti i punti nel tempo sono utilizzati per calcolare la “Best Fit Line”, la tangente di questa è utilizzata

(30)

30

per misurare la GFR (linea tratteggiata). Questo modello considera il corpo come un unico compartimento, per cui il marker si distribuisce subito in tutte le sue parti. Utilizzando questo modelo, si forma una linea retta che rappresenta la curva di scomparsa plasmatica del marker. Tra i vantaggi di questo modello c’è la necessità di un campionamento limitato, poiché tra due “Time Points” la curva di scomparsa è considerata costante. Tuttavia in questo modello la subitanea distribuzione del marker in tutti compartimenti non corrisponde alla distribuzione fisiologica (Sapirstein et al., 1955).

Figura 1 – Grafico del modello farmacocinetico monocompartimentale utilizzato in medicina veterinaria (Willson e Pressler, 2011).

Legenda - Linea nera continua: eliminazione dell’ipotetico marker; Punti neri su linea nera: misura della concentrazione del marker ai vari intervalli di tempo.

Nel modello monocompartimentale, la concentrazione plasmatica del marker è descritta in modo esponenziale (fig. 2):

Figura 2 - Curva “concentrazione-tempo” costruita, secondo il modello monocompartimentale, dalla linea tratteggiata passante per gli ultimi quattro campioni di plasma tra 180 e 240 minuti dall’iniezione di ioexolo nell’uomo (Pucci et al, 2001).

Secondo la formula:

(31)

31

In cui:

P è la concentrazione plasmatica del marker al tempo t; b1 è la costante di velocità di eliminazione (min-1);

Ie è l’intercetta sulle ordinate mg/ml.

E’ possibile calcolare l’integrale tra il tempo di iniezione e l’infinito:

AUC= A= I1B1 E quindi:

GFR=dose/AUC

L’AUC può risultare maggiore rispetto all’area tracciata dalla pendice. In questo caso si ha una AUC sottostimata e una GFR sovrastimata.

 Modello bicompartimentale (fig. 3): l’iniziale distribuzione del marker è

rappresentata dalla linea nera sottile, sebbene la linea tratteggiata è usata per il calcolo della GFR come nel modello ad un compartimento. Infatti, questo modello prevede che il marker si distribuisca dai vasi ai tessuti e poi venga eliminato: la parte della linea che si forma inizialmente rappresenta la rapida distribuzione nei tessuti e la seconda, meno pendente, rappresenta l’eliminazione. Il modello a due compartimenti riconosce l’influenza dei tessuti sulla clearance, per cui se il volume del fluido extracellulare non è normale le due parti della linea potrebbero avere la stessa pendenza per la più lenta ridistribuzione tissutale iniziale (Hall et al., 1977).

(32)

32

Figura 3 – Grafico del modello farmacocinetico bicompartimentale utilizzato in medicina veterinaria (Willson e Pressler, 2011).

Legenda - Linea nera continua: eliminazione dell’ipotetico marker; Punti neri su linea nera: misura della concentrazione del marker ai vari intervalli di tempo.

La concentrazione plasmatica del marker è descritta dalla somma di due funzioni esponenziale (fig. 4):

P = I1e-b1t+I2e-b2t In cui:

b1 e b2 sono le costanti di eliminazione dei due compartimenti;

I1 e I2 sono le intercette sulle ordinate.

L’integrale di questa funzione tra il tempo d’iniezione e l’infinito risulta

AUC = A+B = I1/b1+I2/b2 Quindi:

GFR = dose/AUC

Figura 4 – Curva “concentrazione-tempo” costruita, secondo il modello bicompartimentale, dalla linea tratteggiata passante per gli ultimi quattro campioni di plasma tra 2 e 270 minuti dall’iniezione di ioexolo nell’uomo (Pucci et al, 2001).

(33)

33

 Modello multicompartimentale (figg. 5 e 6): ha caratteristiche simili al bicompartimentale, ma vengono rappresentati semplicemente più compartimenti dalla curva di scomparsa plasmatica. Nel modello a tre compartimenti, ad esempio, l’eliminazione avviene solo dal compartimento centrale.

E’ descritto matematicamente dalla somma di tre funzioni esponenziali:

P = I1e-b1t+I2e-b2t+I3e-b3t In cui:

b1, b2 e b3 sono le costanti di eliminazione dei tre compartimenti;

I1, I2 e I3 sono le intercette sulle ordinate.

AUC = A+B+C = I1/b1+I2/b2+I3/b3 Quindi:

GFR=dose/AUC

 Il modello tricompartimentale richiede molti campioni di plasma, in genere 10-12, per determinare sia il cambiamento rapido iniziale della concentrazione durante la distribuzione che la successiva lenta diminuzione, durante la fase di escrezione.

(34)

34

Fig. 6 Modello tricompartimentale. Curva “concentrazione-tempo” dello ioexolo ottenuta da 16 campioni tra 2-270 minuti dopo l’iniezione (Pucci et al., 2001).

Modello senza compartimenti: i “Time Points” sono utilizzati per costruire figure trapezoidi in modo da stimare l’area sotto la curva. In questo modello il numero di compartimenti non deve essere definito per questo è un metodo molto utile. Tuttavia, poiché la parte terminale della curva (dall’ultimo campione ad un tempo teorico zero) viene stimata, potrebbero presentarsi alcuni errori. Una inappropriata terminazione del campionamento del plasma determina che una larga parte della curva deve essere stimata, per cui si verifica un aumento del calcolo della GFR (Purves, 1994).

3.9 Marker utilizzati per la determinazione della GFR

Per la determinazione della GFR è necessario utilizzare una sostanza che non altera il flusso sanguigno renale, che non modifica la velocità di filtrazione glomerulare; che non viene metabolizzata, che viene liberamente filtrata dal glomerulo, che non viene riassorbita, che non viene escreta a livello tubulare e che non si lega alla proteine plasmatiche, perché questo potrebbe ritardare la filtrazione e determinare una falsa diminuzione della GFR.

(35)

35

3.9.1 Inulina

L’inulina, polisaccaride estratto dai tuberi di dalia, con un peso molecolare di 5000 e con assenza di carica elettrica, ha le caratteristiche sopra riportate. Essa, infatti, attraversa liberamente la barriera glomerulare senza alterare la filtrazione. La quantità di inulina escreta con l’urina è uguale a quella filtrata; questa sostanza, inoltre, non viene né sintetizzata né metabolizzata dalle cellule del tubulo e non diffonde nelle cellule del sangue o all’esterno dei vasi sanguigni. Per diversi autori l’utilizzo dell’inulina per la misura della GFR è stata considerata il gold standard (Haller et al., 1998; KuKanich et al., 2007), ma ha alcuni svantaggi, quali la raccolta dell’urina nelle 24 h, che la rendono poco utilizzabile come metodica clinica (Moe e Heiene, 1995; KuKanich et al., 2007). La clearance di questa sostanza è descritta dalla seguente formula:

Clearance urinaria inulina = (Vu x Cu) / Cp Dove:

Vu: volume urinario (ml); Cu: inulina urinaria ( mg/dl);

Cp: concentrazione plasmatica media.

L’inulina, inoltre, è una sostanza esogena e viene liberamente escreta, per cui è necessario effettuare ripetute e prolungate somministrazioni. Recentemente è stato introdotto l’impiego di una singola iniezione di inulina a cui seguono prelievi seriali di plasma. Contemporaneamente all’inizio e alla fine di ogni raccolta urinaria, viene prelevato un campione di sangue. Il confronto tra la dose utilizzata e l’AUC della scomparsa dell’inulina fornisce la misura della GFR. I modelli impiegati includono quello monocompartimentale, il bicompartimentale, più utilizzato per questa tecnica, e il non compartimentale. L’inulina iniettata presenta una fase iniziale di rapido declino della concentrazione plasmatica e una seconda fase di diminuzione più graduale (Haller et al., 1998).

(36)

36

3.9.2 Creatinina endogena ed esogena

A causa dei limiti legati all’impiego dell’inulina, è stata utilizzata la Creatinina sostanza che deriva dall’idrolisi della creatina muscolare. Essa viene trasportata nel sangue ed escreta con l’urina e mantiene un tasso plasmatico costante. La creatinina, inoltre, non è legata alle proteine plasmatiche ed è minimamente influenzata dall’apporto proteico della dieta, dal metabolismo e dall’attività fisica (Bovee e Joyce, 1979). Nei cani maschi viene secreta in piccola quantità dai tubuli renali, per cui è possibile avere una sovrastima della GFR (Robinson et al., 1974). La clearance della creatinina può risultare falsamente diminuita a causa della persistenza in circolo di sostanze cromogene che vengono riconosciute come “creatinina” dai test colorimetrici, questo non avviene ovviamente utilizzando metodiche enzimatiche. I primi risultati sulla clearance urinaria della creatinina sono risultati similari (Finco et al., 1993), leggermente più alti (Krawiec et al., 1986), o leggermente più bassi (Finco et al., 1981).

La clearance urinaria della creatinina endogena prevede la raccolta delle urine nelle 24 h. La creatinina urinaria viene dosata da un campione di urina, mentre la creatinina sierica è dosata a metà del periodo di raccolta. I valori così ottenuti vengono inseriti nella formula:

(Cu xVu)x (Cp x T x Pc)

Dove:

Cu: creatinina urinaria (mg/dl); Vu: volume urinario (ml);

Cp: creatinina plasmatica (mg/dl); T: intervallo di tempo (min); Pc: peso corporeo (Kg).

Il principale vantaggio di questo metodo è che può essere eseguito senza la somministrazione di sostanze esogene e non necessita di particolari

(37)

37

strumentazioni. Lo svantaggio è dato dalla necessità della raccolta dell’urina nelle 24 ore (Blijenberg et al., 1994).

Per evitare i problemi relativi alla creatinina endogena sono stati sviluppati metodi che prevedono l’utilizzo di creatinina esogena. La tecnica prevede l’iniezione di un bolo IV o ad un’infusione costante o sottocute di creatinina in modo da aumentare la concentrazione plasmatica di questa fino al punto in cui i cromogeni non determinano alterazioni. In seguito, viene misurato il valore della creatinina sierica e da questo punto inizia la raccolta dell’urina. Al termine, in genere 20-30 minuti dopo l’iniezione, la creatinina plasmatica è misurata nuovamente. Dal totale dell’urina prodotta nelle 24 h si preleva, dopo omogeneizzazione del campione, un campione dal quale verrà determinato il valore di creatinina. Quindi, si applica la formula precedentemente riportata per la creatinina endogena.

Gli svantaggi della GFR misurata tramite la clearance renale della creatinina esogena sono il bisogno di: a) infusione continua di creatinina, b) raccolta completa di urina nell’arco di 24 h e c) possibilità che si verifichi una sovrastima nei cani maschi. In uno studio del 1991 da Finco e collaboratori ed effettuato sul cane, la clearance renale della creatinina esogena non è risultata essere condizionata dal sesso, dal tempo intercorso dall’inizio del danno renale o dall’apporto proteico della dieta.

I risultati riguardo all’infusione continua di creatinina esogena nel cane sono vari: in uno studio sono ben correlati alla clearance dell’inulina (Finco et al., 1981), mentre in un altro sono più alti rispetto a quelli ottenuti con la clearance renale e i risultati della clearance dell’inulina sono sottostimati o simili rispetto a quelli della clearance plasmatica della creatinina esogena (Watson et al., 2002; Finco, 2005). Nei gatti invece si verifica una sottostima della GFR del 18% (Ross and Finco, 1981; Uribe et al., 1992).

Sia la clearance renale che plasmatica della creatinina mostrano una buona concordanza con la clearance dell’inulina (Finco et al., 1981; Finco et al., 1991; Watson et al., 2002).

In studi più recenti (Watson et al., 2002; Le Garreres et al., 2007; Cortadellas et al., 2008; van Hoek et al., 2007; van Hoek et al., 2008; van Hoek et al., 2009), la

(38)

38

GFR è stata valutata utilizzando una singola iniezione di creatinina esogena. Sebbene il metodo risulti più semplice rispetto all’infusione continua, è tuttavia necessario utilizzare una dose corretta di creatinina da somministrare in bolo, perché una dose inferiore di marker può portare ad una sottostima della GFR (Watson et al., 2002).

In altri studi la clearance della creatinina esogena ha portato a risultati di GFR falsamente alti rispetto a quelli ottenuti con altre metodiche (Labato and Ross, 1991; Watson et al., 2002).

La clearance plasmatica della creatinina esogena è, tuttavia, un metodo accurato per determinare la GFR, nonostante la necessità di fare attenzione al modello farmacocinetico utilizzato (Von Hendy-Willson e Pressler, 2011).

3.9.3 Radionucleotidi

Altri markers utilizzati per la valutazione della clearence renale sono stati i

radionucleotidi (Von Hendy-Willson e Pressler, 2011). I primi impiegati sono stati il 125sodio iotalamato e il 131sodio iodoippurico. Questi radionucleotidi sono

stati sostituiti dai più recentemente utilizzati EDTA e 99mTc-DTPA che

presentano una emivita più breve. L’emivita del 99mTc-DTPA, infatti, è solo di 6h,

mentre quella del 131sodio iodoippurico è di 8 giorni (Amdur e Mazzaferri,

2005) e quella del 125sodio iotalamato è di 60 gg (Matthews, 1960). Questi

markers, tutti molto stabili nel sangue, sono liberamente filtrati dal glomerulo e non sono né riassorbiti né secreti dai tubuli renali (Krawiec et al., 1988).

In studi degli anni ottanta e primi novanta, i risultati della clearance renale ottenuti nei cani con l’utilizzo del 99mTc-DTPA sono sovrapponibili a quelli

trovati usando l’inulina come marker (Krawiec et al., 1986; Krawiec et al., 1988; Uribe et al., 1992). Recentemente, però, Finco (2005) ha dimostrato che il 99m

Tc-DRPA determina una GFR considerevolmente più bassa rispetto all’utilizzo di altri markers. Le differenze riscontrate tra i vari autori potrebbe essere legate non tanto al tipo di marker, quanto alle variazioni individuali degli animali presi in esame (Kampa et al., 2003).

La nota negativa sull’utilizzo dei radionucleotidi è la loro radioattività. Sono necessari quindi presidi ben precisi per la somministrazione, smaltimento dei residui, isolamento del paziente.

(39)

39

3.9.4 Ioexolo

Lo ioexolo è un agente non ionico, iodato, utilizzato come marker negli studi di clearance plasmatica e renale. I composti iodati sono generalmente molto stabili nel plasma e questo permette di congelarli per molto tempo. Secondo lo studio di Mutzel e Speck del 1980, tutta la dose di ioexolo iniettato viene escreto immodificata nelle urine con un tempo medio di 74 minuti.

Sebbene alcuni mezzi di contrasto possano indurre AKI nell’uomo, soprattutto quando è presente una disfunzione pre-renale, lo ioexolo è generalmente considerato un marker sicuro (Nossen et al., 1995; Rudnick et al., 1995).

Sebbene siano necessari ulteriori studi per determinare quale tra i due isomeri dello ioexolo (endo ed eso) sia migliore, studi recenti (LeGarreres et al., 2007; van Hoek et al., 2007; van Hoek et al., 2008; van Hoek et al., 2009) hanno dimostrato una più alta riproducibilità ed accuratezza dello ioexolo esogeno tramite metodica HPLC.

Molti studi eseguiti in medicina veterinaria (Brown et al., 1996; Gleadhill et al., 1996; Bexfield et al., 2008; Heiene et al., 2011) dimostrano la validità della misura della GFR con lo ioexolo in relazione alla clerance esogena e endogena della creatinina e in minor misura dell’inulina. Rispetto alla clearance plasmatica del 99mTc-DTPA, lo ioexolo mostra risultati consistentemente

inferiori (Moe e Heiene, 1995; Gleadhill e Michell, 1996).

La clearance plasmatica dello ioexolo sembra essere valida sia nei cani che nei gatti (Miyamoto, 2001) quando viene comparata con la clearance della creatinina esogena (Brown et al., 1996; Finco et al., 2001), sebbene esistano differenze correlate all’utilizzo di modelli farmacocinetici diversi (Brown et al., 1996).

Poichè la clearance plasmatica dello ioexolo sembra essere il metodo più semplice e accurato per la determinazione della GFR nella pratica clinica, sono stati eseguiti molti studi (Braun et al., 1996) con lo scopo di determinare il più basso numero di campioni di sangue necessari per avere una valutazione della GFR comunque valida.

(40)

40

Goy-Thollot et collaboratori (2006) ha validato una metodica con 2 soli prelievi utilizzabile nei piccoli animali (5 e 120 minuti dopo l’iniezione plasmatica del marker nel cane; 20 e 180 minuti nel gatto).

Un protocollo con 3 campioni di sangue è stato applicato da altri autori nel cane e ha dimostrato buoni risultati (Bexfield et al., 2008) simili a quelli di studi precedenti (Moe and Heiene, 1995; Brown et al., 1996; Finco et al., 2001; Goy-Thollot et al., 2006).

Heiene e collaboratori, in uno studio del 2009 eseguito nel gatto, hanno validato un metodo a 2 e 3 campioni comparando i valori della GFR ottenuti con lo ioexolo come marker alla clearance plasmatica della creatinina esogena.

Esistono, tuttavia, variazioni tra i valori assoluti ottenuti con le varie metodiche, sebbene i risultati prodotti dalle varie tecniche siano coerenti tra loro (Brown et al., 1996; Finco et al., 2001; Miyamoto, 2001).

3.10 Utilità della GFR

La GFR è una misura della filtrazione glomerulare che può rivelare una diminuzione delle funzionalità del rene prima di altri parametri renali usati normalmente. La GFR, benché sia più efficace nel determinare un danno renale, è meno utilizzata in medicina veterinaria nella diagnosi ed il controllo delle disfunzioni renali. La concentrazione sierica della creatinina sostituisce la GFR in molti studi clinici (Von Hendy-Willson et al, 2011) nella valutazione della funzionalità renale perché è più facilmente e velocemente misurabile, ma questo metabolita non aumenta fino a che il 75% dei nefroni risultano non funzionanti. Inoltre, sono possibili falsi aumenti, per questi motivi la sensibilità e la specificità della creatinina per la diagnosi del danno renale dovrebbero essere considerate inferiori rispetto alla determinazione della GFR.

L’utilità della GFR si riscontra in molti casi tra cui (Von Hendy-Willson et al., 2011):

Riferimenti

Documenti correlati

generation. A way out from this difficulty is to postulate that the progenitors of today GCs were substantially more massive than their present-day GC progeny, with a strict lower

We next wanted to investigate whether the effects of dynein inhibition with EHNA described above are speci fic for the mutant misfolded ARpolyQ or are also exerted on other

Purpose: We investigated the evolution of serum lipid levels in HIV-infected pregnant women and the potential effect of antiretroviral treatment during pregnancy using data from

Come specificato nelle prime righe di questo scritto, non è possibile creare un percorso costituito da attività predefinite che possa accomunare ogni singolo caso di lutto e

L’ipotesi è che l’allievo sostituisca le strutture proprie della lingua madre con quelle della lingua che apprende, creando interferenza-ostacolo quando non

The Central Mediterranean, Italian peninsula and surroundings, is the most important region on Earth for studying subduction-related potassic and ultrapotassic

This idea was considered, for example, in [ 20 ], where the generalized Hitchin flow was used as a tool to study the moduli space of SU(3)-structure manifolds constituting the